Alessandro De Marchi, CTF, Cycling Team Friuli

Boscolo: «De Marchi è stato capace di incarnare lo spirito del CTF»

23.10.2025
5 min
Salva

Alla Veneto Classic si è conclusa la carriera di Alessandro De Marchi, il Rosso di Buja ha appeso la bicicletta al chiodo, ma le sue idee e quello che ha regalato al ciclismo rimarranno vive a lungo. Professionista dal 2011, quando di anni ne aveva 24, ha corso per quindici stagioni ai massimi livelli con l’istinto di chi ama attaccare. La squadra che lo ha lanciato nel professionismo è stato il CTF Friuli di Roberto Bressan e di Renzo Boscolo. Per De Marchi, friulano DOC non ci poteva essere altra maglia per arrivare tra i grandi

Durante la sua ultima gara sono tante le figure che sono venute a vederlo e salutarlo. Tra tutti c’è stato lo stesso Renzo Boscolo. 

«E’ stato un piacere e un onore essere presente all’ultima corsa di De Marchi – dice il diesse friulano – anche se i sentimenti erano contrastanti. Da un lato c’era l’amarezza di vederlo in gara per l’ultima volta, mentre dall’altra parte prevaleva l’orgoglio. Per salutare Alessandro abbiamo fatto un giro di chiamate tra staff e vecchi corridori del CTF e sulle strade della Veneto Classic ci saranno state un centinaio di persone solamente per lui. Insomma, fa capire cosa è stato capace di lasciare Alessandro De Marchi al ciclismo».

Alessandro De Marchi, Veneto Classic, ultima gara
Alla Veneto Classic Alessandro De Marchi ha corso la ultima gara in carriera
Alessandro De Marchi, Veneto Classic, ultima gara
Alla Veneto Classic Alessandro De Marchi ha corso la ultima gara in carriera
Il CTF lo ha lanciato nel professionismo, cosa ha significato per voi?

Alessandro ha concretizzato l’idea che Roberto Bressan ed io avevamo a proposito del Cycling Team Friuli. Ha dato un’anima a quella squadra e alla nostra passione per il ciclismo. De Marchi è stato l’atleta che per tenacia e combattività ha mostrato cosa fosse il CTF. Il grande ciclismo ai tempi era fuori dal Friuli e sono tante le squadre che nel corso degli anni lo hanno cercato, dal Veneto, dalla Toscana e dalla Lombardia. 

Ha sempre avuto un attaccamento forte alla propria terra?

Lui è il rappresentato del Friuli a livello ciclistico, non c’è strada che De Marchi non abbia solcato. Per noi è stato importantissimo, così come Fabbro gli anni successivi. Ecco, loro due sono i corridori friulani che sono stati capaci di aprire una strada per gli altri. 

Alessandro De Marchi, CTF, Cycling Team Friuli, Renzo Boscolo
Il Rosso di Buja è passato al Cycling Team Friuli al primo anno elite, era il 2009
Alessandro De Marchi, CTF, Cycling Team Friuli, Renzo Boscolo
Il Rosso di Buja è passato al Cycling Team Friuli al primo anno elite, era il 2009
Quali erano gli ideali che De Marchi rappresentava per voi?

L’attaccamento alla maglia, vi posso raccontare un aneddoto: è una casualità, ma riceveva davvero tante proposte da squadre molto più grandi della nostra. Lo chiamavano offrendogli soldi che noi all’epoca non avevamo. Lui rifiutava dicendo: «Sono già in una grande squadra. E se non lo è, la farò diventare». 

Com’è arrivato da voi?

Da under 23 è passato con la Bibanese ed è stato quattro anni con loro. Al CTF è arrivato al primo anno elite. La prima corsa vinta è stata al quarto anno da under 23, una tappa del Giro delle Pesche Nettarine. Quell’anno vinse ancora qualche gara e poi venne da noi e rimase per due stagioni.

Quindi passò professionista alla fine del secondo anno elite, una cosa che sembra preistoria…

Già all’epoca cominciava già a essere molto difficile passare da elite. De Marchi però era molto forte in pista, aveva vinto dei titoli nazionali 

E’ sempre stato un attaccante nato?

Già da junior era conosciuto per le fughe e i numerosi piazzamenti, anche se non aveva mai vinto una gara. Quando vinse il premio come corridore più combattivo al Tour de France 2014, qualcuno disse che era il premio che meglio rappresentava Alessandro De Marchi

Da sinistra: Roberto Bressan, Alessandro De Marchi, Renzo Boscolo
Da sinistra: Roberto Bressan, Alessandro De Marchi, Renzo Boscolo durante un incontro sulle strade spagnole in un ritiro invernale
Da sinistra: Roberto Bressan, Alessandro De Marchi, Renzo Boscolo
Da sinistra: Roberto Bressan, Alessandro De Marchi, Renzo Boscolo durante un incontro sulle strade spagnole in un ritiro invernale
Che figura era all’interno del CTF?

All’epoca avevamo anche corridori più grandi di lui, perché c’era l’accordo con la pista. Ma il soprannome che gli diedero in squadra fu: “il capitano”. Tutti si fidavano di lui, il suo carisma era incredibile e polarizzante. De Marchi aveva una determinazione, una grinta e una voglia immensa. Ricordo che andavamo a fare le gare a tappe in Romania o all’estero e partivamo in furgone da casa. Era bellissimo viaggiare con Alessandro perché si parlava di tutto, c’era una grande vitalità nei suoi discorsi. 

Quindi è sempre stato un uomo con le idee chiare, precise e con dei valori e dei principi saldi?

E’ sempre stato un uomo molto attento alla società, a quello che è il sociale, pronto ad aiutare gli altri, è una persona di principi e con un’etica estremamente forte. Questo lo si vede anche dall’evento che ha voluto organizzare sabato e domenica (25 e 26 ottobre, ndr) interamente dedicato ai giovani e ai bambini. Inoltre il ricavato di quella manifestazione andrà in beneficenza. Però Alessandro ha sempre avuto un’attenzione particolare agli altri, non c’è premiazione, evento o gara regionale alla quale rifiuti di partecipare se invitato. E’ un modo di fare che nei giovani si vede sempre meno.

Cycling Team Friuli, festa, Alessandro De Marchi, Nicola Venchiarutti, Matteo Fabbro, Jonathan Milan
De Marchi a un festa insieme ai tanti atleti passati dal Cycling Team Friuli
Cycling Team Friuli, festa, Alessandro De Marchi, Nicola Venchiarutti, Matteo Fabbro, Jonathan Milan
De Marchi a un festa insieme ai tanti atleti passati dal Cycling Team Friuli
Che effetto vi ha fatto vederlo crescere e diventare l’uomo che è ora?

De Marchi nella sua vita ha dato molto di più di quanto ha ricevuto. Sicuramente all’inizio di carriera questo divario era ancora più grande perché ha fatto la scelta di venire da noi al CTF quando la società era nata da poco. Non era scontato avere un atleta del genere. Lui ha creduto nel progetto e ha creduto principalmente in noi. Il merito va a Roberto Bressan, il quale lo ha fortemente voluto, perché in De Marchi ha visto il prototipo di corridore e persona che volevamo in squadra. La tendenza di Alessandro è sempre stata quella di non mollare mai, di volersi migliorare ed è sempre stato ambizioso.

Omrzel firma il capolavoro della Bahrain: il Giro Next Gen è suo

22.06.2025
6 min
Salva

PINEROLO – Jakob Omrzel si siede sul marciapiede, coperto dall’ombra di foglie verdi illuminate dal sole e aspetta. Aspetta ancora. Poi una voce gli dice che ha vinto il Giro Next Gen e scoppia in una festa che travolge tutti. Ilario Contessa, massaggiatore del Team Bahrain Victorious Development non trattiene le emozioni e lo abbraccia. Anzi, quasi lo stritola vista la differenza di corporatura tra i due. Gli addetti al podio fanno fatica ad aprire la strada tra le due ali di folla che si erano radunate intorno a Jakob Omrzel. Alessio Mattiussi arriva di corsa e lo sloveno si fionda tra le sue braccia (i due sono insieme nella foto di apertura). Quando si separano ci guarda e dice: «E’ merito di quest’uomo qui, è lui che ha progettato tutto».

Continuano a camminare verso il piazzale del podio, rovente come una lastra di ferro, mentre piano piano gli altri quattro ragazzi del devo team guidato da Roberto Bressan e Renzo Boscolo arrivano e parte la festa. 

Jakob Omrzel vince il Giro Next Gen all’ultima tappa (foto La Presse)
Jakob Omrzel vince il Giro Next Gen all’ultima tappa (foto La Presse)

I cinque moschettieri

Questa mattina, più o meno intorno alle 11, Alessio Mattiussi ci aveva detto di come la giornata fosse imprevedibile. Ieri a Prato Nevoso avevano un piano e la corsa è andata per un verso completamente opposto. 

«Ieri sera abbiamo fatto mille ipotesi – ci dice il diesse Mattiussi mentre si lascia andare dopo la tensione di questi giorni – e stamattina a colazione altre mille. Roberto Bressan, Renzo Boscolo al telefono e io. Un continuo scambio di idee, dettagli, pareri. Alla fine sul camper prima della tappa ho detto loro di non lasciare andare una fuga troppo numerosa o di entrarci, il nome da mettere in appoggio era quello di Borgo. Così non è stato perché il margine con i fuggitivi è sempre rimasto al di sotto del minuto. Poi gli altri ragazzi sono stati bravi a tenere Omrzel fuori da ogni pericolo e a metterlo nelle prime posizioni sulla salita. E’ stato un accumularsi di tensione fino al termine della discesa, lì abbiamo capito di avercela fatta». 

Dopo il traguardo qualche istante di attesa, qui il sorriso di Omrzel che ha appena realizzato di aver preso la maglia rosa
Dopo il traguardo qualche istante di attesa, qui il sorriso di Omrzel che ha appena realizzato di aver preso la maglia rosa

Nove mesi dopo

Jakob Omrzel arriva illuminato dal rosa della maglia di leader di questo Giro Next Gen e con un sorriso simpatico. Lo sloveno, che lo scorso anno da junior aveva stupito per le sue qualità, ora si consacra con la vittoria nella corsa a tappe più importante al suo primo anno nella categoria under 23. Il cammino non è stato semplice perché oltre alla fatica e agli allenamenti ci sono state le difficoltà dovute a un incidente gravissimo che ha visto protagonista lo stesso Omrzel al Giro della Lunigiana

«Sono passati nove mesi difficili – racconta tornando serio per un attimo – nei quali mi sono trovato a ripartire da zero. Nella mia testa è passata anche la domanda se sarei mai tornato a essere quello che ero. Si è trattato di un momento complicato, ma non ho mai smesso di crederci. Quando ero in ospedale (è rimasto per un mese ricoverato a La Spezia, ndr) ho avuto la possibilità di essere curato sia fisicamente che mentalmente». 

Mattiussi ha detto di aver realizzato che avevate vinto il Giro alla fine dell’ultima discesa, tu?

Dopo l’arrivo. Ieri mi sentivo forte ed ero convinto che avremmo potuto prendere la maglia ma oggi l’ho fatto. Ho capito di aver vinto solamente quando non ho visto arrivare Tuckwell (il leader fino a stamattina, ndr) subito dopo di me sul traguardo. Sapevo che il distacco fosse breve ma anche in gara siamo sempre stati vicini. 

Cosa vuol dire indossare questa maglia per te?

Al momento non me ne rendo conto, ho bisogno di alcuni giorni per capirlo ma abbiamo fatto tutti qualcosa di grande. 

Il podio Giro Next Gen 2025: Omrzel, secondo Turckwell e terzo Novak (foto La Presse)
Il podio Giro Next Gen 2025: Omrzel, secondo Turckwell e terzo Novak (foto La Presse)
Quando sei tornato in bici questo inverno qual era il tuo obiettivo?

Il Giro Next Gen. Siamo andati in altura, poi sono tornato in Slovenia ad allenarmi e ho corso il Giro di Slovenia con i professionisti. 

Proprio nella gara di casa ti sei reso conto di essere pronto?

Sì. Lì ho fatto un grande passo in avanti dal punto di vista mentale, credo sia il motivo grazie al quale sono venuto al Giro con tanta fiducia e tante nuove consapevolezze. Ho corso con il WorldTour e sinceramente mi hanno insegnato tanto, ho visto un’altra prospettiva di corsa e l’ho usata in questi giorni. 

Il supporto dei compagni è stato fondamentale per la vittoria di Omrzel, una vittoria di squadra (foto La Presse)
Il supporto dei compagni è stato fondamentale per la vittoria di Omrzel, una vittoria di squadra (foto La Presse)
Questa mattina, a colazione, cosa hai detto ai tuoi compagni di squadra?

Andiamo a vincere il Giro. 

Mattiussi, il tuo diesse, ieri ha detto che avresti potuto vincere, sentivi questa sensazione anche tu?

E’ il team che mi ha dato la fiducia giusta nei miei mezzi. Onestamente mi hanno aiutato molto. Non li ringrazierò mai abbastanza, non so davvero come fare ma mi piacerebbe perché senza di loro non sarei mai arrivato qui. Sono loro i responsabili di tutto, ma anche chi lavora a casa, la mia famiglia e i miei amici

In vista dell’ultima tappa è arrivato anche Roberto Bressan, storico presidente del CTF ora diventato Bahrain Development
In vista dell’ultima tappa è arrivato anche Roberto Bressan, storico presidente del CTF ora diventato Bahrain Development
Sei al primo anno da under 23, te lo saresti aspettato un inizio così?

Sì e no, come si dice: 50 e 50. Speravo di fare una corsa del genere ma non pensavo di poter vincere. Ho lavorato sodo senza mai smettere di crederci. 

Ora, che farai?

Ho tanti altri obiettivi ma prima un po’ di pausa e di festa. Ce lo siamo meritati.

Olivo: il talento e le mille strade tra cui scegliere

24.03.2025
6 min
Salva

Il percorso di Bryan Olivo tra gli under 23 sembrava avviato verso più rosei destini. Per il tre volte campione italiano nel ciclocross, prima nella categoria esordienti e poi anche tra negli allievi e juniores, la strada era spalancata. L’approdo nel Cycling Team Friuli di Renzo Boscolo, nel 2022, era la ciliegina sulla torta per un talento da scartare e consegnare al mondo dei grandi.

Invece la sfortuna ci ha messo del suo, dalla sua stagione d’esordio tra gli under 23 il friulano ha fatto fatica a mettere insieme un numero di gare accettabile. A inizio 2022 fu un problema al ginocchio a fermarlo per un po’, l’anno successivo si inserì un problema intestinale nel mese di maggio. Per concludere la collezione di episodi sfortunati nel 2024 è arrivato il carico da novanta con un’infiammazione al miocardio che lo ha tenuto fermo per due mesi. 

Per Bryan Olivo l’esordio stagionale è arrivato con la formazione WT del Bahrain Victorious, alla Volta ao Algarve
Per Bryan Olivo l’esordio stagionale è arrivato con la formazione WT del Bahrain Victorious, alla Volta ao Algarve

Qualità

A fronte di tutti questi episodi Renzo Boscolo ha deciso di portare con sé Olivo nel progetto del devo team Bahrain Victorious. Il quarto anno da under 23 non è nelle corde del tecnico triestino ma il talento di Olivo meritava di essere accompagnato ancora, nel tentativo di farlo sbocciare.

«Per il momento – racconta Renzo Boscolo – i due passaggi che Olivo ha fatto con la formazione WorldTour sono andati bene. Nelle gare di Rodi ha avuto un po’ di influenza, lui come altri del team, però si è ripreso bene. Ha lavorato tanto quindi speriamo abbia superato tutti i problemi di salute perché le qualità sono buone».

Finite le gare a Rodi con il devo team per il friulano rotta verso Nord, qui alla Nokere Koerse
Finite le gare a Rodi con il devo team per il friulano rotta verso Nord, qui alla Nokere Koerse
Quando è stato bene i risultati sono arrivati…

Oltre ai risultati nel ciclocross Olivo è andato forte sia a cronometro che in pista. Ha vinto il titolo nazionale under 23 nelle prove contro il tempo nel 2023. Mentre su pista nel 2021 ha conquistato l’argento nell’inseguimento a squadre juniores. Il suo problema sono i guai fisici che gli hanno tolto una grande fetta di attività e di crescita. 

Pensi abbia le qualità per emergere comunque?

Sì, indubbiamente. Un ragazzo come Olivo merita di stare al piano superiore, quello dei professionisti. 

In un mondo che va sempre più veloce con lui serve pazienza, tanto che anche voi siete andati oltre il vostro credo di non lavorare con ragazzi al quarto anno da U23.

Per il fatto di avere appeal tra i professionisti non posso negare quello che ho sempre detto, ai ragazzi viene chiesto sempre di più e poco importa delle problematiche che ci sono dietro al percorso di ognuno di loro. Un esempio che mi viene in mente in questo senso è quello di Pietrobon. Lui è rimasto fermo per due mesi, è ripartito dalla continental di Basso e Contador per poi entrare nella professional l’anno successivo. 

Olivo nel 2024 aveva iniziato la stagione alla grande con la vittoria alla San Geo
Olivo nel 2024 aveva iniziato la stagione alla grande con la vittoria alla San Geo
Il percorso di crescita non può essere lineare per tutti.

Diventa più difficile, ma non impossibile, lui è uno che può scalare questo muro e passare tra i grandi. Magari lo farà più piano, ma quando lo chiameranno sarà pronto. Poi credo che questa tendenza a prendere gli juniores e farli passare direttamente nel WorldTour si esaurirà. E ce ne sono altri di atleti che hanno avuto un percorso non lineare, ad esempio Malucelli.

Dopo il caso Gazprom sembrava tutto finito.

Invece si è messo in gioco ed è tornato a un buonissimo livello, tanto da essere rientrato nel WorldTour. Se ci è riuscito lui a trent’anni non vedo perché non debba farlo un ragazzo di ventidue. La cosa importante è che il lavoro dietro sia fatto bene, con una struttura che segua il ragazzo. A mio avviso c’è ancora spazio per Olivo. 

Che tipo di percorso c’è ora per lui?

Siamo stati chiari fin dall’inizio del progetto devo team. Dopo quattro anni da under 23 l’obiettivo deve essere fare determinate esperienze e correre gare di un certo livello. La cosa più importante è farsi trovare pronti quando il WorldTour chiama. Olivo fino a qui lo ha fatto, alla Volta ao Algarve

La sensazione negli anni è di aver avuto davanti agli occhi un corridore in grado di fare bene ovunque ma senza aver capito che strada può intraprendere, ce lo dici?

Per quanto mi riguarda Olivo è un croman e un pistard di valore. Un ragazzo in grado di dare un grande supporto alla squadra e capace di lavorare per i capitani. La sua forza in questo caso è sul passo e sull’affidabilità in corsa. 

Su pista lo si è visto poco.

Dopo quell’europeo al Cairo di quel gruppetto juniores (formato da Mion, Delle Vedove, Violato, Nicolisi e Olivo, ndr) in pochi sono stati portati avanti nel percorso con la pista. Al di là di questa considerazione Olivo ha portato avanti la disciplina, correndo i campionati italiani e andando spesso a girare a Montichiari. 

Olivo si è dedicato anche alla pista, qui in azione in maglia Cycling Team Friuli
Olivo si è dedicato anche alla pista, qui in azione in maglia Cycling Team Friuli
Può trasportare a tutti gli effetti queste qualità anche su strada diventando un vincente anche lì?

Alla San Geo del 2024 ha vinto e una settimana dopo sono iniziati gli ennesimi problemi. Lui è un corridore che ha bisogno di una corsa molto dura per emergere, però su strada può dire la sua. Il ragionamento è che tra gli under 23 potrebbe essere un vincente, ma non è detto che poi sali di categoria e continui ad esserlo. E’ un percorso di crescita da fare con calma perché da U23 sei forte fisicamente ed emergi, ma una volta che sei nei professionisti sono tutti forti a livello fisico. 

Forse un percorso di crescita in un devo team può fargli bene, ma non passare direttamente nel WorldTour, vista la poca possibilità di mettersi in mostra. 

Ognuno ha il suo cammino. Tanti ragazzi che sono passati da noi, ancora quando eravamo CTF, hanno poi avuto carriere diverse. Pietrobon è un esempio, ma pensate anche a De Cassan o ai gemelli Bais. Penso che un corridore come Olivo possa trovare la sua dimensione, dipenderà anche da quali offerte arriveranno. Per ora ha una stagione sulla quale puntare tanto e nella quale migliorare ancora.

Da CTF a devo team Bahrain: cosa cambia?

31.01.2025
5 min
Salva

In ordine cronologico una delle ultime novità per la nuova stagione è stata la conferma che da quest’anno il CTF Victorious avrebbe cambiato nome. La squadra coordinata da Bressan e da Boscolo era entrata nel panorama della Bahrain Victorious qualche anno fa e ora ne è diventata ufficialmente il devo team. Si tratta di un ultimo passaggio, quasi di una formalità, ma che cambia comunque le carte in tavola. Di fatto la formazione friulana cambia affiliazione e diventa un team continental registrato presso il Regno del Bahrain

Renzo Boscolo è diesse del team da quando era Cycling Team Friuli, qui al Trofeo Piva nel 2022
Renzo Boscolo è diesse del team da quando era Cycling Team Friuli, qui al Trofeo Piva nel 2022

Tutto vecchio, tutto nuovo

I ragazzi del devo team hanno appena terminato il loro ritiro in Spagna, nel quale hanno gettato le basi per la stagione che sta per aprirsi. La prima novità è che Boscolo e i suoi ragazzi non saranno presenti alla Coppa San Geo, la gara nazionale che apre il calendario under 23 italiano. Questo perché alle gare nazionali non sono ammessi i team registrati presso Paesi diversi dal nostro.

«Il ritiro è andato bene – racconta Boscolo – siamo contenti di come abbiamo lavorato e del tempo trascorso insieme. Anche per noi, tra poco, sarà ora di cominciare e direi che non vediamo l’ora. Partiremo con una novità, ovvero delle corse nell’isola di Rodi a inizio marzo: due brevi gare a tappe e una di un giorno. Poi il calendario sarà simile a quello degli scorsi anni con le gare internazionali in Italia e Belgio. Ci sarà da lavorare per organizzare le varie trasferte tra staff e corridori, anche se non sarà tanto diverso dagli altri anni».

Boscolo e i suoi ragazzi frequentavano già le classiche under 23 in Belgio (foto Koksijde – Oostduinkerke)
Boscolo e i suoi ragazzi frequentavano già le classiche under 23 in Belgio (foto Koksijde – Oostduinkerke)
Il vostro modo di lavorare quindi non sarà diverso?

Da quando siamo entrati nella sfera del team Bahrain abbiamo preso questo respiro internazionale. Ora sicuramente sarà ancora più ampio e organizzato, direi che per noi è un ulteriore passo in avanti. Dal primo giorno che Bahrain ha iniziato a lavorare con noi il cammino di crescita è stato continuo.

Siete parte di una struttura che avete già avuto modo di conoscere…

La forza di una squadra WorldTour è diversa e farne parte al 100 per cento è diverso, in qualche modo. La struttura e il metodo di lavoro già lo conoscevamo, nel tempo siamo cresciuti e il team Bahrain da questo punto di vista ci ha dato una grande mano. Ora ci troviamo ancora con più forza, personale e mezzi.

Nel devo team correrà anche Jakob Omrzel, entrato nel panorama Bahrain già da junior (photors.it)
Nel devo team correrà anche Jakob Omrzel, entrato nel panorama Bahrain già da junior (photors.it)
La gestione della squadra è diversa?

Dal punto di vista di come lavoriamo con i ragazzi, no. Sia per quanto riguarda la selezione che per il metodo di allenamento e la mentalità di lavoro. Il ritiro in Spagna è un bel segnale, ma ormai lo fanno in tanti, anche formazioni continental più piccole della nostra. Quello che è cambiato è ciò che non si vede, ci sono tante figure nuove: il massaggiatore in più, il nutrizionista, ecc…

Per la scelta dei corridori, si lavora allo stesso modo?

Già gli anni scorsi il team Bahrain ci segnalava dei ragazzi che erano nel loro panorama di interesse. Da noi sono passati corridori come Van Der Meulen, Erzen, Bruttomesso, Buratti, Skerl… Il Bahrain negli anni ha fatto una scelta molto intelligente, ovvero quella di avere una filiera che parte dagli juniores. Da questa sono usciti Borremans e Omrzel, per citarne due che quest’anno correranno con noi. 

Uno dei corridori osservati dalla Bahrain e che hanno corso con la maglia del CTF è Max van Der Meulen (foto Direct Velo/Florian Frison)
Uno dei corridori osservati dalla Bahrain e che hanno corso con la maglia del CTF è Max van Der Meulen (foto Direct Velo/Florian Frison)
La rosa rimane comunque ricca di corridori italiani, dalla categoria juniores ne sono arrivati tre: Consolidani, Andreaus e Basso. 

Non abbiamo il vincolo di prendere ragazzi italiani, ma di selezionare dei profili interessanti e che abbiano delle potenzialità. A nostro modo di vedere il confronto con i migliori apre panorami di crescita per i corridori e per le squadre. Una cosa che ci dispiace è rinunciare alle corse nazionali.

Un prezzo da pagare se si vuole fare il salto in una categoria internazionale, no?

Da un lato sì, ma ci sono tanti ragazzi italiani che corrono nei devo team che non potranno partecipare a queste gare. Sarebbe bello vedere più spesso il campione del mondo juniores (Lorenzo Finn, ndr) correre nel nostro Paese. Ma visto che fa parte di un devo team non potrà farlo. 

Il devo team della Red Bull-BORA-hansgrohe non ha magari interesse nel correre le nostre gare nazionali…

Vero. Però aprire le gare nazionali anche agli atleti italiani tesserati all’estero permetterebbe a questi ragazzi di correre nel nostro Paese e di confrontarsi con i loro coetanei. A mio modo di vedere sarebbe anche un modo per alzare il livello generale in Italia. 

Si troverebbero a correre contro ragazzi di squadre continental o di club che non hanno i mezzi di un devo team.

Il discorso è ampio, questo potrebbe essere uno stimolo per tutti a migliorare. Poi a noi non cambia tanto. Ma avere dei ragazzi italiani al primo anno da under 23 e non poterli far correre alle gare nazionali lo considero un peccato. A noi farebbe piacere e per loro sarebbe un modo di approcciare la categoria in maniera progressiva.

Il CTF chiude e diventa devo team Bahrain

19.12.2024
3 min
Salva

In attesa che i dettagli vengano definiti, dal prossimo anno il Cycling Team Friuli, che già portava il nome Victorious oltre al suo, cesserà l’attività e sarà assorbito dal Team Bahrain Victorious, diventandone il devo team. Le modalità con cui ciò accadrà saranno rese note, resta però la chiusura di una squadra che da 19 anni a questa parte ha tenuto banco fra i dilettanti, lanciando fra gli altri atleti come De Marchi, Aleotti, i fratelli Bais e Jonathan Milan (immagine photors.it in apertura). Quella del CTF è una chiusura diversa da quanto accaduto alla Zalf Fior, ma parliamo pur sempre una società in meno che raccoglierà talenti sul territorio.

«La scelta è diventata inevitabile – racconta il team manager Roberto Bressan – perché non c’erano più le risorse per mantenere un certo livello tecnico. Se non fai l’attività internazionale, non puoi pensare di andare a scontrarti con i devo team. E’ chiaro che negli ultimi tre anni, avendo avuto la sponsorizzazione del Bahrain, siamo rimasti a galla. Ora però il Bahrain ha fatto una scelta diversa e volendo avere un loro devo team, ci hanno chiesto se saremo saliti a bordo».

Roberto Bressan è il team manager del CTF, qui con Roberto Fedriga, presidente della Regione FVG
Roberto Bressan è il team manager del CTF, qui con Roberto Fedriga, presidente della Regione FVG
E voi?

E io ci ho pensato, noi abbiamo pensato. Cosa facciamo? Chiudiamo o torniamo indietro? Abbiamo fatto per ogni anno lo stesso ragionamento e l’idea di tornare indietro non ci convinceva. Nella nostra storia abbiamo sempre cercato di alzare l’asticella.

In che modo?

Abbiamo formato tecnici, allenatori, massaggiatori e direttori sportivi. Abbiamo pensato a ristrutturare la società e a disegnarla in un certo modo. Con le loro possibilità a un certo punto è diventato tutto più facile. E visto che non saremmo stati in grado di tornare sui nostri passi, abbiamo deciso di accettare la loro proposta.

Non ti dispiace perdere una società attiva sul territorio?

Se avessi avuto più soldi, io sarei rimasto con il CTF, perché il mio cuore è il Friuli. Però in Friuli si investe per il calcio, per la pallavolo e per la pallacanestro. In serie A1 ci sono quattro società friulane, mentre nel ciclismo ci siamo noi. Eppure i corridori buoni vengono fuori, penso a Montagner, Stella e Viezzi, che sono passati professionisti o nei devo team delle WorldTour. Abbiamo atleti formati da noi, da De Marchi, passando per Aleotti e Milan: vuol dire che il CTF è servito a qualcosa. Però non spariremo dal territorio.

In che senso?

Renzo Boscolo si è impegnato a dare una mano alla Libertas Ceresetto, che ha gli juniores. Sarà il modo per tenerli monitorati, ma non si chiameranno CTF. 

Andrea Fusaz, qui con Tiberi, è salito tra anni fa dal CTF al Team Bahrain Victorious come preparatore
Andrea Fusaz, qui con Tiberi, è salito tra anni fa dal CTF al Team Bahrain Victorious come preparatore
Cosa sarà invece del CTF Lab?

Il Lab è fuori dal discorso. E’ una struttura privata in cui lavorano degli allenatori e biomeccanici professionisti, in cui la gente va a pagamento. Ci sono ancora Andrea Fusaz, Alessio Mattiussi e anche Fabio Baronti.

Ecco, proprio Fabio nel frattempo è passato alla Jayco-AlUla…

E’ stato un brutto colpo. Fabio era una parte importante del nostro gruppo, non serviva neppure parlare tanto era ben oliato. Tutti sapevano cosa fare ben prima che gli chiedessi di farlo. Non possiamo escludere che un domani torni indietro, ma per ora è andata così. Fabio è stato massaggiatore, poi si è laureato diventando allenatore e alla fine faceva anche il direttore sportivo. Una figura come la sua non sarà facile da rimpiazzare.

Baronti: dal CTF a coach Jayco: «Inizia un nuovo percorso»

13.12.2024
5 min
Salva

I giorni del primo ritiro stagionale in casa Jayco-AlUla scorrono velocemente sotto al sole caldo della Spagna. Lo staff e i corridori lavorano guardando al futuro e intanto gettano le basi per far sì che tutto scorra liscio. Tra le novità del team australiano c’è sicuramente l’arrivo di Fabio Baronti, che ricoprirà il ruolo di coach insieme a Pinotti e altri colleghi. Il veneto, trapiantato in Friuli e arrivato nel ciclismo grazie al CTF di Roberto Bressan, vive queste ore con gioia e una voglia matta di fare. Caratteristica tipica di chi arriva in un contesto nuovo e non vede l’ora di dimostrare che tanta fiducia è meritata. 

«Mi sono ambientato – ci racconta Fabio Baronti in un giovedì di “pausa” – siamo arrivati cinque giorni fa, l’8 dicembre. Abbiamo fatto un meeting per conoscerci e impostare il lavoro, poi il 10 dicembre sono arrivati i ragazzi. Lunedì prossimo, il 16, torneremo a casa per ritornare in Spagna a gennaio. Tra noi membri dello staff si è optato per fare un meeting conoscitivo a Bergamo qualche settimana fa. C’erano tutti i coach compresi i due nuovi, ovvero io e un altro ragazzo».

Fabio Baronti, qui al centro, è stato con il CTF dal 2018 alla fine del 2024
Fabio Baronti, qui al centro, è stato con il CTF dal 2018 alla fine del 2024

Un’altra vita

Quella che sta per iniziare Fabio Baronti è un’altra vita, sicuramente dal punto di vista sportivo tante cose cambieranno. Entrare a far parte dello staff di un team WorldTour in giovane età non è un caso, in certi ambiti i meriti sono addirittura doppi. La Jayco-AlUla ha cambiato qualche corridore durante l’inverno, forse una delle realtà che ha cambiato di più. 

«Sono arrivati dieci nuovi atleti rispetto all’anno scorso. Ma per me è come se fossero 30 – dice con voce simpatica Baronti – anzi 29 visto che conoscevo già Ale (Alessandro De Marchi, ndr). Alcuni li conosco già perché li ho trovati da avversari con il CTF tra gli under 23. In queste prime uscite li abbiamo seguiti da vicino, per noi coach è importante vederli pedalare e prendere informazioni».

Alla Jayco-AlUla ha ritrovato Alessandro De Marchi
Alla Jayco-AlUla ha ritrovato Alessandro De Marchi
Che effetto fa entrare nel WorldTour?

Bello, è parte del percorso di crescita personale e lavorativa. Al CTF ho trovato una famiglia vera, nella quale sono entrato e ho avuto modo di apprezzare le persone e il clima. Qui alla Jayco-AlUla tutto è più professionale e ognuno ha il suo ruolo. Si vive in maniera più precisa e analitica. Il gruppo dello staff è enorme, tra squadra maschile e femminile siamo in 156. 

I colleghi, come sono?

Lo zoccolo duro è sempre lo stesso, nel quale la figura di riferimento un po’ generale è Pinotti. Sono arrivato in un ambiente dove tutti sono pronti, preparati ma anche aperti al confronto. Già da subito ho percepito di poter dare qualcosa.

Baronti è stato preso da Boscolo quando ancora era uno studente di Scienze Motorie: prima come massaggiatore e poi come coach
Baronti è stato preso da Boscolo quando ancora era uno studente di Scienze Motorie: prima come massaggiatore e poi come coach
Che cosa?

Non sono qui per adattarmi a un metodo di lavoro, ma per metterci del mio. Lavorerò sia con il team maschile che femminile, curando il training camp per il Giro d’Italia insieme a Pinotti. Essere accanto a una figura come la sua è uno stimolo importante, credo sia anche un bella dimostrazione di fiducia. Più avanti io e lui faremo dei test sull’aerodinamica. 

Come sei arrivato da loro?

Ho parlato con Pinotti a maggio, durante il Giro d’Italia. Durante tutta la stagione siamo rimasti in contatto, mi ha detto che la squadra aveva intenzione di cambiare e rinnovarsi nel reparto performance. Il fatto che venissi da un team giovanile secondo me ha giocato un ruolo chiave. 

Nei sette anni al CTF è stato spesso in ammiraglia, ruolo che per ora non ricoprirà più
Nei sette anni al CTF è stato spesso in ammiraglia, ruolo che per ora non ricoprirà più
Lavorerai anche con i ragazzi del devo team, la Hagens Berman?

Non direttamente, se qualche ragazzo avrà modo di venire con noi o di essere sottoposto a dei test saremo noi a farlo. Ma loro avranno un coach. 

In che modo lavorerai?

Avrò un piccolo gruppo di tre o quattro atleti con i quali lavorerò direttamente. Ma poi ognuno di noi coach sarà a disposizione degli altri e curerà delle parti della stagione. Avere a che fare con corridori esperti, alcuni anche più grandi di me (Fabio Baronti ha 29 anni, ndr) mi permette di avere un rapporto diverso, di confronto. Al CTF dovevo insegnare ai ragazzi come essere ciclisti a 360 gradi, qui mi occupo solo della parte performance. 

Baronti con i ragazzi del CTF ha costruito un rapporto a 360 gradi, qui con Van Der Meulen dopo la vittoria di tappa alla Ronde de l’Isard (foto Direct Velo/Florian Frison)
Baronti con i ragazzi del CTF ha costruito un rapporto a 360 gradi (foto Direct Velo/Florian Frison)
Un rapporto più diretto?

Sicuramente avere corridori esperti mi permette di ricevere feedback più profondi e capire come muovermi. Insomma, si ottimizza il lavoro. Non sarò più in ammiraglia, magari in futuro prenderò il patentino UCI. Anche se credo che arrivati a un certo livello sia meglio dividere i compiti.

Non resta che farti un grande in bocca al lupo per questa nuova avventura.

Grazie! Ci vediamo in giro.

Van Der Meulen: sembrava sparito, ma in Italia è risorto

15.05.2024
5 min
Salva

Alla corte di Renzo Boscolo, al CTF Victorious, è arrivato all’inizio di questa stagione un ragazzo olandese: Max Van Der Meulen (in apertura foto DirectVelo/Florian Frison). La continental friulana è solamente un punto di appoggio tra il passato nel devo team della DSM e il futuro in Bahrain Victorious, nel WorldTour. Com’è già capitato con Bruttomesso, un corridore promesso sposo al team del Bahrein finisce la sua maturazione tra le file del CTF. 

Max Van Der Meulen, CTF Victorious, vince la seconda tappa alla Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)
Max Van Der Meulen vince la seconda tappa alla Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)

Prima vittoria

Con i colori della squadra friulana Van Der Meulen ha trovato la sua prima vittoria dopo tanto tempo. Lo ha fatto in una corsa difficile come la Ronde de l’Isard, dove il parterre era di tutto rispetto e le tappe impegnative, per corridori veri. Un successo che testimonia come determinate qualità non si possano perdere in poco tempo. 

«Quella in Francia, alla Ronde de l’Isard – racconta – è stata la mia prima vittoria da under 23, mi è piaciuta moltissimo. Purtroppo nella prima tappa ho preso tanto freddo e sono uscito subito di classifica. La sera ero un po’ amareggiato, ma parlando con il team abbiamo deciso di prendere ogni frazione come una corsa di un giorno. Vincere è stato fantastico, ero molto felice per me, ma anche per il team e i miei compagni che mi hanno dato una grande mano. Ho lavorato duramente a partire da questo inverno e vedere che tutti gli sforzi hanno portato a qualcosa è bello, gratificante».

Da junior la bici era un divertimento, senza lo stress del risultato (foto DirectVelo/Aurélien Regnoult)
Da junior la bici era un divertimento, senza lo stress del risultato (foto DirectVelo/Aurélien Regnoult)

Perso in casa sua

La storia di Van Der Meulen è particolare: il giovane corridore olandese, classe 2004, tra gli juniores volava. Vi basti sapere che nel solo 2022, l’ultimo anno nella categoria, aveva ottenuto sei vittorie tra cui quella alla Classique Des Alpes. Risultati che lo avevano portato ad essere il secondo miglior junior al mondo. Poi la chiamata nel devo team di casa, la strada che sembrava già delineata, ma non tutto è andato secondo i piani. 

«Quando ero junior – ci dice subito – mi godevo il fatto di andare in bici e non prendevo la cosa troppo seriamente, per me il ciclismo era un divertimento. Poi sono andato al Development Team DSM e le cose sono cambiate parecchio, tutto veniva fatto al 100 per cento. Gli allenamenti erano diversi, si curava tanto l’alimentazione, è cambiato tutto. Non sto dicendo che la DSM sia sbagliata, ma che io non ero fatto per un ambiente del genere. Quello che non ha funzionato è a livello personale, non dal lato del corridore. Ho inseguito per tanto tempo la mia migliore condizione senza mai trovarla, non ero felice e questa per me è una cosa importante per performare».

L’Italia e il gusto di ritrovarsi

«Il giovane talento olandese – ci aveva detto qualche giorno fa Renzo Boscolo team manager del CTF – è uno dei corridori che viene recuperato da un team italiano, la soddisfazione sta nel far vedere che non tutto l’oro dell’estero luccica più del nostro. Qui da noi si possono fare le cose bene, con metodo e passione. Siamo riusciti a recuperare un ragazzo forte e questo è il nostro orgoglio, nonché di tutto il pianeta Bahrain».

Allora partendo dalle parole di Boscolo la curiosità di sapere cosa Van Der Meulen abbia trovato di diverso da noi ci morde da dentro e la domanda nasce spontanea: «Per me è un modo di fare totalmente differente – dice – il CTF è come una famiglia, siamo molto uniti. Ci sono degli obiettivi, per fare in modo di lavorare bene, ma non importa che siano personali o di squadra qui tutti danno sempre il massimo. C’è molta più motivazione e tanta felicità nel godersi il ciclismo, è una squadra passionale. Mi piace averli intorno, con lo staff si lavora benissimo e mi danno tanto supporto».

Van Der Meulen, scalatore puro, ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto DirectVelo/Florian Frison)
Van Der Meulen, scalatore puro, ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto DirectVelo/Florian Frison)

Il sogno rosa e il futuro nel WT

Tra meno di un mese toccherà agli under 23 darsi battaglia lungo tutto lo stivale, o in buona parte di esso, per conquistare la maglia rosa. Il Giro Next Gen, alla luce della recente vittoria e delle qualità di Van Der Meulen, diventa un obiettivo per risalire un altro gradino che lo porterà, comunque vada, nel WT il prossimo anno. 

«Sto bene – continua a raccontarci – sono tornato dalla Francia, ho recuperato bene e sono partito per Andorra. Ora mi trovo qui da una settimana, insieme a due miei compagni di squadra, e starò altre due per preparare al meglio il Giro Next Gen. Prima però sarò in Repubblica Ceca per correre l’appuntamento di Nations Cup con la nazionale olandese.

«Sono fiducioso di poter fare ancora tanto quest’anno – conclude Van Der Meulen – in vista del mio approdo alla Bahrain Victorious. Voglio migliorare tanto per superare quel gradino che mi manca ma sono fiducioso. Il CTF da questo punto di vista mi dà una grande mano, mi fa crescere sia come corridore che come persona. Non ho paura di quello che potrà succedere in futuro».

Il quarto anno da U23? Per Boscolo (e il CTF) è superfluo

23.04.2024
5 min
Salva

In un ciclismo che corre sempre più veloce fin da quando i ragazzi si trovano nella categoria juniores ha senso, per una squadra continental, puntare su corridori di quarto anno? La domanda è nata dopo un colloquio con Renzo Boscolo, diesse del team CTF Victorious e ci è riecheggiata in testa per un po’. Il fatto di essere stati all’Eroica Juniores, poi, ci ha fatto crescere ancora di più la curiosità riguardo questo tema. Allora ieri ci siamo messi a parlare con Boscolo e ne sono nati spunti interessanti. 

Oliver Stockwell (qui all’AIR 2022) è l’unico corridore di quarto anno al CTF in questa stagione
Oliver Stockwell (qui all’AIR 2022) è l’unico corridore di quarto anno al CTF in questa stagione

Eccezioni, non regole

Negli ultimi anni, tra i corridori degni di nota all’interno del CTF, ci sono stati solamente due ragazzi giunti al quarto anno della categoria U23. Il primo è stato De Biasi, il secondo, invece, è Stockwell. 

«Al CTF – ci dice – come ragazzo di quarto anno abbiamo solo Oliver Stockwell. La scelta è dovuta al fatto che ha perso un anno a causa di una frattura al femore, così la decisione di tenerlo con noi ci è sembrata naturale. Come lo era stata per De Biasi, che era arrivato da noi nell’anno del Covid, avendo perso un anno ci è sembrato giusto fargli proseguire il cammino. Al di là di casi del genere, noi come CTF riteniamo che un ragazzo di quarto anno non lo teniamo».

Il mercato chiede corridori giovani e preparati, il CTF si è mosso di conseguenza (foto Instagram)
Il mercato chiede corridori giovani e preparati, il CTF si è mosso di conseguenza (foto Instagram)
Come mai?

Ci siamo resi conto, numeri alla mano, che non ha senso. Il percorso di crescita previsto per i ragazzi dura tre anni, il quarto anno di categoria aggiunge ben poco. Guardando i dati, si vede che la curva di miglioramento si sviluppa, nella sua massima espressione, tra il secondo e il terzo anno da U23. 

Al quarto anno i margini sono minori?

Oltre ad essere minori si rischia l’effetto opposto. Un ragazzo al quarto anno si ritrova con l’acqua alla gola, perché in questa categoria viene visto come all’ultima spiaggia. Il discorso poi cambia radicalmente quando si passa elite. 

Anche Max Van Der Meulen è uno dei corridori con un contratto già firmato nel WT (foto Instagram)
Anche Max Van Der Meulen è uno dei corridori con un contratto già firmato nel WT (foto Instagram)
Ci sono ragazzi che da elite si sono guadagnati lo spazio tra i pro’.

Sono eccezioni italiane o internazionali? Per come la vediamo noi al CTF, gli elite non hanno grande senso. Noi siamo una squadra di sviluppo della Bahrain, quindi il nostro ragionamento è diverso da chi ha una continental. In altri Paesi una squadra continental può svolgere il ruolo che da noi hanno le professional. Ad esempio: la Polonia ha un bel movimento ma non ha team professional, quindi le loro continental hanno una logica diversa dalle nostre. 

In Italia le professional ci sono…

E ci sono anche le continental che ragionano sulle vittorie e sul voler sembrare dei team di professionisti. Allora portano ragazzi grandi a fare corse con i pro’ così si fanno vedere. Il discorso per loro funziona, per noi no. 

Voi da quanto avete “accantonato” il discorso quarti anni ed elite?

Da quando abbiamo iniziato a girare molto di più l’Europa. Negli ultimi 7-8 anni il mercato è cambiato, prima passavano anche corridori elite, ora si cercano i ragazzi prima.

Se si pensa che Kristoff, vincitore di due tappe all’Eroica Juniores, ha già un contratto firmato con una squadra WorldTour…

Capite? Non sto dicendo che sia giusto o sbagliato, ma il mercato va in questa direzione. Anche noi abbiamo ragazzi che hanno già un contratto con la Baharain per i prossimi anni (Ermakov ed Erzen, ndr). Il sistema messo in piedi è questo e bisogna ragionare così.

Il calendario del CTF prevede un aumentare costante delle gare e degli impegni ed è tarato sui ragazzi giovani (foto Instagram)
Il calendario del CTF prevede un aumentare costante delle gare e degli impegni ed è tarato sui ragazzi giovani (foto Instagram)
Lo fareste anche senza un legame con un team WT?

Sì. Io credo che un team continental debba far crescere i ragazzi. Siamo appena stati alla Gent U23 dove Borgo è arrivato quinto (in apertura foto Ieper.Fietst, ndr). Lui è un primo anno, in squadra ne abbiamo ben cinque, la nostra scelta è di puntare sui giovani.

E’ una questione di scelte, o si punta sui giovani o su corridori più maturi, ma entrambi non possono coesistere.

E’ così. Per come interpretiamo noi l’attività, è corretto avere ragazzi di primo anno. In generale preferiamo partire piano e aumentare la caratura delle corse mese dopo mese. Inserire un ragazzo di quarto anno in una struttura del genere rischia di farla esplodere.

Borgo, al primo anno da U23, ha già raccolto risultati importanti anche all’estero (foto Koksijde – Oostduinkerke)
Borgo, al primo anno da U23, ha già raccolto risultati importanti anche all’estero (foto Koksijde – Oostduinkerke)
Perché?

Un corridore di quarto anno deve partire forte, per trovare risultati e farsi vedere, perché le squadre professionistiche a giugno hanno già la rosa chiusa. Inserire un ragazzo così vorrebbe dire cambiare il nostro calendario e portare la squadra a fare corse impegnative fin da subito, come il Laigueglia. Ma che senso ha far correre ad un ragazzo di primo anno una gara del genere a inizio stagione? Nessuna. Ripeto la nostra scelta è di puntare sui giovani e farli crescere, non di metterli in vetrina. 

Ragazzi al primo anno come Borgo, Capra e Mottes hanno già esperienze importanti…

Borgo ha fatto sesto alla Youngster e quinto alla Gent U23. Capra non ha vinto, ma è stato fondamentale per la squadra e Mottes ha potuto fare gare importanti e imparare. Questi potrei portarli al circuito di paese e vincerebbero, ma che senso avrebbe?

Olivo si sblocca alla San Geo e Boscolo se lo coccola

24.02.2024
5 min
Salva

SAN FELICE DEL BENACO – Per capire quanto Bryan Olivo avesse bisogno di questa vittoria vi basta guardare l’immagine di apertura (immagine photors.it). Stampatevi quell’esultanza in testa e leggete le parole del corridore del CTF cercando di cogliere le sue emozioni. 

La volata ristretta mancava al repertorio di Olivo, che tra i suoi numerosi pregi aggiunge ora anche lo sprint, nel quale anticipa Donati e Bortoluzzi. Dopo la linea del traguardo fatica anche a frenare tanto è il freddo accumulato in queste 4 ore di gara. Sui monti intorno al lago di Garda la neve fa da cornice ad un primavera ancora lontana. Anzi, a complicare l’ultima ora di corsa si alternano pioggia e grandine, per la felicità di corridore e pubblico. 

Cattiveria

Olivo vince di cattiveria, per la gioia e il freddo finisce la sua corsa più di 200 metri dopo il traguardo. Quando lo raggiungiamo sta spiegando ai suoi compagni come ha fatto a vincere e non smette di sorridere. Siamo sicuri che la felicità sia alle stelle, ma anche il freddo non lo aiuta a cambiare espressione e mentre ride batte i denti. 

«Ho vinto di cattiveria – ci dice al parcheggio delle ammiraglie – anche perché il successo mi mancava da quando ero allievo secondo anno. I due anni da junior e le ultime due stagioni da under 23 sono state complicate. Come ho già detto voglio che il 2024 sia il mio anno e ho trovato il modo giusto di cominciare la stagione. E’ stato il miglior primo passo che potessi fare e ora devo continuare così.

«Mi ero staccato sullo strappo finale – continua a raccontare Olivo con gli occhi scavati dalla fatica – non ne avevo più, ma sono rientrato. Nell’ultimo giro avevano attaccato in tre ma non sono andati via, probabilmente anche loro erano al limite. Una volta capito che saremmo arrivati in volata mi sono posizionato per farla nel migliore dei modi. E’ andata bene, anche se non sono un velocista (dice ridendo, ndr). Mi sono trovato in un gruppetto dove tutte le gambe erano stanche, comprese le mie e sono riuscito a farmi valere». 

Gara al rallentatore

La centesima edizione della Coppa San Geo è stata caratterizzata, nelle sue prime tre ore, dalla fuga solitaria di Albert Walker della Rime Drali. Quasi tutta la gara fuori, con tanto coraggio e voglia di mettersi in mostra. Ma, quando un corridore solo rimane allo scoperto per così tanto vuol dire che dietro il gruppo ha deciso di lasciar fare.

«E’ stata una gara strana – conferma Olivo – con una fuga di quattro, diventata poi di un solo corridore, gli abbiamo lasciato tanto vantaggio, quasi sette minuti. Le prime tre ore siamo andati davvero piano, poi il gruppo ha accelerato sulla salita delle Zette, quella più lunga. Ci siamo spezzati e si è formato il drappello dei 10 che è arrivato praticamente fino alla fine. La pioggia e il freddo hanno inciso su un percorso molto tecnico. Noi del CTF avremmo dovuto controllare bene la corsa e aspettare evoluzioni. Io avevo il compito di buttarmi nelle fughe, ho trovato quella giusta ed è andata nel migliore dei modi».

Boscolo sorride

Il più felice di tutti, però, sembra Renzo Boscolo, che si coccola Olivo e il suo talento, sul quale ha investito e creduto. Non ha mai perso la fiducia verso questo ragazzo e oggi i suoi sforzi sono stati ampiamente ripagati. 

«E’ tornato il Bryan che ci aspettavamo – dice sotto al podio – non ha gestito bene il finale, ma ha vinto comunque, quindi stava davvero bene. Per Olivo il 2023 è stato un anno davvero difficile, ha saltato gli ultimi quattro mesi a causa di un problema fisico. Questa stagione può essere la sua, quella giusta. Il nostro progetto su di lui matura e può giungere al termine, regalandoci tante soddisfazioni. Non dimentichiamo che Bryan è un profilo interessante, oltre per strada e cronometro, anche per la pista. E’ un ragazzo che potrebbe interessare anche Villa. Ha il futuro davanti, vedremo di dargli le giuste opportunità e sono sicuro saprà coglierle.

«Poi va detto che Olivo è un ragazzo d’oro – conclude – si dà sempre da fare per la squadra, questo quando sali al piano superiore lo notano. Il suo anno parte oggi e deve continuare in questo modo. Ha vinto la prima, in maniera combattiva, è un bene per lui ma il percorso non è finito».