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«Interpretare e inventare». La filosofia di Immanuel D’Aniello

13.03.2023
6 min
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Il suo nome di battesimo è quello del filosofo Kant e come sia la sua idea di correre ce lo ha mostrato in questo scorcio di 2023. Immanuel D’Aniello ha aperto la stagione con un importante successo al Gran Premio La Torre che lo rilancia nel suo percorso di crescita, scacciando anche qualche brutto pensiero sopraggiunto dodici mesi fa.

A febbraio dell’anno scorso il 21enne di Sant’Antonio Abate doveva stare attento ad ogni spiffero d’aria per una conseguenza del covid. Invece poche settimane fa ha vinto la gara toscana nel pieno di una mezza bufera invernale che ha accompagnato i corridori per tutto il tempo. Al momento la rinascita di D’Aniello (in apertura foto Pagni) sta avvenendo anche per merito della Trevigiani Energiapura Marchiol in cui è arrivato quest’anno dalla Palazzago. Lui però, che vive con la valigia sotto braccio fin da quando era junior, non si dimentica di tornare a casa dove vuole dare una mano anche all’azienda di famiglia.

D’Aniello ha vinto a Fucecchio con un colpo da finisseur anticipando lo sprint di Milan (foto Pagni)
D’Aniello ha vinto a Fucecchio con un colpo da finisseur anticipando lo sprint di Milan (foto Pagni)
Immanuel cosa ha rappresentato la vittoria di Fucecchio?

E’ stata una grande emozione, una soddisfazione doppia. Ho pensato subito ai problemi di salute che ho avuto. In un anno sono passato dal non potere uscire di casa al vincere con un freddo incredibile, quasi con la neve. In inverno avevo lavorato tanto perché volevo partire forte e per il momento ce la sto facendo. Per questo devo ringraziare il mio preparatore Pino Toni che mi segue dallo scorso dicembre. Questo successo è un punto di partenza che mi dà morale. Mai avrei pensato di esultare sul podio come fa il mio idolo Kvaratskhelia (sorride, lui che è tifoso del Napoli, ndr). La vittoria l’ho dedicata alla mia famiglia e alla squadra. Sono loro che, per motivi diversi, mi hanno aiutato.

Cosa ti era capitato l’anno scorso?

E’ stata una stagione totalmente differente da quella prima. Nel 2021 avevo fatto esperienza, disputando il Giro U23. Ad inizio 2022 però ho preso il covid. Non ho corso per tanti mesi. Ho fatto addirittura 40 giorni completamente fermo per un principio di broncopolmonite. Ho passato un momento veramente difficile. Come accennavo prima, solo poche persone, in primis i miei genitori, sono state al mio fianco. Speravo di avere più supporto psicologico da parte di alcuni amici e da parte della mia vecchia società. Ora va meglio e non ci penso più.

In quel periodo che pensieri avevi?

Non ho avuto paura di smettere di correre in bici, ma ho pensato più di una volta di non poter tornare più quello di prima. Anche a livello cardiaco facevo fatica. Per fortuna che il mio medico di famiglia mi ha seguito durante quelle settimane e mi ha permesso di rimettermi in sesto. Già al Giro del Veneto (tra fine giugno ed inizio luglio, ndr) ho chiuso in undicesima posizione e terzo nella classifica dei giovani, anche se non ero al 100 per cento. Lì ho iniziato a vedere la luce in fondo al tunnel.

Come gestisci ora invece gli spostamenti tra Veneto e casa?

Sono un pochino più distante rispetto al passato, ma ormai ci sono abituato. L’anno scorso viaggiavo da Palazzago. Già da esordiente e allievo correvo sempre fuori regione. Poi da junior sono passato alla LVF a San Paolo d’Argon, in provincia di Bergamo, anche se avevo deciso di finire il liceo scientifico a Sant’Antonio Abate. Adesso viaggio in aereo o in treno e non mi pesa. Basta trovare l’ambiente giusto. Quando devo fare un periodo di stacco, cerco di tornare a casa per aiutare mio padre Paolo con la sua attività. Lui è titolare di un maglificio sportivo (Daniello Sports Wear, ndr), specializzato in abbigliamento ciclistico, ed io sono uno dei soci. Gli testo i materiali, gli do i miei feedback e gli seguo la pubblicità sulle pagine social.

Immanuel è socio dell’azienda di famiglia Daniello Sports Wear per la quale testa i materiali
Immanuel è socio dell’azienda di famiglia Daniello Sports Wear per la quale testa i materiali
Con la Trevigiani come ti stai trovando?

Molto bene. Da circa tre settimane abito a Montebelluna assieme ad altri due compagni e mi trovo davvero a mio agio. Sto imparando a conoscere le zone delle grandi gare internazionali. Mi alleno spesso con i compagni sul Combai, cercando di memorizzare tutte le strade. Quando avevo saputo che la Trevigiani mi aveva cercato, il mio procuratore (Massimiliano Mori, ndr) ed io ne abbiamo parlato subito. Ed ho capito immediatamente che avevo fatto la scelta giusta non appena ho conosciuto tutto lo staff. Luciano Marton, Franco Lampugnani, Mirco Lorenzetto, Francesco Benedet ed anche il presidente Ettore Renato Barzi sono stati tutti disponibili per facilitare il mio inserimento. Considerando anche la storia della squadra, penso che meritiamo l’invito al prossimo Giro U23. Spero possa essere così. Noi intanto, per guadagnarci l’attenzione degli organizzatori, dovremo continuare a vincere e fare risultati.

Gli obiettivi sono quelle gare internazionali di cui parlavi prima o ce ne sono altri?

Correre corse come il Piva, Belvedere o San Vendemiano è un grande stimolo. Così come il Recioto anche se siamo in provincia di Verona o tante altre di quel livello. Vorrei fare bene in tante di queste ma voglio anche mettermi al servizio dei miei compagni in gare che magari sono meno adatte alle mie caratteristiche. Dipenderà dalle situazioni che si creeranno ma l’idea sarebbe quella di restare tra gli U23 anche nel 2024. Questa è una categoria formativa dal punto di vista psicologico e tattico. Continuerei il mio processo di crescita.

D’Aniello ha conquistato il suo primo successo tra gli U23, dedicandolo a famiglia e squadra (foto facebook)
D’Aniello ha conquistato il suo primo successo tra gli U23, dedicandolo a famiglia e squadra (foto facebook)
E la filosofia di corsa di Immanuel D’Aniello qual è?

Non sono un attendista, mi piace andare spesso all’attacco. Infatti mi piacciono i corridori dell’ultima generazione che sanno dare spettacolo anche da lontano. Mi attengo alle indicazioni che mi danno i miei diesse, però per me il corridore deve saper interpretare e leggere la corsa. Anzi, a volte bisogna proprio inventare. Sono un passista-scalatore che non disdegna il colpo da finisseur. A Fucecchio ho vinto partendo in contropiede sulla salita finale dopo che avevamo ripreso il mio compagno Zurlo in fuga. In quel momento ho seguito l’istinto. A volte per vincere una gara devi rischiare di perderla.

Piccolo e Pino Toni: un binomio ormai indissolubile

15.12.2022
5 min
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Il ritorno di Andrea Piccolo aveva suscitato molte reazioni, tutte positive e quasi sbalordite. La rapida scalata che ha portato il giovane corridore dal nulla assoluto del caso Gazprom alla Drone Hopper ed infine alla EF Education Easy Post ha fatto capire lo spessore dell’atleta. Se a tutto ciò si aggiunge che è avvenuta in soli 24 giorni di corsa, dal 26 giugno al 16 ottobre, il tutto diventa ancora più da capire e raccontare. 

Pochi giorni fa è stato Pino Toni a spiegarci quanto ci sia di eccezionale in questo ragazzo, che da junior aveva il segno del talento tatuato addosso. Alcune vicissitudini hanno cercato di portarlo lontano, ma un’atleta di questo spessore è in grado di ritornare sulla strada maestra. Pino Toni ha preso Piccolo a maggio e non lo ha più lasciato, anche ora che il WorldTour sarà casa sua. 

Il ritorno alle corse è avvenuto al campionato italiano, quarto e una grande iniezione di fiducia (foto Drone Hopper/Sirotti)
Il ritorno alle corse è avvenuto al campionato italiano (foto Drone Hopper/Sirotti)

Le parole del preparatore

Le parole di Pino Toni il giovane lombardo le aveva lette appena pubblicate, così quando gli abbiamo chiesto di commentarle insieme a noi, il tutto è diventato molto più semplice. 

«Sono parole ed opinioni – dice Piccolo – che ci eravamo già dette in privato, sicuramente è un piacere essere descritto così anche in pubblico, vuol dire che Pino ci crede davvero. Lui di questo mondo ne sa molto, ha tanta esperienza maturata in diverse squadre, maturata in molti anni quindi sicuramente ci ha fatto l’occhio».

Per simulare il ritmo corsa Piccolo ha fatto molti chilometri dietro moto scortato da Pino Toni
Per simulare il ritmo corsa Piccolo ha fatto molti chilometri dietro moto scortato da Pino Toni
Avete iniziato a lavorare ma quando vi siete incontrati per la prima volta?

A marzo sono andato via dai Carera e sono passato con Giuseppe Acquadro, in quel momento uscivo dalla Gazprom e mi hanno presentato Pino. 

Come è stato arrivare a stagione in corso?

Abbiamo parlato molto e dal confronto sono nati spunti interessanti. Dal suo punto di vista penso sia stato bravo a prendere un corridore già allenato e trovare subito la strada giusta per lavorare. Mi ha iniziato a seguire quando io stavo facendo il mio Giro d’Italia a casa, cento ore di allenamento in 21 giorni. Era la risposta a quel momento difficile, ho trovato motivazione ponendomi un obiettivo personale. 

Pino ci ha detto che la sua sorpresa è arrivata al campionato italiano, era la tua prima gara dopo mesi e sei arrivato quarto.

La più grande difficoltà che ho avuto quando ho iniziato a lavorare con Pino era il fuori soglia. Non correndo da molto tempo, non ero in grado di produrre quel tipo di sforzo che ti arriva solo in corsa. Per sopperire a questa mancanza abbiamo fatto molto dietro moto.

La prima corsa con la EF è stato il Tour de l’Ain ad inizio agosto
La prima corsa con la EF è stato il Tour de l’Ain ad inizio agosto
E’ servito, no?

Sicuramente il lavoro fatto mi ha dato una grande mano, ma correre è un’altra cosa. Ad un certo punto della corsa stavo meglio in salita che in pianura. Andare a tutta in salita quando si è in corsa o in allenamento è la stessa cosa, non si può andare oltre un certo valore. In pianura, invece, è completamente diverso, perché i cinquanta all’ora li puoi fare solo in corsa. Bisogna anche essere allenati per reggere quelle frequenze a quella velocità. 

Hai corso molto ed in breve tempo, saltando da una gara all’altra…

L’obiettivo era proprio quello, fare tante gare ed allenarsi il meno possibile, questo per un paio di mesi. Alla fine di questo periodo era prevista una pausa per allenarmi meglio e alzare l’asticella. Il 2022 è stato l’anno del ritorno alle gare, non mi importava dove e come, era fondamentale tornare ad attaccare il numero. 

Il 2023 che hanno sarà? Pino ha detto che doveva andare a parlare con lo staff delle EF…

Ora l’obiettivo è tornare a correre con un criterio, cercando dei risultati in determinate gare. Il calendario ed i programmi di lavoro saranno più definiti, già posso dire che le classiche delle Ardenne potranno essere interessanti. Sarà davvero importante programmare, correre tanto mi è servito, ma se voglio alzare ancora di più l’asticella dovrò curare molto anche gli allenamenti a casa. I grandi corridori fanno così, guardate Vingegaard, non corre per due mesi ma poi si presenta alle gare pronto.

L’ultima gara della stagione è stata la Japan Cup Cycle Road il 16 ottobre
L’ultima gara della stagione è stata la Japan Cup Cycle Road il 16 ottobre
Tornare nel WorldTour come ti ha fatto sentire?

Tranquillo, sono felice di essere qui ma non sento pressione. Io faccio tutto al meglio, se metto tutto me stesso nelle cose che faccio non posso recriminarmi nulla. 

Allenarsi con consapevolezza è fondamentale, questo tu lo sai fare.

Al giorno d’oggi se non ti sai allenare a casa è difficile rimanere ad un livello alto. Tutti i corridori di punta si allenano bene ed arrivano alle corse pronti. Per me la bici è un passione quindi non mi pesa fare tante ore di allenamento o lavori specifici. Oggi (martedì, ndr) da me ha nevicato e per non perdere la giornata ho fatto due sessioni sui rulli. Ovviamente bisogna lavorare nel modo corretto, ed avere al mio fianco Pino mi permette di pensare che io lo stia facendo. 

Che rapporto hai maturato con lui?

Ormai mi sento di poter dire che fa parte di me e spero di lavorare con lui per molti anni. Mi ha dato tanta fiducia e una grande motivazione, e per questo lo ringrazio. 

Il rientro di Piccolo e Innocenti: i pro e i contro

05.12.2022
6 min
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Il 2022 è stato un anno intenso e ricco di rientri. Quello che ci ha lasciati più sorpresi, per continuità e prontezza, è quello di Andrea Piccolo. Prima alla Drone Hopper e poi subito promosso nel WorldTour con la EF Education Easy Post. Nella pausa invernale, però, c’è stato spazio per un altro bell’annuncio: il ritorno di Innocenti con la Technipes-#InEmiliaRomagna

I due corridori hanno avuto un passato, nelle categorie minori, di tutto rispetto. Entrambi hanno vinto il Giro della Lunigiana: Piccolo nel 2019 ed Innocenti nel 2017. Un passato accomunato da un grande talento ed un presente più difficile. Un’altra cosa che accomuna i due è l’aver lavorato con Pino Toni, che parlando del loro motore, ci disse di aver sempre riscontrato valori molto interessanti.

Piccolo è stato fermo per 6 mesi a causa del problema Gazprom (foto Instagram)
Piccolo è stato fermo per 6 mesi a causa del problema Gazprom (foto Instagram)

L’occhio del preparatore

Cosa vide Pino Toni nei due? Lo chiediamo direttamente al preparatore toscano che ripescando nella memoria, e riallacciandosi con il presente, ha le idee chiare.

«Ora come ora – racconta – di Piccolo ho più informazioni, anche perché lo alleno io. Mi è stato proposto di seguirlo dopo il caso Gazprom, abbiamo parlato un po’ e da allora lavoriamo insieme. Innocenti l’ho visto quando era tra i dilettanti, gli ho fatto qualche test, lui era davvero forte, quello che è successo dopo non me lo spiego. Io non penso sia un dopato, non ne aveva minimamente bisogno…»

Piccolo è tornato con continuità alle corse in maglia Drone Hopper, qui al Trofeo Getxo dove è arrivato secondo alle spalle di Ayuso
Piccolo è tornato con continuità alle corse in maglia Drone Hopper, qui al Trofeo Getxo dove è arrivato secondo
Parliamo prima di Andrea Piccolo, da junior era davvero forte…

Ha sempre fatto bene, sia da junior che da dilettante – ci dice Pino Toni – la sua sfida continua con Tiberi era affascinante. Erano i due punti di riferimento del movimento italiano. Da ragazzino Andrea (Piccolo, ndr) l’ho visto poco anche perché io allenavo Tiberi. Però vedevo spesso le corse e la cosa che mi ha sempre sorpreso è stato l’atteggiamento, la fame e la cattiveria che aveva erano incredibili.

Poi c’è stato lo stop, anzi due: quello con l’Astana e il caso Gazprom.

Il dopo Astana per lui è stato complicato, ma lo ha gestito da sportivo vero, da chi sa cosa vuole. E anche il caso Gazprom non lo ha aiutato. E’ tornato a correre a giugno, dopo mesi di pausa, al campionato italiano, ed è arrivato quarto. Quel risultato ha stupito molto, ma è sintomo che il motore c’è ancora ed oltre alle doti fisiche si aggiungono grandi capacità di concentrazione e di lavoro

Che corridore è?

E’ il tipo di corridore giovane e moderno, si sa allenare ed è capace di fare fatica in allenamento. I corridori al giorno d’oggi devono sapersi allenare perché non puoi andare alle corse e non avere gamba, ti stacchi subito. Bisogna riuscire a soffrire in allenamento per poi dire la tua alle corse

Per Piccolo (al centro) subito la chiamata dal WorldTour, dal 1° agosto approda alla EF (foto Instagram)
Per Piccolo (al centro) subito la chiamata dal WorldTour con la EF (foto Instagram)
Che impressione ti ha fatto? 

Un mio collega in Katusha, Popov, mi ha chiesto se fossi disposto a lavorare con lui. Prima ho guardato i file ed abbiamo fatto delle prove, era incredibile. A dicembre 2021 pesava 74 chili, 8 in più di ora, e i test erano già sorprendenti, questo vuol dire che ha davvero un gran motore. 

Lui ha ripreso a correre da giugno e da allora è stato un continuo crescendo…

Piccolo è un corridore che può andare bene nelle classiche e nei grandi Giri: va forte a crono, cura molto quella disciplina. Da agosto a ottobre è sempre arrivato davanti, scendeva dall’aereo e andava a correre e lo trovavi sempre tra i primi. Questo è sintomo di un grande recupero e di una voglia fuori dal comune. Non ha ancora vinto, per farlo bisogna iniziare a lavorare sul particolare, a concentrarsi su un obiettivo. Il 9 dicembre vado a Girona per parlare con il capo performance della EF per capire il programma di lavoro e il calendario. 

L’11 novembre siamo andati a casa di Innocenti, il suo ritorno meritava di essere raccontato
L’11 novembre siamo andati a casa di Innocenti, il suo ritorno meritava di essere raccontato

Il ritorno di Innocenti

Andrea Innocenti ha alle spalle una storia tanto travagliata che meriterebbe un romanzo a puntate. Il corridore toscano torna a correre dopo 4 anni, un periodo lunghissimo, quasi interminabile. Ma concentriamoci solamente sull’aspetto tecnico, che cosa potrà fare, a che punto lo ritroviamo?

«Lui è stato fermo quattro anni – racconta Pino – sono tanti. Sinceramente è il primo corridore, di cui sono a conoscenza, che torna alle corse dopo un periodo così lungo. 

Il 2017 è l’anno migliore per Innocenti, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)
Il 2017 è l’anno migliore per Innocenti, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)
Ha già ripreso a correre, al Giro del Friuli, e non è andata male.

No, anzi. Questi sono segnali positivi, vuol dire che i numeri li ha, poi per quello che so si è allenato molto. Bisogna vedere dove può arrivare, lo stop è stato sicuramente un handicap, non si può negarlo. 

Lo hai testato più volte, che ci avevi visto?

Era davvero incredibile, un gran motore ed una mentalità da vero corridore. Anche da ragazzino era molto curioso, faceva domande, voleva capire. Sono tanti i corridori che hanno i numeri, ma poi non hanno la testa per spingersi oltre. Sia Piccolo che Innocenti mi hanno sempre dato la sensazione di avere la mentalità giusta per diventare dei signori corridori. Te lo fanno capire che per loro non è un gioco. 

Anche Innocenti era uno dei punti di riferimento del movimento italiano…

Assolutamente, lo ha detto tante volte anche Cassani. Ed il fatto che ritorni a correre con lui alla Technipes-#InEmiliaRomagna vuol dire che ci credono ancora. E’ rientrato in una continental, ma lo staff che c’è in quel team è di altro livello: Coppolillo, Chicchi, Chiesa, Malaguti come preparatore… Insomma, è ben supportato. 

Durante lo stop di 4 anni, Innocenti non ha mai abbandonato la bici (foto Instagram)
Durante lo stop di 4 anni, Innocenti non ha mai abbandonato la bici (foto Instagram)
Quattro anni sono tanti…

E’ difficile tornare, sono 4 anni di fatiche e delusioni mancate, è un buco nella sua carriera. Innocenti è un vero atleta, lo è sempre stato. Su questo non c’è nulla da dire. Non rientra nel professionismo, ma anche nelle continental si va forte.

Possono ancora essere il futuro del ciclismo italiano?

Dopo quello che hanno attraversato, devono capire quale possa essere il loro ruolo in questo mondo. Sicuramente sono due che partono con la mentalità di voler essere dei vincenti, poi si vedrà. Sono giovani, Piccolo è più avvantaggiato perché ha ripreso da qualche mese e questa potrà già essere una stagione di conferme. Innocenti non deve farsi prendere dalla fretta, se i risultati arriveranno bene, ma al momento deve andare alla ricerca del colpo di pedale.

Innocenti, una storia di caduta e resurrezione

13.11.2022
8 min
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«A un certo punto ho cominciato a fare il pizzaiolo, per dare un senso alle giornate. Volevo ricomprarmi la bici senza chiedere soldi ai miei. Mi serviva perché volevo tornare a correre. Io non sono un dopato – scandisce bene Innocenti – non sono mai stato al limite. Se fossi stato così, non avrei avuto questa voglia di tornare. Dicevano tutti che mi avrebbero dato sei mesi al massimo, per questo quando sono arrivati i 4 anni è stata dura. Sono il tempo di un liceo, una carriera da under 23. Una vita. Ho pensato tante volte al tempo che passava. Per un mese non sono riuscito a dormire. Parlavano di me come di un talento. Avevo fatto tanti sacrifici. Poi piano piano è cresciuta la consapevolezza. Sono giovane. Dovevo cercare di andare avanti».

Le parole di Toni

Seano, giorno di San Martino. Le colline intorno brulicano di reti e olive da cogliere e biciclette in lenta processione su tutte le salite. Andrea Innocenti, classe 1999, ci ha dato appuntamento in un bar baciato dal sole, in questo strano autunno che continua a sembrare primavera. Ha con sé Sancho, uno dei suoi tre cani. Ha la faccia a posto, difficile tradurre la sensazione in parole e sperare di essere creduti.

Qualche settimana fa, parlando con Pino Toni di atleti dal motore importante (immaginando o sognando di trovare prima o poi un erede per Nibali), il preparatore toscano disse poche parole.

«Ne ho visti solo due, ultimamente. Uno è Andrea Piccolo. L’altro è Andrea Innocenti, peccato per quello che gli è successo…».

Il 2017 è il suo anno migliore da junior, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)
Il 2017 è il suo anno migliore da junior, con 9 vittorie, fra cui il Lunigiana (duzimage)

Controllo a sorpresa

La storia, in breve, poi si va avanti. Andrea Innocenti, uno dei talenti più solidi della sua classe, viene trovato positivo al testosterone in un controllo fuori competizione durante un ritiro della nazionale. I Carera, suoi procuratori, lo indirizzano verso un noto avvocato.

La prima udienza (per la prima infrazione della vita) dura un quarto d’ora. Non gli permettono di dire nulla, ma ugualmente il conto è salato: 4 anni di squalifica. L’avvocato a quel punto rilascia un’intervista dicendo che era tutto pilotato. La conseguenza (a quel punto abbastanza scontata) è che nel secondo grado, la squalifica è confermata e così pure al Tas, anche se le prove scientifiche sono a favore dell’imputato. In più, arriva la beffa. L’avvocato non avrebbe notificato che Andrea nel frattempo si è autosospeso, così la squalifica parte due mesi più avanti. Quattro anni e due mesi.

A Bergamo, nel processo penale legato alla positività, il ragazzino viene rappresentato da altri professionisti e viene assolto. Per lo Stato italiano, non c’è stato doping.

Agosto 2017, Innocenti vince il Trofeo Maionchi davanti ad Aleotti e Baroncini (foto Instagram)
Agosto 2017, Innocenti vince il Trofeo Maionchi davanti ad Aleotti e Baroncini (foto Instagram)

La chiamata di Cassani

Davide Cassani è un signore e di ciclismo ne sa tanto. E con disarmante semplicità dice che se a 19 anni risulti positivo in un controllo antidoping, la colpa non può essere solo tua e non vai lasciato da solo. Per questo l’allora tecnico della nazionale, vuole incontrarlo. I due parlano poco dopo la squalifica. E ora che i 4 anni sono passati e dopo che Andrea è rientrato per poche corse nel 2022 con la Park Pre Racing Team di Francesco Ghiarè, Davide gli ha aperto le porte della Technipes-InEmiliaRomagna. La storia può ricominciare.

Chi eri?

Un buono junior. Avevo vinto il Lunigiana ed ero passato dilettante con la Maltinti. Sono stato al funerale di Renzo, era davvero una brava persona. Mi sarebbe piaciuto rientrare con loro per gratitudine verso Renzo e per l’amicizia con Leonardo Scarselli, che è stato tecnico e soprattutto amico.

Pino Toni dice di aver visto solo due motori al livello di una carriera alla Nibali: Andrea Piccolo e Andrea Innocenti.

Parlavano bene di me, ricordo bene. E Pino mi aveva visto da junior e poi anche al primo anno da U23. Facevo tanti sacrifici e le cose andavano bene. Finita la maturità sarei dovuto andare in ritiro con Cioni, che ai tempi mi seguiva.

Nel 2018, dopo due grandi anni da junior, Innocenti va alla Maltinti: qui con Renzo e il ds Scarselli (foto Instagram)
Nel 2018, dopo due grandi anni da junior, Innocenti va alla Maltinti: qui con Renzo e il ds Scarselli (foto Instagram)
Invece un giorno torni a casa da un allenamento e cosa succede?

Era un periodo brutto. Mio padre aveva fatto un incidente in moto, era messo male. Quel giorno però ero contento, perché tornava a casa. Avevo appena fatto la terza prova della maturità, entrai a casa e capii che qualcosa non andava. Mia madre piangeva. Era da poco morto mio zio, pensai che avessero trovato qualcosa a papà. Invece mi guardarono e mi chiesero se avessi qualche problema e se volessi parlarne. Mi dissero che non potevo più correre, che ero risultato positivo. Io neanche ricordavo di averlo fatto quel controllo, erano passati due mesi…

Come reagisti?

I primi mesi furono i più duri. Mia madre lavora in una multinazionale americana, è sempre piena di cose da fare. E con mio padre allettato e io quasi alla depressione, a un certo punto mi scossi e piano piano iniziai a dare nuovamente una mano in casa. Nel frattempo in giro e sui social leggevo cose dette senza sapere niente. Dopo un po’ ricominciai anche ad andare in bici e appunto dopo 15 giorni mi misi a fare il pizzaiolo e a studiare.

Studiare?

Sognavo di fare il veterinario. Da ragazzino, dicevo che presto avrei smesso di correre e avrei studiato per quello. Poi invece da allievo scattò la passione del ciclismo e mi iscrissi a Giurisprudenza. Uscivo dal Liceo Scientifico Sportivo e avevo studiato Diritto. Mi piaceva e così cominciai a preparare Diritto romano. Solo che era il periodo della prima sentenza e a leggere quelle cose mi veniva la nausea, così smisi di studiare. I miei genitori per un po’ non dissero nulla. Poi mi parlarono: «Se vuoi correre ancora, ti appoggiamo. Però nel frattempo o studi o ti trovi un lavoro». E così mi iscrissi a Scienze Motorie. Due anni e mezzo per dare gli esami. Poi il tirocinio tutto insieme. E a giugno 2021 mi sono laureato.

E’ il 2020, due anni di squalifica alle spalle, ne restano due: Innocenti si allena e studia (foto Instagram)
E’ il 2020, due anni di squalifica alle spalle, ne restano due: Innocenti si allena e studia (foto Instagram)
Prima gara al Giro del Friuli, quattro anni e due mesi dopo. Che effetto ti ha fatto?

Mi hanno chiamato in tanti, chiedendomi se fossi emozionato. Io ero tranquillo. Tornavo a fare la mia vita. Ero convinto di andare forte, ma forse sono partito con troppo entusiasmo, perché a fine stagione ci sono arrivato sfinito. A Ghiarè ho chiesto di farle tutte, volevo tanta fatica per sbloccare il motore. Ma al Del Rosso non ero fresco come al Giro del Friuli. Non mi sarei mai aspettato di arrivare 10° sullo Zoncolan. Una salita così lunga in gara non l’avevo mai fatta. Non l’ho preso davanti solo perché mi sono staccato in discesa. La discesa dopo 4 anni può essere un problema (sorride, ndr).

Come ti sei allenato in questi 4 anni?

Il mio programma prevedeva due picchi di condizione all’anno. Il primo per i giorni della Firenze-Empoli, da tenere fino a giugno. Poi 15-20 giorni per recuperare, magari in altura, e si ripartiva con un altro picco da portare fino a ottobre. Inverno da corridore e poi si ricominciava.

La leggenda dice che hai fuso due motorini di tuo padre nel simulare la gara…

Uno era vecchio, l’altro no. E’ vero (sorride, ndr). Facevamo dei bei giri dietro moto, con distanze e andature da gara. La prima ora da solo, poi da Poggio a Caiano si faceva forte il San Baronto, di lì Lamporecchio, andavamo fino a Empoli e dopo 4 ore si faceva forte la salita di Vitolini. E se stavo bene, anche Seano a tutta. Questo una volta ogni due settimane. Nell’altra settimana, andavo con la bici da crono che mi ero comprato (i dati di allenamento parlano di sessioni da 10 chilometri a 7 watt/kg). E la domenica distanze blande di 6 ore in Z2 e Z1.

Il 3 giugno 2021 arriva la laurea in Scienze Motorie: il cammino prosegue (foto Instagram)
Il 3 giugno 2021 arriva la laurea in Scienze Motorie: il cammino prosegue (foto Instagram)
Cosa ti aspetti?

A casa sono tutti contenti. Forse mi mancherà un po’ il ritmo, ma sono convinto che tornerò quello che ero. Sono motivato. Quest’anno c’era poco tempo, ora posso fare un vero periodo di riposo e ricominciare al pari con gli altri.

Dove si erano fermati i tuoi sogni?

Non si sono mai fermati, ma fino al primo anno da junior (4 vittorie, ndr) facevo fatica a capire che corridore fossi. Con un po’ di impegno, vincevo anche le volate. L’anno successivo (9 vittorie, fra cui le classifiche finali del Lunigiana e della Ain Bugey Valromey in Francia), ho iniziato a pensare di essere più adatto per le corse a tappe. Sono andato benino e credo che il mio terreno possa essere quello. So andare in salita, pur non essendo uno scalatore di 56 chili e vado bene a crono. Il mio obiettivo sarà specializzarmi in questo.

Correrai con la squadra di Coppolillo e Cassani…

Michele l’ho conosciuto subito, è davvero una bella persona. Il fatto che Cassani mi abbia dato fiducia, l’ho trovato molto importante. Davide è stato una delle poche persone che mi ha chiamato dopo il controllo. Volle vedermi per capire cosa fosse successo. Per me già quello fu gratificante, fino al giorno prima mi volevano tutti bene e poi sparirono. Il fatto che mi abbia richiamato dopo 4 anni è un punto in più. Spero di poter ripagare la squadra per la fiducia.

Durante il periodo giù dalla bici, uscite in mountain bike o passeggiate con i suoi cani: ne ha 3 (foto Instagram)
Durante il periodo giù dalla bici, uscite in mountain bike o passeggiate con i suoi cani: ne ha 3 (foto Instagram)
Come ti ha accolto il gruppo?

I miei coetanei e compagni di nazionale ormai sono tutti professionisti oppure hanno smesso. I compagni alla ParkPre mi facevano vedere i commenti sui social di qualche… sciocchino. Ma non puoi ascoltare tutti e ognuno è libero di pensare come vuole. Io voglio solo riprendere la mia strada. E sono certo che qualcosa di buono verrà di sicuro… 

Che cosa successe in quel controllo?

La verità? Non lo so. Per il Tas mi sono sottoposto al test del capello con una luminare del campo e non venne fuori nulla. Io non ho preso niente, l’ipotesi più probabile è uno scambio di farmaci con qualcosa che avevamo in casa. Ma non sto neanche a dirlo, perché non ho prove per sostenerlo. Non lo so. So però che non mi sono dopato.

Si ricomincia con un ritiro a ridosso di Natale, quando i corridori della Technipes-#InEmiliaRomagna riceveranno bici e programma. Nel frattempo Innocenti ha preso ad allenarsi con Paolo Alberati e Maurizio Fondriest. Quattro anni sono tanti, ma non sono stati anni di ruggine. E comunque sia andata quel giorno, la lezione è stata imparata. La seconda occasione è ampiamente meritata.

Lucca tra i pro’: emozioni e promesse mantenute

05.11.2022
4 min
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Spuntare la casella delle categorie di bici.PRO nella sezione “News” e “Professionisti” parlando di Riccardo Lucca ci riempie il cuore di gioia. “Succede a chi ci crede” così potremmo definire l’Odissea di Lucca, che nel 2023 sarà nelle file della Bardiani CSF Faizanè, che nella nuova stagione cambierà nome. Il trentino di Rovereto approda nel mondo dei professionisti all’età di 25 anni. Tardi se si considera la media di queste ultime stagioni, ma i sogni ed il destino non stanno a guardare i giorni o i mesi, loro passano, anche quando meno te lo aspetti.

Il 19 agosto arriva la notizia dai canali social della Bardiani: Lucca farà parte del team per le prossime due stagioni
Il 19 agosto arriva la notizia dai canali social della Bardiani: Lucca farà parte del team per le prossime due stagioni

L’inverno tanto atteso

Questo inverno, che ancora tale non si può definire viste le temperature anomale, è quello della certezza per Lucca. Ce l’ha fatta, ma da qui si riparte, guai pensare di essere arrivati.

«Dopo le corse – ci dice da casa sua – mi sono fermato per un bel periodo. Basta, avevo bisogno di fermarmi. Non sono andato in vacanza, non ne ho avuto modo. Ho cercato per un po’ qualcuno con cui andare via, poi ho deciso di godermi la tranquillità di casa. Stavamo ristrutturando e sono rimasto qui a lavorare, abbiamo demolito qualche muretto (dice ridendo, ndr). Ho iniziato in questi giorni a fare qualcosa: un po’ di corsa, qualche camminata in montagna, ma nulla di che. Il primo ritiro con la squadra sarà a metà dicembre».

La Bardiani ha già fatto un mini ritiro a fine ottobre, per conoscersi e fare gruppo
La Bardiani ha già fatto un mini ritiro a fine ottobre, per conoscersi e fare gruppo

Un’estate “leggera”

Il 19 agosto, sui social della squadra di Reverberi, è arrivata la notizia della firma di Lucca. Una gran bella notizia, per tanti motivi: il primo sicuramente personale per il corridore. Il secondo, è per tutti gli altri elite, mai smettere di crederci.

«A fine giugno ho avuto i primi contatti con la Bardiani – racconta Lucca – e avevo in programma un test con Pino Toni, poi slittato a causa del Covid. Avere un contratto per il 2023 mi ha fatto vivere gli ultimi mesi qui alla Work Service in maniera consapevole. L’obiettivo delle mie ultime stagioni era stato finalmente raggiunto, questo mi permetteva di andare alle corse libero di testa. Questa “spensieratezza” mi ha permesso di vincere ancora in stagione.

«Quando mi sono trovato il contratto firmato davanti ho fatto un bel respiro (dice ridendo, il buon umore non glielo toglie nessuno ora, ndr). Me lo sono proprio sudato, mi sono passate per la mente tante immagini. Quello che ho fatto prima non si cancella, anzi, mi deve aiutare a ricordare da dove sono partito».

Pochi giorni dopo l’annuncio della firma con la Bardiani la vittoria sullo Zoncolan al Giro del Friuli (foto Bolgan)
Pochi giorni dopo l’annuncio della firma con la Bardiani la vittoria sullo Zoncolan (foto Bolgan)

Il professionismo

Lucca ci ha corso con i professionisti, la sua non sarà un’esperienza “da zero”. Anzi, la sua vittoria più bella è arrivata proprio tra i grandi, all’Adriatica Ionica Race, nella soleggiata Sirolo.

«Sicuramente il livello si alzerà ulteriormente rispetto alle gare fatte fino ad ora, quando una professional corre tra i grandi alza le aspettative. Arrivo ad un’età più matura, questo non so se può essere un vantaggio o meno, dipende da tante cose. A 25 anni ho una maggiore consapevolezza delle mie qualità e delle mie caratteristiche, mi sento più sicuro e formato. Affronterò corse più lunghe, con chilometraggi che non ho mai fatto nemmeno in allenamento e gare a tappe più impegnative. I margini di crescita non mancheranno».

Lucca e il ds Contessa sono legati da una promessa fatta nel 2019 e finalmente realizzata: il passaggio di Riccardo tra i pro’
Lucca e il ds Contessa si sono fatti una promessa nel 2019: il passaggio tra i pro’. Matenuta!

La rivincita di Contessa

«Riccardo potrebbe essere un buonissimo gregario per una WorldTour, speriamo che almeno possa provarci in una professional». Queste le parole di Contessa, diesse della Work Service, dopo la vittoria di Lucca all’AIR

«Lui per me è contentissimo – racconta Riccardo – e io lo sono per lui. Questa è stata la nostra rivincita, Contessa in me ci ha sempre creduto. Avevamo già lavorato insieme quando ero al quarto anno, nel 2019. Mi aveva promesso che avremmo lavorato insieme per farmi passare e se non ci fossimo riusciti sarebbe stata una doppia sconfitta: per me e anche per lui. Ci siamo riusciti alla fine, anche se a distanza di qualche anno. La cosa bella è che quando sono tornato alla Work Service, non sapevo che ci sarebbe stato anche lui, forse il destino ci ha fatto riunire per mantenere quella promessa fatta qualche anno fa».

Pioggia di watt. Le migliori prestazioni dell’anno dai 20′ in su

29.10.2022
5 min
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Quella appena terminata può essere archiviata come la stagione dei record. Si è assistito, ancora una volta, a prestazioni incredibili. Prestazioni che la maggior parte di noi tende a “fotografare” nel momento in cui Jonas Vingegaard stacca Tadej Pogacar sul Col du Granon al Tour de France. Ma anche nelle volate dei due atleti alla Planche des Belles Filles o a Peyragudes (nella foto di apertura). “Chissà quanti watt finivano su quelle pedivelle?”, ci si chiede…

Eppure quella del Granon non è stata la miglior prestazione dell’anno. Lo scettro spetta, o forse sarebbe meglio dire spetterebbe, ancora a Pogacar. Noi abbiamo preso in considerazione gli sforzi dai 20′ in su. Tadej ha sviluppato 6,5 watt/kilo sul Carpegna, durante la Tirreno-Adriatico.

Altre super prestazioni sono sempre firmate da Pogacar e Vingegaard i quali proprio alla Planche des Belles Filles hanno fatto un qualcosa come 6,6 watt/kilo, però quella scalata era più breve e soprattutto c’era stato molto gioco di squadra prima del chilometro finale. Al terzo posto ecco Remco Evenepoel che sulla Fancuya, alla Vuelta, avrebbe espresso 6,4 watt/chilo. E per di più per oltre 25’.

Pogacar sul Carpegna. Con un paio di gradi sopra lo zero e un abbigliamento più pesante questa prestazione assume ancora più valore
Pogacar sul Carpegna. Con un paio di gradi sopra lo zero e un abbigliamento più pesante questa prestazione assume ancora più valore

Il parere di Toni

Noi ci siamo divertiti a spulciare sul web, nelle varie piattaforme dedicate, questi numeri. Ma presto ci siamo accorti che c’erano delle discrepanze. I valori erano un po’ ballerini a seconda di chi e come erano riportati. Come da nostra abitudine ci siamo rivolti ad un esperto. E chi meglio del preparatore Pino Toni? E infatti il coach toscano ci ha un po’ messo sul chi va là.

«I numeri – spiega Toni – sono numeri in quanto precisi. E’ difficile stabilire realmente i valori espressi di quelle prestazioni. E per quei dati non basta solo il peso del corridore. Ci sono in ballo molti altri fattori, come la scorrevolezza, la lavorazione dei cuscinetti per quella corsa, la pressione delle gomme, se aveva o no la borraccia, se e quanto quell’atleta è stato a ruota…

«E’ importante valutare il peso nel suo totale, cioè anche quello della bici e degli altri materiali, perché nel ciclismo di oggi uno scarto di 0,2-0,3 punti fa la differenza tra una prestazione alta e una stratosferica».

«Chiaramente un Vingegaard che nel finale del Granon fa 6,1 watt/chilo è un campione. E lo è perché ha fatto quella prestazione al termine di una lunga tappa di montagna.

«Poi ormai è un dato di fatto che si va più forte. Gli juniores viaggiano sul filo dei 6 watt/chilo. Ci sono ragazzi che pesano 69 chili e sviluppano 460-470 watt».

La prestazione di uno, i valori di squadra. Specialmente su certe salite, il lavoro si squadra incide moltissimo sul computo dei dati
La prestazione di uno, i valori di squadra. Specialmente su certe salite, il lavoro si squadra incide moltissimo sul computo dei dati

Più sorprese che watt

Il dato preciso di certe prestazioni è solo nei computerini degli atleti e nei calcoli dei loro coach che li seguono e sanno come erano “settati” quel giorno in quel momento. Per questo Toni preferisce parlare di prestazioni super in quanto “sorprese”.

«Piuttosto – riprende Toni – io sono stato colpito da tre prestazioni, tre personaggi. E sono Girmay, Vingegaard appunto, e Ganna.

«Vingegaard è andato forte. Ha staccato un buon Pogacar. Ma quel che mi ha colpito più di tutto non è stata la sua singola prestazione, ma la sua costanza. Non mi aspettavo la sua continuità a quel livello. Anche il suo compagno Kuss va forte, per dire, ma Vingegaard è andato forte per tutto il Tour. Per questo lo metto sul podio.

«Quelli che avete snocciolato sono numeri importanti, ma la valutazione deve essere fatta in un’altra maniera. E ritorno al discorso del peso complessivo (bici + atleta, ndr), della scorrevolezza…». 

«Vero, a conti fatti quell’atleta è salito a 6,5 watt/chilo. Ma quello è un valore di squadra, specie al Tour dove le salite sono più pedalabili, si fanno a 25 all’ora, e quasi sempre con passo regolare imposto appunto dai team. E quindi analizziamolo quel dato.

«Magari nei primi 5 chilometri era stato in quarta ruota e aveva risparmiato 30 watt. Nei successivi 5 chilometri era stato in terza ruota e aveva risparmiato altri 20 watt… almeno. Poi ancora era stato in seconda posizione e ha continuato a mettere altri 20 watt nel taschino. Fin quando negli ultimi 3-4 chilometri è rimasto da solo ed effettivamente è andato a 6,5 watt chilo. Il totale della scalata risulta 6,5 watt/chilo, ma per 10-11 chilometri ha espresso valori più bassi».

Girmay e Ganna

Ci sono poi Girmay e Ganna. Le altre due “sorprese” che Pino Toni mette sul podio. Prestazioni che non si distinguono per i watt espressi (o almeno non solo per quelli), ma nel complesso della performance, della crescita complessiva, dello spessore psicofisico dell’impresa.

«Girmay – dice Toni – è cresciuto molto. Mi ha colpito. Ha vinto la Gand battendo fior di campioni e soprattutto ha vinto la tappa al Giro davanti al miglior Mathieu Van der Poel della stagione. Non sono numeri banali in ogni senso».

«Ganna invece va magnificato. Va elogiato per la forza espressa durante Record dell’Ora, una determinazione pazzesca nonostante per lui non fosse un anno super. Io non so chi e quando potrà avvicinare quel tempo. Serviranno una grande convinzione e uno staff super. Ganna aveva quanto di meglio a disposizione tra Ineos-Grenadiers e nazionale italiana. Il top del mondo».

Toni spiega come con tutta quella cura, non solo della preparazione del corridore, ma anche dei materiali il fisico può rendere meglio. Non che il “motore del corridore” aumenti, ma riesce a sviluppare al meglio i propri valori e a farlo per un tempo maggiore.

«Se tu hai 450 watt nelle gambe non ne sviluppi di più, però ne arrivano di più alla ruota: ed è quello che conta».

Lucca: la scommessa della Bardiani (e di Pino Toni)

03.09.2022
5 min
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Si può ancora passare professionisti a 25 anni? La risposta è sì, basta chiedere a Riccardo Lucca, che dal prossimo anno correrà con la Bardiani CSF Faizanè. La squadra guidata da Bruno Reverberi ha creduto nel ragazzo trentino, quest’anno in forza alla Work Service, ed in questi giorni impegnato a correre al Giro del Friuli. 

Nonostante il mondo del ciclismo corra sempre più veloce, dove la pazienza sembra una virtù ormai persa ,Lucca non ha demorso. Quest’anno, all’Adriatica Ionica Race, aveva colto la sua prima vittoria in una gara professionistica, ammettendo che nessuna squadra lo avesse ancora contattato. 

Quest’anno la vittoria all’Adriatica Ionica Race, nella tappa di Asolo, una bel biglietto da visita per il 25enne trentino
Quest’anno la vittoria all’Adriatica Ionica Race, nella tappa di Asolo, una bel biglietto da visita per il 25enne trentino

Ecco la Bardiani

Alla fine qualcuno ha bussato alla porta del corridore trentino, ed aveva la maglia viola, bianca e verde della Bardiani. Nel 2023 Lucca passerà professionista ed allora, curiosi di questa scelta un po’ controcorrente, abbiamo chiesto a Mirko Rossato il perché.

«Lucca, bene o male, è da tempo che lo seguiamo – ci racconta dal Belgio, dove segue gli under 23 al Flanders Tomorrow Tour – ha avuto un percorso travagliato a causa di tanti problemi fisici, tra cui anche il Covid. Fino a due anni fa tutti ne dicevano bene, ne parlavo con Giorgio Furlan e mi diceva che il ragazzo era forte, dotato di un gran motore. Lo stesso Zoccarato, nostro corridore, ci ha sempre detto che tra i dilettanti il punto di riferimento per le fughe, e non solo, era Lucca. Avevamo già provato a prenderlo nel 2021 ma non si era riusciti a concretizzare la cosa, quest’anno, invece, è andata per il verso giusto. Poi ha fatto un test da Pino Toni, e lui ha garantito per le sue grandi qualità».

Nel 2022 Riccardo era ripartito dalla Work Service, un’ultima occasione per conquistare il ciclismo dei grandi (foto Scanferla)
Nel 2022 Riccardo era ripartito dalla Work Service, un’ultima occasione per conquistare il ciclismo dei grandi (foto Scanferla)

Già pronto

Arrivare tra i professionisti quando si ha un’età superiore alla media è sinonimo di tenacia. Anche davanti alle mille difficoltà Lucca non ha mai rinunciato, anzi era ripartito proprio dalla Work Service per riscattarsi. Piano riuscito, ed ora, sembrano tutti curiosi di vederlo all’opera, Bardiani in primis. 

«La nostra non la definirei una mossa in controtendenza – spiega Rossato – siamo una squadra che dà la possibilità ai corridori di provare ad essere dei professionisti. Abbiamo preso anche Fiorelli quando era un po’ più grande degli altri e guardate che bella stagione che sta facendo. Era giusto dare una chance a Lucca, sono contento per lui e convinto che potrà fare bene. La sua età gli permette di essere già pronto magari per delle gare importanti, non mi sorprenderei se fosse alla partenza del Giro d’Italia nel 2023».

Lucca insieme a Ilario Contessa, i due sono stati insieme anche nella prima esperienza del trentino in maglia Work Service
Lucca insieme a Ilario Contessa, i due sono stati insieme anche nella prima esperienza del trentino in maglia Work Service

Parola a Pino Toni

Allora, se è vero che Lucca ha fatto dei test dal preparatore della Bardiani Pino Toni bisogna chiedere a lui che tipo di corridore ha trovato.

«La mia opinione potete immaginarla – esordisce Pino Toni – se alla Bardiani prendiamo un corridore vuol dire che va bene. Lucca è uno che i numeri li ha, li ha sempre avuti, ma ha corso in squadre poco organizzate, o che non ne facevano risaltare le qualità. Alla fine, quando sei in una squadra dove si vince tanto tutti guardano ai numeri di vittorie e non alle qualità dei corridori, il mercato va verso chi vince. Dopo aver visto i test di Lucca ho alzato il telefono ed ho chiamato Bruno (Reverberi, ndr) e gli ho detto che un corridore così è da prendere. E’ un ragazzo molto intelligente che sta facendo degli studi inerenti allo sport ed alla preparazione. Ha curato anche i minimi dettagli, togliendo quei due o tre chili di troppo ed ora si vede. Ha tanto motore, le corse che ha vinto sono tutte simili: circuito in pianura e poi salita finale, anche lunga, di 11 o 12 chilometri. In pianura a 45 all’ora ci va con un filo di gas, in scioltezza, e poi anche in salita rende molto».

Per Lucca sei vittorie anche nel 2021 in maglia General Store, ma nessuna chiamata (foto Scanferla)
Per Lucca sei vittorie anche nel 2021 in maglia General Store, ma nessuna chiamata (foto Scanferla)

Uno come pochi

A giudicare dalle parole di Rossato e di Pino Toni sembra che uno come Lucca sia un corridore che capiti davvero di rado nel ciclismo. Eppure, fino a giugno, non era neanche sicuro di trovare un posto, ed alla fine della scorsa stagione aveva continuato perché motivato da altri e non perché ci credesse fino in fondo. 

«Questo è un corridore con dei numeri – si riaggancia Toni – non è stato apprezzato per quello che sono i numeri, la gente non guarda alle capacità ma alle vittorie, secondo me se lui è motivato va forte. Faccio test dal 1996 e li ho sempre fatti con il misuratore di potenza, ho visto davvero pochi corridori come lui, uno su tutti Politt, che ha fatto secondo ad una Parigi-Roubaix. Assomiglia molto al tedesco, in più, ha una migliore aerodinamicità ed un rapporto peso potenza più alto. Anche perché Lucca è un metro e 84 per 74 chili. Io faccio test, non la campagna acquisti, quindi mi intrometto poco, però non si poteva lasciare in giro un corridore come questo, soprattutto in una squadra come la nostra.

«Spero possa avere una bella carriera in Bardiani, ma per me ci dura poco. Nel senso che ha tanti sbocchi interessanti di crescita professionale, potrebbe ambire in poco tempo ad una WorldTour. Se fosse nato in Belgio, Lucca sarebbe già alla Quick Step da almeno tre anni. Se dovessi paragonarlo ad un corridore lo avvicino a De Gendt. Un corridore che nel portare a spasso un gruppetto ci va a mezzo gas e poi ha anche la forza di andargli via. Potenzialità ne ha, poi deve imparare a gestirsi, dovrà essere il più “economico” possibile, la cilindrata ce l’ha, non deve finire la benzina».

Il corridore completo? Un mito da sfatare…

08.08.2022
5 min
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Parlando con i vari ragazzi italiani che, settimana dopo settimana, si mettono in evidenza fra juniores e under 23, abbiamo notato un comune denominatore che li unisce praticamente tutti. Ognuno di loro, chiamato a definirsi dal punto di vista tecnico, afferma di essere un corridore completo. Va bene su salite fino a 5-6 chilometri, si difende bene sul passo senza essere un cronoman, è abbastanza veloce per un arrivo ristretto, non per una volata di gruppo. Insomma, un corridore adatto a ogni tipo di situazione, ma senza un elemento nel quale eccelle.

La cosa non poteva passare inosservata: possibile che siamo di fronte a una generazione di corridori che non si distinguono in ambiti specifici, che non si specializzano?

Il tema è delicato, forse è una delle basi del difficile momento che il ciclismo maschile nostrano sta vivendo. Anche perché, fossero solo gli junior a dirlo potrebbe anche essere plausibile, ma colpisce il fatto che lo stesso avvenga fra gli under 23, atleti ormai prossimi all’approdo fra i pro’.

Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana
Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana

Togliamo il limitatore

Per Pino Toni, preparatore atletico tra i più conosciuti, una risposta del genere non è casuale.

«Per gli juniores è normale – dice Toni – visto che siamo rimasti uno dei pochi Paese ad aver mantenuto l’assurda regola del limitatore di rapporti (limitazione che decadrà a partire dal 2023, ndr). Questa impedisce ai ragazzi di prendere confidenza con i rapporti più duri. Se hai solo il 14, sarà difficile vedere differenze. Se puoi scegliere ci sarà chi butta giù il rapporto e riesce a spingere, chi non ce la fa, chi fatica all’inizio ma poi riesce a migliorare. Bisogna poter lavorare durante l’anno con rapporti più duri per “poterli sentire”».

E’ un problema solo di rapporti?

No, anche di gare, di percorsi. La stragrande maggioranza delle gare sono circuiti. Ora io capisco le esigenze dell’organizzatore che deve fare i conti con permessi e budget limitati, ma tecnicamente quelle italiane sono spesso gare che non ti danno nulla. Corse a tappe e gare realmente in linea, con una località di partenza e una di arrivo, con un’altimetria ben fatta, ne trovi davvero pochine e così non si cresce. Soprattutto mentalmente perché secondo me il problema è anche d’impostazione mentale dei nostri ragazzi.

Giro U23 2022
Il podio tutto straniero del Giro U23. Puntare su corridori completi ma senza eccellenze non paga (foto Extragiro)
Giro U23 2022
Il podio tutto straniero del Giro U23. Puntare su corridori completi ma senza eccellenze non paga (foto Extragiro)
Tutto ciò riguarda però prevalentemente gli juniores, perché fra gli under 23 le risposte sono pressoché identiche?

Perché il problema è di vecchia data e quei ragazzi sono cresciuti così. Poi ci si differenzia, ma per farlo serve tempo, anche per conoscere se ci sono caratteristiche che prendono il sopravvento su altre elevandoti da quella situazione di “faccio tutto benino ma non spicco in nulla”. Per farlo, ad esempio, servirebbero più corse a tappe, anche semplici: una frazione piatta, una di collina, una di montagna, una a cronometro. Ecco che hai tutte le modalità per confrontarti, con te stesso e contro gli altri.

Non è un caso quindi se la maggior parte dei corridori, alla richiesta di quale gara vorrebbe correre e magari vincere, cita la Liegi-Bastogne-Liegi…

No, anche se poi parlano molto per quello che vedono in tv. Quando vai a farla e ti accorgi che ha 5.000 metri di dislivello, il discorso cambia…

E’ un problema irreversibile?

Non credo, il gap che abbiamo con gli altri Paesi c’è, è reale ma si recupererebbe in breve tempo. E’ chiaro però che qualcosa vada cambiato. Intanto con la regola dei rapporti, ma attenzione: non è che liberalizzando hai risolto tutto. Serve ad esempio che le società si attrezzino meglio, che pensino alla crescita dei corridori con programmi di allenamento appositi, tenendo conto che l’età performante si è abbassata tantissimo. Serve soprattutto che la Federazione guardi più alla tecnica e allo sviluppo sportivo e non tanto alla politica, ai piccoli accordi per accontentare questa o quella società. La riforma del calendario dovrebbe partire da questo.

Balducci Mastromarco
Gabriele Balducci, diesse alla Mastromarco-Sensi, pro’ dal 1997 al 2008 e per anni nello staff azzurro
Balducci Mastromarco
Gabriele Balducci, diesse alla Mastromarco-Sensi, pro’ dal 1997 al 2008 e per anni nello staff azzurro

La coperta corta

Il tema è scottante e Toni ha posto l’accento anche con il suo sanguigno carattere toscano. Il pensiero però è comune e viene testimoniato anche da Gabriele Balducci, diesse alla Mastromarco con un passato ultradecennale da corridore pro’.

«Il ciclismo attuale – spiega Balducci – porta a livellare tutto, ma così è come tirare la coperta. Il ragazzo veloce viene allenato per farlo migliorare in salita e così perderà un po’ di quello spunto, viceversa chi va forte in salita deve migliorare in velocità così perderà dall’altra parte. L’obiettivo del corridore completo ha l’unico risultato di produrre corridori-fotocopia. Il problema però secondo me è un altro».

Quale?

Si pensa che l’approdo al professionismo sia il punto di arrivo, invece è quello di partenza. I nostri ragazzi vogliono assolutamente ottenere quel contratto con una squadra, ma non si chiedono per fare cosa. Così non faremo altro che produrre buoni corridori che saranno presi come gregari, ma nessuno spiccherà. Serve ambizione, serve voglia di differenziarsi, serve tempo. Questa situazione di un ciclismo nel quale non ti danno il tempo per lavorare mi fa paura, perché non diamo la possibilità ai ragazzi di crescere e maturare.

Ayuso Getxo
Ayuso, vincitore al Circuito de Getxo davanti a Piccolo. Le doti di scalatore sono amplificate
Ayuso Getxo
Ayuso, vincitore al Circuito de Getxo davanti a Piccolo. Le doti di scalatore sono amplificate
Questo sistema va contro la specializzazione, ma le squadre preferiscono il corridore completo o lo specialista?

Quest’ultimo senza alcun dubbio, lo cercano come il pane, lo scalatore puro come anche il velocista o il passista. E’ quello che fa la differenza, ma la colpa è anche di noi dirigenti, che dovremmo guardare meno alla ricerca della vittoria a ogni costo per pensare di più allo sviluppo dei talenti che abbiamo in mano.

Sei quindi contrario alla scelta secondo cui i corridori devono migliorare un po’ in tutto…

Assolutamente. Guardiamo che cosa gli ha dato madre natura e puntiamo innanzitutto a elevare allo zenit quelle caratteristiche, a lavorare su quelle. Alla lunga i corridori ne saranno premiati e le squadre anche. Io ad esempio non credo che la cancellazione del limitatore di rapporti cambierà molto la situazione, dobbiamo essere noi diesse a capire come far lavorare meglio i ragazzi pensando al loro futuro.

EDITORIALE / La tappa della discordia e il ciclismo che cambia

27.06.2022
6 min
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Ha ragione Marco Selleri. La terza tappa del Giro d’Italia U23, da Pinzolo a Santa Caterina Valfurva, ha scatenato un processo degno di uno studio televisivo. Distanza di 177 chilometri, dislivello di 5.000 metri con Tonale, Aprica e Mortirolo. Ha vinto Leo Hayter in 5 ore 10’49” alla media di 34,186 (in apertura, foto ExtraGiro-Isolapress), come era previsto della tabella di marcia che indicava un range fra 33 e 37 orari.

E’ chiaro che, a fronte del tempo di Hayter, vada annotato anche quello dell’ultimo: Christian Danilo Pase della Work Service, all’arrivo in 6 ore 14’57” (distacco di un’ora 04’08”). Dato che tutti hanno dovuto sobbarcarsi anche un trasferimento di 50 minuti, è chiaro che le ore di sella siano state oggettivamente tante.

La tappa di Santa Caterina Valfurva ha evidenziato enormi differenze in gruppo (foto ExtraGiro – Isolapress)
La tappa di Santa Caterina Valfurva ha evidenziato enormi differenze in gruppo (foto ExtraGiro – Isolapress)

Italiani cercasi

Dei corridori italiani si sono perse le tracce. Per trovare i primi tre bisogna andare alla 14ª posizione con Piganzoli (Eolo) a 9’27” poi alla 19ª, dove si incontrano Meris (Colpack), Raccani (Zalf) e Germani (Fdj) che però in precedenza aveva tirato per i compagni Gregoire e Martinez all’attacco. Il loro distacco è stato di 13’45”.

E qui è scattata la discussione. Sul posto, per chi c’era. Sui social, per gli altri. Non è semplice interpretare la disfatta, perché di base hanno ragione tutti. Ciascuno ha il suo punto di vista, anche se non tutti i punti di vista sono condivisibili. E qui si innesca il corto circuito.

La coppia francese in fuga dalla partenza: hanno osato troppo ma dato spettacolo (foto ExtraGiro – Isolapress)
La coppia francese in fuga dalla partenza: hanno osato troppo ma dato spettacolo (foto ExtraGiro – Isolapress)

Dibattito acceso

Davide Cassani osserva che le squadre italiane non vanno a confrontarsi all’estero, come le altre. Ma invece di fare autocritica, preferiscono puntare il dito sull’organizzatore che ha proposto una tappa troppo dura. 

Pino Toni, preparatore della Bardiani U23, sostiene che non si possa proporre una corsa così dura a un parterre come quello italiano, abituato ad altre difficoltà. E che se anche la tappa avesse avuto 3.500 metri di dislivello, il risultato finale non sarebbe cambiato. 

Il Giro d’Italia U23 non è una gara italiana, come l’Avenir non è una corsa francese. Sono prove internazionali di altissimo prestigio: le vincono i più forti e non strizzano gli occhi a nessuno. Il tempo in cui per avvantaggiare i corridori di casa si modificavano i percorsi è finito da un pezzo: aspettarsi che accada è un altro sintomo del problema.

E’ probabilmente un errore invece portare ragazzi di primo anno a corse così dure. Se rischia di esserlo per Gregoire e Martinez (abituati a un’attività superiore sin da juniores, che da tempo corrono senza la limitazione dei rapporti e che comunque si sono inchinati alla solidità dei rivali), figurarsi per gli italiani.

La direzione di corsa, a sinistra Fabio Vegni, sapeva di andare incontro a un giorno duro (foto ExtraGiro – Isolapress)
La direzione di corsa, a sinistra Fabio Vegni, sapeva di andare incontro a un giorno duro (foto ExtraGiro – Isolapress)

Declino invisibile

L’Italia è la culla del ciclismo, così come lo è dell’arte e della cultura. Poi vai all’estero e ti accorgi che hanno la metà del nostro patrimonio, ma lo valorizzano meglio. Siamo talmente pieni delle nostre certezze, da non accorgerci del declino.

Nel 2004 eravamo così convinti che il WorldTour non sarebbe mai nato, che ci misero dentro per il rotto della cuffia. Poi iniziammo a lamentarci perché ai mondiali U23 vincevano ragazzi abituati al professionismo e siamo ancora lì a parlarne. E adesso che la svolta continental ha impresso un cambio di marcia, come accade in tutti gli sport di elite in cui si accede al professionismo nella tarda adolescenza (non a caso l’UCI ha abolito la limitazione dei rapporti fra gli juniores), il tema è una tappa troppo dura. 

E’ giusto? E’ sbagliato? Questi ragazzi dureranno meno? Le domande sono tutte legittime, ma non essendoci risposte facilmente raggiungibilli, non è facendo finta di niente che si possa gestire la situazione.

Felix Engelhardt della continental KTM, 6° finale e 10° a Santa Caterina a 6’57” (foto ExtraGiro – Isolapress)
Felix Engelhardt della continental KTM, 6° finale e 10° a Santa Caterina a 6’57” (foto ExtraGiro – Isolapress)

Il mondo del lavoro

Le squadre di dilettanti, in cui i ragazzi vengono seguiti come figli, avrebbero ancora senso se ci fossero dei grandi team italiani per dare continuità al lavoro. La continental deve preparare al mondo del lavoro ed essere agganciata a una WorldTour: se non accade, c’è un problema.

L’Italia del ciclismo è come una vecchia casa gloriosa, con i muri pieni di affreschi che raccontano storie bellissime. E’ la Reggia di Caserta, più imponente di Versailles ma tenuta peggio, che nessuno si sognerebbe di modificare per ospitarvi uffici che abbiano bisogno di tecnologia e modernità. Invece siamo lì a pensarci. Aggiungiamo piani. Ampliamo stanze. Sfondiamo pareti. Cambiamo destinazioni d’uso, senza renderci conto da un lato di essere bloccati per mille vincoli e dall’altro di comprometterne la solidità.

La fortuna di altri Paesi, che non hanno mai avuto tanta ricchezza, è aver costruito tutto dal nuovo. Senza vincoli, mettendo dentro solo quello che effettivamente serve.

Dopo le fatiche del Giro e un 2022 correndo in tutta Europa, Germani ha raccolto i frutti al campionato italiano (foto Benati)
Dopo le fatiche del Giro e un 2022 correndo in tutta Europa, Germani ha raccolto i frutti al campionato italiano (foto Benati)

L’esempio di Germani

Tredici continental sono troppe, soprattutto perché non fanno un’attività all’altezza. Un invito alla Coppi e Bartali e alla Adriatica Ionica Race, quando va bene al Giro di Sicilia e poi? E poi le solite corse. Quanti ragazzi delle continental a fine anno saranno andati all’estero contro i pari età stranieri? Si contano sulle dita di mezza mano. Poi arriva il Giro e speriamo di brillare? Non è realistico.

Lorenzo Germani, fresco campione italiano U23, quest’anno ha corso in Francia, Belgio, Repubblica Ceca e in Italia. Ha preso schiaffi, ma al momento giusto ne ha dati.

Si può fare attività U23 senza essere continental? Si può fare. Per scovare e lanciare i talenti migliori, anche se alla fine ne godranno altri. Senza contare le vittorie e senza promettere la luna agli sponsor, sacrificando ad essa il futuro dei ragazzi. Servirebbe un tavolo di lavoro condiviso, con la Federazione a tirare le file, per incastrare al meglio le esigenze di tutti, sgombrando il campo dalle pretese meno realistiche.

Il nostro giardino

La nostra ricchezza non merita di essere svilita dall’assenza di visione. Però bisogna che tutti facciano la loro parte. Occorre una più ampia partecipazione alla vita federale e a quella internazionale, quando vengono prese le decisioni più importanti, altrimenti è inutile lamentarsi. Invece si guarda spesso al proprio giardino senza sapere cosa ci sia fuori. Come nella vita di tutti i giorni, in cui a decidere sono quelli che nella politica hanno trovato un mestiere. Gli altri si lamentano, ma non vanno neanche a votare. E se qualcosa non va, la colpa è degli altri.