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Oldani alla Cofidis. Damiani: «Deve correre per vincere»

16.09.2023
4 min
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Nel 2024 Stefano Oldani vestirà la maglia della Cofidis. Per il lombardo classe ’95 dopo Lotto-Soudal e Alpecin-Deceuninck sarà la sua quinta stagione in una World Tour. Per lui c’è una vittoria in bacheca conquistata al Giro d’Italia 2022 sull’arrivo di Genova. Dopo una crescita costante però Stefano ha deciso che forse è tempo di mettersi al tavolo e giocare le sue carte.

La Cofidis per Oldani può essere un banco di prova per misurarsi da protagonista laddove ce ne sarà la possibilità. Il palcoscenico sarà sempre quello dei top team, con però uno spiraglio di ambizioni più ampio. Roberto Damiani lo ha voluto e lo osserva da qualche anno in più di quello che si potrebbe pensare. Scopriamolo…

Stefano Oldani esulta sul traguardo di Genova al Giro d’Italia 2022
Stefano Oldani esulta sul traguardo di Genova al Giro d’Italia 2022
Lo conoscevi già, al di là dei risultati, dal punto di vista personale?

Sì, perché è nato molto vicino a casa mia, siamo quasi conterranei. Lo conosco da quando era junior quando vinse anche il campionato italiano a cronometro. Ha sempre girato nella pista di Busto Garolfo che conosco bene. E’ cresciuto in maniera estremamente costante.

Invece dal punto di vista ciclistico, professionale?

E’ facile tenere sott’occhio chi si comporta bene, chi porta a casa i risultati. A parte la simpatia, la stima che ho per questo corridore, l’ho visto sempre battersi anche quando era in Lotto, squadra in cui sono stato, che adoro ancora. Mi è piaciuta la sua scelta di andare all’estero in squadre World Tour fin da subito, non ha fatto i calcoli col bilancino, ma è andato a mettersi in gioco immediatamente in squadre titolate e storiche. Anche la sua scelta di andare in Alpecin, a mio parere è stata una decisione qualitativa. Penso che Stefano stia proprio cercando il momento, l’opportunità per avere le sue responsabilità e giocarsi le sue carte.

Per Oldani prima della Alpecin ci sono state due stagioni alla Lotto-Soudal
Per Oldani prima della Alpecin ci sono state due stagioni alla Lotto-Soudal
Oldani viene da quattro anni in World Tour. Arriva in Cofidis con un’esperienza consolidata nonostante la sua età in questa tipologia di squadre…

Stefano, pur essendo ancora relativamente giovane, ha già qualche anno di esperienza ad altissimi livelli. Non ultimo da protagonista come la tappa di Genova che ha vinto nel Giro d’Italia 2022 che è stata veramente splendida. Ma anche in altre situazioni si è mosso bene nel World Tour, non è poi facile come sembra. Avrà la possibilità di andare a ricercare dei risultati personali. Oltre alla qualità dell’atleta il fatto di poter avere Stefano con noi ci ha interessato veramente anche per questa sua voglia di andare a cercare risultato. Arriva in un’età in cui raggiungerà l’apice della condizione psicofisica per i prossimi due anni.

Come siete arrivati a sceglierlo?

E’ stata una cosa molto reciproca, data anche dalla dalla conoscenza che c’era già in particolare fra me e lui. L’ho proposto a Cédric Vasseur che ha subito dato l’okay. Poi si sa, ci sono i vari processi con i procuratori e manager. Ho parlato anche con Stefano più di una volta, prima che lui scegliesse di venire con noi. Quando ha deciso veramente a me ha fatto molto piacere e devo dire che questa cosa mi ha anche molto responsabilizzato. Quando l’atleta pensa che tu possa dargli qualcosa di importante, è una responsabilità che ancora adesso per me rappresenta uno dei punti principali del rapporto dell’attività di un direttore sportivo. 

Stefano Oldani chiude questi due anni in Alpecin-Deceuninck positivi e ricchi di esperienza
Stefano Oldani chiude questi due anni in Alpecin-Deceuninck positivi e ricchi di esperienza
Ci spieghi cosa rappresenta un innesto come lui, da un lato le ambizioni di squadra e dall’altro di ambizioni personali. Credi possa essere prezioso in entrambe le situazioni?

Direi che Stefano è un atleta poliedrico. Non è certo lo scalatore puro, ma ha una buonissima tenuta in salita e un ottimo spunto veloce. Quindi il fatto di andare a cercare di metterlo in condizione di fare il massimo dei risultati sarà uno degli obiettivi principali. Poi lo ritengo un ottimo professionista, quindi sono certo che quando ci saranno le condizioni per cui dovrà essere lui ad aiutare un altro leader, un altro capitano di giornata, lo farà sicuramente. Non ho nessun dubbio in questo senso.

Abbiamo visto che Oldani è competitivo nei grandi giri, l’ha fatto vedere l’anno scorso, ma anche quest’anno. E’ un corridore su cui si può fare affidamento anche per questo tipo appuntamenti?

Assolutamente sì. Penso che quando ci troveremo nei primi ritiri dell’anno in cui faremo i programmi dei corridori ci sarà veramente un’attenzione per lui sotto questo punto di vista. Sicuramente può far bene per le vittorie di tappa nei grandi giri e non mi dimenticherei che il Tour partirà dall’Italia…

Ti sei fatto un’idea su quali possano essere degli obiettivi papabili per lui. Nelle corse autunnali è sempre competitivo ed è un profilo che può essere pronto anche nelle corse di un giorno a inizio anno?

Sì, è sicuramente un corridore che da un punto della classifica generale non potrà mai farne un obiettivo. E’ un atleta, diciamo da tappe, ha le caratteristiche per puntare alle corse di un giorno. Deve e dovrà andare a correre per vincere.

Fuga bidone, Armirail in rosa. Bettiol, un’altra beffa

20.05.2023
6 min
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CASSANO MAGNAGO – «Non era facile restare lucidi dopo 200 chilometri di tutto. Oggi è stata la giornata più fredda della mia vita. Mi auguro che nessuno che scrive tanto di noi provi quello che abbiamo provato noi in cima al Sempione…».

Sono da poco passare le 17, la pioggerellina sottile e per fortuna non fredda non concede tregua. La gente non si fa intimorire ed è assiepata lungo le transenne, cercando di seguire il finale dagli schermi dell’organizzazione. Quando i primi si fermano dopo la riga e raccontano la tappa, il gruppo ha ancora 19 minuti di fatica davanti a sé. La Ineos Grenadiers ha deciso di lasciar andare la maglia rosa, che finisce sulle spalle di Bruno Armirail, francese della Groupama-FDJ, in una giornata che per condizioni meteo è stata peggiore di quella di ieri, boicottata dal gruppo.

Nel paese che in ogni angolo parla di Ivan Basso, sono bastati gli ultimi 10 minuti di una corsa durata 4 ore e venti minuti per ammazzare i sogni dei tre italiani in fuga, che per vincere avrebbero ceduto più di qualche sogno.

Oldani e Ballerini nel terzetto di testa. Bettiol, rientrato proprio in tempo per lanciare la volata. Ne avrebbero avuto tutti davvero bisogno, invece la doppietta di Denz ha messo tutti d’accordo.

Ballerini era il più veloce del terzetto ripreso sul rettilineo di arrivo: la delusione è forte
Ballerini era il più veloce del terzetto ripreso sul rettilineo di arrivo: la delusione è forte

L’umore del Ballero

Ballerini resta per cinque minuti buoni piegato sulla bici, Dio solo sa in preda a quali pensieri. Poi si alza un secondo, sorride ai tifosi del fan club che lo chiamano dalla barriera e si rimette giù. Quando il cuore riprende il battito e la capacità di parlare avvicina la voglia di sparire, il canturino si solleva.

«Non è stato facile – dice – poco ma sicuro. Gli ultimi giorni sono stati difficili per me e per la squadra, ma stiamo dimostrando di avere le gambe, che ci siamo e continueremo a provarci fino alla fine. Sono stato chiamato al Giro all’ultimo momento, dovevo aiutare Evenepoel. Non ero pronto per fare altro, ma per fortuna il passare dei chilometri mi sta dando buone gambe. Non è facile passare alla mentalità di vincere le tappe. Oggi abbiamo tentato di fare il possibile fino alla fine, purtroppo però è andata così. Mi dispiace, ma ho dato il massimo».

Oldani ha tentato l’allungo per anticipare. In precedenza era stato bravo nel cogliere la fuga
Oldani ha tentato l’allungo per anticipare. In precedenza era stato bravo nel cogliere la fuga

Il piano di Oldani

Oldani l’ha smaltita prima, oppure semplicemente si è nascosto meglio dagli obiettivi e ha avuto il tempo per farsene una ragione. Nella fuga più numerosa di giornata c’è entrato con grande prontezza ed è stato anche lesto a restare davanti nel momento della selezione, ma non è bastato.

«Ci siamo dati sempre cambi regolari – spiega a due passi da Bettiol e Ballerini – poi però sono venuti su molto forte e ci hanno ripreso proprio sul rettilineo d’arrivo. E’ un peccato, perché penso che entrambi meritavamo la vittoria: Ballerini ed io, ma la meritava anche Rex. Siamo andati forte. Abbiamo dato il massimo. L’unica cosa che sicuramente non ha giocato a mio favore nella fuga è stato il fatto di non avere compagni: gestire la situazione con molte squadre più numerose non è stato semplice. 

«Lo scatto nel finale? Era per anticipare – sorride Oldani – avevo parlato col Ballero e gli avevo detto: “Tu non seguirmi quando parto lungo, poi se mi prendete, fai la volata”. Non volevamo farci mettere nel sacco entrambi essendo amici, però è successo. Sono arrivati molto forte da dietro e addio…».

Per Denz arriva così la seconda vittoria di tappa dopo quella di Rivoli
Per Denz arriva così la seconda vittoria di tappa dopo quella di Rivoli

La svista di Bettiol

Di Bettiol e del suo dente avvelenato abbiamo già detto in apertura, ma a guardarlo con la faccia segnata dai chilometri e dall’acqua sporca, si capisce che il toscano è contento per le sensazioni finalmente ritrovate.

«Quando si hanno queste gambe – dice secco Bettiol – bisogna vincere. Oggi si era messa bene. All’inizio in realtà non ero brillantissimo, poi è andata sempre meglio, finché negli ultimi 10 chilometri abbiamo trovato la collaborazione giusta. Ho sbagliato la volata e mi dispiace. L’ho presa troppo lunga, ai 300 metri. Purtroppo ho guardato il mio computerino, diceva 200. Invece poi ho visto il cartello e quando me ne sono accorto, ho provato a rallentare, però da dietro è arrivato Denz che se l’è meritata.

«Avevo solo un paio di occasioni in questo Giro d’Italia. Una l’altro giorno a Rivoli e oggi forse è stata l’ultima, perché ci sarà una tappa abbastanza piatta la prossima settimana. Oggi era perfetta, anche l’arrivo era giusto. Sono dispiaciuto, però al tempo stesso anche felice perché sento che le gambe stanno migliorando».

Armirail in rosa

L’altra notizia di giornata è il passaggio della maglia rosa da Thomas ad Armirail, gregario alto 1,90 (74 chili di peso) nato nel 1994 a Bagneres de Bigorre, ai piedi dei Pirenei francesi. E’ professionista dal 2018, ha all’attivo una sola vittoria da pro’ (campionato nazionale a cronometro del 2022), la sua ragazza ha origini italiane e quando gli fanno notare che l’ultimo francese in rosa era stato Jalabert nel 1999, strabuzza gli occhi.

«Per essere chiaro – dice – ho cominciato ad andare in bici molto tardi. Prima il ciclismo non mi interessava per niente, non avevo idoli. So chi è Jalabert, certo, ma il corridore che ho davvero amato è stato Alberto Contador, magari questo ai francesi non farà piacere».

Poi, dopo una risata, Armirail sintetizza in poche parole questo giorno surreale, in cui alla partenza sarebbe stato davvero impossibile immaginare di vestire la maglia rosa.

«Stamattina non lo immaginavo – ammetta – 18 minuti e mezzo erano tanti da recuperare. Quando sono entrato nella fuga, pensavo alla vittoria di tappa e invece mi ritrovo con questa situazione eccezionale. Non so se cambierà la mia carriera. Il mio è ruolo è quello di gregario, per cui avere la maglia rosa è un privilegio. Bisogna essere realisti. Pinot è uno scalatore migliore di me, per cui il mio obiettivo principale sarà lavorare per lui, essere dove si trova e lavorare per la squadra. La prossima settimana ci saranno salite su cui non potrei tenere la maglia rosa, per cui lascatemi godere questo momento».

Il Giro chiude la seconda tappa alpina con qualche strascico di polemica. Oggi i corridori hanno fatto la loro parte e sarebbe stato difficile chiedere di modificare anche questa tappa. Di fatto però sul traguardo per oltre mezz’ora non s’è sentito che ragazzi tossire. Al netto delle opinioni dei molti e della possibilità di discutere quanto è successo ieri, un Giro così bagnato e flagellato dal maltempo si fa fatica a ricordarlo.

Alla ricerca dei fuorigiri mancanti. Oldani in rotta sul Giro

13.04.2023
4 min
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Stefano Oldani è da oggi in altura sul Teide. Il corridore della Alpecin-Deceuninck  sta preparando il Giro d’Italia, il quarto della sua carriera. Ed è un Giro molto importante per il lombardo. Dopo la vittoria a Genova dell’anno scorso, può essere il Giro della consacrazione, perché la sua squadra, orfana, di Mathieu Van der Poel apre a molti scenari con il resto della ciurma.

Dall’inizio della stagione Oldani si è visto poco. Ma non perché sia andato piano, ma nel vero senso della parola. Per il 2023 hanno provato un approccio differente, che prevede meno corse. All’attivo Stefano ha solo tre gare, tutte a tappe. E proprio da questo punto partiamo.

Oldani (classe 1998) alla ricerca della condizione ottimale dopo un approccio stagionale differente
Oldani (classe 1998) alla ricerca della condizione ottimale dopo un approccio stagionale differente

Stefano, dicevamo: poche corse…

E’ stato un inizio di stagione molto particolare in effetti. L’idea della squadra era di farmi correre poco per arrivare più fresco possibile al Giro, convinti che così sarei stato più brillante. Io ci ho provato, però sapevo che per essere brillante avrei avuto bisogno delle gare stesse. C’è stato un piccolo fraintendimento sull’approccio stagionale con la squadra e così ho preso il via solo all’Andalucia, al Catalunya e ai Baschi… Ma resto fiducioso, anche perché davvero al Giro ci arriverò più fresco di altri che hanno già corso molto.

Ai Baschi come è andata?

Mi sono ritirato perché proprio non stavo bene. In pratica nella frazione in cui mi sono fermato ero anche andato in fuga, poi ci hanno ripreso. Ma avevo fatto dei fuorigiri talmente grandi che poi ho avuto una fase “down” pazzesca. Una fatica incredibile e così in corsa, parlando con la squadra, abbiamo deciso di fermarci, altrimenti sarebbe stato controproducente, anche perché sapevano che sarei andato in altura. Quando sono rientrato in Italia ho fatto anche degli esami per scongiurare dei virus o altri malanni, ma fortunatamente era tutto okay.

Come ti spieghi questa grande fatica?

Io credo sia dovuta proprio alle poche corse fatte. Quei fuorigiri li ho pagati parecchio. Lo scorso anno ero partito molto meglio e sin da subito avevo colto più risultati. E a me piace fare risultato, dà morale. E’ stato tutt’altro approccio.

Sei dunque preoccupato per questo Giro?

Da una parte dico di sì, ma dall’altra sono fiducioso e tranquillo. Di certo non parto sconsolato. E poi adesso vado sul Teide e di solito reagisco molto bene all’altura e quest’anno ancora non l’avevo fatta. Sono fiducioso di ritrovare la brillantezza necessaria.

Ai Baschi un buon inizio, poi è subentrata la fatica. A quel punto Oldani e il team hanno optato per il ritiro
Ai Baschi un buon inizio, poi è subentrata la fatica. A quel punto Oldani e il team hanno optato per il ritiro
Quanti giorni ci resterai?

In tutto 17, fino al 29 aprile. Quindi vado diretto al Giro.

Come lavorerai? Curerai la brillantezza?

Nella prima settimana dedicherò più spazio all’endurance, anche per adattarmi alla quota, e vorrei anche riprendere il discorso con la forza. Poi sì: conto di lavorare sulla brillantezza. Quindi Vo2 Max, fuorisoglia… che poi è quello che appunto mi è mancato in corsa.

E farai anche dietro motore?

Sfortunatamente no, perché vado sul vulcano da solo, senza staff. Con me ci sarà anche Nicola Conci. Resta una piccola speranza perché forse la mia famiglia verrà a Tenerife per qualche giorno di vacanza. A quel punto noleggiando uno scooter potrebbe farmi un po’ di dietro motore mio papà Andrea, ma è da vedere. E’ molto più probabile che lavorerò con dei 40”-20”, delle fiammate fuorisoglia, dei lavori intermittenti…

All’inizio abbiamo detto che per voi della Alpecin, senza Van der Poel, si profila un Giro d’Italia diverso. Potreste avere più libertà. Come correrete?

Ma ci sarà Kaden Groves, che è molto, molto veloce e va bene anche in salita. Lui ha fatto vedere cose importanti in queste prime corse della stagione, magari ci sarà da aiutarlo soprattutto nelle volate.

Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia. Quest’anno l’obiettivo è ripetersi
Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia. Quest’anno l’obiettivo è ripetersi
Col team avete già fatto un briefing su come gestirete la corsa?

In realtà ancora non ne abbiamo parlato. Non abbiamo fatto un’analisi specifica del percorso. Sì, io ho dato uno sguardo alle tappe e ho visto che ce ne sono diverse di mosse, adatte a gruppi ristretti e fughe. Ed è in quell’ottica che ci muoveremo, visto che non abbiamo l’uomo di classifica.

Con Conci e Sbaragli… potreste avere dunque più spazio?

“Sbara” deve recuperare dall’infortunio e se starà bene è una pedina su cui contare. Lui può fare belle cose. Nicola invece è con me sul Teide. Comunque anche per loro vale il discorso delle fughe, dell’assalto alle tappe come per tutti noi.

C’è qualche frazione che ti stuzzica particolarmente e che hai studiato?

Non sono il tipo che sta lì a guardarle e riguardarle, altrimenti poi ti fai troppi “film”, troppe aspettative. Anche quando lo scorso anno ho vinto a Genova, non conoscevo il finale. Solo alla fine mi sono reso conto e ho detto: «Ma questo sembra tanto il finale del Giro dell’Appennino!».

Un viaggio nella distanza, le sei ore con Oldani

06.01.2023
6 min
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Un professionista fa tanti allenamenti nell’arco dell’anno e li fa di tutti i tipi, oggi più che mai, grazie alle attività alternative e al forte implemento della palestra che si è registrato un po’ per tutti e a tutti i livelli. E tra questi allenamenti ce n’è uno che non cambia ed è al tempo stesso uno dei più affascinanti: la distanza. E la distanza al contrario della palestra si fa d’estate e d’inverno.

Stefano Oldani le sue belle distanze le macina ogni settimana. Nonostante alla Alpecin Deceuninck siano noti per non esagerare con i chilometri, ma per insistere parecchio con la qualità. Con il re della tappa di Genova al giro 2022 facciamo appunto un viaggio nella distanza. 

Per Oldani (classe 1998) la distanza è la base della performance, specie nel finale delle corse quando serve lo spunto, come a Genova (in foto)
Per Oldani (classe 1998) la distanza è la base della performance, specie nel finale delle corse
Stefano, sentendo parecchi dei tuoi colleghi ci si chiede se la cara vecchia distanza, quella da 5-6 ore si faccia ancora? Parecchi dicono che non fanno più abbuffate di chilometri come in passato…

Assolutamente c’è ancora. E’ fondamentale per la base. E anche per la prestazione. Se fai solo qualità, magari sei performante sulla prima salita, ma a fine gara ti manca la benzina.

Si fa in tutto l’arco dell’anno o soprattutto in questa fase?

Si fa all’inizio dell’anno sicuramente, quando si riprende dopo lo stop di fine stagione. Si ricomincia per gettare le basi che consistono in più ore e meno lavori specifici. Più ore a bassa intensità per rimettere le cosiddette basi di endurance. Queste ci permettono poi di lavorare sull’intensità con maggior solidità senza andare poi a “sbiellare il motore”, come si dice in gergo. Se s’iniziasse subito con lavori più spinti si alzerebbe subito la condizione, ma poi non si avrebbero le basi per mantenerla. Durerebbe poco.

E d’estate?

E poi sicuramente si fa nei periodi di altura d’estate. Nel mio caso penso a Livigno. Lassù in quota non puoi lavorare ad alta intensità, sennò ti finisci perché c’è scarsità d’ossigeno e tutte le dinamiche che ne conseguono. Quindi si punta più sull’endurance.

Tasche piene per la distanza, ma d’inverno si tende a preferire qualche proteina a scapito dei carboidrati
Tasche piene per la distanza, ma d’inverno si tende a preferire qualche proteina a scapito dei carboidrati
La distanza si richiama durante tutto l’anno, nonostante gare e ritiri?

Sì, di base cerchi di richiamarla un po’ tutto l’anno, poi ovviamente se hai dei periodi di corse molto ravvicinati dove comunque l’endurance lo alleni in gara, quando torni a casa non ti serve andare a lavorarci. Quindi magari tra le corse fai solo qualità. Recupero e qualità, recupero e qualità… Mentre quando hai dei periodi più lunghi senza gare, mentalmente sai che devi lavorare un pochino di più sulla distanza. Quindi fai più ore… e cerchi di trovare compagnia per fartele passare più velocemente! Penso a quando devi preparare una Sanremo e devi arrivare pronto ad affrontare un certo chilometraggio.

E cosa ti passa per la testa mentre fai la distanza?

Dipende parecchio da come le vivi tu. Io non sono un super amante del gran numero di ore. E’ molto soggettivo. C’è chi preferisce molto di più fare tante ore e meno lavori perché non ama soffrire troppo e magari preferisce stare in bici a “passeggiare”. E c’è chi preferisce fare le 2-3 ore a tutta e farsi del male con i lavori. Io quando non ho i lavori faccio più fatica a programmare il mio allenamento e il rischio è di perdere un po’ di brio.

Sei ore a gennaio e sei a luglio: cosa metti in tasca? Ci sono differenze?

Fondamentalmente si cerca sempre di tenere un “tot” di grammi di carboidrati per ora in base al peso e al tipo di corridore. L’obiettivo è tenere comunque un’integrazione di base per non finirsi. La grammatura di carbo dipende da persona a persona, dal peso e dal metabolismo… Poi c’è chi preferisce andare più sul proteico anche in uscite così lunghe e chi invece preferisce puntare sui carboidrati. Sono correnti di pensiero. 

La distanza d’estate richiede una grande accortezza in merito all’idratazione, specie se in altura
La distanza d’estate richiede una grande accortezza in merito all’idratazione, specie se in altura
In questo periodo si cerca di limitare gli zuccheri perché magari c’è da limare il peso?

Può capitare. Il periodo post stop è perfetto per tagliare sul cibo, perché alla fine si fanno più ore con poca intensità e non ti serve poi così tanta benzina per essere brillante nei lavori. Si tende a sbilanciare l’alimentazione sul proteico, ma senza esagerare nel togliere i carbo. 

E varia l’alimentazione nella distanza d’estate?

Sì, sicuramente. In altura per esempio devi stare attento a sbilanciarti sul proteico, perché solitamente il metabolismo va a bruciare di più. Non puoi togliere i carboidrati altrimenti rischi di finirti. 

Quindi tra estate e inverno, d’estate si mangia un po’ di più. E con i liquidi invece?

Solitamente si consiglia sempre di bere una borraccia all’ora, poi dipende chiaramente dalle condizioni climatiche. E anche dalla sudorazione. Per esempio quando si va in altura s’inizia a fare tanta pipì e di conseguenza espelli un sacco di liquidi. Quindi devi stare attento a reintegrare un po’ di più per non disidratarti. C’è chi fa più pipì, chi ne fa meno, chi suda molto, chi poco. Noi in Alpecin per esempio ad inizio stagione, nel ritiro di dicembre, facciamo sempre un test della sudorazione. Vediamo quanto pesiamo prima dell’allenamento, quante volte e quanta pipì facciamo, di che colore, quanto beviamo… Ed è molto soggettiva questa cosa.

Oldani preferisce fare la distanza d’inverno, perché è più facile trovare compagnia anche a casa
Oldani preferisce fare la distanza d’inverno, perché è più facile trovare compagnia anche a casa
C’è tanta differenza di rendimento tra il fare le 6 ore della distanza adesso che è inverno e d’estate? I 30 all’ora di media vengono facili sempre?

Ci sta che magari ora si vada un po’ più piano, però ci sono tante variabili… Magari ora vai più piano perché le strade in discesa sono umide o bagnate. O al contrario d’estate fa troppo caldo.

E i valori, c’è differenza?

Anche in questo caso ci sono molte variabili. Ci sono corridori che quando staccano dopo il finale di stagione perdono tanto, tipo me, ma poi riprendono in poco tempo. E quelli che invece calano poco. O quelli che calano tanto e ci mettono parecchio a riprendere la condizione.

E il recupero? Come reagisci dopo una distanza a gennaio e una a luglio?

Il freddo ti fa consumare più energie e la condizione è un pochino più bassa. Quindi magari fai un pelo più fatica. D’estate magari la condizione è migliore e recuperi meglio. Ma anche in quel caso se fa troppo caldo non è facile…

E Stefano Oldani preferisce fare la distanza d’inverno o d’estate?

D’inverno! Ci sono più colleghi e amici in zona, di solito. E in compagni è più bello. Anche per la sosta Coca Cola. La sosta al bar per la Coca e il toast non manca quasi mai. E a volte è meglio delle barrette!

Un anno di imprese con gli occhi di Bennati

30.11.2022
7 min
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Dopo un paio d’ore di bici a ragionarci su, Bennati si fa vivo al telefono. Gli abbiamo chiesto di parlare delle imprese 2022 che gli sono rimaste negli occhi e il tecnico azzurro si presenta puntuale all’appuntamento con il suo elenco, anticipato nel frattempo con un messaggio.

Il finale di stagione è popolato di famiglia, alcuni impegni ufficiali, qualche pranzo con gli amici di sempre e la bici. A breve a Milano si farà un punto della situazione e poi sarà tempo di programmare il 2023.

Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata
Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata

Pogacar a Siena

La prima impresa che merita un pensiero è la vittoria di Pogacar alla Strade Bianche. Era il 5 marzo, lo sloveno ha tagliato il traguardo dopo 51 chilometri di fuga.

«Ero lì a vederla – racconta Bennati – con l’auto nel vivo della corsa. E’ stata un’impresa che solo lui poteva fare, una distanza esagerata. Solo lui o magari Evenepoel. Sono azioni che ti vengono perché non ti rendi conto, a me non è mai capitato. Ti viene da pensare che quelli dietro non andassero così forte e magari è vero che inizialmente, visto anche il vento, non lo hanno inseguito tanto forte.

«Non è stata un’azione come quella di Van der Poel alla Tirreno dell’anno precedente, perché quella volta fu proprio Tadej a voler bene all’olandese. Van der Poel ha dei fuorigiri impressionanti, ma non è tanto calcolatore. Pogacar invece difficilmente sbaglia. Credo però che certe imprese saranno sempre più difficili da fare. Le prime volte chi insegue calcola male i tempi, adesso invece li tieni a tiro e non lasci tanto spazio. C’è da dire che i 184 chilometri di gara della Strade Bianche hanno aiutato, fossero stati 250 forse sarebbe stato diverso».

Sanremo, 19 marzo: Matej Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima
Sanremo, 19 marzo: Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima

La Sanremo di Mohoric

La Sanremo di Mohoric è la seconda impresa del 2022 che Bennati ha messo in memoria, colpito dalla lucidità e dalla forza dello sloveno.

«L’idea di usare il reggisella telescopico – dice il toscano – è stata geniale, però magari avrebbe vinto lo stesso. Non credo che abbia fatto la grande differenza grazie a questo. Ha vinto perché oltre a essersi preso dei grandi rischi, aveva anche tante gambe. Per vincere non poteva che fare a quel modo. Tirare le curve al limite e poi spingere forte. Lui usa abitualmente il 55 o il 56 anche su strada…

«Non è stata una vittoria come quella di Nibali del 2018, perché Vincenzo si era avvantaggiato in salita, con un’impresa di quelle che si vedevano vent’anni fa. Mohoric sapeva che l’unica soluzione era attaccare nella discesa del Poggio, perché non ha la sparata di Vincenzo. Ha scelto il momento. Ha rischiato due volte di cadere. Una volta ha preso una canaletta di scolo e se fosse caduto nell’ultima curva, non so come sarebbe finita. Ma evidentemente era scritto che la Sanremo dovesse finire così».

I quattro italiani del Giro

La terza tappa di questo viaggio nella stagione secondo il “Benna” è composta dalle vittorie di tappa italiane al Giro d’Italia, proprio nel momento in cui si sparava a zero sul ciclismo italiano.

«Visto che non avevamo ancora centrato grossi successi – dice Bennati – sono state quattro vittorie importanti. La prima, quella di Dainese un po’ a sorpresa, ha dato l’attacco. Poi è venuto Oldani, che ha battuto Rota a Genova. Quindi Ciccone a Cogne e Covi sul Fedaia. Da tifoso, mi hanno colpito tutte. Da commissario tecnico, alla vigilia di un europeo veloce come quello di Monaco, la vittoria di Dainese è stata una bella boccata di ossigeno. Certo, anche lui deve fare un salto di qualità per dare delle garanzie, ma la sua vittoria è stata una bella cosa».

Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno
Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno

Il tricolore di Zana

Il quarto momento è la vittoria di Zana al campionato italiano, anche se il vincitore non era ancora un grosso nome.

«E’ giusto parlarne – dice Bennati – perché la maglia tricolore merita considerazione, allo stesso modo in cui è stato giusto portarlo al mondiale. Filippo era un po’ in calo, ma la corsa che ha vinto è stata bella e importante. Il prossimo anno passa in una WorldTour e deve fare uno step importante in avanti, per capire dove potrà arrivare. Spero che possa fare il Giro e far vedere la maglia tricolore».

Kuss andatura
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo
Kuss andatura
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo

Il Tour di Vingegaard

Il Tour di Vingegaard rientra tra i fuori programma meno attesi. «Tutti si aspettavano Pogacar – dice Bennati – invece è stato un bel Tour. Combattuto con tattiche non sempre comprensibili. Penso all’ultima crono di Vingegaard, che forse avrebbe potuto alzare il piede dall’acceleratore e invece stava per finire contro un muro. A volte fare due calcoli può essere utile. Se Pogacar non fosse andato alla caccia di ogni traguardo, avrebbe vinto nuovamente lui. Ma di una cosa sono certo, della sconfitta del 2022 faranno le spese i suoi avversari il prossimo anno.

«Comunque Vingegaard è stato bravo a restare sempre coperto nella prima settimana, non l’hai mai visto. E aveva accanto la Jumbo Visma che ha sempre creduto in lui, presentandosi con un organico impressionante».

Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato
Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato

Il mondiale di Evenepoel

Il mondiale di Evenepoel è la sesta finestra di Bennati sul 2022 e questa volta il discorso si fa personale, dato che a lottare per lo stesso traguardo c’erano anche i nostri.

«La cosa sorprendente – dice Bennati – è che tutti sapevano quello che avrebbe fatto, cioè partire da lontano. Remco ha sfruttato tutto nei minimi dettagli ed è un peccato che Rota non gli stesse attaccato, perché aveva la gamba giusta per rimanere con lui. Quando ha provato a inseguirlo all’ultimo passaggio sotto il traguardo, gli era arrivato a 50 metri poi ha dovuto rialzarsi. Magari Remco lo avrebbe staccato al giro successivo, perché mettendosi al suo livello lui ti logora. Infatti secondo me Lutsenko ha sbagliato ad aiutarlo, ma se Rota fosse andato con loro, almeno il podio era assicurato.

«Dopo un po’ ho smesso di pensarci. Ho fatto tesoro del buono e messo via quel che non serve. In proporzione, ci ho messo più tempo a dimenticare i mondiali di Doha…».

Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese
Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese

L’Ora di Ganna

Si chiude con il record dell’Ora di Ganna, che Bennati non ha potuto seguire per l’influenza. Il cittì aveva visto Pippo partire dall’Australia alla volta dell’Europa e del tentativo di Grenchen.

«Nonostante tutto quello che era stato detto alla vigilia – racconta – ero sicuro che ce l’avrebbe fatta. E’ stato un avvenimento importante e per lui il coronamento di un sogno. Dopo la delusione del mondiale, ha dimostrato carattere da grande campione».

Sauna in quota, tra relax e feeling con il caldo

14.08.2022
5 min
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Andare in altura per sfuggire al caldo… e poi ricercarlo facendo la sauna. Può sembrare una contraddizione, ma non è del tutto così. Di questa pratica ci parlò lo scorso anno Alberto Dainese. Domenico Pozzovivo ci aveva detto che andava sull’Etna per potersi allenare al caldo porprio per evitare di fare la sauna come fanno molti corridori a Livigno. E sulla sua falsariga anche Paolo Alberati. Quest’ultimo aveva aggiunto che andando sul vulcano siciliano anziché sulle località alpine si evitava il successivo passaggio del riadattamento del pedalare con le alte temperature.

Ma quali vantaggi apporta la sauna in altura? E come si fa? Per saperne qualcosa in più ci viene incontro Stefano Oldani (e non solo lui). Il corridore della Alpecin-Deceuninck, che dell’altura è un vero habitué (dopo il Giro di Danimarca ci tornerà per la quarta volta in stagione), è tra coloro che si sono avvicinati a questa pratica… ma con le dovute proporzioni.

Oldani e la sua squadra hanno lasciato il Polonia per dei casi di Covid. Il re della tappa di Genova al Giro sarà al Danimarca
Oldani e la sua squadra hanno lasciato il Polonia per dei casi di Covid. Il re della tappa di Genova al Giro sarà al Danimarca

Tossine via

E’ dimostrato che, sopratutto per gli atleti, uno dei benefici della sauna, oltre al relax mentale, sia il rilascio di endocrina energizzante, più conosciuta come l’ormone del benessere psicofisico.

«Ci sono diverse utilità della sauna – spiega Oldani – io non sono un super amante di questa pratica se così possiamo definirla, ma comunque ci vado, anche se non tutti i giorni. La faccio per smaltire qualche tossina al termine di un blocco di allenamento e se il giorno dopo ho un giretto di scarico».

Quindi se Stefano fa due o tre giorni di carico, al termine del “microciclo” apre la porta della sauna e ci passa il canonico quarto d’ora. In quei 15 minuti si rilassa e si fa la sua bella sudata.

«Ma c’è chi la fa per restare acclimatato, o per non dimenticare del tutto le alte temperature quando poi scende in pianura. In questo modo il fisico riconosce le condizioni estreme di caldo.

«Però c’è anche a chi la sauna piace e la fa un po’ più spesso, anche solo per rilassarsi». Vedi Alessandro Covi.

L’idratazione è centrale nell’affrontare la sauna, specie per uno sportivo di endurance (foto Getty Image)
L’idratazione è centrale nell’affrontare la sauna, specie per uno sportivo di endurance (foto Getty Image)

Accorgimenti particolari

Prima di entrare in sauna però si devono osservare dei piccoli accorgimenti. Solitamente, ma non vale per tutti, vi si entra dopo aver recuperato un po’. Troppo elevato il rischio di un forte abbassamento di pressione entrandoci diretti dall’allenamento.

Senza contare che bisogna tenere conto dell’idratazione.

«Io solitamente – dice Oldani – a Livigno tornavo dall’allenamento, mi facevo la doccia, andavo a mangiare, mi rilassavo nel pomeriggio e poi prima di cena andavo in sauna. Ma non facevo solo quella. All’Alpen Resort, dove hanno anche la vasca di acqua calda e acqua fredda, facevo i miei 15′ di sauna, uscivo e alternavo le due vasche di acqua calda e fredda per attivare la circolazione delle gambe e quindi migliorare il recupero». 

«Si suda molto, è vero, ma l’importante alla fine è sempre reidratarsi bene. Se tu sai che in quei 15′ suderai tanto dovrai bere un po’ di più. Poi molto dipende anche dal soggetto. Io ad esempio non sudo tantissimo. Non ho bisogno di una grande integrazione di sali minerali, altrimenti mi gonfio come un pallone. Mi fanno grande ritenzione idrica, quindi per me è sufficiente bere dell’acqua».

«Ma non vuol dire che si debba trascurare questo aspetto, anche io devo calibrare l’acqua. Non bisogna andare in sauna dopo aver sudato molto in allenamento e senza magari aver bevuto correttamente dopo pranzo. Altrimenti si rischia davvero di pagarla cara».

L’austriaco Felix Gall (meno abituato al caldo) fa spesso la sauna. Da juniores, prima di Doha 2016 faceva i rulli indossando sacchi di plastica
L’austriaco Gall (meno abituato al caldo) fa spesso la sauna. Da juniores, prima di Doha 2016 faceva i rulli indossando sacchi di plastica

Stakanovisti della sauna

Ma c’è chi invece con la sauna ha avuto parecchio di più a che fare, come per esempio Jakub Mareczko.

«Kuba – dice Oldani – era con me a Livigno. A lui la sauna piace e la faceva spesso. Idem i ragazzi della Quick Step-Alpha Vinyl. Loro per esempio l’alternavano con delle docce fredde, qualche gironzolata per far passare il tempo necessario e poi rientravano nell stanza calda».

E c’è chi sempre nella sauna addirittura ci ha pedalato: almeno così si dice.

«Sì, vero – conferma Oldani – so che qualcuno lo ha fatto. Vogliono acclimatarsi alle condizioni estreme. Così come so di gente che ha fatto i rulli con i sacchi della spazzatura addosso per sudare di più. Sinceramente io non l’ho mai fatto e non penso che lo farò, mi sembra una pratica un po’ estrema e che va a stressare troppo il fisico».

Anastopoulos con i suoi ragazzi ha soggiornato presso l’Alpen Resort di Livigno, famoso anche per la sua grande spa
Anastopoulos con i suoi ragazzi ha soggiornato presso l’Alpen Resort di Livigno, famoso anche per la sua grande spa

In casa Quick-Step…

Vasilis Anastopoulos, preparatore della  Quick Step-Alpha Vinyl ha avuto sott’occhio i suoi ragazzi proprio a Livigno. Anche lui come Oldani ci dà indicazioni preziose.

«Perché facciamo la sauna in quota? Ci sono molte ricerche sull’uso della sauna – spiega il coach greco – ed è stato dimostrato che questa, soprattutto durante i giorni di riposo, è vantaggiosa per i ciclisti. Aumenta il flusso sanguigno, il volume del sangue ai muscoli e aiuta il corpo a disintossicarsi».

Anastopoulos ci dice anche che per questa pratica i corridori non sono seguiti direttamente da un medico. Tuttavia lo staff sanitario della Quick Step-Alpha Vinyl è ben al corrente di tutto ciò e ha messo a punto un protocollo.

Infine, Anastopoulos chiarisce forse la curiosità più ghiotta e cioè se davvero si fanno i rulli nella sauna oppure no.
«Accanto alla sauna alcuni corridori hanno fatto una sessione di allenamento (sui rulli, ndr) per abituarsi al calore. Si tratta di una pedalata della durata di 30-40 minuti in una stanza calda o nella sauna stessa, ma con una temperatura non superiore a 40 gradi».

«La vittoria al Giro mi ha sbloccato». Parola di Oldani

19.06.2022
5 min
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In questi ultimi trenta giorni siamo certi che avrà pensato tanto a quel giovedì pomeriggio in cui a Genova ha vissuto la miglior giornata della sua carriera. Stefano Oldani col primo successo da pro’, ottenuto nella dodicesima tappa del Giro d’Italia, sa di essere entrato in una nuova dimensione. Nulla che centri con le mode del “metaverso” ma qualcosa di reale, tangibile, pratico.

L’intenzione del 24enne della Alpecin-Fenix sarebbe stata quella di dare continuità alle buone prestazioni di maggio al Tour de Suisse prima di chiudere questa prima parte di stagione, ma qualcosa non è andato secondo i piani. Al telefono Oldani ci racconta di questo e tanto altro proprio a cavallo della sesta frazione nella quale non ha preso il via, al pari di altri suoi quattro compagni, due dei quali positivi al Covid come annunciato dalla squadra.

Stefano come stai intanto?

Sono negativo e questo è un bene. Però dopo il Giro, dal quale ero uscito in condizione, avevo preso una leggera tracheite a causa degli sbalzi di temperatura tra il caldo afoso, il freddo di qualche tempesta e l’aria condizionata. In Svizzera le gambe giravano bene nelle prime cinque tappe, ma essere così “incatramato” nella respirazione mi ha frenato. Peccato perché la quinta tappa passava praticamente da casa mia e sulle mie strade d’allenamento. Pur non essendo al massimo ho compensato con la gran voglia di fare ma nel ciclismo di oggi se non sei al 110% fai fatica a fare risultato.

Che obiettivi avevi dopo lo Svizzera?

Spero che questo ritiro forzato mi possa aiutare a recuperare a dovere. Forse l’infiammazione alla trachea può passarmi con un po’ di riposo. E spero che questo non rallenti troppo la preparazione al campionato italiano. Il percorso non è durissimo ma è adatto alle mie caratteristiche. Di sicuro ci proverò. Dopo di che dovrei fare un periodo di stacco ed iniziare a pensare alla seconda parte di stagione. Salvo cambiamenti, dovrei rientrare al Tour de Wallonie (dal 23 al 27 luglio, ndr).

A distanza di un mese, a mente fredda, che effetto ti fa la vittoria al Giro?

Mi sto rendendo conto adesso di quanto valga. Ha inciso tanto dal punto di vista mentale. Non vincevo dal 2018 da quando ero U23 (Trofeo Magni a Barzago, ndr) ed ormai mi ero quasi scoraggiato. Avevo perso un po’ di fiducia in me stesso, anche perché l’anno scorso avevo sfiorato il successo in diverse occasioni come al Polonia, in cui mi avevano rimontato negli ultimi dieci metri. Da una parte pativo questa situazione, dall’altra invece correvo spensierato perché potevo andare a caccia di risultati quando mi capitava l’occasione.

Alla fine è arrivata questa vittoria…

Sì, è valsa la pena aspettare così tanto. La cercavo sempre però mi dicevano di avere pazienza se non arrivava quando lo volevo io perché lavorando sodo, poi si raccolgono i risultati.

Si rischia di essere appagati?

No, non per me almeno. Questa vittoria è un punto di partenza. Sapete, un paio di volte in alcuni ambienti ciclistici mi è capitato di sentirmi fuori luogo. Magari mi capitava di andare ad eventi dove c’erano giovani che avevano vinto tantissimo e io soffrivo un po’ il fatto di essere pro’ e non aver ancora vinto. Era una cosa mia ma dopo il Giro, vittoria a parte, mi sento all’altezza. Già ero andato forte nella dura tappa dell’Etna ed ero contento. Adesso mi sento sbloccato.

Puoi fare quindi un pensiero anche alla nazionale?

Certo, perché no?! Il cittì Bennati ed io ci conosciamo bene. Proprio al Giro, specie dopo Genova, mi ha detto che mi tiene in considerazione. Naturalmente non mi ha garantito nulla, però le sue parole mi hanno dato grandi stimoli per guadagnarmi una convocazione per europei o mondiali. Infatti ho parlato col mio preparatore e abbiamo deciso che potremmo fare dell’altura proprio in vista di queste rassegne con la nazionale. Insomma, voglio farmi trovare pronto ad una eventuale chiamata.

Hai una gara da sogno nel cassetto che, dopo la vittoria al Giro, può diventare realizzabile?

La corsa dei miei sogni è sempre stata la Milano-Sanremo. Un po’ perché da bambino, essendo io milanese, l’andavo sempre a vedere. Un po’ perché è la Classicissima, basta il nome. Ecco, ora un pensiero ce lo faccio un po’ di più. Negli ultimi anni è stata una gara imprevedibile ed uno con le mie caratteristiche la potrebbe vincere. Se la gara si fa dura, io voglio esserci.

Camera ipobarica: tanti la usano, nessuno ne parla

21.05.2022
5 min
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Di base Oldani ha ragione: è assurdo che ci sia chi può e chi no. «Il discorso della camera ipobarica – ha detto giovedì dopo la vittoria – è una questione vecchia che nessuno ha più preso in mano. Credo che solo uno o due Paesi al mondo ormai non concedano questi tipi di allenamenti. Più di tre quarti del gruppo ne fa utilizzo. Noi italiani siamo in svantaggio. Prima del Giro mi sono fatto due settimane di altura sull’Etna da solo, quando la mia squadra era tutta in Spagna presso questi hotel con la camera ipobarica. Si allenavano insieme, facevano gruppo, avevano i meccanici, i massaggiatori, mentre io no. E ogni volta per tornare in quota dovevo farmi un’ora di salita non avendo la macchina al seguito».

Dopo la vittoria di Genova, Oldani ha ripetuto il suo malumore per il divieto d’uso della camera ipobarica
Dopo la vittoria di Genova, Oldani ha ripetuto il suo malumore per il divieto d’uso della camera ipobarica

Hotel Syncrosfera

Oldani non era solo perché con lui c’era Fiorelli, ma di certo non era con la sua squadra. E anche se a nessuno sembra interessare la sua rimostranza, resta il fatto che quello della tenda ipobarica sia un tema attuale.

Secondo la WADA non è doping e di certo è il modo più rapido per ottenere il vantaggio dall’altura, senza dover andare sulla cima di un vulcano. Gli esiti fisiologici sono gli stessi. La filosofia di base è la stessa. Il metodo di lavoro identico. Solo le normative sono diverse: ad ora soltanto italiani e svizzeri non possono farvi ricorso.

Così, mentre Oldani faceva su e giù dall’Etna e a dispetto della diseguaglianza ha vinto la tappa di Genova, i suoi compagni soggiornavano al Syncrosfera dell’ex pro’ russo Alexander Kolobnev.

Il Syncrosfera di Denia è stato costruito da Alexander Kolobnev, ex pro’ russo (foto Instagram)
Il Syncrosfera di Denia è stato costruito da Alexander Kolobnev, ex pro’ russo (foto Instagram)

In altura, sul mare…

L’hotel si trova a Denia ed è dotato delle cosiddette camere d’altitudine, dove viene simulato l’effetto di un ritiro in quota, mentre i corridori continuano ad allenarsi al livello del mare. Come sul Teide o sull’Etna, per fare un esempio: si scende per allenarsi e si dorme in alto.

La volontà, dichiarano dall’hotel, è quella di porsi come un hotel per sportivi e avere tutte le strutture per soddisfare le esigenze degli atleti. Con una cinquantina di euro in più, si può soggiornare in una delle quindici camere dotate di un generatore in grado di simulare un’altitudine fino a 4.500 metri sul livello del mare. Il generatore non è fisicamente presente nella stanza, quindi c’è poco inquinamento acustico. Non si sente il generatore e nemmeno il flusso d’aria necessario per portare l’ossigeno al livello desiderato.

Un controller a parete, come un termostato, per impostare la quota voluta (foto Syncrosfera)
Un controller a parete, come un termostato, per impostare la quota voluta (foto Syncrosfera)

In Slovenia e Australia

La cosa non è nuova. In Slovenia, ad esempio, l’altro ex professionista Tadej Valjavec ha aperto un hotel con le stesse caratteristiche, mentre a Canberra il Comitato olimpico australiano gestisce un condominio con camere ipobariche dal 2014.

In Europa è ancora territorio inesplorato. Italia e Svizzera applicano restrizioni per i propri atleti, così Oldani non ha potuto seguire la sua squadra, giacché l’agenzia antidoping italiana ne vieta l’uso anche all’estero.

Spendendo circa 50 euro in più per notte, si può ricorrere alle funzioni ipossiche (foto Syncrosfera)
Spendendo circa 50 euro in più per notte, si può ricorrere alle funzioni ipossiche (foto Syncrosfera)

Quattro stelle

L’Hotel Syncrosfera di Denia ha quattro stelle ed è diventato la meta di altre squadre oltre alla Alpecin-Fenix. E’ piuttosto immediato coglierne la comodità. Per un ritiro in altura a gennaio o febbraio, la soluzione è recarsi sul Teide, sull’Etna o a Sierra Nevada, dove è possibile dormire oltre i 2.000 metri di quota. Fuori però è freddo: siamo stati diretti testimoni della nevicata che lo scorso anno bloccò le ragazze della nazionale azzurra sull’Etna.

Kolobnev ha risolto il problema. E dato che lui per primo era allergico ai lunghi ritiri in altura, dopo aver smesso di correre, ha pensato a un luogo in cui i corridori possono allenarsi al livello del mare durante il giorno e dormire comodamente in quota di notte.

Nell’hotel ci sono piscine e palestre: una vera casa per sportivi (foto Syncrosfera)
Nell’hotel ci sono piscine e palestre: una vera casa per sportivi (foto Syncrosfera)

Diffusione belga

Stando ai corridori belgi che fanno largo uso della tenda ipobarica in casa (secondo Het Nieuwsblad, si parla di circa l’80 per cento dei professionisti di lassù), dormire in una camera così dà indubbi vantaggi di comfort rispetto alla tenda ipobarica.

Victor Campenaerts, che già in passato aveva creato scompiglio dicendo di aver simulato una quota di 4.700 metri ottenendo vantaggi clamorosi (che però non si sono tradotti in vittorie), spiega che la stanza ipobarica è più confortevole della tenda. Intanto perché la tenda è molto rumorosa, avendo il compressore attaccato, quindi il sonno è disturbato. E poi perché si è costretti a dormire con un orinatoio accanto al letto, in modo da non uscirne qualora si debba andare in bagno.

Kolobnev, classe 1981, è stato professionista dal 2002 al 2016, anno in cui ha chiuso con la maglia Gazprom
Kolobnev, classe 1981, è stato professionista dal 2002 al 2016, anno in cui ha chiuso con la maglia Gazprom

Tutti a Denia?

Non è doping, altrimenti andrebbe considerato allo stesso modo il fatto di andare in altura e bisognerebbe dichiarare fuorilegge i colombiani o gli eritrei che vivono regolarmente sopra i 2.000 metri. Perché vietarla? 

In Italia sono considerati doping ematico e quindi sono proibiti i processi che aumentano artificialmente la massa eritrocitaria. L’aggettivo “artificiale” fa la differenza, salire su una montagna di 3.000 metri è un processo naturale. Tuttavia la Wada non ha trovato l’accordo sul tema e ha lasciato alle singole Nazioni la libertà di scelta.

Così ad esempio, a quanto risulta al belga Het Nieuwsblad, dovrebbero presto alloggiare al Syncrosfera il UAE Team Emirates, Lotto-Soudal, Alpecin-Fenix e Groupama-FDJ. A loro si dovrebbero aggiungere due squadre di calcio appena conosciute: Barcellona e Real Madrid. Il tutto mentre in Italia resta una pratica proibita. Ha senso in questo sport mondializzato, in cui tutti devono sottostare alle stesse regole, che ci siano ancora certe differenze?

Dagli “svincoli micidiali” spunta Oldani, gregario (anche) in fuga

19.05.2022
7 min
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Tutto all’improvviso. Da che non avevamo vinto neanche una tappa, a fare una doppietta. Dopo Alberto Dainese, oggi la corona la mette Stefano Oldani. «Un corridore che non ha rubato niente», come dice Lorenzo Rota, colui che è stato battuto.

Genova è schiacciata tra mare e montagne. Francesco De Gregori parla dei suoi “svincoli micidiali”, ma oltre a svolte improbabili e agli stretti caruggi, ci sono questi grandi viali. Lunghi rettilinei ampi come boulevard parigini. Vialoni che sono belli se guidi senza traffico o se porti a spasso il cane, ma diventano infiniti se ti stai giocando una tappa del Giro d’Italia.

La profezia di Basso

Dall’ultima curva, esattamente ai mille metri, si vedeva l’arrivo. Un arrivo che tirava, come si dice in gergo. Della numerosa fuga del giorno arrivano solo in tre: Rota, Oldani e Leemreize, giovane spina olandese nel fianco.

Spina che si rivela pungente. Scatta due volte in quei mille metri. Forse aveva gambe, ma di certo non ha ancora tempi e rapporti adeguati. Quando è partito era davvero troppo duro. Oldani è un gatto e chiude subito. 

«Vince Oldani», dice secco Ivan Basso dietro l’arrivo. Sarà che lo conosce, visto che lo aveva avuto quando Stefano era alla Fundacion Kometa. 

Ma intanto i metri passano. Il rettilineo sembra non finire mai. La prima fiammata si conclude con un “nulla di fatto”. Sono ancora in tre.

Cinquecento metri. L’olandese è sulla destra. Oldani e Rota sulla sinistra. Non si tratta di più di essere velocisti, ma di avere forza. Tutti e tre hanno le mani in presa bassa, pronti ad esplodere. Leemreize guarda a sinistra, i due italiani a destra.

Trecento metri. Vanno pianissimo. E’ quasi un surplace da pistard. Di nuovo è l’olandese a prendere l’iniziativa. Ed è di nuovo Oldani a chiudere. 

Rota è stato il primo ad attaccare nella fuga dei 25… Leemreize è stato il primo a seguirlo, poi Oldani
Rota è stato il primo ad attaccare nella fuga dei 25… Leemreize è stato il primo a seguirlo, poi Oldani

Rota non molla

Rota sembra messo alla grande, a ruota di Stefano. Deve “solo” saltarlo. Il corridore della Jumbo-Visma invece è out.

«Non ho mai pensato di anticipare lo sprint – racconta Rota – eravamo tutti stanchi e poi in tre è molto difficile… e rischioso. E infatti l’olandese ci ha provato, ma è stato ripreso. Pensavo alla volata. Sapevo che Stefano è veloce, ma è così che avevo deciso di giocarmela. E anche se la velocità fosse stata più alta, non sarebbe cambiato nulla».

«Non ho rimpianti. Stefano non ha rubato niente. Sono le corse. Io non posso che essere contento. Sto crescendo. Sono stato lontano quasi due mesi dalle gare. La gamba è buona. Anche l’altro giorno avevo fatto un buon lavoro per Girmay e oggi stavo bene. Tanto che io stesso ho deciso di partire ai 60-70 chilometri dall’arrivo. Proprio perché la gamba c’era. E poiché la gamba c’è ci riproverò».

Non ha rimpianti Rota. E si percepisce. Il suo tono di voce è serio sì, ma anche pacato e sincero. Intanto arriva Taaramae che gli dà una pacca sulla spalla: «Good job, Lore», hai fatto un buon lavoro Lorenzo. Lui svolta la bici e se ne torna al bus.

Il pianto e l’urlo liberatorio dopo il traguardo. Per Oldani è la prima vittoria da pro’
Il pianto e l’urlo liberatorio dopo il traguardo. Per Oldani è la prima vittoria da pro’

Urla di gioia

Chi invece resta ancora in zona arrivo è Oldani. Dopo essersi gettato a terra lasciandosi ad urli di gioia, misti a commozione, il lombardo si rialza. Va dietro al palco per premiazioni, interviste con le tv, antidoping…

Van der Poel, arrivato a spasso e quasi ripreso dal gruppo 8′ dietro, se lo abbraccia. E’ la seconda vittoria per gli Alpecin Fenix.

«Quell’abbraccio è stata un’altra ondata di emozioni – dice Oldani – ed è bello riceverla da un campione come lui. Idem il mio urlo e il mio essermi buttato a terra dopo il traguardo. E’ stata una reazione naturale, spontanea, uno svuotarsi di emozioni. Avevo un gran voglia di arrivare. Erano quattro anni, dalla seconda stagione da under 23, che non vincevo. Mi mancava alzare le braccia al cielo».

Dalle emozioni, alla strada. Oldani ha corso in modo magistrale. Gestendo bene anche la pressione di chi è consapevole di essere il più veloce.

«Non conoscevo queste strade – racconta – ma poi, proprio all’ultimo ho riconosciuto il finale. Feci infatti il Giro Appennino con la nazionale under diversi anni fa.

«Sapevo di essere il più veloce però non ci ho pensato. Non volevo immaginarmi la volata. Poi con Lorenzo ci conosciamo bene, in gruppo parliamo spesso e gli ho detto: “Ciccio, andiamo all’arrivo, non guardiamoci. Giochiamocela in volata e che vinca il più forte. Non volevo rimorsi e neanche stare a pensare magari di dover chiudere su di lui. Immaginavo, come è stato, che l’olandese ci avrebbe provato. 

«E poi non volevo stare a pensare troppo allo sprint perché io di viaggi mentali già me ne faccio tanti per conto mio! E se mi mettevo a pensare alla vittoria o quanto sarebbe stato bello vincere una tappa al Giro e poi non ci fossi riuscito… lasciamo perdere».

Fuori programma

Come ieri per Dainese, non doveva essere Stefano “a fare la corsa”. Il leader era proprio Van der Poel.

«Il piano era di essere almeno in uno nella fuga di giornata – dice Oldani – ma se questa fosse stata numerosa dovevamo essere di più. Non volevamo ripetere l’errore di Napoli. E infatti alla fine eravamo in tre. Ovviamente Mathieu era il leader.

«Credo si sia visto che più di una volta sono andato a prendergli il ghiaccio, i gel, le borracce… E anche quando sono andato via era solo per rilanciare l’andatura e non lasciare andare Rota (per questo VdP ad un certo punto tirava mentre Oldani era davanti, ndr). Poi si è aperto un certo gap e a quel punto ci ho provato io».

Quando tutto è contro

Ma le difficoltà per Stefano non sono state solo quelle di un gregario che si ritrova in fuga. In quell’urlo post arrivo c’è anche il fatto di aver pagato a caro prezzo il passaggio nel WorldTour nell’anno del Covid e anche quello di non aver potuto andare in ritiro in Spagna con la squadra per la questione della camera ipobarica, vietata per gli atleti italiani.

«Il discorso della camera ipobarica mi lascia deluso – dice serio Stefano – deluso dal nostro movimento, perché è una questione vecchia che nessuno ha più preso in mano. Credo che solo uno o due Paesi al mondo ormai non concedano questi tipi di allenamenti. Questo mi lascia scosso e dice quanto siamo indietro su certe questioni».

«Più di tre quarti del gruppo ne fa utilizzo. Qualcuno dovrebbe rifletterci. Noi italiani siamo in svantaggio. Prima del Giro mi sono fatto due settimane di altura sull’Etna da solo, quando la mia squadra era tutta in Spagna presso questi hotel con la camera ipobarica.

«Loro oltre che allenarsi meglio insieme, facevano gruppo, avevano i meccanici, i massaggiatori… io no. E ogni volta per tornare in quota dovevo farmi un’ora di salita non avendo la macchina al seguito».

Da Genova a Sanremo

Ma è tempo di gioire, di fare dei ringraziamenti. A Basso che gli ha insegnato tanto, alla Colpack che lo ha fatto crescere, a chi lo ha sempre sostenuto e alla sua fidanzata, Lavinia… che lo fa mangiare bene! Oldani infatti, nonostante il nome da chef, in cucina dice di essere negato.

«Per fortuna che c’è lei, altrimenti mangerei solo cibo in scatola! Mi fa alimentare in modo adeguato».

E a proposito di cene e di mangiate, da quando si è trasferito da Milano a Como, non si allena più da solo e fa un po’ meno slalom nel traffico.

«Da quando sono a Como tutto è migliorato. Prima uscivo sempre da solo. Anche per la Sanremo mi feci sette ore in solitaria. Ora invece esco spesso con Cataldo, Nizzolo, Ballerini… siamo in tanti corridori. “Ballero”, che era in fuga, mi ha detto: “Oh, oggi è per te”. E io gli ho risposto: “Ma non vedi che sto facendo il gregario?”.

«Con lui ho un bellissimo rapporto. Quest’inverno siamo stati a cena insieme praticamente ogni sera. O io ero da lui, o lui era da me. Chiacchierate, giochi da tavola…».