E De Marchi cosa fa? E’ pronto a ripartire con cuore e testa

09.07.2022
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E mentre il gruppo è impegnato al Tour de France, c’è chi sta ricaricando le batterie, tra casa e famiglia. E’ Alessandro De Marchi. Il “Rosso di Buja” ha avuto una prima parte di stagione alquanto complicata.

Ciononostante ha portato a termine il Giro d’Italia e in qualche occasione il corridore della Israel-Premier Tech è anche stato protagonista.

Col Friuli nel cuore. Al Giro Alessandro (classe 1986) si è goduto l’abbraccio della sua terra (foto Instagram – Cauldphoto)
Col Friuli nel cuore. Al Giro Alessandro (classe 1986) si è goduto l’abbraccio della sua terra (foto Instagram – Cauldphoto)
Alessandro, abbiamo visto anche dai social che ti sei dedicato alla famiglia in questi giorni. E adesso?

Adesso è ora di riprendere. Andrò in altura per preparare quello che sarà il resto stagione. L’idea è quella di correre la Vuelta. Per questo dovrei fare un bel periodo in quota, due settimane piene. Poi rifinire la condizione passando per il Giro di Polonia. E da lì andare direttamente in Spagna.

Su carta, sembra un buon programma…

Sì, è abbastanza buono soprattutto dopo aver fatto il Giro. Almeno lì sono riuscito ad accumulare un bel po’ di chilometri e tutto sommato sono a buon punto.

Come dicevamo, non hai avuto una prima parte di stagione facile…

Dopo una primavera così balorda, era importante andare al Giro più che altro per mettere fieno cascina, fare volume di chilometri in gara e magari provare anche a fare qualcosa. Quest’ultimo aspetto non è stato possibile realizzarlo, ma oggettivamente era abbastanza difficile migliorare tanto da riuscire fare qualcosa. Però non è stata per nulla un’esperienza distruttiva, nonostante arrivassi al Giro con dieci corse in quattro mesi.

Quindi il Giro è stato un punto di ripartenza?

Mentalmente serviva ed è servito. Comunque era importante recuperare anche di testa. E per riuscirci sono stati utili anche questi giorni di riposo. Utili anche per la fase dell’altura che sta per iniziare.

Alessandro in fuga nel corso della decima tappa del Giro, quella che ha segnato una piccola svolta nella sua stagione
Alessandro in fuga nel corso della decima tappa del Giro, quella che ha segnato una piccola svolta nella sua stagione
Primavera balorda, ma c’è stato anche qualcosina che ti rimproveri?

Tra Covid, la prima altura subito dopo, l’ammalarmi ancora… tutto è stato fatto sin troppo di corsa, ma è facile dirlo adesso. Sul momento, quando abbiamo preso certe decisioni, ci sembrava giusto così. Sin qui diciamo che sono al 70 per cento. Adesso voglio colmare questa lacuna per arrivare al top e sfruttare le occasioni. E con la Vuelta in programma le opportunità ci sono.

Che poi non sarebbe la prima volta che “sistemi” la stagione alla Vuelta…

No, vero. Come mio solito non sono super all’inizio dell’anno e colgo i miei migliori risultati in questa fase. Fisiologicamente forse sono più portato a venir fuori da adesso in poi. Come detto, adesso l’importante è lavorare per ritornare al top.

Alessandro, c’è una cosa che ci ha colpito e risale al Giro. Un giorno sulle tue pagine social hai scritto: «Oggi ho fatto pace con me stesso»: cosa intendevi?

Quella cosa l’ho scritta dopo la tappa, l’unica, in cui sono stato fuga al Giro. Era la decima frazione credo, in ogni caso quella che passava per Filottrano. L’ho scritta perché era tanto che non mi ritrovavo davanti a fare la gara. E quando hai certe aspettative e certi riferimenti col tuo passato, con la testa “batti sempre lì”. E’ frustrante vedere che non vai, che non rendi come sai fare. Quel giorno anche se non ho vinto mi sono detto: “Se ho una buona giornata riesco ancora ad essere lì. Riesco ancora ad esprimermi”. Purtroppo visti anche i momenti che stiamo vivendo, si fa fatica ad essere perfetti. E’ difficile, ma ci sono anche questi passaggi da superare.

E al futuro De Marchi ci pensa?

Onestamente ho messo tutto in pausa. Mi sto concentrando ad essere al massimo fisicamente per questo finale di stagione e non solo. Ho lasciato da parte i pensieri di post carriera e voglio ritornare ad essere me stesso. Ho troppa voglia di avere ancora le vecchie sensazioni e fare una stagione completa senza fastidi, guai e noie varie. Il futuro adesso è trovare buone sensazioni. E in più devo trovare una squadra o rinnovare il mio contratto. Al “Dema” ritirato c’è ancora tempo per pensare!

De Marchi ha preso parte sia all’italiano su strada che quello a crono (in foto) nel suo Friuli
De Marchi ha preso parte sia all’italiano su strada che quello a crono (in foto) nel suo Friuli
E allora torniamo al presente. Dove andrai a fare l’altura?

Andrò a Livigno. In questo modo riesco ad avere con me anche la famiglia. Vado lì perché così non li porto in cima al niente e anche loro possono divertirsi.

Cosa prevede la tua tabella di allenamento?

Proprio in questi giorni devo fare il punto con Andrea Fusaz (il suo coach, ndr). Devo fare un test per capire dov’è la condizione da cui ripartire. Di certo i primi 4-5 giorni in quota mi serviranno per riprendere il filo con tutto.

Quanto sei stato fermo in tutto? 

Dopo il Giro ho dovuto tirare avanti. La squadra aveva bisogno di fare corse e quindi di uomini. Così ho preso parte al GP Gippingen e al Giro del Belgio, corse che cadevano nel mezzo tra il Giro e il campionato italiano. Per questo ad Alberobello non ero un granché e me ne dispiace. A maggior ragione mi è servita una settimana molto easy.

E cosa hai fatto in questa “settimana easy”? Stacco totale?

Sono uscito due volte, una delle quali con la gravel e poi mi sono fatto una nuotata in piscina.

Vendrame al Giro. Caro Andrea, non dovevi andare al Tour?

13.05.2022
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Il numero undici non doveva appartenere ad Andrea Vendrame. Inizialmente infatti il corridore dell’Ag2r Citroen non doveva fare il Giro d’Italia. E dal non farlo si ritrova anche col numero che di solito è riservato al capitano, quello che finisce con l’uno.

Era dall’inizio dell’anno che l’atleta di Conegliano ci diceva di pensare al Tour de France e che avrebbe voluto molto puntare ad una tappa. Dopo cinque Giri e sulla soglia dei 28 anni è anche giusto volersi mettere in gioco e provare nuove strade.

E allora cosa è successo? Come mai ce lo siamo ritrovati di fronte a Budapest? Vendrame è uno dei talenti del nostro ciclismo, anche se si vede poco. Ha un grande potenziale e ogni anno ne tira fuori un po’ di più. Ricorda molto Colbrelli, nella sua crescita. Magari Sonny si vedeva di più in quanto si buttava nelle volate, ma il veneto davvero può fare grandi cose. Gli serve solo continuità.

Vendrame (classe 1994) è alla sua quinta partecipazione al Giro (foto Instagram)
IVendrame (classe 1994) è alla sua quinta partecipazione al Giro (foto Instagram)
Andrea si parlava del Tour de France e alla fine eccoti qui al Giro: come mai?

Mi mancava l’Italia! A parte gli scherzi, abbiamo cambiato i programmi qualche settimana prima del Giro, appunto. E nulla: rimbocchiamoci le maniche e affrontiamo questo Giro al meglio. A fine corsa tireremo le somme e vedremo cosa c’è stato di buono e cosa di cattivo.

E cosa significa tirare le somme?

Se fare Giro e Tour, Giro e Vuelta oppure solamente il Giro.

Quindi il discorso della Grande Boucle resta in piedi in qualche modo…

Il discorso Tour resta ancora in piedi. Vediamo se uscirò dalla corsa rosa con la condizione dell’anno scorso, una condizione molto buona. Se dovessi ritrovarmi in una situazione simile ci sarà la possibilità di fare il Tour.

Lo scorso anno il trevigiano ha vinto a Bagno di Romagna
Lo scorso anno il trevigiano ha vinto a Bagno di Romagna
Come mai all’ultimo sono cambiati i tuoi piani?

Mah, niente di particolare. Abbiamo fatto delle valutazioni con tutto lo staff, cioè dottori e preparatori, dopo che ai Paesi Baschi le cose non erano andate bene in quanto ero stato male. In quel momento avevamo rifatto un programma. Un programma che teneva in conto Giro e Vuelta. Io però ne ho riparlato con direttori e alla fine tutto è ancora in ballo. Ho detto loro delle mie intenzione riguardo al Tour e mi hanno detto: vediamo…

Ci tieni tanto quest’anno ad andare in Francia?

Eh sì, ci tengo. E’ una cosa particolare secondo me. Una corsa che almeno una volta nella vita un corridore deve fare. Tutti e tre i grandi Giri hanno qualcosa di particolare e parteciparvi almeno una volta nella carriera penso che sia fantastico e doveroso.

Però siamo al Giro e di certo non per andare a spasso…

No, no, mai a spasso. Al Giro ci tengo…

L’anno scorso avevi vinto una tappa con gambe e testa: quest’anno ne hai studiata qualcuna in particolare?

In particolare no. Ho guardato un po’ le tappe in generale e ne ho parlato anche con il mio mental coach. Insieme valutiamo quale sarà la più opportuna. Certamente, soprattutto in queste prime frazioni, dovrò riprendere il ritmo corsa. Dopo i miei problemini di salute prima del Giro ho corso solamente al Gp di Francoforte. Quindi ci vorrà un attimo di tempo.

Villa: dribbling con squadre e strada. Il 2022 sarà un “tetris”

12.04.2022
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Il calendario delle gare su strada è sempre più nel pieno e anche quello della pista ha iniziato a fare capolino. Urge dunque fare il punto con Marco Villa, il cittì padrone di casa del parquet. Dopo la sbornia dello scorso anno tra successi olimpici e iridati e allenamenti di squadra ponderati al millimetro, quest’anno le cose sembrano essere partite in sordina. E un po’ si sapeva.

Il 2022 è anno di grossi cambiamenti, anche tecnici. Cambiamenti che riguardano lo stesso Villa, il quale si ritrova a gestire anche la nazionale femminile.

Marco Villa (classe 1969) quest’anno avrà un bel da fare per avere gli atleti e le atlete a disposizione e in buone condizioni
Marco Villa (classe 1969) quest’anno avrà un bel da fare per avere gli atleti e le atlete a disposizione e in buone condizioni
Marco dopo l’anno olimpico e in attesa dei grandi appuntamenti, sembra una stagione più tranquilla…

Apparentemente sembra così. Tuttavia la prossima settimana a Glasgow inizia la Coppa del mondo. Ci andiamo un po’ guardando la prestazione e un po’ le esigenze di calendario. Non ci sono molti atleti, ma la Coppa bisogna farla se poi si vuol fare anche i mondiali, anche se non è certo questo il modo migliore per prepararla.

Cioè?

Bisogna che gli atleti partecipino, altrimenti per regolamento non possono fare i mondiali. Simone Consonni sta preparando il Giro e Ganna verrà nella settimana successiva alla Roubaix. Viviani, più o meno, la stessa cosa. Immagino che Pippo verrà in Scozia per attaccare il numero alla schiena. La interpreto come un lasciapassare per il mondiale.

E vale anche per le donne?

Vale anche per loro: sì. Loro sono quasi tutte su in Nord Europa per le classiche. Le ho viste poco e quasi sempre singolarmente. Non ne avevo 4 o 5 per provare un quartetto, per dire… Ma questo è stato il primo approccio e okay: avanti così.

Questa situazione riguarda anche le altre nazionali?

Questo non lo so, io guardo alla mia e dopo lo scorso anno credo che siano gli altri che guardano all’Italia. Se do un occhio alle ragazze che stanno correndo, sono le stesse che avrò a Glasgow. E’ un gruppo che conosco poco, ho poche indicazioni e alcune non hanno una grande esperienza.

Ganna e Viviani, andranno a Glasgow dal prossimo 21 aprile, ma l’avvicinamento non sarà dei migliori
Ganna e Viviani, andranno a Glasgow dal prossimo 21 aprile, ma l’avvicinamento non sarà dei migliori
Il lavoro ti si è raddoppiato da quando segui anche le donne?

Non del tutto perché non ho più gli junior che invece segue Salvoldi. E per questa categoria c’è alle spalle un grosso lavoro di scouting, di preparazione. Con Dino ci siamo confrontati e stiamo cercando di dare loro lo stesso metodo di lavoro, così che quando passeranno under 23 abbiano acquisito certi metodi. 

Però hai le donne junior…

Esatto, e faccio lo stesso lavoro, però va detto che loro sono meno in numero rispetto ai maschi della stessa categoria. Pertanto dai: non è del tutto raddoppiato il lavoro!

Secondo te quando potrai avere i tuoi atleti e le tue atlete veramente a disposizione?

Io credo che quest’anno sarà un po’ così. Bisognerà adattarsi. Soprattutto con le donne cercherò di far capire a loro e ai rispettivi team qual è il mio metodo di lavoro, così come ho fatto con gli uomini nel corso degli anni. Non pretendo di averle tutte per 15 giorni consecutivi, voglio e spero di guadagnarmi la fiducia e il rispetto dei loro team manager, dei loro diesse per concertare insieme il lavoro. Mi rendo conto che non sarà facile. Ci saranno Giro, Tour, europei su strada, Giochi del Mediterraneo… tanti impegni. Gli europei su strada sono quasi concomitanti con quelli su pista. Bisognerà trovare il giusto equilibrio.

Chiara Consonni e Vittoria Guazzini (rispettivamente a sinistra e destra della Norsgaard) sono impegnate nelle classiche del Nord
Chiara Consonni e Vittoria Guazzini (rispettivamente a sinistra e destra della Norsgaard) sono impegnate nelle classiche del Nord
Un vero “tetris”… Di fatto ormai con il WorldTour anche il calendario femminile è bello pieno…

Io sono contento per le donne. Sono contento che comincino ad avere un calendario che renda giustizia all’attività. Prima era ridotto e per poche elette. Quello che mi sembra di capire, piuttosto, è che non ci siano ancora abbastanza ragazze da poter fare la doppia (o tripla, ndr) attività. Gli organici sono ancora piccoli e va a finire che le più forti corrono sempre.

Marco, è questo l’anno per curare altri aspetti come magari far crescere dei giovani, sviluppare questo o quel materiale, perfezionare un cambio?

Il lato tecnico lo curiamo sempre. E sempre cerchiamo la perfezione. Sul fatto che i giovani possano crescere lo do per scontato: devono continuare a crescere, anche solo perché più vanno avanti e più maturano fisicamente.

E potrebbe essere anche l’anno buono per fare qualche cambio nel quartetto?

Come vedete sono gli impegni che lo impongono e i cambi li faccio ben volentieri. C’è più spazio per i giovani e per chi ha lavorato dietro le quinte. E poi come ho già dimostrato alle Olimpiadi di fronte alle prestazioni, di fronte al cronometro non discuto: va in squadra chi va più forte… a prescindere dal nome.

La frattura, il recupero, il rientro: i 38 giorni di Baroncini…

01.04.2022
5 min
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Filippo Baroncini è tornato alle corse. Il campione del mondo U23 si era infortunato nella prima tappa dell’Algarve, in Portogallo. Frattura del radio e per questo aveva dovuto interrompere bruscamente la sua prima stagione da pro’.

Dopo 38 giorni però il corridore della Trek-Segafredo ha riattaccato il numero sula schiena al Gp Industria e Commercio. Da quel giorno di metà febbraio in Portogallo la sua non è stata che una rincorsa appunto al ritorno.

«Adesso va bene – racconta Baroncini – tutto sommato sono riuscito a recuperare con tempi ristretti. Il mio primo obiettivo era quello. Il secondo era rientrare alle gare: entrambi li abbiamo centrati».

Prima tappa della Volta Algarve, dopo qualche ora Filippo si romperà il radio
Prima tappa della Volta Algarve, dopo qualche ora Filippo si romperà il radio

Vietato perdere tempo

«Dopo la caduta – dice il corridore di Massa Lombarda – ho aspettato una settimana prima di operarmi. Una settimana in cui sono stato totalmente fermo. Con la squadra volevamo trovare un centro specializzato che facesse le cose fatte bene e mi consentisse di ridurre i tempi di recupero. E infatti tre giorni dopo l’operazione ero sui rulli.

«Al Policlinico di Modena mi hanno messo una placca e otto viti. Sentivo giusto un po’ di fastidio nei primi due giorni successivi, ma poi il braccio si è sgonfiato e tutto è andato meglio. Io nel frattempo ho cercato di muovere il braccio il più possibile per non perdere il tono muscolare e l’abitudine al movimento».

Tutto è stato studiato nel dettaglio. Filippo di fatto aveva il braccio libero. Solo per i primi giorni ha utilizzato un tutore su misura, giusto per prevenire un eventuale colpo.

Con ancora indosso la divisa della squadra, Baroncini è al pronto soccorso a Portimao (foto Instagram)
Con ancora indosso la divisa della squadra, Baroncini è al pronto soccorso a Portimao (foto Instagram)

Nervi d’acciaio

Ma in questi casi conta molto anche la testa. E se il rientro dell’iridato U23 di Leuven è avvenuto in breve tempo è anche perché si è campioni non solo in sella.

«La prima cosa che ho pensato è che questa stagione era la fotocopia dell’anno scorso. Nel 2021 mi ruppi la clavicola, ma poi andò tutto liscio. Speriamo che almeno sia uguale!

«Lo scorso anno andai a visionare la tappa di San Marino della Coppi e Bartali e dopo quattro giorni mi ruppi appunto la clavicola. Quest’anno con Popovych ero andato a fare il sopralluogo della Strade Bianche e dopo quattro giorni è toccato al braccio».

«In realtà un po’ mi dispiaceva vedere gli altri correre e crescere, mentre io ero fermo. Mi sembrava di perdere tempo. Pensavo al quantitativo di gare che stavo perdendo, al fatto che non sarei potuto andare in Belgio. Avrei dovuto farle tutte, Giro delle Fiandre incluso. Per adesso sono ancora riserva alla Roubaix».

A Larciano Baroncini ha chiuso al 38° posto, a 10’03” da Ulissi
A Larciano Baroncini ha chiuso al 38° posto, a 10’03” da Ulissi

Rulli e ventilatore

Il pallino della condizione era la cosa che più preoccupava Baroncini. In fin dei conti aveva lavorato molto durante l’inverno, c’era attesa ed entusiasmo per il debutto tra i pro’ e soprattutto le sensazioni delle prime gare non erano state male.

«Tre giorni dopo l’operazione – racconta Filippo – ho ripreso a pedalare. All’inizio, per tre giorni, ho fatto i rulli, poi sono uscito su strada. I rulli li facevo due volte al giorno, un’oretta a sessione. Non facevo molto anche perché con la placca, soprattutto i primi giorni, dovevo evitare di sudare per i punti. Così li facevo alla giusta intensità e col ventilatore puntato sul braccio.

«Al quarto giorno sono uscito in bici e da lì ho fatto tanto fondo: ore e chilometri quasi senza specifici. Anche per questo alla fine non ho perso il fondo, ma “solo” il ritmo gara. Semmai ne ho approfittato per perdere un po’ di peso».

E questa cosa un po’ ci stupisce. Ma come? Stando fermo non dovrebbe essere il contrario? «Ho cercato di togliere quel chilo e mezzo di troppo che avevo. Ho limato i carboidrati e poi ero nervoso e avevo lo stomaco chiuso».

L’ultima volta che Baroncini ha corso in Belgio è finita così…
L’ultima volta che Baroncini ha corso in Belgio è finita così…

Da Larciano al Brabante

E quindi la storia si chiude col rientro di domenica scorsa a Larciano. Un rientro che Baroncini tutto sommato giudica in modo positivo.

«Le sensazioni – racconta Filippo – sono state buone. Non ho avuto fastidi al braccio e questa era la cosa più importante. Fino agli ultimi due giri ho retto bene, poi quando hanno aperto il gas per davvero mi sono staccato, ma me lo aspettavo. Alla fine avevo iniziato a fare l’intensità solo una settimana e mezza prima della gara. Quattro volte dietro motore. Se avessi iniziato prima magari li avrei anche tenuti.

«Comunque la gara l’ho finita. Una volta staccato, mi sono messo nel gruppetto e ho accumulato altro lavoro. E infatti già questa settimana sto meglio».

Il programma di Baroncini passa per il Circuit de la Sarthe, una quattro giorni in Francia, e per alcune corse in Belgio, come la Freccia del Brabante. Tornare lassù dopo l’ultima volta iridata, deve fare un certo effetto.

«Finalmente si ricomincia. Non vedo l’ora. Mi piacerebbe essere competitivo lassù, ma non so se sarà possibile. Vediamo cosa diranno queste corse in Francia».

Pesenti perde chili, ma non watt. E mette il naso tra i grandi

30.03.2022
4 min
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Quando un ragazzo, giovane, perché un classe 1999 per noi è ancora giovane, si fa vedere è sempre un piacere. E Thomas Pesenti, del Team Beltrami TSA – Tre Colli ha iniziato col piede giusto la sua stagione.

Il corridore di Fontanellato, nel parmense, ha ottenuto un buon quinto posto alla Per sempre Alfredo e domenica scorsa al Gp Industria e Commercio di Larciano era a lottare con Nibali, Ulissi e Hirschi. E al Trofeo Laigueglia, gara di apertura, è stato 23° ma con un parterre pieno zeppo di WorldTour, non a caso lui e Filippo Zana (21°) sono stati i primi non appartenenti alle squadre di prima fascia.

Thomas Pesenti (classe 1999) è alla quarta stagione con la Beltrami TSA – Tre Colli
Thomas Pesenti (classe 1999) è alla quarta stagione con la Beltrami TSA – Tre Colli
Thomas, ti aspettavi di andare così bene?

Pensavo di fare bene, ma non così tanto e sono un po’ sorpreso da queste prestazioni. Mi ha sorpreso tenere il ritmo soprattutto in salita nelle tappe della Coppi e Bartali.

E come mai questo exploit? Hai cambiato qualcosa nella preparazione?

Sicuramente abbiamo fatto più fondo: più distanza e più lavori specifici, ma soprattutto ho cambiato alimentazione. Sono dimagrito 5-6 chili, senza perdere potenza, stessi watt, e per questo ho tutt’altro ritmo in salita.

Caspita, 5-6 chili sono una bella trasformazione: come mai allora prima ne avevi addosso così tanti?

Non ci stavo attentissimo. Mangiavo qualche dolce di troppo e molti carboidrati. Quest’anno invece ci siamo messi giù con la semplice plicometria, la mia idea era di perdere un paio di chili, ma sono sceso di più.

Lo hai fatto con l’aiuto di un nutrizionista?

No, con i consigli del medico della squadra. Alla fine non era una dieta vera e propria. Ho ridotto la pasta e i dolci nell’arco della settimana. Alle corse chiaramente li mangio.

Thomas alla prima gara. Era un G1, aveva 6 anni
Thomas alla prima gara. Era un G1, aveva 6 anni
Che corridore è Thomas Pesenti?

Un passista scalatore. Mi piacciono i percorsi mossi, anche con delle salite, ma non quelle troppo lunghe. Fino ad una durata di 10′-15′ tengo bene, sopra faccio fatica. E me la cavo in volata nei gruppetti di 15-20 corridori.

Piccolo passo indietro: prima hai parlato di più chilometri, più lavori specifici… alla fine quindi è proprio aumentato il volume di lavoro.

Sì esatto. Abbiamo fatto ben tre ritiri con la squadra. Abbiamo costruito davvero una grande base, facendo molti chilometri e poi abbiamo aggiunto la qualità.

E gli specifici?

I soliti. Lavori di forza, soglia… ma anche di ritmo. Abbiamo fatto lavori dietro macchina, doppia fila, ciò che simula la gara insomma. E infatti siamo arrivati in buone condizioni alle prime gare.

Come sei arrivato al ciclismo?

Da bambino. Il mio vicino di casa, Bruno Rastelli, aveva la squadra del paese, la AC Eiffel. Io ero sempre in bici a girare per i fatti miei. Lui mi fece provare e non ho più smesso.

Alla Coppi e Bartali si è ben comportato, sesto in una tappa e 23° nella generale, tra i primi tra le continental
Alla Coppi e Bartali si è ben comportato, sesto in una tappa e 23° nella generale, tra i primi tra le continental
E cosa ricordi della prima gara?

Che sono caduto alla prima curva! Però, come tutti mi sono rialzato subito e l’ho finita.

Cosa ti aspetti da questa stagione?

Di continuare a fare bene, di mettermi in mostra e, se possibile, anche di vincere.

Sei elite di primo anno, siamo nell’era in cui gli juniores passano pro’: ci si sente vecchi a 23 anni?

Ciclisticamente parlando potrei esserlo, ma io non mi ci sento, non è facile da spiegare, ma questo è il mio parere. Non credo che un corridore a 22-23 anni sia vecchio.

Hai già una bozza di calendario?

Domenica correremo alla Coppa Caduti di Reda, mentre dal 17 al 23 aprile saremo alla Belgrado Banjaluka. Poi vediamo. D’estate faremo dell’altura, se non altro per evitare un po’ di caldo che c’è qui in pianura.

Nibali dribbla acciacchi e sfortune e punta il Giro d’Italia

21.03.2022
6 min
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«Visto che Mohoric ha vinto col reggisella telescopico? Anche noi lo provammo ai tempi con Fsa, ma pesava tantissimo. Oggi con 300 grammi te la cavi e puoi anche pensare di montarlo». Parte in tromba Vincenzo Nibali. Lo Squalo è guidato dalla passione, specie quando si parla di tecnica, e commenta con noi la Sanremo.

Lo avevamo raggiunto quando la Classicissima era finita da poche ore e lui stesso se l’era gustata in tv. Non aveva perso un metro. E magari il corridore dell’Astana Qazaqstan avrà ripensato a quando fu lui ad alzare le braccia in Via Roma, con un’azione altrettanto spettacolare a quella di Mohoric.

Vincenzo come va con i tuoi problemi di salute? Prima il Covid, poi l’influenza…

Diciamo che sono alle spalle. Oggi (sabato scorso, ndr) ho fatto l’ennesima visita alle tonsille: ce n’è una che è ancora gonfia e credo che me la dovrò tenere così. Se mi opero perdo due mesi, tantissimo. Cercherò di starci attento, di tenerla a bada in qualche modo e di non ammalarmi. E’ come avere una cicatrice che dà fastidio.

E in merito alla condizione, dove pensi di essere?

Sinceramente non lo so bene. Ho fatto solo la Milano-Torino e le sensazioni neanche erano male, però il ritmo gara non c’è e quello lo fai o con tanto dietro motore o gareggiando. Adesso si andrà avanti per piccoli passi. Vediamo un po’ come andrò da questa gara, la Coppi e Bartali (22-26 marzo), in poi.

Come si può fare per recuperare?

Facendo un’attenta selezione di gare. L’obiettivo è crescere gradualmente. Farò la Coppi e Bartali e poi andrò in altura sul Teide con il gruppo del Giro.

Però perché fare l’altura? Non sei un più un ragazzino, hai pochi giorni di corsa nelle gambe: non sarebbe meglio correre di più?

Fare l’altura è la base per i grandi Giri. Non si può fare una grande corsa a tappe senza passare dall’altura.

Ma magari cambiare approccio alla preparazione è anche una questione di stimoli…

Negli ultimi 15 anni ogni campione, e non solo, è arrivato ad un grande Giro dall’altura. Non si tratta solo di allenarsi. L’altura è tutto: è fare la vita da corridore al massimo, è concentrarsi, è non avere distrazioni e chiaramente è anche allenarsi bene. In gara fai l’alta intensità, curi la parte anaerobica, ma per un grande Giro serve soprattutto una grande base aerobica, servono i grandi volumi di allenamento.

Per lo Squalo solo 6 giorni di corsa sin qui. La Valenciana ad inizio febbraio (in foto) e la Milano-Torino pochi giorni fa
Per lo Squalo solo 6 giorni di corsa sin qui. La Valenciana ad inizio febbraio (in foto) e la Milano-Torino pochi giorni fa
Sono tanti anni che sei un pro’, hai anche vinto tantissimo, che emozioni si provano nell’arrivare ad un grande Giro?

Emozioni: è un qualcosa di collaudato ormai, non c’è un’emozione particolare. Quando ti avvicini al momento del via cerchi sempre di capire come stai, hai le tue paure, le tue preoccupazioni.

Preoccupazioni…

Eh sì. Anche quando stai bene e senti di avere una buona condizione ti poni delle domande. Sarò davvero pronto? E’ tutto apposto? Poi il più delle volte questi dubbi spariscono in gara… Almeno quando riesci a fare ciò che vuoi. Discorso diverso se invece manca qualcosa per davvero. In quel caso lo puoi raggiungere in corsa, tappa dopo tappa, ma ci sta anche che non lo raggiungi proprio il tuo top di forma.

E sono problemi…

Eh – sospira Nibali – la prendi così com’è. C’è poco da fare, se non dare il massimo.

E sapendo anche che coi ragazzini terribili di oggi è sempre più difficile…

Quello che sono riuscito a fare non è poco e per quello che posso ancora fare cerco di dare il meglio di me stesso. I giovani oggi arrivano già pronti, si adattano subito. Non penso però che abbiano ancora chissà quali margini di crescita perché sono già a livelli altissimi. I margini semmai ce li ha qualcuno che è, come dire, un po’ naif nell’allenarsi e va forte di suo e con un certo lavoro può migliorare ancora.

Come trovi gli stimoli sapendo che il pubblico ti aspetta?

Uno trova soddisfazione in tante altre cose. Per tutta la scorsa settimana, pensando alla Sanremo, si è parlato solo di due corridori, Van Aert e Pogacar, mentre il primo, il secondo e il terzo sono stati altri, corridori. Questo per dire che gli altri non sono fermi. Sono in tanti ad andare forte. Quindi non è facile, ma si cerca di dare il massimo.

Dopo la Coppi e Bartali e l’altura Nibali dovrebbe prendere parte o al Giro di Sicilia o al Tour of the Alps
Dopo la Coppi e Bartali e l’altura Nibali dovrebbe prendere parte o al Giro di Sicilia o al Tour of the Alps
Come ci arriviamo allora a questo Giro d’Italia?

Ad arrivarci! Con tutti questi malanni e il Covid sono tre stagioni ormai che devi sempre riprogrammare tutto. Non è facile. Tu magari attraversi un buon periodo, sei in un momento buono, poi arriva il Covid e butti al vento mesi e mesi di preparazione. Quando sei giovane tutto questo non ti pesa, ma per chi è a fine carriera…

Però sei Nibali, sai come si può fare…

Esperienza per fare le cose fatte bene c’è. Però se anche tutto fila liscio e poi c’è un intoppo questo ti frena. Da oltre dieci anni sono abituato a programmare tutto: gara, recupero, altura, alimentazione… e finché va così, tutto va bene, ma se sballa qualcosa poi inseguire è un bel “casino”. Riallacciandosi al discorso dei giovani: a loro basta una settimana di allenamento fatta bene e tre gare e vanno in condizione, poi magari non dura molto, ma ci vanno. Più vai su con l’età e più ti serve tempo per allenarti e più gare da fare per raggiungere lo stesso livello.

Un corridore che ha vinto i grandi Giri, anche se magari non ci punta più, un occhio alla classifica lo dà sempre. Hai guardato il parterre del Giro, gli avversari più pericolosi?

Più che un’occhio, gli ho dato un orecchio, quello sì! Ho ascoltato qualche rumors, ho visto qualche ordine d’arrivo… Sì, qualche pensiero ce lo puoi avere, ma poi quando sei in gara cambia tutto. Sei attento a vedere cosa succede e cosa non succede. E cerchi di capire realmente come stai.

Che gare farai adesso?

Come detto Coppi e Bartali, altura e poi o Giro di Sicilia (12-15 aprile, ndr) o Tour of the Alps (18-22 aprile, ndr). E’ da vedere. Poco fa, ero giusto al telefono con Martinelli per capire un po’ come stessero le cose, perché ci sono tanti corridori malati nei team e non è facile fare le squadre.

Quando ti rivediamo alzare le braccia al cielo? Nibali se può un colpetto lo dà…

Ah, se la sfortuna mi lascia in pace più che volentieri. Negli ultimi tre anni – fa una breve pausa e sbuffa Vincenzo – è andato un po’ di tutto di traverso. Uno cerca anche di essere propositivo, ma poi arriva la legnata che ti mette ko. Speriamo che siano finite queste legnate.

Faticacce, qualche legnata e passi avanti per Zoccarato

17.03.2022
5 min
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«Eh, che dire? Ho passato una giornata a prendere legnate sui denti!», sintetizza scherzando Samuele Zoccarato del suo debutto stagionale in Belgio. 

Il classe 1998 della Bardiani Csf Faizanè, ieri alla Nokere Koerse, è stato spedito lassù per farsi le ossa e magari per provare ad ottenere qualcosina, visto che numeri fra test e allenamenti, dicono che è uno dei migliori ragazzi di Roberto Reverberi.

Nelle corse della prima parte della stagione in Belgio c’è molto nervosismo, ma anche un’atmosfera unica per pubblico e… corridori
Nelle corse della prima parte della stagione in Belgio c’è molto nervosismo, ma anche un’atmosfera unica
Samuele, facciamo un po’ il punto di questo inizio di stagione. Partiamo da ieri…

E’ stata una lotta continua, per le posizioni, per le fughe… per tutto. Sono stato quattro ore a cercare di infilarmi in ogni buco, a portarmi avanti. Poi il percorso era anche nervoso e non si andava piano. Ho avuto qualche problema con il pavè. L’ho sofferto molto e non capisco il perché.

Eppure non sei un mingherlino… Che abbiate sbagliato qualcosina in termini di pressione delle gomme?

E infatti ieri sera proprio di questo stavamo parlando con i meccanici. Ogni volta che entravo nei settori di pavè non riuscivo a controllare bene la bici e mi ritrovavo poi dietro. Ad una settantina di chilometri dall’arrivo ero riuscito a prendere una fuga. Siamo entrati in un tratto di pavè e mi hanno malamente tolto di ruota. Da oggi infatti cambiamo qualcosa sulle scelte tecniche.

Cosa?

Gomme più larghe. Qui stiamo usando dei tubolari da 28 millimetri.

Tubolari, non tubeless?

In teoria il tubeless dovrebbe essere meglio, specie su tracciati del genere. E’ più confortevole e più scorrevole, però molto dipende anche dal corridore. Per esempio, Marcato mi diceva che Trentin preferisce il tubolare, nonostante abbia a disposizione anche i tubeless.

Come sta andando questa tua prima parte di stagione?

Ho quasi finito il primo blocco di gare, anche se poi in realtà me ne restano molte. E’ metà marzo e ho già 25 giorni di corsa nelle gambe, senza contare il ciclocross. Sono contento perché la preparazione invernale è stata buona: tra il cross, la palestra e le uscite in bici ho sentito davvero una gamba pronta e la condizione resta stabile. Adesso però inizio a sentire che mi manca un po’ la palestra. Per chiari motivi logistici non sono più riuscito a farla.

Zoccarato San Fior 2021
Per farsi trovare pronto, questo inverno Zoccarato ha provato anche il ciclocross (foto Billiani)
Zoccarato San Fior 2021
Per farsi trovare pronto, questo inverno Zoccarato ha provato anche il ciclocross (foto Billiani)
E come farai? Pensi ai dei richiami?

Non è facile perché correrò moltissimo tra Belgio, Olanda e Francia: tante gare che mi porteranno quasi fino al Giro d’Italia. Tra Denain, De Panne, Schleprijse, Gent-Wevelgem, Brabante, Amstel… Sono davvero tante e finirò a metà aprile.

Però sei nel cuore del ciclismo, all’università… Ne uscirai più forte. Scusaci l’interruzione: torniamo alla palestra…

Proverò a fare degli esercizi a corpo libero nelle varie stanze degli hotel in cui andrò. Poi molto dipende da cosa si vuol fare. E’ chiaro che se si carica molto diventa complicato, perché non puoi farli prima della gara, né il giorno dopo: non è ideale per il recupero. Ma se si fa poco va bene anche il giorno prima della corsa. Magari stimoli dei muscoli che altrimenti non useresti, una sorta di attivazione muscolare.

Samuele, hai elencato tante gare importanti, dalle voci che ci giungono sei uno dei più forti della Bardiani Csf Faizanè: senti questa fiducia da parte del team?

Assolutamente sì. Vedo che ci tengono molto a me. Mi aiutano a risolvere i piccoli problemi che si creano. E rispetto all’anno scorso mi tutelano di più. 

Cioè?

Per esempio, l’anno scorso mi dicevano di andare in fuga, sempre, subito. Quest’anno mi dicono magari di anticipare nel finale, quindi per gran parte della corsa non spreco energie. Serve per provare a cercare qualche risultato e per me è importante, sin da piccolo non ho mai avuto la possibilità di fare risultato. Bisogna anche imparare a vincere o quantomeno a provarci.

Vero, è un feeling anche quello. Cancellara diceva che prima di vincere le corse grandi bisogna imparare a vincere quelle piccole…

Al UAE Tour, Bruno (Reverberi, ndr) mi ha detto di non andare in fuga, di provare a fare classifica. E così ho potuto correre in tutt’altro modo.

Zoccarato al debutto nelle classiche del Belgio di primavera. Eccolo nella Nokere Koerse (foto Instagram @moreljens)
Zoccarato al debutto nelle classiche del Belgio di primavera. Eccolo nella Nokere Koerse (foto Instagram @moreljens)
E come è andata? 

Beh, un po’ di pressione ce l’avevo, l’ho sentita, ma credo anche di averla gestita bene. Sapevo di avere dei limiti ed ero consapevole di come andavano gli altri. Se vedevo che imboccavamo una salita ed ero già fuori di 50 watt, sapevo che non sarei arrivato su con loro. Quindi “mollavo” prima. Cercavo di prendere il mio passo. Andavo regolare anziché scoppiare a metà scalata.

Come per le gare in Belgio, queste esperienze fanno crescere, mentalmente e anche fisicamente: spingi un po’ più in là il tuo motore…

Al UAE Tour c’erano due salite grandi. Una, la prima, più pedalabile di 20 chilometri e un’altra un po’ più dura di 10. Nella prima, mi sono staccato dal gruppetto dei migliori ai 3 chilometri dall’arrivo. Eravamo rimasti in una ventina di corridori. Sono stato contento, ma certo quando aprono davvero il gas non ce n’è per nessuno. Nella seconda invece mi sono staccato quasi subito (foto in apertura, ndr) e l’ho fatta tutta in rimonta. E per assurdo è andata meglio della prima come distacco. Ne ho visti tanti scoppiati per strada…

Abbiamo accennato al Giro: pensi di andarci?

Ufficialmente non sappiamo ancora nulla, ma sento la fiducia e credo di meritarmelo.

Una caduta, 30 watt in meno e tutto si complica. Ma Sobrero c’è

16.03.2022
4 min
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Alla Tirreno-Adriatico doveva fare classifica. Sarebbe stata la sua prima volta… invece le cose non sono andate proprio così per Matteo Sobrero. Il corridore del Team BikeExchange – Jayco come moltissimi altri suoi colleghi è stato rallentato da qualche noia fisica.

Un infortunio al gomito, cadendo nella seconda tappa alla Ruta del Sol, lo ha costretto a rincorrere. Interrompere la crescita della preparazione nel momento clou incide moltissimo, oltre che è davvero fastidioso poiché è come non mettere la ciliegina sulla torta dopo che si è lavorato per un intero inverno. E anzi nella stessa torta si apre qualche crepa.

Sobrero (classe 1997) è al primo anno con la Bike Exchange – Jayco
Sobrero (classe 1997) è al primo anno con la Bike Exchange – Jayco

Poche gare

Il piemontese però non si è perso d’animo e alla fine ne esce tutto sommato bene.

«Ammetto – ci ha detto Sobrero qualche giorno fa – che sono un po’ stanco. Questa Tirreno è stata impegnativa. Molto esplosiva, dal mio punto di vista. Almeno per quel poco che ho visto là davanti. E infatti ho pagato il non aver corso prima. Mi è mancato un po’ il cambio di ritmo».

«Peccato, perché arrivavo dall’altura in Sierra Nevada ed era un passaggio mirato per la preparazione per la Tirreno. E invece poi è stato un rincorrere per cercare di correre».

«Con la squadra – riprende Sobrero – avevamo deciso di provare a fare classifica, cosa che non avevo mai fatto prima in una corsa del genere. Nella crono mi sono difeso bene, per essere totalmente in pianura, poi come ho detto mi sono mancati i chilometri di gara nelle gambe».

La crono di Camaiore non era certo adatta alle caratteristiche di Sobrero. Per il piemontese un buon 10° posto
La crono di Camaiore non era certo adatta alle caratteristiche di Sobrero. Per il piemontese un buon 10° posto

Questione di watt

Resta così l’incognita di come sarebbe potuta andare la sua corsa se le cose fossero andate secondo programma. In fin dei conti Matteo è andato in crescendo, ha un grande potenziale e Giuseppe Martinelli, che di giovani se ne intende, rimase molto male della sua partenza dall’Astana Qazaqstan.

«E’ difficile dire come sarebbe andata – commenta Sobrero – Anche sul Carpegna alla fine sono emersi dei grandi nomi e gli stessi hanno perso parecchio terreno e incassato parecchi minuti. Diciamo che già una top venti poteva avere un senso… per il futuro».

Corridori e tecnici cercano sempre d’interpolare i loro valori con quelli degli avversari. Cercano di capire a che punto sono. Chissà quindi se il miglior Sobrero sul Carpegna poteva essere vicino non a Pogacar che è inarrivabile ma ad un Landa.

«Non è mai facile fare certi paragoni, ma credo che rispetto alle mie migliori giornate mi mancassero una trentina di watt… se vogliamo metterla sul punto di vista dei watt. Ma a quei ritmi lì non so sinceramente se sarebbero bastati. Non ho mai provato nella mia miglior giornata a stare con i migliori».

«Però – rilancia non senza un pizzico di soddisfazione – l’anno scorso allo Slovenia ho provato a seguire Pogacar, ci sono riuscito, e ho raggiunto determinati watt che non avevo mai toccato. Quindi chissà: magari in una giornata migliore potevo essere competitivo. Sicuramente non al livello di Pogacar!».

Sobrero fa parte del “gruppo Giro” che lavorerà per Simon Yates (alla sua ruota)
Sobrero fa parte del “gruppo Giro” che lavorerà per Simon Yates (alla sua ruota)

Verso il Giro

Oggi 30 watt sono tanti. Ma poi in soldoni, all’atto pratico cosa significano? Quanto incidono? Cosa cambia per il corridore? Senza contare che in qualche modo s’insinuano come tarli nella testa. Magari non è il caso di Sobrero, che sapeva perché mancava all’appello quel “pugno” di forza.

«Trenta watt si sentono. E tanto. Giusto negli scorsi giorni parlavamo con corridori più esperti e loro dicevano che una volta la Tirreno era una corsa di preparazione per la Sanremo… e non solo. Adesso, invece, se non si è al 100% ma anche già solo al 99%. sono dolori! Se poi vuoi essere competitivo o fare classifica è difficilissimo. Ma si andava fortissimi anche alla Valenciana, quindi bastano anche 10 watt in meno e sei fuori da giochi».

Watt o meno, la stagione di Matteo va avanti e va avanti con ottimismo. Lui è giovane e le gare da fare sono tantissime. 

«Adesso tornerò qualche giorno a casa e poi rientrerò per la Per Sempre Alfredo, quindi la Coppi e Bartali. Farò di nuovo un periodo di altura insieme a Simon Yates e al gruppo del Giro d’Italia e quindi il Giro della Asturie».

Come detto, la stagione è lunga!

Aleotti sorride: «Sensazioni buone e con Gaspa in ammiraglia…»

04.03.2022
4 min
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Giovanni Aleotti è già in altura. Sembra assurdo, ma ad inizio marzo ha terminato già il primo blocco di gare. «Sono al caldo sole di Sierra Nevada. Anche se siamo a 2.500 metri qui la temperatura di giorno è sui 10 gradi e in basso dove ci alleniamo si arriva anche a 20 gradi», dice il portacolori della Bora-Hansgrohe.

L’emiliano ha iniziato bene la seconda stagione da professionista. Ha corso in Spagna, prima, e in Francia, poi. Gare in cui si è messo a disposizione del team e soprattutto ha cercato di trovare la condizione.

Aleotti (classe 1999) ha un contratto con la Bora Hansgrohe fino a tutto il 2023
Aleotti (classe 1999) ha un contratto con la Bora Hansgrohe fino a tutto il 2023
Giovanni, seconda stagione da pro’: come sono le sensazioni?

Ho iniziato un pelo in ritardo rispetto a quanto previsto a causa del Covid. Purtroppo l’ho preso nel momento sbagliato.

Cioè?

Al termine del ritiro. Mi stavo allenando bene, mancavano le corse per concludere la prima parte di preparazione e invece nulla da fare. Uno stop in piena corsa. E infatti sono arrivato alle gare con zero corse nelle gambe, mentre gli altri già ne avevano qualcuna. Pertanto non sono ancora nella condizione migliore. La prima cosa è stata ritrovare la pedalata giusta.

E quando vorrai essere in forma?

L’obiettivo è di arrivare nella migliore condizione in primavera, per le classiche delle Ardenne e per il Giro d’Italia e infatti prima di questi appuntamenti farò un altro ritiro in altura. Questo attuale durerà quindici giorni, poi scenderò per la Milano-Torino, la Sanremo, la Coppi e Bartali e appunto tornerò quassù per un’altra decina di giorni.

Hai detto che avresti dovuto iniziare prima: dove?

Nelle corse majorchine, ma con il Covid non ho potuto chiaramente. Sono rimasto a Majorca una settimana in più. Da solo in albergo. Fermo. Abbiamo un protocollo da rispettare. Ho ripreso ad allenarmi appena ho ottenuto l’idoneità (il Return to Play, ndr).

Aleotti nel 2021 ha vinto una tappa e la classifica generale del Sibiu Cycling Tour. Eccolo sul podio tra Aru e Schlegel
Aleotti nel 2021 ha vinto una tappa e la classifica generale del Sibiu Cycling Tour. Eccolo sul podio tra Aru e Schlegel
Durante l’arco dell’inverno hai ritoccato un po’ la preparazione rispetto agli altri anni?

No, più o meno è sempre la stessa. Semmai è cambiata la location del ritiro: l’anno scorso sul Lago di Garda, quest’anno a Majorca.

Eppure tanti tuoi colleghi ci hanno detto di aver implementato la parte a secco, la palestra…

Anche io l’ho fatta, ma non di più. E per dirla tutta non mi piace moltissimo e non ne ho incrementato il carico di lavoro. Anche perché a dicembre sei già in ritiro, tra Gran Canaria e quello con il team, e tutto questo tempo poi non c’è.

E sul fronte dei chilometri?

Abbiamo lavorato molto sulla base aerobica. A gennaio ho inserito i primi lavori specifici, ma come ho accennato, al momento di fare il salto di qualità ho preso il Covid che mi ha fermato.

Ma il feeling con il gruppo, con il ritmo dei pro’ è migliorato?

Sì, decisamente meglio! Alla Ruta del Sol io ero alla prima corsa (in realtà aveva esordito alla Paraiso Interior, gara singola, senza però concluderla, ndr) e gli altri avevano più ritmo. Però la cosa buona è che pur soffrendo un po’ mi sono sentito in ripresa. Ogni giorno andavo meglio. E questo mi ha reso ottimista.

Giovanni alla Ruta del Sol ha faticato un bel po’ e ha anche lavorato per la squadra
Giovanni alla Ruta del Sol ha faticato un bel po’ e ha anche lavorato per la squadra
Bora-Hansgrohe un po’ italiana con Enrico Gasparotto in ammiraglia…

Ero con lui alla Ruta del Sol e poi io sono nel suo gruppo di corridori. Ho conosciuto “Gaspa” questo inverno e devo dire che mi trovo davvero bene con lui. La sua esperienza con i ragazzi giovani è un bagaglio importante. Ha l’occhio fresco del corridore.

Parlate la stessa lingua insomma…

Esatto! E’ più vicino a noi corridori in tante cose. Ha corso fino a due anni e fa. L’anno scorso, poi, era ancora in gruppo come regolatore in moto e questo gli ha consentito di vedere ancora altre cose. I consigli che ci dà sono quelli che avrebbe dato due anni fa da corridore.

Giovanni, hai parlato di Ardenne e di Giro: come ci andiamo? Che velleità personali potrai avere?

Al Giro presentiamo un team molto forte con tre capitani: Hindley, Buchmann e Kelderman. Io sarò a loro disposizione e se dovesse esserci l’occasione in qualche tappa di avere più spazio cercherò di coglierla. Poi vi dico: in generale sono molto contento del programma che hanno previsto per me. La prima Sanremo, le prime Ardenne… E poi con Gaspa in ammiraglia che ha vinto due Amstel sarà figo andare a correre lassù! Aggiungerò un bel tassello di esperienza.