La nuova vita alla Movistar dopo due mesi sulle spine

15.01.2024
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Adesso che tutto è finalmente a posto e che anche l’influenza ha deciso di lasciarlo in pace, dal ritiro di Calpe Lorenzo Milesi ricostruisce gli ultimi due mesi. Il bergamasco è passato in pochi giorni dall’esaltazione di una nuova squadra al non sapere che pesci prendere, fino all’approdo insperato e per certi versi sorprendente al Movistar Team.

Dopo la vittoria al mondiale U23 della crono e il primo giorno in maglia rossa alla Vuelta, conclusa con una caduta e il ritiro, sembrava che per lui si fosse aperta la porta del Team Ineos Grenadier. Alla vigilia del Giro d’Onore della Federazione era parsa cosa fatta, invece proprio in quell’occasione si capì che l’ipotesi fosse ormai tramontata. Il tentativo successivo fu fatto con la Bora-Hansgrohe, ma invano. E quando la situazione iniziava a farsi sconcertante, ecco l’avvistamento di Milesi a Calpe nell’hotel del Movistar Team. Una presenza semi clandestina, perché il Team DSM-Firmenich aveva chiesto di gestire la comunicazione. E la notizia infatti arrivò puntuale il 18 dicembre.

Facciamo un passo indietro, quel giorno a Milano sembrava tutto fatto per andare alla Ineos. E poi?

Si era trovato un accordo economico perché andassi via. L’opportunità Ineos mi avrebbe permesso di fare con loro gli altri due anni di contratto e di lasciare il Team DSM che mi aveva proposto di prolungarlo per altre due stagioni, ma non ci sarei mai restato. Invece a un certo punto è venuta fuori una differenza economica e la porta si è chiusa. Solo che per la DSM a quel punto io non esistevo più, i rapporti erano in frantumi: per loro ero un corridore ormai andato via.

Per questo si è parlato della Bora-Hansgrohe?

Dovevo trovare un’altra squadra. Alla Bora c’era la questione Uijtdebroeks: si sapeva che sarebbe andato via, ma non quando. E così a inizio dicembre ancora non sapevo dove avrei corso. A un certo punto ho pure pensato che sarebbe stato meglio non aver vinto il mondiale, così a certe cose neppure ci avrei pensato… Scherzo, ovviamente. In ogni caso però a quel punto la cosa che ho fatto è stata cambiare procuratore, perché non avevo niente in mano. Erano due anni che si tentava di andare alla Ineos, ma una volta che quella porta si è chiusa, mi sono rivolto ai Carera. Avevamo parlato proprio al Giro d’Onore. Mi avevano detto che se avessi voluto, avrebbero provato a darmi una mano. E alla fine li ho chiamati.

Al Giro d’Onore, le prime crepe. L’accordo fra Milesi e la Ineos era già in dubbio
Al Giro d’Onore, le prime crepe. L’accordo fra Milesi e la Ineos era già in dubbio
Non deve essere stato un periodo semplice, insomma…

Sono stati mesi poco piacevoli, ma sono serviti anche questi per crescere. E’ vero che non avevo più un allenatore che mi desse le tabelle per allenarmi, ma vero anche che avevo bisogno di staccare un po’ e pedalare come mi sentivo. Per cui forse ho fatto meno ore e meno intensità di quelle che avevo l’anno scorso in questo stesso periodo, ma ho comunque lavorato.

E adesso ti ritrovi in un team latino dopo due anni in Olanda e dopo aver provato ad andare alla Ineos britannica e alla tedesca Bora: che effetto fa?

Sono contento di essere arrivato qui. Si è parlato di questo aspetto nella prima riunione con Eusebio Unzue, si nota subito che è una squadra completamente diversa dalla DSM a livello umano. Si prende il lavoro molto seriamente, ma si può anche parlare e avere un’opinione.

La liberatoria da parte della DSM è arrivata in tempo per la presentazione Movistar del 21 dicembre
La liberatoria da parte della DSM è arrivata in tempo per la presentazione Movistar del 21 dicembre
Era da un po’ che alla Movistar non c’erano tanti italiani: siete ben quattro.

Ho fatto due anni alla DSM in cui prima ero solo con Ursella e poi con Dainese, qui siamo di più. Alla DSM si parlava inglese e ci riprendevano se ci sentivano parlare italiano. La situazione è cambiata quando sono arrivato nella WorldTour, perché nel team U23 ci conoscevamo tutti e si era creato un bel clima. Al passaggio ho capito che certi corridori rischiavo quasi di non vederli per tutto l’anno. Patrick Bevin l’ho visto per la prima volta al Polonia. Qui invece parli la lingua che vuoi, c’è ben altro clima.

Hai cambiato preparatore, si lavora in modo tanto diverso?

Lavoro con uno spagnolo, ma ho iniziato solo da due settimane, non ho fatto più di tanto. In proporzione, direi che in DSM all’inizio dell’anno facevo più soglia e fuori soglia, ma devo cominciare al Saudi Tour, siamo a inizio gennaio e la stagione è davvero molto lunga. Va bene così.

Al passaggio su bici Canyon, Milesi ha adottato una posizione totalmente nuova (foto Dani Sanchez)
Al passaggio su bici Canyon, Milesi ha adottato una posizione totalmente nuova (foto Dani Sanchez)
Passi dalla Scott alla Canyon, ti abbiamo visto lavorare sul posizionamento: come va l’adattamento?

Sulla bici da strada mi trovo bene, ma la posizione me l’hanno cambiata davvero tutta. La prima cosa è stata adottare i nuovi pedali, anche se quelli nuovi li ho montati solo da poco. Mi sono alzato e abbiamo spostato la sella in avanti. Avevo sempre pensato che la mia posizione non fosse tanto al top: dopo tre ore avevo male nella parte posteriore della gamba, ora no. E poi mi avevano messo uno spessore sulla gamba sinistra, che è la mia più lunga e finalmente lo abbiamo tolto.

Invece la bici da crono?

Abbiamo fatto la posizione in pista a Pamplona un paio di giorni fa e poi l’ho usata in allenamento, cominciando anche a fare qualche lavoro. La bici mi sembra molto confortevole, trovo più facile tenere la posizione ed è in arrivo il manubrio personalizzato. Insomma, quando dico che sono soddisfatto, non parlo a vanvera. Ho firmato per tre anni con Movistar, l’obiettivo è comunque crescere gradualmente, magari iniziando da questa stagione ad assaggiare le strade del Belgio…