La nuova vita alla Movistar dopo due mesi sulle spine

15.01.2024
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Adesso che tutto è finalmente a posto e che anche l’influenza ha deciso di lasciarlo in pace, dal ritiro di Calpe Lorenzo Milesi ricostruisce gli ultimi due mesi. Il bergamasco è passato in pochi giorni dall’esaltazione di una nuova squadra al non sapere che pesci prendere, fino all’approdo insperato e per certi versi sorprendente al Movistar Team.

Dopo la vittoria al mondiale U23 della crono e il primo giorno in maglia rossa alla Vuelta, conclusa con una caduta e il ritiro, sembrava che per lui si fosse aperta la porta del Team Ineos Grenadier. Alla vigilia del Giro d’Onore della Federazione era parsa cosa fatta, invece proprio in quell’occasione si capì che l’ipotesi fosse ormai tramontata. Il tentativo successivo fu fatto con la Bora-Hansgrohe, ma invano. E quando la situazione iniziava a farsi sconcertante, ecco l’avvistamento di Milesi a Calpe nell’hotel del Movistar Team. Una presenza semi clandestina, perché il Team DSM-Firmenich aveva chiesto di gestire la comunicazione. E la notizia infatti arrivò puntuale il 18 dicembre.

Facciamo un passo indietro, quel giorno a Milano sembrava tutto fatto per andare alla Ineos. E poi?

Si era trovato un accordo economico perché andassi via. L’opportunità Ineos mi avrebbe permesso di fare con loro gli altri due anni di contratto e di lasciare il Team DSM che mi aveva proposto di prolungarlo per altre due stagioni, ma non ci sarei mai restato. Invece a un certo punto è venuta fuori una differenza economica e la porta si è chiusa. Solo che per la DSM a quel punto io non esistevo più, i rapporti erano in frantumi: per loro ero un corridore ormai andato via.

Per questo si è parlato della Bora-Hansgrohe?

Dovevo trovare un’altra squadra. Alla Bora c’era la questione Uijtdebroeks: si sapeva che sarebbe andato via, ma non quando. E così a inizio dicembre ancora non sapevo dove avrei corso. A un certo punto ho pure pensato che sarebbe stato meglio non aver vinto il mondiale, così a certe cose neppure ci avrei pensato… Scherzo, ovviamente. In ogni caso però a quel punto la cosa che ho fatto è stata cambiare procuratore, perché non avevo niente in mano. Erano due anni che si tentava di andare alla Ineos, ma una volta che quella porta si è chiusa, mi sono rivolto ai Carera. Avevamo parlato proprio al Giro d’Onore. Mi avevano detto che se avessi voluto, avrebbero provato a darmi una mano. E alla fine li ho chiamati.

Al Giro d’Onore, le prime crepe. L’accordo fra Milesi e la Ineos era già in dubbio
Al Giro d’Onore, le prime crepe. L’accordo fra Milesi e la Ineos era già in dubbio
Non deve essere stato un periodo semplice, insomma…

Sono stati mesi poco piacevoli, ma sono serviti anche questi per crescere. E’ vero che non avevo più un allenatore che mi desse le tabelle per allenarmi, ma vero anche che avevo bisogno di staccare un po’ e pedalare come mi sentivo. Per cui forse ho fatto meno ore e meno intensità di quelle che avevo l’anno scorso in questo stesso periodo, ma ho comunque lavorato.

E adesso ti ritrovi in un team latino dopo due anni in Olanda e dopo aver provato ad andare alla Ineos britannica e alla tedesca Bora: che effetto fa?

Sono contento di essere arrivato qui. Si è parlato di questo aspetto nella prima riunione con Eusebio Unzue, si nota subito che è una squadra completamente diversa dalla DSM a livello umano. Si prende il lavoro molto seriamente, ma si può anche parlare e avere un’opinione.

La liberatoria da parte della DSM è arrivata in tempo per la presentazione Movistar del 21 dicembre
La liberatoria da parte della DSM è arrivata in tempo per la presentazione Movistar del 21 dicembre
Era da un po’ che alla Movistar non c’erano tanti italiani: siete ben quattro.

Ho fatto due anni alla DSM in cui prima ero solo con Ursella e poi con Dainese, qui siamo di più. Alla DSM si parlava inglese e ci riprendevano se ci sentivano parlare italiano. La situazione è cambiata quando sono arrivato nella WorldTour, perché nel team U23 ci conoscevamo tutti e si era creato un bel clima. Al passaggio ho capito che certi corridori rischiavo quasi di non vederli per tutto l’anno. Patrick Bevin l’ho visto per la prima volta al Polonia. Qui invece parli la lingua che vuoi, c’è ben altro clima.

Hai cambiato preparatore, si lavora in modo tanto diverso?

Lavoro con uno spagnolo, ma ho iniziato solo da due settimane, non ho fatto più di tanto. In proporzione, direi che in DSM all’inizio dell’anno facevo più soglia e fuori soglia, ma devo cominciare al Saudi Tour, siamo a inizio gennaio e la stagione è davvero molto lunga. Va bene così.

Al passaggio su bici Canyon, Milesi ha adottato una posizione totalmente nuova (foto Dani Sanchez)
Al passaggio su bici Canyon, Milesi ha adottato una posizione totalmente nuova (foto Dani Sanchez)
Passi dalla Scott alla Canyon, ti abbiamo visto lavorare sul posizionamento: come va l’adattamento?

Sulla bici da strada mi trovo bene, ma la posizione me l’hanno cambiata davvero tutta. La prima cosa è stata adottare i nuovi pedali, anche se quelli nuovi li ho montati solo da poco. Mi sono alzato e abbiamo spostato la sella in avanti. Avevo sempre pensato che la mia posizione non fosse tanto al top: dopo tre ore avevo male nella parte posteriore della gamba, ora no. E poi mi avevano messo uno spessore sulla gamba sinistra, che è la mia più lunga e finalmente lo abbiamo tolto.

Invece la bici da crono?

Abbiamo fatto la posizione in pista a Pamplona un paio di giorni fa e poi l’ho usata in allenamento, cominciando anche a fare qualche lavoro. La bici mi sembra molto confortevole, trovo più facile tenere la posizione ed è in arrivo il manubrio personalizzato. Insomma, quando dico che sono soddisfatto, non parlo a vanvera. Ho firmato per tre anni con Movistar, l’obiettivo è comunque crescere gradualmente, magari iniziando da questa stagione ad assaggiare le strade del Belgio…

Barale, nel 2024 il sogno di andare al Tour e al mondiale

16.11.2023
6 min
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A dispetto dei suoi vent’anni, Francesca Barale all’interno della DSM-Firmenich ha acquisito diversi gradi di esperienza e di considerazione da parte di compagne e tecnici. Nella stagione appena archiviata ha compiuto un altro step importante del suo processo di crescita, tanto che il rinnovo fino al 2025 ne è stato il naturale riscontro.

In questo periodo la ragazza di Domodossola sta approfittando del buon clima della Costa Azzurra per incamerare chilometri assieme ad un paio di compagne, prima di partire a metà dicembre per Calpe in ritiro con la sua squadra. Con Barale abbiamo voluto fare una panoramica sul prossimo anno, considerando anche il suo ruolo indiretto di trait d’union tra la DSM-Firmenich e la BFT Burzoni nell’accordo che ha visto la sua ex formazione junior diventare un devo team delle olandesi.

Francesca innanzitutto che 2023 è stato?

Sono contenta di come è andato. Alla fine è solo il mio secondo anno tra le elite, quindi è stata una stagione ancora di esperienza. Ho lavorato molto per le compagne e ho certamente raggiunto un livello superiore, più vicino a quello che voglio io e della squadra. Ho finito in crescendo di condizione. Infatti alla Tre Valli Varesine ho chiuso col botto (sorride, ndr). Quarta dietro atlete di grande valore (nell’ordine Lippert, Ludwig e Balsamo, ndr). Un bel piazzamento, il mio migliore finora, che mi ha permesso di andare in off-season col morale alto. Che non guasta mai…

Ogni volta che ti abbiamo incontrata alle gare ti abbiamo vista sempre più inserita. Questo possiamo definirlo anche il risultato che ha premiato il tuo farti trovare sempre pronta?

Alla DSM mi trovo davvero bene e lo ripeto con grande convinzione. In questi due anni di percorso mi sono guadagnata la fiducia della squadra nel fare bene la gregaria e per me è il risultato più importante. Alla Tre Valli, Juliette (Labous, la loro leader, ndr) non stava troppo bene e ad un certo punto mi ha detto di fare la mia corsa visto che ero ancora davanti nel finale. L’ho ringraziata perché alla fine è venuta a farmi i complimenti e, siccome ero inizialmente delusa, anche mi ha permesso di capire ciò che avevo appena fatto.

Barale ha chiuso il 2023 con un quarto posto alla Tre Valli, frutto anche della fiducia che la DSM ripone in lei
Barale ha chiuso il 2023 con un quarto posto alla Tre Valli, frutto anche della fiducia che la DSM ripone in lei
Sappiamo che Labous ha molta stima di te. Che effetto ti fa?

Juliette è davvero una ragazza splendida. Fra di noi il legame si è rafforzato molto, perché siamo state molto in camera assieme. La definisco la mia mentore (sorride con un mix di soddisfazione ed imbarazzo, ndr). Può sembrare paradossale perché ha solo 25 anni, ma lei ha una grande maturità. Nel ciclismo femminile, cinque anni di differenza sia anagrafica che di esperienza pesano tanto e si fanno sentire.

Ci elenchi gli aspetti positivi e negativi di questa tua stagione?

Di buono c’è il fatto che ho saputo restare con le migliori in alcune corse, non me lo aspettavo. Poi anche il fatto di poter assumere dei ruoli importanti. Alla DSM in ogni corsa c’è sempre una leader, Labous ad esempio, ed una capitana, ovvero colei che viene indicata dai diesse come regista. Ecco, spesso è toccato a me quel compito. Di negativo ho notato le crono, tutt’altra cosa rispetto a quelle da junior nelle quali andavo bene. Mi sono resa conto che se voglio essere competitiva in una piccola gara a tappe, devo migliorare tanto. Infatti nella seconda parte di stagione avevo iniziato a lavorare tanto su posizione ed aerodinamica facendo tante ore con la bici da crono.

Compagna di stanza. Labous è la leader della DSM ed ha stretto un bel legame con Barale in questi due anni (come con Ciabocco)
Compagna di stanza. Labous è la leader della DSM ed ha stretto un bel legame con Barale in questi due anni (come con Ciabocco)
Nella DSM avete atlete con cui contrastare la SD-Worx. Cosa dovete fare per ridurre il gap con loro con più regolarità?

Onestamente per quello che abbiamo visto quest’anno c’era poco da fare. Loro erano sempre in superiorità numerica, però sappiamo come batterle. E’ successo più di una volta con Charlotte e Pfeiffer (rispettivamente Kool e Georgi, ndr). Ad esempio, io credo che Charlotte nella volata pura sia più veloce di Wiebes, ma noi dobbiamo cercare di fare sempre un treno perfetto affinché ciò avvenga. Così come la stessa Juliette è una che nel testa a testa su una salita finale è in grado di vincere. Anche in quel caso bisogna saperla supportare in modo adeguato. Noi non abbiamo paura della SD-Worx e se nel 2024 sapremo restare unite nelle fasi cruciali della corsa, allora potremo toglierci tante soddisfazioni.

L’anno prossimo ci sarà anche Barbieri, che si sente già a suo agio…

Ho letto la vostra intervista a lei e mi hanno fatto tanto piacere le sue parole. Anche su Eleonora (Ciabocco, ndr) che ha fatto un bel primo anno. Con Rachele abbiamo fatto quattro ore assieme in auto per andare in ritiro in Austria e altrettante per tornare. Ne abbiamo dette tante di cose (ride, ndr). Siamo contente di avere un’atleta come lei, ci aiuterà in tante cose e darà un grande contributo.

Azzurra. Barale quest’anno ha disputato Avenir e Europeo U23. Nel 2024 vorrebbe guadagnarsi la chiamata per il mondiale di Zurigo
Azzurra. Barale quest’anno ha disputato Avenir e Europeo U23. Nel 2024 vorrebbe guadagnarsi la chiamata per il mondiale di Zurigo
Quali saranno programmi ed obiettivi di Francesca Barale per il 2024?

Prima di tutto devo capire ancora in quali gare spicco, se classiche o gare a tappe. Spero di avere un po’ di spazio per giocarmi le mie carte in alcune corse. Potrei iniziare a correre in Australia, ma ancora non abbiamo avuto bozze di calendario, quindi è tutto da vedere. Mi piacerebbe fare il Tour e non nascondo che vorrei correre il mondiale di Zurigo, che ha un percorso che mi si addice. Sono ancora U23 e naturalmente mi metterei al servizio della squadra, però vorrei arrivarci preparata per fare risultato nella mia categoria (elite e U23 corrono assieme, ndr). Con la nazionale ci sarà anche l’Avenir e se ci arriverò con la mentalità giusta, spero di avere un ruolo diverso da quello di quest’anno.

Dopo il tuo passaggio a fine 2021, DSM e BFT Burzoni collaboreranno ancora. Qualcuno ti aveva chiesto dei pareri?

No, nessuno, ma penso non ci fosse bisogno della mia opinione. Certo, prima dell’ufficializzazione avevo qualche anticipazione da Solari (il team manager della BFT Burzoni, ndr) e chiaramente mi aveva fatto molto piacere saperlo. So che la nostra rete di osservatori gestita da Hans Timmerman, il nostro capo scouting, è molto attiva e sa dove andare a pescare bene.

La prima collaborazione tra DSM e BFT Burzoni è avvenuta a fine 2021 col passaggio di Barale al team olandese
La prima collaborazione tra DSM e BFT Burzoni è avvenuta a fine 2021 col passaggio di Barale al team olandese
Cosa ne pensi di questi rapporti sempre più frequenti tra team stranieri ed il nostro tessuto giovanile?

Sono sempre a favore di accordi che coinvolgano le giovani italiane con l’estero, se strutturati in modo chiaro come questo. Posso dire di aver sdoganato un tabù ed io non mi sento minimamente pentita. Così come non la è nemmeno Eleonora (Ciabocco, sua compagna alla DSM, ndr). Le junior devono fare delle scelte ben precise visto che passano subito elite. Bisognerà capire cosa succederà con l’introduzione dei ProTeam dal 2025, però adesso purtroppo il ciclismo italiano femminile soffre del fatto che non ci sia un team WorldTeam, proprio come negli uomini. Ed è un peccato perché le nostre nazionali femminili sono tra le più forti in assoluto.

Barbieri, l’addio alla pista e il tentativo di Villa

12.11.2023
3 min
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“Barbieri, il passaggio alla DSM e l’addio (sofferto) alla pista”. Con questo titolo giovedì abbiamo raccontato la scelta di Rachele Barbieri, in procinto di passare al Team DSM-Firmenich, di lasciare la pista proprio nell’anno delle Olimpiadi.

«Penso di avere dato tanto alla pista – ci ha detto – è il mondo in cui ho raccolto i risultati più importanti. Ho mandato un messaggio a Villa per dirgli che ho scelto di puntare tutto sulla strada e non aver ricevuto neanche una risposta mi ha fatto rendere conto che ho fatto la scelta giusta».

L’abbraccio fra Barbieri e Villa agli europei del 2022, dopo la vittoria della madison
L’abbraccio fra Barbieri e Villa agli europei del 2022, dopo la vittoria della madison

La riunione di Glasgow

Come correttezza e curiosità impongono, abbiamo contattato il tecnico della pista azzurra, che dopo le Olimpiadi di Tokyo ha ricevuto l’incarico di seguire anche il settore femminile della pista. Non è un mistero che dopo i mondiali di Glasgow e alcune prestazioni non proprio esaltanti delle ragazze, Villa si fosse sfogato invitando le azzurre a frequentare con più assiduità la pista.

«Non siamo riusciti a trovare la quadra – spiega – mentre gli uomini ormai sanno gestirsi meglio. Niente di troppo grave, il WorldTour femminile c’è da soli tre anni e le ragazze sono giovani e devono trovare gli equilibri giusti. Per questo dopo i mondiali, Amadio ha fatto una riunione chiedendo loro chi volesse garantire il proprio impegno in pista. Rachele era già ripartita, per cui questa cosa le fu riportata».

Agli europei del 2022, oltre alle medaglie su pista, per Barbieri il bronzo nella prova su strada, dietro Wiebes e Balsamo
Agli europei del 2022, oltre alle medaglie su pista, per Barbieri il bronzo nella prova su strada, dietro Wiebes e Balsamo

La reazione di Villa

Amadio diede alle ragazze una scadenza entro la quale fornire la risposta richiesta, quella di Rachele è arrivata oltre quel tempo e nei toni a Villa è parsa molto netta in favore della strada.

«A me dispiace che abbia scelto in questo modo – prosegue Marco – perché so quanto ha dato alla pista. Nel 2022 agli europei vinse tutto, quest’anno non ha avuto una stagione troppo buona, ma sono cose che possono succedere. Mi dispiace pensi che sia tutto deciso, perché non è vero. Ascoltando i singoli, ognuno ha le argomentazioni più convincenti. Io però ho otto atlete e devo farne correre cinque, per cui devo avere una visione di insieme. Non le ho risposto subito perché prima ho voluto confrontarmi con Nicola Assuntore, responsabile delle Fiamme Oro, per capire se possa parlarci lui e se ci sia margine di ripensamento. Non voglio che tutto questo diventi un botta e risposta sui media. Ma risponderò certamente a Rachele». 

Frattanto la nazionale sta per iniziare il percorso di avvicinamento all’anno olimpico. Dal 15 al 19 novembre tutte le ragazze sono attese a Noto per il primo ritiro del nuovo anno. Pedaleranno prevalentemente su strada, ma il velodromo Pilone poco distante dall’hotel sarà comunque il loro punto di riferimento. A differenza dello scorso anno, le azzurre candidabili a un posto per Parigi 2024 saranno tutte presenti, come chiesto da Amadio in quella riunione a Glasgow.

Barbieri, il passaggio alla DSM e l’addio (sofferto) alla pista

09.11.2023
8 min
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Rachele Barbieri è di ottimo umore. Le vacanze alle Maldive con Manlio Moro sono finite da poco e sopravvivono nel telefono e sui social in una lunga teoria di immagini. Anche a casa le cose da fare non mancano. La prima uscita con la bici nuova ha portato entusiasmo, il ritiro di ottobre con il Team DSM-Firmenich l’ha proiettata in una dimensione totalmente nuova. Il cambio di squadra ha colto tutti di sorpresa. In gruppo qualcuno sapeva, ma hanno tenuto la bocca chiusa.

Quando l’abbiamo incontrata in Cina alla fine del Tour of Guangxi, la promessa è stata di raccontare tutto dopo le vacanze. E adesso la voglia di ricominciare è così forte che anche a sentirla parlare ti viene addosso un senso di allegria contagiosa. Le parole girano veloci, come quando hai tante cose da dire e temi che il tempo non ti basti.

Le vacanze alle Maldive sono alle spalle, i ricordi sono in un continuo di immagini sui social (foto Instagram)
Le vacanze alle Maldive sono alle spalle, i ricordi sono in un continuo di immagini sui social (foto Instagram)
Quando è venuto fuori il Team DSM?

In realtà abbastanza presto, prima del Giro d’Italia. Appena è uscito il discorso che la mia squadra (la LIV Racing-Techfind, ndr) si sarebbe unita con la Jayco-AlUla, mi hanno contattata. La cosa in realtà mi ha sorpreso, perché quest’anno non è stata una bella stagione per me. E mi sono ritrovata anche un po’ in difficoltà perché con la squadra avevo instaurato un bel rapporto. Mi è dispiaciuto andare via, è stata una scelta difficile. Però ho pensato a me stessa e alla mia crescita all’interno della DSM. La fusione della LIV con la Jayco è una cosa molto positiva, ne avevamo bisogno perché sebbene fossimo una squadra WorldTour, qualcosa ci mancava.

E allora perché cambiare?

Si sarebbe trattato comunque di cambiare squadra e andare in un ambiente in cui non sapevo come mi sarei trovata. Se si fosse trattato di restare nella LIV, non avrei nemmeno valutato altre proposte. Avevo un bel contratto e non mi piace interrompere gli impegni che prendo. Ma dovendo mischiare nuovamente le carte, mi sono guardata intorno. Il Team DSM è una squadra super organizzata, in più ho sempre ammirato molto il modo di correre e l’unione delle atlete. E poi mi hanno fatto capire di avermi seguito in ogni corsa, per valutarmi e capire se fossi adatta per il team.

Al Giro Donne, foto con il padre Giampiero e la mamma Mara che compiva gli anni (foto Ossola)
Al Giro Donne, foto con il padre Giampiero e la mamma Mara che compiva gli anni (foto Ossola)
Che cosa ti hanno proposto?

Sono stati chiari fin da subito. Cercavano un’atleta per fare l’ultima donna di Charlotte Kool. Mi hanno detto che quello sarebbe stato il mio ruolo principale, però che avrei avuto anche le mie opportunità. In più volevano farmi firmare per più anni (fino al 2026, ndr), per investire sulla mia crescita all’interno della squadra. Mi hanno subito presentato un bel programma e una bella struttura. In gruppo si dice che sia molto complicato entrare nel loro metodo, ma allo stesso tempo quando fai tutto quello che ti chiedono, diventa tutto più semplice.

Come è stato partecipare al primo ritiro?

Quei tre giorni con loro mi sono bastati per capire quanta unione c’è tra le ragazze. Le leader fanno il possibile per essere da tramite fra noi e i capi. Se c’è un problema, vogliono che prima lo affrontiamo e lo superiamo tra noi, prima che diventi davvero serio. La cosa che mi fa strano è che, a 26 anni, io sia la più vecchia. Anche le leader sono veramente tutte giovanissime e nonostante ciò, avrò tanto da imparare. Mi è bastato il viaggio in macchina con le ragazze italiane, per capire quanto siano sveglie e veramente formate. Ho colto tante cose che sicuramente mi serviranno. Non ho assolutamente paura a dire che sarò io a dover imparare da loro, piuttosto che il contrario.

Barbieri vive a San Marino e così, pur essendo una velocista, eccola sul Carpegna (foto Instagram)
Barbieri vive a San Marino e così, pur essendo una velocista, eccola sul Carpegna (foto Instagram)
La Jayco ha provato a trattenerti?

Sì, perché io ho detto subito che c’era stata questa offerta. Ho voluto essere chiara, perché loro sono sempre stati molto corretti con me. Non gli ho lasciato tanto margine, perché non ho voluto che diventasse un discorso di soldi. Ho preso la decisione senza giocare al rialzo, ero contenta della mia scelta. Loro ci sono rimasti un po’ male, secondo me davano per certo che rimanessi. Allo stesso tempo hanno capito l’opportunità che mi si presentava e così ci siamo salutati da amici. Me ne accorgerò col tempo se sarà stata la scelta giusta, per ora sono molto soddisfatta.

Hai chiesto informazioni a Barale o Ciabocco prima di firmare?

No, non ho parlato con nessuno, se non con Manlio e la mia famiglia. La cosa che un po’ mi terrorizzava è la fama di rigidezza della DSM e il fatto che spesso devi restare a vivere in Olanda e questa è stata la prima domanda che ho fatto, dato che a me piace stare a casa con la mia famiglia. Invece mi hanno risposto che abbiamo a disposizione ciascuno il suo appartamento singolo, ma posso gestirmi come voglio. Se preferisco allenarmi a casa, nessun problema, ma è chiaro che nel periodo delle classiche sarà più comodo fare base lassù.

Rachele Barbieri ha vinto il mondiale dello scratch nel 2017 e cinque europei: questo nella madison con Zanardi a Monaco 2022
Rachele Barbieri ha vinto il mondiale dello scratch nel 2017 e cinque europei: questo nella madison con Zanardi a Monaco 2022
La DSM non ama che le sue atlete pratichino pista, questo sarà un problema?

Sono stati molto chiari. Mi hanno detto: «Sappiamo già che vieni dalla pista e avresti avuto ancora un anno di contratto in Liv, quindi non possiamo impedirti di fare pista, soprattutto nell’anno delle Olimpiadi». Ovvio però che per gli anni successivi mi avrebbero chiesto di non farne più, ma io ho voluto essere onesta con me stessa. Non penso abbia più senso fare 50 e 50. Passo in una squadra con un preparatore che ti segue alla perfezione e vuole sapere tutto. Sarebbe difficile se non impossibile incastrarsi con il programma della pista, dato che non abbiamo delle tabelle ben definite. In più, l’ultimo anno e mezzo è stato pesante. Quindi ho voluto fare una scelta per me stessa e ho preferito chiudere con la pista. E’ stato difficile, una scelta veramente impegnativa. Però sono anche dell’idea che ho 26 anni e non so quanti anni ancora correrò in bici. Per cui mi sono detta che ho questi tre anni per cercare di dare il meglio di me e arrivare al massimo delle mie capacità su strada. E credo che questa sia la squadra più adatta.

Lasci la pista nell’anno delle Olimpiadi…

Mi dispiace, soprattutto ricordando il percorso che ho fatto per arrivare alle Olimpiadi di Tokyo. Penso di avere dato tanto alla pista, è il mondo in cui ho raccolto i risultati più importanti. E penso di essere ancora all’altezza di quei posti, però allo stesso tempo sento di non avere più voglia di rimettermi in competizione, in un sistema in cui secondo me ci sono cose ancora poco chiare. Quindi ho preferito scegliere così. Ho mandato un messaggio a Villa e non aver ricevuto neanche una risposta mi ha fatto rendere conto che ho fatto la scelta giusta. Ci può stare anche che lui pensi che io non sia all’altezza del gruppo olimpico, però per tutto quello che ho dato in questi anni, credo che una risposta la meritassi. Sono cose che non si dovrebbero dire, ma ci penso spesso. Non dico tutti i giorni, ma quasi. E una cosa che mi fa stare molto male.

In azione alla Het Nieuwsblad: le classiche potrebbero essere uno spazio per lei, se Kool non sarà in corsa
In azione alla Het Nieuwsblad: le classiche potrebbero essere uno spazio per lei, se Kool non sarà in corsa
Quindi vedremo una Rachele a tutta strada?

Forse questa decisione mi darà ancora più grinta per la strada. L’ultima stagione non è stata eccezionale e ho capito che quando vai forte, tutti ti cercano, ma se fai un anno un po’ peggio, non ti vede più nessuno. Il ciclismo è proprio come la vita, perché ti insegna anche a crescere davanti a queste cose, a superare anche ostacoli non semplici. Detto questo, mi piacerebbe allenarmi ancora in pista. Il messaggio si concludeva proprio con questo auspicio, ma adesso mi sentirei in difficoltà a chiedere di andare a Montichiari.

Quindi?

Voglio ricominciare, fare le cose per bene e non passare più un anno come l’ultimo. Il ciclismo è una parte della mia vita, ma non è tutto e non voglio starci male. Ho avuto la grande opportunità di continuare a fare quello che mi piace in modo diverso. In questi ultimi anni è cambiato tutto, sono cambiati gli stipendi e spero che anche le Fiamme Oro capiscano questa scelta. Sono entrata con loro come atleta della pista e non so se ora cambierà qualcosa. Spero di riuscire a dimostrare di poter tirare fuori qualcosa di bello anche su strada.

Dovrai tirare le volate a Charlotte Kool, in che rapporti siete?

Mi è piaciuto che mi abbia chiamata prima di firmare il contratto. Abbiamo fatto una videochiamata e si è presentata e mi ha spiegato il suo punto di vista. L’ho trovata una persona veramente umile. Poi mi è piaciuta molto in ritiro, viverla di persona, perché mi sono resa conto che è veramente una leader. Lo noti in tutto quello che fa, ma non è che si dia delle arie. Eravamo in camera insieme, super rilassate e sono molto curiosa di iniziare.

Barbieri e Kool: coppia sprint della DSM: compagne di stanza nel ritiro di ottobre (foto Instagram)
Barbieri e Kool: coppia sprint della DSM: compagne di stanza nel ritiro di ottobre (foto Instagram)
L’avevi mai studiata come avversaria?

Ho studiato come corrono. E’ impressionante come sono sempre unite. Lei risparmia tantissimo fino alla volata, non deve mai recuperare posizioni perché c’è chi la pilota e allo sprint è sempre super fresca. Da fuori mi sembra di capire che hanno uno schema ben definito dall’inizio, sanno già fino a dove devono arrivare e cosa devono fare. Però per contro ho visto che al Simac Ladies Tour le è mancata l’ultima donna davanti e si è buttata sulle ruote di altri e ha vinto lo stesso. Vincere contro una Balsamo o una Wiebes non è semplice, perché sono forti. Ha la grinta giusta e magari avere come leadout un’atleta esplosiva come me piuttosto di una passista che va in progressione, potrebbe aiutarla.

Lavorare per un’altra: che effetto fa?

Negli ultimi due anni, la squadra ha corso sempre per me. Però mi piace lavorare per le mie compagne, quindi non vedo l’ora di farlo per lei, perché se vincesse lei, sarebbe come se vincessi io. Charlotte è diventata grande lavorando per Wiebes, quindi magari questa esperienza farà crescere anche me. Sono molto carica, spero di riuscire a fare quello che mi chiederanno. Nello stesso tempo, spero di ritrovare la gamba per le classiche e di avere qualche possibilità nelle gare meno veloci. Vedremo cosa mi diranno. Per ora mi sembra tutto bello, la nuova bici sembra volare. Al ritiro di dicembre saprò dirvi di più. E comunque a Parigi non si corre soltanto su pista…

BFT Burzoni devo team della DSM. Ecco come funzionerà

01.11.2023
6 min
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Le squadre WorldTour che fanno sempre di più la spesa in Italia stanno aprendo una nuova frontiera, quantomeno nel femminile. Non solo guardano ai migliori talenti di casa nostra, ma ora puntano direttamente ad accordi stretti con le società. Uno significativo nel panorama delle junior si è registrato pochi giorni fa. Nel 2024 la BFT Burzoni diventerà una formazione development del Team dsm-firmenich.

E’ una notizia che racchiude lati positivi e negativi al tempo stesso. Certamente è un bene per le società italiane che i maggiori team esteri vadano a pescare da loro, a testimonianza del loro buon operato. Il rovescio della medaglia certifica invece ciò che si sta verificando nel maschile. La mancanza di formazioni WorldTour italiane o, nel caso specifico del femminile, di team continental che possano garantire un certo di tipo di attività internazionale, porta le atlete più forti a cedere alle lusinghe straniere. E nel 2025 col la nascita delle “professional” tutto potrebbe essere stravolto, ma questo sarà un altro discorso. Tuttavia proprio in virtù di quello che succederà, l’accordo della BFT Burzoni col team olandese potrebbe essere stato fatto con estrema lungimiranza. Su questo abbiamo voluto sentire le impressioni di Gianluca Andrina (in apertura foto Piva) e Stefano Solari, rispettivamente presidente e team manager della formazione piacentina.

Eleonora La Bella quest’anno ha conquistato tre vittorie e l’oro europeo nel Mixed Relay. Nel 2024 sarà una delle juniores più seguite (foto Franz Piva)
Eleonora La Bella quest’anno ha conquistato tre vittorie e l’oro europeo nel Mixed Relay. Nel 2024 sarà una delle juniores più seguite (foto Franz Piva)

Inizia tutto con Barale

Non è un caso che la DSM abbia nuovamente bussato alla porta della BFT Burzoni. Il contatto fra le due società c’era già stato a maggio del 2021 quando gli osservatori del team olandese avevano preso informazioni su Francesca Barale alla fine del Tour du Gévaudan, chiuso al secondo posto. L’ossolana a fine di quella stagione passò alla DSM dove, dopo due anni di crescita graduale, ha rinnovato fino al 2025.

«Due anni fa – racconta il presidente Andrina – ci hanno conosciuti con l’operazione di Francesca e da lì hanno continuato a monitorarci. Siamo orgogliosi di essere entrati nella loro lente di ingrandimento. Loro sondano molto nelle gare juniores in giro per l’Europa, compresa l’Italia. Quello di Barale non è stato solo un trasferimento sportivo, ma anche di valori umani. Loro guardano molto al lato morale, pedagogico e sono molto rigidi nella disciplina. Sanno anche che le nostre ragazze arrivano preparate e preservate alla categoria superiore. Non mi stupisce che Francesca stia facendo un certo tipo di percorso alla DSM, quasi fosse la prosecuzione di quello iniziato da noi. E naturalmente sono felice per lei».

Il rapporto lavorativo tra BFT Burzoni e DSM è iniziato a fine 2021 col passaggio di Francesca Barale al team olandese
Il rapporto lavorativo tra BFT Burzoni e DSM è iniziato a fine 2021 col passaggio di Francesca Barale al team olandese

Scelte oculate

L’accordo siglato dalla BFT Burzoni permette anche di resistere ad alcune tentazioni che si incontrano lungo il cammino, soprattutto se porta risultati. Qualche anno fa Andrina si era trovato a dover prendere una decisione non semplice e forse anacronistica per qualcuno. Il tempo gli ha dato ragione.

«Quando nel 2016 è nata la nostra società (che di fatto andò a rilevare parte della struttura di un’altra in chiusura, ndr) – va avanti Andrina – avevamo l’intenzione di formare ragazze. I risultati importanti delle nostre atlete anche a livello internazionale furono una conseguenza. Ogni anno facevamo uno step importante che probabilmente aveva portato qualche persona a chiederci di diventare continental. Noi alle spalle abbiamo un’azienda molto importante che crede nel nostro progetto, ma non aveva senso sprecare il budget per una attività in cui saremmo andati in difficoltà. Riuscii a tenere duro».

«La progettualità e la pazienza – conclude il presidente della BFT Burzoni, che ha un passato tra i dilettanti negli anni ’90 – ci hanno portato a fare la scelta giusta. Non sono pentito, è stato meglio così. Continuare a lavorare bene con le juniores oggi ci consente di collaborare con un team WorldTour. E per noi è fonte di soddisfazione. Negli anni ci siamo guadagnati certe credenziali e puntiamo ad essere sempre di più una formazione di riferimento nella categoria».

Come funzionerà

Entrando nel concreto, bisogna capire come si svilupperà questo rapporto tra DSM e BFT Burzoni. Per intenderci sembrerebbe non ricalcare molto ciò che c’è stato negli ultimi due anni tra la Valcar e i team dell’orbita UAE, anche se qualche similitudine potrebbe esserci.

Per il team manager Stefano Solari l’accordo con la DSM è un punto di partenza che cambierà il modo di lavorare (foto Franz Piva)
Per il team manager Stefano Solari l’accordo con la DSM è un punto di partenza che cambierà il modo di lavorare (foto Franz Piva)

«Le condizioni tra noi e loro – spiega il team manager Solari – sono molto semplici. Non avremo alcun tipo di fornitura di materiale. Su questo fortunatamente siamo ben coperti da sponsor e azienda che ci supportano in tutto. Non avremo alcun logo DSM sulla nostra maglia, perché non è un accordo in esclusiva, anche se per l’Italia saremo noi la loro società satellite. Ne hanno una in quasi ogni Paese europeo. Su questo avremo molta libertà ed indipendenza. Piuttosto ci hanno dato diverse dritte su alcuni aspetti per le ragazze. Dai comportamenti da tenere ad alcuni protocolli da seguire».

«Con la DSM – prosegue Solari – gli accordi sono essenzialmente legati all’aspetto agonistico. Nel 2024 ci aiuteranno ad avere inviti alle varie gare del Nord, magari quelle che non abbiamo mai fatto. In quel caso potrebbero darci un supporto logistico presso il Keep Challenging Center, il loro campus a Sittard. Inoltre le nostre migliori ragazze potranno avere un canale privilegiato per passare elite con loro, benché, lo ripeto, non sia una esclusiva. Per ora questi accordi vanno bene così».

Nuovo modo di lavorare

Diventare un devo team di una squadra WorldTour rappresenta un grande stimolo sia per le atlete che per i dirigenti stessi. Gli obiettivi potrebbero andare oltre al semplice risultato. Magari anche quello di aver tracciato una nuova rotta per il movimento italiano.

Anita Baima è iridata juniores dell’eliminazione. Ad oggi sarebbe difficile un suo passaggio in DSM perché il team olandese vuole atlete che facciano solo strada (foto FCI)
Anita Baima è iridata juniores dell’eliminazione. La DSM tuttavia vuole atlete che facciano solo strada (foto FCI)

«Quello tra noi e loro – chiude l’analisi Solari – è stato un corteggiamento reciproco. Nel finale di stagione Hans Timmermans (il capo dello scouting della DSM, ndr) ogni volta che è venuto in Italia con la sua squadra ha voluto vederci per parlare in modo approfondito. Lui è stato colpito non tanto dalle nostre vittorie, quanto più dal fatto che una ragazza che abita a 600 chilometri da noi, riferendosi a La Bella, sia voluta venire alla BFT Burzoni. Per lui è un segno di grande professionalità, che ci ha chiesto di mantenere.

«L’unico paletto tecnico che la DSM ha per il futuro è quello relativo alle ragazze che fanno doppia attività. Loro non vogliono pistard e chi vorrà passare alla DSM dovrà fare solo strada. Per noi tutto ciò è un punto di partenza che cambierà il nostro modo di lavorare. L’anno prossimo sarò meno preoccupato se non vinceremo una gara o l’altra. Mi importerà di accrescere l’esperienza internazionale delle ragazze e prepararle al grande salto».

Van Der Meulen: tappa al CTF e il 2025 alla Bahrain

27.09.2023
5 min
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Renzo Boscolo sotto questo sole d’autunno, che colora tutto di arancione, corre da una parte all’altra. Riunioni, decisioni, progetti e tanto altro bolle in pentola in casa CTF Friuli: novità che rendono frenetico questo finale di stagione.

«Quello che stiamo decidendo in questi giorni – racconta Boscolo in uno dei brevi momenti di pausa – è tutto in vista del 2024. L’attività del 2023 va avanti da sola fino a metà ottobre e terminerà così come sta andando. Per il futuro abbiamo parecchie idee e un po’ di cose da guardare, vogliamo fare un altro significativo passo in avanti».

Max Van Der Meulen ha corso negli juniores con la Willebrord Wil Vooruit (foto DirectVelo)
Max Van Der Meulen ha corso negli juniores con la Willebrord Wil Vooruit (foto DirectVelo)

Arrivo dall’Olanda

Una novità, proprio in vista della stagione 2024, è l’arrivo al CTF Friuli del corridore olandese Max Van Der Meulen. Il giovane, classe 2004 ha corso quest’anno con il Development Team della DSM-Firmenich. Van Der Meulen nel 2024 farà un passaggio al CTF Friuli, per poi andare in Bahrain Victorious nel 2025. Un percorso simile a quello fatto da Alberto Bruttomesso. 

«E’ un grande prospetto – ci dice Boscolo – da junior ha avuto un ruolino di marcia davvero impressionante. Ha vinto tre corse a tappe, tra cui due appuntamenti di Nations Cup, La Classique des Alpes Junior e poi è arrivato quarto al Giro delle Fiandre. E’ un ragazzo che arriva dal progetto Bahrain, una cosa che stanno facendo già altri atleti. Lui ha già il contratto con il team WorldTour ma ha bisogno di un anno intermedio, di ulteriore apprendimento e formazione».

Ha vinto tante corse importanti, tra cui la Classique des Alpes Juniors (foto DirectVelo)
Ha vinto tante corse importanti, tra cui la Classique des Alpes Juniors (foto DirectVelo)

Legame continuo

Tra CTF Friuli e Bahrain Victorious c’è un legame continuo che porta tanti ragazzi a fare questo passaggio. D’altronde la continental friulana ha dimostrato di saper lavorare bene con i giovani fin da subito. Questo è semplicemente un continuo di questo percorso. 

«Tra noi e la Bahrain – spiega ancora Boscolo – c’è un legame continuo e un passaggio di informazioni costante. Fusaz è il nostro collante tra noi e loro, ha un ottimo occhio per vedere le opportunità future, ovvero corridori della categoria inferiore (juniores, ndr) che hanno prospettive di crescita importanti.

«Nel caso di Van Der Meulen – prosegue – l’interesse della Bahrain era noto da tempo, poi il ragazzo ha corso nel Devo Team della DSM, ma qualcosa non ha funzionato. Rispetto ai suoi risultati da junior non ha performato quanto ci si potesse aspettare. Il ragazzo arrivava da un team juniores di grande tradizione: il Willebrord Wil Vooruit, che ha formato corridori come Dylan Groenewegen e Niky Terpstra. Non sempre nelle squadre devo i corridori trovano la loro giusta dimensione».

Il passaggio al Development Team DSM-Firmenich non è andato come sperato (foto DirectVelo)
Il passaggio al Development Team DSM-Firmenich non è andato come sperato (foto DirectVelo)

Più autonomia

Il CTF Friuli rimane una squadra fedele alle proprie idee e con un accordo con un team WorldTour, ma non è un Devo Team. Quella dei friulani è una scelta che permette anche di salvaguardare la propria identità.

«Ho letto la vostra intervista ad Axel Merckx – dice Boscolo – e condivido pienamente le sue parole. Lui con la sua Hagens Berman ha effettuato la nostra stessa scelta, che per noi si è rivelata vincente e positiva. Secondo me le nostre due squadre (CTF e Hagens Berman, ndr) hanno la stessa idea, ovvero che i team continental devono essere un’accademia per far crescere i giovani corridori.

«Un esempio – spiega nuovamente – è quello che abbiamo fatto con Bruttomesso, che per certi versi può anticipare quello che farà Van Der Meulen. Se si guarda ai numeri Bruttomesso ha vinto di meno, ma se si guarda alla prestazioni è cresciuto tantissimo. Ha corso molte gare a tappe, portandole tutte a termine e conquistando almeno un podio in qualche tappa. E’ un corridore più resistente, questa formazione è quella che ci chiede la Bahrain. In realtà è ciò che abbiamo sempre fatto anche quando non lavoravamo con loro: i fratelli Bais, Milan e Pietrobon ne sono degli esempi. 

Uno sprazzo di talento è arrivato alla Parigi-Roubaix U23, conclusa al sesto posto (foto DirectVelo)
Uno sprazzo di talento è arrivato alla Parigi-Roubaix U23, conclusa al sesto posto (foto DirectVelo)

Progetti e crescita

Cosa aspettarsi l’anno prossimo da Van Der Meulen è una domanda che non ha risposta, però si può capire il percorso che il ragazzo deve fare e quali punti migliorare per arrivare pronto al mondo dei professionisti. 

«La prima cosa – riprende Boscolo – è stata vedere i suoi valori ed il suo storico, poi più avanti faremo un progetto più approfondito. Verrà da noi nei nostri laboratori e capiremo tutto quello che dovremo fare con lui e in che campi migliorare. Probabilmente, guardandolo da fuori, dovremo lavorare sulla personalità e sulla stabilità delle prestazioni. E’ una cosa che abbiamo notato quest’anno con Bruttomesso e gli altri ragazzi, lui è partito da gare nazionali per poi aumentare sempre di più il livello. Infatti, non è un caso che a fine stagione abbia corso contro corridori del WorldTour facendo bene».

Il CTF Friuli ha corso tanto anche al Nord, su percorsi dove Van Der Meulen ha già fatto vedere cose promettenti fin dagli juniores. 

«E’ vero – conclude il diesse – tra Alsace, Gent-Wevelgem e Youngster Coster Challenge abbiamo messo piede parecchio al Nord. Noi cerchiamo di avere un ventaglio di corse che permette ai nostri ragazzi di misurarsi con i più forti e di crescere. Un’altra importante responsabilità ce l’hanno le varie nazionali di riferimento, perché tanti appuntamenti come le tappe di Nations Cup e il Tour de l’Avenir sono fondamentali per i corridori».

Ursella chiude con la DSM: il suo futuro è altrove

06.09.2023
5 min
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Ad un certo punto, curiosando tra i vari siti di statistiche ci siamo imbattuti nel nome di Lorenzo Ursella (foto Instagram in apertura). Il calendario del giovane friulano, in forza al devo team della DSM-Firmenich, è striminzito. Ursella lo scorso anno era rimasto coinvolto in una caduta in gara che lo aveva costretto ad una delicata operazione alla caviglia. Nel capire come procede il suo recupero siamo andati a chiedere direttamente a lui, che ora si trova a casa.

Lorenzo Ursella è ripartito quest’inverno dopo la frattura di caviglia e tibia subita ad aprile 2022 (foto Team DSM)
Lorenzo Ursella è ripartito quest’inverno dopo la frattura di caviglia e tibia subita ad aprile 2022 (foto Team DSM)

Un lungo inverno

L’infortunio Ursella lo aveva subito ad aprile e dopo l’operazione era tornato in bici nel finale di stagione. Da quel momento in poi è stata tutta una rincorsa per tornare ad essere competitivo.

«Avevo ripreso ad andare in bici ad agosto – racconta – e da lì non mi sono più fermato per tutto l’inverno. L’obiettivo era quello di allenarmi e recuperare, per presentarmi in forma all’inizio della nuova stagione».

Per Ursella questa è stata la seconda stagione all’interno del devo team della DSM
Per Ursella questa è stata la seconda stagione all’interno del devo team della DSM
E com’è andata?

La caviglia non mi dà più alcun problema, le viti non mi causano alcun fastidio, ma questo i medici me lo avevano detto. In inverno ho lavorato bene, tanto che a febbraio, dopo il primo ritiro fatto con la squadra, ho fatto dei test che mi vedevano in crescita. Stavo bene, ne avevo parlato anche con il dietologo. Rispetto all’inizio del 2022 avevo più massa muscolare ed ero anche dimagrito. 

La stagione come è stata indirizzata?

Dopo i ritiri con la squadra avremmo dovuto fare un primo punto della situazione. Come detto in inverno non mi sono fermato, ed ho fatto una progressione continua fino a inizio gennaio. Poi sono andato in ritiro con la squadra prima a gennaio e poi ancora a febbraio. 

Quando era previsto il ritorno in gara?

A marzo, in linea con la stagione normale. 

Nei soli 13 giorni di gara disputati nel 2023 figurano anche le due tappe corse con la nazionale al Giro di Sicilia
Nei soli 13 giorni di gara disputati nel 2023 figurano anche le due tappe corse con la nazionale al Giro di Sicilia
Alle prime uscite che sensazioni hai avuto?

Normali, anzi per me molto buone. Non sono arrivati dei risultati, però era anche normale dal mio punto di vista, non correndo dall’anno scorso. Alla fine dopo l’infortunio avevo fatto solamente due gare, a settembre, per capire come procedesse la riabilitazione. 

A inizio stagione hai corso un po’, poi ti sei fermato, come mai?

E’ stata una decisione della squadra. Sinceramente dopo l’inizio di stagione pensavo di aumentare i giorni di corsa, ma così non è stato. Fino a maggio ho corso con regolarità, poi mi sono fermato per 2 mesi, perdendo quanto di buono fatto prima. 

Una scelta del team, ma quali motivazioni ti hanno dato?

Per loro non ero in condizione, però a mio modo di vedere i riscontri erano stati buoni, considerando il calvario trascorso. Okay, non ho ottenuto risultati di rilievo, ma a livello di numeri crescevo. Pretendere risultati fin dalle prime corse era difficile.

Quella con il team olandese è stata un’esperienza difficile per il giovane friulano (foto Instagram)
Quella con il team olandese è stata un’esperienza difficile per il giovane friulano (foto Instagram)
Hai accumulato davvero pochi giorni di corsa fino ad adesso, ora che farai?

La mia stagione è già finita – dice con un mezzo sorriso amaro – ho fatto una ventina di giorni di gara, non di più. Davvero pochi, però non sono l’unico, anche altri miei compagni hanno lo stesso problema. 

Dovevi fare il Flanders Tomorrow Tour, ma alla fine non sei partito…

Quando mancavano 2 giorni all’inizio della gara, la squadra mi ha escluso dalla rosa. Anche in quel caso mi hanno detto che non mi vedevano in condizione.

E con la squadra hai mai parlato in questi mesi?

Sì, a metà stagione avremmo dovuto capire come impostare il calendario da qui a fine anno. Ci siamo parlati e confrontati, ma non mi hanno inserito gare. Forse io non ho dimostrato molto, ma è anche vero che non ho avuto grandi occasioni. 

Dopo due stagioni non troppo fortunate, a fine stagione, terminerà l’avventura olandese di Ursella (foto DSM)
Dopo due stagioni non troppo fortunate, a fine stagione, terminerà l’avventura olandese di Ursella (foto DSM)
Da qui a fine stagione che programmi seguirai?

Terrò il piano di allenamento che ho concordato con il team fino ad ottobre, poi l’anno prossimo cambierò squadra. Ho un accordo con la Zalf, molto probabilmente correrò con loro. 

Questi due anni in Olanda non sono andati come sperato…

No, anche al di là dell’infortunio. La DSM ha un calendario, per quanto riguarda la categoria under 23, molto ridotto. Non è facile correre con continuità. Come squadra è super professionale e non si può dire nulla, grazie a loro ho capito in che modo lavora un team WorldTour e come si corre all’estero. L’ambiente però non è per tutti, a causa anche dei metodi ristretti di lavoro.

A un anno di distanza la caviglia ti crea qualche preoccupazione?

Nessuna. Anzi, sto pensando di togliere le viti. Devo solo decidere il periodo giusto perché vorrebbe dire mettere il gesso e fermarsi ancora per un mese. Prima vorrei fare una stagione fatta bene, poi pormi questo problema, per affrontarlo a mente “libera”.

Milesi e Baroncini, le soddisfazioni iridate della Beltrami

30.08.2023
6 min
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«Prima di vincere o fare risultato, a noi interessa insegnare ai ragazzi cosa significhi diventare dei corridori senza creare false illusioni. E aver visto Baroncini prima e Milesi poi diventare campioni del mondo ci rende molto orgogliosi del lavoro fatto con loro». Lo afferma con convinzione Roberto Miodini, diesse della Beltrami TSA Tre Colli, che aveva guidato i due giovani italiani nella loro rispettiva prima stagione da U23.

Il team continental emiliano è stato come un centro di svezzamento sia per loro che per altri attuali pro’ che sono passati da lì, ma è ovvio che quei trionfi iridati abbiano un sapore speciale. Lo splendido agosto di di Milesi – composto nell’ordine dalla vittoria della crono mondiale U23 a Glasgow, il quinto posto nella prova in linea e la vestizione della maglia rossa a La Vuelta grazie al primo posto della Dsm-Firmenich nella cronosquadre – ha bissato di fatto quelle sensazioni vissute nel 2021 con la favolosa cavalcata di Baroncini a Leuven. Col tecnico parmense siamo tornati ai tempi di “quei” due ragazzi…

Roberto andando in ordine cronologico, che ricordo hai di Milesi?

Sicuramente è fresco. L’ho sentito dopo i suoi recenti risultati. Lorenzo è stato con noi per una stagione nel 2021, ma pensate che venne in ritiro il primo giorno anche l’anno dopo, che era già in DSM, per salutare i vecchi compagni e il resto dello staff. Quando lo abbiamo preso sapevamo che era uno degli junior più promettenti. In Beltrami ha fatto un’annata molto buona, sempre al servizio dei compagni. Correva in modo generoso e spesso gli ho detto, quasi rimproverato, che lo era anche troppo, come quella volta alla Milano-Busseto. Andò in fuga con altri quattro fin dai primissimi chilometri e nel finale, col gruppo arrivato a cinquanta metri, tirò alla morte pur di non farlo rientrare. Lui fece quinto su cinque e mi disse: «Hai ragione potevo agire diversamente, ma non volevo che ci riprendessero, ci meritavamo di arrivare noi».

Cosa gli avevi risposto?

Fondamentalmente nulla (sorride, ndr). Forse sarebbe riuscito ad ottenere qualcosa in più, ma ormai la corsa era finita e al limite lo avrei visto all’opera in quella successiva. D’altronde Lorenzo ha sempre guardato alla sostanza in gara. Di lui ti accorgevi subito del gran motore che aveva. Anche al Giro dell’Emilia in mezzo ai pro’ fece un gran numero. 145 chilometri di fuga prima di staccarsi e ritirarsi al primo passaggio sul San Luca quando si mossero i big. Per me quell’azione valeva come cinque vittorie, alla faccia di chi vede solo i risultati e mai le prestazioni. Che è un tipico ragionamento che c’è nel ciclismo giovanile e dilettantistico però questo è un altro discorso

Invece un ricordo di Baroncini?

Devo dire che sono tanti per entrambi ed è normale che dopo le loro vittorie assumano anche un significato diverso. Filippo era uno junior di grande prospettiva, che aveva fatto una bella trafila giovanile. Era arrivato nel 2019 e lo avevamo preso convinti che avrebbe fatto bene in poco tempo. Nel primo anno ha capito com’era la categoria cogliendo qualche buon piazzamento. Nel 2020 invece, quando la stagione è ripresa dopo il lockdown, bastava portarlo solo alle corse perché non ne ha sbagliata una. In quaranta giorni aveva collezionato due vittorie e sei top 10, ma ci piaceva come interpretava la corsa, all’attacco e convinto dei suoi mezzi. Eravamo certi che nel 2021 sarebbe diventato il più forte con noi o con altri.

Era obiettivamente difficile trattenerli?

E’ un discorso complesso e semplice al tempo stesso. Nel caso di Lorenzo, quando arrivò da noi, sapevamo che era già nel mirino di squadre WorldTour, tant’è che la DSM lo prese per il suo Devo Team. A Filippo invece è stato proposto un contratto migliore da un’altra parte (passò alla Colpack-Ballan, ndr) che noi non riuscivamo a pareggiare. Ci è dispiaciuto chiaramente ma forse doveva andare così…

In ogni caso resta la soddisfazione di aver introdotto due futuri iridati nel difficile mondo di U23 e pro’.

Certo, siamo contenti. Significa che funziona bene il cosiddetto scouting e quindi il lavoro che facciamo sui ragazzi. In Beltrami vogliamo che i ragazzi siano consapevoli di quello che stanno facendo per capire dove vogliono arrivare. Poi è ovvio che la differenza è data dalle motivazioni e da una buona dose di fortuna. Considerando che la nostra squadra è di recente costituzione, nell’ultimo periodo abbiamo una buona percentuale di nostri ex atleti al primo anno da “dilettante” che ora sono professionisti. Penso a Parisini e Tarozzi oltre a Fiorelli, anche se era già un po’ più grande. A loro aggiungo De Pretto che è stato con noi nel 2021, quando c’era Milesi, e che ha appena firmato due anni nel WorldTour con la Jayco-AlUla. Quando leggiamo di questi passaggi siamo molto orgogliosi.

Vedendo ora dove sono, cosa prevede Roberto Miodini per Baroncini e Milesi?

Sono due ragazzi diversi fra loro, sia fisicamente che caratterialmente. Filippo spero che abbia più fortuna in certe situazioni. Quando cade spesso si fa male o si rompe. Oppure se al campionato italiano non avesse forato avrebbe vinto lui, ne sono sicuro al cento per cento. Andrà in UAE e si ritaglierà un ruolo da protagonista o da punta perché è nella sua indole. E’ ancora giovane e può diventare un corridore da classiche. Di Lorenzo invece stiamo scoprendo le sue potenzialità. Forse è meno appariscente, ma decisamente solido. Ha solo 21 anni e la sua dimensione la troverà a brevissimo. Di certo è che saranno due corridori fondamentali per la nazionale di Bennati nell’imminente futuro.

Una vittoria prima dei saluti. Viaggio in Dsm con Dainese

27.08.2023
6 min
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Italiani e Dsm-Firmenich: un feeling particolare. Ieri la squadra olandese (ma affiliata in Germania) ha vinto la cronosquadre di apertura della Vuelta. Il primo a tagliare il traguardo è stato Lorenzo Milesi, campione mondiale proprio contro il tempo fra gli U23, che oggi riparte in maglia roja. E poi c’è l’altro italiano, Alberto Dainese il quale, anche se è arrivato staccato ha dato il suo contributo alla causa. E’ questo forse miglior modo del velocista veneto di salutare la squadra: una vittoria di gruppo ha sempre un altro sapore.

Tuttavia Alberto sa che in Spagna le cose non saranno facili per le ruote veloci come lui. Primo perché le tappe adatte alle volate generali si contano sulle dita di una mano. Secondo perché – e può sembrare assurdo – i velocisti sono pochi.

«Le tappe per noi sprinter – dice Dainese – non sono molte. Il faro della corsa tra i velocisti è Kaden Groves, più che altro perché è l’unico ad avere una squadra votata per lui. Tanto più che all’ultimo minuto per Covid è stato sostituito anche Thijssen della Intermarché – Circus. Quindi alla fine ci sarà una sola vera squadra, la sua Alpecin-Deceunick, che avrà interesse ad arrivare in volata. Vedremo».

Le fughe, su carta, hanno dunque buone possibilità di arrivare.

La squadra olandese annovera la WT maschile, femminile e la development (foto Instagram)
La squadra olandese annovera la WT maschile, femminile e la development (foto Instagram)

Tanti italiani

Come accennato in apertura Alberto Dainese lascerà la Dsm a fine stagione e passerà alla Tudor Pro Cycling come ha fatto Trentin. Il padovano è stato una sorta di pioniere per gli italiani nel Team Dsm. 

A parte Gianmarco Garofoli, che da sempre voleva unirsi all’Astana-Qazaqstan di Martinelli, sono arrivati Lorenzo Milesi, Lorenzo Ursella (che però corre nella development), Francesca Barale ed Eleonora Ciabocco. E tutti sembrano trovarsi molto bene con i metodi di questa squadra.

D’altra parte, possiamo immaginare che l’ambiente del team olandese possa non essere proprio facile per un atleta latino, mediterraneo. Deventer, dov’è la sede del team, è situata a un centinaio di chilometri ad Est di Amsterdam, non lontana dal confine tedesco. La differenza culturale si sente e non tutti riescono a integrarsi subito. 

«Gli aeroporti di riferimento – va avanti Dainese – sono Amsterdam o Eindhoven e ricordo in effetti che la prima volta che arrivai lassù non era affatto bel tempo. Pioveva. Io però ci sono stato molto poco. C’è un hotel di riferimento e ci sono degli appartamenti. Ma lì vi risiedono soprattutto i ragazzi della development. Hanno una cucina e possono fare da sé».

In Dsm i piatti arrivano già preparati e pesati in modo specifico per ogni atleta
In Dsm i piatti arrivano già preparati e pesati in modo specifico per ogni atleta

Ambiente rigido

Per Dainese fare un paragone con un’altra squadra magari italiana non è facile, visto che non vi milita dal 2018 quando non era ancora un professionista.

«Posso dire che qui in Dsm tutto è molto controllato. Si richiede grande puntualità e tutto è molto strutturato. Ci sono delle regole che vanno rispettate per il bene comune, ma questo serve per lavorare bene, tutti quanti.

«Ammetto che all’inizio questa grande puntualità e la cura dei dettagli quasi mi spaventavano, ho sofferto. Controllavano e controllano tutto (la crono di ieri ne è una prova: tanti test il mercoledì precedente, materiali preparati per la pioggia, impostazione di un ritmo gara centrato al dettaglio, ndr). Ma ero io che ero timido. Poi ho capito come funzionava, ci ho fatto l’abitudine e le cose sono andate meglio».

Sul manifesto della squadra si legge: “Il nostro programma WorldTour maschile, il programma WorldTour femminile e un programma di sviluppo operano tutti sotto lo stesso “ombrello”. Siamo un collettivo, tutti utilizzano lo stesso approccio”. E in effetti c’è una certa coralità di metodo.

«Abbiamo le nostre tabelle di allenamento che arrivano tramite Excell – prosegue Dainese – e lì poi ricarichiamo i nostri file di allenamento: quindi watt, chilometri, ore… ma anche altri valori come il peso. E aggiungiamo un commento con le nostre sensazioni. Le tabelle arrivano ogni due o tre settimane».

Tutto molto preciso anche per quel che concerne l’alimentazione. In squadra ci sono i nutrizionisti, come in tutte le WT del resto, ma durante i grandi Giri ai ragazzi della Dsm vengono consegnati i piatti già preparati con le quantità specifiche per ciascun atleta.

«E questo aspetto ti sgrava di molti pensieri, dubbi – spiega Dainese – non ti chiedi se hai preso troppa pasta o troppo poca. Se ne vuoi di più… quello è il tuo piatto, sai che è stato calibrato e pesato sul tuo fabbisogno energetico: stop. A fine grande Giro la tua massa grassa è sempre quella, segno che hai mangiato bene».

«Un po’ come con gli allenamenti: loro vogliono sempre le tue tracce, quello che mangi… e se questo può dare fastidio, o sembrare limitante, credo che per un giovane che ancora non conosce bene il mestiere sia un bene. Per me questo metodo è un pregio di questo team». 

All’Arctic Race, una delle poche gare previste per lui sin da inizio anno, Dainese ha vinto la prima tappa
All’Arctic Race, una delle poche gare previste per lui sin da inizio anno, Dainese ha vinto la prima tappa

Particolarità Dainese

Milesi, Barale e gli altri italiani dunque possono stare tranquilli. Ma allora viene da chiedersi perché Dainese abbia deciso di lasciare questo team così ben organizzato. Ammessa quella rigidità – che comunque non riguarda solo questa squadra. Sappiamo, per esempio, di un atleta di un team importante, essere stato redarguito per essersi presentato con un minuto di ritardo alla partenza del bus dall’hotel – tutto sommato le cose sembrano girino bene. Almeno quasi sempre è così.

«Io – conclude Alberto – in quanto a programmi sono stato un caso anomalo. Quest’anno infatti delle gare previste ad inizio anno ne avrò fatte due. Ho invece preso il via a corse in cui non ero neanche riserva. Della Tirreno l’ho saputo qualche giorno prima, del Tour of the Alps, alla vigilia. Del Giro d’Italia una settimana prima e quasi lo stesso qui alla Vuelta».

Qualche difficoltà dunque c’è stata per Alberto, nonostante, proprio in questo team abbia raccolto i suoi primi importanti successi. Ma i calendari improvvisati non fanno certo bene nel ciclismo di oggi. Magari avrebbe potuto fare di più. Anche lo scorso anno le cose non andarono troppo diversamente per lui: Giro d’Italia, Giro del Belgio e poi il non previsto Tour de France: una “botta” mica da poco per un ragazzo di 24 anni. 

«Feci una grande fatica in Francia – racconta Dainese – ricordo che già dopo poche tappe ero sfinito. Stavolta con la Vuelta almeno è diverso, in quanto a luglio ho staccato un paio di settimane. Sono rientrato in gara giusto all’Arctic Race (dove ha vinto una tappa, ndr). Ho un po’ patito lo sbalzo di temperatura tra Norvegia e Spagna, ma sono curioso di vedere come sarà un secondo grande Giro in stagione con un percorso di avvicinamento più “normale”».