E Remco cosa fa? Lo ha raccontato nel podcast

21.04.2024
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LIEGI (BELGIO) – Evenepoel, il grande assente: cosa fa Remco? Sono due anni che il mondo del ciclismo aspetta il duello con Pogacar alla Doyenne, ma per altrettanti infortuni ancora non è stato possibile. Prima l’uno, poi l’altro. Due è anche il numero degli anni che li divide: classe 1998 lo sloveno, 2000 il belga. E mentre sta per scattare la Liegi numero 110, con la minaccia di neve sulle Ardenne e Pogacar favorito in mezzo a un branco di predatori di tutto rispetto, il belga della Soudal-Quick Step ha partecipato al podcast della sua squadra: The Wolfpack Howl.

Per Evenepoel dopo la caduta ai Baschi, la fratture di una scapola e una clavicola (foto Soudal-Quick Step)
Per Evenepoel dopo la caduta ai Baschi, la fratture di una scapola e una clavicola (foto Soudal-Quick Step)

L’analisi della caduta

Evenepoel è stato il primo a cadere nella quarta tappa al Giro dei Paesi Baschi. A forza di scorrere il video del più catastrofico capitombolo degli ultimi tempi, da cui sono usciti tutti fortunatamente vivi, si sospetta che sia stato proprio il belga ad aver innescato la maxi caduta. Lui è andato dritto, sbagliando la curva. Tesfatsion, subito dietro, ha preso paura ed è caduto a sua volta.

«Se guardate attentamente il movimento della mia bici – ha detto – potete vedere chiaramente che ho preso la traiettoria sbagliata. Sono finito nella parte più sconnessa della curva e ho perso il controllo. Non ho più avuto aderenza e ho frenato per paura di uscire di curva. Poi sono andato tutto a sinistra e ho saltato quel canale nella scarpata. E’ successo tutto molto velocemente. Un attimo dopo ero già in piedi e mi tenevo la spalla. Nelle immagini al rallentatore sembra facile mantenere il controllo, ma dal mio punto di vista non era proprio così. Era anche una discesa pericolosa, perché ogni tanto guardavo la velocità sul computer della mia bici e segnava dagli 80 agli 81 chilometri orari».

Remco si è raccontato nel podcast della sua squadra
Remco si è raccontato nel podcast della sua squadra

Ripresa sui rulli

La caduta gli ha provocato la frattura della clavicola e della scapola e per questo escluso dalle sfide delle Ardenne e da questa benedetta Liegi che anche lui aspettava da un anno, avendo vinto le due edizioni precedenti. Avendo davanti l’obiettivo Tour e poi le Olimpiadi, a un certo punto le corse più immediate sono passate in secondo piano.

«Il mio corpo si sta gradualmente riprendendo – ha detto venerdì durante il podcast – e ogni giorno ho meno dolore. Ho sofferto molto, soprattutto i primi giorni dopo la caduta. Dall’inizio della settimana invece, ho potuto dormire di nuovo tranquillamente e senza dolori. Ho cominciato anche a fare alcuni esercizi di fisioterapia, in modo che i miei muscoli non smettano di lavorare. Non è ancora possibile uscire in bici, anche a causa del maltempo, ma da lunedì posso allenarmi di nuovo sui rulli».

Remco è tornato sul luogo della caduta al Lombardia 2020 per realizzare un video (immagine Instagram)
Remco è tornato sul luogo della caduta al Lombardia 2020 per realizzare un video (immagine Instagram)

Pausa di metà stagione

Evenepoel ha poi raccontato di aver parlato brevemente con Roglic nell’ospedale di Vitoria, dato che erano vicini, e di aver mandato invece un messaggio a Vingegaard. Avendo già sperimentato una caduta ben più drammatica al Giro di Lombardia del 2020, il belga ha scherzato sull’aver sottovalutato la frattura della clavicola. Per cui si sta godendo la vita in famiglia e ne ha approfittato per fare da testimonial al progetto Tous a Bord (foto di apertura). L’associazione opera nello sport paralimpico e sta per festeggiare i 20 anni di attività con una Bruxelles-Parigi di 400 chilometri per atleti disabili.

«Prima di romperla – ha detto – ero sempre stato un po’ troppo ottimista riguardo ad una clavicola rotta, ma ora non più. Non è proprio l’infortunio più semplice per un ciclista e spero che i miei colleghi non debbano sperimentare la stessa cosa. Non è il mio primo infortunio grave e proprio quella prima esperienza mi ha insegnato a non andare troppo veloce nel recupero. So di dover affrontare con calma la fase della rieducazione, per cui sono abbastanza rilassato e cerco di godermi questa pausa di metà stagione. Mercoledì scorso ho festeggiato la fine del Ramadan con Oumi e ho anche guardato tanto calcio. Ho dormito molto, ho giocato a minigolf e guardato il ciclismo in televisione. Non sono il tipo che non guarda le corse se non può prendervi parte».

Così lo scorso anno Remco conquistava la seconda Liegi consecutiva
Così lo scorso anno Remco conquistava la seconda Liegi consecutiva

Quando gli è stato chiesto quali corse siano state più dolorose da guardare, Remco ha puntato subito il dito verso l’Amstel Gold Race, che avrebbe corso con qualche ambizione. «Certamente non la Freccia Vallone – ha sorriso – visto quello che è successo». Chissà cosa proverà fra qualche ora guardando i suoi rivali sfidarsi sulle sue strade…

Liegi, domani si corre e Van der Poel ha pronta la sorpresa

20.04.2024
5 min
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LIEGI (Belgio) – «Ci proverò, ma sarà difficile. Non ho il terreno giusto – dice Van der Poel – e davanti questa volta c’è Pogacar, che è davvero forte in questo tipo di gare. Penso che la stagione sia già stata molto buona e penso che le gare passate fossero le più adatte a me, ma sono qui per provare a vincere».

Il campione del mondo risponde quasi annoiato alle domande che lo speaker deve necessariamente fargli, altrimenti come la scalda la poca gente accorsa sotto al palco? Piove a sprazzi e a sprazzi viene fuori un timido sole, di base però fa ancora freddo. E fredda è pure la presentazione delle squadre, la terza lungo l’argine dell’Ourthe, in un viale senza poesia né nobiltà, ai margini della città. Dopo la Sanremo scacciata da Milano, la Liegi fuori dal centro della città in cui era accolta come una regina lascia un sapore sempre più strano.

Pogacar è l’uomo da battere: lo sanno tutti, a lui in apparenza non crea problemi (foto letour)
Pogacar è l’uomo da battere: lo sanno tutti, a lui in apparenza non crea problemi (foto letour)

La ciliegina sulla torta

Siamo quasi certi che Van der Poel abbia in mente qualcosa di veramente grande per domani. Il suo pullman è l’ultimo in attesa di ripartire, in questa sorta di passerella meccanica in cui i corridori vengono scaricati, presentati, applauditi, intervistati e riportati in hotel. A costo di sembrare vecchi, ricordiamo che fino a prima del Covid, gli atleti passavano fra il pubblico, firmavano autografi e posavano per foto. Oggi c’è distacco e chissà quanto sia positivo.

«Ho ricaricato le batterie – dice il campione del mondo – sono andato in Spagna e sono riuscito a fare qualche buon allenamento al caldo. Sono tornato in Belgio giovedì sera per fare la recon del percorso con i miei compagni di venerdì, ma alla fine ho deciso di farne a meno. Diluviava e anche se non partecipo dal 2020, credo di conoscere queste strade a memoria. Non credo che l’Amstel significhi che sono in calo di forma: non avevo gambe, ma non ero neppure tanto male. Certo però Pogacar sarà un rivale difficile da sorprendere: è un corridore di classe purissima che correrà sul suo percorso preferito. Però penso che posso vincere. Se non ne fossi convinto, non parteciperei nemmeno. Ma tutto dovrà essere perfetto. E se dovesse andare bene, sarebbe anche più della ciliegina sulla torta».

Van der Poel è molto rilassato, posa per i selfie e intanto cova qualcosa per domani (foto letour)
Van der Poel è molto rilassato, posa per i selfie e intanto cova qualcosa per domani (foto letour)

Il malumore di Madiot

Hanno presentato le donne insieme agli uomini: le stesse squadre sullo stesso palco. E mentre il meccanismo andava avanti, abbiamo trovato il modo di fare due domande a Marc Madiot. Il team manager spesso ribelle della Groupama-FDJ ha espresso nei giorni scorsi una serie di valutazioni molto chiare sulla sicurezza delle corse.

«E’ tutto il sistema che non funziona – dice – a cominciare da chi valuta i percorsi. Dopo la caduta nei Paesi Baschi, sono stati accusati gli organizzatori, ma credo sia tempo che le valutazioni vengano fatte con qualche mese di anticipo da persone davvero indipendenti. E questa è la minima parte, perché dobbiamo parlare anche dei corridori.

«Avete fatto caso che la prima cosa dopo l’arrivo è spingere un tasto sul manubrio? Sono delle macchine che producono watt, in corsa come a casa. Dalla macchina gli dicono come è fatta la curva, poi però succede che il gps non ti segnala che ci sono anche i tombini e il corridore cade. E così passiamo alle radio, che dovrebbero essere uguali per tutti e solo con informazioni di servizio. E poi alle biciclette, che sono sempre più al limite. L’UCI potrebbe mettere mano a tanti aspetti per rendere questo ambiente più sicuro, ma si batte per la lunghezza dei calzini. Perciò domani andrò in corsa e i dimenticherò di tutto. Perché la Liegi è la Liegi e quando si comincia comanda l’istinto».

Pidcock alza il tiro

Quelli della Ineos Grenadiers sono venuti con Pidcock e Bernal, il primo per fare la corsa, il secondo per continuare a migliorare sulla strada di un pieno recupero. E Pidcock, che ha vinto l’Amstel poi si è congelato alla Freccia Vallone, ha lasciato intendere di aver recuperato.

«Sicuramente mi sono riscaldato – sorride – e non posso dire di essere orgoglioso della mia prestazione di mercoledì, ma ho preferito prevenire che curare. Per domani mi sento veramente bene. Questa è una delle mie gare preferite: so quanto sarà difficile, ma sono pronto per affrontare la sofferenza che certamente ci sarà. L’anno scorso arrivai secondo dietro Remco e se ci penso, dico che la feci molto bene. Tatticamente e anche fisicamente tirai fuori il massimo di quello che avevo, ma questa volta ci arrivo meglio. Il podio va bene, ma vincere una Monumento avrebbe un altro sapore».

Pogacar è passato e ha ripetuto quello che ha detto ieri. La sua presenza, al pari di quella di Van der Poel alla Roubaix, è il fattore con cui fare di conto. Eppure non deve essere facile sentire tutti gli occhi puntati e sapere che sono tutti lì ad aspettare una tua mossa. Lui se la ride e strizza l’occhio, probabilmente il segreto è tutto nella leggerezza.

Un giorno con Pogacar, fra bici, interviste, sogni e paure

19.04.2024
7 min
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BILZEN (Belgio) – L’hotel dove Tadej Pogacar incontra i giornalisti nel pomeriggio è un vecchio castello rimesso a nuovo, con mura in mattoncini fuori e vetrate scure che affacciano su prati verdi a perdita d’occhio. Si fa presto a capire perché mai il Belgio sia tanto verde, dato che anche oggi ha piovuto ininterrottamente dal mattino e soltanto alle 16 ha deciso di smettere.

Quando stamattina lo sloveno e i suoi compagni hanno arrestato il pullman sulla strada fra Trois Ponts e Stavelot, è servita tutta la loro grinta per vestirsi e partire lungo gli ultimi 100 chilometri della Liegi. Ulissi, che mercoledì si è sciroppato la Freccia Vallone, guardava il cielo poco convinto, ma Tadej è arrivato ieri sera e i compagni lo hanno aspettato per la “recon”. Si sono coperti con guanti in neoprene degni di un sub, hanno chiuso ogni possibile spiffero e sono spariti alla volta della Cote da Wanne, prima salita di giornata.

«Abbiamo fatto una bella ricognizione – dice Pogacar – mi piace sempre ripassare le strade di una delle mie corse preferite. Sta diventando una tradizione, da sei anni facciamo più o meno sempre gli stessi allenamenti e oggi non ha fatto eccezione. Siamo andati e abbiamo spinto forte per non avere freddo. Così la distanza è passata molto velocemente».

Dopo la recon del mattino, Pogacar ha incontrato i giornalisti nel primo pomeriggio
Dopo la recon del mattino, Pogacar ha incontrato i giornalisti nel primo pomeriggio

La Freccia Vallone è rimasta negli occhi di tutti i corridori e se ne fa ancora un gran parlare. Anche Pogacar l’ha seguita in televisione e ammette di aver sofferto per i suoi compagni. Il ragazzo ha la solita faccia pulita e gli occhi stanchi, ma come al solito appare molto ben disposto, per cui le domande arrivano e spaziano. Non solo la Liegi, ma anche le cadute e tutto quello che per un motivo o per l’altro popola la fantasia di venti giornalisti venuti da tutte le parti soltanto per lui.

Domenica scontro con Van der Poel: chi di voi due secondo te è fisicamente più attrezzato per queste gare?

Non vedo l’ora di affrontare di nuovo Mathieu, ma non penso che ci sia solo lui da tenere d’occhio. La Liegi è adatta agli scalatori più che ai corridori più pesanti come Mathieu, ma sappiamo che lui può fare tutto. Penso che domenica sarà una gara abbastanza aperta, con molti attacchi da lontano e tutto può succedere. E’ una gara molto lunga, una delle più lunghe dell’anno, con tanti metri di dislivello in salita. Si adatta meglio ai ciclisti un po’ più leggeri, ma comunque incisivi.

Che cosa pensi di quello che ha fatto Mathieu in questa primavera?

Ogni anno, ormai. Quello che fa ogni anno è fantastico, anche se questa volta si riconosce di più con la maglia di campione del mondo. Sta scegliendo le sue gare e si esibisce ogni volta ad altissimo livello. Per questo è anche divertente correre contro di lui, anche se forse divertente non è la parola giusta.

La UAE Emirates è partita alle 11 del mattino da Vielsalm: c’erano 8 gradi e pioveva
La UAE Emirates è partita alle 11 del mattino da Vielsalm: c’erano 8 gradi e pioveva
Cambiando discorso, che cosa ti è parso delle cadute che si sono viste di recente?

Penso che quest’anno ho visto uno dei due incidenti più orribili di sempre mentre guardavo la televisione. Non è stato bello vedere queste enormi cadute, in cui i corridori a terra non si muovevano nemmeno. Erano sdraiati e fermi e da casa ero lì a sperare che qualcuno venisse a prenderli velocemente e ad aiutarli. Purtroppo non ci si può fare nulla, è già successo. Gli incidenti accadono continuamente e altri ne accadranno. Il ciclismo è uno sport molto pericoloso, spero che tutti lo sappiano. Ogni anno andiamo sempre più veloci. Abbiamo attrezzature più veloci. Superiamo i limiti dei nostri corpi e delle bici. Ovviamente non possiamo provare tutte le tappe, tutte le strade. Hai le mappe per studiarle. Puoi farlo con Google Maps, Earth View, qualunque cosa. Puoi vedere la strada, ma non è la stessa cosa se la conosci. Per cui andiamo e basta.

Pensi che ci sia un po’ di responsabilità anche dei corridori?

Certamente sì. Molti corridori incolpano gli organizzatori, ma a volte è solo colpa nostra. Andiamo troppo veloci. Non sempre le cadute sono dovute a buche o crateri, ma certo non abbiamo la fortuna di correre sempre su asfalto nuovo. Andiamo più veloci in ogni discesa, in ogni salita, in ogni tratto pianeggiante. Poi si somma la stanchezza dei corpi e normalmente ci sono cadute. Anche io sono caduto alla scorsa Liegi, ma la colpa fu soltanto mia. Mi stavo concentrando per risparmiare quanta più energia possibile. Ero dietro al mio compagno Vegard, che è piuttosto grande e non vedevo niente. Così, quando Michael Honoré è caduto, non ho potuto evitarlo

E comunque domenica si torna alla Liegi, nella stagione del Giro e del Tour: in che modo la Doyenne si inserisce nel programma?

Sono abbastanza in forma. Vengo dal ritiro di Sierra Nevada e sono già concentrato sul Giro e sul Tour, ma credo di essermi preparato abbastanza bene anche per domenica. Mi piace molto questo programma. Non è troppo pesante e mi lascia molto tempo per allenamento e riposo fra una corsa e l’altra. Al contempo mi aiuta a trovare motivazioni nelle gare che faccio. Quando guardo il Fiandre, l’Amstel o la Freccia vorrei correrle anche io, ma so anche che devo essere più fresco per il Giro e poi per il Tour. Quindi la motivazione arriva con ogni gara che vedo in tivù.

La verifica della pressione delle gomme, che in una giornata come questa è decisiva
La verifica della pressione delle gomme, che in una giornata come questa è decisiva
La caduta dei Baschi ha colpito tre dei pretendenti al Tour, cosa hai pensato quando te ne sei reso conto?

So per esperienza che ci vuole molto tempo per recuperare. Il corpo ha bisogno di tempo, anche se la mente è pronta per andare sulla bici. Vorresti spingere, ma il corpo ha bisogno di riprendersi, qualsiasi sia la frattura o il danno. Un infortunio così influisce sulla preparazione e anche sulla parte mentale, quindi spero che tutti possano recuperare il più velocemente possibile. Che possano andare ad allenarsi in altura più velocemente possibile. So quanto sia importante avere più tempo possibile e penso che ne abbiano ancora abbastanza per il Tour.

Vorresti che Vingegaard fosse al Tour, dunque?

Sì, di sicuro. Sono il tipo di persona che vuole sempre gareggiare contro i migliori e Jonas è probabilmente il miglior scalatore del mondo. Mi auguro che torni allo stesso livello di prima e che possiamo creare ancora una volta un buono spettacolo. E spero che nessuno pensi che sia felice del suo infortunio, altrimenti dovrei pensare che qualcuno lo scorso anno lo sia stato per il mio e non vorrei pensarci.

Prima di partire, piccolo contrattempo per Tadej: il tempo di resettare il cambio e si va
Prima di partire, piccolo contrattempo per Tadej: il tempo di resettare il cambio e si va
Cosa ti aspetti dalla sfida Giro-Tour?

Ci saranno degli alti e bassi in questo programma, ma adoro correre in Italia. Ho corso in Italia per tutta la mia vita e voglio arrivare a Roma con buone sensazioni e vivere bene quelle tre settimane. Poi ovviamente voglio passare una bella settimana dopo il Giro e iniziare il lavoro per il Tour e prepararmi a soffrire in Francia. L’importante sarà finire il Giro bene mentalmente e anche fisicamente, non essere del tutto distrutto. Non servirà fare chissà cosa, in quel mese non servirà sfinirsi. Il corpo sarà ancora in forma, servirà seguire le sensazioni per arrivare al Tour de France non cotti.

Tornando alla Liegi, dopo gli 80 chilometri di fuga alla Strade Bianche e i 60 di Van der Poel alla Roubaix, cosa dobbiamo aspettarci per domenica?

Attaccherò ai meno 100 (ride ndr). Perché no? Si fa per ridere, ragazzi. Penso che questa non sia la Roubaix e neanche la Strade Bianche. Le salite più dure della Liegi si affrontano nel finale, quindi penso che sia piuttosto difficile andare via troppo presto. Vi dirò anche che mi manca Remco nella lista dei partenti, lo ammetto. Perché ha vinto le ultime due edizioni, in cui io non sono stato nei finali. Speravo dall’inizio dell’anno che ci saremmo scontrati qui alla Liegi, perché lui ama questa corsa e la adoro anch’io. Sarebbe stato interessante. Il ciclismo a volte fa schifo, quando succedono queste cose. Quando in gara ci sono tutti quelli del massimo livello e ugualmente riesco a vincere, mi sento sicuramente più soddisfatto.

Un autografo al volo mentre il meccanico lavora: la signora ha riconosciuto Pogacar e si è fermata
Un autografo al volo mentre il meccanico lavora: la signora ha riconosciuto Pogacar e si è fermata
Pensi che domenica potresti perdere?

Non penso a perdere. Voglio dire che in questa gara ci sono così tante salite ed è una gara così lunga, che puoi essere sorpreso da un gruppetto che va via e devi avere una buona squadra per controllare. Penso che ci siano parecchi altri contendenti. Quindi guai sentirsi già vincitori, dovremo essere molto attenti nel finale.

Ci pensi davvero a vincere i cinque Monumenti?

La Sanremo si avvicina ogni anno di più, ma è una delle gare più difficili da vincere. E la Parigi-Roubaix, vedendo come si è corsa negli ultimi due anni, potrebbe essere adatta a me. Potrei vedermi lì dentro. Non è la soluzione migliore per i piani della squadra, ma di certo proverò a vincerla. Non serve neanche parlarne tanto, la squadra lo sa. Penso che sia abbastanza chiaro che cerco di vincere il più possibile e che non mi piacciono i programmi copia e incolla.

Van der Poel a Liegi? Bartoli e Bettini dicono di no

16.04.2024
5 min
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Due che la Liegi la conoscono come le strade di casa, per averne conquistata una coppia ciascuno: Michele Bartoli e Paolo Bettini. Il maestro e l’allievo, esperti di Ardenne come pochi altri al mondo. Li abbiamo interpellati sul tema che inizia a tenere banco nei bar: Van der Poel può vincere la Liegi, scalzando Pogacar?

Si sa, quando ti restano negli occhi grandi imprese come quella dell’olandese alla Roubaix, ti sembra che per lui sia tutto possibile. Però poi si torna con i piedi per terra e si capisce che l’impossibile in realtà non esiste.

«Un bel duello fra Pogacar e Remco – dice Bartoli – quello sì che me lo sarei goduto! Ma stavolta è toccato a Evenepoel infortunarsi e per il secondo anno consecutivo, non riusciremo a vederlo. Ma ditemi una cosa: siete anche voi fra quelli che pensano che Van der Poel possa vincere la Liegi? Io non ci credo».

«Anche io sto dalla parte di quelli che indicano Van der Poel fuori dai giochi per la Liegi – dice Bettini – secondo me non può insidiare Pogacar, che su quel tipo di salita se lo toglie di torno quando vuole. Abbiamo già visto come in un’Amstel possa essere messo in difficoltà e la Liegi è un’altra cosa».

Bartoli e Bettini hanno corso insieme dal 1997 al 2001, vincendo 4 Liegi in due
Bartoli e Bettini hanno corso insieme dal 1997 al 2001, vincendo 4 Liegi in due

Le salite delle Ardenne

Michele Bartoli, che accanto ad Adrie Van der Poel ha vissuto il primo anno da professionista e ne fu tenuto a battesimo proprio sulle strade del Nord, all’ipotesi che il campione del mondo possa vincere la Liegi non ci crede proprio. E come già in passato con lui avevamo commentato le imprese dell’olandese e del rivale Van Aert, arrivando a paragonare il primo a un cecchino e l’altro uno che spara a pallettoni, anche questa volta l’analisi è lucida.

«Fa bene a provarci – dice il toscano che la Liegi l’ha vinta per due volte – ma le salite delle Ardenne non sono paragonabili ai muri del Fiandre. Sento dire che potrebbe vincerla, perché ha vinto il mondiale di Glasgow che sarebbe stato uno dei più impegnativi di sempre, ma evidentemente non ho visto la stessa corsa. Glasgow era un Fiandre senza pavé, salite che duravano poche decine di secondi. Alla Liegi alcune durano qualche minuto. E quand’è così, le cose cambiano».

La Liegi non è una corsa semplice: le sue salite non sono pedalabili come il Poggio
La Liegi non è una corsa semplice: le sue salite non sono pedalabili come il Poggio

Analisi sballate

Lo sguardo si fissa prima di tutto sugli avversari e non soltanto su Pogacar che di certo avrà addosso tanti riflettori. La selezione che Van der Poel ha attuato alla Roubaix, anche alla luce delle doti atletiche ben evidenziate da Pino Toni, non sarà replicabile. Il percorso della Liegi non è adatto alle sue caratteristiche e questo potrebbe far accendere la riserva ben prima che la corsa si decida.

«Dipende molto dallo sviluppo della corsa – prosegue Bartoli – perché è chiaro che se lo portano col gruppo compatto e al piccolo trotto sino all’ultima salita, poi non lo staccano di certo. Ma credo che se la corsa si farà come al solito, avversari come Skjelmose, Pello Bilbao, Vlasov, Carapaz e altri scalatori potrebbero metterlo in croce. Starei attento a pensare che possa vincere tutto, ci sono corridori più forti di lui su percorsi di salita. Mi viene in mente l’anno che Petacchi vinse nove tappe al Giro d’Italia e cominciarono a dire che forse avrebbe potuto fare classifica. Oppure quando qualcuno decise che Ganna potrebbe puntare a un Giro d’Italia, senza tenere in considerazione le sue caratteristiche fisiche. Quando leggo certe cose, mi verrebbe di prendere il telefono e chiamare, ma ho imparato a lasciar correre».

Tom Pidcock ha vinto l’Amstel costringendo Van der Poel a un fuorigiri di troppo
Tom Pidcock ha vinto l’Amstel costringendo Van der Poel a un fuorigiri di troppo

Occhio a Pidcock

Fra coloro che potrebbero dire la loro anche in barba a un gigante come Pogacar, Bettini vede il vincitore dell’Amstel Gold Race, che ha dimostrato di essere fra gli scalatori più in forma del momento.

«Non credo a Van der Poel per la Liegi – dice il livornese, che ha vinto anche due mondiali – mentre penso che un nome da seguire sia quello di Pidcock. Lui ha dimostrato che su quei percorsi sa anche vincere. Forse può essere proprio lui quello che può insidiare Pogacar. Ma di certo non sarà Van der Poel, questo mi sento di escluderlo abbastanza nettamente. Lo vedremo domenica alla Doyenne…».

Van Aert ha altre caratteristiche che gli permettono di andare forte anche in salita
Van Aert ha altre caratteristiche che gli permettono di andare forte anche in salita

Van Aert è un altro corridore

L’argomento da cui si prende spunto per dire che Van der Poel in realtà potrebbe davvero centrare la Liegi è legato al fatto che nel 2022 Van Aert, che atleticamente potrebbe ricordare il rivale di sempre, arrivò terzo dopo Evenepoel e Quinten Hermans. E che anche Mathieu nel 2020 conquistò il sesto posto, vincendo la volata alle spalle del gruppetto di Roglic, Hirshi, Pogacar, Mohoric e Alaphilippe.

«Van Aert è diverso – dice secco Bartoli – lui alla Liegi è già arrivato terzo, ma è soprattutto un corridore che ha vinto da solo dopo aver superato il Mont Ventoux. Ed è anche quello che, tirando per Vingegaard sui Pirenei, ha staccato Pogacar. Van Aert ha una predisposizione diversa per la salita, tanto che si parlava di lui come di uno che avrebbe potuto vincere il Tour. Non ci ho mai creduto, ma qualcuno lo ha detto. Bisogna anche ricordarsi che il ciclismo non è il terreno in cui si va per dimostrare le proprie teorie. A conoscerlo si capisce come tutto rientri in una logica precisa. Volete sapere quante possibilità darei a Van der Poel di vincere la Liegi? Direi un 10 per cento. Abbiamo visto vincerla anche da Gerrans, che era un velocista, ma onestamente non credo che sia l’anno delle grandi sorprese».

Dietro Pogacar, in Slovenia c’è un movimento enorme

10.04.2024
5 min
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Mentre Van der Poel domenica effettuava la sua cavalcata trionfale alla Parigi-Roubaix, al velodromo applaudivano una coppia vestita allo stesso modo, Jakob Ormzel e Erazem Valjavec che realizzavano una straordinaria doppietta per la Slovenia nella prova per gli juniores (sul podio nella foto di apertura di Stephane Mortagne). Un successo che non è un caso, anzi è l’esempio di quell’effetto virtuoso che i successi di Tadej Pogacar stanno avendo nel suo Paese. Chi ha qualche anno in più sulle spalle ricorda come le vittorie a ripetizione di Bjorn Borg crearono una vera e propria scuola tennistica in Svezia, dalla quale nacquero eredi come Wilander, Edberg e tanti altri prolungando i successi per decenni.

L’arrivo della Roubaix juniores con Valjacev e Ormzel festanti, battuto anche l’iridato Philipsen, 4° (foto DirectVelo)
L’arrivo della Roubaix juniores con Valjacev e Ormzel festanti, battuto anche l’iridato Philipsen, 4° (foto DirectVelo)

In Slovenia sta succedendo lo stesso, proprio perché le vittorie di Pogacar (ma anche di Roglic, Mohoric, Tratnik) stanno cambiando la cultura stessa del Paese e Andrej Hauptman, che ne vive da diretto testimone l’evoluzione al fianco di Tadej, ne è cosciente.

«E’ l’effetto di anni di vittorie. Quando correvo io – dice – la gente sapeva a malapena del Giro e del Tour, oggi entri nei bar e senti gente che commenta anche piccole corse. Sta cambiando tutto, c’è proprio una conoscenza maggiore del ciclismo in tanti suoi aspetti e quest’evoluzione andrà sicuramente avanti».

In che cosa si vede questo cambiamento culturale?

Prima, per uno sloveno era un grande risultato finire una corsa under 23 nella top 10. Oggi invece ogni ragazzo parte per vincere, perché vuole emulare i suoi campioni di riferimento. E’ proprio la concezione del ciclismo che hanno le nuove generazioni a essere diversa, c’è un enorme spirito di emulazione. Faccio un esempio che riguarda l’altro sport di riferimento in Slovenia, il basket. Se sai che un ragazzo come Doncic può andare in America e diventare una stella dell’Nba, i più giovani si sentono in grado di fare lo stesso, almeno di provarci e quindi vanno nei campi per imparare. Lo stesso avviene nel ciclismo, vedendo Tadej vincere dappertutto.

Hauptman e Pogacar, Il tecnico sloveno è da sempre molto legato al suo pupillo
Hauptman e Pogacar, Il tecnico sloveno è da sempre molto legato al suo pupillo
Secondo te adesso il ciclismo è uno sport nazionale in Slovenia come lo è nel Belgio?

Sicuramente, ormai ha soppiantato tante altre discipline, credo che solamente il basket sia a quei livelli.

Di ragazzi che stanno emergendo ce ne sono tanti, ma chiaramente un riferimento pressoché sicuro è Gal Glivar, che oltretutto corre nello stesso team di Pogacar (ma nella formazione development). Come lo vedi?

E’ un corridore completo, che va bene a cronometro e emerge anche sulle salite brevi. Inoltre non si fa problemi ad attaccare, non ha paura di metterci la faccia e prendere l’iniziativa e questo di lui mi piace moltissimo.

Per Glivar un grande inizio di stagione con lo squillo al Giro del Belvedere
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Quanto conta per lui avere Tadej al suo fianco?

Tantissimo, ma anche tutti gli altri campioni che sono alla Uae, ognuno è un riferimento. Gal sta imparando molto, quando poi capita l’occasione di allenarsi e ancor meglio gareggiare con Tadej sono esperienze che gli servono enormemente. Inoltre è ben seguito nel devo team, ha tutto il tempo per emergere. Lui è davvero soddisfatto, perché sente che il livello si sta alzando sempre più.

Conosci i due ragazzi primi a Roubaix?

Sì, Ormzen corre per l’Adria Mobil, già si era visto lo scorso anno che era forte con i titoli nazionali in linea e a cronometro, il 4° posto all’Eroica, il successo all’Alpe Adria Tour. Anche Valjavec, che corre in Italia nel Team Autozai Contri, è un corridore completo. Io però sono abituato a prendere i risultati fra gli juniores sempre con le molle, l’importante è che continuino ad evolversi, a imparare. Certamente sono a un livello tale che avranno un futuro.

Zak Erzen, fortissimo anche su pista: iridato nell’eliminazione nel 2022, ha 4 medaglie tra europei e mondiali
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E di Zak Erzen che cosa dici? Lui è un po’ diverso, viene dalla pista…

E’ davvero tanto veloce, al Cycling Team Friuli Victorious sta crescendo bene e secondo me può diventare un forte sprinter. A proposito della pista però c’è una cosa da dire…

Quale?

Il movimento sloveno si sta evolvendo anche lì. Abbiamo ora un impianto come quello di Novo Mesto che è un punto di riferimento e intorno ad esso si sta sviluppando tanta attività. Noi siamo partiti proprio da zero, ma io dico che tra qualche anno cominceremo a raccogliere i frutti anche lì, com’è avvenuto in Italia con Montichiari.

Ogni vittoria di Pogacar è seguitissima, anche le sue imprese alla Volta a Catalunya
Ogni vittoria di Pogacar è seguitissima, anche le sue imprese alla Volta a Catalunya
Quanto sono seguite le corse ciclistiche in Slovenia sul piano televisivo?

Hanno ormai share clamorosi. Fino a qualche anno fa il Tour de France andava sempre sulla rete nazionale, adesso vengono trasmesse tutte le corse, sparse fra 3-4 network che si contendono i diritti. Il Catalunya ad esempio con le imprese di Pogacar è stato seguitissimo, come lo stesso era avvenuto lo scorso anno per le classiche in Toscana, che non sono neanche del WorldTour, ma la presenza di Tadej è un catalizzatore eccezionale.

Pogacar ha già vinto il Giro? L’analisi (spietata) di Chiappucci

05.04.2024
5 min
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Cinque vittorie in nove giorni di corsa nel 2024 per Tadej Pogacar, se si allarga l’orizzonte ai primi tre posti siamo ad un conteggio di sette podi. Praticamente lo sloveno è uscito dalle prime tre posizioni soltanto quando la gara è terminata con una volata di gruppo. I numeri collezionati dal fuoriclasse del UAE Team Emirates fanno impressione. Alla Volta a Catalunya non c’è stato spazio per nessuno, Pogacar ha dominato la corsa dal primo all’ultimo giorno. Una fame che rischia di divorare il Giro d’Italia ancor prima di iniziare. Al via della corsa rosa manca un mese, ma con un predatore del genere i giochi sembrano praticamente chiusi. 

«Probabilmente – ci dice Claudio Chiappucci, interpellato per leggere con noi le prospettive di questo Giro – assisteremo a due gare: quella di Pogacar e quella degli altri, dei battuti. La prima tappa, da Venaria Reale a Torino, prevede già delle difficoltà altimetriche, se Pogacar vorrà potrà prendere la maglia al primo giorno». 

Pogacar al Catalunya ha scavato un solco tra sé e gli avversari ogni volta che la strada saliva
Pogacar al Catalunya ha scavato un solco tra sé e gli avversari ogni volta che la strada saliva

Un Giro già chiuso?

Il varesino nella sua lunga carriera si è trovato a lottare contro campioni come Lemond e contro l’inscalfibile Miguel Indurain, eppure nessuno di loro ha mai palesato la voracità di Pogacar. Se si guarda a quanto accaduto in Spagna, al Catalunya, non c’è spazio per altre interpretazioni: Pogacar arriva in Italia pronto a giganteggiare. In salita ha battuto tutti, vero che non si è confrontato con i migliori, ma non sembrano esserci vie di scampo. 

«Al Catalunya – replica Chiappucci – quelli forti c’erano: Bernal, Landa e alcuni altri. Non ho visto nessuno che potesse essere vagamente alla sua altezza. Ha dominato tutte le tappe, vincendo anche l’ultima in volata. Pogacar ha l’istinto di prendere tutto, non vedo chi potrà impensierirlo, al prossimo Giro d’Italia».

Anche perché nella seconda tappa si arriva a Oropa.

Praticamente dopo due giorni Pogacar può già aver messo una bella firma sul Giro d’Italia. Nella tappa di Torino screma, in quella di Oropa assesta un bel colpo. Il peggio, se vogliamo dirla così, è che ha anche una squadra fortissima. 

Secondo te può tenere la maglia per 21 tappe?

E’ un corridore di grande spessore, appena ha l’occasione prende tutto. Alla Volta a Catalunya è stato così. Vero che era una corsa di una settimana, qui si parla di tre, ma non vedo nessun altro che possa tenere la maglia al posto suo. Anzi, meglio, se la prendono altri corridori e la tengono è per una scelta di Pogacar. 

L’impressione, durante il Catalunya, è stata di una netta superiorità della UAE e dello sloveno
L’impressione, durante il Catalunya, è stata di una netta superiorità della UAE e dello sloveno
La superiorità è così netta?

Per me sì. La cosa che fa più impressione è che questi fenomeni (Van Der Poel, Pogacar, Vingegaard, ndr) attaccano da davanti. Non c’è più l’effetto sorpresa del partire dalle posizione di fondo. Loro stanno davanti a tutti e comunque se li tolgono di ruota. Il bello è che dichiarano anche cosa faranno, ad esempio Pogacar alla Strade Bianche

Si può pensare ad un’azione di gruppo contro Pogacar?

Difficile, perché per fare una cosa del genere bisogna rischiare e nel ciclismo moderno non è facile. Anche le posizioni di rincalzo contano molto, in termini di punti e sponsor. Dietro Pogacar sarà un tutti contro tutti, perché una posizione di rincalzo come un terzo o quarto posto, fa gola. 

Pogacar ha divorato il Catalunya con quattro successi in sette tappe
Pogacar ha divorato il Catalunya con quattro successi in sette tappe
Ci sono squadre, come la Bahrain che portano due capitani, Caruso e Tiberi, lì si può pensare a qualcosa…

Tiberi è giovane, si sta ritrovando e va forte, al Catalunya è andato bene, ma era comunque lontano da Pogacar (ha terminato con 6’ e 33’’ di ritardo dallo sloveno, ndr). E’ pretenzioso pensare che Tiberi possa fare un Giro al livello di Pogacar.

Per Caruso invece?

Per Caruso la cosa è diversa, bisogna vedere se sarà ai livelli del Giro del 2021. Se sarà così, la Bahrain può giocare con l’esperienza di Caruso e la freschezza di Tiberi. Anche se attaccare lo sloveno frontalmente diventa un’arma a doppio taglio. 

La Bahrain può giocare sulla coppia Caruso-Tiberi, l’esperienza del primo e la “spavalderia” del secondo
La Bahrain può giocare sulla coppia Caruso-Tiberi, l’esperienza del primo e la “spavalderia” del secondo
Spiegaci…

Con un Pogacar così forte, attaccare rischia di farti saltare in aria. Aspettare può essere la soluzione per capitalizzare. Il Giro per me è in mano a lui, gli altri corrono per il secondo posto. Pensare di attaccarlo e lasciarlo lì diventa difficile, se non impossibile. 

Non c’è qualcuno che può provare a far saltare il banco, come facevi tu?

Ora come ora mi immedesimo in questi corridori e dico di no. Non per superbia, ma perché serve essere davvero fortissimi per scalfire Pogacar. Solo i grandi campioni lo hanno battuto (Vingegaard su tutti, ndr). Ci sono sempre dei fattori esterni, come il meteo, una crisi o altro ancora, ma per ora, seguendo un ragionamento tecnico, Pogacar è imbattibile. 

Il Giro torna a Oropa: 10 anni fa Battaglin, ultimo italiano

03.04.2024
5 min
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Nel 2014, alla sua quarta stagione da pro’, Enrico Battaglin conquistò la vittoria nella 14ª tappa del Giro d’Italia. Dove? Nel magnifico scenario di Oropa. Un luogo magico per il ciclismo, che fa tornare alla mente ricordi come quello del salto di catena di Marco Pantani poi rintuzzato con la classe che solo il romagnolo aveva. Quest’anno alla seconda tappa della corsa rosa si arriverà ancora una volta lassù ed Enrico Battaglin è stato l’ultimo italiano a vincerci. 

Prima di riavvolgere il nastro, Enrico dicci cosa fai oggi?

Ho provato a cercare squadra a fine 2022 e non sono riuscito a trovare un contratto. A gennaio 2023 ho iniziato a lavorare in una ditta vicino a casa mia perché ne avevo bisogno. Faccio un lavoro normale che non c’entra con l’ambito ciclistico. 

Battaglin a fine 2022 ha appeso la bici al chiodo
Battaglin a fine 2022 ha appeso la bici al chiodo
E’ una decisione maturata da una necessità o c’è altro? 

Era un momento particolare, perché durante il 2022 avevo un accordo non scritto, però comunque a settembre non avevo ancora firmato. Dovevo fare un buon finale di stagione e alla fine non si è concretizzato il rinnovo. Era difficile trovare squadra in quel momento, mi sarebbe piaciuto terminare nel 2024. Volevo correre ancora e me lo sentivo di essere in grado di fare altri due anni. Guardando le corse di oggi, vedo che il livello è sempre più alto quindi diciamo che sarebbe stata sempre più difficile. Però comunque avrei potuto finire un po’ più dignitosamente. Invece ho finito un po’ in modo malinconico e mi resta ancora l’amaro in bocca.

Non hai avuto tu l’ultima parola sul tuo ritiro…

E’ un mondo un po’ difficile. Nel momento della gloria sei su, poi nel momento delle difficoltà non c’è nessuno che ti vuole dare la mano.

Come è cambiata la tua vita?

Lavoro dal lunedì al venerdì, 9-18. E’ tutta un’altra vita, però riesco anche un po’a godermi mio figlio. Dopo una vita di sacrifici sicuramente una vita normale è più facile, più difficile per altri aspetti, ma più agevole per molti altri. 

Hai valutato l’idea di rimanere nell’ambito del ciclismo oppure è una cosa che hai messo da parte?

Mi piacerebbe rientrare nei prossimi anni. Ho fatto il primo livello e vorrei fare il secondo e terzo da allenatore. Però non ci sono tanti corsi adesso in Italia. La voglia è magari di iniziare i prossimi anni in una categoria di giovani che può essere allievi o juniores e poi magari chissà anche qualcosa in più, però non nell’immediato. 

Tre vittorie per Battaglin al Giro, questa è la prima (2013) a Serra S. Bruno davanti a Felline e Visconti
Tre vittorie per Battaglin al Giro, questa è la prima (2013) a Serra S. Bruno davanti a Felline e Visconti
Il ciclismo lo segui?

Sì, abbastanza. I momenti più salienti, perché a volte mi sembra un po’ noioso. Anche se adesso comunque le corse esplodono molto prima, quindi su certe gare è meglio collegarsi per tempo e vedere qualcosa di speciale. 

Allora saprai che quest’anno la seconda tappa del Giro d’Italia arriva proprio in cima ad Oropa dove tu vincesti 10 anni fa e ad oggi sei l’ultimo italiano ad averlo fatto. Cosa ricordi di quel giorno?

Ero in fuga e ho avuto la possibilità di affrontare la salita in un modo completamente diverso da quella che affronterà il gruppo quest’anno essendo il secondo giorno. Mi ricordo che era stata una giornata un po’ particolare, perché il giorno prima aveva vinto il mio compagno Marco Canola quindi in squadra c’era molto entusiasmo. Siamo andati in fuga e alla fine è venuta fuori una vittoria anche se era un percorso non proprio adatto a me. Mi sono gestito bene in salita, perché alla fine mi ero staccato però poi sono rientrato e nel finale e sono riuscito a fare il mio sprint.

Che tipo di salita è?

Non è sicuramente la salita più dura che ho fatto in vita mia, ma è dura. Con il livello di adesso sicuramente anche se è il secondo giorno farà già molti danni.

Hai notato qualcosa di diverso nel vincere ad Oropa?

Era sicuramente scenografica perché arrivare in cima con il santuario sullo sfondo è molto bello. Questa salita si lega molto al nome di Pantani per quello che ha fatto.

A Oropa 15 anni prima di Battaglin, la straordinaria rimonta che infiammò il Giro 1999
A Oropa 15 anni prima di Battaglin, la straordinaria rimonta che infiammò il Giro 1999
Venendo a quello che sarà, secondo te Pogacar potrà indossare già lì la sua prima maglia rosa?

Dov’è che non può non prendere la maglia rosa… Secondo me con quello che riesce a fare, non avrà problemi. Ho visto che ha vinto nettamente in Catalogna, è già in una forma mostruosa, lo abbiamo visto alla Strade Bianche. Quindi presumo che secondo me proveranno già a prenderla quel giorno. La prima parte è abbastanza tranquilla quindi sicuramente proveranno a controllarla poi magari se prenderà la maglia nei giorni successivi la lascerà. 

Per il parallelismo che c’è tra Tadej e Pantani, secondo te non si lascerà scappare l’occasione?

Sì, assolutamente. Anche se secondo me non si devono fare paragoni. Pogacar è un corridore completamente diverso. Un corridore che vince il Fiandre non può essere paragonato a Pantani. E’ più un corridore che può essere paragonato ai Coppi e Bartali che facevano i capitani dalla Sanremo alla Roubaix ai Grandi Giri. C’era un capitano che vinceva in tutte le gare a cui partecipavano e adesso lui è così.

Come ci hai detto il ciclismo nonostante hai appeso la bici al chiodo lo segui ancora. Pensi che andrai a vedere dal vivo i tuoi ex colleghi?

C’è una tappa che arriva vicino a casa mia a Bassano del Grappa, ma non lo so…Ci rifletto e vedrò. 

La rivolta di Moser: «A chi piace il ciclismo senza scontri?»

31.03.2024
7 min
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Moreno Moser è ormai a un passo dalla laurea in Design della Comunicazione all’Istituto Europeo di Design. Nel frattempo segue l’area social delle corse RCS e commenta su Eurosport: la prossima volta sarà alla Roubaix. E siccome Moreno non le ha mai mandate a dire, già da un pezzetto insiste sul fatto che servirebbe una regola che obblighi i corridori più forti a scontrarsi nelle corse più belle. Altrimenti succede come alla Strade Bianche, al Catalunya e alla Tirreno, in cui uno solo stritola gli altri senza avere troppo contraddittorio. E allora che ciclismo è?

Oggi si corre il Fiandre, che per vari motivi dovrà fare a meno di Pidcock, Van Aert, Stuyven e Pogacar. Come vedremo alla fine dell’interessante confronto con il trentino, la regola di far correre i migliori sempre insieme c’era ben prima che si inventasse il WorldTour. Poi sono arrivati i soldi e un certo modo di fare ciclismo rischia di andare in malora. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, auguriamo a tutti Buona Pasqua e procediamo con ordine.

Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai detto per l’ennesima volta che servirebbe una regola…

Sto dicendo queste cose da un pezzo e secondo me è la prima cosa cui dovrebbe pensare l’UCI in questo momento. Non esiste nessun altro sport dove i campioni si schivano, si evitano e vincono le corse per conto loro. Uno guarda la MotoGP e ogni domenica li vede che si scontrano. La Formula 1 e li vede che si scontrano. Nel ciclismo è diverso, perché ci sono caratteristiche tecniche diverse, per cui alcuni corridori fanno sport diversi fra loro. Vingegaard e Van Aert fanno due sport diversi, ma perlomeno quelli che hanno le stesse caratteristiche non è possibile che non si scontrino mai.

Hai usato il verbo “schivare”.

Non penso che lo facciano apposta, non sono così complottista. Però ovviamente, potendo scegliere, ognuno si fa il calendario che gli conviene e va a finire che alla fine si schivano. Mi fa un po’ strano vedere alla Strade Bianche Pogacar così solo. L’anno scorso non l’ha fatta per scelta e c’era solo Pidcock. Due anni fa l’ha dominata allo stesso modo di quest’anno. Ma io alla Strade Bianche vorrei vedere Van Aert, Van der Poel e anche Remco e Vingegaard. Come Van Aert avrei voluto vederlo alla Gand e ad Harelbeke. E alla Liegi, oltre Pogacar e Remco, mi piacerebbe che ci fosse Vingegaard.

Le programmazioni sono così sofisticate da risultare cervellotiche e se poi cadi…

Sono certo che Van Aert avrebbe fatto un grande Fiandre, ma certe programmazioni sono rischiose, il ciclismo è uno sport rischioso. Perché se poi cadi e ti fai male, perdi tutto. Magari hanno ragione loro, se il risultato è andare così forte, però la mia sensazione è un’altra e si è visto l’altro giorno dopo Waregem.

Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Che cosa si è visto?

Si parla tanto del ciclismo che sta cambiando, di questi che arrivano e vanno subito forte, ma è una cosa che riguarda veramente pochi corridori. Riguarda quei 5-6 che fanno una differenza abissale, mentre sotto il livellamento è lo stesso di 15 anni fa in cui nessuno riesce a fare la differenza. Dopo la caduta di Van Aert, Stuyven e Pedersen, mi è sembrato di rivedere le corse che vedevamo 15 anni fa. Nessuno riusciva veramente a fare uno scatto, nessuno ha fatto la differenza.

Secondo Pozzato è così perché vanno tutti fortissimo alla stessa maniera e nessuno, tranne quei pochi, può andare di più.

Infatti Van der Poel ci riesce e tira delle fucilate impossibili per tutti gli altri. Quelli di Kung e Jorgenson a Waregem non erano attacchi, dietro si staccavano perché erano finiti. Per cui secondo me, se non ci fossero davanti quei 4-5 così superiori, il ciclismo sarebbe identico a quello di qualche anno fa. E se questi qua non si scontrano, vedi corse con un dominatore e dietro un gruppo rassegnato. Intendiamoci, non è colpa dei corridori. Non li puoi accusare perché non possono fare tutte le corse, sono troppe. Forse si dovrebbero creare delle gare che siano più WorldTour delle altre, ma vi rendete conto di che casino sia ormai il ciclismo? Quando mi metto a spiegarlo a gente che non l’ha mai visto, mi rendo conto anche io che è troppo complesso. Ci sono corse che nessuno quasi conosce…

In realtà quello di cui parli esisteva già: si chiamava Coppa del mondo e funzionava molto bene…

Infatti quando ne abbiamo parlato in diretta, sia Bettini sia Bartoli mi hanno detto: «Guarda che quando c’era la Coppa del mondo, non potevi saltarne più di due». Quindi alla fine a tutte queste cose ci avevano già pensato. Non stiamo dicendo cose nuove, c’erano già vent’anni fa.

La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3 edizioni
La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3
Prima che capissero di poter guadagnare facendo pagare l’inserimento delle corse nel WorldTour, esatto!

Quello che rovina lo sport è che certe cose non sono fatte nell’interesse di avere un ciclismo più bello. Se davvero ci fosse la voglia di fare un ciclismo interessante, bisognerebbe strutturarlo in maniera totalmente diversa.

Facciamo una cosa che non si dovrebbe fare: se fossi oggi corridore, ti troveresti a tuo agio con certi programmi così diversi da quelli di quando correvi?

Non lo so, è difficile ragionare e immaginare le cose col senno di poi, ma c’è una riflessione che sto facendo in questi giorni con tutta l’umiltà possibile. Non voglio essere quello che dice che se corresse oggi, vincerebbe di più. Ho sentito già troppe volte certi discorsi in bocca a gente che ha smesso 40 anni fa. Li lascio parlare e penso che probabilmente gli è andata bene ad aver smesso 40 anni fa. Però penso anche, vedendo come è stata la mia carriera e quali erano le mie caratteristiche, cioè il fatto che andavo forte a inizio stagione, che avrei preferito un approccio come l’attuale, in cui si corre molto più sulla freschezza che sullo sfinimento. Ho vinto Laigueglia, che era la seconda corsa. Ho vinto Strade Bianche, che era la seconda corsa. Ero uno che saliva in bici e andava forte dopo due settimane di preparazione.

Oggi freschezza e prima sfinimento?

In tanti momenti, quando andavo piano, mi ritrovavo a correre a oltranza e andavo sempre più piano. Quindi sicuramente questo tipo di approccio probabilmente in qualche modo mi avrebbe giovato. Al contempo mi rendo conto anche che il ciclismo sia molto più intenso, più impegnativo e molto più stressante. Quindi non so come sarebbe andata. Circa i programmi, non so quanto conti la volontà del corridore. A Van Aert piace correre, fa il cross, non si tira indietro. Mi chiedo anche io se lui preferisca l’approccio di quest’anno o se l’abbiano deciso in squadra. O se ancora considerino anche il fatto che correre poco vuol dire rischiare meno anche di cadere.

La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando la corsa dalla testa
La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando il gruppo dalla testa
Pensi sia possibile?

Sicuramente su Vingegaard lo tengono in considerazione. Secondo me non lo mandano alla Strade Bianche proprio perché non vogliono metterlo in corse così stressanti. Sanno che nelle corse a tappe prendono in mano la corsa e rischiano molto meno, perché sono sempre davanti. Invece nella gara di un giorno c’è più caos e sono tutti più aggressivi. Vingegaard sa limare, perché lo vediamo sempre lì davanti. Però magari non gli viene facile come per esempio a Pogacar, penso che farlo gli costi molto stress. Mi dà l’idea di una persona che quando ha un obiettivo in testa, riesce anche a rimanere super concentrato. Ma sono anche convinto che quelle cinque ore a tutta gli costino più che ad altri. Proprio un fatto di consumo mentale.

Chi vince il Fiandre?

Anch’io dico che vince per forza Van der Poel, non vedo chi possa batterlo. Peccato che Pedersen abbia perso mezza squadra, perché anche lui potrebbe essere un bel nome. Le gare per fortuna sono sempre imprevedibili, stiamo a vedere. Semmai ci risentiamo lunedì e capiamo se ci abbiamo preso. E per ora, Buona Pasqua a tutti!

Caduta, Van Aert fuori dal Fiandre. Primavera buttata via

28.03.2024
7 min
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Mentre nello schermo scorrevano le immagini della Dwars door Vlaanderen, parlando con Pozzato del Fiandre di domenica, era quasi naturale passare in rassegna i nomi dei pretendenti alla corsa che il vicentino ha spesso sfiorato e mai raggiunto. Finché di colpo si è verificata la caduta di Van Aert a 67 chilometri dall’arrivo e a quel punto la conversazione ha preso un’altra direzione. Si è capito quasi subito che il belga fosse malconcio, pertanto quando in serata è arrivata la conferma della clavicola e delle due costole fratturate, il senso del discorso è parso ancor più ficcante.

«Domenica sarebbe stata un’altra gara a schiaffoni con Van Der Poel – diceva Pozzato – è un peccato. Però questo voglio dirlo. Quando ho visto che Van Aert saltava la Sanremo, un po’ sono rimasto. Perché non farla? Poi ho visto che voleva fare anche la Liegi e il Giro, quindi ha puntato su una programmazione diversa. Però adesso che è caduto, ha buttato via la primavera. Quest’anno ha cambiato preparatore: c’era anche da capire come sarebbe andato domenica. A me Van Aert piace da morire, ma nelle prime uscite non mi ha dato grosse sensazioni. Van der Poel era già parso più forte. Forse il nuovo programma è un azzardo. Io non so se avrei avuto cuore di saltare la Sanremo».

Nel frattempo Van Aert era seduto sull’asfalto (in apertura, immagine Eurosport), la maglia lacera sulla schiena e quel senso di sconfitta cucita addosso per l’ennesima volta. Sonny Colbrelli, impegnato in altra intervista, faceva sapere che il punto della caduta sulla strada del Kanarieberg è così veloce e pericoloso che è stato tolto dal percorso del Fiandre. Al momento della caduta, Van Aert andava a 90 all’ora. E mentre Wout gemeva sull’asfalto, in testa alla corsa il compagno Jorgenson stava per vincere la sua prima classica del Nord.

La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre
La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre

La beffa del 2012

Fu clavicola anche allora, nel 2012, quando Pozzato tornò in sella dieci giorni dopo la caduta al Tour of Qatar. Aveva passato l’inverno sognando e progettando il Fiandre, con Scinto al fianco a dargli il ritmo e l’assillo. Sembrò una forzatura, eppure Pippo al Fiandre ci andò e arrivò secondo. Sbagliò il finale. E pur potendo provare a staccare Boonen, preferì rischiare la volata a tre con il belga e Ballan. E se tornò a casa con un secondo posto fastidioso e beffardo.

«Per me il Fiandre – riprende, mettendo per un po’ da parte le considerazioni su Van Aert – è sempre stata la corsa dei sogni, la più bella al mondo. Lo dico sempre a tutti e sicuramente è il mio rimpianto più grande. Da allora è cambiato tutto il mondo del ciclismo. E’ cambiato il modo di affrontare le corse, di allenarsi. Il modo in cui gli atleti affrontano la giornata e la corsa. E’ cambiato tutto il sistema ciclismo. Anche Boonen certe volte attaccava da lontano, però mai a 100 chilometri dall’arrivo. A volte ad Harelbeke gli piaceva partire su Taaienberg ai meno 80, come succede adesso, ma era diverso. Alla Tirreno-Adriatico e alla Sanremo, hanno fatto una media record. Ci sono i materiali, sicuramente, però io penso che ci sia un livello altissimo che rende molto più difficile vincere oggi che una volta. Infatti vincono sempre gli stessi, mentre prima anche nelle corse importanti poteva capitare un outsider. Adesso è difficile che arrivi un mezzo sconosciuto, se ci sono in giro quei 4-5 più forti. Vince sempre uno di loro».

Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Questo succede anche perché è cresciuto il livello delle squadre.

Tutti, tutti, tutti. C’è un livello altissimo. Ci sono quei tre-quattro che sono fuori categoria, fanno un altro sport. Quando ci sono loro, parti per fare dal quarto in poi. Dietro di loro hai un gruppo di 40-50 che vanno tutti alla stessa maniera, quindi il livello è molto più alto. Vedete come affrontano una volata adesso? Vanno talmente forte che più o meno restano tutti nella stessa posizione. E’ raro vedere uno che viene fuori da dietro e risale 4-5 posizioni come magari succedeva nei primi anni 2000. Adesso si prende la volata a 70 all’ora e si prosegue a 72-73. Guardate i rapporti che hanno, la cosa che mi sconvolge sono i rapporti che usano.

Di certo atleticamente c’è stato un grosso passo in avanti…

Verissimo. Le preparazioni sono cambiate. Poi ci sono sempre quelli un po’ ignoranti che insinuano e chiedono che cosa facciano adesso. Il bello è che non fanno niente. Hanno mezzi migliori, atleticamente sono preparati tutti quanti alla stessa maniera. Mangiano tutti in modo perfetto e non c’è più Armstrong che arriva come anni fa e mangia l’hamburger prima di partire. Adesso tutti sanno come fare e poi, secondo me, la specie umana si è evoluta. Le generazioni di adesso sono più forti rispetto a quelle di prima.

Il livello così alto significa che allenarsi in corsa è impossibile: si è smesso di andare piano.

Ricordo che nel 2010 chiesi di correre sempre per non allenarmi a casa. Finii l’anno con 102 giorni di corsa, che adesso è impossibile. Io avevo bisogno di arrivare a Sanremo vedendo che avevo fatto tot giornate di corsa, meglio 3 in più che una in meno. Adesso questi arrivano dall’inverno e il primo giorno che attaccano il numero, o sei preparato e vai come loro, altrimenti ti prendi una strinata di collo. Mi dicono i ragazzi con cui parlo che fanno paura. Arrivano da due o tre mesi che non corrono e fanno 80 chilometri di fuga, come Pogacar alla Strade Bianche. C’è un però…

Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Sarebbe?

Ha potuto farlo a quel modo perché non c’era nessuno del suo livello, quindi è parso ancora più impressionante. Se ci fossero stati 2-3 dei suoi colleghi fenomenali, sicuramente andavano via in quattro, poi facevano a schiaffoni in finale e magari si staccavano sull’ultimo pezzo o sulle Tolfe. Pogacar che parte a 81 chilometri dall’arrivo, fa sembrare che corre in un’altra categoria. Come adesso al Catalunya, che non c’era nessuno dei rivali ed è parso che giocasse. Come Vingegaard alla Tirreno. Se porti Van Der Poel a una corsa di un giorno, anche al Fiandre, e non c’è nessuno degli altri, quello gira attorno al gruppo.

Dici che in assenza di Van Aert, Alaphilippe al Fiandre potrebbe essere al livello dei migliori?

A me è dispiaciuto un sacco che negli ultimi due anni Sagan fosse in fase calante e come lui Julian. Credo che anche loro sarebbero stati belli… ignoranti da fare a schiaffi dalla mattina alla sera. Sarebbe stato divertentissimo vederli nelle classiche. Se Alaphilippe domenica può essere un faro? Sicuramente non è più quello di prima e la situazione in squadra con Lefevere non è idilliaca. Di fatto è pagato per i risultati che faceva prima e da manager posso capire che in certi momenti i sentimenti e il romanticismo finiscano, perché guardi al conto economico. E magari pensi che con gli stessi soldi potresti prendere altri due o tre corridori buoni che fanno risultato. Julian invece non vince più e l’incantesimo si è rotto.

Chissà se al suo meglio sarebbe competitivo con Van der Poel o Pogacar e anche Van Aert in certe classiche…

La mia sensazione è che lui sia forte, ma gli altri hanno motori più potenti del suo. Anche Pedersen secondo me è un bel corridore. Ieri parlavo con un preparatore della Soudal-Quick Step e si ragionava sul fatto che loro sono andati in altura per preparare le classiche e al ritorno non vanno come speravano. Invece i corridori della Lidl-Trek sono rimasti al livello del mare, hanno 28-30-32 anni e stanno volando. Forse c’è da pensare che ora l’altura va bene per le corse a tappe e non più per le classiche. Sono cose delicate, che cambiano sempre. Dicevamo di Van Aert che ha cambiato preparatore. E’ voluto partire più piano per andare forte nelle sue corse, invece è caduto e adesso è un bel problema. E lo sarebbe stato anche se, a cose normali, fosse arrivato al Fiandre e alla Roubaix e non avesse vinto.

Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Come seguirai il Fiandre?

Dal 2019 vado sempre in Belgio e sarà così anche quest’anno. Vado su con un po’ di clienti. Il sabato facciamo la Gran Fondo. Venerdì sera siamo a cena con Thomas (Van der Spiegel, ndr), l’amministratore delegato di Flanders Classics. La domenica andiamo alla partenza, poi li vediamo in altri 2-3 posti, quindi all’hospitality sul Quaremont per due passaggi e poi all’arrivo. Per me è la corsa più bella. Quest’anno viene un caro amico di Milano che abita a Monaco ed è gasatissimo, perché gli ho detto che per trovare qualcosa di più figo, deve andare a vedersi la finale del Superbowl. Mi dispiace che non ci sarà Van Aert perché sarebbe stato un altro spettacolo…