La Scott Foil di Alberto Dainese e del Team DSM

08.02.2023
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Presentata ufficialmente l’estate scorsa, l’ultima versione della Scott Foil è una bici marcatamente aerodinamica nelle forme e nel concept. Quello che sorprende però, è il fatto che viene utilizzata anche dagli scalatori del Team DSM, uno su tutti Romain Bardet, corridore attento ai dettagli tecnici, al peso e alle performances della bicicletta. L’atleta transalpino ha usato la Foil anche nel corso delle frazioni più impegnative del Tour.

Dainese al campionato europeo 2022 di Monaco
Dainese al campionato europeo 2022 di Monaco

Ovviamente la Scott Foil è un riferimento per i velocisti e per i passisti. Abbiamo chiesto ad Alberto Dainese di descrivere la sua bici nella versione 2023, che rispetto a quella utilizzata nella seconda parte di stagione 2022 presenta delle differenze. La famiglia Syncros/Scott fornirà anche le selle (al posto di Pro Bike Gear) e ci sarà un’impiego maggiore dei tubeless. Entriamo nel dettaglio

Quando hai iniziato ad usare l’ultima versione della Scott Foil?

Mi è stata consegnata poco prima del Tour 2022 e da quel momento non l’ho più abbandonata. In precedenza non utilizzavo la Foil, parlo della versione precedente, ma la Addict ed effettivamente le due bici sono molto differenti. Di sicuro la bici aero è più adatta alle mie caratteristiche, ma è ampiamente utilizzata anche dagli scalatori.

Il profilo ridottissimo del manubrio Syncros e gli shifters leggermente all’interno (eltoromedia.com)
Il profilo ridottissimo del manubrio Syncros e gli shifters leggermente all’interno (eltoromedia.com)
Quali sono le differenze maggiori che hai notato, rispetto alla Addict?

La Foil è molto veloce, fattore che diventa un supporto notevole alle mie caratteristiche, è una di quelle biciclette che scappa via quando cambi ritmo, davvero facile da lanciare. E’ più rigida della Addict, che invece mi trasmetteva un comfort maggiore. Durante le azioni di rilancio, ad esempio negli sprint, la nuova Foil sostiene di più nella parte anteriore e il carro posteriore sembra scaricare maggiormente la potenza espressa.

La Addict non era ugualmente rigida?

Non è quello, solo che la rigidità della Foil è una delle peculiarità che ha lasciato impressionati parecchi di noi corridori. E poi il peso contenuto, anche questo un fattore che è stato considerato in maniera positiva anche dal gruppo degli scalatori del team.

Effettivamente al Tour è stata usata anche da Bardet!

Si esatto, non solo da lui, ma come dicevo da tutti gli scalatori. Bardet argomentava proprio il fatto che non avendo una grossa differenza di peso con la Addict, ma essendo più rigida, reattiva e fluida anche intorno ai 30 all’ora, ci stava il fatto di usarla anche su ascese lunghe ed impegnative. Ormai si tengono delle andature elevate anche in salita e per lunghi tratti quando il naso è all’insù. Non sono uno scalatore, ma credo che una bici aero possa dare un aiuto e una serie di vantaggi.

Anche la versione dei tubeless N.EXT in dotazione al team (eltoromedia.com)
Anche la versione dei tubeless N.EXT in dotazione al team(eltoromedia.com)
Qual’è il tuo setting preferito per le gare?

Preferisco sempre le ruote con il profilo da 50, che ormai sono da considerare intermedie. Solo in qualche occasione chiedo di usare le 60, quando le tappe sono piatte. Abbiamo i tubeless Vittoria, con sezioni comprese tra i 26 e 28 millimetri. Per i rapporti prediligo la combinazione 54-40 per le corone. Ho montato il 56 solo un paio di volte, una al Giro e una all’UAE Tour, ma onestamente preferisco sfruttare una maggiore agilità.

Hai cambiato qualcosa rispetto al 2022?

Rispetto alla stagione scorsa ho chiesto di allungare lo stem del manubrio integrato e utilizzo, quasi in controtendenza, il manubrio da 42 centimetri di larghezza. Facendo un paragone con la stagione passata, abbiamo cambiato le selle, che ora sono Syncros e io utilizzo la versione Belcarra.

Per quanto riguarda i rapporti dietro?

Lo standard è 11-30, almeno per quello che mi riguarda. Poi ci sono delle situazioni in cui viene montata la scala 11-34, ma è per salvare la gamba nelle frazioni più dure e non adatte a me.

La bici da gara si discosta da quella che hai per l’allenamento?

E’ uguale, non ci sono differenze ed è un vantaggio non da poco, perché il feeling rimane quello. L’unica diversità sono gli pneumatici, in allenamento uso le camere d’aria, più che altro per una questione di abitudine.

Orbea Orca Aero, quando la velocità diventa facile

26.01.2023
7 min
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Il test della Orbea Orca Aero

La nuova Orbea Orca Aero è l’esempio di quanto una bicicletta aerodinamica può influire sulla velocità. Ci vuole la gamba, ma è pur vero che il giusto mezzo e questa Orca lo è, con il setting adeguato, diventa un’arma a favore della performance.

La Orbea Orca Aero, velocissima
La Orbea Orca Aero, velocissima

L’abbiamo provata nella versione M20iLTD, ovvero quella con la trasmissione Ultegra 12v e le ruote Vision40 SC. Inoltre abbiamo chiesto direttamente ad Orbea di argomentare alcune scelte tecniche che ritroviamo sulla bicicletta. La parola al Product Manager di Orbea, Joseba Arizaga.

A chi si rivolge il progetto Orca Aero?

Orca Aero, come tutte le bici Racing, è un progetto destinato ai rider che interpretano la bicicletta come un elemento che consente di migliorare la sua prestazione individuale. Nel caso di Orbea Orca Aero il miglioramento della performance arriva in termini aerodinamici, in quanto il telaio e il cockpit sono stati disegnati per raggiungere la migliore efficienza ad alta velocità e salite fino al 5%. Aerodinamica e rigidità sono prioritari, mentre il peso è il risultato del rapporto ottimale tra la rigidità ed il peso.

E’ possibile rimuovere completamente l’inserto che troviamo sotto la tubazione obliqua?

Si, effettivamente può essere rimosso, in quanto non è un elemento a norma UCI. Questo toolbox è lo stesso che è stato disegnato per la Ordu e considerando la sua utilità e miglioramento aerodinamico, è stato inserito nella bicicletta. Bici moderne, soluzioni di storage moderne. Sarà una decisione del ciclista se utilizzarlo oppure no.

Sulla Orca Aero è possibile montare i portaborraccia standard? Avete misurato le differenze rispetto ai portaborraccia aero concept? E poi, in termini di efficienza aerodinamica, meglio una o due borracce?

Sì è possibile montare dei portaborraccia standard. Comunque la capacità è la stessa pur essendo una borraccia aero. La borraccia aero contribuisce in un miglioramento di 1,2 watt in termini di drag. Meglio due borracce, in quanto si provoca una chiusura virtuale della parte inferiore del triangolo anteriore nella zona di pedalata, dove avviene un flusso di aria che definiamo poco pulito.

Il portaborraccia dedicato e lo shape distintivo dove gli obliqui si innestano al piantone
Il portaborraccia dedicato e lo shape distintivo dove gli obliqui si innestano al piantone
E’ possibile montare un cockpit tradizionale?

E’ possibile montare un cockpit tradizionale, considerando che l’ergonomia è una priorità in Orbea.
Come componente OC la Orca Aero propone un attacco e manubrio aero separati. Questo consente una range di ergonomia molto ampio di fronte ai manubri integrati, nonché consente di montare qualsiasi tipo di manubri sull’attacco. Sono sviluppati degli adattatori per rendere l’Orca Aero compatibile con i manubri integrati Vision.

Passando invece al carbonio usato per la costruzione del kit telaio: cosa significa OMX?

OMX significa il livello di costruzione più elevato e tecnologico in Orbea. Non si tratta unicamente di scegliere la fibra di carbonio più avanzata ed ottimizzata per il telaio. OMX è un processo di costruzione, laminazione e sviluppo delle tecnologie più avanzate per la sua fabbricazione.

Il cockpit con lo stem in alluminio, il comparto è comunque di concezione marcatamente aero
Il cockpit con lo stem in alluminio, il comparto è comunque di concezione marcatamente aero
La verniciatura ed il flatting sono tradizionali, oppure seguono un processo votato a minimizzare il peso?

La verniciatura ed il flatting seguono lo standard Orbea in quanto verniciati nello stabilimento Orbea nei Paesi Baschi. Non crediamo ai processi votati per minimizzare il peso, poiché sono il risultato dei marchi con centri di verniciatura in Asia con pesi molto più elevati e devono trovare soluzioni specifiche per raggiungere i pesi minimi. Il nostro programma MyO di personalizzazione della grafica consente non unicamente di aggiungere colori, ma anche di lasciare i telai solo con il flatting che pesa appena 15 grammi in totale, mentre una grafica a 3-4 colori potrebbero essere intorno ai 60.

E infine le geometrie. Il loro sviluppo ha seguito un filone ben preciso votato a massimizzare l’efficienza aerodinamica?

No, tutti i telai Racing hanno la stessa geometria con l’obiettivo di permettere la massima efficienza in termini di accelerazione, reattività e controllo. L’ergonomia è una parte fondamentale, in quanto tramite il comfort, aiuta a diminuire la fatica del ciclista. Basti pensare anche al passaggio ruota fino a 32 millimetri, non comune alle biciclette aero.

La forcella e il posteriore hanno la soluzione SpeedRelease
La forcella e il posteriore hanno la soluzione SpeedRelease

La Orbea Orca Aero in test

C’è l’ultima versione della trasmissione Ultegra, le ruote Vision40 SC con le gomme Vittoria e la sella Prologo Dimension. Davvero molto bella la livrea cromatica, con il flatting trasparente che non copre la trama della fibra composita. Il valore alla bilancia rilevato è di 8,23 grammi (senza pedali e nella taglia 53), per un prezzo di listino di 5999 euro.

Quei dettagli inconfondibili

Le tubazioni sono l’una completamente differente dall’altra e l’intera bicicletta sembra nascondersi proprio alle spalle della forcella e dello sterzo. La scatola del movimento è piuttosto grande e nella parte superiore ha la sede per la “vecchia” centralina Di2.

Il piantone invece è una sorta di pinna che copre la ruota e la gomma, evitando che quest’ultima sporga verso l’esterno. Molto interessante il design dove i due stays obliqui si abbinano al piantone, con il punto di giunzione che ricorda vagamente le pinne ventrali dei pesci. Il continuo cambiamento di forma dei profilo non esclude neppure tutto il comparto posteriore. La differenza maggiore, per lo meno in termini visivi la fanno i foderi bassi, con il vistoso gomito che rientra verso l’alto. Si aumenta il drop con il terreno, con conseguenze positive su stabilità, trazione e maneggevolezza, anche grazie ad un interasse contenuto.

Sembra una bici da crono

Estremizzazione dell’aerodinamica, ma anche massima efficienza, questo è il concetto primario. Giudicata considerando l’impatto visivo come termine unico di valutazione, la Orbea Orca Aero si mostra prepotente, a tratti invadente e muscolosa, una bicicletta che dona tanto in fatto di resa tecnica, ma chiede molto e da l’idea di essere fin troppo esigente.

Una volta in sella è molto più facile di quello che vuole sembrare. La sua fluidità gli permette di essere godibile anche alle basse velocità. Ma è alle alte andature che fa emergere il suo carattere race, dove i cambi di direzione sono affrontanti senza dover mollare e senza arpionarsi sul manubrio per mantenere la traiettoria ottimale. Si risparmiano energie che tornano utili nel medio e lungo periodo. Ovvio è che si tratta di contestualizzare la Orca Aero in un ambiente racing.

Meglio con le ruote alte

A nostro parere la Orbea Orca Aero esprime “di più” con le ruote alte, o comunque con un profilo compreso tra i 50 e 60 millimetri. Non è per nulla scomoda, principalmente grazie ad una geometria che permette di sfruttare bene una posizione ben centrata sul piantone, una schiena allungata che mantiene un buon equilibrio tra la distribuzione dei pesi e lo schiacciamento verso l’anteriore.

La velocità è nelle sue corde
La velocità è nelle sue corde

In conclusione

L’ultima versione della Orbea Orca Aero offre degli spunti interessanti in fatto di design, di soluzioni tecniche e di quanto lo shape complessivo del mezzo meccanico va a favore dell’efficienza. Con tutta probabilità non è la bicicletta presa ad esempio dagli scalatori, anche se l’animo racing per nulla celato e una geometria davvero azzeccata (ha uno slooping appena accennato e uno stack per nulla severo), la rendono una bicicletta godibile e prestazionale anche nelle corse vallonate e con tratti dove è fondamentale guidare (e non solo spingere). Molto buono il rapporto tra la qualità ed il prezzo di questa versione.

Il test della nuova Lapierre Xelius SL3 (versione 9.0)

19.01.2023
7 min
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Lapierre Xelius SL3 vs Xelius SL2 due generazioni a confronto

Il progetto ed il design della nuova Lapierre Xelius SL3 tengono fede al DNA di questa piattaforma, eppure in termini prestazionali l’ultima versione è completamente differente. E’ progressiva, soprattutto nelle sezioni centrale e posteriore.

Abbiamo provato l’allestimento 9.0, una versione pronta alla competizione in tutto e per tutto, con un valore alla bilancia interessante e un rapporto tra la qualità ed il prezzo molto buono.

Mai scomoda e tanto gratificante in salita (foto Matteo Malaspina)
Mai scomoda e tanto gratificante in salita (foto Matteo Malaspina)

Xelius SL, la terza generazione

Il marchio di fabbrica è legato ai profilati obliqui che sono separati dal piantone, ma il design complessivo e la sagomatura di tutte le tubazioni sono molto differenti rispetto al passato. Cambiano anche le prestazioni, per una bicicletta che è migliorata ulteriormente nella versatilità e capacità di configurarsi al meglio con differenti tipologie di ruote. E’ sufficientemente comoda, ma è una bici da gara in tutto e per tutto. In discesa all’interno delle sezioni tecniche fa godere delle traiettorie tirate alla corda.

La bicicletta in test

La Lapierre Xelius 9.0 rappresenta la top di gamma delle biciclette complete presenti nel listino. Oltre questa versione non è più possibile andare, o meglio, è possibile farlo, ma acquistando il solo framekit dotato del modulo di carbonio ancora più evoluto (mutuando l’affermazione di un amico lo abbiamo definito “il modulo militare”), ovvero quello in dotazione ai pro’.

La 9.0 è meno rigida e meno estremizzata nel peso, seppur di poco. Si tratta di un telaio completamente in carbonio che adotta un blend di fibre UD. Il triangolo anteriore è monoscocca, mentre il posteriore è unito in un secondo momento. Anche la forcella è tutta in fibra. C’è lo stem Lapierre in alluminio, uguale a quello dell’Aircode, c’è la piega manubrio classica in carbonio, anche questa firmata Lapierre, così come il reggisella rotondo da 27,2 millimetri, in carbonio e con off-set 0.

La trasmissione è la Shimano Dura Ace 12v (52-36 e 11-30), la sella è la Fizik Argo Vento R5. Il comparto ruote è rappresentato dalle Lapierre LP42, molto diverse dalle precedenti, con un’altezza di 42 millimetri, cerchio spanciato full carbonio e tubeless ready, senza dimenticare il canale interno da 21. Gli pneumatici sono i Continental GP5000S da 25, già nella versione TR (tubeless). 7,3 chilogrammi rilevati (senza pedali e nella taglia media), per un prezzo di listino pari 7.799 euro.

Due modelli a confronto

Nonostante un facile accostamento, possibile per quello che concerne l’impatto estetico e la categoria del mezzo, la forma di tutte le tubazione è totalmente differente. Solamente il piantone è simile, perché è rotondo e utilizza la svasatura bassa nei pressi del passaggio della ruota. E’ stato mantenuto, anzi migliorato il concetto GLP, ovvero il posizionamento della batteria Di2 tra obliquo e scatola del movimento centrale, con l’obiettivo di portare le masse verso il basso, aumentando la stabilità.

La zona dello sterzo, incluse le sedi dei cuscinetti è stata cambiata, per aumentare la rigidità del comparto, per creare una penetrazione aerodinamica migliore e per sfruttare un’integrazione totale delle guaine.

I due foderi obliqui, nel punto in cui si uniscono all’orizzontale, sfruttano una superficie maggiore e più squadrata. Sono diversi anche i terminali del carro posteriore, più abbondanti rispetto al passato e con delle ghiere filettate per l’alloggio del perno passante che arrivano dalla Aircode. Inoltre il braccetto di supporto del cambio è Direct Mount. La forma dei due foderi bassi adotta una spanciatura evidente verso la ruota, che amplifica l’asimmetria delle due tubazioni. Rimangono le asole Speed-Release per forcella e retrotreno.

Una bici precisa e veloce (foto Matteo Malaspina)
Una bici precisa e veloce (foto Matteo Malaspina)

Geometria 100% race

Le geometrie sono un’altra cosa, per una bicicletta compatta e ampiamente sfruttabile al tempo stesso. A parità di taglia, la nuova Lapierre Xelius ha un orizzontale più corto, fattore che influisce in modo esponenziale sulla rapidità, guidabilità e stabilità della bicicletta, soprattutto nei tratti tecnici con tanti cambi di direzione. Al tempo stesso abbiamo un mezzo con un reach più lungo. In questo modo si sfrutta maggiormente tutto il telaio, senza per forza dover usare un attacco manubrio più lungo. Non solo, perché il carico del corpo è spalmato tra piantone, orizzontale e avantreno, con benefici tangibili che arrivano quando si esce in fuorisella e proprio in discesa alle velocità più elevate.

In conclusione

La Lapierre Xelius SL3 9.0 è una bici corsaiola ed estremamente versatile, lo è per natura, lo è per la capacità di configurarsi con allestimenti diversi ed è in grado di supportare stili di guida agli antipodi. Non è scomoda, anche se un certo brio emerge quando si affrontano tratti di strada sconnessa: situazioni in cui emerge la sua rigidità. Come per la versione precedente può non creare un feeling immediato a chi non è abituato ad una bicicletta che spinge costantemente e lo fa principalmente con il retrotreno.

Bisogna prendersi qualche ora di attività per capire il mezzo ed assecondarlo e dopo è difficile trovare un punto debole. Forse manca un power meter incluso nel pacchetto, considerazione che prende forma confrontando alcune bici di marchi concorrenti, ma che esula dalla tecnica della bici. La SL3 è una bicicletta davvero completa e trasversale, con un range di utilizzo e di utenza molto ampi.

Shimano celebra la straordinaria “Classe del 2022”

28.12.2022
4 min
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Quella che tra qualche giorno andrà in archivio verrà ricordata da Shimano come una stagione a dir poco favolosa. Un anno di grandi soddisfazioni, di vittorie conquistate sui traguardi più prestigiosi da un “pool” di atleti a dir poco eccezionali. Una stagione lunga, che ha impegnato come sempre Shimano sia da un punto di vista tecnico, attraverso la fornitura ai team dei propri migliori componenti – su tutti il nuovo Dura Ace a 12 velocità – sia a livello di servizio con la celeberrima assistenza neutrale organizzata in moltissime corse WorldTour.

Una pioggia di vittorie

La stagione delle corse su strada 2022 si chiude per Shimano con la vittoria nei tre grandi Giri: il Giro d’Italia con l’australiano Hindley, il Tour de France conquistato da Jonas Vingegaard, e La Vuelta dominata da Remco Evenepoel, in grado quest’ultimo, ad appena due settimane dal trionfo di Madrid, di vestire la sua prima maglia iridata nel mondiale australiano di Wollongong…

Ma Shimano quest’anno ha accompagnato e contribuito anche ai successi di Wout Van Aerttre tappe al Tour e maglia verde di leader della classifica a punti – del compagno di squadra e rivelazione francese Christophe Laporte, dell’eritreo della Intermarché-Wanty-Gobert Biniam Girmay, che nel corso della sua prima stagione WorldTour si è aggiudicato la Gand-Wevelgem, oltre ad una emozionante tappa in volata al Giro d’Italia.

E poi come dimenticare i successi di altri grandissimi corridori che quest’anno hanno corso con equipaggiamento Shimano… Tra questi, Primoz Roglic (Parigi-Nizza e Delfinato), Mathieu Van der Poel (Giro delle Fiandre), Dylan van Baarle (Parigi-Roubaix) e Richard Carapaz (tre tappe a La Vuelta e maglia di miglior scalatore).

Anche in campo femminile non sono mancati grandi successi e rivelazioni di atlete che hanno avuto modo di portare alla ribalta il nuovo gruppo top di gamma proposto dal brand del Sol Levante. Qualche esempio? La velocista olandese e campionessa europea Lorena Wiebes, in grado di vincere per ben 23 volte nel corso della stagione. Spazio anche all’eterna Marianne Vos e alla “nostra” Marta Cavalli, con i suoi successi alla Amstel Gold Race, alla Freccia Vallone ed alla Dénivelé Challenges.

La “macchina blu” di Shimano è a supporto in numerosi eventi
La “macchina blu” di Shimano è a supporto in numerosi eventi

Sempre… in corsa

Come anticipato, anche quest’anno Shimano non ha fatto mancare il proprio prezioso supporto per quanto riguarda il servizio di assistenza neutrale in moltissime corse World Tour, ma non solamente su quei palcoscenici. Lo Shimano Neutral Service team ha risposto presente, con le proprie inconfondibili auto e moto blu, in numerosi eventi ciclistici. I meccanici Shimano sono così entrati in azione, grazie alle proprie ed attrezzatissime officine mobili, per cambiare ruote, sostituire biciclette e risolvere problemi tecnici di diversissima natura: una vera e propria “missione” che dura tutto l’anno, che si tratti del pavé della Parigi-Roubaix, della ghiaia delle Strade Bianche, di eventi junior e di paraciclismo, oppure delle montagne del Giro d’Italia o del Tour de France. In Europa operano sei squadre di “Neutral Service” Shimano in grado di presenziare ad un totale di 560 giorni di gara all’anno!

Shimano

Le due nuove Canyon Ultimate a confronto

13.12.2022
6 min
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Il confronto tra le due nuove Canyon Ultimate CFR e CF SLX

Canyon Ultimate CFR, ovvero quella estrema e in dotazione ai pro’, oppure la versione CF SLX, da sempre sinonimo di race e top di gamma, ma più accessibile e meno tirata?

Le abbiamo messe a confronto in un test di lunga durata, in differenti contesti e provandole con varie configurazioni. Due taglie diverse, S per la CFR e L per la CF SLX, due stili di guida diversi. Due biciclette che sembrano uguali, ma in realtà celano diversità sostanziali, non solo in merito all’allestimento.

Stessa piattaforma, ma le differenze ci sono (foto Matteo Malaspina)
Stessa piattaforma, ma le differenze ci sono (foto Matteo Malaspina)

CFR Di2 vs CF SLX 8 Di2

La prima è la bicicletta messa a disposizione dei pro’ e sviluppata a braccetto con alcuni di loro. Nella versione in test è di pochissimo al di sotto dei 6,3 chilogrammi ed ha un allestimento complessivo da paura: per intenderci quella degli atleti professionisti non è tirata all’osso così tanto (non fosse altro per il limite di peso da rispettare).

La Ultimate CF SLX è un pronto gara di altissima caratura. Abbina la leggerezza di un frame-kit top level, prima dell’introduzione della CFR era all’apice del listino, ad una componentistica non estrema, ma davvero performante. Nella taglia L ha un valore alla bilancia di 7,2 chilogrammi.

Entriamo nel dettaglio, ma prima la parola passa a Lukas Birr, ingegnere di Canyon coinvolto in modo diretto nello sviluppo della generazione numero 5 della Canyon Ultimate.

Considerando il kit telaio, quali sono le differenze principali?

A parità di taglia la versione CFR è più leggera di 145 grammi ed è più rigida rispetto alla CF SLX. 145 grammi a questi livelli sono un’enormità. Il risultato è ottenuto grazie ad una applicazione differente delle pelli di carbonio.

La tipologia di carbonio è lo stesso?

No, perché in alcune aree specifiche del telaio viene utilizzato un carbonio diverso, una sorta di alto modulo che necessita lavorazioni e applicazioni diverse, rispetto a quelle del CF SLX. Anche l’orientamento, il posizionamento è diverso.

Le differenze al colpo d’occhio

Il family feeling design (ci piace chiamarlo così) è quello e mette sullo stesso livello le tre versioni, la CFR, la CF SLX, ma anche la Canyon Ultimate CF SL.

In termini di impatto estetico le diversità sono legate alla componentistica. La CFR, oltre ad essere la bici dei pro vuole rappresentare l’estremizzazione, la ricerca della leggerezza a tutti i costi e dimostra che certi livelli di peso sono raggiungibili anche nella categoria disc brake, senza sacrificare la performance.

La CFR ha il reggisella a zero off-set e non prevede l’asola per il montaggio della luce. Mutua il design e le forme di quello in dotazione alla CF SLX (d-shape), che è sempre full carbon ed ha un arretramento di 1 centimetro.

Il cockpit è lo stesso, ovvero quel CP018 che può modificare la sua larghezza. E’ completamente full carbon. La serie sterzo non si limita ad agire esclusivamente sulle sedi di battuta dei cuscinetti, ma con lo stelo della forcella e lo stem del manubrio è una sorta di componente unico.

Una Selle Italia C59 per la CFR (61 grammi dichiarati e 500 euro di listino) e una Selle Italia SLR Boost Superflow Ti per la Ultimate CF SLX.

E poi è interessante la soluzione delle gomme con larghezza differenziata per entrambe le versioni, 25 per l’anteriore e 28 per la posteriore (Schwalbe TT per la CFR e Schwalbe Pro One per la SLX). In origine questa combinazione era un’esclusiva dell’Aeroad, oggi è stata riportata e mutuata anche dalla Ultimate, al di là del profilo delle ruote.

Entrambe con il power meter

La Canyon Ultimate CFR ha la trasmissione Dura-Ace 12 con il power meter Shimano. La CF SLX ha l’Ultegra con il misuratore 4iiii dal lato non drive. Stessa rapportatura: 52/36 e 11/30, stessi diametri dei dischi, 160/140.

Il prezzo di listino della CFR è di 10.499 euro, quello della Ultimate CF SLX, nella versione test è di 6499 euro.

Entrambi gli allestimenti si rivela una bestia da salita (foto Matteo Malaspina)
Entrambi gli allestimenti si rivela una bestia da salita (foto Matteo Malaspina)

In conclusione

Il rapporto tra le performances, le qualità e la versatilità della piattaforma Ultimate, della componentistica in relazione al prezzo, è eccellente. Lo è per la versione CF SLX, alla quale non manca nulla, è race ready sotto ogni aspetto e lo è con sostanza. Il rapporto ottimale dei diversi fattori emerge anche per la CFR, perché molte biciclette di pari livello, allestimento, categoria e posizionamento di mercato, sono più care (esaminando i prezzi di listino).

Non scriviamo di biciclette a buon mercato, questo deve essere chiaro, ma in un mondo dove l’offerta è sempre più ampia, valutare il prodotto in base alla categoria di appartenenza è fondamentale.

Shimano State of the Nation, Italia ed e-bike: che rapporto c’è?

02.12.2022
5 min
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In un momento storico come quello che stiamo vivendo ora, il mercato della bici è spesso al centro degli argomenti globali. In una società che si sta orientando sempre di più verso un concetto di sostenibilità e diminuzioni delle emissioni la bicicletta rappresenta il mezzo più spesso tirato in causa. State of the Nation 2022 è uno studio commissionato da Shimano e condotto su oltre 1.000 intervistati in Italia, parte di un campione più ampio di oltre 15.500 persone in 12 Paesi europei, dove è stato dimostrato che l’aumento del costo della vita e le preoccupazioni in materia ambientale sono i fattori principali nell’incoraggiare le scelte di acquisto/noleggio di una e-bike.

Un possibile volano per la mobilità urbana che si può tradurre in un futuro prossimo come turismo green nelle città europee o più semplicemente piacere di utilizzare la propria bici elettrica sul territorio. Un modo di intendere le due ruote che ha alle spalle motivazioni che rispecchiano la situazione della società moderna, che muta di anno in anno come si può notare dai dati raccolti.

Un segmento in crescita

In Italia, i timori per l’ambiente e l’aumento del costo della vita sono motivazioni determinanti nella valutazione dell’acquisto di una e-bike. Questo è il quarto rapporto annuale Shimano State of The Nation, che analizza i cambiamenti nella percezione e nella conoscenza delle e-bike in tutta Europa.

Jonathan Davis, PR & Communications Manager di Shimano Europe, ha dichiarato: «Siamo lieti di presentare il nostro quarto rapporto Shimano State of The Nation. Sulla base di un panel di oltre 15.500 persone in tutta Europa, vogliamo esaminare le motivazioni che spingono a utilizzare una e-bike e comprendere meglio l’atteggiamento generale verso il ciclismo. I risultati sono molto interessanti ed evidenziano le tendenze chiave in atto sul mercato. La consapevolezza (e anche l’atteggiamento favorevole), di chi interagisce con le e-bike appaiono in aumento. Ci auguriamo che questo rapporto risulti utile per chiunque lavori nel settore ciclistico e in altri settori, svolgendo un ruolo importante nella crescita del segmento delle e-bike».

L’ambiente in Italia viene particolarmente collegato all’acquisto di e-bike
L’ambiente in Italia viene particolarmente collegato all’acquisto di e-bike

Perché si acquista una e-bike?

E’ stato chiesto di indicare gli elementi capaci di spingere una persona ad acquistare o noleggiare una e-bike oggi, rispetto a 12 mesi fa. E’ emerso come il costo della vita (55%) e gli incentivi all’acquisto delle e-bike (47%) siano fattori importanti nel determinare la scelta. In Italia, la metà degli intervistati ritiene che anche la preoccupazione per l’ambiente sia un fattore motivante, la percentuale più alta rispetto a tutti gli altri Paesi intervistati (51% contro una media del 33% a livello europeo).

In tutta Europa le motivazioni economiche, come il costo della vita (47%) e i sussidi per le e-bike (41%), sono risposte indicate più spesso degli effetti del COVID 19 (18%) come fattori che spingono all’aumento dell’uso delle biciclette elettriche. Questo appare in contrasto con i dati dello scorso anno, quando il 39% degli intervistati in tutta Europa dichiarò che avrebbe valutato l’acquisto o l’uso di una e-bike per evitare i trasporti pubblici per via del Covid-19. Tra coloro che indicano le preoccupazioni ambientali come fattore di scelta, a livello europeo la percentuale risulta più alta nella fascia d’età 18-24 anni (37%) e tra le donne (36% contro il 30% degli uomini), rispetto al 33% complessivo.

Italiani sensibili all’ambiente

In Italia la sensibilità all’ambiente secondo il rapporto e la risposta degli italiani appare forte e più marcata rispetto al resto dell’Europa. Infatti è motivata da ben il 55% delle donne e dal 47% degli uomini, e arriva fino al 55% nella fascia di età 18-24 anni. Non a caso il turismo green è uno dei settori che più sta prendendo piede a livello nazionale. L’utilizzo di un mezzo gentile e alla portata di tutti può essere la chiave per reinterpretare la riscoperta del territorio.

Per tentare di comprendere la percezione generale dell’utilizzo delle e-bike, Shimano ha chiesto: “In generale, a chi pensate che siano destinate le e-bike?”. In Italia le e-bike sono spesso considerate come associate al pubblico più attento all’ambiente (65% rispetto a una media del 52% in Europa). Allo stesso tempo, in Italia il 40% degli intervistati ritiene che le e-bike siano bici per pendolari o comunque associate ai tragitti casa-lavoro. Lo studio ha anche evidenziato come gli italiani siano più interessati alla manutenzione ordinaria delle loro bici rispetto alla media europea, infatti il 29% ha dichiarato di voler fare la manutenzione nei prossimi 6 mesi; inoltre, il 59% del campione ritiene importante mantenere la bici in buone condizioni per farla durare più a lungo.

Shimanolifestyle

Shimano RX801: la scarpa gravel super performante

21.10.2022
3 min
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Una nuova scarpa dedicata al gravel arriva direttamente da Shimano, si tratta della RX801. Un prodotto che unisce la vestibilità raffinata e il comfort ad una struttura leggera per ottenere il massimo delle prestazioni. Queste scarpe derivano direttamente dalla Shimano RX8, un prodotto popolare per gli amanti del gravel.

La tomaia utilizzata è super leggera e traspirante
La tomaia utilizzata è super leggera e traspirante

Nuove ed efficienti

Il modello RX801 di Shimano, tra le sue novità, ha quella di avere una costruzione della tomaia molto più traspirante. Una caratteristica molto utile nel gravel, dove le velocità sono più basse ed è quindi più facile avere un maggiore accumulo di calore all’interno della scarpa. Un’altra caratteristica del gravel è la conduzione della bici nei tratti guidati ed il rilancio dell’andatura. Per facilitare questa fase le RX801 presentano una suola estremamente rigida, efficiente su qualsiasi terreno

La suola delle Shimano RX801 è in carbonio e con la superficie di contatto con i pedali più ampia
La suola delle Shimano RX801 è in carbonio e con la superficie di contatto con i pedali più ampia

Stabilità al primo posto

Le RX801 sono in grado di mantenere la pedalata stabile su qualsiasi tipo di terreno. Una delle novità è una superficie di maggior contatto sul pedale, alla quale si aggiunge lo stabilizzatore nella zona del tallone. Quest’ultimo aumenta la sensazione di controllo, al quale si aggiunge il Surround Wrapping Upper, una costruzione che avvolge il piede per una vestibilità top. 

Il sistema di chiusura è l’affidabile e collaudato BOA Li2 a basso profilo, con impugnatura in gomma. Così da consentire anche le più piccole regolazioni pur rimanendo in sella. Si tratta di un sistema capace di non stringere eccessivamente il piede, lasciandolo libero e comodo per tutto il tragitto.

La chiusura avviene con il BOA Li2 ad un rotore, il rinforzo sulla punta è dato da un velcro che rendere più stabile la calzata
La chiusura avviene con il BOA Li2 ad un rotore, il rinforzo sulla punta è dato da un velcro che rendere più stabile la calzata

Dynalast e taglie

Shimano, inoltre, ha inserito nelle RX801 la sua tecnologia proprietaria Dynalast, assicura che il piede sia ben saldo alla scarpa, mentre la suola in carbonio restituisce pedalate fluide e potenti.

Un’ultima novità nelle scarpe RX801 è l’introduzione delle mezze taglie per rendere il prodotto più fruibile a tutti. Il peso nella taglia 42 è di 268 grammi, il prezzo al pubblico è di 239,99 euro.

Shimano

Corone grandi? La catena gira meglio. Parola di Conca

20.10.2022
5 min
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In occasione di un incontro con il Team Lotto-Soudal avevamo parlato con il meccanico del team, Nick Mondelaers: ruote, componenti, rapporti… gli argomenti sul tavolo della discussione. In particolare ci aveva detto che molti dei suoi ragazzi, tra cui Filippo Conca, avevano spesso scelto corone più grandi.

Un po’ per l’avvento dei nuovi gruppi Shimano e un po’ per l’aumento delle velocità la tendenza era quella. E proprio a Filippo Conca abbiamo fatto qualche domanda tecnica per saperne di più, per capire come si trovano gli atleti con questi nuovi gruppi.

Filippo Conca in salita: una corona grande dovrebbe “sostenere” di più, specie un atleta della sua stazza
Filippo Conca in salita: una corona grande dovrebbe “sostenere” di più, specie un atleta della sua stazza
Filippo, che rapporti usi?

Con il nuovo Shimano sono passato dal classico 53-39 al 54-40. Il 42 non l’ho usato io, ma lo hanno utilizzato dei miei compagni. Al netto del mio nome, quel che diceva il meccanico era vero pertanto. Non solo, ma alcuni miei compagni hanno anche utilizzato il 46. E lo hanno montato principalmente per le classiche del Nord. C’è chi ha montato un 58-46. Dipende molto dal tipo di corsa che non deve essere troppo dura.

Certo è chiaro…

Quando non servono i rapporti corti, tipo per una Roubaix, si può osare e avere i vantaggi si una guarnitura più grande. Con il 58, o anche con un 57, è possibile mulinare meglio i rapporti centrali al posteriore. E la catena lavora più dritta.

Come ti sei trovato ad utilizzare corone più grandi?

Meglio che in passato, perché essendo grosso e pesante devo spingere tanto. Per me non è un problema ritrovarmi con qualche dente in più. In questo ciclismo dove si va sempre molto forte, il 53 non basta, almeno per me. E posso dire che a volte non basta il 54!

Il set 54-40 è stato quello più utilizzato in stagione da Conca
Il set 54-40 è stato quello più utilizzato in stagione da Conca
Non hai mai pensato ad utilizzare corone ancora maggiori?

No, ma per il semplice fatto – e torniamo al discorso di prima riguardo ai percorsi – che non ho fatto le classiche veloci del Nord. Altrimenti avrei di certo optato per corone più grandi. In media ho fatto gare dure o durissime come i Paesi Baschi o il Delfinato…In quel caso un 42, come per una Liegi per dire che tipo di classiche ho fatto, non è il massimo. “E’ duretto”.

Però Filippo, con i vostri watt e con la scala posteriore che ormai arriva al 34 non va bene lo stesso un 42? La catena dovrebbe fare meno attrito…

Sì, in teoria è sufficiente, ma se vuoi tenere una certa cadenza dovresti usare un 42×34: la catena in quel caso non lavorerebbe dritta. Non è il massimo. Invece con il 40, o ancora di più il 39 visto che parliamo di una corsa molto dura come la Liegi, puoi usare un paio di denti in meno dietro e tenere la catena più dritta. E credetemi non è una cosa banale.

Non hai la sensazione che queste corone più grandi ti “sostengano” meglio? Soprattutto quando ti alzi in piedi?

Personalmente no, non c’è differenza se hai una corona più grande o più piccola. Specialmente quando sei in fuga, se hai la gamba per spingerlo, è chiaro che avere un rapporto grande ti dà una mano. Ma per uno che alto 160-170 centimetri e pesa 50-60 chili queste corone grandi sono difficili da spingere.

Il sistema Leomo per la messa in bici su strada
Il sistema Leomo per la messa in bici su strada
Tu sei molto alto (190 centimetri), che pedivelle usi?

Le 175 millimetri su strada e le 172,5 a crono.

Una volta sarebbe stato il contrario…

Questo perché con angoli “tremendi” per essere aerodinamici siamo sempre più chiusi. Dicono che con delle pedivelle appena più corte si è un po’ agevolati nella pedalata.

E hai mai pensato, anche in virtù di dentature maggiori, di usare le 172,5 anche su strada? Oppure vista la tua statura è un po’ azzardato?

Ci ho pensato eccome. Solo che bisognerebbe fare dei test appositi. Fare allenamenti con entrambe le pedivelle con dei sensori. Ci sono dei sensori di un sistema che si chiama Leomo, li ha messi a punto Adam Hansen. Questi si mettono su varie zone del corpo: piedi, cosce, zona pelvica… per capire come reagisci durante la pedalata su strada, perché c’è una bella differenza che trovare la posizione stando in laboratorio. L’anno scorso ci ho lavorato un po’, per fare appunto delle piccole modifiche sulla posizione.

A crono utilizzare un 58 vuol dire sfruttare meglio l’inerzia della catena che non è costretta a girare sull’11
Cambierai squadra, magari è l’occasione per fare questi test con i nuovi materiali…

Sì, ma vorrei concentrarmi soprattutto sulla cronometro: sia per gli allenamenti specifici che per l’aerodinamica e quindi per i materiali. 

E a crono le corone maggiori le hai usate?

Sì, 58-56 la grande e 42-44 la piccola. Alla fine di crono dure non ce ne sono e ci si trova bene sugli strappi che s’incontrano.

Invece dietro? Con le corone più grandi cercavi l’11-34 o preferivi l’11-30 così da averli un po’ più lineari?

Di base preferisco l’11-30. La cassetta 11-34 l’ho usata solo per le tappe più dure, come alcune frazioni della Vuelta