Moscon, adesso o mai più: «Riparto dal livello del 2021»

12.01.2024
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CALPE (Spagna) – «Io devo fare riferimento al Gianni del 2021, perché quelli sono i miei livelli». Gianni Moscon ha voglia di parlare, si percepisce: frutto di un ritrovato entusiasmo. Il talento trentino è passato dall’Astana-Qazaqstan alla Soudal-Quick Step, la squadra con la quale vuole rilanciarsi dopo due stagioni non troppo brillanti.

Il Covid preso in maniera violenta, qualche difficoltà “logistica”, chiamiamola così, con la sua ex squadra, Moscon, 30 anni ad aprile, sembra essere sulla strada giusta per tornare quello di un tempo. Pensate che la sua ultima vittoria è del giugno 2021, il Gp di Lugano: incredibile per un corridore del suo talento.

Moscon si presenta alla stampa durante il lancio ufficiale del team a Calpe
Moscon si presenta alla stampa durante il lancio ufficiale del team a Calpe
Gianni, si ricomincia e si torna in una squadra del Nord Europa, cambiano le mentalità rispetto ad un team più “latino” vista la tanta Italia che c’era in Astana?

Direi che si torna in una squadra seria. Ogni team ha la propria peculiarità. E’ certamente diversa dall’Astana, ma non assimilerei neanche la Soudal-Quick Step a quella che era la mentalità Sky di un tempo o Ineos attuale. 

E come sta andando qui?

Per il momento mi sono trovato molto bene. Chiaro che è presto per dirlo, però la prima impressione è sempre molto importante. Mi sono sentito subito parte del team. Già nel meeting di metà novembre, quello in cui ci si ritrova per le foto, body fitting, sponsor… ero già uno di loro, uno del Wolfpack. Ogni squadra cerca di integrare i nuovi arrivati coinvolgendoli subito, però qui è avvenuto tutto con naturalezza. Forse anche perché i fiamminghi sono molto uniti tra di loro. Sono una popolazione radicata in generale e anche nel team tendono a fare gruppo, ma se sei all’interno di questo gruppo tutto viene più facile. Hai la loro fiducia e ti danno tutto.

La fiducia specie di questi tempi conta, no?

E’ molto apprezzabile. Che poi è un po’ come sono io: molto diretto, dico le cose come stanno. Poi magari si può litigare o discutere, ma la cosa finisce là, come se fossimo in famiglia. E una famiglia rema nella stessa direzione.

Gianni Moscon (classe 1995) è approdato alla Soudal-Quick Step: per lui contratto di un anno (foto Wout Beel)
Gianni Moscon (classe 1995) è approdato alla Soudal-Quick Step: per lui contratto di un anno (foto Wout Beel)
Veniamo a discorsi più tecnici, Gianni. Sei nel pieno della tua forza, della maturità psicofisica. E’ ora di iniziare a portare a casa risultati importanti…

Vero, dobbiamo portare a casa i risultati assolutamente. Gli ultimi due anni sono stati molto duri e difficili per vari motivi. So cosa non ha funzionato, lo sapevo sin da subito, ma non ho avuto la possibilità di correggere il tiro perché ormai la stagione era iniziata e quando devi fare una gara ogni settimana, tra l’altro anche gare dure ed importanti, non hai il tempo di ricostruire niente. Di allenarti. Quindi se inizi male puoi solo finire peggio. E così è stato. Ma ora basta, capitolo chiuso. Io riparto dal 2021. Quello è il mio punto di riferimento, quando ero al livello che mi compete e qui penso di poterci tornare.

Chiarissimo…

Vincere è l’obiettivo di tutti. Vincere è bello. Quando ci riesci diventa tutto più semplice. Io credo che questa squadra sia l’ambiente migliore per me, per il corridore che sono, per la mia mentalità da classiche.

Questa è la squadra delle classiche per antonomasia, però è anche difficile trovare spazio, essere un leader per certe corse. Come farai?

Negli ultimi due anni ero leader per le classiche, ma andavo alle corse che ero un cadavere e in quei casi della leadership te ne fai poco. Qui c’è un discorso di squadra, una squadra che sa come lavorare. Tutti si sacrificano e contemporaneamente ci sono tante carte da giocare. Penso che ognuno, in base al proprio stato di forma o al proprio livello, sia messo nelle condizioni di fare bene. Ti puoi anche muovere d’anticipo se non hai le gambe per stare coi migliori. E’ inutile aspettare, ma così facendo puoi raccogliere un risultato personale o essere una pedina importante per il team. Alla fine sarà la strada a determinare le gerarchie. In più credo sia il momento storico più favorevole per fare bene in questa squadra, perché non c’è la superstar, almeno per certe classiche, come magari succedeva in passato.

Roubaix 2021, Moscon sembra lanciato verso il successo ma sfortuna e qualche errore tecnico lo riportano coi piedi per terra
Roubaix 2021, Moscon sembra lanciato verso il successo ma sfortuna e qualche errore lo riportano coi piedi per terra
Un’analisi ben definita Gianni. Era un po’ che non ti sentivamo parlare così…

Come ho detto, questi ultimi due anni sono stati veramente difficili. Non avevo neanche più tanto da dire perché cosa vuoi fare in una situazione del genere? Non vedevo l’ora che arrivasse la fine dell’anno. Una volta finito il giro di Lombardia mi sono tolto un peso. Anzi, poco dopo, perché dovevo fare anche le ultime gare in Veneto, ma le ho saltate ed è stata una liberazione. Adesso mi diverto, me la godo di nuovo. In gruppo mi alleno col sorriso. E penso che siano i migliori presupposti per poi ottenere i risultati in bici, perché il motore se ce l’hai non lo perdi. Io so quello che sono. 

Non senti delle pressioni dunque?

No, specie se riesco a dare il massimo. Poi sappiamo tutti che sono stato preso all’ultimo e in qualche modo sono anche una scommessa per la squadra. Anche in passato se ho avuto pressioni, queste non sono mai arrivate dal team, ma da me stesso… Quando stavo bene perché sapevo di poter arrivare in alto. 

Allenarsi a mangiare. L’esempio della VF Group Bardiani

05.01.2024
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BENIDORM (Spagna) – I sacchetti erano pieni. Pendolanti ai manubri delle De Rosa a loro volta pronte a partire per l’allenamento dei ragazzi della VF Group Bardiani – CSF. Ogni sacchetto conteneva un certo numero di barrette e di gel. I ragazzi di Roberto Reverberi dovevano seguire un preciso ordine: ingerire 90-100 grammi di carboidrati l’ora durante quella sessione.

E lo dovevano fare stando alle indicazioni di Luca Porfido, il nutrizionista salito “a bordo” del team proprio in questo inverno e già all’opera nel ritiro di Benidorm. Porfido ha un ambulatorio in quel di Reggio Emilia, quindi non troppo distante dalla sede della VF Group, da tempo collaborava con atleti di ogni calibro, persino nelle arti marziali, ma soprattutto di endurance. Eccolo dunque avvicinarsi a passi spediti e con approccio molto scientifico anche al ciclismo. 

Luca Porfido è il nutrizionista della VF Group Bardiani – CSF. Un altro tassello per la squadra di Reverberi
Luca Porfido è il nutrizionista della VF Group Bardiani – CSF. Un altro tassello per la squadra di Reverberi
Dottor Porfido, partiamo dal sacchetto…

Chiaramente dipende dal tipo di allenamento da svolgere e più l’intensità della seduta è alta, come quella a cui avete assistito voi, e più è ricco di gel e barrette con grande supporto di glucosio. Ma sempre entro quel limite da non avere problemi gastrointestinali, visto che i ragazzi dovevano assumere 90-100 grammi di carbo l’ora.

E li assumevano solo dal sacchetto?

No, anche dalle borracce. Ne avevano due: una di acqua e una con 80 grammi di carboidrati.

Mentre nel sacchetto cosa c’era di preciso?

Quattro gel da 40 grammi di carbo ciascuno e due caramelle da 46 grammi. Tutto era già ben bilanciato. Il rapporto glucosio/fruttosio era di 1/0,8. In questo modo quando si superano i 60 grammi, cioè una quantità che inizia ad essere importante, di carboidrati non si hanno problemi gastrointestinali, visto che glucosio e fruttosio hanno due trasportatori diversi e anche tempi di rilascio differenti.

Il contenuto dei sacchetti dei ragazzi per l’allenamento di oltre 5 ore in Spagna: per l’integrazione ci si affida quest’anno a Cetilar Nutrition
Il contenuto dei sacchetti dei ragazzi per l’allenamento di oltre 5 ore in Spagna: per l’integrazione ci si affida quest’anno a Cetilar Nutrition
Come venivano divisi i “pasti”, diciamo così?

Nel caso di questo allenamento intenso (riscaldamento, con qualche volata, una decina di ripetute a buon ritmo in salita, seguite da un medio e finale regolare, ndr) si è trattato quasi di una particolarità. Infatti hanno preso i gel nella prima parte e le barrette nel finale, nell’ultima ora, quando dovevano andare regolare. Di solito è il contrario. In certe situazioni che prevedono un finale tranquillo, si preferisce mangiare solido anche per una questione di gusto e non solo tecnica, quindi barrette o rice cake. Anche se queste ultime stanno ormai sparendo.

Perché?

Perché ormai l’alimentazione è sempre più liquida e perché le cose si fanno in modo sempre più preciso e con la rice cake non riesci ad essere super preciso nei calcoli di calorie e nutrienti specifici. Oggi anche pochi grammi di questo o quel cibo possono fare la differenza.

Più di altre volte i ragazzi della VF Group Bardiani – CSF hanno lavorato sull’intensità già a dicembre. Serviva un’alimentazione adeguata (foto Instagram)
Più di altre volte i ragazzi della VF Group Bardiani – CSF hanno lavorato sull’intensità già a dicembre. Serviva un’alimentazione adeguata (foto Instagram)
I ragazzi si sono sciroppati oltre 5 ore di sella con dei lavori in salita: quante calorie hanno bruciato in questa giornata?

Circa 5.000 in bici e 7.000 nell’arco della giornata. E questo apre un discorso ampio e delicato. Perché assumere 7.000 calorie non è facile e magari appesantirebbe anche troppo i ragazzi. Quel che è più importante della quantità delle calorie in totale è il loro timing di assunzione. Durante l’inverno e il ritiro in particolare è importante prestare attenzione al timing appunto e alla parte ossidante per recuperare al meglio.

E cosa si preferisce per questo?

Un’alimentazione molto semplice e bilanciata. Quindi riso o pasta a scelta, una fonte proteica con carne di pollo e poi della verdura cotta. I broccoli sono indicati in questo caso. E se ci sono da fare allenamenti più lunghi di tre ore magari aggiungere un po’ di sali minerali.

In generale come hai trovato i ragazzi?

Direi bene, sia i più esperti che gli under 23. La cosa che più mi ha colpito è che mi sembrano tutti piuttosto consapevoli. A gennaio (fra pochi giorni ormai, ndr) torneremo qui e mi aspetto giusto qualche ritocco di un chilo o due in meno. E neanche da parte di tutti.

Lamon, i progetti olimpici tra Calpe e Montichiari

30.12.2023
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CALPE (Spagna) – «Sono giornate essenziali per noi. Abbiamo visto come stia diventando sempre più importante la cura maniacale del dettaglio. Quindi è fondamentale avere a disposizione i migliori strumenti per cercare di migliorarci», parole che giusto ieri Francesco Lamon ha riservato alle pagine ufficiali del Coni.

L’atleta delle Fiamme Azzurre è a Montichiari per preparare gli ormai imminenti (10-14 gennaio) campionati europei su pista di Apeldoorn, in Olanda. Un lavoro intenso e meticoloso per un appuntamento che è sì importante di suo, ma che assume sempre di più i connotati di una prova generale in vista delle Olimpiadi di Parigi. Ovviamente parliamo del quartetto, in questo caso.

Noi Lamon lo avevamo intercettato qualche giorno prima in Spagna, a Calpe dov’era in ritiro proprio con gli azzurri della pista.

Francesco Lamon (classe 1994) e coach Masotti, sono entrambi delle Fiamme Azzurre
Lamon (classe 1994) e coach Masotti, sono entrambi delle Fiamme Azzurre
Francesco, come sta andando la preparazione?

Molto bene direi. Rispetto agli altri anni sono un “passettino” più avanti in questo avvicinamento. Ma credo sia anche normale visto che gli europei arrivano a gennaio. Abbiamo dovuto anticipare un po’ tutti la preparazione. In generale però i valori sono buoni. Personalmente sono soddisfatto, consapevole che sto lavorando bene, alternando pista, palestra e strada. Ora c’è da affinare l’attività su pista.

Mentre il volume si fa a Calpe…

In Spagna abbiamo lavorato sulla resistenza. E’ stato quel volume di ore che ovviamente su pista non riusciamo a fare. Ma anche in questo senso sono abbastanza tranquillo perché tutto procede secondo programma.

Scartezzini ci diceva dell’importanza strategica di questo training camp. Ma perché questi stage sono così importanti? Alla fine un inseguimento a squadre dura meno di quattro minuti…

Ma quei quattro minuti di sforzo vanno visti come il tetto di una casa. E’ un lavoro che parte dall’autunno e bisogna mettere un mattoncino alla volta. E per gente come me o “Scarte”, che a differenza degli altri non siamo in una squadra WorldTour, sono ancora più importanti, in quanto abbiamo meno possibilità durante l’anno di concentrarci sulla strada. Pertanto quel piccolo gap dobbiamo colmarlo un po’ più a lungo, giocando d’anticipo.

Okay, quei quattro minuti sono il tetto, ma poi concretamente voi atleti sentite i benefici di questo lavoro su strada nelle gambe?

Assolutamente sì, oltre a questo di training camp, veniamo da una altro stage che abbiamo fatto il mese scorso in Sicilia. Insieme costituiscono una base molto solida e i risultati si vedono. Però, come dicevo prima, i riscontri li vedremo la prossima settimana (cioè ieri, ndr) su pista.

Lamon è il primo vagone del treno. Un ruolo altamente spcifico sul quale il veneto continuerà a concentrarsi
Lamon è il primo vagone del treno. Un ruolo altamente spcifico sul quale il veneto continuerà a concentrarsi
Vi abbiamo visto in allenamento sul Col de Rates, dove c’era praticamente i tre quarti del WorldTour, maschile e femminile. In tutto quel marasma, di gente che saliva e scendeva, che faceva ripetute, non vi veniva voglia di seguirli? Oppure di andare fuori tabella?

Non molto a dire il vero. Noi facciamo “un altro lavoro”. Sinceramente non mi pongo il problema di seguire questo o quello o se qualcuno mi stacca. So quello che devo fare, come lo devo fare. E poi non sono certo un corridore che può mettersi a gareggiare in salita!

Torniamo alla pista, Francesco. Quali sono i progetti per questo 2024 in arrivo? Ora ci sono gli europei, ma ci sono anche le prove di Coppa…

Parlando con Diego Bragato e Fabio Masotti, e con Marco Villa chiaramente, mi piacerebbe avere un avvicinamento molto simile a quello di quest’anno. Ho visto che al mondiale stavo bene fisicamente ed essendo le Olimpiadi in quello stesso periodo dell’anno, va da sé che sarebbe ideale come avvicinamento. Penso di fare gli europei e le tre prove di Coppa, visto che sono una ogni mese fino ad aprile. Poi penso di staccare una settimana, prima di iniziare il lavoro per Parigi, magari alternandolo all’altura prima delle Olimpiadi. Grazie poi all’appoggio dell’Arvedi Cycling potrò inserire anche qualche corsa su strada.

Tu hai un ruolo particolarissimo, sei primo uomo. Sarà ancora questo il tuo ruolo?

Teoricamente sì, ma adesso, come dicevo, in questo lungo avvicinamento sarà fondamentale la cura dei dettagli. Studiare ogni aspetto. E tutto, anche la partenza, va messa insieme. E io mi concentrerò su questo ruolo.

Solo sulla partenza, perché?

Perché ad oggi è il ruolo che mi che mi riesce meglio e voglio cercare di farlo al massimo delle mie possibilità.

Lamon con Scartezzini sul Col de Rates: in Spagna un grande monte ore di sella
Lamon con Scartezzini sul Col de Rates: in Spagna un grande monte ore di sella
Cosa significa concentrarsi sulla partenza a livello di preparazione? Si lavora diversamente rispetto ai compagni?

Non è che si lavori diversamente, però magari cerchi di trovare quella confidenza con te stesso… e anche con gli altri. Si tratta di trovare il compromesso tra il partire forte e far sì che questo non rimanga nelle gambe degli altri tre. Ma è qualcosa che si costruisce nel tempo, che si fa tutti assieme. Io devo essere bravo a capire la sensazione ottimale.

Anche nella parte a secco nessuna differenza? Magari lavori un po’ di più pure sulla schiena…

Si lavora su tutto il corpo, come gli altri. Non ci si concentra solo sulle gambe, ma si cerca di “ricostruire” un po’ tutto quello che è l’esercizio della pedalata, quindi dalla schiena ai lombari, dai pettorali alle gambe. Poi alcuni esercizi sono abbastanza soggettivi perché c’è chi si trova meglio con certi attrezzi e chi meno con altri. Ma tutti noi siamo affiancati da persone molto competenti, quindi sotto questo punto di vista sono, e siamo, tranquilli.

Fronte tecnico. già all’europeo vedremo qualche novità?

Nel corso dell’anno abbiamo già fatto degli aggiornamenti e sono stati riscontrati dei numerosi vantaggi, soprattutto con la bici nuova di Pinarello, in pratica quella che Ganna ha usato per il Record dell’Ora ma in carbonio. Però tutti questi aggiornamenti bisogna usarli e riusarli per renderli più prestazionali possibile.

E che monte ore ha questa nuova bici?

Sin qui l’abbiamo utilizzata a turno, anche per raccogliere più opinioni. Ma diciamo che ci stiamo girando.

Okay, top secret!

E’ probabile che tutto sarà pronto per l’ultima prova di Coppa.

Lorenzo Conforti, spunti tecnici e racconti di un neopro’

30.12.2023
6 min
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BENIDORM (Spagna) – Lorenzo Conforti è uno dei giovani della Green Project-Bardiani (fra pochi giorni VF Group-Bardiani-Faizanè). Uno di quei ragazzi che su carta ha fatto il salto dagli juniores ai pro’, come succede a molti colleghi che poi emigrano all’estero, ma lui ha scelto di restare in Italia. Le cose si possono fare bene anche qui… se si è nel posto giusto.

E nel gruppo di Reverberi può crescere con decisione. Lorenzo è affidato alle cure di Mirko Rossato, che appunto tira le redini del “devo team”.

Lorenzo ha concluso la sua prima stagione tra i grandi. Un po’ U23 un po’ professionista: 50 giorni di gara, quattro top 10, due maglie bianche in altrettante corse a tappe e una crescita avvenuta nel corso dell’anno, tanto da diventare un uomo prezioso nel treno di Enrico Zanoncello nelle gare asiatiche di fine stagione.

Conforti (classe 2004) in allenamento sulle strade di Benidorm. I volumi crescono (foto Gabriele Reverberi)
Conforti (classe 2004) in allenamento sulle strade di Benidorm. I volumi crescono (foto Gabriele Reverberi)
Lorenzo, hai archiviato la tua  prima stagione da under 23 e insieme da pro’: come dobbiamo definirla?

Un po’ e un po’! E’ andata bene. Ho vissuto belle esperienze anche all’estero. Abbiamo preso parte sia a corse importanti che a corse con gli under 23. Sono soddisfatto. Ho imparato tanto anche dai compagni, dando una mano quando potevo. E ora siamo già proiettati verso il secondo anno da professionisti… tra virgolette. 

In una nostra precedente intervista, si parlava anche del tuo motore. Questa stagione ti ha aiutato a capire che tipo di corridore sei?

Certo, ho capito che non sono uno scalatore, quello è poco ma sicuro. Credo di potermi definire un passista veloce. O comunque un corridore che si difende anche in salita. Un corridore moderno, come ce ne sono molti adesso. Ho un buono spunto, un buon picco di velocità. Mi so destreggiare abbastanza bene nelle volate e magari questo potrebbe essere un aspetto da approfondire.

Hai detto di aver aiutato e hai parlato di volate. In Cina e Malesia hai lavorato parecchio per Zanoncello…

Mi trovo molto bene con Enrico. Lì ero l’ultimo uomo, anche perché mi so muovere in gruppo. Mi piace anche l’adrenalina della volata. Come detto, questo potrebbe essere qualcosa che possiamo curare anche tra gli under 23 nella prossima stagione.

Lorenzo, in testa al gruppo, in azione al Langkawi, dove ha lavorato molto per la squadra
Lorenzo in azione al Langkawi dove ha lavorato molto per la squadra
Hai fatto 50 giorni di corse e risultano solo tre “DNF”, cioè tre ritiri, e paradossalmente sono tutti e tre in corse under 23. Come mai?

Uno di quei tre DNF è stato alla Gand, quel giorno abbiamo trovato una giornata folle: due gradi, pioggia, vento… E’ stata una gara particolare. Un altro ritiro è stato a Poggiana e l’altro di nuovo in Belgio. Le corse under 23 sono diverse da quelle dei professionisti. Se sei in “giornata no”, che non hai gambe, è difficile andare avanti perché si corre parecchio all’arrembaggio. Parti e sei subito a tutta. E a quel punto andare all’arrivo diventa difficile. Tra i pro’ invece la partenza magari è più lenta. E anche se è veloce è più controllata. Se non hai il compito di andare in fuga o comunque di fare un certo lavoro, ti puoi gestire, nascondere, salvare in qualche modo. E anche se ti stacchi, strada facendo trovi il gruppetto.

Corse a tappe, ne hai fatte parecchie…

Ne ho fatte sette.

E cosa ti sembra? Riesci a recuperare bene o arrivi nel finale col fiato corto?

Vedo che vado bene dai. Il Langkawi, che era comunque una delle più lunghe che ho fatto, mi ha dato fiducia. Erano otto tappe e in più venivo dalla Cina, altre quattro tappe. Mi è sembrato di recuperare molto bene. Semmai ho avuto qualche piccolo calo durante la corsa. Magari dopo un po’ avevo 20 chilometri di calo, ma poi riuscivo a riprendermi abbastanza bene. Non so spiegarmi il perché. Magari sarà una mia caratteristica, magari saranno delle cose che svaniranno da sole col passare del tempo e con l’adattamento alle corse dei pro’.  Comunque si parla di chilometraggi che, passando da juniores a professionista, sono aumentati di tanto.

Potrebbe anche essere una questione di alimentazione?

Volendo sì. Su questo stiamo lavorando. Anche durante il ritiro, il nutrizionista ci dava molte dritte. Però come ho già detto io vengo dagli juniores, sono ancora alle basi. Ora invece, sto cominciando a capire come ci si alimenta, sia in corsa che fuori. Ma l’importante è soprattutto in corsa. I miei compagni più grandi mi raccontano che anche in questo senso è cambiato molto.

Conforti al Liberazione, una corsa che è nelle sue corde e magari anche un obiettivo 2024 (Instagram – @liisaphotoss)
Conforti al Liberazione, una corsa che è nelle sue corde e magari anche un obiettivo 2024 (Instagram – @liisaphotoss)
Anche per il 2024 sei nel gruppo dei giovani, ma con un anno in più di esperienza. Hai cerchiato in rosso qualche gara?

Il GP Liberazione a Roma mi è sempre piaciuto. Quando ero junior l’ho fatto solo al primo anno e poi l’ho rifatto quest’anno da under. Sono andato bene e sono stato anche sfortunato perché avevo Pinarello, che poi ha fatto terzo, nel gruppetto con me. Lui ha anticipato ed è stato bravo. Io stavo facendo la volata per il quarto posto. Ero in un drappello di dieci corridori, imboccando l’ultima curva mi si è staccato il pedale e alla fine ho fatto undicesimo. Quindi se proprio dovessi indicare una gara, intanto direi questa. Un po’ perché mi piace e un po’ perché ho un conto aperto, diciamo così!

Invece parlando di esperienze, cosa ci racconti delle ultime trasferte in Asia? Insomma, ritrovarsi a fare certi viaggi a 19 anni non capita spesso…

E’ stato davvero bello. Oltre al viaggio, vedi un ciclismo diverso. Ho raccontato ai ragazzi che escono con me quando sono a casa tante cose. Mi ricordo in particolare una sensazione, un pensiero che ho avuto in corsa durante una delle ultime tappe Langkawi. Noi avevamo Zanoncello come leader. Enrico doveva fare la volata. Mancavano una trentina di chilometri all’arrivo, c’era la EF che tirava e noi gli eravamo dietro. Ad un certo punto ho pensato. «Che strana cosa. Questi sono corridori veri e io sono tra loro». Mi sono reso conto in corsa di essere con gente di quel calibro. E devo dire che mi sono venuti un po’ di brividi. A volte è bello già solo esserci, poi magari andando avanti sarà bello entrare sempre più nel vivo della corsa.

Lorenzo, sei in una famiglia di ciclisti: anche tuo fratello Matteo correva…

Tutti: dal primo all’ultimo. Da mio “babbo” che ha iniziato ad andare in bici per un problema al ginocchio, a mia sorella Chiara che ha 7 anni, ed è una giovanissima.

Lorenzo con la sorellina Chiara. Magari anche lei un giorno sarà una professionista
Lorenzo con la sorellina Chiara. Magari anche lei un giorno sarà una professionista
Adesso però il gioiellino di casa sei te…

Per ora sì, ma spero che lo diventi anche mia sorella.

Lei ti chiede mai qualcosa del “tuo” ciclismo?

Parecchio. Quando sono libero le dedico molto tempo, la porto a scuola. Mi ricordo quando io ero un giovanissimo e se avevo l’occasione di andare in bicicletta con un esordiente mi sembrava di andare con chissà chi. Lei ha l’opportunità di avere un fratello professionista in casa e le sembra di avere un mito. Non mi perdo un suo allenamento. Anzi, certe volte usciamo insieme!

Forte…

Se ho il giorno di scarico, magari faccio anche la “doppia uscita”, che poi si tratta di fare cinque chilometri al pomeriggio dopo la scuola. Lei è contentissima. Addirittura usa il mio casco di quando ero piccolo. Non ha voluto neanche togliere il nome e così gira con la scritta Lorenzo Conforti sulla testa!

Casa Balsamo: un armadio pieno, tutto per la bici

29.12.2023
4 min
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Stagione che vai, vestiario che trovi. Anche se non suona proprio benissimo, questa frase rende l’idea. Ed Elisa Balsamo ci spiega ancora meglio cosa le piace indossare di più, cosa meno, quando fa caldo, fa freddo… Insomma, la campionessa della Lidl-Trek ci apre il suo armadio!

Con Jacopo Mosca, abbiamo visto che agli atleti della squadra americana Santini fornisce una quantità infinita di materiale… Ci sembrava curioso allargare il campo anche alle donne.

Santini e la sua ricchissima fornitura per gli atleti e le atlete della Lidl-Trek
Santini e la sua ricchissima fornitura per gli atleti e le atlete della Lidl-Trek
Elisa come cambia il tuo armadio del ciclismo in base alla stagione, ma anche in base alle corse? Come abbiamo visto Santini vi dà quantità importanti di capi…

In effetti quando sono arrivata in questa squadra ho avuto un trauma che è stato quello di dover quasi uscire di casa per far entrare tutto il materiale che ci hanno dato! E’ vero, ho dovuto svuotare un armadio.

Addirittura…

Sì, sì, un armadio intero. A casa ne ho uno dedicato completamente al mio vestiario da bici. Abbiamo di tutto e di più. Abbiamo qualunque cosa che una persona possa immaginare. Non pensavo neanche che esistessero determinati indumenti o accessori.

Partiamo dalla stagione attuale, l’inverno. Cosa indossa Elisa Balsamo?

La cosa bella è che secondo me abbiamo l’enorme possibilità di scegliere ogni giorno un capo diverso a seconda del clima. Uno si sveglia al mattino, vede la temperatura, l’umidità, se l’asfalto è bagnato o meno, se c’è il sole. La gamma è vasta. Per esempio abbiamo due tipologie di calzamaglia: una standard e una da bagnato vero e proprio… che sembra di essere quasi un palombaro! E’ completamente impermeabile e può essere utilizzata anche con temperature estreme. E lo stesso vale per i copriscarpe. Di guanti invernali ne abbiamo 4-5 tipologie.

Vai…

Li abbiamo leggeri e impermeabili, pesanti e impermeabili. Invernali “normali”, che non sono troppo pesanti. E ne abbiamo un paio che sono quasi dei guanti da sci, ideali per il freddo estremo. In tutto ciò, l’idea che mi piace di più è quella proprio di poter scegliere in base alla giornata e anche al luogo.

Elisa in allenamento, a volte opta anche per i puntali anziché per i copriscarpe che non ama troppo (immagine Instagram)
Elisa in allenamento, a volte opta anche per i puntali anziché per i copriscarpe che non ama troppo (immagine Instagram)
E per la gara?

Abbiamo tre opzioni: quello che viene definito il vestiario per le classiche. Si tratta di un body oppure un pantaloncino e maglietta, questo dipende dai gusti dell’atleta, che sono più pesanti, leggermente felpati. In questo modo anche se si corre col pantalone e la maglia corta si è più riparati. Oltre al “vestiario classiche” abbiamo il completo normale, sempre body o un completo maglia più pantaloncino. Infine il completo per l’estate, con il body o il completo traforato, che permette proprio al corpo di respirare. E questo lo usiamo al Giro d’Italia e, al Tour de France.

E con questo serve anche la crema, giusto?

Sì, con la crema solare. Anche se in realtà, noi italiani non la usiamo così tanto. Io almeno ho imparato dalle straniere. Sono state loro che mi hanno fatto capire quanto sia importante proteggersi dai raggi del sole. Però fa ridere questa cosa…

Perché?

Perché se poi vai al mare e indossi il costume, hai la fascia laterale delle gambe con tutti i pallini dell’abbronzatura!

Qual è un capo che non ti piace particolarmente?

In generale non mi sono simpaticissime le cose invernali. In particolare i copriscarpe invernali, specie quelli più pesanti, in neoprene. Non tanto per l’ingombro, perché devo dire che comunque sono fascianti, ma per metterli e toglierli. Ammetto che il piede rimane caldo, ma mi risultano scomodi.

Balsamo durante l’ultimo Tour, abbigliamento all’insegna della leggerezza
Balsamo durante l’ultimo Tour, abbigliamento all’insegna della leggerezza
E invece un capo preferito?

Il body da gara estivo – replica Balsamo senza indugio – mi trovo molto bene a correre col pezzo unico e secondo me è anche molto confortevole.

Mediamente in una “normale” giornata d’inverno come ti vesti in allenamento?

Di solito metto un paio di calzini e come detto prima tra quelli a disposizione, scelgo quelli un po’ più pesanti. La calzamaglia non impermeabile, una maglia intima con le maniche lunghe mediamente pesante e quindi il giubbino termico. Ne abbiamo uno bello pesante. In questo modo non abbiamo bisogno di mettere tanti strati che risulterebbero scomodi. Io mi sento sempre libera nei movimenti. Se poi magari faccio qualche salita, e quindi so che in discesa mi devo vestire, porto con me uno smanicato o una mantellina con le maniche lunghe se dovesse fare un po’ freddo. Quindi metto un copricollo, che se fa parecchio freddo si può coprire anche la bocca, e niente sottocasco, giusto una fascia se fa molto freddo, sennò tendenzialmente non metto nulla. Infine copriscarpe non impermeabili e guanti intermedi.

E invece in una giornata “standard” d’estate?

Calzini leggeri, completino estivo perforato, e sotto il top. Tutto qui!

Niente guanti d’estate?

In allenamento no, li uso solo in gara. A meno che non sia in pista: lì li uso se non sono sola. Perché non succede, ma se succede che si cade, i guanti sono anche una protezione per le mani.

Lidl-Trek: Larrazabal e i problemi della panchina lunga

28.12.2023
6 min
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CALPE (Spagna) – Dopo aver ascoltato molti dei ragazzi della Lidl-Trek, i quali ci hanno illustrato i loro programmi, chiudiamo la “carrellata spagnola” con Josu Larrazabal, capo dei preparatori e responsabile della performance del team americano.

Larrazabal ha spiegato i progetti della squadra con chiarezza. La posta in palio è sempre più alta. La Lidl-Trek, stando alla classifica UCI 2023, è la quinta forza in carica, alle spalle di UAE Emirates, Jumbo-Visma, Soudal-Quick Step e Ineos Grenadiers. Va detto però che la squadra di Guercilena è salita di ben sette posizioni nell’ultima stagione e il gap con la terza, la Soudal, si è ridotto. Visto l’imponente ciclomercato è lecito pensare che la Lidl-Trek sia pronta al salto che la proietterebbe sul podio.

Prima del Tour il cambio di sponsor. Con l’arrivo di Lidl si sono aperti nuovi scenari per la squadra di Larrazabal
Prima del Tour il cambio di sponsor. Con l’arrivo di Lidl si sono aperti nuovi scenari per la squadra di Larrazabal
Josu, una squadra molto rinnovata e anche molto rinforzata. Cosa ne pensi?

Tra le grandi, siamo la squadra che ha cambiato di più, è vero. Questo è stato possibile anche grazie all’arrivo del nuovo sponsor avvenuto nel corso dell’anno. Da un secondo sponsor, siamo passati ad un innesto che è diventato il primo nome, Lidl. E questo ha cambiato la misura del progetto, permettendoci di fare uno step in avanti. Siamo dunque potuti intervenire con forza sul mercato.

E con quale criterio?

Definendo il profilo dei corridori che ci mancavano. E lo abbiamo fatto sia guardando alle classiche, che alle volate. Alla fine avevamo solo Mads (Pedersen, ndr) per gli sprint. Ma direi anche per i grandi Giri, grazie all’arrivo di Tao Geoghegan Hart soprattutto.

Da italiani siamo curiosi della gestione di Consonni e Milan, sia su strada ma anche su pista. Sappiamo che hai avuto anche un incontro con Villa. Cosa puoi dirci?

Quando si fa un progetto a lungo termine con un leader quale diventerà Milan, era necessario portagli un uomo di fiducia per la volata. C’erano sul piatto alcuni nomi e alla fine quello di Simone ci è parso ideale, sia per i suoi numeri di potenza, ma anche per gli aspetti tecnici e per il loro feeling. Simone lo conoscevo un po’, quando ci s’incontrava nei vari ritiri a Sierra Nevada. Notavo un certo modo di porsi, il suo lato umano e questo nella filosofia Lidl-Trek è importante.

Dopo Milan, la Lidl-Trek ha preso anche Consonni. Un duo che ha feeling tecnici e di amicizia
Dopo Milan, la Lidl-Trek ha preso anche Consonni. Un duo che ha feeling tecnici e di amicizia
Simone era dunque il profilo perfetto?

Sì e infatti la trattativa è stata piuttosto veloce. Senza contare che lui e Milan faranno un programma simile. E vogliamo che rispettino anche la pista. Anche se Trek non ha la bici da pista, la nostra squadra può perseguire obiettivi importanti come le Olimpiadi. Serviva una buona coordinazione con Marco Villa e l’allenatore degli azzurri Diego Bragato, con i quali abbiamo parlato.

Questo primo anno di Milan e Consonni in Lidl-Trek sarà di adattamento visto che ci sono le Olimpiadi?

Non è un anno per fare troppi cambiamenti. Abbiamo già diviso i vari periodi, tra cui l’avvicinamento a Parigi con qualche gara a tappe. Vogliamo arrivare alle Olimpiadi nel modo migliore. Poi è chiaro che vincere è importante. Però conta anche l’approccio. Come ho detto prima questo è un progetto a lungo termine. Intanto partiamo con questa bozza di lavoro, poi vedremo. Io per esempio penso al treno, ai ruoli, alle posizioni.

Chi ci sarà in questo treno?

Chiaramente Consonni, ma anche Edward Theuns. Loro due saranno sempre al fianco di Milan. Poi altri corridori cambieranno. Magari nelle classiche, che vedono altri modi di correre, ci potrebbero essere altri uomini, ma in corse più lineari da volata loro due non mancheranno mai. Nelle altre corse, per esempio, penso che un Jacopo Mosca potrebbe essere utile per tirare tanti chilometri quando si è lontano dal traguardo. E in questo lui è il numero uno. Senza contare che è un corridore versatile.

Lo scorso anno Pedersen ha lavorato sodo anche per Ciccone, oltre che per le sue volate. Quest’anno stesso spirito, ma “panchina più lunga”
Lo scorso anno Pedersen ha anche lavorato sodo anche per Ciccone. Quest’anno stesso spirito, ma “panchina più lunga”
Ciccone ci ha detto che sarà il leader al Giro d’Italia, però poi ci saranno anche il velocista, Milan, e il cacciatore di tappe, Bagioli. Come farai a trovare il giusto equilibrio?

Trovare l’equilibrio è il mio ruolo e quello dei diesse. E’ chiaro che non siamo i favoriti per vincere il Giro e come quelle squadre che non hanno il leader unico per la generale, ci deve essere almeno il secondo obiettivo. Possiamo curare altri aspetti. Noi abbiamo già analizzato tutte le tappe del Giro. Abbiamo una bozza di quante frazioni possono arrivare in volata, in quante può arrivare la fuga… Questo ha un impatto sulla formazione. 

Chiaro…

Quello che ci manca ora, ma non potremo saperlo prima di marzo inoltrato, è sapere come andranno i corridori nel corso della stagione. Questo ci servirà per le ultime conferme ed arrivare al meglio al Giro. Il bello della corsa rosa è che ti consente di fare alcuni cambiamenti senza perdere la stagione. Penso proprio a Ciccone l’anno scorso. Si è ammalato di Covid proprio prima del Giro e con qualche aggiustamento è riuscito a fare un Tour eccezionale. Per ora abbiamo una bozza di titolari, ma se qualcuno non dovesse andare, il “Piano B” deve essere al pari del “Piano A”, senza variare il ruolo del corridore che intendevamo portare.

E’ la panchina lunga del calcio…

Se vogliamo crescere è così. Se si ammala il gregario per la salita, devo avere un altro gregario che sia allo stesso livello del “titolare” o appena meno. Ma per queste ultime decisioni, servono le gare. Una cosa è certa: Cicco dovrà avere sempre almeno due uomini per le tappe di salita e uno per quelle di pianura che lo aiuti a tenere la posizione e a stare fuori dai pericoli. Pensando alle volate poi in una tappa piatta, non saremmo i soli a voler arrivare allo sprint. Possiamo condividere il lavoro con gli altri.

Larrazabal crede molto in Geoghegan Hart: l’inglese può far fare lo step definitivo alla Lidl-Trek (foto Instagram)
Larrazabal crede molto in Geoghegan Hart: l’inglese può far fare lo step definitivo alla Lidl-Trek (foto Instagram)
Come sta Tao?

La sua riabilitazione è andata molto bene. Tutte le misure fatte sul suo corpo sono risultate ottimali. So che si sente bene. Ovviamente deve riportare in alto la condizione. Ma queste saranno conferme che arriveranno strada facendo. I tanti parametri di oggi ci consentono di avere dati sempre aggiornati e validi. Lui è un leader naturale. E’ un capitano. E non è un caso che lo abbiamo preso. Quando Tao sarà apposto si definiranno i suoi obiettivi.

E in Lidl-Trek non mancano neanche i giovani. Giovani già pronti: pensiamo per esempio a Skjelmose e Nys.

Matias Skjelmose è in una crescita costante e neanche noi sappiamo dove potrà arrivare e in che direzione. Se farà un altro step come nel 2023, non avrà grossi limiti. Abbiamo visto che è molto competitivo nelle gare di un giorno, penso alle Ardenne, ma anche in quelle a tappe. Thibau Nys è stato un bella sorpresa. E’ un giovane “non giovane”: si vede che a casa ha un bel professore! Suo papà, Sven, ha fatto un bel lavoro in termini di educazione generale e tecnica. Per loro due vedo una crescita più esponenziale che lineare. E non sono i soli giovani forti che abbiamo.

Insomma hai problemi di panchina lunga!

Bellissimi problemi – ride Larrazabal – comunque è vero, alla fine andiamo proprio nella direzione del calcio. 

Lacquaniti e le idee molto chiare per la sua Ceratizit

27.12.2023
5 min
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Dopo le parole di qualche giorno fa di Arianna Fidanza, torniamo in casa Ceratizit-WNT, il team tedesco divenuto WorldTour. Come capita spesso, anche in questa squadra c’è molta Italia. E c’è non solo nelle atlete ma anche nei piani alti. Uno dei direttori sportivi, ma con diverse mansioni manageriali, è Fortunato Lacquaniti.

Il tecnico italiano era in Spagna, a Calpe, per seguire da vicino le sue ragazze, anche se ammette che tra riunioni e la spola con l’Italia per impegni istituzionali, le ha seguite piuttosto poco. Almeno per quel concerne gli allenamenti su strada.

Fortunato Lacquaniti (classe 1963) è uno dei diesse della Ceratizit-WNT. E’ in ammiraglia dal 2005: debutto alla Top Girls Fassa Bortolo
Lacquaniti (classe 1963) è uno dei diesse della Ceratizit-WNT. Salì in ammiraglia dal 2005 con la Top Girls Fassa Bortolo
Fortunato, che squadra pensi di avere tra le mani?

Lo scorso anno abbiamo iniziato un percorso che ci ha visto lavorare bene. Tutti noi abbiamo delle ambizioni importanti. Ormai questa squadra è al decimo anno di attività e, come sapete, siamo riusciti ad ottenere la licenza WorldTour. Siamo stati decimi nel ranking UCI 2023. Questa per noi è la base, adesso dobbiamo restare su questi livelli.

E a certi livelli serve sia lavorare con le giovani, che nel ciclomercato: lo vediamo anche tra gli uomini…

Noi siamo partiti con un’idea precisa: far crescere la struttura. E lo abbiamo fatto anche inserendo delle figure competenti nei vari ambiti, come per esempio un coordinatore per la logistica, un nutrizionista, dei nuovi fisioterapisti. Insomma volevamo implementare la struttura nel suo insieme e non solo puntare sulle atlete. Visto che siamo chiamati a fare un salto sia di categoria che di qualità, era necessario questo visto il livello del ciclismo femminile. Senza contare che il calendario è fitto. Dovevamo, e dobbiamo, creare una base solida. Sportivamente ripartiamo dalle 11 vittorie e i 18 secondi posti di questa stagione. Eravamo partiti sedicesimi nel ranking e siamo arrivati ben più in alto. Questo ci dà fiducia. E ci ha portato delle giovani interessanti.

Quindi si punta sui margini interni?

Sì, poi è normale che c’è anche un discorso di campagna acquisti. Ma questa è legata anche a scadenze di contratto, budget. Ma in tal senso sarà importante far bene quest’anno in ottica 2025.

A Mouscron Arianna Fidanza lancia la volata alla sorella Martina che vince (foto Fellusch)
A Mouscron Arianna Fidanza lancia la volata alla sorella Martina che vince (foto Fellusch)
In squadra ci sono tre italiane: le due sorelle Fidanza, Martina e Arianna, e Alice Maria Arzuffi. Cosa ti aspetti da loro?

Tutte e tre hanno fatto un’ottima annata. Le Fidanza hanno vinto e Arzuffi è andata forte, forse mai così forte su strada. Alice ha colto un decimo posto in una tappa al Tour e anche al Ceratizit Festival in Olanda è andata bene. Io credo che tutte e tre possano dare molto, specie se supportate bene dal team. Per Martina soprattutto sarà un anno particolare, visto che ci sono le Olimpiadi. Dovrà dividersi tra strada e pista e di conseguenza nei giorni di Calpe abbiamo stilato un programma condiviso con la Federazione. Noi ci teniamo.

In cosa devono migliorare queste tre ragazze?

Martina ha una grande classe e non dimentichiamo che è ancora giovane (classe 1999, ndr). Lo scorso anno ha ottenuto delle vittorie, ma anche degli ottimi secondi posti, in quanto raggiunti su palcoscenici importanti e contro atlete di primo piano come Consonni e Wiebes. Per me deve programmare bene la sua doppia attività. Se ci riuscirà, sono convinto che arriveranno grandi cose perché ha margini enormi.

Passiamo ad Arianna…

Anche Arianna lo scorso anno è maturata ancora. Ha vinto ad inizio stagione, poi è stata di grande supporto per la squadra. Sta diventando un po’ meno velocista e un po’ più per gare “up and down”, quindi un pelo più dure. Pertanto ha la motivazione e la possibilità di fare bene anche in quel tipo di corse. Penso alla Gand-Wevelgem per esempio. Ma certo deve stare bene. E poi la vedo mentalizzata, in quanto ha dimostrato di poterlo fare. Ed è stata brava anche a tirare le volate alla sorella.

Arzuffi (classe 1994) sempre più stradista e meno crossista. Lo scorso anno ha messo nel sacco 51 giorni di gara, come mai aveva fatto in carriera
Arzuffi (classe 1994) sempre più stradista e meno crossista. Lo scorso anno ha messo nel sacco 51 giorni di gara, come mai in carriera
E per quanto riguarda Arzuffi?

A lei forse mancava un po’ di fiducia. Veniva dal cross e non aveva mai fatto una stagione o delle gare in cui doveva essere leader. Le è successo per esempio in Itzulia e in Navarra ed è entrata anche nella top 10 quando aveva delle responsabilità, mostrando un certo carisma. Io credo che per Alice si tratti dunque più un miglioramento psicologico che tecnico. Ne stiamo parlando sin dall’anno scorso. E’ una professionista al 100 per cento.

E le altre?

Un grossissimo step lo ha fatto la francese Cedrine Kerbaol. Ha vinto tre corse e la maglia bianca al Tour. E per noi avere in squadra una francese che conquista quella maglia è stato molto, ma proprio molto, importante. L’ha indossata sin dal primo giorno. L’abbiamo difesa coi denti, con un grande aiuto del team anche sul Tourmalet. Non chiedetemi i margini di questa atleta perché per lei davvero non saprei quantificarli, vista anche la sua giovane età.

Kerbaol, giovane francese, in maglia bianca al Tour Femmes. Va forte anche a crono, specialità di cui campionessa nazionale
Kerbaol, giovane francese, in maglia bianca al Tour Femmes. Va forte anche a crono, specialità di cui campionessa nazionale
Di certo non pochi, visto che parliamo di una classe 2001…

Esatto. Belle cose le potrà fare anche Kathrin Schweinberger. Anche lei ha vinto nella passata stagione. E’ una passista veloce. Mi aspetto parecchio anche da Sandra Alonso. Per lei ci sono in corso diversi cambiamenti, anche tecnici, legati alla preparazione. Queste sono le atlete più pronte. Le altre ragazze sono più giovani e hanno bisogno di tempo.

Fortunato, tu hai diretto campionesse di primissimo piano, vedi Guderzo o Bastianelli. Negli ultimi 3-4 anni è cambiato il tuo lavoro di diesse?

Io ho fatto anche il team manager, ma il ciclismo moderno ha bisogno di figure importanti. Ci servono ruoli definiti, ognuno specializzato nel proprio settore. E infatti, come dicevo prima, abbiamo inserito il nutrizionista, il responsabile della logistica… L’esperienza, come magari potrei averla io un po’ su tutto, non basta più. Il ciclismo moderno richiede lo specialista per fare al meglio quella determinata cosa. E’ una necessità ormai.

Marcellusi al lavoro per un 2024 da leader. Col sogno tricolore

26.12.2023
6 min
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BENIDORM (Spagna) – Quando ormai anche i massaggi erano stati fatti e si aspettava la cena, Martin Marcellusi scendeva dalla sua stanza e faceva un salto dai meccanici. Voleva dare un’occhiata alla sua bici. Quest’anno c’è qualche materiale nuovo, a partire dal telaio De Rosa, e quel pizzico di curiosità non manca.

E poi era anche un’occasione per scambiare due parole con “Mister Tony”, al secolo Antonio Tarducci, meccanico storico della Green Project-Bardiani che fra qualche giorno si chiamerà VF Group-Bardiani-Faizanè.

«Sono già tre anni che vengo in ritiro con loro. Il primo lo feci nel dicembre 2021», attacca Marcellusi.

Marcellusi (classe 2000) parla con il meccanico Tarducci
Marcellusi (classe 2000) parla con il meccanico Tarducci
E come ci sei venuto questa volta?

Più allenato del solito. I dirigenti ci hanno chiesto di venire un minimo preparati. Io sin qui avevo seguito il mio preparatore e avevamo impostato un programma generale, non troppo specifico per il ritiro chiaramente, ma che mi facesse essere pronto per lavorare bene. E credo di esserci riuscito.

Martin, ne parlammo già dopo il Giro di Lombardia: tu hai fatto una scelta importante, quella di restare qui per tre anni. Questo comporta anche delle responsabilità: cominci a sentirti leader di questo gruppo?

Sì, e mi ci sento già da quest’anno, da quando ho percepito la fiducia del team. Spero di aver fatto un salto di qualità per far sì che di fiducia ce ne sia ancora di più. E di aver fatto un salto anche da un punto di vista tecnico, che mi consenta di lavorare di più e quindi aumentare i carichi.

Roberto Reverberi ci ha detto che si aspettano molto da te…

Mi fa piacere. In generale credo di essere un corridore che ha tanti margini: sull’allenamento, sull’alimentazione. Lo scorso anno per esempio credo di aver fatto uno step sugli allenamenti, quest’anno mi sto concentrando sull’alimentazione. Anche con il peso non sono super, ma sono meglio dell’anno scorso nello stesso periodo. E piano piano riuscirò ad arrivare al top.

Essere leader significa anche prendersi delle responsabilità. C’è qualche corsa che inizi a guardare in ottica diversa?

A me piace molto il campionato italiano, poi ovviamente dipende anche dal percorso che l’organizzatore propone, però è una gara che se ci arrivi bene può darti molto. Magari non ancora per vincerla, ma… Quindi il tricolore può essere un obiettivo. Per il resto, di gare ce ne sono molte. Quest’anno sono andato bene al Gran Piemonte e al Pantani, perciò direi che le corse italiane sicuramente sono un obiettivo, sia mio che della squadra. 

Sulle strade della Spagna per Martin e compagni un ottimo volume di lavoro (foto Gabriele Reverberi)
Sulle strade della Spagna per Martin e compagni un ottimo volume di lavoro (foto Gabriele Reverberi)
Si dice sempre che in gruppo ci sono le gerarchie: le WorldTour davanti e voi dietro. Però Visconti, tuo ex compagno, diceva anche che quando vedevano che era lui gli dicevano: “Tu puoi stare”. Per Marcellusi comincia a cambiare qualcosa? Oppure stai davanti perché sgomiti?

Ci sto perché sgomito! Nessun favoritismo nei miei confronti ancora. Nei confronti di Giovanni era completamente diverso. La carriera che ha fatto lui l’hanno fatta in pochi. Era normale dunque che fosse un po’ avvantaggiato. Noi dobbiamo ancora sgomitare e di certo nell’economia della corsa questo è ancora un punto a nostro sfavore. Però dico anche che negli ultimi anni non ci facciamo problemi a sgomitare.

Quasi tutti avete un coach personale, tu hai Daniele Pascucci per esempio, ma in ritiro avete seguito il programma del team. Come ti sei trovato?

Bene, anche se in qualche giorno abbiamo fatto un bel po’ di fatica, che di questi periodi non è cosa comune. Però magari è giusto così.

Per conto tuo invece lo scorso anno hai lavorato parecchio sulle salite, anche se dicevi: “Io non sarò mai uno scalatore”. Quest’anno su cosa stai insistendo?

Fino allo scorso anno Pascucci non aveva un background dei miei dati, quindi non mi conosceva come atleta. In questa stagione abbiamo raccolto molti dati, specie durante il Giro. Abbiamo notato che su alcuni aspetti sono carente e stiamo cercando di migliorarli. In questo periodo, sto insistendo parecchio sulla palestra per quel che riguarda la forza esplosiva.

Quali sono le carenze di cui hai parlato?

Una carenza è sicuramente la continuità. Soprattutto fino ad un anno fa non riuscivo allenarmi troppo. Facevo un giorno di carico e poi il giorno dopo stavo malissimo. Abbiamo lavorato su questo aspetto, importantissimo per crescere, e sembra che stia andando meglio.

Il laziale è cresciuto molto nel 2023. Al Tour du Limousin ha vinto la classifica dei Gpm
Il laziale è cresciuto molto nel 2023. Al Tour du Limousin ha vinto la classifica dei Gpm
E un punto di forza?

Come dissi già una volta, la grinta: ci metto un bel po’ a mollare. Ma quando mollo, vuol dire che è proprio finita, che non ce n’è più!

In ritiro vi abbiamo visto mangiare in certo modo in allenamento, partire con dei sacchetti specifici per assumere un tot di carboidrati ogni ora. Ma davvero ci si allena a mangiare?

In effetti non è così semplice, specie con i cibi solidi. Oggi si usa molto l’alimentazione liquida. Ormai anche in uscite lunghe abbiamo dietro una barretta o due, non di più. Io almeno preferisco i carboidrati in polvere disciolti nella borraccia o dei gel ad alto contenuto di carbo. Comunque è vero: ogni ora dovevamo stare sui 90 grammi di carboidrati, almeno.

E questo allenamento alimentare, chiamiamolo così, lo fai anche a casa? Perché assumere 100 o passa grammi di carbo alla fine può portare a problemi di stomaco…

Questa cosa va curata anche a casa. All’inizio sicuramente non sarei riuscito a mandare giù 120 grammi di carboidrati l’ora, anche perché non c’erano prodotti adatti. Di sicuro andavi in bagno o saresti stato male, minimo con un gonfiore addominale. I prodotti di nuova generazione aiutano perché sono studiati in ogni particolare e non danno di questi problemi. Ma comunque è vero: bisogna esserci abituati, anche solo per il gesto di bere o mangiare così frequentemente.

Transitando in testa sul Ghisallo, Marcellusi è salito sul palco dell’ultimo Lombardia. Questa salita metteva in palio un premio
Transitando in testa sul Ghisallo, Marcellusi è salito sul palco dell’ultimo Lombardia. Questa salita metteva in palio un premio
Eri con il meccanico, sulla tua bici è cambiato qualcosa? Anche dei piccoli dettagli?

La posizione è sempre quella. Ho rivisto giusto le tacchette: le ho spostate di qualche millimetro indietro, perché il nuovo telaio – siamo passati dalla Merak alla 70 – cambia un pochino. Da quest’anno abbiamo tutti i manubri integrati, anche in allenamento. E questi sono un po’ più larghi.

Quanto più larghi?

Sono passato da una piega manubrio da 38 centimetri a una di 40.

E ti piace questa cosa?

Preferivo quello più stretto a dire il vero, anche per il discorso dello sgomitare, però alla fine è questione di abitudine. Quello da 40 ha il vantaggio che in discesa si guida meglio ed è anche molto più bello esteticamente!

Bagioli, primi pensieri da capitano. E intanto prova i pedali nuovi

25.12.2023
5 min
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CALPE (Spagna) – Forse Andrea Bagioli, tra i tanti intervistati nei giorni spagnoli, è stato colui che aveva il sorriso più smagliante. T-Shirt bianca, pancia scavata e idee chiare. Il giorno prima del nostro appuntamento lo avevamo incontrato, per caso, sulle strade nell’entroterra.

Era al fianco di Juan Pedro Lopez. All’inizio non ci aveva riconosciuto, vista l’auto presa a noleggio con la targa spagnola. Mentre “Juanpe” si era sbracciato. «Mi sono accorto solo dopo che eravate voi. Pensavo che fosse uno dei tanti tifosi di Lopez. Lui qui conosce tutti», ci ha detto il valtellinese appena approdato alla Lidl-Trek.

Andrea Bagioli (classe 1999) parla con il suo nuovo addetto stampa alla Lidl-Trek, Paolo Barbieri
Andrea Bagioli (classe 1999) parla con il suo nuovo addetto stampa alla Lidl-Trek, Paolo Barbieri
Insomma, Andrea, siamo qui per avere i giusti spazi? Siamo partiti a gamba tesa!

In teoria sì, ma penso che anche in pratica sarà così. Il primo impatto è stato subito molto buono. E mi riferisco non solo al camp in Spagna, ma anche al ritiro a che abbiamo fatto a Chicago ad ottobre. Ho capito qual è la direzione del team e che ruolo avrò. Mi sento dunque di poter dire che avrò più spazio.

Bene così, no?

Ma attenzione, anche in Lidl-Trek ci sono campioni importanti, però magari non c’è il Remco Evenepoel di turno. La squadra ha detto che crede tanto in me. Ho avuto anche l’opportunità di scegliere il calendario gare e questo è un gran punto di partenza.

Quali sono le gare che hai scelto?

Quelle più adatte a me. Insieme abbiamo deciso quelle gare in cui posso puntare: mi ha fatto molto piacere. Questo mi dà ancora più stimoli.

Ci eravamo lasciati così, con Andrea fra due giganti quali Pogacar e Roglic al Lombardia
Ci eravamo lasciati così, con Andrea fra due giganti quali Pogacar e Roglic al Lombardia
Ci possiamo aspettare dunque un Bagioli all’attacco?

L’obiettivo è quello. L’ultima settimana di questa stagione mi ha dato molta fiducia. Alla fine quando fai secondo in una monumento come il Lombardia le aspettative si alzano parecchio. Spero che quello sia solo un punto di partenza.

Hai parlato di fiducia. Quanto è importante, dopo tanto tempo che lavori per gli altri, quando sai di avere solo quella cartuccia, sapere di avere spazio o addirittura essere capitano come impostazione di partenza?

Non è così scontato. Il finale di stagione è stata una sorta di riscoperta. «Cavolo, allora funziono ancora», il senso è stato quello. E, come detto, non è così scontato al giorno d’oggi essere davanti. Soprattutto nelle gare importanti è veramente difficile. Poi è anche vero che se sei abituato a fare troppo il gregario, magari perdi un po’ di quell’istinto e quello stimolo del vincente.

E lo hai riscoperto al Lombardia?

In verità penso di averlo riscoperto in Slovacchia, questa estate. Anche se era una gara minore, lì ho vinto una tappa e correvo come capitano. Ho riscoperto quelle doti da vincente.

Ritrovate anche al Gran Piemonte, quelle che insomma avevi in Colpack tra gli under 23?

Eh, perché no? Dalla Slovacchia in poi ho fatto il Lussemburgo e le ultime gare italiane. Al Lombardia, in teoria, il capitano era Remco. Poi però dopo la caduta lui non si sentiva al top e mi ha detto di fare la mia gara.

Bagioli può e deve ritrovare lo spirito battagliero, come quando era un giovane rampante della Colpack
Bagioli può e deve ritrovare lo spirito battagliero, come quando era un giovane rampante della Colpack
A quel punto è cambiato qualcosa dentro di te?

Non troppo, perché Remco me l’ha detto proprio all’ultimo, a ridosso del Passo Ganda. Lì mi fa: «Non mi aspettare». Quindi è stato tutto così veloce che non ho neanche avuto il tempo per innervosirmi o pensare alla corsa. E’ iniziata la salita e ho solo seguito i migliori. Magari se me lo avesse detto ad inizio gara sarei andato un po’ nel panico.

Il prossimo anno però sarà diverso: queste responsabilità ce le avrai sin dalla partenza.

Più responsabilità, ma anche più motivazioni. Sapere di essere capitano e che la squadra conta su di te sicuramente mi metterà più pressione, però credo anche che sarà la pressione buona.

Hai parlato di calendario, puoi illustrarcelo?

Inizierò abbastanza tardi, in Portogallo. Prima Figueras e un paio di giorni dopo l’Algarve. Ci sono ancora due mesi. Dopodiché ecco l’Italia: Strade Bianche, Tirreno, Sanremo e poi Baschi, Ardenne e Giro d’Italia. Il mio primo Giro dopo quattro anni da pro’. Era ora!

Al Giro però avrete un leader per la generale, Ciccone, e uno per le volate, Milan: lo spazio te lo dovrai un po’ ricavare?

In 21 giorni dovrò lavorare per forza, ma ci saranno anche alcune frazioni per me. Ma magari questo renderà le cose un po’ più semplici, dividendo bene i compiti.

È cambiato qualcosa invece sul fronte della preparazione?

Fino all’anno scorso ero con Vasilis Anastopoulos, adesso sono seguito da uno dei coach della Lild-Trek. Di conseguenza è normale che qualcosa sia cambiato, perché ognuno ha il proprio metodo di allenamento. Posso dire che in questo primo mese mi trovo benone. Sono aumentate forse le ore rispetto agli scorsi anni. Per ora ho fatto davvero pochi lavori. Ho pedalato ad intensità basse. Stiamo costruendo la famosa base.

Dopo aver ricaricato le pile in Tanzania con la sua compagna, Bagioli è pronto per la quinta stagione da pro’ (foto Instagram)
Dopo aver ricaricato le pile in Tanzania con la sua compagna, Bagioli è pronto per la quinta stagione da pro’ (foto Instagram)
Con quale bici ti vedremo correre? Trek vi mette a disposizione due belle belve…

L‘Emonda. E penso che sarà la bici che userò di più: è comunque veloce ma anche leggera. Poi magari in tappe piatte o alla Sanremo userò la Madone: mi dicono sia velocissima.

E le ruote, hai provato qualcosa?

Tra il ritiro di dicembre e quello di gennaio proverò tutti i setup possibili. Ruote alte o altissime con entrambi i telai e poi deciderò. 

Andrea, passi da Specialized a Trek: sei riuscito a riportare le misure alla perfezione o ne hai approfittato per fare qualche piccolo cambiamento?

Ho rivisto le tacchette. Passando dai pedali Shimano a quelli Time un piccolo adattamento c’è stato. Ed è stato stato un po’ difficile perché sono due pedali totalmente diversi. Ci ho messo un po’ ad abituarmi. Per il resto le misure sono più o meno uguali. La sella l’ho portata leggermente più indietro, ma parlo di 2-3 millimetri, giusto per riprendere gli angoli in seguito ai nuovi pedali. Ho provato ad utilizzare le tacchete fisse nelle prime uscite, ma dopo due o tre settimane ho capito che non erano per me. Non mi trovavo bene e ho optato per le mobili, che con questi pedali oscillano di 5°.