Tra le novità del 2024 ce n’è una che riguarda il mondo degli juniores, più precisamente il Team Casano, squadra che partecipa all’organizzazione del Giro della Lunigiana (foto Fruzzetti in apertura). La squadra guidata dal diesse Giuseppe Di Fresco vede entrare nel suo staff il preparatore Pino Toni. Una figura che abbiamo imparato a conoscere bene in questi anni: il suo arrivo è un bello spunto da cui partire.
Di Fresco ha una lunga esperienza con la categoria junioresDopo qualche anno torna a collaborare con Pino Toni, che curerà la preparazione del CasanoDi Fresco ha una lunga esperienza con la categoria junioresDopo qualche anno torna a collaborare con Pino Toni, che curerà la preparazione del Casano
Solo atleti di 2° anno
«Partiamo con il dire – si aggancia al discorso Di Fresco – che l’organico sarà di una decina di ragazzi, tutti di secondo anno. E’ una scelta che riguarda il percorso di crescita degli atleti, lavoriamo con gli stessi per due anni. Da un lato serve per programmare dei minicicli, dall’altro non nascondo che ormai ci sono delle grosse difficoltà nel prendere nuovi atleti. Molti hanno già il procuratore e si guardano tanto intorno (il famoso junior che andrà a correre all’Auto Eder ne è un esempio concreto, ndr).
«Anche prendere dei ragazzi di primo anno è comunque un costo importante – continua – perché bisogna pagare il punteggio alla squadra o al Comitato regionale. Complici questi fattori e la mia passione per scommettere su ragazzi meno di spicco, ho scelto anche di puntare su nomi meno appariscenti. In più il ciclismo qui in Versilia è in magra, non ci sono più tanti juniores, devo andare a cercarli anche nelle altre province toscane o in Liguria. Insomma anche in questa categoria, sempre più importante, ci sono tanti fattori che incidono nel costruire una squadra».
I ragazzi del Casano saranno tutti di secondo anno, un modo per portare avanti il lavoro già iniziato (foto Fruzzetti)I ragazzi del Casano saranno tutti di secondo anno, un modo per portare avanti il lavoro già iniziato (foto Fruzzetti)
Nuovo preparatore
Una grossa novità, si diceva, è l’arrivo di Pino Toni, che per la prossima stagione si occuperà della preparazione e della gestione dei ragazzi del Casano. Prima la squadra era seguita da Della Tommasina, che però ha scelto di continuare con il suo percorso accademico, lasciando così il gruppo di “Beppe” Di Fresco.
«Io e Di Fresco – racconta Pino Toni – abbiamo iniziato a lavorare insieme da quando lui era alla Berti, agli inizi del 2000. Da quella squadra juniores sono passati corridori come Caruso, che ho seguito personalmente alla Mastromarco e con il quale ancora collaboro. Quando Beppe (Di Fresco, ndr) è tornato a lavorare con gli juniores al Casano, c’era Della Tommasina come preparatore. Quest’anno la collaborazione è finita e sono subentrato io. Di diverso ci sarà il passaggio a Training Peaks rispetto alla piattaforma che hanno usato fino a quest’anno».
Bufalini, a sinistra, è un ragazzo sul quale Di Fresco ha scommesso all’inizio del 2023 (foto Fruzzetti)Bufalini è un ragazzo sul quale Di Fresco ha scommesso all’inizio del 2023 (foto Fruzzetti)
Già pronti
L’importanza crescente della categoria juniores è sotto gli occhi di tutti. Sembrano saperlo anche i ragazzi, che ormai sono sempre più attrezzati.
«Ho trovato una realtà molto preparata – conferma Pino Toni – i ragazzi sono quasi tutti di secondo anno. Sanno usare bene i misuratori di potenza e conoscono bene i vari metodi di allenamento. La parte difficile del lavoro sarà ottimizzare il tempo a loro disposizione, soprattutto in inverno, periodo dove si costruisce la stagione. Capita ad inizio stagione, quando le gare sono poche, di portarli a qualche corsa giusto per fare ritmo.
«I corridori – continua – hanno la scuola in questo periodo, che deve giustamente essere una priorità. Mi faccio mandare un questionario con l’orario, non è facile, soprattutto se ci si paragona all’estero. Quando guardo i ragazzi stranieri del team CPS o del team Franco Ballerini, vedo che fanno lavori differenti. E’ facile che in inverno loro vadano in Spagna per tre settimane di preparazione, con 20-25 ore a settimana di allenamento. Se rimani in Italia tra scuola e freddo, non riesci a fare certi volumi. Lo sport da noi non è considerato come l’anticamera di un lavoro o qualcosa che possa dare lustro alla Nazione, piuttosto viene visto come un impedimento».
Un altro prospetto interessante è Gabelloni (foto Fruzzetti)Un altro prospetto interessante è Gabelloni (foto Fruzzetti)
Tante alternative
Come conferma Di Fresco il Team Casano non farà doppia attività, per dare ai ragazzi i giusti periodi di riposo e allenamento. Un metodo che permetterà di programmare al meglio la stagione.
«Ottimizzare vuole dire – conclude Toni – creare delle attività alternative alle diverse ore in bici. Bisogna tenere i ragazzi impegnati con della ginnastica, palestra e rulli. Si alternano queste attività per tenere il corpo in movimento: magari inserisco un’ora di esercizi a corpo libero e un’ora di rulli. Le piattaforme di allenamento sono sviluppatissime e riesco a coordinare bene il lavoro da svolgere. Il mio metodo di allenamento è uguale per tutte le categorie che seguo, alla fine gli juniores sono diventati un primo grande scalino. E’ una categoria in cui cresci tantissimo, i team WorldTour vengono a prendere i corridori e li portano nelle squadre di sviluppo. E’ da junior che ti formi,nelle altre categorie puoi “solamente” migliorare, affinare quello che già sei».
Tre performance che abbiano colpito tre preparatori nella stagione appena archiviata. Molti hanno in mente i duelli fra Pogacar o Vingegaard sulle vette del Tour de France. Chi c’è stato ricorda il giorno memorabile del trionfo al Giro d’Italia di Roglic sul Lussari davanti alla sua gente, ma i coach guardano altro. Guardano i numeri, è vero, ma non si fermano alle emozioni di determinate azioni.
A Paolo Slongo, Giacomo Notari e Pino Toni abbiamo chiesto quale performance li avesse più colpiti. Sul piatto abbiamo anche messo diversi momenti clou dell’anno. Per esempio, la crono di Vingegaard al Tour, esaltata per valori e preparazione al dettaglio. La Liegi di Remco o le sue cavalcate in Spagna. Le volate in rimonta di Milan. La Roubaix di Van der Poel… Ma loro avevano già le idee chiare.
Ai mondiali di Glasgow, Mathieu Van der Poel scatta a 23 chilometri dal traguardo e distrugge dei super campioniAi mondiali di Glasgow, Mathieu Van der Poel scatta a 23 chilometri dal traguardo e distrugge dei super campioni
«Al di là che c’erano tutti e tutti erano al top e volevano vincere – spiega Toni – l’olandese ci è arrivato benissimo. In una corsa di un giorno tutti sono al massimo. Questo vale anche per i grandi Giri, ma è diverso. Mathieu mi ha stupito soprattutto per la facilità con cui ha fatto quei 5′ “a blocco” in cui ha staccato tutti. Ed era lontano dal traguardo, 23 chilometri se ben ricordo. E dietro aveva quattro corridori fortissimi, tutti con caratteristiche diverse: chi era più esplosivo, chi per le salite lunghe, chi velocista… segno che si trattava di un mondiale duro. Per quel calibro di motori mancava solo Ganna, ma lui forse ha una mentalità diversa».
Per Toni quei 23 chilometri sono stati un mix di tattica, potenza e preparazione azzeccata. Ha rifilato oltre un minuto e mezzo a Van Aert, Pogacar e Pedersen, il più veloce in teoria, ma poi il più stanco nel finale. E quasi 4′ al quinto, Kung.
«Non conosco di preciso i suoi numeri. Uno sguardo gliel’ho dato, ma il file reale è un’altra cosa e sarebbe bello averlo! Ma di certo sono stati valori fuori dal comune».
Sembra una volata di gruppo, in realtà Ganna (a sinistra) e Groves (al centro) erano i “reduci” della fuga a Madrid, finale della VueltaSembra una volata di gruppo, in realtà Ganna (a sinistra) e Groves (a destra) erano i “reduci” della fuga a Madrid, finale della Vuelta
Notari: Groves a Madrid
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana Qazaqstan ci stupisce, ma poi ripensandoci, neanche troppo, e la sua perla è la vittoria di Kaden Groves a Madrid, nell’ultima tappa della Vuelta. Vale la pena ricordare che di solito la frazione finale di un grande Giro è una passerella, quel giorno invece per “colpa” di Evenepoel le cose non sono andate così.
«Vedere un velocistaandare in fuga con dei campioni, dei cronoman come Ganna ed Evenepoel è stato particolarissimo. E sì che stando in gruppo – spiega Notari – lui avrebbe vinto al 99 per cento, perché non era “un velocista”… Era il velocista più forte della Vuelta».
Groves aveva già dimostrato in altre occasioni di essere più di un velocista, ma con altri andamenti tattici. E infatti anche sul Montjuic aveva fatto secondo, ma stando coperto in gruppo. Uscire allo scoperto è stato davvero insolito per uno come lui.
«Io quel giorno ero in ammiraglia. Sono andati talmente forte che la gente si staccava dal gruppo. Il circuito di Madrid poi non è piattissimo, anzi…. Groves in volata ha numeri importantissimi, sta sui 1.600-1.700 watt e tutto sommato visto che in fuga erano in sei, quei 10”-15” di trenata riusciva a digerirli bene, fisicamente. Ma se si pensa che hanno fatto oltre 50 di media e nel finale è riuscito ugualmente a sprintare, per me è la performance dell’anno».
Van der Poel ha attaccato nella seconda parte del Poggio, gli altri (si notano sullo sfondo) erano in riserva lui noVan der Poel ha attaccato nella seconda parte del Poggio, gli altri (si notano sullo sfondo) erano in riserva lui no
Slongo: Vdp sul Poggio
Chiudiamo quindi con coach Paolo Slongo, in forza alla Lidl-Trek. Paolo “torna in Italia” e lo fa con Van der Poel anche lui, ma alla Sanremo.
«Di episodi interessanti ce ne sono stati tanti in questa stagione – dice Slongo – ma le performance che più mi sono piaciute sono state quelle di Van der Poel, perché quel che ha dichiarato è poi riuscito a vincere. Dai mondiali di cross a quelli su strada».
In ballo con il mondiale anche lui, alla fine Slongo ci ha parlato della Sanremo. E del Poggio in particolare. Ci è arrivato con una preparazione al millimetro.
«Era qualche anno che non si vedeva un numero del genere sul Poggio. E’ stato un numero di forza: Mathieu è riuscito a fare la differenza quando tutti erano stanchi, ha avuto una sparata in più. Ed questa la prestazione. Vero, c’era vento e Pogacar ha tirato molto, ma Pedersen, Van Aert… non sono riusciti a dare la botta ulteriore.
«Per fare quell’azione sul Poggio significa che ci arriva spendendo meno degli altri. Oltre ad avere un’enorme soglia aerobica, questo implica che ha anche una grande efficienza: il suo motore consuma poco. Se è frutto di un allenamento sui 20”-40”? Non lo alleno io e questo non lo so, ma di certo VdP tiene bene i 40”, anche 45” di attacco a tutta… anche dopo tantissime ore».
Altura, caldo e allenamento: argomento che attira sempre, specie d’estate. Oggi i corridori salgono in quota praticamente tutto l’anno, ma la stessa altura può anche essere controproducente se non la si fa a dovere. Il rischio di overtraining è dietro l’angolo.
In tempi più o meno recenti ci sono stati casi di corridori che, scesi dall’altura, non sono andati come ci si aspettava per sospetto di overtraining. Un paio di corridori italiani all’ultimo Giro, per esempio. Oppure la Zalf al Giro U23 di due anni fa e persino i corridori della Ineos Grenadiers qualche stagione addietro dopo una lunga permanenza in altura e il successivo Giro di Colombia. Per approfondire questo argomento abbiamo interpellato il preparatore Pino Toni.
Le squadre, almeno quelle più importanti, ormai si allenano spesso insieme in quota. Un bene, ma se qualcuno non è al top potrebbe pagare dazio (foto Instagram)Le squadre ormai si allenano spesso insieme. Un bene, ma se qualcuno non è al top potrebbe pagare dazio (foto Instagram)
Pino, altura e overtraining come è possibile che le due cose coincidano?
In teoria non ci sono le condizioni per l’overtraining in altura. Quelle sono condizioni fisiologiche e non di performance e oggi i corridori in overtraining in altura non ci arrivano, almeno i top rider che sono ben seguiti, che si allenano con criterio. Poi ci può stare che non si ottengano i benefici che ci si aspettava.
Eppure il caso degli Ineos di qualche tempo fa fu eclatante…
Attenzione, non sbagliarono l’altura, trovarono chi andava più forte di loro. Adesso non conosco i valori precisi di quel ritiro, ma non erano bassi. Semplicemente per la prima volta (o quasi) avevano trovato qualcuno che andava più forte di loro.
Si era alzata l’asticella nel frattempo… eravamo a cavallo del Covid.
Esatto. Io ricordo sempre le parole di Inigo San Millan, il preparatore della UAE Emirates, quando disse che se non hai una base di 5,8 watt/chilo non vai da nessuna parte. Col tempo questa soglia si è alzata. Disse così perché in pochi ancora non avevano fatto meglio. Quest’anno, per esempio, nelle salite del Giro in cui hanno deciso di fare la corsa non sono mai scesi sotto i 6 watt/chilo, prima della selezione, degli attacchi. Magari chi era davanti andava a 6,2 watt/chilo e chi era coperto a 5.8 e anche nella terza settimana: in ogni caso parliamo sempre di valori alti.
Se ben fatta, l’altura può dare enormi benefici. Anche per il recupero passivo. Qui Filippo Conca a Livigno, in una vecchia fotoSe ben fatta, l’altura può dare enormi benefici. Anche per il recupero passivo. Qui Filippo Conca a Livigno, in una vecchia foto
E allora Pino, giriamo la questione: come si può lavorare male in altura tanto da finire in overtraining? Pensiamo per esempio ai fuorigiri prolungati, agli scatti…
Sostanzialmente vai in overtraining in altura, o lavori male, quando non ti sei adattato alla quota, quando non hai rispettato tempi e intensità. Per me un rischio grande è dato dal gruppo. Mi spiego: se ci sono più corridori con uno stesso programma, qualcuno che non si è ancora ben adattato o è un po’ più indietro di condizione, potrebbe esagerare nello stare con gli altri. Magari fa più fuorigiri, lavora ad intensità che non sono le sue in quel momento. E non recupera. Un altro aspetto sono i feedback dei corridori.
Cioè?
Siamo sicuri che i corridori diano sempre i feedback giusti ai loro coach? Spesso gli atleti ti dicono: «Sto bene», invece magari non è del tutto così. Forse credono di stare bene, ma queste cose oggi non dovrebbero più accadere in quanto ci sono degli strumenti fisiologici per misurare questi aspetti.
Quali?
Per esempio la varianza cardiaca (l’Hrv) o gli strumenti che rilevano la qualità del sonno… Questi dati, se incrociati con quelli degli allenamenti ti dicono molto sullo stato del corridore e del suo recupero in particolare. E poi bisogna vedere se i ragazzi sono in altura da soli o con il preparatore.
Cambia molto la presenza del coach?
Parecchio. Al netto dei valori riportati dagli strumenti, che il preparatore può vedere anche da remoto, l’allenatore sul posto vede in faccia i suoi atleti. Ci parla in modo più diretto. Nota i suoi comportamenti anche dopo le uscite. Se un ragazzo dopo pranzo scende in hotel, guarda magari una corsa in tv, parla e scherza con gli altri, è attivo… e un altro resta buttato sul letto in camera e scende solo a cena, qualcosa vorrà dire.
L’altura ormai si fa sempre: inverno ed estate. Il rischio di overtraining è lo stesso?
Dipende tutto da quello che si fa. Solitamente l’altura d’inverno è più di costruzione, di preparazione. Quella estiva di ristorazione… A parte per chi punta a Vuelta e mondiale. Nella maggior parte dei casi, chi sale in quota a luglio è gente che ha staccato a giugno, dopo il Giro, le classiche…
Nella parte centrale della crono tricolore Ganna ha gestito le energie, soprattutto in relazione al caldoIl Core è quel sensore attaccato lateralmente sulla fascia del cardioNella parte centrale della crono tricolore Ganna ha gestito le energie, soprattutto in relazione al caldoIl Core è quel sensore attaccato lateralmente sulla fascia del cardio
Restiamo sempre in tema di altura, ma più che in ottica overtraining di gestione dello sforzo. Qualche giorno fa Filippo Ganna, dopo la vittoria al tricolore crono ha detto: “Nella parte centrale potevo fare la differenza, ma con questo caldo non è mai facile. Devi fare quasi come in altura: devi abbassare di tanto i valori”. Cosa intendeva?
La macchina umana è un po’ come un motore termico e questo rende al meglio con determinate temperature d’esercizio, esattamente con la quantità di ossigeno, che in quota è minore. Pertanto la mancanza di ossigeno è paragonabile all’innalzamento della temperatura. C’è un calo prestazionale.
E se Pippo avesse insistito, si sarebbe “cotto”…
E ci sarebbe stato un calo prestazionale molto più sensibile. Bisogna pensare che con 1,5 gradi d’innalzamento della temperatura corporea interna l’organismo va in “standby”, con 2 gradi sorgono problemi molto importanti. Non a caso oggi si usa il “Core” (il sensore attaccato alla fascia del cardio, ndr) che ci dà questo valore. Personalmente non lo faccio usare molto, anche perché non avrei comunque modo d’intervenire.
Beh, con acqua addosso, maglia aperta…
Attenzione, parliamo di temperatura interna, non esterna. Tanto per restare nel paragone coi motori, se il corpo umano avesse un radiatore, okay… ma non c’è! Diciamo che Ganna è stato bravo a gestirsi, altrimenti avrebbe “fuso il motore”, sarebbe andato in blackout e di conseguenza più piano.
Il suo nome di battesimo è quello del filosofo Kant e come sia la sua idea di correre ce lo ha mostrato in questo scorcio di 2023. Immanuel D’Aniello ha aperto la stagione con un importante successo al Gran Premio La Torre che lo rilancia nel suo percorso di crescita, scacciando anche qualche brutto pensiero sopraggiunto dodici mesi fa.
A febbraio dell’anno scorso il 21enne di Sant’Antonio Abate doveva stare attento ad ogni spiffero d’aria per una conseguenza del covid. Invece poche settimane fa ha vinto la gara toscana nel pieno di una mezza bufera invernale che ha accompagnato i corridori per tutto il tempo. Al momento la rinascita di D’Aniello (in apertura foto Pagni) sta avvenendo anche per merito della Trevigiani Energiapura Marchiol in cui è arrivato quest’anno dalla Palazzago. Lui però, che vive con la valigia sotto braccio fin da quando era junior, non si dimentica di tornare a casa dove vuole dare una mano anche all’azienda di famiglia.
D’Aniello ha vinto a Fucecchio con un colpo da finisseur anticipando lo sprint di Milan (foto Pagni)D’Aniello ha vinto a Fucecchio con un colpo da finisseur anticipando lo sprint di Milan (foto Pagni)
Immanuel cosa ha rappresentato la vittoria di Fucecchio?
E’ stata una grande emozione, una soddisfazione doppia. Ho pensato subito ai problemi di salute che ho avuto. In un anno sono passato dal non potere uscire di casa al vincere con un freddo incredibile, quasi con la neve. In inverno avevo lavorato tanto perché volevo partire forte e per il momento ce la sto facendo. Per questo devo ringraziare il mio preparatore Pino Toni che mi segue dallo scorso dicembre. Questo successo è un punto di partenza che mi dà morale. Mai avrei pensato di esultare sul podio come fa il mio idolo Kvaratskhelia (sorride, lui che è tifoso del Napoli, ndr). La vittoria l’ho dedicata alla mia famiglia e alla squadra. Sono loro che, per motivi diversi, mi hanno aiutato.
Cosa ti era capitato l’anno scorso?
E’ stata una stagione totalmente differente da quella prima. Nel 2021 avevo fatto esperienza, disputando il Giro U23. Ad inizio 2022 però ho preso il covid. Non ho corso per tanti mesi. Ho fatto addirittura 40 giorni completamente fermo per un principio di broncopolmonite. Ho passato un momento veramente difficile. Come accennavo prima, solo poche persone, in primis i miei genitori, sono state al mio fianco. Speravo di avere più supporto psicologico da parte di alcuni amici e da parte della mia vecchia società. Ora va meglio e non ci penso più.
D’Aniello (primo a sx) arriva alla Trevigiani dopo due stagioni alla Palazzago (foto facebook)Fare bene nelle grandi gare internazionali per U23 è un obiettivo di D’AnielloD’Aniello (primo a sx) arriva alla Trevigiani dopo due stagioni alla Palazzago (foto facebook)Fare bene nelle grandi gare internazionali per U23 è un obiettivo di D’Aniello
In quel periodo che pensieri avevi?
Non ho avuto paura di smettere di correre in bici, ma ho pensato più di una volta di non poter tornare più quello di prima. Anche a livello cardiaco facevo fatica. Per fortuna che il mio medico di famiglia mi ha seguito durante quelle settimane e mi ha permesso di rimettermi in sesto. Già al Giro del Veneto (tra fine giugno ed inizio luglio, ndr) ho chiuso in undicesima posizione e terzo nella classifica dei giovani, anche se non ero al 100 per cento. Lì ho iniziato a vedere la luce in fondo al tunnel.
Come gestisci ora invece gli spostamenti tra Veneto e casa?
Sono un pochino più distante rispetto al passato, ma ormai ci sono abituato. L’anno scorso viaggiavo da Palazzago. Già da esordiente e allievo correvo sempre fuori regione. Poi da junior sono passato alla LVF a San Paolo d’Argon, in provincia di Bergamo, anche se avevo deciso di finire il liceo scientifico a Sant’Antonio Abate. Adesso viaggio in aereo o in treno e non mi pesa. Basta trovare l’ambiente giusto. Quando devo fare un periodo di stacco, cerco di tornare a casa per aiutare mio padre Paolo con la sua attività. Lui è titolare di un maglificio sportivo (Daniello Sports Wear, ndr), specializzato in abbigliamento ciclistico, ed io sono uno dei soci. Gli testo i materiali, gli do i miei feedback e gli seguo la pubblicità sulle pagine social.
Immanuel è socio dell’azienda di famiglia Daniello Sports Wear per la quale testa i materialiImmanuel è socio dell’azienda di famiglia Daniello Sports Wear per la quale testa i materiali
Con la Trevigiani come ti stai trovando?
Molto bene. Da circa tre settimane abito a Montebelluna assieme ad altri due compagni e mi trovo davvero a mio agio. Sto imparando a conoscere le zone delle grandi gare internazionali. Mi alleno spesso con i compagni sul Combai, cercando di memorizzare tutte le strade. Quando avevo saputo che la Trevigiani mi aveva cercato, il mio procuratore (Massimiliano Mori, ndr) ed io ne abbiamo parlato subito. Ed ho capito immediatamente che avevo fatto la scelta giusta non appena ho conosciuto tutto lo staff. Luciano Marton, Franco Lampugnani, Mirco Lorenzetto, Francesco Benedet ed anche il presidente Ettore Renato Barzi sono stati tutti disponibili per facilitare il mio inserimento. Considerando anche la storia della squadra, penso che meritiamo l’invito al prossimo Giro U23. Spero possa essere così. Noi intanto, per guadagnarci l’attenzione degli organizzatori, dovremo continuare a vincere e fare risultati.
Gli obiettivi sono quelle gare internazionali di cui parlavi prima o ce ne sono altri?
Correre corse come il Piva, Belvedere o San Vendemiano è un grande stimolo. Così come il Recioto anche se siamo in provincia di Verona o tante altre di quel livello. Vorrei fare bene in tante di queste ma voglio anche mettermi al servizio dei miei compagni in gare che magari sono meno adatte alle mie caratteristiche. Dipenderà dalle situazioni che si creeranno ma l’idea sarebbe quella di restare tra gli U23 anche nel 2024. Questa è una categoria formativa dal punto di vista psicologico e tattico. Continuerei il mio processo di crescita.
D’Aniello ha conquistato il suo primo successo tra gli U23, dedicandolo a famiglia e squadra (foto facebook)D’Aniello ha conquistato il suo primo successo tra gli U23, dedicandolo a famiglia e squadra (foto facebook)
E la filosofia di corsa di Immanuel D’Aniello qual è?
Non sono un attendista, mi piace andare spesso all’attacco. Infatti mi piacciono i corridori dell’ultima generazione che sanno dare spettacolo anche da lontano. Mi attengo alle indicazioni che mi danno i miei diesse, però per me il corridore deve saper interpretare e leggere la corsa. Anzi, a volte bisogna proprio inventare. Sono un passista-scalatore che non disdegna il colpo da finisseur. A Fucecchio ho vinto partendo in contropiede sulla salita finale dopo che avevamo ripreso il mio compagno Zurlo in fuga. In quel momento ho seguito l’istinto. A volte per vincere una gara devi rischiare di perderla.
Il ritorno di Andrea Piccolo aveva suscitato molte reazioni, tutte positive e quasi sbalordite. La rapida scalata che ha portato il giovane corridore dal nulla assoluto del caso Gazprom alla Drone Hopper ed infine alla EF Education Easy Post ha fatto capire lo spessore dell’atleta. Se a tutto ciò si aggiunge che è avvenuta in soli 24 giorni di corsa, dal 26 giugno al 16 ottobre, il tutto diventa ancora più da capire e raccontare.
Pochi giorni fa è stato Pino Toni a spiegarci quanto ci sia di eccezionale in questo ragazzo, che da junior aveva il segno del talento tatuato addosso. Alcune vicissitudini hanno cercato di portarlo lontano, ma un’atleta di questo spessore è in grado di ritornare sulla strada maestra. Pino Toni ha preso Piccolo a maggio e non lo ha più lasciato, anche ora che il WorldTour sarà casa sua.
Il ritorno alle corse è avvenuto al campionato italiano, quarto e una grande iniezione di fiducia (foto Drone Hopper/Sirotti)Il ritorno alle corse è avvenuto al campionato italiano (foto Drone Hopper/Sirotti)
Le parole del preparatore
Le parole di Pino Toni il giovane lombardo le aveva lette appena pubblicate, così quando gli abbiamo chiesto di commentarle insieme a noi, il tutto è diventato molto più semplice.
«Sono parole ed opinioni – dice Piccolo – che ci eravamo già dette in privato, sicuramente è un piacere essere descritto così anche in pubblico, vuol dire che Pino ci crede davvero. Lui di questo mondo ne sa molto, ha tanta esperienza maturata in diverse squadre, maturata in molti anni quindi sicuramente ci ha fatto l’occhio».
Per simulare il ritmo corsa Piccolo ha fatto molti chilometri dietro moto scortato da Pino ToniPer simulare il ritmo corsa Piccolo ha fatto molti chilometri dietro moto scortato da Pino Toni
Avete iniziato a lavorare ma quando vi siete incontrati per la prima volta?
A marzo sono andato via dai Carera e sono passato con Giuseppe Acquadro, in quel momento uscivo dalla Gazprom e mi hanno presentato Pino.
Come è stato arrivare a stagione in corso?
Abbiamo parlato molto e dal confronto sono nati spunti interessanti. Dal suo punto di vista penso sia stato bravo a prendere un corridore già allenato e trovare subito la strada giusta per lavorare. Mi ha iniziato a seguire quando io stavo facendo il mio Giro d’Italia a casa, cento ore di allenamento in 21 giorni. Era la risposta a quel momento difficile, ho trovato motivazione ponendomi un obiettivo personale.
Pino ci ha detto che la sua sorpresa è arrivata al campionato italiano, era la tua prima gara dopo mesi e sei arrivato quarto.
La più grande difficoltà che ho avuto quando ho iniziato a lavorare con Pino era il fuori soglia. Non correndo da molto tempo, non ero in grado di produrre quel tipo di sforzo che ti arriva solo in corsa. Per sopperire a questa mancanza abbiamo fatto molto dietro moto.
La prima corsa con la EF è stato il Tour de l’Ain ad inizio agostoLa prima corsa con la EF è stato il Tour de l’Ain ad inizio agosto
E’ servito, no?
Sicuramente il lavoro fatto mi ha dato una grande mano, ma correre è un’altra cosa. Ad un certo punto della corsa stavo meglio in salita che in pianura. Andare a tutta in salita quando si è in corsa o in allenamento è la stessa cosa, non si può andare oltre un certo valore. In pianura, invece, è completamente diverso, perché i cinquanta all’ora li puoi fare solo in corsa. Bisogna anche essere allenati per reggere quelle frequenze a quella velocità.
Hai corso molto ed in breve tempo, saltando da una gara all’altra…
L’obiettivo era proprio quello, fare tante gare ed allenarsi il meno possibile, questo per un paio di mesi. Alla fine di questo periodo era prevista una pausa per allenarmi meglio e alzare l’asticella. Il 2022 è stato l’anno del ritorno alle gare, non mi importava dove e come, era fondamentale tornare ad attaccare il numero.
Il 2023 che hanno sarà? Pino ha detto che doveva andare a parlare con lo staff delle EF…
Ora l’obiettivo è tornare a correre con un criterio, cercando dei risultati in determinate gare. Il calendario ed i programmi di lavoro saranno più definiti, già posso dire che le classiche delle Ardenne potranno essere interessanti. Sarà davvero importante programmare, correre tanto mi è servito, ma se voglio alzare ancora di più l’asticella dovrò curare molto anche gli allenamenti a casa. I grandi corridori fanno così, guardate Vingegaard, non corre per due mesi ma poi si presenta alle gare pronto.
L’ultima gara della stagione è stata la Japan Cup Cycle Road il 16 ottobreL’ultima gara della stagione è stata la Japan Cup Cycle Road il 16 ottobre
Tornare nel WorldTour come ti ha fatto sentire?
Tranquillo, sono felice di essere qui ma non sento pressione. Io faccio tutto al meglio, se metto tutto me stesso nelle cose che faccio non posso recriminarmi nulla.
Allenarsi con consapevolezza è fondamentale, questo tu lo sai fare.
Al giorno d’oggi se non ti sai allenare a casa è difficile rimanere ad un livello alto. Tutti i corridori di punta si allenano bene ed arrivano alle corse pronti. Per me la bici è un passione quindi non mi pesa fare tante ore di allenamento o lavori specifici. Oggi (martedì, ndr) da me ha nevicato e per non perdere la giornata ho fatto due sessioni sui rulli. Ovviamente bisogna lavorare nel modo corretto, ed avere al mio fianco Pino mi permette di pensare che io lo stia facendo.
Che rapporto hai maturato con lui?
Ormai mi sento di poter dire che fa parte di me e spero di lavorare con lui per molti anni. Mi ha dato tanta fiducia e una grande motivazione, e per questo lo ringrazio.
Il 2022 è stato un anno intenso e ricco di rientri. Quello che ci ha lasciati più sorpresi, per continuità e prontezza, è quello di Andrea Piccolo. Prima alla Drone Hopper e poi subito promosso nel WorldTour con la EF Education Easy Post. Nella pausa invernale, però, c’è stato spazio per un altro bell’annuncio: il ritorno di Innocenti con la Technipes-#InEmiliaRomagna.
I due corridori hanno avuto un passato, nelle categorie minori, di tutto rispetto. Entrambi hanno vinto il Giro della Lunigiana: Piccolo nel 2019 ed Innocenti nel 2017. Un passato accomunato da un grande talento ed un presente più difficile. Un’altra cosa che accomuna i due è l’aver lavorato con Pino Toni, che parlando del loro motore, ci disse di aver sempre riscontrato valori molto interessanti.
Piccolo è stato fermo per 6 mesi a causa del problema Gazprom (foto Instagram)Piccolo è stato fermo per 6 mesi a causa del problema Gazprom (foto Instagram)
L’occhio del preparatore
Cosa vide Pino Toni nei due? Lo chiediamo direttamente al preparatore toscano che ripescando nella memoria, e riallacciandosi con il presente, ha le idee chiare.
«Ora come ora – racconta – di Piccolo ho più informazioni, anche perché lo alleno io. Mi è stato proposto di seguirlo dopo il caso Gazprom, abbiamo parlato un po’ e da allora lavoriamo insieme. Innocenti l’ho visto quando era tra i dilettanti, gli ho fatto qualche test, lui era davvero forte, quello che è successo dopo non me lo spiego. Io non penso sia un dopato, non ne aveva minimamente bisogno…»
Piccolo è tornato con continuità alle corse in maglia Drone Hopper, qui al Trofeo Getxo dove è arrivato secondo alle spalle di AyusoPiccolo è tornato con continuità alle corse in maglia Drone Hopper, qui al Trofeo Getxo dove è arrivato secondo
Parliamo prima di Andrea Piccolo, da junior era davvero forte…
Ha sempre fatto bene, sia da junior che da dilettante – ci dice Pino Toni – la sua sfida continua con Tiberi era affascinante. Erano i due punti di riferimento del movimento italiano. Da ragazzino Andrea (Piccolo, ndr) l’ho visto poco anche perché io allenavo Tiberi. Però vedevo spesso le corse e la cosa che mi ha sempre sorpreso è stato l’atteggiamento, la fame e la cattiveria che aveva erano incredibili.
Poi c’è stato lo stop, anzi due: quello con l’Astana e il caso Gazprom.
Il dopo Astana per lui è stato complicato, ma lo ha gestito da sportivo vero, da chi sa cosa vuole. E anche il caso Gazprom non lo ha aiutato. E’ tornato a correre a giugno, dopo mesi di pausa, al campionato italiano, ed è arrivato quarto. Quel risultato ha stupito molto, ma è sintomo che il motore c’è ancora ed oltre alle doti fisiche si aggiungono grandi capacità di concentrazione e di lavoro.
Che corridore è?
E’ il tipo di corridore giovane e moderno, si sa allenare ed è capace di fare fatica in allenamento. I corridori al giorno d’oggi devono sapersi allenare perché non puoi andare alle corse e non avere gamba, ti stacchi subito. Bisogna riuscire a soffrire in allenamento per poi dire la tua alle corse.
Per Piccolo (al centro) subito la chiamata dal WorldTour, dal 1° agosto approda alla EF (foto Instagram)Per Piccolo (al centro) subito la chiamata dal WorldTour con la EF (foto Instagram)
Che impressione ti ha fatto?
Un mio collega in Katusha, Popov, mi ha chiesto se fossi disposto a lavorare con lui. Prima ho guardato i file ed abbiamo fatto delle prove, era incredibile. A dicembre 2021 pesava 74 chili, 8 in più di ora, e i test erano già sorprendenti, questo vuol dire che ha davvero un gran motore.
Lui ha ripreso a correre da giugno e da allora è stato un continuo crescendo…
Piccolo è un corridore che può andare bene nelle classiche e nei grandi Giri: va forte a crono, cura molto quella disciplina. Da agosto a ottobre è sempre arrivato davanti, scendeva dall’aereo e andava a correre e lo trovavi sempre tra i primi. Questo è sintomo di un grande recupero e di una voglia fuori dal comune. Non ha ancora vinto, per farlo bisogna iniziare a lavorare sul particolare, a concentrarsi su un obiettivo. Il 9 dicembre vado a Girona per parlare con il capo performance della EF per capire il programma di lavoro e il calendario.
L’11 novembre siamo andati a casa di Innocenti, il suo ritorno meritava di essere raccontatoL’11 novembre siamo andati a casa di Innocenti, il suo ritorno meritava di essere raccontato
Il ritorno di Innocenti
Andrea Innocenti ha alle spalle una storia tanto travagliata che meriterebbe un romanzo a puntate. Il corridore toscano torna a correre dopo 4 anni, un periodo lunghissimo, quasi interminabile. Ma concentriamoci solamente sull’aspetto tecnico, che cosa potrà fare, a che punto lo ritroviamo?
«Lui è stato fermo quattro anni – racconta Pino – sono tanti. Sinceramente è il primo corridore, di cui sono a conoscenza, che torna alle corse dopo un periodo così lungo.
Il 2017 è l’anno migliore per Innocenti, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)Il 2017 è l’anno migliore per Innocenti, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)
Ha già ripreso a correre, al Giro del Friuli, e non è andata male.
No, anzi. Questi sono segnali positivi, vuol dire che i numeri li ha, poi per quello che so si è allenato molto. Bisogna vedere dove può arrivare, lo stop è stato sicuramente un handicap, non si può negarlo.
Lo hai testato più volte, che ci avevi visto?
Era davvero incredibile, un gran motore ed una mentalità da vero corridore. Anche da ragazzino era molto curioso, faceva domande, voleva capire. Sono tanti i corridori che hanno i numeri, ma poi non hanno la testa per spingersi oltre. Sia Piccolo che Innocenti mi hanno sempre dato la sensazione di avere la mentalità giusta per diventare dei signori corridori. Te lo fanno capire che per loro non è un gioco.
Anche Innocenti era uno dei punti di riferimento del movimento italiano…
Assolutamente, lo ha detto tante volte anche Cassani. Ed il fatto che ritorni a correre con lui alla Technipes-#InEmiliaRomagna vuol dire che ci credono ancora. E’ rientrato in una continental, ma lo staff che c’è in quel team è di altro livello: Coppolillo, Chicchi, Chiesa, Malaguti come preparatore… Insomma, è ben supportato.
Durante lo stop di 4 anni, Innocenti non ha mai abbandonato la bici (foto Instagram)Durante lo stop di 4 anni, Innocenti non ha mai abbandonato la bici (foto Instagram)
Quattro anni sono tanti…
E’ difficile tornare, sono 4 anni di fatiche e delusioni mancate, è un buco nella sua carriera. Innocenti è un vero atleta, lo è sempre stato. Su questo non c’è nulla da dire. Non rientra nel professionismo, ma anche nelle continental si va forte.
Possono ancora essere il futuro del ciclismo italiano?
Dopo quello che hanno attraversato, devono capire quale possa essere il loro ruolo in questo mondo. Sicuramente sono due che partono con la mentalità di voler essere dei vincenti, poi si vedrà. Sono giovani, Piccolo è più avvantaggiato perché ha ripreso da qualche mese e questa potrà già essere una stagione di conferme. Innocenti non deve farsi prendere dalla fretta, se i risultati arriveranno bene, ma al momento deve andare alla ricerca del colpo di pedale.
«A un certo punto ho cominciato a fare il pizzaiolo, per dare un senso alle giornate. Volevo ricomprarmi la bici senza chiedere soldi ai miei. Mi serviva perché volevo tornare a correre. Io non sono un dopato – scandisce bene Innocenti – non sono mai stato al limite. Se fossi stato così, non avrei avuto questa voglia di tornare. Dicevano tutti che mi avrebbero dato sei mesi al massimo, per questo quando sono arrivati i 4 anni è stata dura. Sono il tempo di un liceo, una carriera da under 23. Una vita. Ho pensato tante volte al tempo che passava. Per un mese non sono riuscito a dormire. Parlavano di me come di un talento. Avevo fatto tanti sacrifici. Poi piano piano è cresciuta la consapevolezza. Sono giovane. Dovevo cercare di andare avanti».
Le parole di Toni
Seano, giorno di San Martino. Le colline intorno brulicano di reti e olive da cogliere e biciclette in lenta processione su tutte le salite. Andrea Innocenti, classe 1999, ci ha dato appuntamento in un bar baciato dal sole, in questo strano autunno che continua a sembrare primavera. Ha con sé Sancho, uno dei suoi tre cani. Ha la faccia a posto, difficile tradurre la sensazione in parole e sperare di essere creduti.
Qualche settimana fa, parlando con Pino Toni di atleti dal motore importante (immaginando o sognando di trovare prima o poi un erede per Nibali), il preparatore toscano disse poche parole.
«Ne ho visti solo due, ultimamente. Uno è Andrea Piccolo. L’altro è Andrea Innocenti, peccato per quello che gli è successo…».
Il 2017 è il suo anno migliore da junior, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)Il 2017 è il suo anno migliore da junior, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)
Controllo a sorpresa
La storia, in breve, poi si va avanti. Andrea Innocenti, uno dei talenti più solidi della sua classe, viene trovato positivo al testosterone in un controllo fuori competizione durante un ritiro della nazionale. I Carera, suoi procuratori, lo indirizzano verso un noto avvocato.
La prima udienza (per la prima infrazione della vita) dura un quarto d’ora. Non gli permettono di dire nulla, ma ugualmente il conto è salato: 4 anni di squalifica. L’avvocato a quel punto rilascia un’intervista dicendo che era tutto pilotato. La conseguenza (a quel punto abbastanza scontata) è che nel secondo grado, la squalifica è confermata e così pure al Tas, anche se le prove scientifiche sono a favore dell’imputato. In più, arriva la beffa. L’avvocato non avrebbe notificato che Andrea nel frattempo si è autosospeso, così la squalifica parte due mesi più avanti. Quattro anni e due mesi.
A Bergamo, nel processo penale legato alla positività, il ragazzino viene rappresentato da altri professionisti e viene assolto. Per lo Stato italiano, non c’è stato doping.
Agosto 2017, Innocenti vince il Trofeo Maionchi davanti ad Aleotti e Baroncini (foto Instagram)Agosto 2017, Innocenti vince il Trofeo Maionchi davanti ad Aleotti e Baroncini (foto Instagram)
La chiamata di Cassani
Davide Cassani è un signore e di ciclismo ne sa tanto. E con disarmante semplicità dice che se a 19 anni risulti positivo in un controllo antidoping, la colpa non può essere solo tua e non vai lasciato da solo. Per questo l’allora tecnico della nazionale, vuole incontrarlo. I due parlano poco dopo la squalifica. E ora che i 4 anni sono passati e dopo che Andrea è rientrato per poche corse nel 2022 con la Park Pre Racing Team di Francesco Ghiarè, Davide gli ha aperto le porte della Technipes-InEmiliaRomagna. La storia può ricominciare.
Chi eri?
Un buono junior. Avevo vinto il Lunigiana ed ero passato dilettante con la Maltinti. Sono stato al funerale di Renzo, era davvero una brava persona. Mi sarebbe piaciuto rientrare con loro per gratitudine verso Renzo e per l’amicizia con Leonardo Scarselli, che è stato tecnico e soprattutto amico.
Pino Toni dice di aver visto solo due motori al livello di una carriera alla Nibali: Andrea Piccolo e Andrea Innocenti.
Parlavano bene di me, ricordo bene. E Pino mi aveva visto da junior e poi anche al primo anno da U23. Facevo tanti sacrifici e le cose andavano bene. Finita la maturità sarei dovuto andare in ritiro con Cioni, che ai tempi mi seguiva.
Nel 2018, dopo due grandi anni da junior, Innocenti va alla Maltinti: qui con Renzo e il ds Scarselli (foto Instagram)Nel 2018, dopo due grandi anni da junior, Innocenti va alla Maltinti: qui con Renzo e il ds Scarselli (foto Instagram)
Invece un giorno torni a casa da un allenamento e cosa succede?
Era un periodo brutto. Mio padre aveva fatto un incidente in moto, era messo male. Quel giorno però ero contento, perché tornava a casa. Avevo appena fatto la terza prova della maturità, entrai a casa e capii che qualcosa non andava. Mia madre piangeva. Era da poco morto mio zio, pensai che avessero trovato qualcosa a papà. Invece mi guardarono e mi chiesero se avessi qualche problema e se volessi parlarne. Mi dissero che non potevo più correre, che ero risultato positivo. Io neanche ricordavo di averlo fatto quel controllo, erano passati due mesi…
Come reagisti?
I primi mesi furono i più duri. Mia madre lavora in una multinazionale americana, è sempre piena di cose da fare. E con mio padre allettato e io quasi alla depressione, a un certo punto mi scossi e piano piano iniziai a dare nuovamente una mano in casa. Nel frattempo in giro e sui social leggevo cose dette senza sapere niente. Dopo un po’ ricominciai anche ad andare in bici e appunto dopo 15 giorni mi misi a fare il pizzaiolo e a studiare.
Studiare?
Sognavo di fare il veterinario. Da ragazzino, dicevo che presto avrei smesso di correre e avrei studiato per quello. Poi invece da allievo scattò la passione del ciclismo e mi iscrissi a Giurisprudenza. Uscivo dal Liceo Scientifico Sportivo e avevo studiato Diritto. Mi piaceva e così cominciai a preparare Diritto romano. Solo che era il periodo della prima sentenza e a leggere quelle cose mi veniva la nausea, così smisi di studiare. I miei genitori per un po’ non dissero nulla. Poi mi parlarono: «Se vuoi correre ancora, ti appoggiamo. Però nel frattempo o studi o ti trovi un lavoro». E così mi iscrissi a Scienze Motorie. Due anni e mezzo per dare gli esami. Poi il tirocinio tutto insieme. E a giugno 2021 mi sono laureato.
E’ il 2020, due anni di squalifica alle spalle, ne restano due: Innocenti si allena e studia (foto Instagram)E’ il 2020, due anni di squalifica alle spalle, ne restano due: Innocenti si allena e studia (foto Instagram)
Prima gara al Giro del Friuli, quattro anni e due mesi dopo. Che effetto ti ha fatto?
Mi hanno chiamato in tanti, chiedendomi se fossi emozionato. Io ero tranquillo. Tornavo a fare la mia vita. Ero convinto di andare forte, ma forse sono partito con troppo entusiasmo, perché a fine stagione ci sono arrivato sfinito. A Ghiarè ho chiesto di farle tutte, volevo tanta fatica per sbloccare il motore. Ma al Del Rosso non ero fresco come al Giro del Friuli. Non mi sarei mai aspettato di arrivare 10° sullo Zoncolan. Una salita così lunga in gara non l’avevo mai fatta. Non l’ho preso davanti solo perché mi sono staccato in discesa. La discesa dopo 4 anni può essere un problema (sorride, ndr).
Come ti sei allenato in questi 4 anni?
Il mio programma prevedeva due picchi di condizione all’anno. Il primo per i giorni della Firenze-Empoli, da tenere fino a giugno. Poi 15-20 giorni per recuperare, magari in altura, e si ripartiva con un altro picco da portare fino a ottobre. Inverno da corridore e poi si ricominciava.
La leggenda dice che hai fuso due motorini di tuo padre nel simulare la gara…
Uno era vecchio, l’altro no. E’ vero (sorride, ndr). Facevamo dei bei giri dietro moto, con distanze e andature da gara. La prima ora da solo, poi da Poggio a Caiano si faceva forte il San Baronto, di lì Lamporecchio, andavamo fino a Empoli e dopo 4 ore si faceva forte la salita di Vitolini. E se stavo bene, anche Seano a tutta. Questo una volta ogni due settimane. Nell’altra settimana, andavo con la bici da crono che mi ero comprato (i dati di allenamento parlano di sessioni da 10 chilometri a 7 watt/kg). E la domenica distanze blande di 6 ore in Z2 e Z1.
Il 3 giugno 2021 arriva la laurea in Scienze Motorie: il cammino prosegue (foto Instagram)Il 3 giugno 2021 arriva la laurea in Scienze Motorie: il cammino prosegue (foto Instagram)
Cosa ti aspetti?
A casa sono tutti contenti. Forse mi mancherà un po’ il ritmo, ma sono convinto che tornerò quello che ero. Sono motivato. Quest’anno c’era poco tempo, ora posso fare un vero periodo di riposo e ricominciare al pari con gli altri.
Dove si erano fermati i tuoi sogni?
Non si sono mai fermati, ma fino al primo anno da junior (4 vittorie, ndr) facevo fatica a capire che corridore fossi. Con un po’ di impegno, vincevo anche le volate. L’anno successivo (9 vittorie, fra cui le classifiche finali del Lunigiana e della Ain Bugey Valromey in Francia), ho iniziato a pensare di essere più adatto per le corse a tappe. Sono andato benino e credo che il mio terreno possa essere quello. So andare in salita, pur non essendo uno scalatore di 56 chili e vado bene a crono. Il mio obiettivo sarà specializzarmi in questo.
Correrai con la squadra di Coppolillo e Cassani…
Michele l’ho conosciuto subito, è davvero una bella persona. Il fatto che Cassani mi abbia dato fiducia, l’ho trovato molto importante. Davide è stato una delle poche persone che mi ha chiamato dopo il controllo. Volle vedermi per capire cosa fosse successo. Per me già quello fu gratificante, fino al giorno prima mi volevano tutti bene e poi sparirono. Il fatto che mi abbia richiamato dopo 4 anni è un punto in più. Spero di poter ripagare la squadra per la fiducia.
Durante il periodo giù dalla bici, uscite in mountain bike o passeggiate con i suoi cani: ne ha 3 (foto Instagram)Durante il periodo giù dalla bici, uscite in mountain bike o passeggiate con i suoi cani: ne ha 3 (foto Instagram)
Come ti ha accolto il gruppo?
I miei coetanei e compagni di nazionale ormai sono tutti professionisti oppure hanno smesso. I compagni alla ParkPre mi facevano vedere i commenti sui social di qualche… sciocchino. Ma non puoi ascoltare tutti e ognuno è libero di pensare come vuole. Io voglio solo riprendere la mia strada. E sono certo che qualcosa di buono verrà di sicuro…
Che cosa successe in quel controllo?
La verità? Non lo so. Per il Tas mi sono sottoposto al test del capello con una luminare del campo e non venne fuori nulla. Io non ho preso niente, l’ipotesi più probabile è uno scambio di farmaci con qualcosa che avevamo in casa. Ma non sto neanche a dirlo, perché non ho prove per sostenerlo. Non lo so. So però che non mi sono dopato.
Si ricomincia con un ritiro a ridosso di Natale, quando i corridori della Technipes-#InEmiliaRomagna riceveranno bici e programma. Nel frattempo Innocenti ha preso ad allenarsi con Paolo Alberati e Maurizio Fondriest. Quattro anni sono tanti, ma non sono stati anni di ruggine. E comunque sia andata quel giorno, la lezione è stata imparata. La seconda occasione è ampiamente meritata.
Spuntare la casella delle categorie di bici.PRO nella sezione “News” e “Professionisti” parlando di Riccardo Lucca ci riempie il cuore di gioia. “Succede a chi ci crede” così potremmo definire l’Odissea di Lucca, che nel 2023 sarà nelle file della Bardiani CSF Faizanè, che nella nuova stagione cambierà nome. Il trentino di Rovereto approda nel mondo dei professionisti all’età di 25 anni. Tardi se si considera la media di queste ultime stagioni, ma i sogni ed il destino non stanno a guardare i giorni o i mesi, loro passano, anche quando meno te lo aspetti.
Il 19 agosto arriva la notizia dai canali social della Bardiani: Lucca farà parte del team per le prossime due stagioniIl 19 agosto arriva la notizia dai canali social della Bardiani: Lucca farà parte del team per le prossime due stagioni
L’inverno tanto atteso
Questo inverno, che ancora tale non si può definire viste le temperature anomale, è quello della certezza per Lucca. Ce l’ha fatta, ma da qui si riparte, guai pensare di essere arrivati.
«Dopo le corse – ci dice da casa sua – mi sono fermato per un bel periodo. Basta, avevo bisogno di fermarmi. Non sono andato in vacanza, non ne ho avuto modo. Ho cercato per un po’ qualcuno con cui andare via, poi ho deciso di godermi la tranquillità di casa. Stavamo ristrutturando e sono rimasto qui a lavorare, abbiamo demolito qualche muretto (dice ridendo, ndr). Ho iniziato in questi giorni a fare qualcosa: un po’ di corsa, qualche camminata in montagna, ma nulla di che. Il primo ritiro con la squadra sarà a metà dicembre».
La Bardiani ha già fatto un mini ritiro a fine ottobre, per conoscersi e fare gruppoLa Bardiani ha già fatto un mini ritiro a fine ottobre, per conoscersi e fare gruppo
Un’estate “leggera”
Il 19 agosto, sui social della squadra di Reverberi, è arrivata la notizia della firma di Lucca. Una gran bella notizia, per tanti motivi: il primo sicuramente personale per il corridore. Il secondo, è per tutti gli altri elite, mai smettere di crederci.
«A fine giugno ho avuto i primi contatti con la Bardiani – racconta Lucca – e avevo in programma un test con Pino Toni, poi slittato a causa del Covid. Avere un contratto per il 2023 mi ha fatto vivere gli ultimi mesi qui alla Work Service in maniera consapevole. L’obiettivo delle mie ultime stagioni era stato finalmente raggiunto, questo mi permetteva di andare alle corse libero di testa. Questa “spensieratezza” mi ha permesso di vincere ancora in stagione.
«Quando mi sono trovato il contratto firmato davanti ho fatto un bel respiro (dice ridendo, il buon umore non glielo toglie nessuno ora, ndr). Me lo sono proprio sudato, mi sono passate per la mente tante immagini. Quello che ho fatto prima non si cancella, anzi, mi deve aiutare a ricordare da dove sono partito».
Pochi giorni dopo l’annuncio della firma con la Bardiani la vittoria sullo Zoncolan al Giro del Friuli (foto Bolgan)Pochi giorni dopo l’annuncio della firma con la Bardiani la vittoria sullo Zoncolan (foto Bolgan)
Il professionismo
Lucca ci ha corso con i professionisti, la sua non sarà un’esperienza “da zero”. Anzi, la sua vittoria più bella è arrivata proprio tra i grandi, all’Adriatica Ionica Race, nella soleggiata Sirolo.
«Sicuramente il livello si alzerà ulteriormente rispetto alle gare fatte fino ad ora, quando una professional corre tra i grandi alza le aspettative. Arrivo ad un’età più matura, questo non so se può essere un vantaggio o meno, dipende da tante cose. A 25 anni ho una maggiore consapevolezza delle mie qualità e delle mie caratteristiche, mi sento più sicuro e formato. Affronterò corse più lunghe, con chilometraggi che non ho mai fatto nemmeno in allenamento e gare a tappe più impegnative. I margini di crescita non mancheranno».
Lucca e il ds Contessa sono legati da una promessa fatta nel 2019 e finalmente realizzata: il passaggio di Riccardo tra i pro’Lucca e il ds Contessa si sono fatti una promessa nel 2019: il passaggio tra i pro’. Matenuta!
La rivincita di Contessa
«Riccardo potrebbe essere un buonissimo gregario per una WorldTour, speriamo che almeno possa provarci in una professional». Queste le parole di Contessa, diesse della Work Service, dopo la vittoria di Lucca all’AIR.
«Lui per me è contentissimo – racconta Riccardo – e io lo sono per lui. Questa è stata la nostra rivincita, Contessa in me ci ha sempre creduto. Avevamo già lavorato insieme quando ero al quarto anno, nel 2019. Mi aveva promesso che avremmo lavorato insieme per farmi passare e se non ci fossimo riusciti sarebbe stata una doppia sconfitta: per me e anche per lui.Ci siamo riusciti alla fine, anche se a distanza di qualche anno. La cosa bella è che quando sono tornato alla Work Service, non sapevo che ci sarebbe stato anche lui, forse il destino ci ha fatto riunire per mantenere quella promessa fatta qualche anno fa».
Bardiani e Gaerne consolidano la loro. collaborazione con un altro anno fianco a fianco. Per questa stagione le scarpe scelte sono le G.STL, una combinazione di prestazioni e comfort
Quella appena terminata può essere archiviata come la stagione dei record. Si è assistito, ancora una volta, a prestazioni incredibili. Prestazioni che la maggior parte di noi tende a “fotografare” nel momento in cui Jonas Vingegaard stacca Tadej Pogacar sul Col du Granon al Tour de France. Ma anche nelle volate dei due atleti alla Planche des Belles Filles o a Peyragudes (nella foto di apertura). “Chissà quanti watt finivano su quelle pedivelle?”, ci si chiede…
Eppure quella del Granon non è stata la miglior prestazione dell’anno. Lo scettro spetta, o forse sarebbe meglio dire spetterebbe, ancora a Pogacar. Noi abbiamo preso in considerazione gli sforzi dai 20′ in su. Tadej ha sviluppato 6,5 watt/kilo sul Carpegna, durante la Tirreno-Adriatico.
Altre super prestazioni sono sempre firmate da Pogacar e Vingegaard i quali proprio alla Planche des Belles Filles hanno fatto un qualcosa come 6,6 watt/kilo, però quella scalata era più breve e soprattutto c’era stato molto gioco di squadra prima del chilometro finale. Al terzo posto ecco Remco Evenepoel che sulla Fancuya, alla Vuelta, avrebbe espresso 6,4 watt/chilo. E per di più per oltre 25’.
Pogacar sul Carpegna. Con un paio di gradi sopra lo zero e un abbigliamento più pesante questa prestazione assume ancora più valorePogacar sul Carpegna. Con un paio di gradi sopra lo zero e un abbigliamento più pesante questa prestazione assume ancora più valore
Il parere di Toni
Noi ci siamo divertiti a spulciare sul web, nelle varie piattaforme dedicate, questi numeri. Ma presto ci siamo accorti che c’erano delle discrepanze. I valori erano un po’ ballerini a seconda di chi e come erano riportati. Come da nostra abitudine ci siamo rivolti ad un esperto. E chi meglio del preparatore Pino Toni? E infatti il coach toscano ci ha un po’ messo sul chi va là.
«I numeri – spiega Toni – sono numeri in quanto precisi. E’ difficile stabilire realmente i valori espressi di quelle prestazioni. E per quei dati non basta solo il peso del corridore. Ci sono in ballo molti altri fattori, come la scorrevolezza, la lavorazione dei cuscinetti per quella corsa, la pressione delle gomme, se aveva o no la borraccia, se e quanto quell’atleta è stato a ruota…
«E’ importante valutare il peso nel suo totale, cioè anche quello della bici e degli altri materiali, perché nel ciclismo di oggi uno scarto di 0,2-0,3 punti fa la differenza tra una prestazione alta e una stratosferica».
«Chiaramente un Vingegaard che nel finale del Granon fa 6,1 watt/chilo è un campione. E lo è perché ha fatto quella prestazione al termine di una lunga tappa di montagna.
«Poi ormai è un dato di fatto che si va più forte. Gli juniores viaggiano sul filo dei 6 watt/chilo. Ci sono ragazzi che pesano 69 chili e sviluppano 460-470 watt».
La prestazione di uno, i valori di squadra. Specialmente su certe salite, il lavoro si squadra incide moltissimo sul computo dei datiLa prestazione di uno, i valori di squadra. Specialmente su certe salite, il lavoro si squadra incide moltissimo sul computo dei dati
Più sorprese che watt
Il dato preciso di certe prestazioni è solo nei computerini degli atleti e nei calcoli dei loro coach che li seguono e sanno come erano “settati” quel giorno in quel momento. Per questo Toni preferisce parlare di prestazioni super in quanto “sorprese”.
«Piuttosto – riprende Toni – io sono stato colpito da tre prestazioni, tre personaggi. E sono Girmay, Vingegaard appunto, e Ganna.
«Vingegaard è andato forte. Ha staccato un buon Pogacar. Ma quel che mi ha colpito più di tutto non è stata la sua singola prestazione, ma la sua costanza. Non mi aspettavo la sua continuità a quel livello. Anche il suo compagno Kuss va forte, per dire, ma Vingegaard è andato forte per tutto il Tour. Per questo lo metto sul podio.
«Quelli che avete snocciolato sono numeri importanti, ma la valutazione deve essere fatta in un’altra maniera. E ritorno al discorso del peso complessivo (bici + atleta, ndr), della scorrevolezza…».
«Vero, a conti fatti quell’atleta è salito a 6,5 watt/chilo. Ma quello è un valore di squadra, specie al Tour dove le salite sono più pedalabili, si fanno a 25 all’ora, e quasi sempre con passo regolare imposto appunto dai team. E quindi analizziamolo quel dato.
«Magari nei primi 5 chilometri era stato in quarta ruota e aveva risparmiato 30 watt. Nei successivi 5 chilometri era stato in terza ruota e aveva risparmiato altri 20 watt… almeno. Poi ancora era stato in seconda posizione e ha continuato a mettere altri 20 watt nel taschino. Fin quando negli ultimi 3-4 chilometri è rimasto da solo ed effettivamente è andato a 6,5 watt chilo. Il totale della scalata risulta 6,5 watt/chilo, ma per 10-11 chilometri ha espresso valori più bassi».
In un’ora Ganna ha coperto di 56,792 km. Prestazione folle!A Jesi Girmay batte Van der Poel dopo una tappa impegnativa e uno sprint di oltre 250 metriIn un’ora Ganna ha coperto di 56,792 km. Prestazione folle!A Jesi Girmay batte Van der Poel dopo una tappa impegnativa e uno sprint di oltre 250 metri
Girmay e Ganna
Ci sono poi Girmay e Ganna. Le altre due “sorprese” che Pino Toni mette sul podio. Prestazioni che non si distinguono per i watt espressi (o almeno non solo per quelli), ma nel complesso della performance, della crescita complessiva, dello spessore psicofisico dell’impresa.
«Girmay – dice Toni – è cresciuto molto. Mi ha colpito. Ha vinto la Gand battendo fior di campioni e soprattutto ha vinto la tappa al Giro davanti al miglior Mathieu Van der Poel della stagione. Non sono numeri banali in ogni senso».
«Ganna invece va magnificato. Va elogiato per la forza espressa durante Record dell’Ora, una determinazione pazzesca nonostante per lui non fosse un anno super. Io non so chi e quando potrà avvicinare quel tempo. Serviranno una grande convinzione e uno staff super. Ganna aveva quanto di meglio a disposizione tra Ineos-Grenadiers e nazionale italiana. Il top del mondo».
Toni spiega come con tutta quella cura, non solo della preparazione del corridore, ma anche dei materiali il fisico può rendere meglio. Non che il “motore del corridore” aumenti, ma riesce a sviluppare al meglio i propri valori e a farlo per un tempo maggiore.
«Se tu hai 450 watt nelle gambe non ne sviluppi di più, però ne arrivano di più alla ruota: ed è quello che conta».