Domenico Pozzovivo torna con la famiglia Reverberi per chiudere la carriera. Sembrava già da mesi la scelta più logica o comunque la più bella da raccontare, se qualcuno non riuscisse a vedere logica nel ritorno di un atleta che purtroppo negli ultimi anni non ha fatto passare occasione per finire in ospedale. Il fatto è che anche ai più scettici Domenico oppone test che parlano di 7 watt/kg davanti ai quali non ce la fa ad arrendersi.
Siamo felici per lui, che conosciamo da quando nel 2001 indossò la maglia della Zoccorinese iniziando a respirare il ciclismo dei piani alti. Il suo tecnico di allora, stupito per i numeri in salita, disse che il ragazzino della Basilicata fosse piuttosto indietro nello sviluppo e che lo avremmo visto davvero forte con qualche anno di ritardo rispetto ai coetanei. La sua longevità atletica si spiega anche così e con il duro lavoro cui Pozzovivo non si è mai sottratto. Forse per questo, pur felici, pensiamo che un uomo con la sua storia meritasse più rispetto.
Un posto in meno
Pozzovivo ha firmato il contratto pochi giorni fa e potrebbe debuttare alla Tirreno-Adriatico, inserendosi nella VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè di giovani che la famiglia Reverberi cresce da qualche anno fra alti e bassi. Facile immaginare, mettendosi nei loro panni, che uno di quei ragazzi sarà lasciato a casa per far correre l’esperto lucano con cui non ha condiviso neppure una colazione e un allenamento. Stesso discorso per il Giro d’Italia, che per molti costituisce il sogno di una vita.
Intendiamoci: in tutte le squadre il posto per le grandi corse va meritato e questo prevede anche togliersi il cappello davanti all’atleta più esperto che ti insegna il mestiere e va più forte di te. Ebbene, a Pozzovivo e ai suoi giovani compagni di classe il confronto è stato negato, in nome di una visione troppo rigida o forse persino avara.
Di questo tema abbiamo parlato più volte. Prima con Raimondo Scimone, che cura gli interessi del corridore. Poi con Roberto Reverberi, che prima o poi raccoglierà il testimone da suo padre Bruno. Inserire Pozzovivo in squadra da novembre avrebbe significato permettergli di conoscere i compagni e avrebbe offerto ai ragazzi più giovani il punto di vista sulla sua professionalità senza pari. Invece si è preferito tirarla per le lunghe, regalando a Pozzovivo l’ennesima partenza ad handicap della carriera. L’uomo è camaleontico e starà già messaggiando con i nuovi compagni, ma ancora una volta per cavarsela in una situazione di rincorsa.
Il contratto è dignitoso. I soldi non sono tanti, ma neppure pochi per una squadra che, malgrado le premesse, ha vissuto l’infelice sponsorizzazione con Green Project. E poi i soldi non sono tutto davanti a una sfida come quella di Domenico. Il rispetto però è un’altra cosa.
L’occasione sprecata
A Pellizzari e Pinarello avrebbe fatto un gran bene sentirlo parlare, osservarlo, allenarsi con lui in Spagna, anche se Pozzovivo non è il più grande dei chiacchieroni e nella sua carriera recente ha sempre preferito la vita dell’asceta a quella di gruppo. Coinvolgendolo per tempo, lo si sarebbe potuto investire della responsabilità di stare vicino ai più giovani e offrire loro un esempio. Con tutto il rispetto per i corridori coinvolti, la sua motivazione è ben superiore a quella di Modolo e Battaglin che negli ultimi tre anni sono rientrati nella squadra con esiti diversi da quelli sperati.
«Per una squadra come la nostra – ci rispose un mese fa Roberto Reverberi – averlo potrebbe essere utile. Potrebbe curare la classifica e permetterci di avere l’ammiraglia più avanti. Però con la politica dei giovani che ci siamo dati, non avrebbe senso prenderlo, anche se è un grande professionista e va ancora forte. Preferiamo dare spazio a un giovane, che magari trova il giorno giusto, si fa vedere e fa parlare di sé e della squadra».
La sensazione è che qualcuno in squadra ci credesse e qualcun altro no. Nel tira e molla è finito il corridore, che al momento di dare l’annuncio si trovava sul Teide senza alcuna certezza di avere ancora una maglia per il 2024 (in apertura, foto VF Group-Bardiani). La sua unica certezza era ed è sempre stata quella di essere ancora un corridore.