Remco vuole vincere la Liegi, ma penserà anche al Giro

19.04.2023
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Dopo l’Australia, il silenzio. E complice il ritmo frenetico della stagione appena sbocciata, di Mattia Cattaneo avevamo perso un po’ le tracce. Le foto lo ritraevano risalire la corrente fra il Catalunya e il Giro dei Paesi Baschi e poi sulla rotta del Giro, come supporto per Evenepoel. Perciò, approfittando del fatto che il piccolo capitano sarà impegnato nella Liegi, abbiamo chiesto al bergamasco di fare il punto sulla sua situazione e quella della squadra, la Soudal-Quick Step, che da corazzata del pavé si sta trasformando in gruppo per i Giri.

«Adesso va tutto bene – dice – ci ho messo un po’ a recuperare dalla caduta in Australia. Avevo una micro frattura al piatto tibiale che in sé non era tanto importante, ma si era formato un ematoma all’interno dell’osso che noi si riassorbiva più e di conseguenza faceva un gran male. Non riuscivo a pedalare o comunque a imprimere una forza tale per poter pensare di allenarsi».

Questa caduta alla Cadel Evans Great Ocean Road Race ha procurato la microfrattura che l’ha bloccato
Questa caduta alla Cadel Evans Great Ocean Road Race ha procurato la microfrattura che l’ha bloccato
Vorrà dire che arriverai più fresco al Giro?

La prima parte di stagione è tutta concentrata lì, per cui non sarebbe male. Il Giro del resto quest’anno per noi è molto più importante che altre volte e sento di arrivarci abbastanza bene, sono contento della mia condizione, ma non so ancora se mi porteranno. Il gruppo verrà definito nei prossimi giorni.

Avete parlato del percorso?

Un po’ sì, ma alla fine tanto dipende da come va la corsa. Puoi parlarne quanto vuoi, ma magari immagini una situazione e va nel modo opposto. I grandi Giri in generale sono difficili da prevedere, perché ci sono le dinamiche di tappa e di classifica. Puoi fare una previsione però secondo me è difficile azzeccarci.

La Soudal-Quick Step era la squadra del pavé, ora sta cambiando pelle. Come la vivete?

Credo che ormai sia sotto gli occhi di tutti. La cosa si sta notando e quando questo avviene, vuol dire che il cambiamento è già in atto. Si vede che la squadra sta investendo in questa direzione, ma adesso sta a noi fare in modo che funzioni. Quello delle classiche è sempre stato il momento centrale della nostra stagione, quest’anno il loro posto è stato preso dal Giro.

Se convocato per il Giro, Cattaneo dovrà stare accanto a Evenepoel, sfruttando gambe ed esperienza
Se convocato per il Giro, Cattaneo dovrà stare accanto a Evenepoel, sfruttando gambe ed esperienza
Però sono tutti certi che Evenepoel andrà alla Liegi non di passaggio.

Per quello che lo conosco, credo che voglia fare anche una grande Liegi. Non so come la viva lui, però se fossi al suo posto, non tirerei i freni, ma sarei consapevole che in quelle corse a volte si rischia tanto, quindi terrei la testa un pelino più avanti. Magari vince lo stesso, però secondo me non ci sarebbe da stupirsi se magari in certe circostanze rimarrà un po’ indietro. Bisogna sempre pensare che ha impostato tutta la prima parte di stagione sul Giro, che inizia 10 giorni dopo la LIegi. Credo che correrà per vincere, ma forse avrà un occhio in più.

La tua preparazione è cambiata, visto il lavoro che ti attende?

Ho lavorato come facevo quando dovevo sfruttare le occasioni. Questa volta ho lavorato per aiutare Remco il meglio possibile. Quello che conta è avere la condizione, poi un corridore come me puoi metterlo a tirare le volate oppure in salita, senza grosse differenze.

Sul Teide si è svolto l’ultimo blocco di lavoro in altura prima del Giro (foto Soudal-Quick Step)
Sul Teide si è svolto l’ultimo blocco di lavoro in altura prima del Giro (foto Soudal-Quick Step)
E le crono si faranno a mezzo gas o provandoci?

Dipende da quello che mi diranno. Da parte mia, non ho mai nascosto che la crono è una parte importante di me stesso. E’ un aspetto cui tengo molto, però stiamo parlando di un grande Giro, quindi sicuramente la crono non deve andare a discapito dell’obiettivo finale.

Che cosa farai nei giorni che mancano fino al Giro?

Allenamento, recupero e mangiare nel modo giusto. Quello che davvero contava è già stato fatto, adesso si tratta “solo” di mantenere e magari migliorare un po’ sulla brillantezza nei giorni immediatamente prima. Però senza arrivarci stanco. Le due settimane prima servono più che altro per non perdere condizione e arrivare fresco e pronto alla partenza del Giro. Anche perché poi c’è da correre per tre settimane…

La base di lavoro è più ampia di prima?

E’ la preparazione standard per un grande Giro. Ormai ogni anno si fa sempre un pelino di più perché questo è il ciclismo moderno e se non ti adegui, ti stacchi.

Nella quinta tappa del Giro dei Paesi Baschi, Cattaneo è stato in fuga per 133 chilometri
Nella quinta tappa del Giro dei Paesi Baschi, Cattaneo è stato in fuga per 133 chilometri
Il peso è a posto o bisogna raggiungerlo?

Sono già a posto, nel senso che devo cercare di mantenere quello che ho raggiunto. Onestamente poche volte sono stato così magro, per cui non ho necessità di dire che devo perdere ancora un chilo, né che non fa niente se ne metto su uno. Bisognerà fare la vita da atleti, non puoi permetterti di arrivare a limare il peso all’ultimo, perché rischi di perdere anche un po’ di forza.

Si sente sulle spalle il peso della responsabilità?

Io personalmente sono ancora come gli altri anni, poi magari arrivi a Pescara e l’ambiente ti condiziona. Allo stato attuale sono tranquillo e sereno, poi c’è anche da dire che non sono proprio la persona più agitata del mondo, quindi magari non faccio troppo testo (ride, ndr).

Ballerini e il passaggio alla “modalità Belgio”

23.03.2023
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Sanremo alle spalle e ora il Belgio. La campagna del Nord si è aperta ieri a De Panne. Anche se lassù qualche corsa si è già disputata, la sequenza che porta alle grandi classiche è partita ieri. Ed è in questo contesto che Davide Ballerini, dopo averci parlato del lavoro fatto alla Tirreno, ci spiega anche questa transizione.

Una transizione fisica, ambientale, mentale. Ieri il Ballero era in corsa. E ci stato nel vivo fino alla fine quando lui e tre compagni della Soudal-Quick Step hanno fatto parte del ristretto drappello di testa. Tuttavia non sono riusciti a far valere questa superiorità numerica e Jasper Philipsen li ha infilati. Quel che conta però sono state le gambe.

De Panne: scappati in quattro negli ultimissimi chilometri, Philipsen ha infilato Kooij, Lampaert e Frison
De Panne: scappati in quattro negli ultimissimi chilometri, Philipsen ha infilato Kooij (che non compare, sulla sinistra), Lampaert e Frison
Davide, Sanremo alle spalle dunque…

Sì, Sanremo alle spalle ed è andata bene fino alla fine. E di questo sono contento perché significa che la gamba c’è. Mi dispiace solo che si poteva fare un po’ di più nel finale… come ha detto Alaphilippe, prendendo il Poggio un po’ più avanti. Magari sarebbe andata diversamente.

Ora si passa alla “modalità Belgio”: c’è tanta differenza tra queste gare e la Sanremo?

Si cambia modalità è vero e c’è una grande differenze fra queste corse. Appena taglio il traguardo di una gara penso subito a quella successiva. Specie per queste gare visto che è tutto l’inverno che ci penso.

Entriamo nei dettagli. Dopo la Sanremo cosa hai fatto? Cosa hai mangiato?

Sono tornato a casa in macchina. La sera a cena ho cercato di non strafare. Come ho detto sono molto concentrato e quindi ho mangiato in modo corretto: un piatto di pasta, qualche verdura e zero alcool. Sono in periodo di astinenza! In generale tutta la settimana ho mangiato molto correttamente.

La domenica in bici cosa hai fatto?

Un’oretta molto tranquilla. E più o meno la stessa cosa il lunedì. Il secondo giorno post Sanremo ho fatto un paio di ore, a far girare la gamba. Due ore facili, facili…  Per smaltire un po’ di Sanremo. E nel pomeriggio ho preso l’aereo per venire quassù in Belgio.

Il lombardo aveva già preso parte a due gare in Belgio: Het Nieuwsblad (in foto) e Kuurne. Dopo il 13° posto alla Sanremo ieri è arrivato 11° lavorando per i compagni
Il lombardo aveva già preso parte a due gare in Belgio: Het Nieuwsblad (in foto) e Kuurne. Dopo il 13° posto alla Sanremo ieri è arrivato 11°
Cosa significa fare due ore facili, facili…

Che si pedala intorno alla Z2. Vai anche un po’ a sensazione… se ti senti di dover spingere un filo di più o far girare di più la gamba lo fai. Ma di base ormai siamo in pieno periodo di gare e non ti devi allenare tanto, l’obiettivo è quello del recupero e una gara di 300 chilometri non la togli dalle gambe in un giorno.

Martedì cosa hai fatto invece?

Ho fatto un’ora e mezza ma con qualche lavoretto di attivazione. Si tratta di qualche progressione, non troppo lunga, fino alla soglia, qualche volata. E poi ho fatto il massaggio. A dire il vero un massaggio ero riuscito a farmelo fare anche il lunedì a casa giusto prima di prendere l’aereo.

Ieri si è corso a De Panne…

E ho corso subito in ottica De Panne e non pensando ad altre gare. Si cerca di fare bene subito.

Oggi invece cosa fai?

Un’ora di scarico. Un’ora di scioltezza e poi il massaggio. Io poi salto Herelbeke di domani e corro alla Gand-Wevelgem

Domani, venerdì, quindi cosa farai?

Non correndo farò 3 ore e credo di andare a fare un giro sul percorso della Gand.

In questa settimana di transizione, Davide ha fatto una corsa e due richiami. Il resto tutto recupero
In questa settimana di transizione, Davide ha fatto una corsa e due richiami. Il resto tutto recupero
Come mai non corri ad Harelbeke? Scelta tua o del team?

Scelta reciproca. Oggi bisogna selezionare bene le gare. E’ sempre più difficile e quindi è importantissimo recuperare bene e arrivare alle gare al top. E poi l’anno scorso dopo Harelbeke ho iniziato ad avere dei problemi. Io invece voglio fare molto bene anche nelle settimane successive e non voglio portarmi dietro le fatiche accumulate.

E siamo a sabato: cosa prevede l’allenamento?

Come il mercoledì scorso, faccio quell’oretta e mezza con qualche lavoretto.

E domenica la Gand-Wevelgem… Passare dalla Sanremo al Belgio prevede anche un cambio di clima. Si avverte la differenza?

Nei primi giorni no (ieri a De Panne 12° con pioggia, ndr). Pensavo facesse più freddo, tutto sommato si stava bene anche quassù. Ma poi conta poco, perché il meteo, caldo, freddo o pioggia è uguale per tutti! In questo tipo di settimane devi correre e recuperare e coprirti per evitare malanni.

Con l’alimentazione come va? Avete il vostro chef?

L’alimentazione soprattutto da queste parti è legata al meteo, se fa freddo si cerca di mangiare un po’ di più, ma varia soprattutto in gara, fuori è molto standard. Comunque non abbiamo lo chef, ma siamo in un hotel che ci conosce bene e ci fa mangiare in modo corretto. Diciamo più “pulito” rispetto alla cucina belga classica. E per pulito intendo senza troppe salse, fritti… Abbiamo pasta, riso, olio, carne bianca…. le solite cose.

Venerdì per Ballerini prove di Gand, una “quasi monumento” (dove non mancano sterrati e pavè) nel cuore del Belgio
Venerdì per Ballerini prove di Gand, una “quasi monumento” (dove non mancano sterrati e pavè) nel cuore del Belgio
Prima hai accennato ai massaggi, la necessità di farli anche prima del volo. Quando sei in “ritiro” con la squadra li fai tutti i giorni?

In linea di massima sì. Aiutano parecchio e pertanto cerco di farli sempre.

Sul piano tecnico in questa settimana si fa anche qualche prova riguardo ai materiali?

Venerdì per esempio dovrei andare a vedere dei passaggi della Gand e lì c’è sia dello sterrato che del pavé. Porterò un paio di copertoni diversi e cercherò di capire con quale mi troverò meglio. Ci danno delle indicazioni tecniche, ma è anche vero che molto dipende dalle sensazioni del corridore.

Che dire Davide, ti sentiamo davvero concentrato… Incrociamo le dita!

Sì, sono concentrato perché sono consapevole di aver lavorato bene e di stare bene. Anche per questo sono calmo. La gamba c’è.

Dalla paura alla vittoria, stavolta spunta Jakobsen

24.01.2023
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Seconda volata alla Vuelta a San Juan e questa volta vince Jakobsen che batte Gaviria. Sono partiti da Valle Fertil e sono arrivati a Jachal dopo 201,1 chilometri, attraverso lande spelacchiate, senza un alito di vento né segnale per i cellulari. Giusto a un certo punto, presso un gruppo sparuto di case, un cartello avvisava che lì si poteva telefonare. Fuga ripresa e poi arrivo in volata.

Vanno così forte che quando passano sull’arrivo non osano neppure alzare le braccia dal manubrio e vanno a fermarsi in fondo alla strada, dove l’asfalto finisce e i massaggiatori li aspettano. Rispetto alle facce rabbiose di ieri, il finale ha ben altro sapore. Solo Jakobsen ha esultato, staccando appena il pugno.

«Ieri ho avuto paura – dice – non volevo cadere. Siamo solo all’inizio di stagione, ma ci sono nove squadre WorldTour e tutti gli sprinter migliori. Andiamo velocissimi, siamo ai livelli di un Tour de France».

Riunione nella notte

Ride Fabio, che si sta riprendendo quel che la caduta del Polonia stava per portargli via. E forse per questo ieri dopo la tappa nella sua squadra erano tutti furibondi. Al punto da pretendere giustizia e correttivi.

«Ieri il finale era molto pericoloso – racconta – per questo la notte scorsa abbiamo parlato con gli organizzatori e ci hanno promesso che oggi sarebbe stato meglio e così è stato. Non ci sono ricette particolari per avere più sicurezza.

«Sarebbe bello che non ci fossero persone nel percorso su cui corriamo, mentre ieri addirittura lo attraversavano. Il gruppo è qualcosa di strano che passa sulle strade ad alta velocità, abbiamo bisogno di poliziotti e transenne che ci guidino. Ieri ho scelto il lato più sicuro per non cadere, ma ho sbagliato strada e perso Lampaert e Morkov. Non volevo cadere, siamo qui per preparare la stagione e vorrei riportare la pelle a casa».

Un treno fantastico

Lo disse a Popsaland, nel corso della presentazione della Soudal-Quick Step: se riesco a lanciarmi nel modo giusto, sono l’uomo più veloce del mondo. E oggi in qualche modo ne ha offerto la prova, anche se Gaviria alle sue spalle è parso in crescita.

«Il nostro treno – spiega l’olandese campione d’Europa – ha iniziato a lavorare al chilometro zero, con Jan Hirt e Pieter Serry che ha fatto la maggior parte del lavoro, tenendo la fuga sotto controllo. E’ una fortuna avere al mio fianco gente così esperta. Poi Remco è passato davanti ai 3 chilometri dall’arrivo ed è stato un onore vedere la maglia iridata sacrificarsi per me. Ha una classe immensa. Ha portato da solo Lampaert e Morkov al finale e quei due sono la combinazione migliore, perché mi hanno lanciato con la velocità giusta. Quando le cose vanno così diventa tutto facile, un po’ meno che dirlo (ride, ndr). Io avevo buone gambe e ho fatto il resto».

A chi si chiede come mai in quella squadra si vinca così tanto in volata, basterà rileggere i nomi e il palmares dei corridori impegnati in questo piccolo sprint argentino.

Morkov e Lampaert hanno pilotato e lanciato Jakobsen nell’ultimo chilometro
Morkov e Lampaert hanno pilotato e lanciato Jakobsen nell’ultimo chilometro

Gaviria di ritorno

Si diceva di Gaviria, che è motivato, magro, sorridente, leggero di spirito e già perfettamente a suo agio con la nuova bicicletta.

«Sono contento per il rendimento della squadra – dice il colombiano – che si è messa a mia disposizione. Stiamo vivendo un cambiamento, a partire da Unzue. Non ho chiaramente un treno a mia disposizione, ma oggi tutti hanno lavorato sodo per prendere la fuga e questo per me è stato importante, perché mi ha fatto sentire la loro fiducia.

«E’ stato uno sprint complicato, ma credo di aver preso la posizione più conveniente. E’ stata una volata veloce, ma non è stata la mia migliore degli ultimi due anni. Se lo fosse stata, avrei vinto…».

Dopo l’arrivo, parlando con Amadio, Fernando raccontava la volata e il suo sorriso lasciava capire che le sensazioni giuste siano ormai sulla via del ritorno.

Alle spalle del podio, Gaviria spiega ad Amadio le dinamiche del finale
Alle spalle del podio, Gaviria spiega ad Amadio le dinamiche del finale

Ogni vittoria è grande

Jakobsen sorride, la paura di ieri è svanita: la vittoria è un balsamo benefico. La maglia di campione europeo rischiara la penombra del tendone sotto cui si svolge la conferenza stampa.

«Mi piace pedalare – dice – mi piace correre. E’ il lavoro dei miei sogni. Due anni fa in quella caduta ho rischiato di perdere tutto e quello che ho vissuto non lo auguro a nessuno. E’ bello essere qui, fare sprint è quel che mi riesce meglio. Ogni volta che vinco dopo quella caduta, per me è qualcosa di speciale».

La tappa è finita, la gente non accenna a sfollare, in questa provincia argentina che si specchia quasi nel Cile. Oltre le Ande che riempiono l’orizzonte, c’è il mare. E’ bello pensare che là in cima, da qualche parte, ci sia un condor che getta lo sguardo verso il Pacifico.

Quanto si sta comodi nel salotto di Lefevere…

18.01.2023
3 min
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«Se io fossi un corridore da classiche – dice Tafi – vorrei correre là. La squadra di Patrick Lefevere è un riferimento. Magari non è la Jumbo Visma con tutti quei soldi. Però per le classiche e i velocisti sono i numeri uno. Cavendish è andato via, ma è dovuto tornarci per essere di nuovo protagonista».

La squadra ideale

Si diceva l’altro giorno, scrivendo il pezzo sui consigli di Tafi a Ballerini per la Roubaix, di come il discorso avesse preso il largo, andando a esplorare perché il canturino avrà vantaggi dal correre in un simile squadrone. Andrea con Lefevere ha corso, quando il manager belga era a sua volta alla Mapei e con lui ha centrato proprio la Roubaix.

«Nel suo gruppo – spiega – ci sono persone che danno la giusta motivazione. Se arrivi là che sei un buon corridore, sono capaci di aumentare le tue potenzialità. Sarebbe nuovamente la mia squadra, come fu a suo tempo. Se fossi ancora un corridore per quel tipo di corse, le classiche, starei lì anche a costo di guadagnare un po’ meno. Puoi andartene per monetizzare, ma il rischio di sparire è troppo alto. Meglio avere attorno la squadra con cui essere protagonista».

Roubaix 1999, vince Tafi. Ai suoi lati, Peeters e Steels, ancora oggi colonne portanti del team di Lefevere
Roubaix 1999, vince Tafi. Ai suoi lati, Peeters e Steels, ancora oggi colonne portanti del team di Lefevere

L’occhio ai Giri

Con Lefevere ammette di sentirsi spesso. Tafi continua a frequentare i luoghi del Nord e quando si fa parte della cerchia di quei campioni, anche dopo anni ci si sente sempre parte della famiglia. Si gode di un riconoscimento speciale. Quello della gente che ti ferma per un autografo, quello dell’ambiente.

«E’ vero – ammette – con Patrick ci sentiamo spesso e mi diceva che adesso sta spostando l’asticella anche verso le corse a tappe. Se hai un Evenepoel così, non puoi fare diversamente. E di recente mi ha detto che se avesse il budget delle squadre più blasonate, riuscirebbe a comandare anche nei Giri. E’ un motivatore, sa come fare la squadra. Ogni strategia che mettono in atto è certamente per trarne vantaggio anche sul piano commerciale, ma anche per creare l’amalgama giusta. E a questi livelli la motivazione fa la vera differenza».

Quarta tappa del California 2007, vinta da Bettini per tanto così allo sprint su Gerald Ciolek
Quarta tappa del California 2007, vinta da Bettini per tanto così allo sprint su Gerald Ciolek

Amico di tutti

«E poi avete fatto caso a una cosa?». Tafi rilancia e la curiosità ci coglie: a cosa avremmo dovuto fare caso?

«Nonostante sia uno dei manager di maggior prestigio -risponde con l’arguzia toscana – Patrick riesce ad essere amico di tutti. Non se la tira, ha sempre una battuta per chiunque. Conosce tutti e si ricorda di tutti. A distanza di tanti anni, ha un carisma incredibile. “Sono il manager – dice spesso – ma so anche stare con la squadra”. Si è circondato di persone fatte a sua immagine e trasmette loro la sua personalità. In questo modo la squadra ha sempre l’ambiente giusto».

Caro Sabatini, ma davvero Jakobsen è così veloce?

12.01.2023
6 min
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Fabio Sabatini ne ha scortati di velocisti nella sua carriera. E tutti i più forti… e se un Fabio Jakobsen dichiara di essere l’uomo più veloce del mondo la cosa non può cadere a terra.

Vi riportiamo la frase dello sprinter della Soudal-Quick Step. «Se penso di essere l’uomo più veloce del mondo? Se guardi alla punta massima di velocità non tanti riescono a passarmi quando parto. E’ quello per cui mi alleno e per questo posso dire che hai ragione. Per contro, magari non sono il velocista più forte del mondo, visto che devo sempre lottare col tempo massimo. Funziona così: se vuoi essere il più veloce, devi soffrire in salita. E al Tour sono tutti così al massimo che ogni cosa è amplificata. Ma io sono fatto così e non voglio cambiare. Non per ora, almeno…».

Fabio Sabatini (classe 1985) è diventato pro’ nel 2006 alla Milram ed ha chiuso nel 2021 alla Cofidis
Fabio Sabatini (classe 1985) è diventato pro’ nel 2006 alla Milram ed ha chiuso nel 2021 alla Cofidis
Fabio, è vero dunque che Jakobsen è l’uomo più veloce del pianeta?

Sì, ci può stare, può essere vero. Però è anche vero che è stato battuto. Sulla carta, chiaramente, è uno dei velocisti più forti e attualmente credo anche il più puro. Se la gioca con Groenewegen.

Quindi sei d’accordo anche quando dice di essere il più puro attualmente?

Sì, se c’è una salitella, se non si stacca, rischia di arrivare allo sprint con “una gamba su e una gamba giù” e può essere battuto.

E per te che ne hai visti e scortati parecchi chi è stato il più veloce e il più puro?

Marcel Kittel – risponde Sabatini senza indugio – sono stato con lui alla Quick Step per due anni ed era effettivamente velocissimo.

Pensavamo più ad un vecchio McEwen, un Ewan, allo sprinter “piccolo” che ti salta negli ultimi 30 metri. Si dice che le punte maggiori di velocità le abbiano loro…

Un conto è uscire all’ultimo secondo e un conto è essere il più veloce. Un velocista come Jakobsen che fa in pieno 200-210 metri di volata e vince con una bici di vantaggio per me è il più forte. Se poi lui partendo così viene saltato nel finale perché c’è vento contro, ci sta che uno come Ewan possa saltarlo negli ultimi metri, ma non è detto che sia più veloce.

Kittel era un mostro di potenza. Era davvero difficile saltarlo una volta usciti dalla sua scia
Kittel era un mostro di potenza. Era davvero difficile saltarlo una volta usciti dalla sua scia
Insomma la velocità della volata non aumenta fino alla fine e chi salta, lo fa perché chi era davanti è “calato”…

In una volata ci sono tantissimi fattori da valutare, tante cose in ballo… E non si può dare un giudizio unico. Certo è che dopo quel che gli è successo per me Jakobsen che è tornato al suo livello è ancora più forte.

Hai scortato tanti campioni: Viviani, Cavendish, Kittel, Gaviria

Io sono passato con Petacchi, ma forse andiamo troppo indietro con il tempo. A lanciarmi in modo definitivo nel mio ruolo di apripista è stato proprio Kittel. Però credo che Cav sia il più forte, specie dopo quel che ha fatto al Tour 2021, vincendo quattro tappe e la maglia verde. Se avesse un treno come aveva alla Quick Step sono sicuro che vincerebbe ancora lui. Però gli ci servirebbe il treno…

E Viviani?

Lui forse è più un Caleb Ewan, se ce lo hai a ruota uno come lui è un problema perché ha il picco da pistard e infatti il 70% delle volate in cui lo scortavo io lo portavo “veramente corto” (vicino alla linea d’arrivo, ndr). Perché se si partiva lunghi chi gli era a ruota poteva saltarlo, in quanto il suo picco poi andava a calare. Se un Kittel lo lasciavo ai 210-220 metri, Viviani lo lasciavo ai 170-150.

Petacchi contro Cavendish, un duello fra titani. Per superare AleJet nel finale è servito un astro nascente come l’inglese
Petacchi contro Cavendish, un duello fra titani. Per superare AleJet nel finale è servito un astro nascente come l’inglese
Facciamo un gioco di fantaciclismo. Prendi tutti i velocisti con cui ti sei incontrato in carriera e supponiamo che tutti siano all’apice della carriera. Chi è il più forte?

Eh – ci pensa un po’ Sabatini – se devo fare una classifica metto primo il Peta! Alessandro quando partiva era impressionante e aveva una volata veramente lunga. Lui forse non aveva il picco più alto ma ti faceva 1.500 watt per 30”-40” e con questi valori fai una differenza pazzesca. Lui, non credo di averlo mai lasciato al di sotto dei 200 metri. Lui e Kittel fanno parte di quegli sprinter che quando li lasci e sei già lanciatissimo aumentano ancora la velocità. Poi alla pari metto Cavendish e Viviani. Gente così con un treno è davvero pericolosa!

Viste le esigenze dei percorsi attuali (con più dislivello), secondo te limitano il potenziale degli sprinter proprio nelle volate?

Certo che li limitano e lo si vede anche dalle squadre che si fanno ormai per i grandi Giri. Difficilmente una WorldTour, a meno che non sia una “novellina”, porta il velocista o il treno per il velocista. Al massimo un uomo o due gli mettono vicino. Anche perché che garanzie può dare uno sprinter? Oggi c’è sempre una salitella prima dell’arrivo. E se la supera arriva stanco in volata. Ma questo dipende anche dai punteggi dell’UCI.

Vai avanti…

Finché non cambieranno del tutto – so che sono stati ritoccati per fortuna – sarà sempre così. Meglio fare un decimo nella generale che vincere diverse tappe. Guardiamo la Vuelta di quest’anno. Ma voi lo portereste un velocista? La prima tappa è una cronosquadre, nella seconda c’è una salitella nel finale e alla terza si arriva già ai 2.000 metri di Andorra. Tante volte lo sprinter ha bisogno delle prime tappe per carburare, così rischia di finire fuori tempo massimo.

Jakobsen con Merlier (a sinistra). Da quest’anno i due corrono insieme. Per Sabatini, Jakobsen di fatto avrà un “rivale” in casa
Jakobsen con Merlier (a sinistra). Da quest’anno i due corrono insieme. Jakobsen di fatto avrà un “rivale” in casa
Torniamo a noi. Merlier ha il potenziale per impensierire Jakobsen? Alla fine è una nuova leva che arriva nella squadra dove tutti migliorano…

Sono stato sei anni in quel gruppo e vige la filosofia che va avanti “chi va più forte”. Lefevere non guarda in faccia nessuno. Sono molto d’accordo quando avete scritto che la squadra del Tour verrà decisa poche settimane prima della corsa. E’ verissimo, posso garantirlo. E se Merlier dovesse vincere le corse in quel periodo e Jakobsen dovesse perderne qualcuna state certi che in Francia portano Merlier. Se Jakobsen vuol restare alla Soudal-Quick Step deve sapere che Lefevere avrà sempre almeno due velocisti. Insomma un “problema” ce lo avrà sempre.

In quella classifica dei velocisti di prima, dove collocheresti Jakobsen?

Tra Petacchi e Kittel. Fabio è davvero potente. In una volata regolare, quando Morkov si sposta è difficile che qualcuno riesca a passarlo. Quando è successo è perché ci sono state dinamiche particolari.

La scuola è finita, Bagioli vuole una vittoria importante

10.01.2023
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Le prime tre stagioni di professionismo gli hanno cambiato lo sguardo e la voce. Andrea Bagioli ha ancora 23 anni e un’esperienza importante. Quindici vittorie in due anni da junior, undici in due anni da U23. Due volte la Vuelta e nel 2022 il debutto al Tour. Il mondiale negli ultimi tre anni: due con Cassani e uno con Bennati. Quattro vittorie da pro’, l’ultima al Catalogna lasciandosi dietro nomi importanti. Nel frattempo, una serie di incidenti di percorso che non gli hanno permesso di essere costante. E visto che alla fine dell’anno scade il contratto, la sensazione di volersi scrollare di dosso la iella e puntare più in alto è la nota costante nelle sue parole (in apertura, è con Tim Declercq).

Con questa volata nella tappa di Barcellona, Bagioli ha battuto Attila Valter e conquistato il successo
Con questa volata nella tappa di Barcellona, Bagioli ha battuto Attila Valter e conquistato il successo
Sarà più un fatto di alzare l’asticella oppure di non fermarsi di continuo per vari problemi?

Entrambe le cose. Dopo tre anni, è il momento di alzare un po’ l’asticella e dimostrare qualcosa di più. Qualcosa ho già fatto, però manca sempre qualcosa. L’ultima stagione è stata così e così, non sono mai stato costante per vari problemi di salute, fra covid e bronchite. Quindi speriamo di non avere alti e bassi e stare sempre a un livello medio/alto.

Ora che il problema Covid appare più gestibile, si riuscirà a correre più tranquilli?

Lo spero, vedo che anche in squadra c’è meno ansia. Si cerca ugualmente di stare attenti, però non è come l’anno scorso o due anni fa (Andrea è passato professionista nel 2020 del primo Covid, ndr). Anche mentalmente, almeno per me, questo fa tanto. Si è più rilassati, c’è meno paura.

Il programma 2023 l’hai scelto tu o l’hanno scelto per te?

Un po’ e un po’. Ho detto dove volevo partire e loro hanno cercato di venirmi incontro. Inizierò a Mallorca, poi vorrei fare Drome e Ardeche, per arrivare pronto in Italia per Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. Drome e Ardeche saranno un bel test. Drome l’ho vinta, sono percorsi ondulati perfetti per me. Certo anche far bene a Mallorca non sarebbe male, però diciamo che l’appuntamento principale è quello di essere in forma da marzo fino ad aprile, fino alle classiche.

Le buone prove al Delfinato sono valse a Bagioli la chiamata per il Tour: qui con Roglic, vincitore finale
Le buone prove al Delfinato sono valse a Bagioli la chiamata per il Tour: qui con Roglic, vincitore finale
Un cambio di preparazione, insomma…

Ho parlato con il preparatore questo inverno e gli ho detto che volevo partire un po’ più piano. Gli altri anni andavo forte già a novembre/dicembre e arrivavo in forma magari a fine gennaio, inizio febbraio. Poi era normale che arrivassi in calo per marzo e aprile. Quindi quest’anno si è fatta una partenza parecchio più piano. Fino ai primi giorni dell’anno ho sempre lavorato, ma non eccessivamente. Poi dal ritiro di Calpe, si sta cominciando a fare qualche lavoro specifico, avendo curato nel frattempo soprattutto l’endurance.

Come si fa a trovare spazio in una squadra così piena di numeri uno?

Devi andare forte, perché quando in squadra hai Alaphilippe oppure Remco, non è facile trovare degli spazi. E’ normale che si parta con loro come capitani, quindi io devo trovare un varco, dimostrare che vado forte nel periodo stabilito e poi trovare il momento giusto, magari, per anticipare.

Il contratto in scadenza prevede anche che ci si guardi intorno oppure lo scopo è essere confermati?

Entrambe le cose. Ci si può guardare intorno oppure si può anche rimanere, si valuta tutto. Ma è ancora presto, solitamente si inizia a parlarne a primavera, verso aprile o maggio.

Dopo il podio di Montreal, dietro Pogacar e Van Aert, Bagioli era l’azzurro più atteso ai mondiali, ma non ha brillato
Dopo il podio di Montreal, dietro Pogacar e Van Aert, Bagioli era l’azzurro più atteso ai mondiali, ma non ha brillato
Quando hai visto l’Andrea più forte?

Penso di averlo visto quest’anno al Giro del Delfinato. Non ho vinto però ero veramente forte (proprio grazie alle sue buone prove, arrivò la chiamata per il Tour, ndr). Oppure anche in Canada, a Montreal, quando sono arrivato terzo.

L’obiettivo è vincere o rendersi utili?

Se serve, mi renderò utile, ma sinceramente voglio vincere. Per ora ho ancora quel carattere, voglio la vittoria. Poi se con gli anni vedrò che non è proprio il mio ambito, mi metterò a disposizione della squadra.

Forse si ragiona così proprio per l’abbondanza di campioni e il poco spazio?

E’ probabile che sia uno dei fattori di cui tenere conto per il futuro. Avere questi campioni intorno sicuramente incide. Se fossi un’altra squadra, magari sarebbe diverso.

Al termine della presentazione, Bagioli, Ballerini e gli altri hanno sfilato sotto la pioggia (foto Wout Beel)
Al termine della presentazione, Bagioli, Ballerini e gli altri hanno sfilato sotto la pioggia (foto Wout Beel)
Nel 2023, niente Giro e ancora Tour?

Forse il Tour, però è ancora presto per dirlo. Vedremo dopo le classiche, dopo la Liegi. Mi dispiace saltare il Giro, perché correre in Italia per me sarebbe il massimo e il Giro non l’ho mai fatto. Però d’altro canto capisco anche la squadra, che vuole puntare tutto su Remco.

Come lo vedi il campione del mondo?

Vi dirò, lo vedo più tranquillo e più rilassato. Sembrava più teso e un po’ più nervosetto il primo anno che ero qua. Adesso, nonostante abbia vinto tutto o quasi tutto, lo vedo tranquillo. In allenamento è sempre simpatico, ma anche fuori. Parla, scherza, ride… Mi trovo bene con lui.

Vogliamo risentire presto l’urlo di Ballerini

09.01.2023
6 min
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Alla fine dell’anno scade il contratto e a settembre Ballerini compirà 29 anni. Il tempo passa, le vittorie sono arrivate, ma i sogni restano più in alto. Il suo è legato indirettamente e involontariamente al cognome che porta, quasi un’eredità ineluttabile.

«E’ arrivata l’ora di puntare in alto – dice Davide con una punta di nostalgia – sono quasi vecchio. Durante la presentazione guardavo le date di nascita degli altri ragazzi e ti rendi conto che gli anni volano. Allora bisogna puntare veramente in alto. Sembra difficile da dire, ma il mio sogno è uno e resterà sempre quello. Cercherò di provarci fino in fondo, anche se bisogna che i satelliti si allineino nel punto giusto e al momento giusto. Però finché non ci credi, di sicuro non si avvererà mai nulla».

Davide Ballerini è nato il 21 settembre 1994 a Cantù. E’ alto 1,83 per 77 chili
Davide Ballerini è nato il 21 settembre 1994 a Cantù. E’ alto 1,83 per 77 chili

La legge di Lefevere

La Soudal-Quick Step in lui ha fiducia, ma lo sapete com’è fatto Lefevere. Arriva sempre il momento in cui tira la riga e si mette a far di conto. E la sensazione, parlandone con Ballerini è che il primo a sentirsi poco soddisfatto sia proprio lui. Tanto più che andare a giocarsi le classiche del Nord in una squadra come la Soudal-Quick Step significa sottoporsi più o meno indirettamente a certi trials.

«Andare su con questa squadra – conferma – è importante. Partiamo in 8 e, di questi, almeno 6-7 si possono giocare la vittoria. Non è facile. Vista dall’esterno, capisco tanta gente che dice: “Eh, ma lì non puoi giocarti le tue carte quando vuoi”. Non è vero, bisogna saper sfruttare l’attimo. Bisogna essere in forma e ovviamente quando sei in forma la squadra lo vede e fa la gara per te».

Omloop Het Nieuwsblad 2021: Alaphilippe e Stybar lavorano per Ballerini. Arriva così la vittoria in volata
Omloop Het Nieuwsblad 2021: Alaphilippe e Stybar lavorano per Ballerini. Arriva così la vittoria in volata
E’ legge uguale per tutti?

La Omloop Het Nieuwsblad del 2021 l’ho vinta perché la squadra ha fatto la gara per me. Sapevano che ero in condizione, io sapevo di star bene ed ero convinto di vincerla. A 20 chilometri dalla fine ci siamo messi d’accordo tutti quanti. Io stavo bene e si è deciso di fare la gara per Ballero: per questo siamo arrivati in volata ed è andata bene. Non sempre quando sei consapevole di poter vincere una gara la vinci. Però le possibilità te le danno anche qua. Questo è poco ma sicuro. E poi c’è un’altra cosa molto importante…

Qual è?

Noi cerchiamo di arrivare al top della condizione in blocco. Quindi siamo tutti e otto competitivi. Da Tim Declercq che tira dal primo chilometro e anche gli altri che fanno i lavori che non si vedono durante la gara. Quindi sta all’onestà del corridore mettersi a disposizione se sa di non essere al 100 per cento. Come ho fatto io all’Amstel l’anno scorso. Sapevo che era la mia prima gara dopo i problemi con l’influenza e mi sono messo a disposizione. Ho fatto il mio lavoro e questo è molto importante.

Doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Siete davvero un gruppo di amici?

Tutti quelli che corrono insieme a me li considero miei amici. Correndo insieme ai belgi, leghi molto di più. Abbiamo un feeling diverso e più tempo stiamo insieme, più il Wolfpack prende forma. Anche tutti questi ritiri servono a cementare la squadra. Dopo l’inizio di stagione, andrò ancora con la squadra per preparare le classiche. Ci saranno quei 5-6 che sanno di fare quasi tutte le classiche, quindi potevo andare in ritiro anche dove volevo io, ma ho preferito restare con loro. E’ molto importante fare gruppo.

Hai parlato del rientro all’Amstel dopo l’influenza: che cosa ti è successo nel 2022?

Sono stato spesso male. Ho iniziato al Saudi Tour e ho preso il Covid. Vabbè, può capitare. Sono andato in ritiro e ho fatto 20 giorni di clausura sul Teide. Sono tornato, ho fatto la Tirreno e subito dopo mi sono ammalato per la prima volta. Ho deciso di saltare la Sanremo e ho fatto Harelbeke. Sembrava che stessi bene, invece dopo due giorni sono ricaduto e ancora adesso non so perché. Magari non avevo recuperato bene, ho accelerato i tempi per le classiche e da lì sono rimasto fuori fino all’Amstel. Ci sono andato per mettere un po’ di ritmo nelle gambe. Ho lavorato per gli altri, la gamba c’era. La Roubaix infatti è iniziata bene, benissimo direi.

Dopo aver partecipato ai mondiali strada di Wollongong, eccolo a Cittadella in quelli gravel
Dopo aver partecipato ai mondiali strada di Wollongong, eccolo a Cittadella in quelli gravel
Racconta…

Sono riuscito a entrare nella fuga buona, ero nel momento giusto al posto giusto. Invece ho bucato nel punto peggiore, a metà della Foresta. Ho bucato due ruote, ho dovuto cambiarle, poi è stato tutto un rotolamento verso il basso. Diciamo così…

Dopo un’annata così storta, l’inverno è più carico di attese?

Di sicuro sono consapevole che i mezzi per far bene li ho. Devo solo credere un po’ più in me stesso. D’inverno si mette una grandissima base per quanto riguarda la stagione. Bisogna lavorare bene e non strafare. Io vado spesso in condizione velocemente. Quindi, dato che i miei obiettivi sono le classiche e non l’inizio stagione, dovrò cercare di andar forte più avanti. Anche perché se ci si arriva con una condizione che non è al 100 per cento, non è facile migliorare e tantomeno recuperare. Ogni tre giorni c’è una gara, bisogna gestire bene il calendario… 

Che vuol dire essere 100 per cento alle classiche?

Vuol dire se non sei almeno al 100 per cento, se ci arrivi che sei al 90, prendi il via nella prima gara, diciamo Harelbeke, e già non recuperi bene. Essere al 100 per cento vuol dire anche recuperare perfettamente quello che spendi durante ogni gara. E non è facile farlo durante queste classiche, perché il dispendio di energie è veramente impressionante. Soprattutto ultimamente, le gare di un giorno stanno diventando una cosa folle. Andiamo sempre più forte. La fuga va via, ma magari dopo un’ora e mezza. Il livello del gruppo si è alzato.

La Bernocchi è stata la penultima corsa del 2022 e anche la 2ª vittoria di stagione
La Bernocchi è stata la penultima corsa del 2022 e anche la 2ª vittoria di stagione
Da cosa si capisce?

Mi è capitato di vedere il Lombardia in televisione e sul Ghisallo sono rimasti 40 corridori. Sentivo certi telecronisti dire che non stavano andando forte, quando invece non c’erano differenze perché andavano tutti forte. Il livello medio si è alzato moltissimo e per questo bisogna fare tutto al 110 per cento. Se alle classiche arrivi con la condizione ottimale, riesci a mantenere e recuperare. Se invece non sei al top, dipende da quello che ti manca. Se manca un po’ di ritmo, fai una classica e lo trovi.

Dopo le classiche farai il Giro?

Tirerò una riga dopo la Roubaix e decideremo con la squadra. Sono nella rosa dei 10 e il Giro è sempre fantastico. Mi metterò a disposizione della squadra, soprattutto con uno come Remco, che ha dimostrato di saper fare delle belle cose. E’ cresciuto molto mentalmente e crescerà ancora. Sì, ce la metterò tutta per partecipare al Giro.

Jakobsen è davvero l’uomo più veloce del mondo?

08.01.2023
5 min
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«Se penso di essere l’uomo più veloce del mondo? Se guardi alla punta massima di velocità – dice Jakobsen – non tanti riescono a passarmi quando parto. E’ quello per cui mi alleno e per questo posso dire che hai ragione. Per contro, magari non sono il velocista più forte del mondo, visto che devo sempre lottare col tempo massimo. Funziona così: se vuoi essere il più veloce, devi soffrire in salita. E al Tour sono tutti così al massimo che ogni cosa è amplificata. Ma io sono fatto così e non voglio cambiare. Non per ora, almeno…».

Jakobsen è nato il 31 agosto 1996 a Heukelen, in Olanda. E’ pro’ dal 2018. E’ alto 1,81 e pesa 78 chili
Jakobsen è nato il 31 agosto 1996 a Heukelen, in Olanda. E’ pro’ dal 2018. E’ alto 1,81 e pesa 78 chili

Dieci anni in uno solo

E’ il pomeriggio della presentazione della Soudal-Quick Step. Il campione europeo si racconta alla vigilia del debutto alla Vuelta San Juan, in cui Evenepoel ha detto che si metterà al suo servizio.

«Per me sarebbe difficile fare il contrario – sorride – ma siccome c’è una tappa anche per lui, quel giorno saremo tutti per lui e la classifica sarà a posto».

I segni della caduta del Polonia sono ancora sul suo viso, ma la sensazione è che si possa finalmente voltare la pagina e parlare d’altro. Anche se quell’episodio continuerà a pesare per sempre sulla sua carriera, rinata lo scorso anno con 13 vittorie fra cui una tappa al Tour e l’europeo di Monaco.

«A 26 anni non sono vecchio – ammette – ma sono invecchiato di dieci anni in uno solo e ho cambiato il mio modo di vedere la vita. Il ciclismo è importante, ma gli equilibri da quel giorno sono cambiati. La mia vita, la famiglia e gli amici sono più importanti. Qualcuno con un punto di vista molto positivo, mi ha chiesto se mi sia servita. Io francamente ne avrei fatto a meno».

Il campione del mondo e il campione d’Europa affiancati sulle strade di Calpe (foto Specialized)
Il campione del mondo e il campione d’Europa affiancati sulle strade di Calpe (foto Specialized)
Tredici vittorie nel 2022, quale sarà il tuo programma?

Sarà simile all’ultimo anno. Farò la Tirreno-Adriatico invece della Parigi-Nizza, ma tutto sommato si somigliano. Dopo la Tirreno sarò nella lunga lista di tutte le corse del calendario, in attesa che si facciano le selezioni definitive. Sono anche nella lista del Fiandre, ma per quello sono in fondo.

La Sanremo?

Anche quella è una possibilità, oltre a essere un sogno, ma l’anno scorso mi è parsa troppo dura (chiuse 86° a 6’01” da Mohoric, ndr). Anche se ho avuto i migliori valori di sempre, sono stato comunque staccato. Spero di essere cresciuto ancora un po’. In questa squadra devi sempre dimostrare di essere in forma e tutto sommato penso che sia il modo più onesto di fare le cose».

Tredici a quattro: questo il bilancio di vittorie 2022 fra Jakobsen e Merlier, che da quest’anno corre con lui
Tredici a quattro: questo il bilancio di vittorie 2022 fra Jakobsen e Merlier, che da quest’anno corre con lui
Quasi tutti i velocisti in circolazione hanno un migliore rapporto con le salite… 

Per stare con i 26 che vanno via sulla Cipressa come nel 2021, dovrei trasformarmi, ma non è questa la mia priorità. Penso che il mio obiettivo resterà sempre rimanere un velocista puro. Ci sono molti esempi in passato di corridori che hanno provato a cambiare. Sono migliorati in salita, ma hanno perso velocità. Voglio puntare a corse come la Gand-Wevelgem, posso semmai lavorare per tenere su quei muri. Ma per il resto, ci sono tanti che fanno le volate e per batterli bisogna essere soprattutto veloci. Penso a Philipsen, allo stesso Van Aert, a Caleb Ewan che tornerà forte e anche a Tim Merlier, che da quest’anno corre con noi…

Un’altra convivenza difficile come quella con Cavendish l’anno scorso? Mark non prese bene l’esclusione dal Tour…

Ho capito che ha reagito così perché se guardavi solo il suo palmares e le quattro vittorie dell’anno precedente, era logico che pensasse di meritare quel posto. Ma in questa squadra, una selezione finale viene fatta solo una settimana e mezza prima del Tour. Col senno di poi, non avremmo dovuto fare quell’annuncio a gennaio. Quest’anno sapremo chi sarà il velocista numero uno dopo il primo trimestre di corse, così ha detto Patrick (Lefevere, ndr). Sia io che Tim faremo del nostro meglio in primavera. E poi ci saranno le gare che portano alla partenza del Tour. Io sono nella lista, ma non metterò la mano sul tavolo dicendo che voglio essere il primo velocista.

Secondo Jakobsen, Lefevere sbagliò a dire sin da gennaio che fosse lui il primo per il Tour al posto di Cavendish
Secondo Jakobsen, Lefevere sbagliò a dire sin da gennaio che fosse lui il primo per il Tour al posto di Cavendish
Avere accanto un ultimo uomo come Morkov è un valore aggiunto?

In realtà serve tutta la squadra. Ho fatto tanti sprint da solo, ma non lo raccomando a nessuno. Avere una squadra che ti porta al posto giusto è una sicurezza, quasi la garanzia di vincere. Ci alleniamo provando treni su treni, così che quando Morkov prende in mano la corsa, il grosso del lavoro è già fatto.

La volata perfetta?

Rettilineo largo di 400-500 metri e la squadra accanto. In realtà non è detto che sia la soluzione più sicura, perché c’è spazio per tutti e per le loro squadre, per cui è un continuo rimescolarsi. La volata perfetta è la volata sicura. Vincere è bello, ma non voglio finire ancora sull’asfalto per una vittoria.

Morkov è il migliore al mondo nel ruolo di ultimo uomo: fa spesso la differenza
Morkov è il migliore al mondo nel ruolo di ultimo uomo: fa spesso la differenza
E’ giusto avere paura?

La paura c’è sempre, se non ne hai sei avventato o stupido. Avere paura ti aiuta a restare in sella nei momenti di massima tensione.

Il via da San Juan. La Tirreno. La Sanremo. Le corse del pavé, con un occhio alla Roubaix in cui dice che gli piacerebbe aiutare i compagni. Il Tour, cercando di vincere una tappa più dello scorso anno. E poi, se la condizione sarà all’altezza, ammette che un pensierino al mondiale l’ha fatto e ne sta già parlando con i tecnici della nazionale. E’ la difesa strenua di una specializzazione quasi estinta, con la convinzione non confessata che correndo e maturando riuscirà naturalmente a perdere qualche chilo e a digerire meglio le odiate salite. E’ un libro ancora da scrivere. Te lo dice con lo sguardo limpido e la voglia di fare.

A tavola con Remco: prima il Giro, per il Tour si vedrà

07.01.2023
7 min
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Quel che colpisce in Remco Evenepoel (finora) è l’assenza di sudditanza nei confronti del Tour. Dopo la vittoria della Vuelta, gli organizzatori francesi hanno detto che alla Boucle di quest’anno sarebbe ospite gradito, ma il belga ha risposto che il 2023 sarà l’anno del Giro. Ed ha poi aggiunto, ieri durante gli incontri con la stampa a margine della presentazione della squadra, che se anche uscisse dal Giro con una gamba spaziale, ugualmente non andrebbe in Francia.

«Voglio proseguire nel mio progetto di crescita – ha detto – che prevede la Vuelta, il Giro e poi semmai il Tour. I programmi non si cambiano. Il Tour nel 2024? Vediamo. Se dovessi vedere che il percorso della Vuelta è meglio per me, tornerei in Spagna. Farò il Tour prima o poi, questo è certo, ma non ho fretta».

Primo ritiro a Calpe, Remco ha lavorato per arrivare pronto al debutto argentino: si parte il 10 gennaio (foto Specialized)
Primo ritiro a Calpe, Remco ha lavorato per arrivare pronto al debutto argentino: si parte il 10 gennaio (foto Specialized)

La calma dei forti

Capelli in perfetto ordine, guance lisce, addome piatto e cosce che spingono sotto i jeans, il ragazzino è cresciuto. E se anche il rinviare la sfida francese fosse il modo per stare alla larga da certi clienti, la sensazione è davvero quella del cammino ragionato e condiviso. E’ padrone di sé e di ottimo umore.

Le vittorie hanno avuto il loro peso. E forse anche il riconoscimento da parte di Eddy Merckx ha contribuito a non farlo più sentire un estraneo. Non ne aveva mai cercato l’approvazione, era sempre stato alla larga dai paragoni, ma il Cannibale si era messo di traverso. Adesso, con l’investitura del grande belga e un anno come l’ultimo, Evenepoel ha capito di avere un posto al tavolo dei grandi. E con il matrimonio a dargli equilibrio giù dalla bici, si può dire che il quadro sia quasi perfetto.

Si parla a un tavolo con altri giornalisti venuti da vari Paesi d’Europa. Nella grande sala allestita per la presentazione della Soudal-Quick Step, un tavolo è stato predisposto per i fiamminghi, uno per i francesi e uno per il resto del mondo, ma per essere certi di non perdere una sola parola, si girano un po’ tutti.

Intervistato sul palco, Remco ha confermato la sua volontà secca di correre il Giro
Intervistato sul palco, Remco ha confermato la sua volontà secca di correre il Giro
Come stai?

Tutto bene. Con mia grande sorpresa, è stato un inverno abbastanza tranquillo. Senza molto stress. Anche perché ho detto parecchi no, ovviamente. Mi sono limitato alle cerimonie di premiazione, saltando i programmi televisivi.

Nel frattempo, ti sei anche sposato. La vita è cambiata davvero tanto?

Il ciclismo dura solo un breve periodo della tua vita, una moglie di solito è per sempre (ride, ndr). Dopo il matrimonio, si è aperto un nuovo mondo. Ogni tanto guardo questo anello, ne sono molto contento.

Presto l’inverno tranquillo finirà, hai paura dello stress in arrivo?

Non proprio, credo di poter gestire abbastanza bene quella pressione. Inoltre è importante saper individuare bene i momenti stressanti. Ecco perché scelgo consapevolmente blocchi di allenamento lunghi e allenamenti in quota. Se le competizioni sono periodi di grande pressione, allora nei ritiri posso ricaricare le batterie e lasciar andare lo stress. Si dice che io corra poco, ma a parte la Vuelta San Juan che servirà per rompere il ghiaccio, faccio sempre gare di alto livello e corro sempre per vincere. Questo rende il mio calendario comunque molto intenso.

Spiritoso e pronto alla battuta, ha scherzato con i giornalisti, senza però sottrarsi alle domande
Spiritoso e pronto alla battuta, ha scherzato con i giornalisti, senza però sottrarsi alle domande
Stai andando verso il Giro, con le stesse parole con qui andasti alla Vuelta: una tappa e un piazzamento…

Esatto, con qualche ostacolo di più. La neve a primavera renderà più difficile esplorare in anticipo le tappe del Giro, altrimenti cercherò di seguire lo stesso schema.

Che sarebbe?

Un periodo in quota, poi una corsa a tappe (il Giro di Catalogna, ndr). Un altro allenamento in quota, quindi la Liegi-Bastogne-Liegi, un’altra settimana in altura e poi il Giro. La Liegi svolgerà lo stesso ruolo che ha avuto San Sebastian l’anno scorso, con la differenza che sarò il vincitore uscente e avrò indosso la maglia iridata. Sarà la giornata più speciale dell’anno. Si spera con esiti altrettanto positivi.

Hai parlato tanto della quota, hai messo nella tua casa di Calpe la camera ipobarica?

No, purtroppo non c’era posto (ride, ndr).

Interviste finite, resta la presentazione sul palco esterno, ma per Remco non mancano mai richieste di autografi
Interviste finite, resta la presentazione sul palco esterno, ma per Remco non mancano mai richieste di autografi
Tornando al Giro, sei sicuro che tutti berranno il tuo basso profilo? L’anno scorso era sostenibile, dopo aver vinto la Vuelta però…

E’ molto difficile prevedere come andrà la classifica. Ovviamente spero di piazzarmi di nuovo tra i primi cinque, con il podio come sogno assoluto. Ma possono succedere tante cose. Sfortuna al momento sbagliato nella prima settimana e addio… Il Giro è completamente diverso dalla Vuelta. Dovremo pianificare attentamente le nostre giornate: dove attaccare, dove invece togliere il piede dall’acceleratore.

Si parla di portare al Giro la squadra della Vuelta: sarà così?

Difficile dirlo adesso. Ho alcuni uomini che mi piacerebbe avere e che normalmente ci saranno: Vervaeke, Van Wilder e Serry. Inoltre mi sarebbe piaciuto avere Alaphilippe, ma poiché farà anche le classiche del pavé, potrebbe essere difficile far combinare tutto. Poi servirà anche qualcuno per le tappe pianeggianti, qualcuno che sappia fare la differenza. Uomini come Lampaert, Asgreen o Ballerini. Insomma: tre o quattro nomi sono fissi, gli altri verranno fuori.

Ti ha stupito che Roglic verrà al Giro?

Abbastanza. Ho trovato sorprendente che una settimana prima abbia detto che il Giro arriva troppo presto rispetto all’operazione alla spalla, poi ha annunciato la sua presenza. Troverei strano che si sia messo a fare pretattica. Penso sia bello averlo in corsa, sono curioso. Spero che si riprenda bene e venga fuori un altro bel duello.

Bramati segue Remco da quando è passato e sta già lavorando al progetto Giro
Bramati segue Remco da quando è passato e sta già lavorando al progetto Giro
Sarà lui l’uomo da battere?

Credo di si. Ha più esperienza di me, non ha paura, attacca nelle situazioni più disparate. Su un finale in ripida salita, su un finale da scattisti, anche in pianura. Ha vinto tre volte la Vuelta, è stato terzo al Giro. Se partiamo dal palmares, Roglic sarà il miglior corridore da grandi Giri presente in Italia. Ma attenzione, ci saranno anche Vlasov e Thomas, vedrete che altri nomi salteranno fuori.

Quanto è stato difficile non scegliere il Tour?

Sono convinto che si possa fare un solo Grande Giro in modo decente per stagione. Un secondo è possibile solo se ogni tanto ti prendi un giorno libero. Ma non fa parte del mio stile. I tre Grandi Giri per me sono sullo stesso piano. Ecco perché ogni anno cercherò quale dei tre mi si addice di più.

Senti di essere cresciuto grazie alla tua vittoria alla Vuelta?

Da una vittoria così, impari davvero tanto. Ad esempio, che la cronometro in un Grande Giro è completamente diversa dalla cronometro di un giorno, se non altro per la fatica che porti con te. Oppure adesso so che pochi giorni dopo una caduta, ne hai sempre uno meno brillante e non devi farti prendere dal panico. Come poteva accadere alla Vuelta nel giorno di Sierra Nevada. Ma soprattutto ho trovato il perfetto equilibrio in termini di peso, alimentazione, potenza. Difficilmente mi stupisco per qualcosa nella mia preparazione. Essere così pochi mesi prima del Giro, è una sensazione rilassante.

Phil Lowe, addetto stampa del team, segue Remco passo dopo passo: la giornata ha avuto ritmi serrati
Phil Lowe, addetto stampa del team, segue Remco passo dopo passo: la giornata ha avuto ritmi serrati
Essere così acclamati rischia di farti sentire un supereroe?

La folla nella piazza di Bruxelles mi ha fatto capire che avevo fatto davvero qualcosa di speciale. Ma non importa quanta attenzione riceva, quando torno a casa e chiudo la porta dietro di me, sono ancora il ragazzo di sempre, che non vola e che tiene i piedi per terra. E che quando serve fa le faccende di casa.

Anche tu lavi i piatti?

Sì, anche io (ride, ndr). Lavo i piatti e vengo rimproverato dalle mie donne o da mio padre se mi metto in testa qualcosa che a me piace tantissimo e invece è una sciocchezza. E’ così che dovrebbe essere. E’ così che mi piacerebbe rimanere.