I record d’inverno, secondo Pino Toni

05.01.2025
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Ha fatto un certo scalpore il record su Strava realizzato il 20 dicembre da Pogacar sulla salita spagnola del Coll de Rates, un’ascesa molto famosa tra i professionisti che da quelle parti si allenano durante l’inverno. Si tratta di 6.400 metri al 5,5% di pendenza media che il campione del mondo ha percorso il 12’21’’, all’impressionante media di 31,2 km/h. 

Ci siamo chiesti se e che valore abbiano simili prestazioni in questo periodo dell’anno, e per rispondere abbiamo raggiunto al telefono Pino Toni, storico preparatore di campioni come Contador, Roche e Rogers.

Pino Toni, qui con lo slovacco Martin Svrcek, è un grande studioso delle prestazioni
Pino Toni, qui con lo slovacco Martin Svrcek, è un grande studioso delle prestazioni
Pino, che ne pensi di questo KOM d’inverno? Per la tua esperienza significa qualcosa in termini di condizione per la prossima stagione?

Sicuramente vuol dire che sta bene, cosa già importante. E che ha voglia di far fatica, che non è per niente appagato. Perché secondo me la mancanza di fame può essere l’unica cosa che può limitarlo. Anche perché è bello vincere 5-6 Tour di fila, ma alla fine conta più vincere le corse che non si sono ancora vinte. Trovare sempre stimoli nuovi è fondamentale, quindi credo andrà forte anche quest’anno.

Quindi brutte notizie per i suoi avversari…

L’unico suo limite è trovare l’inghippo in qualche corsa, più a livello tattico che fisico. Per esempio dicono tutti che la Sanremo sia la corsa più difficile per lui, ma io non credo. Se uno ha le gambe che ha dimostrato di avere lui ce la può fare. Alla fine si tratta di fare le ultime due salite (Cipressa e Poggio, ndr) più forte di tutti gli altri, è semplice. Certo, a lui può mancare qualcosa, ma anche agli altri.

Covi lavora per Pogacar alla Milano-Sanremo. Nel 2025 il campione del mondo riuscirà a vincere la Classicissima?
Covi lavora per Pogacar alla Milano-Sanremo. Nel 2025 il campione del mondo riuscirà a vincere la Classicissima?
Finora però alla Sanremo l’hanno sempre battuto.

Sì, perché altri erano in super condizione e molto motivati, e in più si preparano specificamente per la prima parte della stagione, lui invece va forte fino ad ottobre. Non dico che sia facile per lui vincerla, perché i concorrenti sono molti e perché poi basta un dettaglio che gira storto, come una cambiata sbagliata. Però lui su Cipressa e Poggio può fare un ritmo che pochi possono tenere, ed evidentemente è un gran vantaggio. Ripeto, la Sanremo la vince chi in quei venti minuti cruciali ha la migliore condizione.

Ti vengono in mente altri exploit invernali di corridori che poi hanno fatto una grande stagione?

Direi di no, perché fino a qualche anno fa i capitani partivano piano. Una volta alla Tirreno andavano a far la gamba, per esser pronti per la Sanremo e poi la Liegi. Ora questo mondo non esiste più, tutti vanno forte fin dall’inizio. Per dire, d’inverno alcuni gregari andavano più forte dei leader, perché si impegnavano un po’ di più, mentre alcuni capitani mollavano del tutto o quasi. Ma appunto ora è tutto diverso.

I prodotti alimentari per la stagione vengono provati nei ritiri invernali. Qui Almeida in quello di Benidorm
I prodotti alimentari per la stagione vengono provati nei ritiri invernali. Qui Almeida in quello di Benidorm
Ci dici qualcosa di più su com’è cambiata la preparazione durante l’inverno?

Anche solo fino a 7-8 anni a dicembre non si faceva nemmeno un lavoro di intensità. I corridori facevano quasi solo distanza al medio. Ti dico che 20 anni fa partivano per le corse a tappe senza aver messo nelle gambe neanche 10 minuti di soglia, solo endurance. Perché se non eri economico non arrivavi in fondo alle corse.

Cosa intendi con “economico”?

Non sprecare energie, cioè glicogeno, carburante, per il semplice motivo che ai miei tempi ne potevi mettere dentro meno di ora, che assumono anche 130, 140 grammi di carboidrati all’ora. L’integrazione ha subito una rivoluzione e il ciclismo è cambiato per quello, mica per altro. Personaggi che una volta non sarebbero arrivati in fondo alle corse perché consumavano troppo ora invece possono farlo.

Pogacar in maglia iridata con la nuova Colnago. Sembra già pronto per un’altra stagione ad altissimi livelli (foto Fizza/UAE Emirates)
Pogacar in maglia iridata con la nuova Colnago. Sembra già pronto per un’altra stagione ad altissimi livelli (foto Fizza/UAE Emirates)
Quindi tecnicamente come lo consideri questo KOM?

Un’ottima prestazione, ma, ripeto, più dal punto di vista psicologico che tecnico. Chiaramente è un grande tempo, su questo non ci piove. Su quella salita ho dei tempi presi durante alcuni test, in cui per fare 13’10’’ bisogna sprigionare 6,2 watt al chilo. Considerando che lui ci ha impiegato quasi 50’’ in meno, vuol dire un gran wattaggio.

Attorno ai 7 al chilo?

Questo non lo possiamo sapere, comunque più di 6 e mezzo.  Ripeto, ha fatto un bel valore a livello fisico, ma che sia un fenomeno lo sapevamo già. Ma secondo me, il segnale più chiaro – in positivo per lui e in negativo per i suoi avversari – è quello a livello mentale. Anche se è pieno inverno ha già voglia di lavorare, di restare concentrato sui prossimi obiettivi, di migliorare ancora.

Tiberi, Piganzoli, Pellizzari: motori (e testa) a confronto

22.12.2024
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Pino Toni non è un nome qualunque nel ciclismo: è uno dei preparatori più quotati e rispettati, con anni di esperienza e una capacità unica di leggere i corridori, i loro numeri e le loro prospettive. Abbiamo parlato con lui di tre dei giovani più promettenti del panorama italiano: Antonio Tiberi, classe 2001, Davide Piganzoli, classe 2002, e Giulio Pellizzari, classe 2003. Tre atleti con storie e caratteristiche diverse, ma uniti da un comune denominatore: il talento.

Toni ci ha offerto un confronto tecnico e umano sui loro “motori”, l’evoluzione anno per anno e le prospettive future. Ne è emersa una lettura interessante non solo del loro potenziale fisico, ma anche di quello mentale. «Anche se – ci tiene subito a chiarire Toni – Piganzoli è quello che conosco meno. Posso giudicare per quel che ho visto. Non posso basarmi sui dati di Strava, per un confronto vero servono i numeri reali».

Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con diversi team
Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con diversi team
Pino, partiamo da Tiberi: il tuo giudizio su di lui?

Antonio l’ho seguito quando era al Team Ballerini, lui è uno di quei corridori completi che eccellono sia in salita sia a cronometro. Ricordiamo che è stato campione del mondo tra gli juniores, un risultato che non arriva per caso. Il suo motore è davvero impressionante, ma ciò che colpisce di più è la sua completezza. Va forte su tutti i terreni, anche se non l’ho ancora visto nei contesti più estremi. Rimane comunque un ragazzo dotato, con ampi margini di miglioramento.

Chi ha il motore più grande tra i tre?

Tiberi ha il motore più grande. Quando era under 23 nell’allora ColpacK-Ballan, già emergeva come un leader, capace di gestire corse a tappe di livello. Già questo lo differenzia dagli altri due: Antonio è già molto più strutturato come corridore e come obiettivi. Ha un approccio più maturo, una personalità già formata, mentre gli altri sono ancora in fase di costruzione.

Gli altri due sono più piccoli: due anni a questa età si vedono?

Sì e no. Tiberi era più maturo anche quando era più giovane. Pellizzari, ad esempio, ha due anni in meno e si vede: deve ancora crescere sotto diversi aspetti. Fa sorridere quando Giulio chiede l’autografo a Pogacar (il riferimento è agli occhiali dopo la tappa del Monte Pana, al Giro d’Italia, ndr): non credo che Tiberi lo avrebbe fatto. Questo non significa che sia meno promettente, anzi. Tuttavia, è evidente che il suo processo di maturazione richiederà più tempo. Piganzoli mi sembra invece un po’ più impostato.

Pellizzari è il più giovane dei tre. E’ quello che forse ha più margini… specie a crono
Pellizzari è il più giovane dei tre. E’ quello che forse ha più margini… specie a crono
I tre sono paragonabili? Ci sono somiglianze?

No, non hanno grandi somiglianze. Tiberi è un leader nato, lo si vede anche dalle scelte di carriera: è passato direttamente con una squadra WorldTour come Trek-Segafredo, una scelta che riflette la sua ambizione e il suo talento. Pellizzari, invece, è ancora nella fase in cui deve dimostrare il suo valore. Piganzoli invece lo posizionerei a metà strada: ha una squadra che crede molto in lui e lo fa sentire importante. Questo potrebbe aiutarlo a fare il salto di qualità, ma il tempo ci dirà se saprà imporsi.

Diesel o benzina: che tipo di atleti sono?

La favola del diesel ormai non regge più. Nel ciclismo moderno, devi andare a “benzina a cento ottani”, cioè saper spingere al massimo sin da subito e mantenere un livello elevato ed essere capace di mangiare tanti carboidrati. Tiberi è senza dubbio più potente e performante. Pellizzari, invece, ha ancora bisogno di consolidare il suo motore, mentre Piganzoli ha già dimostrato di poter competere ad alti livelli, pur essendo ancora da definire completamente.

Tiberi, Piganzoli e Pellizzari sono i nostri uomini da corse a tappe, ma chi vedi più scattista tra i tre?

Piganzoli senza dubbio. In una corsa come la Liegi o la Clasica di San Sebastian, potrebbe fare bene grazie alla sua esplosività. Anche se poi vista la durezza di una Liegi un Tiberi può emergere lo stesso. Antonio, invece, è più adatto a percorsi duri e prolungati, dove la resistenza è fondamentale. Pellizzari si posiziona nel mezzo: ha spunti interessanti, ma deve ancora costruire un’identità precisa.

Piganzoli? Per Toni il corridore della Polti-Kometa è quello che ha il cambio di ritmo migliore
Piganzoli? Per Toni il corridore della Polti-Kometa è quello che ha il cambio di ritmo migliore
Chi è il più scalatore?

Come scalatori puri, Tiberi e Pellizzari si equivalgono. Entrambi hanno numeri notevoli, ma Tiberi ha già dimostrato di poter reggere il ritmo dei migliori. Pellizzari, al momento, rimane più indietro, anche se lui ha davvero ampi margini di crescita. Ancora non si è ritrovato nel vero testa a testa con i big. Piganzoli, invece, ha caratteristiche diverse: in salita tiene bene, ma è meno incisivo rispetto agli altri due secondo me.

Quali margini di miglioramento hanno?

Tutti e tre hanno margini importanti, ma è anche vero che il livello internazionale è altissimo. Pensiamo a corridori giovani come Ayuso, Del Toro, Torres, i due giovani belgi (il riferimento è a Van Eetvelt e Uijtdebroeks, ndr)… gente che già domina o comunque va fortissimo. Questo non significa che i nostri ragazzi siano meno promettenti, ma devono lavorare molto per competere con i migliori.

In conclusione, il tuo giudizio complessivo su questi ragazzi?

Tiberi è già un leader, con un motore superiore e una maturità che lo pone un gradino sopra gli altri due. Pellizzari ha ancora bisogno di tempo per crescere, ma il potenziale c’è. Piganzoli è un corridore completo, con caratteristiche leggermente più da scattista. Ripeto i motori di Tiberi e Pellizzari li conosco: il primo lo avevo alla Ballerini, come detto, e l’altro quando passò in Bardiani: so che possono fare bene.

Di Fresco, un viaggio miracoloso tra la vita e la morte

20.12.2024
6 min
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Giuseppe Di Fresco era a casa, seduto sul divano dopo aver fatto il suo giro in bici al mattino. Un po’ per passione e un po’ come riabilitazione dopo l’intervento al tendine rotuleo. Era l’11 novembre. E’ stato nel momento in cui s’è alzato dal divano per andare al bagno, che l’ha raggiunto la prima fitta alla schiena. Poi il dolore è sceso fino ai reni e da lì è passato davanti, nello stomaco. Un dolore molto intenso. A quel punto il siciliano, che da anni vive a Massa, ha chiamato sua moglie Sara, dicendole di sentirsi male.

Questa è la storia di un salvataggio miracoloso e di come la prevenzione davvero ti salvi la vita. La racconta Di Fresco in persona, che nel frattempo è tornato a casa e ha la voce che ancora gli trema. C’è mancato davvero poco.

«Appena mi ha sentito – ricorda il direttore sportivo del Team CasanoSara si è offerta di portarmi all’ospedale, ma le ho detto che non ci sarei arrivato, meglio chiamare l’ambulanza. Perciò siamo partiti verso l’ospedale con un codice arancione, ma di colpo il dolore si è spostato verso il petto e allora il codice è diventato rosso. E a questo punto devo dire grazie a mia moglie, che ha fatto un miracolo».

Di Fresco aveva appena superato un intervento al tendine rotuleo
Di Fresco aveva appena superato un intervento al tendine rotuleo

Guardate il cuore

Di Fresco racconta. All’ospedale si pensa a un calcolo renale, ce ne sono tutti i sintomi. Eppure qualcosa non torna. Tutti gli anni da quando nel 2001 ha smesso di correre, Giuseppe ha continuato a fare l’idoneità sportiva, controllando soprattutto il cuore. Poi periodicamente ha fatto le TAC total body e di recente anche l’angioTAC con mezzo di contrasto.

«E proprio in quest’ultima – prosegue – avevano riscontrato uno spanciamento dell’arteria. Una cosa leggera, da non preoccuparsi, ma da sapere. Avevo un valore di 4,2-4,3 e l’intervento è previsto a partire da 5,5. Qual è stata la bravura di mia moglie? Appena entrata in pronto soccorso, la prima cosa che ha fatto è stata fare presente questa anomalia e così loro, anziché indagare sul calcolo renale, sono andati dritti sul cuore e hanno diagnosticato la dissecazione dell’aorta. In pratica le pareti dell’arteria si erano sfilacciate e pare sia una cosa che non si può prevenire. La fortuna nostra qui a Massa è che abbiamo l’Ospedale del Cuore, che è conosciuto in tutto il mondo. E loro cosa hanno fatto? Mi hanno portato subito là, dove ho trovato il dottor Rizza, un professore calabrese molto conosciuto, che si è reso disponibile per l’intervento di inserimento di una protesi».

L’intervento al cuore di Di Fresco si è svolto all’Ospedale del Cuore di Massa
L’intervento al cuore di Di Fresco si è svolto all’Ospedale del Cuore di Massa

Questione di minuti

Di Fresco racconta, c’è davvero mancato poco. E’ tutta una serie di coincidenze fortunate che gli permette di uscirne illeso. Come ad esempio il fatto che la protesi che gli hanno inserito nel petto era appena arrivata dalla Cina, ma non per lui. Tasselli che si compongono e gli fanno pensare che davvero non fosse ancora giunto il suo momento.

«Sono stato fortunato – riflette Di Fresco – a trovare persone veramente competenti che mi hanno salvato la vita. In primis devo ringraziare mia moglie che ha avuto sangue freddo nel dare indicazioni precise. Gli ha fatto guadagnare tempo e probabilmente mi ha salvato la vita. Uscito dall’ospedale, dopo due giorni sono andato a parlare con il dottor Rizza. E lui mi ha detto: “Vuoi sapere la verità di quello che è successo?”. Quando gli ho detto di sì, mi ha raccontato tutto. Ha fatto un disegno su un foglio e mi ha spiegato che era tutta una questione di tempo. Sarebbe bastato qualche minuto in più e avrei rischiato di morire, ma anche di avere lesioni permanenti ad alcuni organi. Ho subito anche un’ischemia acuta, quindi per un breve periodo agli organi è arrivato poco sangue. Io non ricordo niente. Solo quando sono entrato per il mal di pancia, quando hanno cominciato a sedarmi e poi ricordo il risveglio dopo due giorni».

Il chirurgo, Antonio Rizza, dell’Ospedale del Cuore di Massa
Il chirurgo, Antonio Rizza, dell’Ospedale del Cuore di Massa

Il popolo del ciclismo

Al suo fianco c’era Marco Mariotti, un primario anestesista che lo ha assistito per tutto il tempo. E’ lui a risvegliarlo dall’anestesia. Giuseppe lo guarda chiedendogli cosa sia successo e capisce la gravità, quando vede sua madre accanto al letto.

«Se era arrivata lei da Palermo – ora Di Fresco sorride – allora doveva essere stato davvero qualcosa di molto grave. Ho fatto soffrire parecchia gente. Hanno iniziato a operarmi verso l’una di notte, hanno finito alle sei del mattino. Tutta la notte. E tutta la notte nel piazzale dell’ospedale mi hanno detto che c’erano centinaia di persone, tra i miei amici amatori, corridori, amici, gente del ciclismo. Mia figlia Anna a 13 anni si è fatta fare un lettino improvvisato su una barella ed è voluta stare accanto a me. Si è impaurita, ma è stata forte come la sua mamma. Una cosa incredibile. Il mondo del ciclismo è stato veramente una famiglia enorme, non immaginavo tanto sostegno. Mi hanno chiamato da tutte le parti, anche dal Portogallo, dalla Spagna, dal Venezuela. Il presidente Dagnoni e Martinello. Anche ex compagni di squadra, Davide Formolo e Cassani. Damiano Caruso e Pino Toni…».

Di Fresco intanto ha già rimesso la testa sulla squadra juniores di cui è diesse
Di Fresco intanto ha già rimesso la testa sulla squadra juniores di cui è diesse

Colpa dello stress

Con il dolore che va scomparendo e la paura che impiegherà forse del tempo in più, ora Di Fresco deve fare dei controlli, che col tempo saranno meno frequenti. La vita è ripresa normale, con l’invito a ridurre lo stress.

«Il cardiologo ha detto – spiega – che purtroppo lo stress è il peggior nemico del nostro fisico. In più aver fatto ciclismo non aiuta, perché il cuore è stato sottoposto a dei sovraccarichi importanti. Per cui ridurrò un po’ gli impegni, ma ho già ripreso a seguire la squadra. Sento i ragazzi tutti i giorni, stiamo andando avanti col programma. Dal 2 al 6 gennaio faremo un ritiro collegiale vicino casa mia, in modo che possa andare a trovarli. Voglio seguire ancora la squadra, io senza ciclismo che cosa faccio? Muoio di nuovo. Un jolly me lo sono giocato, speriamo di averne altri. I miei collaboratori si sono dimostrati eccezionali, da Mansueto a Pino Toni, passando per Daniele Della Tommasina».

Ritratto di famiglia: con Giuseppe la moglie Sara e la figlia Anna
Ritratto di famiglia: con Giuseppe la moglie Sara e la figlia Anna

Tra la vita e la morte

Il resoconto del suo viaggio fra la vita e la morte parla di 13 giorni in terapia intensiva, un reparto che non si augura a nessuno, ma che gli ha salvato la vita grazie alle persone eccezionali che lo hanno curato.

«Ragazzi giovani – ammette – il più vecchio avrà avuto 40 anni e mi hanno dato un’assistenza incredibile. Ero cosciente e mi rendevo conto di quel che accadeva. Ho avuto due o tre giorni di crisi di panico. La mattina mi svegliavo, anche se non ho mai dormito davvero, e mi ritrovavo sempre con tutti i cateteri e i tubicini attaccati al collo, alle braccia, alla bocca, al naso. E poi arrivavano loro che sono degli angeli e magari mi davano supporto morale. Poi mi hanno portato in un reparto normale per sei giorni e a quel punto hanno iniziato a levarmi i vari tubi e mi hanno avviato alla nutrizione normale. Se sono ancora qui, lo devo ai controlli che ho fatto, che dopo i 50 anni dovrebbero essere un obbligo per tutti. Fateli, ragazzi, non pensate che queste cose accadano soltanto agli altri».

Remco, Tadej, gli stessi watt: facciamo un po’ di chiarezza

20.11.2024
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Quella di Evenepoel appare un po’ come una provocazione. L’olimpionico, sulle pagine di Het Nieuwsblad, ha raccontato di aver visto sul portale social Velon un post dov’era indicata la potenza media di Pogacar all’ultimo Lombardia: «Sono rimasto di stucco, aveva un valore di 340 watt che era esattamente il mio. Ma allora dove sono saltati fuori i tre minuti di differenza all’arrivo? Ho provato anche a scrivergli, ma non me l’ha detto…».

Tra i due è un po’ un gioco delle parti, ma la domanda resta e dà spunto per alcune interessanti considerazioni insieme a un preparatore di lungo corso come Pino Toni, che per prima cosa mette subito in chiaro alcune premesse: «Quella di Remco è una provocazione perché è estremamente difficile mettere a confronto differenti power meter. I dati prodotti da questi dispositivi non sono esattissimi, basti pensare che su 7 modelli Shimano solamente 3 hanno un limite di tolleranza inferiore al 5 per cento».

Pino Toni, qui con Svrcek, è dalla fine del secolo scorso impegnato nello studio scientifico delle prestazioni
Pino Toni è dalla fine del secolo scorso impegnato nello studio scientifico delle prestazioni
Quanto influisce questa differenza?

Tantissimo, significa che potremmo avere dati reali sono avendo l’assoluta certezza che due corridori utilizzano lo stesso modello e sul mercato ora ce ne sono ben 36, è una vera giungla. Io mi occupo di misurazione di potenza dal 1992 e per il mio lavoro devo avere la certezza del valore scientifico di quello strumento. Va tarato, dà valori specifici per la persona che lo ha utilizzato, ma fare paragoni diventa molto aleatorio.

La domanda di Remco però non è peregrina. Ammesso e non concesso che i due abbiamo avuto davvero la stessa potenza media, allora tutto quel divario da che cosa nasce?

Ci sono molte componenti che influiscono sulla prestazione di un corridore e che cambiano a seconda se questo stia esprimendosi in una gara su strada o a cronometro. Nel primo caso abbiamo tanti valori che non vengono considerati in quel semplice numero: attriti, cuscinetti della bici, aerodinamica, gomme… Per dare una risposta secca alla domanda di Remco: quel valore esprime la potenza del corridore, ma poi ci sono tanti altri valori dati dal mezzo.

La posizione di Remco a cronometro influisce sulla potenza espressa grazie alla grande aerodinamicità
La posizione di Remco a cronometro influisce sulla potenza espressa grazie alla grande aerodinamicità
Perché sottolineavi la differenza tra gara su strada e a cronometro?

Nella prestazione singola possiamo valutare l’erogazione di potenza in maniera più efficace e lì la componente umana ha un peso diverso. Perché Remco ha ad esempio un rendimento così alto? Un influsso importante ha la sua aerodinamicità, la sua capacità di assumere una posizione raccolta con le braccia che assumono una posizione che fende l’aria aiutando il corpo a penetrarla. Ma questo non aiuta nell’affrontare il vero problema posto dal belga. Nelle crono è tutto amplificato perché sei da solo. Nella gara su strada vedi due corridori, quello davanti esprime una potenza maggiore rispetto a quello dietro ma non lo stacca, perché? Perché i watt espressi dal corridore non sono tutto, c’è altro…

Cosa?

L’apporto dei materiali. Altrimenti non si capirebbe perché soprattutto tra una stagione e l’altra si fanno tanti test. Dal punto di vista dell’erogazione di potenza, anche la bici ha una grande importanza. Perché ad esempio si lavora tanto sui serraggi? Perché si fa in modo che abbiano meno attrito con l’aria, quindi serve che abbiano meno gioco. Oppure si lavora tantissimo sul movimento centrale, che abbia anche questo meno impatto con l’aria perché sono tutti watt persi. L’aerodinamica ha un peso specifico molto grande.

Pogacar ed Evenepoel, rivali per tutta la stagione. I watt però non rappresentano le loro differenze in toto
Pogacar ed Evenepoel, rivali per tutta la stagione. I watt però non rappresentano le loro differenze in toto
E’ quindi un discorso simile a quello di Formula 1 o GP motoristici…

Sicuramente, c’è differenza tra un modello e l’altro e il mezzo ha un peso molto alto nella prestazione dell’atleta. Per questo il paragone di Remco non regge, non ci si può basare sull’unico valore, non dice nulla a proposito della prestazione.

A questo punto emerge però un altro quesito, che è quello che da sempre ci si pone per le prove automobilistiche: quanto influisce l’uomo e quanto la macchina, in questo caso la bici?

E come si fa a quantificarlo? Di sicuro sono due valori ben distinti. Soprattutto nel ciclismo di oggi. Una cosa però possiamo affermarla: nella prestazione di un atleta conta tantissimo il team. In questo la similitudine con la Formula 1 c’è, attraverso il lavoro dei meccanici e infatti oggi quelli delle squadre WorldTour hanno stipendi altissimi. Il capo meccanico di un top rider ha uno stipendio annuo di almeno 100 mila euro. Ma lo stesso discorso potremmo farlo per il nutrizionista, il preparatore, insomma tutti coloro che gravitano in una squadra. Si vince e si perde davvero tutti insieme, il corridore è colui che finalizza il tanto lavoro che c’è alla base.

Contador nel 2012, a quel tempo era uno dei pochi ad avere una potenza media di 400 watt
Contador nel 2012, a quel tempo era uno dei pochi ad avere una potenza media di 400 watt
E’ un segno del progresso generale?

Certo e per farlo capire faccio un esempio: nel 2012 lavoravo alla Saxo e a quel tempo trovare un corridore che esprimeva 400 watt per 20 minuti ininterrotti era molto raro. Da noi ci riuscivano solamente Contador e Porte. Oggi un valore simile è considerato ordinaria amministrazione, quasi mediocre. E sono passati solo 12 anni…

I cinque minuti a 700 watt di Pogacar. Chi poteva stargli dietro?

02.10.2024
9 min
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E’ quasi una abitudine, come si fa tra amici, ritrovarsi all’indomani di una grande corsa a commentarla con Pino Toni. Accadde con la fantastica Roubaix di Van der Poel e più di recente con il Tour di Vingegaard e la suggestione della Vuelta per Pogacar. Questa volta, appena rientrati da Zurigo, il tema della chiacchierata con il preparatore toscano, che ha avuto fra i suoi atleti anche Alberto Contador, Peter Sagan e il cittì azzurro Bennati, è il mondiale dello sloveno. Quei 100 chilometri di fuga non sono stati per caso, questa almeno la nostra sensazione.

«Secondo me – dice sorridendo – non è andato a tutta per tutto il giorno. Però nel momento dello scatto, ha fatto quella menata con i suoi soliti 5 minuti a 700 watt che li ha smontati tutti. Bagioli si è fatto male da solo a stargli dietro. Avrebbe potuto anche riprendersi, buttarsi nel gruppo e tirare il fiato. Ma quella che fa male è proprio la mazzata morale. E’ come essere in un gran premio di MotoGP. Sul rettilineo arrivi in scia a uno che vuoi superare, lo affianchi e quello allunga di 150 metri. A quel punto cosa fai?».

Cinque minuti a 700 watt?

Esatto. Secondo me, in un test di valutazione, lui nelle gambe ha 5 minuti a quasi 700 watt. E penso anche che potrebbe avere benissimo i 10 watt per chilo. Quando scatta ha la capacità di fare 700 watt per 5 minuti. Magari saranno stati 600 alti, ma comunque verso i 700. Del resto, Quinn Simmons che era dietro è stato staccato quando aveva un wattaggio medio di 743 watt. Magari li ha appena visti o li ha tenuti per 2 minuti, però vedendo i dati, per me Pogacar ha queste capacità. E una volta riportate in corsa, sono devastanti, perché gli altri sono lontanissimi da certi valori.

Se così fosse, saremmo davvero di fronte a un fenomeno.

Qui c’è una questione anche di forza, non soltanto di capacità fisiologiche. Forza e capacità di esprimere forza sui pedali. Quindi coordinazione, le leve giuste, i muscoli giusti. Questo ragazzo sembra una macchina perfetta. Dieci anni fa si pensava che i 500 watt sui 5 minuti fossero un numero già fuori dal seminato, lui però ha cambiato tutto. Magari un altro sulla salita lunga riesce a far valere il suo minor peso, le sue leve diverse, magari il suo miglior VO2 max. Però le differenze tra lui e tutti gli altri sono queste. Secondo me, per quello che posso intuire dall’esterno, Pogacar è uno che in una valutazione dei migliori 5 minuti, quindi non con la stanchezza addosso ma con un buon riscaldamento, ha una capacità che è più vicina a 700 Watt su 5 minuti che ai 600. Per me lui è uno che va vicino ai 10 watt/kg.

I dati degli altri

A conferma dei dati ipotizzati da Pino Toni arrivano i dati pubblicati su social molto aggiornati (in questo caso Knowledge is Watt), ripresi evidentemente dai file Strava dei diretti interessati. Risulta che Simmons e Sivakov per stare dietro a Pogacar avrebbero dovuto sottomettersi a dispendi energetici piuttosto brutali.

Per rispondere ai primi 41 secondi dell’attacco di Pogacar, prima di essere staccato, l’americano ha espresso una potenza media di 743 watt con una punta di 985 watt. Subito dopo di lui, lo stesso destino è toccato ad Andrea Bagioli.

Invece Sivakov, che Pogacar ha agganciato nella fuga, sullo strappo di Zurichbergstrasse è stato per 1’54” alla media di 641 watt (9,3 per chilo). Mentre sulla successiva salita di Witikon il tempo è stato di 4’38” a 483 watt (7 per chilo).

I pochi dati usciti del campione del mondo riguardano la performance complessiva. Si parla della media di 42,410 in 6 ore 27’30” per un consumo di 5.439 calorie, con 92 pedalate al minuto.

Pogacar è arrivato al mondiale 68 giorni dopo il Tour, correndo nel mezzo le due gare canadesi (foto Slovenian Cycling Federation)
Pogacar è arrivato al mondiale 68 giorni dopo il Tour, correndo nel mezzo le due gare canadesi (foto Slovenian Cycling Federation)
Non è andato a tutta, quindi secondo te si è gestito?

Ma diamine, certo: non è mica un ragazzo incosciente! Diciamo che è un esperto di fughe, pensate agli 81 chilometri con cui da solo ha vinto la Strade Bianche. E considerate che se fai 81 da solo su quelle strade, col rischio di bucare e di cadere e senza l’ammiraglia dietro per chissà quanto tempo, farne 100 di fuga al mondiale ti fa meno paura. Hanno parlato di rischio di suicidio tattico, per me è stato più rischioso quello che ha fatto per vincere a Siena. Non lo so, questo è così.  Si diverte a fare certe cose, c’è poco da fare.

Stando da solo ha speso tanto più di quello che avrebbe speso con una condotta più accorta?

Molto di più, perché bene o male la sua media diventa molto più alta. Azzardo un numero, posso sbagliare chiaramente. Metti che uno va a 370 watt, quindi a 0,8 della sua performance, ha consumato comunque 200 grammi di carboidrati l’ora. A prescindere che avessero previsto un’azione come quella, lui una borraccia fatta bene ce l’ha sempre. Ci sta che abbiano anche delle cose un po’ diverse, nel senso che tramite la borraccia riescono a buttare dentro anche i 100 grammi, aggiungi un gel e sei già a 140 grammi. Quindi è un bel rifornirsi e secondo me gli sono serviti tutti. Alla fine, secondo me, era tanto stanco. Ha fatto un numero, dietro non sono mica arrivati riposati…

Un bel rifornirsi per sostenere un bel consumare, quindi?

Il problema dei consumi è che li calcoli prevalentemente sul lavoro delle gambe, perché quando fai test li fai da seduto. Invece nel caso della corsa c’è un consumo più generale, perché ci sono tante vibrazioni e quindi consumi di più. E’ anche un’altra andatura, come quando Van der Poel alla Roubaix fece da solo più di 47 di media. E comunque anche Pogacar alla fine ha chiuso oltre 42 all’ora, non poco…

Secondo Pino Toni, Pogacar ha controllato per tutta la durata della fuga. Solo nel primo attacco ha dato davvero tutto
Secondo Pino Toni, Pogacar ha controllato per tutta la durata della fuga. Solo nel primo attacco ha dato davvero tutto
A fine corsa ha detto che probabilmente era stata una mossa stupida, ma secondo te quando uno così parte, davvero non pensa di poter arrivare? Quanto rischio c’è a questi livelli?

Secondo me lui ha fatto un’accelerazione. E’ partito non con la convinzione di andar via solo, ma di ridurre il gruppetto a una quindicina di persone e che i migliori gli andassero dietro. Erano ancora in tanti e di squadre diverse. L’avevano già allungato, però non abbastanza. Invece si è ritrovato da solo e ha gestito anche questo, tenendosi vicino prima Tratnik e poi Sivakov. Questo l’ha anche aspettato dopo lo strappo duro, perché gli ha permesso di respirare. Magari gli ha dato solo due cambi, però lui intanto non era da solo.

E’ Pogacar. Ha già fatto 80 chilometri di fuga alla Strade Bianche. Ha vinto Liegi, Giro e Tour e quando attacca ai meno 100, Evenepoel e Van der Poel non lo seguono?

Secondo me hanno provato la carta del “si ammazza da sé: si ripiglia e lo troviamo stanco”. Però diciamo che un pochino di fatica ce l’avevano anche loro a quel punto della corsa, nel senso che erano ognuno nel suo. Avevano la loro tattica, avevano in mente sicuramente qualcosa di diverso e volevano aspettare un pochino più avanti a fare la vera selezione. Anche perché quando è andato via Pogacar, c’era ancora tanto tempo. Hanno pensato che lo avrebbero ripreso per strada e lui sarebbe stato stanco. Capite che qui cambia tutto?

Cosa cambia?

Uno di questi che è in giornata cambia quelle che sono sempre state le tattiche del ciclismo. Cosa gli dici nel bus? Quando parte Pogacar, gli vai dietro? Lunedì ho mandato un messaggio a Daniele (Bennati, ndr) per dirgli: “Ti ho visto un pochino rammaricato, ma stai nel tuo, hai questi corridori qui, non potevi fare una selezione diversa e portare qualcuno di diverso”. Di fatto ci siamo ritrovati nella stessa condizione della Spagna, che con Ayuso, Mas e Landa si dice abbia dei campioni. Idem la Danimarca e la Germania. Purtroppo contro questi c’è poco da fare. Quando Bettiol non è in forma o ti dice di no, tolto anche il Ganna della Roubaix o della Sanremo dello scorso anno, tanto altro non abbiamo.

Quello visto all’arrivo è stato un Pogacar molto più stanco che nelle precedenti occasioni
Quello visto all’arrivo è stato un Pogacar molto più stanco che nelle precedenti occasioni
Tornando a Pogacar, nell’ultimo giro gli erano arrivati a 35 secondi, lui in salita ha dato una sgasata e li ha rimessi a 45…

Secondo me aveva tanti controlli cronometrici lungo il percorso. Ho visto la foto della borraccia, ma quella la preparavano e la davano lì al rifornimento. Però secondo me aveva persone sul percorso che gli davano i distacchi. Che poi bastava averne 5 o sei.

Secondo te è più sbalorditiva questa fuga o quella di Van der Poel alla Roubaix?

Sono entrambe belle cose, che però vengono in due momenti diversi della stagione. Secondo me è molto più apprezzabile questa del mondiale, soprattutto fatta da uno che quest’anno aveva già vinto la Liegi, il Giro d’Italia e il Tour de France. Prima del mondiale aveva già 22 vittorie. Trovare la forza per fare una cosa del genere è notevole.

Invece si può pensare che Evenepoel sia arrivato stanco al mondiale, avendo fatto e vinto dopo il Tour anche le Olimpiadi?

Allora, ho fatto un’osservazione. In tutti gli sport individuali, quello cioè dove conta tanto anche la testa, chi ha fatto le Olimpiadi ne è uscito martoriato. Nel tennis, i due che hanno fatto la finale sono usciti al secondo turno del torneo successivo. Secondo me anche mentalmente sono usciti tutti cotti. E poi, guardando il calendario del ciclismo, l’Olimpiade è quell’appuntamento in più che ti frega. E’ qualcosa che alla fine non riesci a metabolizzare. Tutte le stagioni hanno lo stesso schema, l’aggiunta delle Olimpiadi li ha stroncati tutti. E Remco a Parigi voleva fare bene.

Pogacar ha concluso la corsa consumando 5.439 calorie, pedalando a una frequenza media di 92 rpm
Pogacar ha concluso la corsa consumando 5.439 calorie, pedalando a una frequenza media di 92 rpm
Meglio di così, due ori in due gare…

E’ chiaro che è andato con grandi motivazioni, ma uno che vince due medaglie d’oro va giù anche di testa e di tensione. Qui si ragiona su percentuali minime che fanno grandissime differenze. E dopo il Tour, Evenepoel le Olimpiadi le ha dovute preparare: non c’è arrivato in scioltezza. Pogacar invece si è fermato ed ha avuto due mesi per recuperare e lavorare. Quindi forse anche la scelta di non andare a Parigi, se aveva già in testa il mondiale, gli ha permesso di arrivarci molto più fresco. Fermo restando, come ho già detto, che lui quest’anno poteva fare veramente tutto.

Sogno tripletta: il fantaciclismo, Tadej e la scienza

30.07.2024
5 min
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Alla fine a tenere banco è sempre lui: Tadej Pogacar. Vince, rivince, stravince. Attacca, in qualche caso anche senza troppo senso, rinuncia ai Giochi Olimpici e con ogni probabilità anche alla Vuelta.

E da quest’ultimo appunto riprendiamo quel filo del “fantadiscorso” che iniziammo qualche tempo fa con Pino Toni. Appena archiviata la maglia rosa, facemmo delle supposizione tecniche con il preparatore toscano. E ora che anche la Grande Boucle è nel sacco quelle supposizioni assumono ancora più valore.

Tadej Pogacar ha vinto il Giro d’Italia e il Tour de France: unico a riuscirci dal 1998 (foto Fizza)
Tadej Pogacar ha vinto il Giro d’Italia e il Tour de France: unico a riuscirci dal 1998 (foto Fizza)

Vuelta sfida possibile

Premettiamo, e che sia ben chiaro, che non siamo qui a dire che Pogacar dovrebbe fare la Vuelta. E’ un discorso di nuovo quasi da fantaciclismo, che chiaramente si fonda su conoscenze approfondite e tecniche.

Lo sloveno potrebbe riuscirci? Secondo Toni sì. E avrebbe anche l’opportunità di non rinunciare o arrivare col fiato corto al mondiale, il grande obiettivo dichiarato dallo sloveno.

«Tadej – dice Toni – ce la potrebbe fare. Anche perché chi lo potrebbe davvero contrastare alla Vuelta? Sta vivendo un momento unico e potrebbe partire senza neanche troppo stress. Se dovesse far fatica potrebbe fermarsi dopo 10 giorni e tornarsene a casa. Avrebbe comunque svolto un buon lavoro e poi pensare al mondiale. O se invece andasse fino in fondo avrebbe comunque tre settimane dalla fine della corsa spagnola alla prova iridata. Ma certo per queste sfide servono stimoli, soprattutto stimoli esterni».

Un ambiente positivo e unito: la UAE Emirates sembra esserlo
Un ambiente positivo e unito: la UAE Emirates sembra esserlo

Ambiente stimolante

E con quegli stimoli esterni, Pino Toni apre un capitolo tanto vasto quanto interessante. Il coach toscano ha una lunga esperienza. Ne ha visti di campioni e di staff importanti e spiega come per gli obiettivi più grandi servano anche stimoli esterni. Gli stimoli di un ambiente positivo e propositivo.

Pensiamo a Filippo Ganna e al suo Record dell’Ora. Chiaro che alla base ci deve essere un campione, ma serve anche tutto un contorno. L’idea di poter abbattere quel record. Lo studio della bici, i test, la preparazione specifica e la programmazione all’interno del calendario stagionale, il body, la scelta della pista e della temperatura, l’alimentazione e addirittura, nel caso di Pippo, un compagno che faccia “da cavia”, perdonateci il termine un po’ forte, quale Dan Bigham che in qualche modo ha fatto le prove generali.

«Per certe sfide sportive servono grandi ambizioni. Ambizioni che l’atleta da solo non può avere – spiega Toni – gli serve intorno un team, uno staff, degli uomini che vadano oltre. Che cerchino di far diventare realtà un sogno, di rendere possibile l’impossibile. Riis per primo pensò alla tripletta con Contador e iniziò a costruirgli una squadra forte, fatta di campioni come gregari (e tra questi anche Majka che oggi guarda caso è compagno di Pogacar, ndr). E in UAE Emirates Pogacar ce l’ha uno staff così». 

La ricerca e lo sviluppo in tutti i settori sono importanti per i grandi successi, più che fondamentali per i sogni quasi impossibili
La ricerca e lo sviluppo in tutti i settori sono importanti per i grandi successi, più che fondamentali per i sogni quasi impossibili

Tra sogno e ricerca

Dell’importanza degli staff, Toni ci aveva detto qualche giorno fa quando si parlava di Vingegaard.

Ed avrebbe anche l’uomo per queste visioni, Matxin. E’ risaputo che molte tattiche nascano da lui. Del suo modo di correre sempre all’attacco. E dalla sua ambizione, benzina vitale nello sport agonistico.

Il toscano riprende: «Per una sfida così il meccanico anche dovrebbe cercare sempre qualcosa di più. Andare oltre il suo seminato. Provare, sperimentare. Idem il preparatore, il nutrizionista e il massaggiatore. Ognuno nel suo campo deve sperimentare, fare ricerca… ma questo si può fare se al vertice c’è questa volontà. E’ come la Formula 1. Ci deve essere sempre uno stimolo ulteriore al miglioramento. Un ambiente che sprona».

Matxin (al centro) potrebbe essere una figura chiave nel sogno tripletta
Matxin potrebbe essere una figura chiave nel sogno tripletta

Occasione ghiotta

Insomma l’atleta c’è, lo staff anche e persino Giro d’Italia e Tour de France sono nel sacco. «Semmai ci dovesse essere un’occasione – va avanti Toni – è questa. Piuttosto bisogna vedere gli equilibri interni. Bisogna vedere come la prenderebbero i compagni, e Ayuso in particolare, una sua eventuale partecipazione alla corsa spagnola».

Magari non a tutti farebbe piacere avere un corridore che si prende tutta la fetta della torta. Però è anche vero che sarebbero parte attiva di un qualcosa di storico. Tra l’altro sembra che lo stesso Pogacar abbia confidato questo suo dubbio a dei colleghi.

Pogacar e la squadra lo hanno detto e ridetto: niente Vuelta. E anche pochi giorni fa, in un’intervento in diretta su una pagina social, Andrea Agostini, della dirigenza UAE Emirates, lo ha ribadito. «Niente Vuelta. Sarebbe troppo faticoso e poi il rischio magari è quello di perdere Tadej per un anno. Lo vogliamo tutelare»: questi in sintesi i concetti di Agostini. Come dargli torto?

Anche perché noi facciamo un’analisi tecnico sportiva e forse anche da tifosi di ciclismo, che vorrebbero assistere a qualcosa di storico. Ma poi c’è anche il lato economico. Pogacar che per un anno non c’è o non rende come al solito che impatti potrebbe avere?

«Ci sta – ci aveva già detto Toni forte della sua esperienza – che Pogacar poi possa essere stanco e che possa avere meno stimoli nell’anno successivo. Ma a quel punto imposterei per lui un calendario tutto diverso. Un calendario senza grandi Giri, puntando forte sulle classiche, così che possa recuperare e al tempo stesso avere nuovi obiettivi».

Insomma, le basi per una tripletta ci sarebbero anche. Ma questo era fantaciclismo e la realtà è altra cosa.

Il Tour di Vingegaard: ragionando a mente fredda con Pino Toni

28.07.2024
6 min
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Cosa ci ha detto il secondo posto di Jonas Vingegaard al Tour de France? Ci sono diversi aspetti da valutare a mente fredda riguardo al danese. Come è variata la sua condizione nel corso delle tre settimane. Come ha reagito fisicamente e mentalmente. Cosa ci si può attendere da lui.

Sono aspetti tecnici che svisceriamo con il preparatore toscano Pino Toni, il quale su certi temi, forte della sua esperienza, ha vedute a 360°.

Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con atleti professionisti
Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con atleti professionisti
Pino, partiamo da un tuo giudizio generale sul Tour di Vingegaard.

Se è vero quello che ha detto il suo staff, e cioè che è andato più forte di quando ha vinto il Tour, e io ci credo perché altrimenti in quel team non lo avrebbero portato, direi che ha fatto una grande corsa. Jonas e la Visma-Lease a Bike hanno fatto un gran bel lavoro per rimetterlo in sesto, ma non è bastato. L’altro, Pogacar, nel frattempo è cresciuto tantissimo. I 6,7 watt/kg che ha espresso l’anno scorso sulle salite lunghe non bastavano più. Adesso servono i 7 watt/kg. Sono cambiati i parametri di riferimento. Almeno per vincere, perché comunque con 6,7 watt/chilo si è competitivi. Non dimentichiamo che Vingegaard ha messo dietro il miglior Evenepoel di sempre.

In tanti si aspettavano una crescita di Vingegaard nel corso delle tre settimane. Non è avvenuto, come mai?

Perché questo è il ciclismo attuale di altissimo livello. Anche se sei un Pogacar o un Vingegaard, se non arrivi al top non cresci come un tempo. Oggi non è più possibile. E poi questo aspetto secondo me va visto in modo un po’ diverso.

Cioè?

Secondo me in casa Visma non si aspettavano tanto che crescesse Vingegaard, quanto piuttosto che calasse Pogacar, che di fatto sarebbe stato alla sesta settimana di corsa tra Giro d’Italia e Tour. Che calasse di condizione. Perché poi c’è anche da fare un distinguo fra condizione e prestazione.

D’ora in poi non sarà facile per Jonas inseguire Tadej
D’ora in poi non sarà facile per Jonas inseguire Tadej
Spiegaci meglio.

La condizione è la base, la prestazione è la performance. Faccio un esempio, per ottenere un’ottima prestazione, se magari voglio che il mio atleta faccia i suoi 20′ migliori di sempre, fatta la sua preparazione gli faccio fare due giorni di scarico, uno di attivazione e poi il test sui 20′ e se tutto va bene otterrò il suo top. La condizione invece nel caso del Tour è il livello base di quell’atleta. Sono le capacità dell’atleta a reagire al gruppo, agli eventi e alle condizioni della corsa. E’ il riuscire a stare davanti, a fare la gara. Non si tratta solo di numeri.

Lo abbiamo visto anche al Giro Women che il caldo ha fiaccato le ragazze, non hanno espresso i migliori valori, ma hanno comunque creato delle differenze: questo è il concetto?

La condizione di Vingegaard era buona, ma inferiore a quella di Pogacar. Anche quando ha vinto la tappa, la faccia di Jonas non era bellissima. Si vedeva che aveva speso molto. Lì per esempio, nel suo caso, si è trattato di una performance. Jonas era più fresco, mentre l’altro aveva un Giro d’Italia alle spalle. Ma poi la condizione era diversa. Per questo io credo che ora, al netto dell’incidente di Vingegaard, Pogacar sia più avanti.

Per Toni, Vingegaard non ha grande margine di miglioramento, specie a crono dove lui e il suo team erano già ad un livello stellare
Per Toni, Vingegaard non ha grande margine di miglioramento, specie a crono dove lui e il suo team erano già ad un livello stellare
E quindi adesso Vingegaard cosa dovrà fare? Dove potrà limare ancora?

Intanto un’altra cosa che ci ha detto questo Tour è che un avvicinamento senza incidenti è fondamentale. Entrambi, si è visto, che con l’incidente lo hanno perso. Che sia un fattore di numeri, di testa, di piani scombussolati… ma incide. Dove può crescere o limare il danese: io credo che più di tanto non possa crescere. Semmai dovrebbe migliorare in salita. Jonas può vincere un Tour contro Pogacar solo se è più forte, ma di tanto, in salita. Lo deve staccare in modo netto.

Perché?

Perché ora Tadej è più forte anche a crono. Ha fatto dei passi enormi, ma loro in UAE Emirates avevano da limare. In Visma non so quanto spazio abbiano ancora nella crono per migliorare. In UAE ci sono arrivati adesso perché in fin dei conti prima non avevano questa necessità. Ma questo ci dice anche che oggi per vincere a certi livelli l’atleta da solo, benché forte, non basta più. Servono gli staff. E loro due hanno due squadre importanti. Un po’ come la Formula 1.

In F1 si mette in pista una monoposto, nel ciclismo si mette in corsa un atleta…

Esatto. Chiaro che serve un grande atleta, questo è ovvio, ma poi serve che chi è dietro di loro vada oltre. Esca dalle righe, dalla routine, che faccia ricerca. Ricerca sui materiali, sull’alimentazione, sull’integrazione…

E’ una sfida anche di staff: tutti devo spingersi oltre, non solo gli atleti leader
E’ una sfida anche di staff: tutti devo spingersi oltre, non solo gli atleti leader
Come ne esce Vingegaard mentalmente secondo te? 

Per me Jonas deve considerare il suo Tour come un super Tour. E’ comunque il secondo al mondo nonostante quel grosso incidente ad inizio aprile. Sarà rimontato in bici a fine aprile, avrà ripreso a fare qualche allenamento specifico a maggio, mentre l’altro vinceva il Giro. Non ha avuto i tempi per metabolizzare quanto fatto. Ma per il resto ha messo dietro tutti, tutti tranne uno. Quindi per me ne deve uscire con un giudizio positivo.

A mente fredda abbiamo visto davvero che Pogacar al Giro si è allenato, non sarà bello da dire ma è così, tu per primo ci parlasti di “scatti per attivazione” durante la corsa rosa. Questa cosa potrebbe aver acceso qualche spia  d’interesse anche a Vingegaard? Potrebbe venire al Giro anche lui in futuro?

Bisogna considerare che sono due corridori un pochino diversi, anche se entrambi mirano al Tour. Pogacar può vincere tutto, anche la Roubaix, l’altro ha qualche limite in più. Vingegaard è un atleta un po’ più specializzato e il livello della sua prestazione top in una corsa di un giorno ce l’hanno diversi corridori. Per questo dico che forse a Vingegaard un Giro potrebbe costare un po’ di più che a Pogacar, fosse anche solo mentalmente. Chiaro, lo vincerebbe, ma il suo carico esterno sarebbe maggiore.

Carico esterno?

Sì, tutto quello che c’è intorno, la sua spesa in generale. Il suo TTS (il livello di stress, ndr) sarebbe maggiore e questo dipende da tanti fattori, il recupero o semplicemente le energie nervose per stare in gruppo. Tadej è molto abile e sciolto nello stare in gruppo, nel guidare la bici, Jonas un po’ meno. 

E se Pogacar facesse anche la Vuelta? Pensieri con Pino Toni

03.06.2024
5 min
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A tenere banco è sempre lui, Tadej Pogacar. Lo sloveno ha fatto qualcosa di gigantesco al Giro d’Italia e per come lo ha vinto già tutti sognano la doppietta ad occhi aperti. E se oltre alla doppietta Giro-Tour ci fosse altro? La Vuelta, per esempio…

L’asso della UAE Emirates potrebbe andare anche in Spagna? E come? Per vincere o per preparare il mondiale, che ha già detto di aver messo nel mirino? E’ possibile tutto questo? Oppure è troppo anche per un fenomeno assoluto come Tadej?

Proviamo a sviscerare questi dubbi con il supporto di uno dei nostri preparatori di riferimento, Pino Toni. E proviamoci soprattutto per capire se ciò è tecnicamente possibile.

Toni 2022
Il coach toscano Pino Toni
Toni 2022
Pino Toni è pronto a scommettere sulle qualità dell’austriaco, visto in Francia
Pino, prima della Vuelta una domanda sul Tour. Questa fatidica doppietta è fattibile dopo aver visto come è andato il Giro?

Al Tour de France  per me lo vedremo ancora più forte. Al Giro ha fatto un bellissimo e funzionale blocco di lavoro. Adesso recupererà e lo metterà a frutto. Pogacar non si è tirato il collo più di tanto. Quelle accelerate che abbiamo visto le ha dovute fare…

La famosa attivazione di cui ci dicevi…

Esatto, altrimenti avrebbe dovuto fare i rulli a fine tappa.

Però guardando avanti, al resto della stagione e alla Vuelta, non sarebbe troppo anche per lui?

Prendiamo l’intensity factor (quanto si sforza in generale, ndr) lui forse è arrivato a 0.9, neanche ad 1. Faceva 5′ a 7 watt/chilo per staccare gli altri e poi si metteva a 5,9-6 watt/chilo e continuava a guadagnare. Chiaramente sono stime che ho provato a fare con i dati a mia disposizione, per essere precisi bisognerebbe conoscere i suoi file. Ma conoscendo qualche numero di chi era dietro è possibile fare una stima attendibile. E poi la prova era Majka. Dopo che Rafal terminava il suo lavoro e si spostava poteva restare con chi inseguiva.

E’ possibile da un punto di vista fisiologico per Tadej andare anche alla Vuelta?

Sì, è possibile. E molto dipende dal Tour, ma per quel che si è visto al Giro se al Tour non emerge qualche fenomeno nuovo, non vorrei esagerare che farà come al Giro, ma si potrà gestire.

Majka tirava forte, poi si spostava e dopo un breve recupero poteva tenere le ruote degli altri big
Majka tirava forte, poi si spostava e dopo un breve recupero poteva tenere le ruote degli altri big
Però in Francia ci saranno Vingegaard, Roglic…

Il livello è ottimo, ma Roglic ha qualche annetto in più e per Vingegaard un incidente come quello che ha avuto non si recupera in tempi così stretti per essere super. Pertanto in ottica Vuelta tutto dipende da lui: dalla sua tranquillità e dai suoi stimoli, cose che Tadej mi sembra abbia entrambe. Pogacar non ha bisogno del motivatore. E poi c’è un’altra qualità.

Quale?

Almeno vista da fuori, lo scorso hanno non ha patito troppo la sconfitta da Vingegaard. E questo è un punto di forza. Cerca le sue motivazioni senza patire la sconfitta.

Che per un atleta del suo calibro che abbatte ogni record non è poco. A quel livello un secondo posto o una sconfitta diventano un macigno… Per te cosa dovrebbe fare dopo il Tour?

Prima di tutto bisogna vedere come esce dalla Grande Boucle. Che nelle tre settimane del Giro vada tutto bene tutti i giorni è già una fortuna, che ciò accada anche al Tour, lo sarebbe ancora di più. Basta una notte che dormi male, un giorno di malattia, un mal di pancia… e tutto si complica. In nove settimane, la Vuelta, diventa tutto un terno al lotto. Quindi, ripeto, vediamo come esce dal Tour. Recupera, non credo correrà, ma volendo potrebbe inserire nel mezzo anche una corsa di 5 giorni e poi andare in Spagna. Ma questa gestione così capillare può stabilirla solo che gli è strettamente vicino e lo conosce bene sotto ogni punto di vista.

Però dopo il Tour ci sono le Olimpiadi: anche questo appuntamento va valutato. E poi forse proprio in virtù di queste forse non è l’anno buono per andare anche alla Vuelta…

In effetti è tanta carne al fuoco, ma se devi fare un record unico, se deve mettersi al di sopra di tutto di tutto il mondo, questo è l’anno buono. La stagione gli si è messa bene sin dall’inizio. Cosa che non gli è successa l’anno scorso. In più prima del Giro ha corso poco.

Pogacar quest’anno non ha ancora fatto l’altura. Questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per lui. Eccolo al Sestriere l’anno scorso (foto Matteo Secci)
Pogacar quest’anno non ha ancora fatto l’altura. Questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per lui. Eccolo al Sestriere l’anno scorso (foto Matteo Secci)
Invece il fatto di non aver fatto ancora l’altura è un vantaggio che si è tenuto nel taschino?

Tecnicamente per recuperare sì, per la testa non so. Quanto lavorerà in altura? Io immagino la farà per rigenerarsi, per risollevare le scorte di ferro e qualche punto ematico. Di certo lui di energia ne produce tanta e ha bisogno di recuperare. L’importante è che in altura prima del Tour non prenda neanche un raffreddore.

Se Pogacar andasse alla Vuelta, che comunque dobbiamo ricordare lui ha già scartato, come ci andrebbe: per vincerla o per preparare il mondiale?

Gente come Pogacar ha già dimostrato che non ha bisogno di fare un grande Giro per arrivare pronta ad un determinato appuntamento. Se avesse bisogno di gareggiare in quel periodo avrebbe a disposizione molte corse di un giorno e in questo modo arriverebbe al mondiale più riposato, più fresco. Perché poi l’obiettivo di questi super campioni è arrivare freschi all’obiettivo.

Chiaro…

Quindi se ci va, ci va per vincerla. Anche perché non so quanti arrivi in salita abbia la Vuelta stavolta, ma è sempre un “boom-boom”, tra l’altro alcune tappe neanche sono cortissime. Per me sarebbe impegnativa in ottica mondiale. E poi alla fine verrebbe dopo Giro e Tour e 63 giorni di corsa non sono pochi neanche per uno come Pogacar, se poi dovesse fare anche il mondiale.

Quanto ha speso sin qui davvero Pogacar?

17.05.2024
5 min
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Quanto ha speso realmente Tadej Pogacar sin qui. In questo Giro d’Italia si è dibattuto parecchio sul suo modo di correre. E di fatto ci sono due “partiti”: quello di chi sostiene che l’asso della UAE Emirates abbia speso troppo e quello di chi dice che va bene così, che Pogacar non ha speso troppo. Nella foto di apertura lo si nota pedalare in scioltezza nel drappello di testa.

Alla vigilia della cronometro di Desenzano del Garda che con grandi probabilità segnerà distacchi sensibili tra lo sloveno e gli immediati uomini di classifica, facciamo il punto sulla “spesa rosa” di Tadej Pogacar con Pino Toni. Il coach toscano ricalca più o meno quanto fatto con Van der Poel nell’analisi della schiacciante vittoria alla Parigi-Roubaix.

Toni 2022
Pino Toni, preparatore toscano, è un esperto di analisi dei dati
Toni 2022
Pino Toni, preparatore toscano, è un esperto di analisi dei dati
Prima di tutto, Pino, qual è il tuo giudizio sul Giro di Pogacar sin qui?

Io penso che abbia fatto una bellissima programmazione di questa sua corsa rosa, sia per come ci è arrivato, che per come la sta gestendo. E’ partito col piede giusto. Forte nella prima settimana, poi si è messo tranquillo. Non solo, ma ha messo tutti gli altri nella condizione di lottare per il secondo posto e di farlo con distacchi ravvicinati.

Ti riferisci alle marcature?

Esatto. Vedete come stanno correndo? Gli altri ormai lottano già per difendere la propria posizione. Si è visto con Bahrain-Victorious o Bora-Hansgrohe anche ieri. Si corrono contro e questo fa gioco a Pogacar e alla sua squadra. Anche perché con il WorldTour il modo di correre è cambiato. Una volta tra ammiraglie ci si accordava, si poteva fare un’azione coordinata, adesso non ci si parla più. Ogni team tira l’acqua al suo mulino. Fare andare via gente che è ottava o sesta in classifica e gli fa gioco… anche da un punto di vista energetico.

Perché?

Perché se tu schianti la squadra per correre dietro a tutti poi diventa dura, anche per loro della UAE Emirates. Nella terza settimana sono concentrati oltre 20.000 metri di dislivello dei 44.000 complessivi e i suoi sono gregari, danno il massimo, ma non hanno il Damiano Caruso della situazione che lotta oltre le sue possibilità al 110 per cento se dovessero andare in crisi. Quindi questa situazione di classifica che si è creato per me è perfetta per Pogacar.

Pogacar nell’attacco di Fossano: 4′ a 510 watt medi (dati Velon)
Pogacar nell’attacco di Fossano: 4′ a 510 watt medi (dati Velon)
Domani c’è la crono: cosa potrà fare Pogacar?

Io credo che su un percorso del genere agli uomini di classifica, al migliore di loro, potrà dare anche un minuto e mezzo. Se gli andrà così se la sarà giocata benissimo. Forte nella prima settimana, poi ha controllato. Io credo che almeno un secondo e mezzo a chilometro possa darglielo senza problemi.

Anche dal punto di vista dei numeri, dei famosi watt e dei kilojoule Pogacar ha speso poco?

Sì. Mi chiedo se dall’inizio del Giro avrà fatto 50′ di Z5 complessivi: per me no. Ho visto i file (quelli veri) di alcuni atleti della crono di Perugia. Gente che è andata forte ha fatto 6,45 watt per chilo nella salita finale. E visti i distacchi che ha inflitto lui in quel tratto terminale, posso dire che di margine ne ha molto quando si pedala in gruppo. E ne aveva anche nel tratto in pianura di quella crono.

Quindi quando dicono che ha speso troppo…

Non è vero. Lui è il più forte e spende sempre meno degli altri. Se i suoi avversari sono al 70 per cento, lui è al 60. Questo significa che arriverà bene in fondo. Non dico che finisce le tappe con più glucosio degli altri, perché ormai tutti si alimentano bene, ma che recupera prima sì. Per questo mi chiedo: li avrà fatti 45′-50′ di Z5 o più dall’inizio del Giro?

Eppure stando ai dati di Velon, ci sono diversi momenti in cui è andato davvero forte. I 4′ a Fossano, i 12′ nella salita della crono di Perugia, i 21” a Prati di Tivo o i 37” Napoli. In questi contesti ci sono wattaggi medi impressionanti…

Ma quella è attivazione. Parliamo di pochi secondi o al massimo di pochi minuti. Quello che veramente ti consuma e ti logora sono i 20′ a tutta sopra la soglia. Sono quelli che ti lasciano la fatica addosso. Gli sforzi che avete elencato voi, se poi hai modo di recuperare bene, alla fine non incidono. Sono le andature che non riesci a sopportare, quelle che ti portano al limite e oltre che ti mettono in difficoltà. E l’unico in salita che lo può mettere in difficoltà e che va più forte di lui, è Vingegaard… che al Giro non c’è.

La crono di Desenzano è per specialisti, ma Pogacar potrebbe infliggere il colpo di grazia ai più immediati inseguitori
La crono di Desenzano è per specialisti, ma Pogacar potrebbe infliggere il colpo di grazia ai più immediati inseguitori
Paradossalmente quell’attivazione gli serve per non ingolfarsi?

Adesso non starei ad esagerare nel dire che ci si allena, ma gli fa bene per il sistema cardiocircolatorio. Se tu sei sempre al medio poi alla lunga fai più fatica a richiamare bene tutte le fibre muscolari. In questo modo invece Pogacar si ritrova sempre una buona motricità.

Se la sta giocando bene anche in chiave doppietta Giro-Tour?

Per me sì, si sta muovendo bene come ho detto, perché anche tatticamente si è messo nella condizione di controllare la corsa e quindi i suoi sforzi. Lui in questa sfida ha davanti 42 giorni di corsa e anche per statistica in 42 giorni il giorno o i giorni che qualcosa non vada bene o che non sia al top ci sono. Deve cercare di limitarli al massimo e avere un margine di sicurezza: come sta facendo.

E sempre in chiave doppietta ti è piaciuto il suo avvicinamento al Giro con solo dieci giorni di corsa?

Sì, giusto. Se lo può permettere. Poi noi dobbiamo considerare anche i training camp. Quelli non sono giorni di corsa ma incidono. Sono grandi blocchi di lavoro, l’unica differenza con la corsa è che lì puoi gestire il tuo recupero: oggi sono stanco, quindi faccio di meno. E in questo modo sfrutti al massimo la supercompensazione. Il Giro in parte svolge questo ruolo, ma essendo una corsa se un giorno è stanco non può recuperare. Ma questo vale per tutti.