Olimpiadi, Milan, Het Nieuwsblad. I pensieri di Pasqualon

24.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Andrea Pasqualon scherza sull’eta che avanza. «Quattordici stagioni da pro’: ormai tutti mi dicono che sono vecchio! Forse anche per questo mi piace il sole della Spagna». Il bordo piscina dell’Hotel Cap Negret, dove è in ritiro la Bahrain-Victorious, è un invito al relax, alla siesta.

In effetti il tepore è gradevole. Parlare di ciclismo con i campioni è un piacere. E probabilmente lo è anche per loro. Allenamenti non troppo tirati, gare lontane, clima easy… gli ingredienti per raccontare e farsi raccontare ci sono tutti.

Pasqualon (classe 1988) scherza con Mohoric durante il ritiro ad Altea
Pasqualon (classe 1988) scherza con Mohoric durante il ritiro ad Altea
Ma quindi sei vecchio?

Gli anni passano però, e dico la verità, mi sento più tranquillo ora che in passato. Forse perché sono talmente abituato a questa vita che la pressione non la sento più e questa credo sia una grande cosa. Partire senza pressioni appunto, senza assilli o senza dover dimostrare nulla ritengo sia un bel vantaggio, qualcosa che possa fare la differenza.

Anche se sei arrivato solo lo scorso anno, sei un riferimento per la squadra. Prendiamo, per esempio, il traguardo volante del Polonia, che ha consentito a Mohoric di portarsi a casa la corsa. Sappiamo che hai gestito te quel treno e tutta la situazione…

Eh, me lo ricordo anche io! Ho saltato un mondiale per quella volata, pensate un po’. Forse Bennati è ancora un po’ arrabbiato con me per la decisione di restare al Polonia. Però alla fine quando si fa parte di un team e si decide che la priorità deve essere quella, è giusto aver fatto una scelta del genere. E di conseguenza io ho accettato quella di Bennati di mettermi riserva. Certo, ho un po’ di rammarico, perché il mondiale mi sarebbe piaciuto correrlo, ma è andata così. Benna voleva che arrivassi al mondiale fresco come una rosa per dare il massimo e, giustamente, anche lui avrà pensato che facendo tutto il Polonia fossi spremuto. Giusto così dunque: sia da una parte che dall’altra.

Traguardo volante del Polonia: Pasqualon tira lo sprint a Mohoric che, battendo Almeida, si assicura la generale
Traguardo volante del Polonia: Pasqualon tira lo sprint a Mohoric che, battendo Almeida, si assicura la generale
Hai toccato il tasto della nazionale. Il percorso olimpico è buono per te, ci pensi?

E parecchio. Vi dico la verità: l’ho guardato più volte, anche se solo su Veloviewer per ora. Ho osservato questi strappi sparsi qua e là. E’ un percorso bello, per corridori da classiche. Ma per esserci bisogna dimostrare di andar forte. Io penso che un corridore come me, se riesce a fare una primavera fatta bene con Fiandre, Roubaix, Sanremo può sognare di partecipare alle prossime Olimpiadi. E’ una corsa per corridori come Ganna. Pippo dovrà essere il punto di riferimento. Bisognerà costruire una squadra, che poi squadra non è perché ci saranno solo tre uomini, ma dovranno essere tre ragazzi uniti e tutti molto forti.

Tre leader?

No, tre corridori uniti al massimo per una persona sola. E’ inutile portare tre leader, bisogna avere un leader e due uomini che sanno veramente sacrificarsi al massimo per portare a casa il massimo risultato possibile.

Avevi un ruolo particolare, quello di guidare Milan nella volate. Ora Jonathan se ne è andato. Avrai più spazio?

E chi lo sa! Mi è dispiaciuto che Jonny sia andato via, perché avevo lavorato molto con lui e sono sicuro che insieme avremo ancora costruito qualcosa di importante. Ma questa è stata la sua scelta e non ci possiamo fare nulla. Vedremo se avrò più spazio, probabilmente sì. Però il mio compito è proprio quello di prendere per mano i giovani e portarli ad uno scalino superiore. In questo periodo, per esempio, sono molto vicino a Dusan Rajovic, giovane talentuoso. Credo che messo a punto qualcosa di testa, sia molto forte. Ha un bel futuro. Per far crescere i giovani ci servono anche gli esperti, come possiamo essere io o Damiano (Caruso, ndr). E si è visto al Giro: un buon giovane affiancato da un esperto può fare grandi cose.

Pasqualon e Milan, era nata una buona intesa tecnica. I due erano spesso anche compagni di stanza
Pasqualon e Milan, era nata una buona intesa tecnica. I due erano spesso anche compagni di stanza
I quattro secondi posti di Milan al Giro, potevano essere due vittorie e due poi, insomma…

Esatto, poi magari per ottenere ancora di più bisognava impostare un’altra squadra. Una squadra su di lui, ma noi volevamo anche far classifica con Caruso, quindi era difficile portare anche qualche altra persona per il treno. Capisco le scelte di Vladimir (Miholjević, ndr). E infatti abbiamo portato a casa la maglia ciclamino, una vittoria, un quarto posto nella generale, con Damiano che è stato il primo degli umani) e anche la classifica a squadre.

Torniamo a parlare di te. Pasqualon è ancora un velocista, ammesso che tu ti sia mai sentito un velocista?

Bella domanda. Mi sto ancora scoprendo. Negli ultimi anni mi sono sentito più che altro uomo da classiche. Sulle lunghe distanze riesco a dare il meglio di me. Sono un uomo da corse dure, in cui si arriva col gruppetto ristretto. Un velocista puro non mi sento di dirlo. Stiamo parlando di gente che ormai sviluppa 2.000 watt, tanti ne servono per vincere le volate di gruppo. E io i 2.000 watt nelle gambe non li ho. Peso 70 chili, ma questo mi consente di sopravvivere in salita. Di restare attaccato quando ne restano 50 o forse anche 40.

E lo sprinter da 2.000 watt lì non ci resta…

Appunto. Io però nel finale di una Sanremo ci sono, come abbiamo visto quest’anno del resto. Sono stato il primo a prendere il Poggio. Dovevo essere lì: al punto giusto nel momento giusto. E, credetemi, non è facile. Altri 150 corridori vogliono essere lì in quel momento. Però con le giuste tempistiche, con la giusta esperienza ce l’ho fatta. Ma ci sono voluti anni per arrivare a questo. Ora però sono contento. Mi sono ricavato anche io un ruolo in questo ciclismo di altissimo livello.

L’arrivo, che “tira”, dell’ultima Het Nieuwsblad. Si nota Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain
L’arrivo, che “tira”, dell’ultima Het Nieuwsblad. Si nota Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain
Andrea, hai fatto e rifatto praticamente tutte le gare che offre il calendario mondiale. Ebbene, qual è la corsa o la tappa perfetta per te? E perché?

La corsa che più mi si addice è la Omloop Het Nieuwsblad – replica secco Pasqualon – perché siamo a inizio anno. E’ l’apertura del calendario belga e a me il Belgio è sempre piaciuto.

Ci hai anche corso parecchio, ai tempi della Intermarché…

Quelle corse lassù negli ultimi anni le ho sempre fatte. La Het Nieuwsblad in particolare mi piace perché c’è un po’ di tutto: il pavé, gli strappi, strade e stradine, e soprattutto perché c’è questo arrivo che tira, in cui non si sa mai chi vince. E’ la prima dell’anno, nessuno conosce i valori in campo. C’è grande incertezza sul risultato. Serve una volata di grande potenza, ma al tempo stesso di resistenza. E poi, ragazzi, c’è il Muur… una salita simbolo.

Descrizione perfetta, che sia che sia di buon auspicio per il 2024…

Speriamo!

A Benidorm incontrato un Fiorelli “tutto nuovo”

23.12.2023
5 min
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BENIDORM (Spagna) – Filippo Fiorelli era sul lettino dei massaggi. Ai suoi muscoli pensava Gianluca Mirenda. Spesso sono questi i momenti migliori per parlare e scavare nei pensieri. Va detto che Filippo come altre volte si apre. Non si nasconde. Si mette in discussione.

Ed è quello che sta facendo questo inverno, più di altre volte. Per il siciliano della Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè (dal 1° gennaio VF Group-Bardiani-Faizanè) è un inverno ricco di novità. Una preparazione iniziata con piglio al top. Un nuovo coach. Un’alimentazione diversa. Il suo grande motore deve raccogliere quello che gli compete.

Filippo Fiorelli (classe 1994) in allenamento sulle strade spagnole (foto Gabriele Reverberi)
Filippo Fiorelli (classe 1994) in allenamento sulle strade spagnole (foto Gabriele Reverberi)
Filippo, ormai sei il veterano di questa squadra…

Diciamo che sono tra i più vecchi, dopo Tonelli e Gabburo. Non mi sento proprio vecchio, però l’età avanza anno dopo anno.

Che stagione ci possiamo aspettare quest’anno da te?

Da parte mia c’è sempre quell’entusiasmo, come quando sono passato professionista. Cerco di dare il massimo per me e per la squadra. Parto ben concentrato, poi è chiaro che i problemi e le sfortune varie non puoi pianificarle. Però ci si mette il massimo.

Hai cambiato preparatore: è uno stimolo ulteriore? Questo cambio ti può dare di più non solo a livello tecnico, ma anche a livello mentale?

Ho cambiato preparatore, anche perché la squadra ha questa equipe molto valida e me l’hanno consigliato loro stessi. Non ho avuto problemi a cambiare. Ho avuto Paolo Alberati sin da quando son passato professionista e non mi sono trovato per niente male con lui. Mi ha fatto crescere. Vedremo quest’anno come andrà, fino ad ora procede tutto bene.

Ci sono differenze nella preparazione?

Un po’ sì. Vedo che rispetto all’anno scorso di questi tempi sono un po’ più avanti.

Ma fai più lavori, più chilometri… specifichiamo questa differenza.

Parlo di test, di valori registrati. Parto da un gradino in più rispetto all’anno scorso. In ritiro con il team ho incrementato il lavoro iniziato da qualche settimana.

Fiorelli con Gabburo, ormai sono i veterani del team
Fiorelli con Gabburo, ormai sono i veterani del team
Ti vediamo magro, tonico. Tu stesso ne hai parlato apertamente con noi diverse volte delle tue difficoltà nel perdere peso… Anche questo conta, no?

Sì, va meglio. Anche Roberto (Reverberi, ndr) me lo ha detto che sono messo bene. E’ la prima volta che i medici, facendomi la Bia e la plico, mi hanno detto che non devo perdere chili e neanche grammi. E questo facilita non poco la preparazione in generale.

Perché?

Perché un conto è cominciare anche per dimagrire e quindi dover andare in deficit. E un conto è pedalare solo per fare i lavori o le tue uscite. Adesso in bici mangio quello che devo mangiare. Questo fa sì che la gamba sia piena e che i lavori riescano bene. Un’altra cosa che mi piace è che non sto lì a fare caso sempre a cosa devo mangiare e a cosa no.

Questo è un ottimo step mentale…

Assolutamente sì. Può sembrare una cosa banale, ma non lo è. Sono già diversi mesi che collaboro con una nuova nutrizionista, Erica Lombardi. Abbiamo trovato un accordo dopo il Giro d’Italia. Ma è come la preparazione. Un conto è cambiare durante la stagione e un conto è farlo all’inizio. Per questo abbiamo lavorato passo dopo passo. A questo peso gli abbiamo dato una bella limata! E i risultati si vedono.

Insomma non devi più rincorrere una condizione. Come hai detto: un conto è lavorare per la forma e un conto è per perdere peso…

Ed è la differenza rispetto agli anni precedenti. Pensavamo che contasse solo essere magri. Per carità, è vero: il peso conta, però se io devo allenarmi per perdere peso è come il cane che si morde la coda. Se vincesse solo il corridore che è più magro, allora tanto vale che stare a casa a fare la dieta e basta. Non posso sbagliare allenamenti perché devo essere magro. Adesso invece quando mi alleno penso solo all’allenamento e non a dimagrire. E se mi devo allenare bene, devo mangiare. In passato mi sono capitate delle giornate in cui prendevo delle “scimmie atomiche”, perché giustamente dovevo andare in deficit per prendere quei chili di troppo. Però chiaramente non riuscivo a lavorare bene. E neanche li assimilavo certi lavori, mancava la forza e tutto il resto.

Sin dai tempi in cui era un dilettante, Fiorelli è stato sempre molto potente, sia in volata che sugli strappi brevi (photors.it)
Sin dai tempi in cui era un dilettante, Fiorelli è stato sempre molto potente, sia in volata che sugli strappi brevi (photors.it)
Cambiamo argomento. Cambiando coach, hai cambiato anche metodologia?

Mi segue il dottor Andrea Giorgi, interno al team. Sin qui ho notato più resistenza. E su questo aspetto stiamo lavorando. La salita secca, certo non lunga, non mi manca e non mi mancava neanche prima. Lo sforzo di 10′, che poi è quello che serve a me, andava bene. Ma avere più resistenza, mi consente di avere più brillantezza in quelle fasi dopo tanti chilometri. La prima cosa è non arrivare finito sotto la salita. Poi per la parte più specifica, per quei 10-20 in più watt ci lavoreremo più in là.

Hai cerchiato in rosso una gara in particolare? O comunque un periodo di picco?

Se dovessi dire una corsa, direi una tappa al Giro d’Italia: per me, per la squadra e per tutti. Ho un bel periodo di avvicinamento al Giro e si punta su quello. Ma di solito in quella fase ho sempre raccolto buoni risultati, come per esempio al Giro di Sicilia. Quindi se non fosse una tappa del Giro, una al Sicilia andrebbe benissimo lo stesso. Poi è ovvio che una tappa al Giro… è una tappa al Giro.

Prima del Giro pensi di fare un picco, ipotizzandolo ad inizio stagione, o optate per una crescita graduale fino alla corsa rosa?

Per come stiamo andando, sicuramente non partirò piano… sperando di non avere problemi o sfortune varie. Parto per dire la mia. Specialmente ad inizio stagione, non farò corse che non sono adatte alle mie caratteristiche, partirò con il coltello fra i denti.

Il guardaroba di un pro’: apriamo la scatola con Mosca

21.12.2023
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CALPE (Spagna) – Jacopo Mosca fa quasi fatica, anzi senza quasi, a sollevare lo scatolone del vestiario che Santini gli ha inviato. «E non è l’unico», aggiunge il corridore della Lidl-Trek.

Mosca ci apre la porta della sua camera. Quando ci aveva accennato alla quantità di materiale arrivatogli, quasi non ci credevamo. E allora grazie alla sua disponibilità e alla sua simpatia ci ha mostrato le prove: quel che diceva era vero.

Quanti capi ci saranno in tutto, Jacopo?

Il numero preciso non lo so, anche perché come vedete sono davvero tanti capi. E’ tanta roba, ma se cadi…

Facciamo gli scongiuri insieme?

Okay! Scherzi a parte, la scelta è ampia perché ci sono capi per ogni condizione ambientale. E quando dico ogni, intendo proprio tutte le condizioni ambientali. Da questo scatolone, fa ridere dirlo, ma veramente mancano tante cose.

Tipo?

Per esempio, non ci sono ancora gli “sprint suits”, cioè i body da gara, e anche quelli a crono. Ci deve arrivare un altro scatole, magari non così grande ma quasi. E non ho visto le mantelline, quindi vuol dire che sono in arrivo anche quelle.

Proviamo a fare un inventario di questa prima fornitura?

Normalmente riceviamo cinque maglie estive che sono più traforate, cinque maglie normali, molti più pantaloncini, quattro maglie pesanti, quattro maglie primaverili a manica lunga. Queste le utilizziamo moltissimo, specie in questo periodo. E specie io che reggo bene il freddo. Se le abbini ad un buon intimo e ad uno smanicato pesante o normale a seconda dei giorni, è il set che utilizzo per la netta maggioranza delle volte. E sotto indosso una calzamaglia normale, ma non quella da freddo estremo. Poi metto anche uno scaldacollo e un cappellino da mettere sotto il casco.

E i guanti?

Uso i guanti solo proprio in casi estremi. Non li amo molto a dire il vero. Sotto a cinque gradi inizia a darmi fastidio stare senza guanti, mettiamola così. Non raramente torno a casa con le mani congelate ed Elisa (Longo Borghini, la moglie, ndr) può testimoniare.

Torniamo all’inventario…

Vedo anche due calzamaglie invernali, altre due per le giornate di pioggia che sono più impermeabili. E poi la vera quantità sono i calzini. Ma va considerato che noi abbiamo i calzini bianchi e secondo me un po’ questo incide.

Perché?

Perché se si sporcano col fango, con la terra non tornano mai pulitissimi e non è bello. E poi comunque oggettivamente ne usiamo tanti. Il calzino è un capo importante.

Scusa Jacopo, ma se ogni anno vi danno tutto questo materiale dove lo riponete?

Abbiamo dovuto comprare un armadio nuovo, specifico solo per il vestiario. Con Elisa, essendo lei campionessa italiana, non si mischiano le cose! Ma non è facile sistemarle tutte.

Giusto. Come li dividete?

Io sono il caos totale! Sono ordinato al primo utilizzo, poi mi perdo. L’armadio di Elisa è più ordinato. Mi piace avere un cassetto per le maglie, uno per salopette e calzamaglie e un cassetto che io chiamo “da freddo”, dove ripongo i capi più pesanti che poi sono anche quelli un po’ più ingombranti. E poi in realtà ho anche un quarto scomparto, quello degli accessori, dove ripongo guanti, scaldacollo, cappellini…

Hai parlato di primo invio… durante l’anno vi arrivano altre cose dunque?

Può succedere che cambino le maglie, come quest’anno. O come nel 2022 quando ci fu il 150° anniversario di Pirelli che, cambiando il logo, ci ha fatto ricevere una fornitura extra da Santini. Ma questa l’abbiamo avuta solo noi che eravamo al Giro d’Italia. O per il Tour, dove spesso cambiamo la maglia. Ma comunque se abbiamo bisogno di qualcosa, in squadra abbiamo una referente a cui chiedere eventuali capi e ci arrivano. Un rimpinguo può esserci anche se, per esempio, viene fatto un body più performante per la crono: ecco che dopo un po’ ci arriva la nuova versione.

Prima ti abbiamo visto parlare con altri colleghi per il trasporto di questo materiale sull’aereo. Sembra una cosa banale ma come fate? Pagate un imbarco extra?

Questo è un discorso molto complesso. Rispondo con un esempio. Al primo ritiro che feci con questa squadra nel 2019 arrivai con un trolley e uno zaino e mi sono ritrovato “col mondo”. Tornare fu un problema. Dopo ho imparato che devi partire con una valigia grande più scarica possibile. E comunque non basta. Per riportare tutto servono due ritiri. Qui per esempio lascerò su uno dei mezzi del team, il vestiario che userò nel prossimo ritiro a gennaio. In questo modo, oltre a tornare adesso con meno capi, non ne dovrò portare altri la prossima volta. Pertanto potrò ancora viaggiare con la valigia scarica. Ma questa è esperienza che si acquisisce con gli anni. 

Tao Geoghegan Hart al lavoro per tornare forte (come al Giro)

20.12.2023
4 min
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CALPE (Spagna) – Forse riconosce i volti, anche se a dire il vero non ci abbiamo parlato spessissimo. Forse è stato imbeccato o forse coglie le persone al volo, ma Tao Geoghegan Hart saluta ognuno dei giornalisti presenti nel media day di Calpe con la sua lingua. Hello per gli inglesi, hola per gli spagnoli, ciao con noi (in apertura foto Instagram).

Apparentemente sulle sue, quasi timido, ma timido proprio non è, la maglia rosa del 2020 si racconta. Lo fa con passione e un’umiltà che non ci saremmo aspettati. Anche quando lo incontriamo mentre sta per uscire, inforca la bici e ci fa: «Buongiorno», accompagnato da un cenno del capo e un sorriso.

E’ il 17 maggio e Tao Geoghegan Hart (classe 1995) lascia il Giro quando è terzo nella generale (immagine da web)
E’ il 17 maggio e Tao Geoghegan Hart (classe 1995) lascia il Giro quando è terzo nella generale (immagine da web)

Primo obiettivo: riprendersi

Dove eravamo rimasti? Giro d’Italia: Tao Geoghegan Hart sembra in forma come non mai, ma cade durante l’11ª tappa. A prima vista sembra una scivolata banale e invece… Femore fratturato, anca e altre fratture. Tao finisce in ospedale a Genova. Viene operato la sera stessa e inizia un lunghissimo percorso di recupero.

«Il primo obiettivo – dice con consapevolezza estrema Tao – è quello di tornare al mio livello e possibilmente al livello che avevo a maggio al Giro, il più alto mai raggiunto. Mi è davvero dispiaciuto non poter mostrare il mio valore».

Tao parla del Giro come la situazione perfetta. Una squadra compatta, consapevole del lavoro fatto e con tanto di certezze che venivano dalla vittoria al Tour of the Alps.

«Non so come sarebbe andata a finire, ma ci saremmo divertiti. E invece mi sono visto il resto delle tappe dall’ospedale. Sono stato operato subito, la notte stessa dell’incidente. Poi ho passato nove settimane in un centro specializzato, il Fysiomed, ad Amsterdam, per recuperare il movimento del ginocchio, della caviglia e del piede, e far guarire il femore sinistro, i muscoli del quadricipite e dell’anca».

A Fossombrone Tao è con i due che poi si giocheranno il Giro: Roglic e il suo compagno Thomas
A Fossombrone Tao è con i due che poi si giocheranno il Giro: Roglic e il suo compagno Thomas

Tao 2.0

A questo punto inizia la seconda carriera di Tao, se vogliamo. Viene annunciato il cambio di squadra, dalla Ineos Grenadiers alla Lidl-Trek. In più inizia il cammino di un atleta da recuperare, e prima ancora la mobilità dell’uomo.

All’inizio Geoghegan Hart è claudicante. Pedalare in quel momento, l’estate, era una chimera. Il che è comprensibile con 17 placche di titanio sparse per il corpo. Ma Tao non molla. 

«Già 62 ore dopo la caduta del Giro – prosegue Tao – pensavo a come poter ritornare in tempi brevi. Anche per questo non sono voluto rimanere ad Andorra, dove vivo, ma ho cercato un centro super specializzato, come quello olandese appunto.

«La riabilitazione è stata davvero stancante e decisamente meno divertente di un allenamento in bici. A livello mentale è stata dura. A fine giornata non riuscivo a tenere gli occhi aperti neanche per vedere un film».

Le prime pedalate di Tao sono “da turista”, proprio per le vie di Amsterdam in sella ad una Brompton. Ma un campione guarda il bicchiere mezzo pieno e alla fine è stata, come ha detto lui stesso, un’occasione per fare e vivere esperienze diverse. 

Da qualche settimana però, Geoghegan Hart è tornato in sella da corridore. Quasi non ci credeva. Le sgambate sono diventate allenamenti.

«Non ci credevo. Tutto è filato liscio. Nessun dolore, nessuna sensazione strana con le placche in titanio».

Tao Geoghegan Hart, Ineos-Grenadiers, Milano, Giro d'Italia 2020
Tao conquista il Giro d’Italia 2020. Da lì alti e bassi, ma nel 2023 stava davvero andando forte
Tao Geoghegan Hart, Ineos-Grenadiers, Milano, Giro d'Italia 2020
Tao conquista il Giro d’Italia 2020. Da lì alti e bassi, ma nel 2023 stava davvero andando forte

Da Amsterdam al Tour

Tao è stato bravissimo a non mollare nel corso dei mesi. E’ magro e, a prima vista, anche tonico. Ma certo non ha il muscolo definito che abbiamo notato in molti suoi colleghi nel ritiro di Calpe. Il suo è un ritorno a testa bassa. Nonostante sia un leader. Una leadership che la sua nuova squadra già gli ha riconosciuto… non solo come corridore.

La Lidl-Trek sa che potenziale ha l’inglese, non ha bisogno di risposte e non gli vuol mettergli fretta. La rimozione delle placche è già stata fissata per l’autunno prossimo, proprio per non fargli perdere ulteriore tempo. E lasciarlo in tranquillità.

Tao sarà dirottato al Tour de France: lui per la generale, per Mads Pedersen per i traguardi intermedi. Il cammino di Geoghegan Hart richiederà certezze ed obiettivi crescenti. La rincorsa al Tour de France partirà dalla Volta ao Algarve a febbraio. Poi si procederà verosimilmente “a vista”. Ogni gara servirà per valutare lo stato dell’atleta e da lì programmare il passo e le corse successive. Che poi è un po’ quello che la sua ex squadra ha fatto con Bernal.

«Tutto è andato molto bene in queste ultime settimane – ha detto Geoghegan Hart a Cycling News dove ha toccato argomenti più tecnici – Non sono troppo lontano da dove mi trovavo in questo periodo dell’anno scorso. Certo, devo ritrovare un po’ di mentalità da corridore, come sull’alimentazione. La settimana scorsa ho fatto quattro volte più di cinque ore e mezza a 250 watt medi. E per ora va bene così». 

Il mondo della perfetta scalatrice. A tu per tu con Gaia Realini

18.12.2023
7 min
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CALPE (Spagna) – Gaia Realini è una di quelle atlete che fa quasi paura quando ti guarda negli occhi. La sua determinazione è totale. L’abruzzese è forse la scalatrice più pura del circus femminile. E proprio su questo tema insistiamo con lei. Un viaggio tecnico nel modo di una scalatrice appunto. Una scalatrice non solo per i numeri (150 centimetri per 39-40 chili), ma anche per la testa.

Dopo lo stop invernale, la portacolori della Lidl-Trek sembra aver recuperato benone. «Le pile – dice Realini – sono state ricaricate. A distanza di un anno posso dire di essere cresciuta un po’, soprattutto se guardo all’anno ancora prima. Non mi aspettavo di fare la stagione che ho fatto. La squadra non mi ha messo pressione e mi ha fatto lavorare in tranquillità, facendomi godere gara per gara e dandomi le mie opportunità. Tutto ciò mi ha fatto crescere tantissimo».

Gaia Realini (classe 2001), a destra, in allenamento sulle strade spagnole con le compagne (immagine Instagram)
Gaia Realini (classe 2001), a destra, in allenamento sulle strade spagnole con le compagne (immagine Instagram)
Gaia, sei la scalatrice perfetta: potente e leggera. Eppure questa figura sia tra le donne che tra gli uomini si sta perdendo?

Di certo è sempre più in difficoltà. Ci sono meno occasioni, come negli uomini. La figura dello scalatore puro anche nel mondo femminile sta andando in secondo piano. Serve e non serve, perché comunque le nostre gare non hanno così tante salite lunghe. Anche nei tapponi al massimo sono due.

Una figura in fase di rivoluzione dunque…

E’ chiaro che se uno nasce scalatore puro diventare velocista è impossibile, però è chiamato a diventare un po’ più completo. Se in pianura può nascondersi in qualche modo, deve imparare a difendersi in una volata un po’ ristretta. Quest’anno ho vissuto il mio momento clou, nella volata con Van Vleuten e l’ho battuta alla Vuelta Feminina. Però lì eravamo in 3-4 quindi è tutto da vedere. Tornando al discorso dello scalatore puro, diciamo che lo vedi anche dall’attenzione che dedica al cibo, ma anche ad altre cose nella vita. Insomma, tende a fare cose un po’ diverse rispetto alle altre.

Hai parlato di cibo e differenze. Per esempio tra te e una velocista cosa cambia? Chiaramente andiamo a cercare il capello nell’uovo…

Tra me scalatrice e una velocista, qualche differenza c’è. Una scalatrice va a battere sempre sullo stesso punto, cioè va a limare sui grammi e, come su altre cose, punta sul minimo indispensabile. Partendo dalla bici, ma anche dall’alimentazione appunto, dal vestiario…

Insomma, lo scalatore è un po’ più fissato…

Esatto, magari un velocista se deve mangiare o portarsi dietro qualche grammo in più lo fa senza problemi, lo scalatore o la scalatrice no. Secondo me cambia anche molto la mentalità tra lo scalatore e il velocista.

Possiamo capirti. C’era chi chiedeva di bucare il reggisella o forare il manubrio per ridurre il peso della bici…

Sono sempre in sfida con me stessa. Mi dico: «Fino a quel cartello l’altra volta ci ho messo undici minuti e quattro secondi. Oggi anche per un solo secondo però devo battere quel tempo». E anche queste piccolezze, secondo me, dicono molto dell’essere uno scalatore. Ma poi in corsa secondo me noi scalatori ce lo ritroviamo questo spirito, questo piglio. Nella testa dello scalatore c’è sempre la voglia di soffrire un po’ di più.

Gaia è sempre molto attenta per quel che riguarda l’alimentazione anche in corsa
Gaia è sempre molto attenta per quel che riguarda l’alimentazione anche in corsa
Scommettiamo che ogni volta che fai un allenamento, anche di scarico ci butti dentro una salitella, vero? 

Assolutamente sì! Non lo nego. Magari un cavalcavia breve, ma c’è.

Hai una cadenza preferita? Quella che ti mette a tuo agio o dalla quale capisci che sei in forma?

Essendo una scalatrice pura, tendo ad andare con il rapporto pieno. Fuori sella, soprattutto. E infatti ogni tanto mi rimproverano. Mi dicono e mi chiedo: «Perché non vai più agile, così salvi la gamba per il finale?». E su questo aspetto hanno ragione, magari la gamba sarebbe un filo meno dura e affaticata. Quindi è un rimprovero che accetto, però dopo tutti questi anni ho preso il vizio e non è facile da togliere.

E in numero di rivoluzioni?

Dipende anche dalla salita. Quando è lunga, tipo quella al UAE Tour, viaggiavo sulle 80 rpm, poi quando mi hanno detto di iniziare a scremare il gruppo mi sono messa fra le 85 e le 90 rpm. Pertanto ero anche abbastanza agile. Quando invece ci sono tratti più ripidi preferisco stare sulle 70-75 rpm. Insomma avere una pedalata piena.

Se è così, davanti preferisci delle corone grandi, vero?

Sì, più il 39 che il 36. Ho la guarnitura 52-39 e mi piace. Qualora devo essere più agile preferisco aumentare i denti dietro, ma tenere il 39. Se poi un giorno andrò alla ricerca del 36, vedremo come come fare.

Un po’ per la sua statura e un po’ per il suo pedalare in punta, Gaia utilizza il reggisella con l’offset in avanti
Un po’ per la sua statura e un po’ per il suo pedalare in punta, Realini utilizza il reggisella con l’offset in avanti
Che ruote preferisce una scalatrice come te?

Ad ogni gara i meccanici sono a nostra completa disposizione. Il giorno prima ci chiedono cosa preferiamo sia per le ruote che per la bici, la pressione delle gomme. Siamo dunque noi atlete che scegliamo il setup. Data la mia statura e il mio peso opto sempre per le ruote con profilo da 37 millimetri.

Profilo che una volta era medio, ma adesso in pratica è quello basso…

Esatto, io con questo profilo mi sento a mio agio. Anche in pianura. Perché basta che ci sia un po’ di vento e con il profilo più alto mi sento a disagio. Certo, se poi capita una giornata totalmente senza vento e una tappa tutta piatta, magari uso anche le ruote da 52. Ma al UAE Tour, per esempio, anche se di pianura ce n’era tanta, il vento non mancava e per questo utilizzavo sempre le 37.

E al profilo differenziato ci hai mai pensato: 52 posteriore, 37 anteriore?

A me non è mai capitato. Forse solo in un paio di gare ho usato il profilo da 52.

Prima, parlando del UAE Tour, hai detto una cosa interessante: come è variata la tua potenza dal momento in cui hai iniziato a fare il forcing per scremare?

E’ una domanda a cui non so rispondere, perché in corsa non guardo i watt. In allenamento sì. Anzi, bisogna allenarsi con i watt. Il preparatore ti dà lavori e valori e li devi rispettare, ma in gara preferisco non avere questo dato sotto controllo. Nella prima pagina del mio computerino non ci sono i watt. Se quel giorno stai male, ti fai influenzare. O magari fai i tuoi best power e ti esalti. 

Realini non ama controllare troppo i dati in corsa, ma saggiamente registra tutto
Realini non ama controllare troppo i dati in corsa, ma saggiamente registra tutto
Insomma in corsa si va sensazione…

Sono concentrata sulla gara, su me stessa. Mi ricordo, per esempio, la tappa del Giro Donne quando è caduta Elisa (Longo Borghini, ndr). Ebbene, in quella frazione Van Vleuten tirava ma era al gancio, io ero al gancio ancora di più. Mi è andato l’occhio sul computerino che era rimasto su una schermata che non uso spesso e ho visto un wattaggio esagerato. Ero già fuori di molto e non mancava poco. Quindi mi sono detta: «Togliamolo del tutto. Mi concentro solo sulla sua ruota». E lo stesso in certi frangenti vale per i battiti del cuore. Alla fine non puoi rallentare perché sei fuori soglia. No, è una gara e in gara devi soffrire. Devi superare i tuoi limiti.

Però magari prima della bagarre, nelle prime fasi, ti aiuti con il computerino, i watt… per gestirti, magari anche per l’alimentazione?

Solo in parte. Io comunque ho i miei tempi di alimentazione. Ogni “tot tempo” mi alimento, mangio, bevo… 

La tua bici perfetta è?

Sicuramente leggera! Poi anche pulita.

Hai apportato dei cambiamenti? Oggi si tende a portare la sella molto in avanti…

Quella io ce l’ho sempre avuta piuttosto avanti. Ho una pedalata molto in punta di sella. Non so se sia un vizio.

O qualcosa che viene dal cross?

Probabile, sì. Però diciamo che quando sono lì concentrata, tendo a mettermi in punta di sella e a pedalare a testa bassa.

Strada stretta e pendenze che sfiorano il 16%: il Gavia potrebbe essere una salita ideale per Realini
Strada stretta e pendenze che sfiorano il 16%: il Gavia potrebbe essere una salita ideale per Realini
Pochi giorni fa è stato presentato il Giro Donne, e tra le scalate c’è anche il “tuo” Blockhaus…

Non solo, si farà tappa anche a Pescare e L’Aquila, per cui il Giro finirà proprio nel mio Abruzzo. Non conosco i programmi della squadra, ma non alzerò la mano per esserci: sono una ragazza che dove la metti dà il massimo. Quindi farò quello che che mi diranno.

Il Blockhaus lo consoci?

Lo conosco? Sono lì tutti i giorni in allenamento. Dove troviamo Gaia? Sul Blockhaus!

Se un giorno scoprissi che al Giro hanno previsto una tappa con Gavia e Stelvio. O Gavia e Mortirolo saresti contenta?

Contentissima, ho l’emozione per tutto il corpo solo a sentirla una cosa del genere. Sono salite che per ora sono soltanto nell’ambito maschile. Grandi salite, grandi arrivi: sarebbe bellissimo se un giorno capitasse anche a noi donne.

E i nomi di queste cime li leghi a qualche campione in particolare? O anche ad un tuo ricordo?

Campioni no, ma due anni fa ero in ritiro a Livigno. Ero da sola, dovevo fare un lungo. Era l’occasione giusta: nessuno che mi rompeva le scatole, che mi diceva cosa fare e come. Quindi in una giornata mi sono fatta Gavia e Stelvio. Oltre 5.000 metri di dislivello. Quei nomi li associo a quel giorno bellissimo. Io e la mia bicicletta. Passarci in corsa… un sogno.

Pellizzari riavvolge il nastro e sogna il Giro… dei grandi

17.12.2023
6 min
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BENIDORM (Spagna) – Volto, atteggiamento, entusiasmo e persino i brufoli sono quelli di un ragazzo come tanti. E forse Giulio Pellizzari lo è anche, solo che ha anche il pregio di andare forte in bici. Molto forte. Il gioiellino della Green Project-Bardiani, che dal primo gennaio diventerà VF Group-Bardiani-Faizanè, è con la sua squadra in Spagna. Anche loro sono nel pieno del ritiro. Vogliono fare le cose ancora meglio. 

Parliamo con il marchigiano mentre affida i suoi muscoli alle mani di Emanuele Cosentino. La stagione che si appresta ad arrivare si presenta davvero come un bel trampolino di lancio per Pellizzari. Dopo la bella annata, in tanti, a partire da lui stesso, si aspettano belle cose da Giulio.

Il “quadro”: Pellizzari diventa pro’ a 18 anni, dagli juniores viene inserito direttamente nel gruppo dei giovani guidato da Mirko Rossato nel 2022. Giulio viene gestito alla perfezione dalla famiglia Reverberi e da chi gli è intorno: 5.671 chilometri in 42 giorni di gara nella prima stagione, 7.936 chilometri in 58 giorni di corsa in quest’ultima. Un buon 35 per cento in più. Una crescita graduale, ma senza stare troppo alla finestra. I tempi non lo permettono più.

A parte un po’ di raffreddore che sappiamo hai avuto nei primi giorni di ritiro, come vanno le cose, Giulio?

Direi benone, siamo qua con la squadra. Ci alleniamo bene.

Sei giovanissimo, ma sei quasi un “vecchietto” ormai in questa squadra. Alla fine sei al terzo ritiro invernale…

Eh già! Però comunque sono sempre considerato uno dei giovani, quindi finché sono considerato così direi che va bene. Rispetto al primo ritiro mi sento più maturo. E dal punto di vista fisico sopporto molti più carichi di lavoro. Ma come ambiente è sempre lo stesso: tranquillo, familiare ma con uno staff preparatissimo.

Cosa hai messo dunque nella valigia per venire qui?

La consapevolezza, sai quello che ti aspetta. Mentre nel concreto la valigia è sempre la stessa. Avevo molta più voglia di venire rispetto ad altre volte. Diciamo che quando parto da casa mi dispiace sempre, però questa volta non vedevo l’ora di venire qui perché sto bene con i compagni, quindi non mi serve chissà cosa per ammazzare il tempo. Ci sono loro: ridiamo, scherziamo…

Cosa ti aspetti per la prossima stagione?

È ancora presto per dire quello che sarà. Volendo potrei ancora fare il Giro Next Gen, ma ci sono davvero molte corse sul piatto, tra cui il Giro d’Italia, quello vero. E il sogno sarebbe quello. Penso che non sarà facile. Bruno (Reverberi, ndr) mi ha detto che se me lo merito mi porta. 

Giulio Pellizzari (classe 2003) sta per iniziare la sua terza stagione da pro’. Eccolo in ritiro in Spagna (foto Gabriele Reverberi)
Giulio Pellizzari (classe 2003) sta per iniziare la sua terza stagione da pro’. Eccolo in ritiro in Spagna (foto Gabriele Reverberi)
Tutto sommato ci sta, dopo una stagione tanto corposa e un Avenir che ti ha visto secondo e protagonista perché non esserci? Ormai siamo nell’era in cui a 22 anni non compiuti, si è vinto il Tour de France… Perché Giulio Pellizzari non può provare a fare il Giro?

E’ tutto un altro mondo rispetto all’Avenir. Quello è un terzo del Giro d’Italia. Comunque sia non andrei a far classifica. Sarebbe più un test e questo mi consentirebbe di viverlo in modo più tranquillo. Quando devi fare classifica un grande Giro diventa molto duro di gambe, ma anche di testa perché devi sempre limare, stare attento a tutto per tre settimane.

Hai chiesto qualcosa in merito alla corsa rosa ai tuoi compagni più esperti, magari a Covili che ci prova a fare classifica?

Sì, sì. Per esempio ne ho parlato con Marcellusi. Gli ho detto: «Martin immagino quanto sia duro». E lui: «No, non te lo puoi immaginare se non lo hai fatto!». Una botta di fiducia! In generale siamo una squadra che punta più alle tappe che non alla classifica, quindi alla fine l’obiettivo è quello metterci in risalto per le fughe.

Una stagione che ti chiama ad un ulteriore salto e che vede il tuo sviluppo fisico, 20 anni compiuti da una manciata di giorni, cambierà qualcosa nella tua preparazione? Ne hai già parlato con chi ti segue (Leonardo Piepoli) di aumentare i carichi?

Leonardo l’ho visto qui in ritiro giusto qualche giorno fa, era di passaggio. Riguardo alla preparazione chiaramente ruota tutto intorno all’eventuale presenza al Giro. Se dovessi farlo la stagione sarebbe improntata su quello, quindi più altura rispetto rispetto agli altri anni, carichi di lavoro differenti. In più riguardo ai cambiamenti, da quest’anno sono seguito da una nutrizionista esterna, Erica Lombardi.

Tour of the Alps: il momento in cui Pellizzari “diventa grande”. Va in fuga e la gente lo acclama
Tour of the Alps: il momento in cui Pellizzari “diventa grande”. Va in fuga e la gente lo acclama
Però Pellizzari nella passata stagione non ha fatto bene solo nelle classifiche generali delle corse a tappe. Hai vinto il Giro del Medio Brenta, sei stato secondo al Recioto e hai ottenuto altre vittorie nelle tappe delle varie stage race. Alle corse di un giorno ci pensi? Magari anche quelle U23, oppure si è definitivamente voltato pagina con questa categoria? Insomma di quale gruppo fai parte: pro’ o under 23?

Quest’anno ero un po’ una via di mezzo, anche se comunque ho corso tanto con i professionisti. L’anno prossimo spero di fare ancora più corse con i professionisti. Diciamo che questo 2023 è stato più un esame. Certo, non sono passato con 30 e lode, direi con un 27 che mi prendo e mi porto a casa!

Cosa butteresti via dell’anno appena concluso? E cosa invece terresti stretto e emoziona ancora pensarci?

Butterei il Giro d’Italia under 23, sicuro. Neanche è andato male… non è andato proprio! Non sono partito perché stavo male. Ed è stato un peccato perché ci avevo lavorato tanto. Il miglior momento invece – Giulio fa una pausa –  boh, forse l’Avenir. La vittoria dell’ultima tappa? No, no, no… Il terzo posto nella quarta tappa del Tour of the Alps. Quello è stato il momento più emozionante.

Perché?

Perché è stato un primo grande palcoscenico. Sì, qualche corsa con i pro’ già l’avevo fatta, ma quella era la prima volta che mi giocavo una gara, una gara importante. Una gara che avevo sempre visto in televisione ed ora ero lì anche io. E poi non scorderò mai la gente che in salita diceva il mio nome. E’ stato ancora più emozionante.

In Turchia, Pellizzari si è trovato spesso davanti con i big delle WorldTour
In Turchia, Pellizzari si è trovato spesso davanti con i big delle WorldTour

Siparietto turco

Dietro di noi ci sono un paio di compagni di Pellizzari. Dopo quest’ultima domanda gli fanno notare che un’altra buona prestazione è stata quella al Giro di Turchia a fine stagione.

«Caspita, Giulio – dicono in coro – anche al Turchia, nella tappa in salita. Sei andato forte. C’era la UAE Emirates a tirare. Erano convinti di aver staccato tutti. Poi si sono girati e ti hanno visto lì. Gli è crollato il mondo addosso». Allora Pellizzari risponde: «Sì, lì è andata bene. Ma il livello del Tour of the Alps era ben diverso». Un siparietto, simpatico, che però denota anche la consapevolezza del corridore.

Il pubblico italiano aspetta senza pressioni. Con la speranza che questo atleta, questo ragazzo, non perda mai la sua semplicità naturale, marchigiana, genuina. E la sua forza chiaramente.

Ottimismo, grinta, idee chiare: Balsamo si lancia verso il 2024

16.12.2023
5 min
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CALPE (Spagna) – Le ombre si allungano su Calpe. La piscina che fino a poco fa era baciata dal sole e dove c’era persino qualche tedesco in costume, adesso è ben meno luminosa. L’ambiente però è calmo e rilassante. Ed è qui che incontriamo Elisa Balsamo.

La campionessa della Lidl-Trek racconta della stagione che verrà con il suo proverbiale self-control, ma anche la sua determinazione. Concetti chiari e tanta grinta fra le righe.

Per Elisa Balsamo (classe 1998) anche lavori a secco, come questi di equlibrio e coordinazione (immagine da Instagram)
Per Elisa Balsamo (classe 1998) anche lavori a secco, come questi di equlibrio e coordinazione (immagine da Instagram)

Grinta Balsamo

Le stagioni da professionista per Balsamo sono otto (con quella in arrivo). Otto anni di successi enormi, su tutti il titolo iridato a Leuven nel 2021. Dopo quell’anno passò dalla Valcar all’attuale team. Un ulteriore step.

Ma l’ultima stagione non è stata eccezionale, colpa principalmente dell’incidente avuto alla Ride London. Una brutta caduta che ha scombussolato i piani, procurato danni al volto (doppia frattura della mandibola), e messo a dura prova il piglio di Elisa, la quale però non ha mai mollato, neanche un secondo.

Lo testimonia anche il fatto di come abbia ripreso gli allenamenti in Spagna e anche prima. Elisa aveva voluto concludere comunque la stagione. All’inizio sembrava quasi una “forzatura”, visto il lungo rincorrere, ma in qualche modo era anche una scelta fatta in ottica 2024: correre era necessario. Le avrebbe consentito di arrivare allo stacco invernale con le giuste tempistiche e le giuste quantità di fatica.

E comunque, nonostante non fosse super, Balsamo in questo finale di stagione è anche tornata al successo: una tappa del Simac Ladies Tour.

Nonostante l’infortuno occorsole a fine maggio, Elisa ha onorato gli impegni in azzurro sia ai mondiali che agli europei (in foto)
Nonostante l’infortuno occorsole a fine maggio, Elisa ha onorato gli impegni in azzurro sia ai mondiali che agli europei (in foto)
Elisa, partiamo proprio da qui: dopo l’anno difficile che hai avuto come ti senti?

Ho recuperato e sto ancora sistemando qualcosina, come gli ultimi denti che in realtà sono l’unica cosa che mi sono un po’ trascinata. Però sono contenta, ho avuto la fortuna di incontrare dei dottori veramente pazzeschi, quindi mi sento bene.

In effetti non ci sono quasi segni sul volto…

Anche la preparazione è iniziata in modo positivo. Sto cercando di ricreare la base che, appunto, proprio a causa della caduta mi era un po’ mancata nel finale di questa stagione, perché il tempo stringeva e quindi non c’è stato molto tempo per allenarsi in modo preciso.

Guardandola col bicchiere non mezzo pieno ma pienissimo, possiamo dire che hai perso del tempo, ma sei più fresca per la stagione che verrà?

Eh – sospira Balsamo – ormai quel che è passato è passato e non si può cambiare, bisogna solo giustamente cercare di tirarne fuori gli aspetti positivi. Sì, potrebbe anche essere, perché no? Sinceramente non ci avevo pensato, ma mi fa piacere avere davanti qualcuno che mostri ottimismo, quindi accetto volentieri questa ipotesi. Anzi dico che ci spero. Per affrontare una stagione come quella che si presenta bisogna avere tanta energia positiva, perché sarà molto impegnativa.

Di energie mentali, ormai ne spendete tantissime. Ce lo spiegava tempo fa anche la vostra mental coach, Elisabetta Borgia, e questo vale soprattutto per voi leader, che siete chiamate a grandi prestazioni, responsabilità, viaggi…

Sotto questo punto di vista il riposo mentale è stato relativo. Riprendersi da un infortunio grave non è facile. Non è facile fisicamente e neanche mentalmente perché noi atleti non accettiamo di rimanere sdraiati a letto o seduti sul divano, vogliamo tornare subito ai nostri livelli e soffriamo quando vediamo che facciamo fatica. Anche per questo esistono le vacanze. Da parte mia penso di aver recuperato bene nelle tre settimane in cui sono stata senza bicicletta.

Balsamo con il cittì delle donne, Sangalli: li aspetta un anno in cui ogni cosa andrà calibrata con precisione
Balsamo con il cittì delle donne, Sangalli: li aspetta un anno in cui ogni cosa andrà calibrata con precisione
Più o meno hai già una traccia del tuo programma?

Sì, mi piace procedere poco per volta, quindi so che inizierò con l’europeo su pista a gennaio: c’è dunque subito un appuntamento molto importante. Poi sempre in pista, parteciperò alla Coppa del mondo di Milton. Su strada invece voglio dedicarmi alle classiche di primavera, che sono un grande obiettivo della stagione. Sono le mie gare preferite e le più belle in calendario.

E poi in estate c’è quell’appuntamento a Parigi. Tra l’altro su un percorso, mosso ma veloce, che ti dovrebbe piacere…

Eh sì! Aspettiamo di andarlo a vedere prima, immagino ci andremo dopo le classiche di primavera. Quest’anno va tutto conciliato al meglio. E anche incastrare questi momenti non è scontato.

Specie per te che fai sia strada che pista…

A questo penserà Sangalli. La squadra è fondamentale per cercare di trovare il miglior equilibrio possibile. Quello delle Olimpiadi, più che un obiettivo, è un sogno, sia parteciparvi che ottenere di più.

Sulla tua partecipazione non ci dovrebbero essere grossi dubbi…

Un’Olimpiade è sempre qualcosa di speciale e non c’è nulla di scontato. Su pista siamo andate a Tokyo, adesso cerchiamo di finire bene il percorso di qualificazione così da andare a Parigi con grande determinazione. Ma fra strada e pista bisognerà essere capaci di prendere la decisione migliore. Vale a dire se optare per una, per l’altra o per entrambe. Ma questo non si può sapere adesso bisognerà aspettare quando saremo lì. Per ora pensiamo a lavorare bene.

Pellizotti si gode la Bahrain della “giovine Italia”(e non solo)

16.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Quanti progetti, quante novità per la Bahrain-Victorious. Un mercato più forte sia in uscita che in entrata, tre contro sei, che però ha portato diverse novità: nuovi ruoli, atleti con altri obiettivi e responsabilità. Un corposo rimescolamento di cui parliamo con Franco Pellizotti. 

Il direttore sportivo friulano si siede con noi per parlarne. Ormai è sera, quasi ora di cena. Anche oggi i ragazzi si sono allenati sodo, hanno sbrigato i massaggi e tutto sembra procedere nella tranquillità della routine. Routine che in questi casi è sinonimo di buon lavoro.

Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Franco, abbiamo notato un bel gruppo, un gruppo collaudato. Due partenze importanti, come quelle di Landa e Milan, ma nel complesso siete stati forse la WorldTour che ha cambiato meno. Sono arrivati tre giovani: Bruttomesso, Pickering e Traen…

Dal mio punto di vista, la partenza che ci farà più soffrire è quella di Jonathan Milan. Mikel ci ha dato tanto e può dare ancora molto, però da quel punto di vista siamo ben coperti con Pello Bilbao che sta dimostrando di crescere anno dopo anno. Mi sembra che lui abbia trovato la propria dimensione. E poi abbiamo giovani come Santiago Buitrago, che presto farà il salto di qualità. E quindi dico che Jonathan è quello ci mancherà di più, anche perché a differenza di Landa era più giovane e ci si poteva lavorare in ottica futura.

E gli innesti, soprattutto quelli italiani?

Come avete detto, siamo un bel gruppo. Gli innesti diciamo che sono stati tre più due, per i due mi riferisco ad Antonio Tiberi e a Nicolò Buratti, inseriti nel corso dell’anno. Nicolò mi ha colpito molto per come si è inserito. Bravissimo. Quando parti così, sono convinto che è tutto più facile. Se ti arrivano dieci corridori nuovi, devi iniziare a lavorare da zero, devi conoscerli e loro devono conoscere la squadra. Così invece il gap è molto piccolo. Il terzo italiano è Alberto Bruttomesso, che è arrivato adesso.

Quest’anno dovrai fare anche tu da chioccia! E’ arrivato anche Sonny Colbrelli come diesse…

Sonny si sta integrando bene già di suo. Qui è di casa. Chiaro che quando passi “di qua” ti accorgi che c’è molto da fare. Ma vedo che si sta rimboccando le maniche benone e con voglia.

Buratti (classe 2001) è stato inserito la scorsa primavera. E’ passato dal CTF alla Bahrain in aprile. Il suo esordio? Alla Freccia del Brabante (foto @charlylopezph)
Buratti (classe 2001) è stato inserito la scorsa primavera. E’ passato dal CTF alla Bahrain in aprile. Il suo esordio? Alla Freccia del Brabante (foto @charlylopezph)
La colonia italiana alla Bahrain resta forte. Oltre ai più esperti Caruso e Pasqualon avete un manipolo di ragazzini italiani…

Collaboriamo con il CTF. Crediamo molto nei ragazzi italiani, a differenza magari di tanti che pensano che in Italia il livello sia basso…

Beh, molto dipende dall’attività under 23 che si fa. Al CTF l’obiettivo non è il circuito del martedì, con tutto il rispetto per questa tipologia di gara…

Esatto e per questo abbiamo deciso di lavorare con loro. I ragazzi che escono dal CTF hanno già una certa disciplina quando arrivano da noi. Si vede che hanno una certa impostazione professionale. Alberto Bruttomesso è un ragazzo molto giovane, per esempio, è molto acerbo ma ha anche ampi margini. 

Cosa significa che è più acerbo?

Che deve crescere, soprattutto fisicamente. Sono convinto che tra i dilettanti non si è spremuto per niente. E questo è buono. Anche a vederlo in bicicletta: ha un bel fisico, però se messo vicino ad un atleta che è pro’ da un po’ di anni, noti che deve ancora crescere, che deve formare la gamba. Secondo me lui stesso deve capire fin dove può arrivare. Quest’anno ha vinto molte volate, ma credo che lavorandoci bene, possa ottenere qualcosa in più anche in corse non solo per velocisti.

E Zambanini?

Zamba” è cresciuto parecchio in queste due stagioni. Ha completato due grandi Giri. Anche in questo caso c’è molto da scoprire. Ha fatto un primo anno secondo me al di sopra delle aspettative e un secondo in cui invece si è trovato sempre a rincorrere, soprattutto per motivi di salute. Lui lo scatto lo deve fare soprattutto mentalmente: è un ragazzo molto timido. Si abbatte facilmente e questo un po’ lo penalizza. Se riusciamo a trovare il giusto equilibrio, può dare veramente tanto.

Non solo crono: Tiberi va (e deve andare) forte anche in salita se vuol puntare al Giro. Ma Pellizotti non ha dubbi: emergerà
Non solo crono: Tiberi va (e deve andare) forte anche in salita se vuol puntare al Giro. Ma Pellizotti non ha dubbi: emergerà
Poi c’è Tiberi con questo Giro d’Italia all’orizzonte…

Antonio è giovane, ma ha già parecchia esperienza. Lui non lo scopriamo adesso. E’ passato professionista con molte aspettative. E’ arrivato a metà anno, i primi mesi gli sono serviti per integrarsi con la squadra, con l’allenatore nuovo. E non era facile nel pieno della stagione. Ha fatto un’ottima Vuelta, anche se ha avuto alti e bassi, legati ad alcuni problemi alla schiena. E infatti stiamo lavorando anche su questo. Mi diceva che era una questione che si portava dietro da un po’. E infatti appena si è conclusa la stagione abbiamo iniziato a lavorarci su con i nostri fisioterapisti, per rinforzare un po’ la catena posteriore, l’elasticità. Ai tifosi italiani Antonio potrà dare grandi soddisfazioni.

Parlando più in generale della squadra, Franco, in questo ritiro sentivamo parlare di gruppi. Li avete divisi in corridori da corse a tappe e in corridori da classiche?

Qui c’è il gruppo che dovrà partire in Australia e quelli che invece partiranno un po’ dopo. I primi sono più avanti e magari messi assieme porterebbero i secondi a spingere un po’ troppo.

Da chi possiamo aspettarci belle cose?

Per il Belgio, e non solo, c’è Matej Mohoric, che è il nostro faro. Ma penso anche a ragazzi come Nikias Arndt, nel fiore degli anni, che quest’anno potranno mettersi in mostra. Poi c’è Pasqualon, che ha un’esperienza grandissima e potrà essere decisivo sia per se stesso, che per la Bahrain-Victorious. Quest’anno era al primo anno con noi e si è trovato molto bene, così come noi ci siamo trovati benissimo con lui. E poi i soliti nomi, le certezze: Pello, Damiano… Ah, per il Belgio mi ero dimenticato Fred Wright. Sono già due anni che entra nella top 10 al Fiandre. E’ caduto alla Roubaix, quando era messo bene. Questo ragazzo ha dei numeri veramente importanti. Lo stiamo aspettando. Se dovesse presentarsi alle gare con la giusta condizione fisica e mentale potrebbe andare molto forte. E per me non sarebbe una sorpresa.

Non solo giovani: Pellizotti può contare anche su due esperti quali Damiano Caruso e Andrea Pasqualon
Non solo giovani: Pellizotti può contare anche su due esperti quali Damiano Caruso e Andrea Pasqualon
Con un Giro che parrebbe non avere dei super big, Santiago non potrebbe pensare in grande?

Certo, a parte le due cronometro, ci sono anche molte salite. Ogni anno è cresciuto ed è arrivato il momento di pensare alla classifica generale. Per ora abbiamo delle long list, ma al Giro abbiamo già  Damiano e Antonio. E noi dobbiamo essere coperti anche al Tour e alla Vuelta.

Con tanti corridori non è facile fare le formazioni e farli ruotare tutti?

No! Siamo in 27 per essere precisi. Mi ricordo ai miei primi anni da pro’: una squadra era formata da 16 corridori e si riusciva a fare tutto il calendario lo stesso. Okay, il ciclismo è cambiato però è anche vero che le squadre sono più grandi in tutto, ma per assurdo in certi momenti avresti bisogno di qualche corridore in più fra le tante gare, i malanni, gli acciacchi… 

Per curiosità, ma in un anno un direttore sportivo riesce a dirigerli tutti almeno una volta?

No, sembra strano ma è così. Tanti corridori li vedi qua e poi li rivedi ancora qui, ma il prossimo anno…

Un test sul Col de Rates e la stagione di Zana può iniziare

15.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Quando spunta dalla curva, una delle ultime del Col de Rates, Filippo Zana ha il fiatone. Però è ancora lucido. Il dottor Luca Pollastri e il preparatore Marco Pinotti lo aspettano per il prelievo del sangue, dal lobo dell’orecchio. Una puntina, nulla più più. Quanto basta per valutare la quantità di acido lattico che il veneto ha accumulato nei 6′ di sforzo.

La Jayco-AlUla ha scelto il versante di Parcent per questo test incrementale. Si finisce un chilometro scarso prima dello scollinamento. Coach Pinotti ha scelto questo punto perché la salita è più regolare e c’è un comodo spiazzo, tra l’altro anche panoramico, dove parcheggiare le ammiraglie. 

E’ dunque in questo contesto che Zana sta preparando la stagione che verrà. Certi dati, chiaramente restano segreti, ma le sensazioni sembrano buone. E il volto di Filippo non fa che assecondare le nostre sensazioni.

Filippo Zana (classe 1999) col Pirata. Il ritiro del veneto durerà in tutto 13 giorni
Zana (classe 1999) col Pirata. Il ritiro del veneto durerà in tutto 13 giorni
Filippo, se ti dovessi paragonare a un anno fa come stai? Dodici mesi fa c’era uno Zana che approdava al WorldTour, adesso?

Credo di essere più motivato. E sicuramente più consapevole di aver lavorato bene, di essere riuscito a togliermi delle soddisfazioni. Di aver raggiunto degli obiettivi e di averne fissati altri, forse ancora più alti.

Quali sono questi obiettivi ancora più alti?

Penso alla Strade Bianche. Stavolta spero di far bene fino in fondo, di essere protagonista, visto che l’anno scorso è andata abbastanza bene. Ero davanti, ma nel finale mi sono mancate un po’ le gambe. Poi ci sarà il Giro d’Italia dove darò una mano ad Eddie Dunbar, con la speranza di essere ancora più pronto.

Quindi non ci sarà Simon Yates al Giro?

In teoria no, poi vediamo. Siamo ancora a dicembre, ma dovrebbe essere questo il nostro programma.

Credevamo che non andando al Tour, come avevi paventato, saresti stato il capitano e che stessi lavorando “sull’operazione Giro”?

No, credo sia ancora presto. Intanto diamo supporto ad Eddie…

Come nel 2023, Zana aiuterà Dunbar al Giro, con la sensazione che entrambi saranno più forti e consapevoli
Come nel 2023, Zana aiuterà Dunbar al Giro, con la sensazione che entrambi saranno più forti e consapevoli
Parliamo del tuo lavoro qui in Spagna. Cosa stai facendo in questo ritiro?

Viste anche le temperature che ci sono qui, specie nella prima parte della settimana (oltre 25 gradi, ndr), stiamo facendo un bel po’ di ore che servono come base. A casa con certe temperature riesci a fare un po’ meno. Credo che alla fine in questa dozzina di giorni di allenamento faremo 40 ore più o meno. Che corrisponderanno immagino a 1.000-1.200 chilometri.

Ti abbiamo visto fare quel test, di cosa si trattava?

Abbiamo fatto un primo test del lattato. Un test utile per vedere più o meno i valori su cui lavorare. E’ noto che fare un test adesso, a inizio stagione, non è come farlo magari prima del Giro, quando si è in forma. Ma proprio per questo è utile, perché ti dà i giusti valori per allenarti. E’ molto importante avere questi riferimenti per riuscire a lavorare al meglio. 

E rispetto all’anno scorso i numeri sono migliorati?

Un po’ sì, ma a dire il vero mi sento anche meglio dell’anno scorso. Mi sento meglio in generale. Sono contento di come abbiamo iniziato.

Col peso come va? A prima vista sembri già molto magro, ma tu non fai testo!

In effetti sono messo già bene… senza volerlo. Non ho fatto niente di particolare. Ho sgarrato quando volevo sgarrare. E poi ho anche più muscolo rispetto a dicembre dell’anno scorso. 

Come in corsa, anche in ritiro, Filippo ha prestato grande attenzione all’alimentazione
Come in corsa, anche in ritiro, Filippo ha prestato grande attenzione all’alimentazione
E’ una tua valutazione o lo dicono gli strumenti?

Lo dice il test della Bia. Da questa riesci ad estrapolare la quantità di massa magra, la percentuale di muscolo. 

Conosci la tua percentuale di grasso?

Varia un po’ nel corso dell’anno. Per esempio quest’anno prima del Giro era al 6 per cento, poi è risalita un po’, specie dopo la frattura della clavicola, ma alla Vuelta era di nuovo al 6 per cento. Adesso sarò un poco di più, ma va bene. Diciamo che abbiamo individuato un peso ideale e quando devo andare forte lo devo raggiungere.

Hai lavorato in palestra in questo periodo?

Sì, sì, come l’anno scorso del resto. La palestra è stata una parte fondamentale del mio allenamento. L’ho mantenuta per tutto l’anno, anche durante le corse. Facevo un richiamo a settimana. Mentre in questa fase arrivo anche a tre sedute. Mi trovo bene e quindi penso che continuerò a lavorarci. Faccio lavori con il bilanciere, la pressa, esercizi a corpo libero anche per lavorare sul core.

Avete un preparatore specifico per la palestra?

Un po’ di esercizi me li dà la squadra. E poi anche i fisioterapisti ci danno degli esercizi specifici. In questo modo possiamo lavorare anche sui punti deboli.

Solo parte della Jayco-AlUla è venuta in ritiro. Ma per gennaio saranno al completo
Solo parte della Jayco-AlUla è venuta in ritiro. Ma per gennaio saranno al completo
Fare la base, cosa che sentiamo spesso: a che intensità pedali?

Sostanzialmente Z2, che diventa una Z3 in salita. Io lo chiamo “il lungo”, alla vecchia maniera. E’ quell’intensità in cui hai la gamba in tiro, ma non fai tanta fatica da produrre acido lattico. E’ anche un’andatura ideale per bruciare i grassi.

A proposito di grassi, una volta in ritiro non si mangiava in bici, o lo si faceva molto poco. Adesso invece vediamo che molti ragazzi hanno una tabella di carbo da ingerire anche in questa fase. Vale anche per te?

Per tutto il ritiro, in bici e non, abbiamo la tabella alimentare: colazione, pranzo, cena e bici. Ed è importante per riuscire a sostenere i carichi e a stare bene al tempo stesso, tanto più che io non ho bisogno di dimagrire, ma devo solo mantenere. 

In bici opti per un’alimentazione solida o liquida?

Un po’ di tutto. Abbiamo barrette, gel, rice cake, paninetti e anche dei dolcetti che ci fa la squadra, molto graditi per variare un po’ dal resto della stagione. In più abbiamo anche i carboidrati nelle borracce. 

Con la bici come va invece? Dopo un anno la senti tua del tutto?

Con Giant mi sono trovato veramente bene. Una gran bici. Poi tutto continua ad evolversi, continuano ad arrivare cose nuove. Bisogna ringraziare anche Marco Pinotti per questo: lui è fissato sui materiali e sull’aerodinamica in particolare. Fa evolvere la squadra ed è fondamentale al giorno d’oggi.

Finché è stato campione italiano, Zana ha utilizzato una Propel tricolore. Quest’anno il veneto ha optato per un manubrio più stretto
Finché è stato campione italiano, Zana ha utilizzato una Propel tricolore. Quest’anno il veneto ha optato per un manubrio più stretto
Preferisci la TCR o la Propel?

Quest’anno ho usato soprattutto la Propel, ma so che c’è qualche novità in arrivo. A quel punto vedremo quale userò. Per ora vado ancora con la Propel.

Hai ritoccato qualcosa?

Ho cambiato il manubrio. L’ho messo più stretto. Prima era da 42 centimetri ora è da 39: è una misura che ha fatto Giant per il nostro manubrio che è un semintegrato. Lo sto provando proprio in questi giorni in ritiro. Per ora mi trovo bene, l’aerodinamica ne guadagna. In pianura e in salita, anche quando mi alzo, non sento grandi differenze, vediamo un po’ come va in discesa. Ma prima di giudicare mi serve qualche giorno.

Cambiando il manubrio, hai toccato anche un po’ la posizione della sella, dell’attacco o magari le tacchette?

No, tutto uguale. Gli angoli non cambiavano.

Con quanti chilometri hai finito la scorsa stagione?

Sui 30.000 chilometri.

Stai utilizzando le corone 54-40?

Sì, sempre quelle. Mi ci sono trovato bene durante tutto l’arco dell’anno e non le ho mai cambiate.