La forza del cronoman. Per Sobrero si fa soprattutto in bici

29.12.2021
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Ancora forza. Chiudiamo questo capitolo dedicato appunto alla potenza da esprimere sui pedali con Matteo Sobrero, il campione italiano a cronometro. Dopo aver sentito Aru e Cimolai, quindi uno scalatore ed un velocista, ascoltiamo un passista, un cronoman. Come cura questo particolare aspetto della preparazione atletica?

Bastano le prime domande al neo acquisto della BikeExchange Jayco per capire che c’è una bella differenza rispetto ai primi due profili. Ascoltiamolo.

Matteo Sobrero (a destra), nella prova il percorso dei mondiali 2021 con Ganna. Per lui è importante fare chilometri con questa bici
Matteo Sobrero (a destra), nella prova il percorso dei mondiali 2021 con Ganna. Per lui è importante fare chilometri con questa bici
Matteo, parliamo di forza e crono: una componente importante anche per il cronoman…

Ah – sorride il piemontese – Se si parla di forza dovresti chiedere a Ganna! La forza per il cronoman è molto particolare e va allenata soprattutto con la bici da cronometro, pochi trucchi. È importante usare questa bici per abituarsi ad esprimere la forza in una posizione che è piuttosto sacrificata. Per questo molti lavori si fanno proprio con la bici specifica.

E di quali lavori parli?

Principalmente SFR. Le classiche salite forza resistenza, che faccio appunto con la bici da crono. Cerco di trovare una strada che permetta di stare in posizione, quindi una strada con pendenze non esagerate. Le ripetute durano dai 3′ ai 5′ a seconda di ciò che mi dice il preparatore e chiaramente a seconda del periodo. Ma si lavora con la forza anche sul piano.

In pianura? E come?

Non è come le classiche SFR ma gli somiglia. Sono lavori che si fanno sulle 70-75 rpm, quindi con rapporti chiaramente molto lunghi. In questo caso le ripetute durano anche 10′, sono più lunghe rispetto a quelle fatte in salita.

Tenere sotto controllo i watt è fondamentale per certi lavori, specie per il cronoman
Tenere sotto controllo i watt è fondamentale per certi lavori, specie per il cronoman
Sentir dire rapporti lunghi ad un cronoman fa pensare! Di che rapporti parliamo?

Negli anni è cambiato molto e si è andati ad aumentare lo sviluppo metrico. Una volta il 54 sembrava chissà cosa, il prossimo anno lo useremo sulla bici da strada con il nuovo gruppo Shimano. Io sono passato dal 56 al 58. Il 58 l’ho usato quest’anno in gara e anche in allenamento. E’ importante spingerlo in allenamento perché ti cambia la pedalata. Faccio queste ripetute in pianura con il 58×11.

Un rapportino!

Diciamo che solitamente in pianura si usa quello. Semmai cerco di utilizzare rispetto alla gara una corona piccola che sia un po’ più pedalabile. Proprio per non dovermi “fermare” sulle salite. Non potendo montare un 39 altrimenti il salto sarebbe troppo grande utilizzo un 42. Con il 42×32 più o meno vai dappertutto. Comunque rapporti così lunghi, come il 58, per uno leggero come me sono importanti. Mi aiutano molto soprattutto quando la strada scende e faccio più fatica a fare velocità.

E la forza più esplosiva, la fai?

Sì, capita di farla ma con la bici da strada. Con la bici da crono si fa molto meno, giusto se per esempio c’è da preparare un prologo. Però parliamo comunque di una tipologia di forza diversa dalle partenze da fermo, una forza più costante, con meno cambi di ritmo. Per esempio prima del prologo del Giro d’Italia facevo delle ripetute di 8′ massimo 10′ con delle variazioni di potenza.

Come molti suoi colleghi anche Sobrero non utilizza molto i macchinari ma preferisce il bilanciere libero
Come molti suoi colleghi anche Sobrero non utilizza molto i macchinari ma preferisce il bilanciere libero
Immaginiamo che il potenziometro sia il pane per te…

Eh sì, per questi allenamenti è molto importante chiaramente, ma io tengo sott’occhio anche la frequenza cardiaca. Averli sotto controllo entrambi mi aiuta molto.

Hai detto che fai della forza anche con la bici da strada, cosa fai?

Sostanzialmente SFR classiche. Però tutti gli anni si cambia sempre un po’ qualcosa. All’inizio, alla NTT, c’era una mentalità inglese e facevo le SFR a 60-70 rpm. Negli ultimi due anni invece le eseguivo a 50 rpm. Per quanto riguarda la forza esplosiva fino all’anno scorso ho fatto qualche volata e qualche partenza da fermo, ma per quest’anno ancora no. Per questo aspetto della forza esplosiva di solito facevo le SFR +10 secondi di volata.

E la palestra? Il cronoman cura la forza a secco?

Anche in questo caso è un po’ diverso. Io la faccio soprattutto d’inverno. Inizio a novembre e la mantengo finché posso. Non la faccio con macchinari ma eseguo esercizi a corpo libero e di core zone, che per chi deve stare in posizione da cronometro è davvero importante. Non utilizzo mai pesi eccessivi, faccio molte ripetute, 10-15, ma senza andare oltre il 70% del massimale.

Quindi una tipologia di forza “più vicina” a quella dello scalatore…

In questo modo il muscolo lavora parecchio, senza mettere troppa massa e poi dobbiamo pensare che si traggono dei benefici “momentanei”. Benefici che nel corso della stagione in qualche modo si va a perdere visto che noi parliamo soprattutto di endurance.

Lo stacco, esercizio che sviluppa la parte posteriore della muscolatura, necessaria per spingere rapporti duri in posizioni non semplici
Puoi illustrarci una tua seduta tipo in palestra?

Parto da casa in bici. Faccio 30-45 minuti per recarmi in palestra con lo zaino sulle spalle. In questo modo mi riscaldo. Quando arrivo mi cambio, inizio con degli esercizi di core zone, di propriocettività, di equilibrio che come ripeto sono importanti per noi cronoman e completano anche il riscaldamento. Curo anche un po’ la parte alta del corpo, ma senza pesi. E poi inizio la parte centrale del mio andare in palestra che sostanzialmente sono tre esercizi.

Quali?

Squat, stacco, affondi. Questi tre li faccio tutti con i pesi. A questo punto torno a casa e faccio altri 45 minuti, un’ora di bici ma in agilità. Non inserisco lavori perché ho visto che è difficile fare degli specifici. O quanto meno io non mi trovo bene.

Prima, Matteo, hai detto che iniziavi la palestra a novembre e la portavi avanti finché potevi. Quante volte ci vai a settimana e fino a quando la fai?

Diciamo che ho iniziato prima del ritiro. Ci andavo due volte a settimana. Poi nei 10 giorni in Spagna non l’ho fatta. L’ho ripresa quando sono tornato e credo che la porterò avanti fino a metà gennaio. Ma il programma settimanale varia sempre un po’.

La forza del velocista: palestra, volate e SFR alternative

27.12.2021
4 min
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Forza, forza e ancora forza. Come abbiamo detto per l’esplosività dello scalatore con Aru, questa è il fulcro dello sport moderno e non solo del ciclismo. Ma se sei chiamato a vincere in volata lo è ancora un po’ di più. Stavolta quindi andiamo a vedere come cura la forza il velocista, o quantomeno il passista veloce. Per l’occasione ci siamo rivolti a Davide Cimolai, fresco acquisto della Cofidis.

Davide, partiamo dalla palestra: immaginiamo abbia un bel peso specifico nella preparazione di un velocista?

Direi proprio di sì. Io poi non la faccio solo d’inverno, ma la mantengo anche durante il corso della stagione. In questo caso più che aumentare i carichi vado a modificare un po’ il lavoro.

La forza di Cimolai passa anche attraverso il metodo Redcord, che ha anche valenze posturali
La forza di Cimolai passa anche attraverso il metodo Redcord, che ha anche valenze posturali
Cosa fai in palestra?

In passato tendevo a fare molti più macchinari, oggi invece lavoro molto di più con il corpo libero, TRX (e RedCord, ndr), salti, bilancieri, squat… L’unico macchinario che ancora utilizzo è la pressa.

Di inverno come la fai?

Da novembre in poi la faccio circa due volte a settimana. Poi gradualmente con l’avvicinarsi delle gare la riduco ad una sola volta a settimana. Nei periodi più intensi di gare anche una volta ogni dieci giorni.

E varia anche la tipologia del lavoro durante la stagione?

No, la tipologia no, quello che cambia semmai sono i carichi, che nel pieno della stagione sono un po’ più leggeri. In pratica carico meno per squat e pressa, mentre il resto, la parte di core zone, resta sempre quello. Generalmente comunque inizio con più forza esplosiva e man mano che si avvicinano le corse velocizzo il tutto. Per esempio le alzate di squat diventano dei balzi. In più io faccio anche le braccia, perché in volata contano anche quelle. 

Giro d’Italia 2021, a Termoli Davide Cimolai è secondo dietro Caleb Ewan
Giro d’Italia 2021, a Termoli Davide Cimolai è secondo dietro Caleb Ewan
Qual è il tuo modo di eseguire questi esercizi in palestra?

Generalmente io lavoro con parecchio carico, circa l’80% del massimale. Faccio poche ripetizioni, ma abbastanza veloci, soprattutto nella fase di spinta e più lente nella fase di ritorno. Mentre la forza dello scalatore è un po’ diversa: prevede meno peso e più ripetizioni.

E in bici quanti tipi di forza alleni?

Sostanzialmente due. Faccio le volate e le SFR. Ma anche questo aspetto negli anni si è modificato. Oggi tendo a fare più forza esplosiva. Quindi più partenze da fermo anziché le classiche salite forza resistenza al medio, che a quanto pare sembrano essere meno redditizie per un velocista. Queste le eseguo in modo particolare.

E come?

Anziché mettermi al medio alle classiche 50 rpm, viaggio ad intensità un po’ più alte e con una cadenza prossima alle 60 pedalate al minuto. Sempre però su salite tra il 6% e il 7% di pendenza, già all’8% sono un po’ durette per questo esercizio.

Esegui anche le volate in allenamento?

Sì, negli ultimi anni è aumentato molto il numero di volate in allenamento. Le inserisco sempre a fine uscita. Di solito ne faccio un paio. Vado molto a sensazione e durano sui 10″. Poi ci sono anche degli esercizi specifici. C’è la giornata dedicata alle volate e può capitare di fare due o tre serie da quattro-cinque sprint. La quantità dipende dal periodo. Di solito faccio dei lavori al medio con volata finale, l’idea è quella di simulare gli ultimi chilometri intensi della gara, come se si stesse in un treno.

In allenamento non mancano delle volate più o meno lunghe a seconda del periodo della stagione (foto Instagram)
In allenamento non mancano delle volate più o meno lunghe a seconda del periodo della stagione (foto Instagram)
Che wattaggi raggiungi in allenamento?

Sto sui 1.400-1.500 watt, ma quello che più conta è raggiungere il picco più alto dopo tante ore.

E come si fa per curare questo particolare aspetto?

Eh – sorride Cimolai – ci si aiuta molto con i lavori in palestra sicuramente, ma dipende molto da madre natura! Di solito è una caratteristica che si ha o non si ha.

Quando inizi ad eseguire le volate? C’è differenza durante il corso della stagione?

Se sto bene qualche volata la inserisco sempre, come detto. Le prime dell’anno sono molto brevi, durano 5-7 secondi. Si fanno proprio per riprendere il colpo. E’ giusto una “botta” iniziale, per arrivare poi col tempo fino a 12”. Le stime dicono che le volate durano mediamente 8”-10” secondi.

Forza esplosiva: lo scalatore l’allena così…

24.12.2021
4 min
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Buttare giù il rapporto, alzarsi sui pedali e con una botta secca attaccare. Ecco l’immagine forse più bella del ciclismo, specie se in salita e a farla è uno scalatore. La forza, soprattutto quella esplosiva, quella in grado di fare le differenze in un ciclismo sempre più livellato, è al centro dei discorsi tecnici e atletici del ciclismo, ma forse sarebbe meglio dire dello sport. E’ così nel tennis, nella pallavolo, nel calcio… E chiaramente lo è ancora di più in uno sport come quello del pedale in cui vince chi arriva prima.

Come dicevamo, l’attacco brutale è uno dei momenti più intensi. Pensiamo a Pantani, alle bordate di Contador e anche a quelle di Fabio Aru. Ma alle spalle c’è un grande lavoro e proprio al sardo chiediamo come allenava questa sua caratteristica.

Lo scatto secco era una delle armi vincenti di Fabio Aru
Lo scatto secco era una delle armi vincenti di Fabio Aru
Fabio, l’esplosività è importantissima per uno scalatore che deve fare la differenza. Come la allenavi?

Ricordo che da dilettante, ma anche da professionista, cercavo la classica salita a tornanti e rilanciavo alla morte o quasi all’uscita di ognuno. Cercavo salite con 10-20 tornanti. E quando non era così, in allenamento si cercava di fare un passo bello sostenuto. Mi sono accorto che quando attaccavo, dovevo davvero spingere forte. Inutile insistere sul medio. Era tutto soglia e fuori soglia.

Che tipologie di lavori facevi?

Lavori brevi e intensi, ma che non fanno solo gli scalatori, magari loro ne fanno un po’ di più. Penso ai 40”-20“, ai 20”-40”, ai 30”-30”. Quando la parte intensa erano i 40”, li facevo a soglia o appena sopra, quando erano i 20” li facevo a tutta. E lo stesso metodo, una via di mezzo, valeva per i 30”-30”.

E quante ripetute facevi?

Facevo queste variazioni per dieci minuti, poi man mano che andavo avanti con la condizione, ripetevo i dieci minuti due volte, tre nei periodi più intensi di carico. Ma sono arrivato a farle anche quattro volte.

Per i suoi lavori esplosivi Aru andava alla ricerca di salite con molti tornanti
Per i suoi lavori esplosivi Aru andava alla ricerca di salite con molti tornanti
Come gestivi i 20”-40”, che sono i più esplosivi?

I 20 secondi erano davvero fatti forte, pieno fuori soglia. Mentre il recupero, i 40”, erano ad un ritmo più blando. Ma non si trattava di un recupero totale, si andava in quella che per me era la “zona due”, vale a dire sui 300 watt. Ai tempi dell’Astana con Slongo e Mazzoleni abbiamo fatto spesso lavori così.

E i 40”-20”?

I 40 secondi erano fatti poco al di sopra della soglia, mentre i 20 secondi erano un recupero più completo.

E invece la palestra è prevista nel “menu” dello scalatore?

Sì, io ne facevo soprattutto d’inverno. Parecchie ripetute veloci sui 15″-20” a prescindere dall’esercizio, magari con poco peso.

E la facevi anche nel pieno della stagione?

Andavo in palestra soprattutto d’inverno, ma è capitato di riprenderla anche in stagione nel periodo dello stacco estivo. Durante le corse invece non ne facevo.

Contador dava vere fucilate. Soprattutto se c’erano salite pedalabili, era in grado di spingere il 53 come pochi e di procedere poi in agilità
Contador era in grado di spingere il 53 come pochi e di procedere poi in agilità
Nell’arco della settimana quanti lavori specifici facevi per la salita?

Di salita ce n’era sempre, ad esclusione della sgambata, quindi almeno cinque volte su sette. Comunque non facevo mai meno di mille metri di dislivello. Se invece intendete dei carichi importanti, intensi, quelli non erano più di due volte a settimana. Consideriamo che anche le SFR sono lavori per la salita, quindi già saremmo a tre volte. Anche se poi le SFR non riguardano solo la salita, però sono degli specifici che si fanno dove la strada sale.

Cosa ti passava per la testa quando facevi quei lavori sui tornanti? C’era anche una sorta di tensione?

Sicuramente ero molto concentrato, ma era più stimolante quando c’erano anche altri: subentrava la sfida. Magari in quel caso c’era sempre un passo piuttosto spinto. Ma quando si è motivati, si spingeva forte anche da soli. Un atleta si basa molto sulle sue sensazioni. Ricordo di essere tornato a casa alcune volte contento e motivato perché le sensazioni erano state più che positive ed altre volte, invece, di essere rientrato con le orecchie basse. Poi tensione vera e propria no, era pur sempre un allenamento.

E invece le volate in pianura: l’allenamento dello scalatore esplosivo passa anche da quelle? Ti è capitato di farle?

Non spessissimo, ma mi è capitato. Eseguivo le volate quando facevo la ruota fissa, tipo con il 53×14. Facevo delle partenze quasi da fermo, da 10 chilometri orari. E mi è capitato di fare anche delle volate vere proprie.

E poi sentivi la differenza in salita?

Sì, servivano anche quelle per scattare forte in salita.

Modolo, ultimi 10 giorni al medio e poi lavori di soglia

22.12.2021
5 min
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I corridori della Bardiani-Csf-Faizanè sono tornati in Italia. Il ritiro per il quale molti di loro si sono ritrovati a Benidorm (Visconti e Fiorelli sono invece rimasti a Palermo) ha dato ottimi frutti e così anche Modolo inizierà a breve ad alzare i giri della preparazione. Quando mancherà un mese al debutto di fine gennaio, quindi a ridosso di Capodanno, il trevigiano comincerà a puntare sulla qualità. E’ sempre affascinante seguire i progressi di un atleta di vertice, ascoltare il racconto delle sensazioni e della progressione della forma. E così con Sacha ci siamo avventurati nel racconto di questi giorni in cui si sta finendo di costruire la base, in vista del debutto.

«Le corse si vincono d’inverno – dice ripetendo l’adagio che appartiene alla storia del ciclismo – per cui al momento sto facendo soprattutto ore. Il numero è soggettivo. Quando arrivo a 4h30′ per me va bene, non mi serve di più e soprattutto nelle settimane dopo il ritiro arrivare a 4h va più che bene. Però ad esempio alla Vigilia e il 31 dicembre farò 5h30′ perché non sono mai uscito il giorno di Natale e nemmeno il primo dell’anno…».

Una risata e si parte, cercando di capire come sia strutturato questo periodo per il corridore tornato alla Bardiani dopo la parentesi di ombre e luci alla Alpecin-Fenix.

Per Modolo intervista con Andrea De Luca (Rai Sport) durante le visite di rito presso Fisiocortiana (foto Codeluppi)
Intervista con Andrea De Luca (Rai Sport) durante le visite di rito presso Fisiocortiana (foto Codeluppi)
Come sono organizzate le tue settimane?

Si fa doppietta e il terzo giorno si riposa oppure si mette la distanza o la palestra. Carico e scarico. Sino a fine dicembre si va avanti a questo modo. La palestra la tengo sino a fine inverno, poi con le corse la mollo. Si fanno le SFR e lavori al medio, poca soglia. Quella si comincia più avanti.

Lavorato tanto in Spagna?

Tanto e in modo diverso rispetto agli ultimi anni. Ho fatto molta più salita, ogni giorno la base erano almeno 2.500 metri di dislivello. Credo fossero due anni che non facevo SFR in modo serio. Alla Alpecin si lavora tanto sull’esplosività e alla Vuelta ero davvero brillante, anche se nella terza settimana mi è mancato il fondo. Io sono uno della vecchia scuola, le ripetute ci stanno sempre bene.

Come suddividi le doppiette?

Il primo giorno meno ore e più intensità e magari 20 minuti al medio. Il secondo giorno si allunga e di conseguenza calano i lavori specifici. Se poi capita di fare la distanza, in quelle 5 ore qualche lavoro lo metto sempre. Non mi piace portare a spasso la bici. Perciò metto sempre dentro la salitella da fare forte o la volata al cartello, se sono in compagnia.

Al ritiro di Faizanè anche la consegna delle Eevyebag per i cellulari degli atleti. C’è anche quella di Modolo (foto Codeluppi)
Al ritiro di Faizanè anche la consegna delle Eevyebag per i cellulari degli atleti (foto Codeluppi)
Si fanno spesso le distanze con altri corridori?

Sempre meno, in realtà. Ormai ognuno ha la sua tabella ed è sempre difficile per non dire impossibile far combaciare i programmi. Quando uscivo da dilettante, partivamo fino a venti corridori, ora si riesce a stare insieme alla Vigilia di Natale e l’ultimo dell’anno, perché si può improvvisare. E’ il brutto delle tabelle.

E’ necessario seguirle così alla lettera?

Ho cominciato a farlo anche io, così ci chiedono e così almeno siamo sicuri di fare tutto al meglio. Come alla Alpecin lavoravo con il preparatore della squadra, anche qua ho cominciato con Pino Toni che segue la preparazione della squadra e riceve i file di tutti i lavori. Ma se vedo che un mattino la bici non la muovo, giro, torno a casa e gli scrivo per cambiare programma. Al momento sto facendo più salita di prima, sento che ne ho bisogno.

Come è stato il passaggio dalla Canyon alla Cipollini?

Rapido e facile. Ormai le geometrie sono piuttosto simili e la MCipollini che mi hanno dato è adatta alle mie caratteristiche. Un altro mondo rispetto a quella del 2006 che aveva i cavi tutti esterni e il cambio meccanico. Ora uso la Ad.One, molto aerodinamica, adatta a un velocista.

Battaglin e Modolo hanno lasciato la Bardiani per il WorldTour, poi sono tornati… a casa. A destra, Tonelli
Battaglin e Modolo hanno lasciato la Bardiani per il WorldTour, poi sono tornati… a casa
Come ti alimenti durante gli allenamenti: segui la routine delle gare?

Cerco di starci attento, di fare le stesse cose. Ho avuto i miei problemi di infiammazioni, quindi non mi discosto dalle abitudini che funzionano. Poser ha risolto il problema e mi ha dato le linee guida, guai cambiare.

Nelle distanze si mangia di più, ovviamente?

Diciamo che mediamente ho innalzato l’apporto calorico in tutti gli allenamenti. Quando ero più giovane, mangiavo molto poco e non avevo problemi di tenuta. Adesso se non mangio dopo un paio d’ore, mi spengo. Mi portavo questa brutta abitudine, che ora ho eliminato. Perciò ho sempre le mie barrette e solo in ritiro si mangiano le rice-cake che fanno i massaggiatori. Io non saprei proprio come prepararle.

E’ il periodo di stare attenti al peso?

Lo è per molti, io per fortuna sono abbastanza tranquillo. Risolte le infiammazioni allo stomaco, mi sono accorto che non ho grosse variazioni di peso. Dopo la Vuelta ero 68,5, ora sono 69,5. Finché parliamo di un chilo, si può stare tranquilli. Chi ne prende di più invece ha qualche problema…

Ti fermi al bar durante la distanza?

Adesso no, perché fa troppo freddo e fermarsi e poi ripartire non fa bene alla salute…

Fra Zana e Battaglin, Modolo presso Fisiocortiana per le visite pre stagionali (foto Codeluppi)
Fra Zana e Battaglin, Modolo presso Fisiocortiana per le visite pre stagionali (foto Codeluppi)
Questa è anche la fase in cui si cura l’agilità, giusto?

Si dovrebbe fare anche dopo, ma adesso con più attenzione. Alla fine di un Giro, non riesci ad andare oltre le 85 pedalate e fai lavori per velocizzare. Adesso sulle salite cerco di stare sulle 90 e devo dire che si riesce bene.

Fra un po’ si alzeranno i giri?

Esatto, di solito a un mese dal debutto. Quindi più o meno la settimana prossima si comincia con l’intensità. E poi ci sarà il ritiro di Benidorm a partire dall’11 gennaio in cui andremo in cerca della brillantezza. E finalmente sarà il momento di attaccare il numero sulla schiena…

Ciclocross e cronometro: così diversi, così simili

21.12.2021
6 min
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Scodate con la bici, fango, spalle che si muovono e spinte violente, da una parte. Gesto fluido, posizione aerodinamica e totale armonia tra uomo e macchina, dall’altra. Ciclocross e cronometro a confronto, può sembrare un paradosso ma a quanto pare non lo è.

Le due discipline hanno molto in comune, a cominciare dalla tipologia di sforzo. E spesso in comune ci sono anche gli atleti. Come sempre, e ancora una volta, l’esempio si chiama Wout Van Aert.

Riscaldamento simile

Un’ora di sforzo o giù di lì, in entrambi i casi molto intenso, cross e crono hanno grosse analogie anche per quel che riguarda la preparazione e l’approccio. 

«Sono due sforzi molto simili – dice coach Pino Toni – un lavoro altamente specifico che soprattutto i crossisti fanno durante la gara. Le analogie partono già dal riscaldamento. Per entrambi normalmente questo dura 20′. La differenza maggiore è che chi fa cross si scalda su rullo libero.

«Così facendo non riesce a raggiungere determinate intensità. E infatti il riscaldamento del crossista è molto improntato sull’agilità. Poi c’è anche chi si scalda in maniera diversa e, oltre al rullo, ricorre ad esercizi di ginnastica tipo core zone, flessioni, balzi e persino corsa a piedi. Solo così questo riscaldamento diventa molto profondo».

«Nella crono invece si utilizza il ciclomulino o il rullo normale dove si possono raggiungere determinate potenze e cadenze. Al posto degli esercizi si fanno delle variazioni 30”-30”, un minuto a soglia… Si resta comunque nell’arco dei 20′, massimo 25′, altrimenti subentra la stanchezza».

Spesso i lavori massimali si fanno con l’aiuto del preparatore (foto Instagram)
Spesso i lavori massimali si fanno con l’aiuto del preparatore (foto Instagram)

Parola d’ordine fuorisoglia

Ma un atleta impegnato in queste due attività cosa deve curare principalmente durante i suoi allenamenti? Di certo non potranno essere gli stessi che esegue un “normale” stradista.

«La prima cosa che si cura – dice Toni – è la resistenza lattacida. Al di là che entrambi lavorano alle massime potenze, devono essere abituati a produrre e consumare l’acido lattico e questa caratteristica la alleni andando a tutta». 

Chi va forte nel cross dunque può andare forte a cronometro e viceversa. Anche se il cronoman potrebbe avere qualche difficoltà in più dettata dalla tecnica di guida richiesta dal cross stesso.

«Se è ben messo in posizione, e appunto possiede queste capacità atletiche, il crossista può andare forte anche a crono. Entrambi come abbiamo visto eseguono dei lavori anaerobici, dei lavori molto importanti da un punto di vista della forza massimale, specie il crossista. Per lui l’impegno muscolare è molto importante. Penso al salire e scendere dalla bici, che è davvero un lavoro esplosivo e dispendioso».

«Nella cronometro invece si è portati ad essere molto più economici nel gesto, subentra l’aerodinamica, si è più regolari. In questo caso in allenamento quando si parla di lavori massimali parliamo di intensità ma un po’ più lunghe, tipo 10′-15′ “a blocco”, magari intervallati».

Wout Van Aert è in grado di saltare dalla bici da cross a quella da crono in un batter d’occhio
Wout Van Aert è in grado di saltare dalla bici da cross a quella da crono in un batter d’occhio

Cross più dispendioso

«Il consumo energetico tra le due discipline si può tranquillamente paragonare – riprende Toni – Durante la gara, lo sforzo è abbastanza simile, forse il cross è anche un po’ più dispendioso, proprio per la questione del salire e scendere dalla bici, del correre a piedi, dei salti.

«Quanto è il consumo calorico? Difficile da dire, dipende molto dal soggetto, piuttosto parlerei della potenza media nel tempo, del lavoro insomma. E allora potrei dire che si potrebbe arrivare anche ai 2.000 chilojoule l’ora.

Ma quindi Van Aert va forte a crono perché è un crossista o va forte nel ciclocross perché è un cronoman?

«Van Aert va forte perché è tutto! Diciamo che lui è nato crossista e le capacità che possiede le ha sviluppate nel cross. Poi con il motore che si ritrova è diventato vincente anche a cronometro… e su strada. Mi verrebbe da dire che ha fatto lo sport giusto (cross, ndr) al momento giusto».

L’avocado contiene una buona dose lipidica e d’inverno va bene per il cross… se assunto a tempo debito
L’avocado contiene una buona dose lipidica e d’inverno va bene per il cross… se assunto a tempo debito

Alimentazione (quasi) identica

E da un punto di vista alimentare, energetico e metabolico che differenze ci sono nell’approcciare un cross e una crono? Di questo ne parliamo con Erica Lombardi, dietista dell’Astana. 

«Sono sforzi metabolici molto simili – spiega la Lombardi – Si va ad interessare il sistema glicolitico, cioè il consumo di zuccheri… Di certo non non è lo sforzo aerobico-lipidico delle 4-6 ore di sella.

«Come per la crono, anche nel ciclocross bisognerebbe ridurre l’apporto di fibre prima del via. Parlo di verdure, alimenti integrali… Che rallentano la digestione e l’assorbimento di zuccheri. Oggi si tende a demonizzare la glicemia alta, ma in certi casi non è un male. Non è un male prima di uno sforzo intenso e relativamente breve come crono e cross».

«Le differenze maggiori semmai sono relative al periodo in cui si disputano queste discipline. Solitamente il cross avviene con temperature più basse, visto che si fa di inverno. Pertanto direi che nel cross potrebbe esserci un leggero apporto lipidico in più.

«I grassi infatti aiutano al mantenimento della temperatura corporea. Per questo si potrebbe ingerire qualcosa di più “grasso”, ma senza appesantirsi, come un avocado o della crema di mandorle».

Anche d’inverno i sali minerali non andrebbero trascurati prima di un ciclocross
Anche d’inverno i sali minerali non andrebbero trascurati prima di un ciclocross

I 50′ prima del via

«Se per esempio si ha un ciclocross o una cronometro alle 13 – conclude la Lombardi – ipotizzo una colazione con del pane tostato, fette biscottate, dei savoiardi o biscotti secchi e della frutta disidratata. Se addirittura si fa colazione abbastanza presto anche un po’ di riso non ci sta male. Mentre eviterei il porridge.

«Ma soprattutto visto che sono due discipline che non prevedono grandi rifornimenti in corsa, sono molto importanti i 50′ prima del via. In quelle fasi va tenuta in particolare considerazione l’idratazione. Bisogna bere acqua a piccoli sorsi, magari anche con delle maltodestrine. Senza poi dimenticare i sali minerali. Noi pensiamo che questi servano solo d’estate e siano legati solo ad una questione d’idratazione. Sono importanti per le funzioni muscolari anche d’inverno.

«Chi non prende i sali potrebbe prendere un multivitaminico a colazione e poi bere solo acqua in questa fase che precede la partenza. Infine un gel 15′-20′ prima di partire non è male». 

Redcord, la corda rossa che ottimizza l’uso della forza

21.12.2021
5 min
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Scorrendo vari social, chi più e chi meno si sarà certamente accorto di corridori appesi a insolite corde (in apertura Davide Formolo) nello studio di Michele Del Gallo, fisioterapista del UAE Team Emirates, mimando il gesto della pedalata. In qualche modo, anche se con approccio forse autodidatta, gli stessi esercizi messi in atto da Brambilla e mostrati nell’articolo di qualche giorno fa.

Per capire meglio di cosa si tratti ci siamo perciò rivolti direttamente a Michele, trovando un varco nella sua agenda così indaffarata da risultare ormai impenetrabile. Perciò, dopo una serie di battute sul lavoro che ci incalza, siamo entrati nel vivo della questione.

Video fornito da Davide Cimolai
Di cosa si tratta?

Si chiama Redcord, corda rossa. Un sistema norvegese che si può usare in due modalità. Una per intervenire sulle catene miofasciali (strutture costituite da anelli muscolari e tessuto connettivale che realizzano in modo concreto lo schema posturale dell’individuo, ndr) e una per agire sulla muscolatura profonda.

A cosa serve?

La gamba spinge sul pedale ed è il braccio della potenza. Il fulcro di questa leva è il trocantere, quindi il bacino. Se il quadricipite spinge 1.000 watt, usiamo numeri a caso, bisogna che il fulcro lo supporti, perché se si muove avviene una dispersione e magari di watt al pedale ne arrivano 800. In passato si agiva per aumentare la forza, mentre adesso gli atleti sono più affusolati, proprio perché fanno lavori di stabilizzazione.

Che cosa significa?

Inutile avere la carrozzeria forte e il telaio debole, meglio rinforzare il telaio e poi ragionare sulla carrozzeria. Se lavori solo sulla forza, aumenti la massa, aumenti il peso, aumenti il fabbisogno calorico e perdi ogni beneficio. Allora ha senso fare questi lavori qui.

Lavorare sul core si sta diffondendo parecchio…

E’ una vera esplosione, perché si riesce ad isolare la muscolatura profonda e a farla lavorare nel modo giusto. Per cui si fanno dei test per capire quale catena miofasciale potrebbe trarne maggior beneficio. Sottolineiamo che non è un metodo per aumentare la forza, ma al contrario dona vantaggi a livello neuromotorio.

Come si capisce se una catena ha più bisogno di un’altra?

Vengono messe a paragone e si verifica come il corpo sia in grado di svolgere certi esercizi. In alcune foto avrete visto che alcuni atleti hanno degli elastici per scaricare il bacino. Chi è capace di svolgere il lavoro senza elastici, non ha bisogno di questo lavoro. Se una catena è più forte dell’altra, si creano torsioni e disagi.

Casi frequenti?

Ci sono corridori che convivono con il dolore, che dopo tanto lavoro iniziano a stringere i denti. La bici è simmetrica al millimetro, il corpo umano no. Alcuni sono perfetti, ma si tratta di esemplari rari. L’equilibrio corporeo può essere alterato da vari fattori, dalle cadute a disordini emotivi. Se li guardi da dietro mentre pedalano, ti accorgi che difficilmente le gambe fanno movimenti identici. E dopo 20 tappe di un Giro, certe problematiche affiorano.

Guardando i corridori da dietro, ci si accorge di eventuali asimmetrie fra le gambe
Guardando i corridori da dietro, ci si accorge di eventuali asimmetrie fra le gambe
Ci sono spesso movimenti irregolari…

Come ad esempio, la piccola rotazione del ginocchio quando la gamba viene su. Quella potrebbe dipendere dalla mancanza di controllo. Il vantaggio sta in questi dettagli e nel fatto che si riesce ad eliminare qualche dolore di schiena e ad ottimizzare l’uso della forza.

Dov’è il vantaggio del Redcord?

Soprattutto nell’instabilità, la situazione in cui il cervello riceve l’input di gestire la determinata parte del corpo. E poi riesci a dosare l’esercizio. Tanti preparatori danno esercizi senza considerare che i corridori sono agonisti, per cui l’esercizio lo fanno comunque, magari però dando fondo a tutte le risorse. Così invece si riescono a svolgere nel rispetto degli obiettivi che si hanno.

Ci sono casi di lavoro che non si dosa?

Il Plank ad esempio. Lavorano tutti i distretti muscolari, ma spesso costa troppo impegno e non è producente, perché per farlo l’atleta utilizza tutto quello che ha. Inoltre RedCord funziona perché essendo un esercizio statico, riesci a stimolare la muscolatura profonda, quella che regola l’equilibrio. Se fosse più dinamico, ricorrerei a quella superficiale, preposta al movimento, che però non incide sul core.

Anche Cimolai ricorre a questo tipo di esercizi per ottimizzare il core
Anche Cimolai ricorre a questo tipo di esercizi per ottimizzare il core
Da quanto tempo si lavora in questo senso?

David Bombeke, il massaggiatore di Evans, era la figura di riferimento per il Belgio e faceva questi lavori quando Cadel ancora correva. Io vi faccio ricorso da 4 anni. E’ un nuovo approccio, la frontiera di questi tempi. Riuscire a limare qualcosa per tirare fuori tutto il potenziale, dopo anni in cui ci si è concentrati solo sulla potenza e sulla rigidità della bici… 

Il lavoro del coach in ritiro. Ritmi serrati da mattina a sera

08.12.2021
5 min
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Qualche giorno fa abbiamo parlato con Cenghialta del grande lavoro che si svolge in occasione del ritiro pre-stagionale: colloqui con i corridori, foto ufficiali, prove di vestiario… Ma in tutto ciò un ruolo importante lo gioca il preparatore centrale, il “chief coach” come si usa dire oggi.

Restiamo in casa Astana Qazaqstan Team e scopriamo come gestisce il suo lavoro Maurizio Mazzoleni, appunto il coordinatore degli allenatori del team kazako.

«In Astana siamo tre preparatori, Notari, Cucinotta ed io – dice Mazzoleni – abbiamo suddiviso i ragazzi in tre gruppi principali. Ed ognuno tiene sotto controllo il suo. Poi ci sono anche Aurelio “Yeyo” Corral, che è il responsabile dei materiali e della crono e viene dalla UAE, e Marino Rosti che segue la parte posturale e mental coach del lavoro. Lui è una figura molto importante ed esegue spesso sedute individuali».

L’Astana si sta allenando ad Altea, in Spagna (foto Instagram)
L’Astana si sta allenando ad Altea, in Spagna (foto Instagram)

Non solo chilometri

Il capo allenatore è un vero collettore del team, quasi al pari del primo diesse, in questo caso Giuseppe Martinelli. In questa fase dell’anno in particolare Mazzoleni deve raccogliere e coordinare moltissime informazioni tanto con i corridori quanto con il personale. Impossibile impostare il lavoro sul posto. Di fatto Maurizio parte col “foglio” già scritto.

«Tutto è programmato già prima del via – spiega il tecnico – allenamento ed extra allenamento. Questo training camp è il più importante dell’anno in quanto è l’unico in cui si è davvero tutti insieme. A parte il briefing del mattino del primo giorno, poi ognuno ha un suo programma individuale, perché okay l’allenamento al mattino in gruppo, ma poi al pomeriggio c’è chi ha la visita di idoneità, chi deve andare dal nutrizionista, chi ha un test biomeccanico…

«E’ davvero tantissimo il lavoro da fare e infatti lo dico sempre ai ragazzi: non subite il training camp ma sfruttatelo. È il momento dell’anno in cui avete a disposizione moltissime figure professionali per lavorare in un certo modo, per risolvere i dubbi sul campo. Parlate a lungo anche coi meccanici, gli dico.

«Avere il supporto reale è un valore aggiunto, perché poi già quando si è alle corse si è più concentrati sulla prestazione del momento. Insomma sarebbe errato pensare al ritiro solo come un grande volume di allenamento in bici. I tempi vanno sfruttati al meglio. Una volta si “perdeva tempo” con i giovani per farli ambientare, oggi invece un Gazzoli della situazione e già formato. Non devo stare a spiegargli i file o come funzionano certi strumenti».

Martinelli, Mazzoleni e Cenghialta a colloquio
Martinelli, Mazzoleni e Cenghialta a colloquio

Il test è una… foto

Non solo per il grande volume di allenamento, la parte in sella ha un peso specifico molto importante a partire dai test.

«Noi – riprende Mazzoleni – ne facciamo uno già nei primi giorni. E una… foto di come bisogna lavorare, non una valutazione fine a se stessa. Questo test scandisce i ritmi di allenamento degli atleti. Io poi, così come gli altri preparatori, vado in ammiraglia. In questo modo ho l’occasione di vedere dal vivo tante più cose che non vedrei con i soli file da remoto o parlando al telefono con l’atleta. In ammiraglia viaggiano sempre un diesse, un meccanico e appunto un preparatore. E’ la stessa “formazione” che si ha quando si va in altura».

In ritiro si fa gruppo e si affinano anche molte dinamiche che poi ci si ritrova in corsa
In ritiro si fa gruppo e si affinano anche molte dinamiche che poi ci si ritrova in corsa

Ritmi serrati

Tempi scanditi, grande intensità di lavoro non tanto in bici, ma nel complesso. E’ questo il momento più importante dell’anno per gettare le basi del lavoro, anche dal punto di vista logistico. Lo stesso Cenghialta ci disse che non aver fatto il raduno a dicembre l’anno scorso si è sentito, ha inciso negativamente sul resto della stagione.

Mazzoleni, per esempio, di buon mattino, analizza i file del percorso e dà ancora uno sguardo al report della giornata precedente. Se poi è in altura, segue il risveglio muscolare a digiuno dei ragazzi. Altrimenti, come in questo caso in Spagna, terminata la colazione, in attesa che i ragazzi siano pronti, verifica i mezzi e le scorte dell’allenamento con meccanico e massaggiatore. E poi salta in ammiraglia. Spesso salta il pranzo o mangia al rientro al volo. Poi passa al lavoro d’ufficio, quindi va a cena.

In ritiro si hanno a disposizione molte figure: dal massaggiatore al nutrizionista, dal mental coach allo psicologo (foto Righeschi)
In ritiro si hanno a disposizione molte figure: dal massaggiatore al nutrizionista, dal mental coach allo psicologo (foto Righeschi)

Pomeriggio delicato

E a proposito di… ufficio, in questa fase rientra il colloquio con i diesse, passaggio a dir poco importante del lavoro del preparatore in ritiro.

«Questa seconda parte della giornata – dice Mazzoleni – serve per stilare il calendario gare con i diesse, programmi che abbracciano un arco temporale di almeno sei mesi, ma in qualche caso arrivano fino ad ottobre. Chiaramente possono subire delle variazioni ma per l’80-90 per cento vengono confermati. E questo è molto importante ai fini della prestazione. E’ importante per il corridore e per il coach che lo segue ed è importante perché sono frutto di un ragionamento sulla performance (preparatore) e tecnico (diesse) ben preciso.

«A questo punto si parla con l’atleta, si ascoltano i suoi feedback ed eventualmente si fanno delle modifiche, ma generalmente il corridore accetta la decisione dello staff tecnico, perché è una decisione logica e fatta al fine di farlo andare forte. Un buon tecnico capta la volontà del corridore già prima di tirare giù il programma».

Tante ore di ammiraglia, tante ore di scrivania, ma un preparatore quando riposa in ritiro? «Per riposare – conclude Mazzoleni – basta la notte! Il training camp di dicembre è e deve essere un momento proficuo per tutto l’anno».

Van Aert su Strava, due giorni di buco prima del rientro

07.12.2021
4 min
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Adrie Van der Poel, papà di Mathieu, non è rimasto particolarmente colpito dal ritorno vincente dell’eterno rivale del figlio, Wout Van Aert. Il papà dell’olandese ha detto di aver seguito Wout su Strava. E che si aspettava certi numeri.

Lo abbiamo fatto anche noi, ma evidentemente non siamo bravi come Adrie! Infatti non sapevamo che prestazione avrebbe espresso il belga. Allora ci siamo rivolti al preparatore Pino Toni che sicuramente in merito a piattaforme e allenamenti sa il fatto suo.

Van Aert al rientro alle competizioni nel cross di Boom. La sua ultima gara era stata la Roubaix
Van Aert al rientro alle competizioni nel cross di Boom. La sua ultima gara era stata la Roubaix

Stop dopo la Roubaix 

Nel fango di Boom Van Aert ha così ripreso la sua stagione vincendo. Ha messo tutti in riga senza apparente sforzo. Come ha fatto?

«Wout – dice Toni – è stato fermo, o meglio è stato senza bici per tre settimane – che fu quel che disse subito dopo la Roubaix – in quel periodo ha osservato una fase di stacco, o almeno non ha caricato allenamenti. Si è fermato al 10 di ottobre e ha ripreso a fine mese (ha fatto qualche corsa a piedi, ndr).

«L’ultima distanza a ridosso della gara di domenica scorsa l’ha fatta il 28 novembre: cinque ore, cinque giorni prima della competizione di Boom. Il giorno successivo è andato a correre, facendo ben 14 chilometri a 4’26” di media con delle variazioni. Fin lì aveva fatto molta strada e qualche uscita con la bici da cross. Non un super lavoro».

Alcune sedute del belga su Strava a pochi giorni dal cross di Boom

Il “buco”…

E a questo punto il coach toscano pone un bel quid. C’è infatti un “buco”a ridosso del via. Il 30 novembre ha fatto un doppio allenamento: cross al mattino e dietro motore al pomeriggio. Mentre alla vigilia ha fatto un’uscita easy di circa 50 chilometri.

«Mancano gli allenamenti dell’uno e del due dicembre – sottolinea Toni – e io non credo che Van Aert non sia uscito o che non si sia allenato. E ai fini della gara quelli sono due giorni molto importanti. Due giorni che ci dicono tanto della preparazione e del corridore stesso. Ha fatto scarico? Ha fatto una sgambata? Ha spinto?

«Io non credo che lui sia arrivato in gara con solo quattro allenamenti nell’ultima settimana: una distanza, la corsa a piedi, il dietro motore del venerdì e la prova percorso alla vigilia».

E allora cosa si evince da quei files?  «Che Van Aert è un fenomeno! Ma non ci servivano quegli allenamenti su Strava per dircelo. Wout ha iniziato con carichi crescenti. I volumi sono spesso bassi. Sì, c’è qualche distanza, ma spesso ha fatto un’ora, un’ora e venti: come ripeto non carica tutto quel che fa.

«Non li mette per depistare gli avversari? Non credo, sarebbe sciocco. O almeno io non l’ho mai fatto, non ho mai ripreso questo o quell’esercizio, ma ho sempre pensato alla preparazione che avevo in mente. Poi Wout non li mette perché lassù quei due si spiano! Magari dopo la corsa ha fatto dei rulli o è uscito in bici, non possiamo saperlo».

Wout Van Aert in tenuta da running qualche giorno fa (foto Twitter)
Wout Van Aert in tenuta da running qualche giorno fa (foto Twitter)

Wout e la corsa

Infine una curiosità. Almeno una volta a settimana abbiamo notato che Van Aert corre a piedi. E corre forte! Ci va solo in questo periodo? E ancora: 14 chilometri non sono tanti?

«Van Aert va spesso a correre – dice Toni – se si va a vedere quella seduta, deve essere stato molto freddo lassù. La temperatura percepita era di tre gradi sotto zero. Se tu sai correre bene, non rischi di farti male e questo è un buon allenamento. Un allenamento che ti risparmia parecchio freddo, un conto è uscire in bici con una temperatura prossima allo zero e un conto è correre a piedi.

«Ho visto delle foto che ritraevano Van Aert correre anche prima delle classiche. Magari lo fa come risveglio muscolare prima di fare colazione, ma è comunque qualcosa che fa abitualmente».

Alberati: ecco perché penso che Giovanni sia ancora vincente

07.12.2021
7 min
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Vedendo la foto di Visconti al lavoro con Paolo Alberati, ammettiamo che un po’ di curiosità c’è venuta. Giovanni aveva lavorato bene con Alessandro Proni, poi il rapporto si era concluso e negli ultimi due anni il siciliano si è allenato da sé, confidando nella propria esperienza. Ma nel ciclismo in cui non si può lasciare nulla al caso e avendo visto il lavoro che Alberati fa già da anni con Fiorelli, anche Visco (che in apertura è ritratto durante la tappa di Sestola al Giro 2021, chiusa al 5° posto) ha deciso di provare.

«Mi ha contattato ad agosto – spiega Alberati, 49 anni – dicendomi che gli avrebbe fatto piacere lavorare con me, ma mettendo subito le mani avanti: se non vuoi, puoi anche dire di no. Io non ho mai avuto rapporti diretti con Giovanni, ma l’ho sempre stimato tanto, perché è sulla breccia da vent’anni e ha sempre dimostrato grande attaccamento al ciclismo. Però una cosa gliel’ho chiesta: verificare che ci fosse la giusta sintonia. Che condividessimo gli stessi punti di vista. Verificato questo, siamo partiti».

Con la sua tesi, Alberati ha fatto luce sul ruolo di Bartali durante la 2ª Guerra Mondiale. Qui con il compianto Ivo Faltoni e Gioia Bartali
Con la sua tesi, Alberati ha fatto luce sul ruolo di Bartali nella 2ª Guerra Mondiale. Qui Ivo Faltoni e Gioia Bartali
Che idea ti sei fatto?

Credo che in questi anni lo scoglio non sia stato solo fisico, a parte l’ultimo in cui ha avuto veri problemi di salute. Giovanni è un gran pensatore, la sua testa è sempre al lavoro. Quando è venuto a Perugia la prima volta, gli ho proposto di lavorare con un mental coach per incanalare i suoi pensieri in una direzione positiva. Inizialmente non è parso molto convinto, ha raccontato che già in passato aveva provato, ma non si era trovato bene. Invece dopo qualche giorno mi ha richiamato, ha detto che avrebbe provato e ha cominciato, trovandosi bene.

Un fatto di convinzione?

Tempo fa eravamo in bici insieme e mi ha fatto vedere una foto in maglia rosa che qualcuno gli aveva mandato. Parlava di sé come se quei traguardi fossero ormai irraggiungibili. Ne ha un’altra in cui è sul podio davanti a Valverde, ma è come se parlasse di sé pensando a un altro. Questa è una cosa positiva nella misura in cui il non essere mai contento gli impedisce di sentirsi appagato, ma diventa un freno se si trasforma nella continua ricerca di conferme.

Da dove comincia il tuo lavoro?

Dall’insegnamento di Alfredo Martini. Di mio sono impulsivo e sbrigativo, ma ricordate cosa diceva Alfredo? Quando sei davanti a un corridore, devi essere rassicurante e convincente. Ed è quello che cerco di fare, prendendo tutto il tempo per spiegare le cose.

Perché si è rivolto a te?

Probabilmente per l’amicizia con Fiorelli, ma anche dall’aver visto che il lavoro funziona e non si riduce a qualcosa di schematico e impersonale. Vanno bene i programmi, ma servono anche elasticità e senso pratico.

Nell’intervista con Giada Gambino, Giovanni ha parlato di cambiamenti nell’alimentazione in bici.

L’altro giorno sono uscito con lui e Fiorelli. Dovevamo fare 4 ore e mezza. Avevamo già scalato Caccamo e tornando verso Palermo, avremmo concluso sul Monte Pellegrino. Dovevano farla piano, anche se in realtà l’hanno fatta a fiamma. Andando verso la salita, gli ho chiesto se avesse mangiato e lui ha risposto che ormai mancava poco, quindi non aveva preso niente. Gli ho risposto che per andare forte sulla salita finale, qualcosa doveva mangiarla. Che lo avrebbe aiutato ad andare meglio, a non finire l’allenamento svuotato, ad avere buone sensazioni e a non arrivare a casa con una fame atavica. Ha provato e alla fine ha ammesso che da questo punto di vista in passato ha sbagliato tanto.

Dice che voleva stare alla larga dai carboidrati…

E’ appena 1,5 chili sopra il peso forma, non ha bisogno di stressare il corpo. E’ rimasto colpito da Supersapiens, il sistema che mostra la variazione della glicemia, che in allenamento si può usare, e ti permette di vedere come il corpo reagisce a un gel, a una barretta e con il passare delle ore.

Monte Pellegrino, salita di due versanti di 8 chilometri nel cuore di Palermo: Visconti, Fiorelli e dietro Alberati a fare la foto
Monte Pellegrino, salita di due versanti di 8 chilometri nel cuore di Palermo: Visconti e Fiorelli
Siete già avanti nel lavoro?

La cosa più difficile è stato convincerlo a riposare sul serio. Voleva rientrare per il Giro di Sicilia, ma era indietro. Gli ho detto che correre sulle strade di casa e prendere legnate lo avrebbe esposto a brutte figure, che si sarebbe portato dietro tutto l’inverno. Dopo un paio di giorni mi ha chiamato e ha rinunciato. Ora è partito con entusiasmo e i risultati si vedono.

In che forma?

A ottobre saliva al massimo fino a 177 battiti. Ora, dopo sei settimane da 18-20 ore di lavoro, è già a 185. Ha detto che quei numeri li faceva da dilettante. Il cuore non sale se sei stanco o se stai male, questa variazione è importante.

Che cosa significa?

Aver riguadagnato elasticità cardiaca è spia del fatto che sta bene, che il fisico è recuperato, più del fatto che l’allenamento ha giovato. Anche perché finora non si è lavorato tanto né forte. Prima dalla soglia in avanti cresceva di 40 watt, ora è già a 100. Quel fuorisoglia è la sua caratteristica, poter fare la differenza quando gli altri sono a tutta. Ma i numeri non sono tutto, vanno mescolati con l’esperienza e con la consapevolezza di essere un corridore importante.

Watt guadagnati tutti in bici?

No, abbiamo ricominciato a fare palestra. Una parte importante di quei watt, anche e soprattutto sull’esplosivo, vengono da lì. Giovanni non riusciva a risalire sopra i 1.000 watt, due giorni fa ne ha fatti 1.147 per 5 secondi.

Esercizi classici?

Stiamo lavorando in modo particolare, con pesi molto alti, una volta alla settimana, ma lo faremo per tutto l’anno. L’esplosività andando avanti con gli anni la perdi, se non la curi con attenzione. Su questo Giovanni è stato molto ricettivo, erano anni che non andava in palestra e il muscolo l’ha sentito. Sulla preparazione muscolare di un atleta maturo, la palestra ben fatta cambia tanto.

Dai numeri comunque si riesce a capire molto…

A dicembre abbiamo fatto un classico test Conconi. Dopo due mesi che sei fermo, non aveva senso fare un test da sforzo di 20 minuti a tutta e neanche di 10. Invece il test Conconi ti porta gradualmente alla soglia e dà risultati attendibili, anche se nel breve periodo. E in quello fatto a dicembre, aveva già 6 watt/kg. Un valore con cui una volta arrivavi davanti in piena stagione, mentre ora è un punto di partenza. Tempo fa con Buitrago ci siamo messi a guardare i valori che aveva alla Vuelta Burgos ed era a 6,9 watt/kg, in gruppo però altri 30 erano messi allo stesso modo. Un’altra volta abbiamo studiato i dati di Wellens su una salita della Vuelta Andalucia. In allenamento aveva rubato un Kom a Valverde, che l’aveva fatto in corsa. E va bene che all’inizio sembra che andassero dietro moto, ma ha pur sempre fatto 7,1 watt/kg.

C’è in corso un’evoluzione della specie?

Giovanni parla spesso dei giovani che ci sono in giro adesso. E’ chiaro che avendo dei super budget, le squadre vanno a pescare i migliori di ogni Continente, per cui in gruppo arrivano solo atleti con grandi motori. Ma anche Saronni e Merckx vinsero da ragazzi come Pogacar ed Evenepoel, le eccezioni ci sono sempre state. Teniamo presente che si tratta di eccezioni. Ma nelle corse di 250 chilometri, quelle del ciclismo più vero che tanto ci piace, l’esperienza e la maturità fisica sono ancora fattori importanti.

Quindi il preparatore Alberati come vede Visconti in questa geografia di fenomeni?

Magari non può arrivare a quei numeri, ma con la sua esperienza e il suo fisico, può raggiungere quei 6,5 watt/kg che gli permetteranno, nei finali delle corse in cui magari sarà in fuga, di giocarsi la vittoria. Per me è ancora un vincente.