Attacco sulla Redoute e tanti saluti. La grande Liegi di Remco

24.04.2022
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«The worst crash I’ve ever seen», la peggior caduta che abbia mai visto. Alberto Bettiol tira su col naso e poi si dirige verso il pullman della squadra. Il riferimento è al mucchio violento che ha spezzato il gruppo a 59,5 chilometri dall’arrivo, dalle parti di Andrimont. Il più malconcio di tutti parrebbe al momento Alaphilippe, ripreso dalle telecamere sul fondo della scarpata. Aveva battuto la schiena anche alla Strade Bianche, fra tanto brindare per la vittoria di Remco, c’è qualche sguardo accigliato.

«Ha battuto dietro – dice Wilfried Peeters, oggi sulla seconda ammiraglia – e quando si è rialzato, faticava a respirare. Lo stanno portando all’ospedale. L’ho perso un po’ di vista, scusa…».

Da quanto si legge nel comunicato della Quick Step-Alpha Vinyl, il campione del mondo si sarebbe fratturato due costole e una scapola e avrebbe anche un polmone collassato. La ripresa non sarà semplice (seguiranno aggiornamenti).

L’entusiasmo dei tifosi di Alaphilippe si è trasformato in apprensione
L’entusiasmo dei tifosi di Alaphilippe si è trasformato in apprensione

Festa fiamminga

Il bus blu della Quick Step-Alpha Vinyl è accanto all’arrivo e intorno c’è l’atmosfera della festa. Remco Evenepoel ha vinto la Liegi con un numero da campione e si fa fatica a riconoscere apprensione per il campione del mondo. In qualche modo c’è da capirli. La campagna del Nord della squadra di Lefevere era stata finora un grosso buco nell’acqua e vincere la Liegi con un belga – e non un belga qualunque – è ossigeno puro.

«Patrick ci ha detto di stare calmi – dice a caldo Evenepoel, dopo aver abbracciato a più riprese la sua compagna – e in qualche modo ci ha dato la carica dimostrando di credere in noi. La mia famiglia, i miei amici e il mio team hanno sempre creduto che potessi tornare ai massimi livelli, quindi un enorme grazie va a loro. Adesso posso dire di essere tornato al mio livello e di essere tra i migliori corridori al mondo. Ho sofferto molto mentalmente e fisicamente. Finalmente sento che tutto sta andando di nuovo bene ed è una cosa stabile. Oggi ho mostrato il miglior Remco da quando sono diventato un professionista».

Van Aert fa buon viso

Torneremo con lui più tardi, quando avrà finito la trafila delle premiazioni. Intanto ci aggiriamo nel dedalo di pullman e tifosi in questo rettilineo troppo stretto per essere a una Liegi. Landa arriva con lo sguardo fiero e si infila nel bus dopo la salva di attacchi belli da vedere ma purtroppo infruttuosi. Attorno al pullman della Jumbo Visma invece c’è il solito stuolo di fedelissimi di Van Aert, che si è dovuto accontentare del terzo posto, cedendo proprio negli ultimi metri al ritorno di Hermans. Lui è sotto, appena tornato dal podio.

«Il terzo posto non era quello per cui sono venuto – dice al drappello di giornalisti presenti – ma devo esserne soddisfatto. Con un po’ più di fortuna sarei potuto finire secondo, ma ho lavorato molto nel gruppo inseguitore e per questo non sono stato all’altezza dello sprint. Però ho capito che per vincere questa corsa ho bisogno di una grande giornata e di condizioni favorevoli…».

Podio tutto belga, con Evenepoel ben… scortato da Hermans e Van Aert
Podio tutto belga, con Evenepoel ben… scortato da Hermans e Van Aert

Amore per la Redoute

E poi torna lui, l’enfant prodige del ciclismo belga: Remco. Ventidue anni, debuttante della Doyenne e già sulle spalle una lunga storia da raccontare.

«La Redoute – gli ridono gli occhi (foto di apertura) – è una delle mie salite preferite al mondo. Conosco ogni buca dopo tutti gli allenamenti che ci ho fatto. Là in cima è il momento in cui tutti hanno mal di gambe e provare è stato un atto di coraggio, ma anche l’attuazione di un piano. La squadra mi ha tenuto al sicuro fino alle salite. Ho dato uno sguardo alla potenza, l’attacco è stato come uno sprint. Sapevo di voler dare un colpo forte proprio lì, ma vincere così non è stato facile. La preparazione è stata perfetta, non c’erano scuse, al di là di una caduta o di una foratura, perché la corsa non andasse bene. Non sono sicuro di poter dire che ho vinto come quando ero uno junior, per rispetto verso questo gruppo di livello altissimo, ma di certo (ride e un po’ arrossisce, ndr) ha fatto un gran bene alla mia autostima».

Nuova esplosività

Eppure la disinvoltura nell’attacco e la facilità nel mantenere l’andatura hanno fatto davvero pensare all’Evenepoel che negli juniores disponeva come voleva del gruppo.

«Quando la strada ha spianato in cima alla Roche aux Faucons – dice – ho sentito di avere ancora forze per tenere alta l’andatura. L’inverno ci ha mostrato che sono più esplosivo di prima e che ho migliorato la mia abilità nella crono. La spiegazione che ci siamo dati è che dopo la caduta ho dovuto lavorare per ricostruire la muscolatura e forse la nuova esplosività arriva da lì. Oggi ho dimostrato di poter fare un attacco esplosivo a capo di una corsa dura. E ho mostrato anche una grande sicurezza. Quando si sono riavvicinati, non sono mai andato nel panico, perché sapevo che sulla bici c’era di nuovo il miglior Remco. Parliamo di potenza giusta. Capacità di maneggiare la bici. Tanti piccoli step che mi hanno aiutato a credere nuovamente in me stesso e a spingermi di nuovo oltre i miei limiti. Sono cose che vengono da sé, in modo fluido, ma in modo diverso dal primo anno in cui sembrava che dovessi solo schioccare le dita. Ho capito che puoi avere tutto il talento del mondo, ma senza testa e lavoro non si va troppo lontano».

Al traguardo come in un sogno, braccato da un amico dell’ambiente
Al traguardo come in un sogno, braccato da un amico dell’ambiente

Prima di andarsene racconta che ieri ha mandato un messaggio al suo primo allenatore, scrivendogli che ogni sforzo fatto finora è stato per vincere la Liegi e che prima o poi ci sarebbe riuscito. Poi rende merito a Philippe Gilbert, che definisce un eroe belga e aggiunge di essere fiero di aver vinto la sua ultima Liegi. E poi annuncia che d’ora in poi tornerà in modalità corse a tappe, puntando al Giro di Svizzera e poi alla Vuelta. La Liegi è finita, stasera ci sarà da scrivere per alcuni e brindare per altri. Ma se davvero è tornato il Remco di prima, prepariamoci a vederne delle belle.

Jakobsen, volata pazzesca, riporta il sorriso alla Quick Step

27.02.2022
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Ieri sera a tavola Lefevere è andato giù duro. Jakobsen adesso ride e dice che lui tutto sommato era comodo nella sua sedia, non avendo corso l’Het Nieuwsblad. Ma quando i colleghi fiamminghi gli chiedono di ripetere le parole del team manager della Quick Step-Alpha Vinyl, l’olandese fa un gran sorriso e dice di non parlare lo stesso dialetto.

«Siamo una squadra e un gruppo di amici – dice a margine della Kuurne-Bruxelles-Kuurne appena conquistata – ma questo è il nostro lavoro. A tavola abbiamo parlato e Patrick a suo modo ci ha detto di essere attenti e aggressivi. Non parlo il suo dialetto, ma garantisco che l’ho capito molto bene. Non ricordo i dettagli (ride, ndr). E oggi che toccava a me, spero di aver riportato il sorriso anche a lui».

Un boccale di birra

Adesso sono cinque a due. Cinque le vittorie di Fabio Jakobsen, due quelle di Cavendish, in quella sorta di braccio di ferro non dichiarato fra i due super velocisti della Quick Step-Alpha Vinyl che entrambi tendono a ridimensionare.

Nel team belga oggi si respira un’aria diversa dai mezzi toni di ieri dopo l’Het Nieuwsblad. Tanto che per salire sul gradino più alto del podio, Fabio ha fatto un salto che dava l’idea della sua freschezza, malgrado la corsa e lo sprint vinto dribblando un mucchio di avversari.

Poi gli hanno consegnato l’asino, simbolo della città e degli abitanti che andavano al mercato della vicina Kortijk trasportando le mercanzie sul dorso dei quadrupedi che ragliando svegliavano i cittadini. E alla fine gli hanno messo in mano un maxi boccale di birra Kwaremont, in cui l’olandese ha bagnato le labbra e un bel sorso poi l’ha buttato giù.

Anche oggi si è corso tra ali di folla: il Belgio ha riaperto
Anche oggi si è corso tra ali di folla: il Belgio ha riaperto

Rispetto per l’Ucraina

Quando arriva in sala stampa per raccontare la vittoria, Jakobsen ha il cappello calato sugli occhi e sotto i gambali pulsano le due gambone che anche oggi gli hanno permesso di fare la differenza. Per i belgi è festa grande. Dopo il gigante delle classiche, ecco quello dello sprint: un’apertura migliore era difficilmente immaginabile. Eppure la sensazione è che Fabio sia figlio di tutti, come accade quando qualcuno è sul punto di morte e si prega tutti per lui. E lui che forse capisce, inizia dalla fine.

«In Belgio e in Olanda – dice con la voce che si increspa – siamo tutti contenti di aver potuto ricominciare a correre, con il pubblico sulle strade. Oggi era pieno di gente a fare il tifo per ragazzi di 25 anni che combattevano per vincere una gara di biciclette. Ma adesso il mio pensiero va a ragazzi della mia stessa età che stanno combattendo per la loro vita in Ucraina. E’ bello essere qui, ma non dimentichiamoci di loro».

A 10 chilometri dall’arrivo, Quick Step in testa per chiudere sui tre fuggitivi
A 10 chilometri dall’arrivo, Quick Step in testa per chiudere sui tre fuggitivi

Pressione e velocità

Deglutisce a fatica, come gli capitò nel ritiro di Calpe ricordando la risalita dopo l’incidente e poi si predispone per rispondere alle domande.

«Ho iniziato lo sprint da lontano – dice – perché a un certo punto ho avuto la sensazione che i tre di testa non li avremmo più ripresi (Laporte, Narvaez, Van der Hoorn, ripresi ai 200 metri, ndr). Vincere così mi fa sentire bene, la velocità mi piace. Dio mi ha dato due gambe veloci ed è mio dovere usarle per vincere gli sprint. Mi sento fra i primi cinque al mondo e non vado oltre, perché non è facile fare classifiche. Lo sport di vertice porta con sé la pressione e per uno sprinter questa è anche maggiore, perché la squadra lavora per te e hai pochi secondi per concretizzare il loro lavoro».

Una volata prepotente e lunga per essere certo di riprendere i fuggitivi
Una volata prepotente e lunga per essere certo di riprendere i fuggitivi

Sogno Sanremo

GIi chiedono infatti se percepisca un cambio di atteggiamento della squadra, ipotizzando che l’anno scorso lo abbiano portato alla Vuelta come bonus per premiare il suo ritorno dopo l’incidente. E Jakobsen appena lo sente scarta come in volata.

«Nessun premio – ringhia sommessamente – né contentino. La Vuelta dello scorso anno fu un progetto dopo le due vittorie al Tour de Wallonie. E mi ha permesso di fare un bell’inverno. Ho lavorato tanto e sono tornato al livello che avevo prima dell’incidente. Ora sono in grado di sprintare per la vittoria, ma sono consapevole di dover fare ancora dei progressi. Ad esempio oggi Caleb Ewan mi ha fatto i complimenti, essendo arrivato secondo. Ma io so bene che nei prossimi sprint, alla Tirreno e alla Sanremo, lui sarà avvantaggiato. Sogno la Sanremo, così come sogno la Gand-Wevelgem, ma forse è presto. Devo crescere, ma la forma è questa, quindi ci proverò».

Ewan si è complimentato con Jakobsen e ora punta su Sanremo
Ewan si è complimentato con Jakobsen e ora punta su Sanremo

Le gambe bruciano

La squadra ha avuto una grande reazione, che sia stato per le parole di Lefevere o per aver fiutato finalmente la vittoria.

«Abbiamo messo in atto una buona strategia – spiega Jakobsen – con Kasper Asgreeen che dopo la fuga è diventato pilota del nostro treno. C’erano ancora i fuggitivi davanti, ma con Lotto e Israel avevamo interessi comuni e alla fine siamo riusciti a riprenderli. Non vi nascondo che negli ultimi strappi ho sentito le gambe bruciare, non è stato facile. A volte sembra che le volate si vincano facilmente, ma in realtà la cosa più difficile è arrivare a farle».

E Lefevere a sorpresa riapre la porta sul Tour

12.01.2022
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Il capo ha la pelle abbronzata e la camicia bianca. Ha appena compiuto 66 anni, ma conserva la verve di quando correva e di ogni battaglia delle ultime 30 stagioni. Tanti sono gli anni della squadra di Patrick Lefevere, come si legge anche sulle tazzine personalizzate in cui i corridori stamattina hanno bevuto il caffè al Bar Velo, roulotte della Quick Step-Alpha Vinyl posizionata lungo la strada a uso dei fotografi e per finalità di marketing.

Nell’accogliere la stampa al raduno di Calpe, Patrick (in apertura nella foto di Sigrid Eggers) ha tracciato un rapido bilancio 2021 del team e poi, con un ruggito d’orgoglio, ha sottolineato che qualcuno se ne è andato, ma la struttura resta forte e non ci sono traguardi preclusi. E’ bastato guardarsi intorno e vedere nelle immediate vicinanze Alaphilippe, Evenepoel, Jakobsen, Cavendish, Morkov, Asgreen, Bagioli, Ballerini e Cattaneo per avere la sensazione del piatto ricco.

«Sono ottimista – conferma dopo averci raggiunto su un divanetto tondeggiante – abbiamo perso dei buoni corridori, ma abbiamo tirato a bordo dei giovani molto interessanti. Chi mi conosce sa che l’ho sempre fatto, da Pozzato e Cancellara alla Mapei, passando per Mas, Alaphilippe e Cavagna e anche quello là…».

Lefevere ha fatto gli onori di casa nell’hotel di Calpe, accogliendo 32 giornalisti da tutta Europa
Lefevere ha fatto gli onori di casa nell’hotel di Calpe, accogliendo 32 giornalisti da tutta Europa

Al Tour chi meriterà

Il gesto di sollevare il mento, orienta il nostro sguardo verso Remco Evenepoel, che sta seduto davanti alla telecamere di Sporza e si racconta come il reuccio nel giardino di corte. I temi sono tanti, Patrick ha voglia di parlare e il discorso parte da Cavendish, che mezz’ora fa si è trincerato dietro una sorta di mutismo selettivo per non dire quel che probabilmente pensa. Un ciclista professionista fa così, ha ripetuto più volte. E adesso le parole del manager del belga diventeranno benzina.

«La storia di Mark e la mia – dice Lefevere – è ben conosciuta. Andò via per un fatto di soldi, io non potevo tenerlo e lui giustamente accettò la proposta. Quello che mi disse quando venne a parlarmi alla fine del 2020 mi ha spezzato il cuore, così ho deciso di correre il rischio. Non sapevo come sarebbe stato riaccolto, ma la squadra lo ha assecondato, lui ha lavorato sodo e i risultati si sono visti. Non era nei piani che andasse al Tour, ma è stato bravo a sfruttare l’occasione. Per cui anche adesso è presto per dire cosa succederà a luglio, ma non mi va che tutti questi discorsi vengano strumentalizzati. Al Tour andrà chi meriterà di andarci».

La grinta del pitbull

Quando però si parla di Jakobsen e di tutto il baccano che si fece dopo la caduta al Polonia, il capo prova a fare una marcia indietro rispetto alle dichiarazioni che gli furono attribuite e che a suo dire venero mal tradotte.

«In alcuni casi le traduzioni non sono state oneste – dice – per cui è uscito che secondo me Groenewegen abbia voluto uccidere Fabio. Io non l’ho mai detto, posso aver detto che con certe condotte si rischia di uccidere qualcuno. Ma prima di scrivere una cosa del genere, non vuoi almeno chiamarmi? Mi hanno attaccato quasi fossi un criminale. E’ venuto fuori un profilo Facebook a mio nome, ma io non ho un profilo Facebook. Ho provato a farlo chiudere, ma sembra sia impossibile. Capisco che ci sia tanta pressione. I giornali non vendono più come prima, ormai si gioca tutto su titoloni e foto. Ma io sono un pitbull, se tocchi i miei corridori, io ti assalto. Sono corretto se lo sei nei miei confronti».

Con Alaphilippe sul podio del primo mondiale a Imola: Lefevere ha accolto il francese in squadra da neopro’
Lefevere ha accolto Alaphilippe in squadra da neopro’

Porte aperte

Con lo stesso carisma si è imposto sui dottori del team, pretendendo di aprire il ritiro alla stampa. Per farci entrare hanno richiesto due tamponi, ma per gli sponsor e per il pubblico (ovviamente soprattutto quello belga per cui il ciclismo è una religione) c’era bisogno che il team ci mettesse la faccia. E lo hanno fatto.

«La squadra non è più debole – dice – ma non è il tempo di fare esperimenti. Julian (Alaphilippe, ndr) metterà da parte l’idea del Fiandre. Ha provato, è caduto due volte e si è convinto di tornare al programma di prima. Tre anni fa ci potevamo permettere di giocare, ma ora ci sono Pogacar, Roglic e gli altri e bisogna concentrarsi bene sugli obiettivi. Lui c’è sempre e quando attacca la corsa prende la svolta decisiva. Adesso bisogna che troviamo il modo di vincere noi certe corse».

Lefevere si è prestato a tutte le interviste e ha parlato del team con grinta e grande determinazione
Lefevere si è prestato a tutte le interviste e ha parlato del team con grinta e grande determinazione

Il valore di Remco

Nel frattempo Remco si è alzato. I due si sono scambiati uno sguardo d’intesa. Le interviste si succedono, la pedalata del mattino è stata volutamente blanda.

«Nel 2021 – dice indicandolo – ha imparato tanto. Ha avuto finalmente un buon inverno, anche se hanno cancellato l’Argentina. Il rientro al Giro non è andato bene, ma parlarne dopo o dal divano è troppo facile. Davanti alla tivù, vincerei tutte le corse. Una volta presa la decisione, abbiamo fatto il nostro meglio. E tutto sommato, ha avuto un giorno storto a Montalcino e nonostante dicessero che non sia capace di guidare, lui è passato illeso nel punto in cui sono caduti Nibali e Ciccone, ma qualcuno lo ha tirato giù colpendolo da dietro. Per Remco sarà un anno importante. Può vincere classiche e corse a tappe, il punto con lui però sono quelle di tre settimane. La Vuelta servirà per capirlo. Per cui faremo prima una stagione normale, con la Tirreno e le Ardenne. Ci sarà uno stop dopo il Romandia, quindi Delfinato o Svizzera e poi altura durante il Tour. E quel punto Vuelta e finale di stagione. Se tutto andrà liscio, alla fine di un anno come questo, potremo capire che corridore sia Remco Evenepoel».

Gaia Masetti: un’emiliana alla corte di Lefevere

10.12.2021
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Si sente dalla voce, che Gaia Masetti non sta nella pelle. E’ una delle tante italiane che quest’anno hanno trovato un ingaggio all’estero, ma il suo è un caso speciale, perché la millennial di Sassuolo (è nata nel 2001) è parte integrante del nuovo progetto di Patrick Lefevere.

Ripercorriamo rapidamente le tappe: il patron della Quick Step-Alpha Vynil ha deciso di investire, come molte altre realtà del WorldTour, nel ciclismo femminile, ma lo ha fatto a modo suo, associandosi non a un team già affermato nel WorldTour femminile, bensì a una formazione completamente under 23, la NXTG Racing di stanza in Olanda, con l’obiettivo di far crescere una serie di prospetti e arrivare al suo grande target, una vittoria al Tour de France attraverso ragazze fatte crescere direttamente sotto il suo controllo. Tra le 16 prescelte, c’è anche un’italiana, Gaia Masetti.

L’emiliana (che nella foto di apertura presa da Instagram è ritratta alla Valenciana 2021) aveva contatti per lasciare la Fassa Bortolo e approdare in un’altra squadra italiana, ma a ottobre è arrivata la chiamata dall’Olanda e Gaia si è messa subito al lavoro: «Diciamo che non mi sono mai fermata del tutto, anche se solo da una settimana comincio a fare le cose un po’ più seriamente».

Masetti strada
Fra Valcar, Inpa San Vincenzo e Fassa Bortolo, la Masetti ha girato l’Italia come team. Ora si va in Olanda…
Masetti strada
Fra Valcar, Inpa San Vincenzo e Fassa Bortolo, la Masetti ha girato l’Italia come team. Ora si va in Olanda…
Chi conosci del team olandese?

So che quest’anno ci sarà Jolien D’Hoore sull’ammiraglia, l’ho vista spesso in corsa e l’ammiro molto per i suoi risultati, per il resto sono tutte sconosciute, ma non è un problema. So che la squadra olandese mi seguiva da tempo, sin da quando ero junior e feci bene a Cittiglio al Trofeo Binda (seconda nel 2019, ndr). Al Tour de l‘Ardeche, dove sono stata sesta fra le giovani, abbiamo avuto i primi contatti, poi quando hanno saputo che cercavo squadra si sono fatti avanti e a fine ottobre abbiamo messo tutto nero su bianco.

Sarai l’unica italiana in un team multinazionale…

Sì, so che ci sono atlete da Australia, Nuova Zelanda, Inghilterra, Svezia, ma lo zoccolo duro è olandese e belga. Occasione migliore per crescere non c’è…

Masetti ciclocross
Gaia Masetti ha praticato anche il ciclocross, finendo terza ai Tricolori 2016 da Esordiente 2° anno
Masetti ciclocross
Gaia Masetti ha praticato anche il ciclocross, finendo terza ai Tricolori 2016 da Esordiente 2° anno
Conosci Lefevere?

Non di persona, ma so bene chi sia e quel che ha fatto nel mondo del ciclismo. Sapevo che cercava un team femminile e quando ho visto che entrava nel team è stata davvero una bella cosa. Una persona con la sua storia che ci mette la faccia in un progetto simile è ben più che una garanzia. Sappiamo che in un paio d’anni vuole portare il nostro team nel WorldTour facendolo crescere, puntando su ragazze giovani, ora sta a noi far sì che il progetto si realizzi e io ce la metterò tutta.

Dove pensi di poter emergere?

Io sono una ciclista da classiche, da gare d’un giorno. Reggo bene gli strappi brevi e anche nelle volate di gruppi ristretti posso dire la mia, penso di essere abbastanza completa da questo punto di vista e il fatto che con la NXTG potrò fare le Classiche del Nord mi dà un’enorme carica. In quel corposo mazzo di corse non ci sono solo le gare WorldTour, tra tanti eventi posso trovare quello giusto per me. Anche perché adoro quelle strade e quel clima.

Masetti Fassa 2021
L’emiliana ha corso due anni al Top Girls Fassa Bortolo: qui è alla Vuelta Comunitat Valenciana
Masetti Fassa 2021
L’emiliana ha corso due anni al Top Girls Fassa Bortolo: qui è alla Vuelta Comunitat Valenciana
Pensi quindi di trasferirti?

Non in pianta stabile. Farò un po’ la spola, con il team siamo però d’accordo che nel periodo di attività intensa al Nord starò lì, con base a Oudenaarde. Certamente vivrò più là che a casa mia…

E come l’hanno presa i tuoi genitori?

Sono felicissimi, dicono che è un premio per i miei sacrifici. Io ho investito tutta me stessa sul ciclismo, voglio che diventi una professione e loro mi hanno detto che potrò imparare molto più in un anno lì che 10 in Italia. E’ chiaro che gli mancherò come loro a me, ma è importante fare questo passo.

Masetti bambina
Gaia ha iniziato a 6 anni. Ha corso anche nel team Bikedynamics, fondato da suo padre insieme a Paolo Slongo
Masetti bambina
Gaia ha iniziato a 6 anni. Ha corso anche nel team Bikedynamics, fondato da suo padre insieme a Paolo Slongo
Da quello che dici sembri una ragazza molto inquadrata sul ciclismo: non ti pesa rinunciare a qualcosa più legato alla tua giovane età?

Quando sei contenta di quello che fai non sono veri sacrifici. Io voglio un futuro in questo mondo, piangere e lamentarmi perché manca qualcosa non è nella mia indole, per questo rinunciare a qualche uscita non mi pesa, poi naturalmente ho anch’io i miei momenti di svago.

Questa passione quando è nata?

Se devo dire, da che mi ricordo. Mio padre ha corso da dilettante e poi da amatore, poi ha coinvolto mio fratello, alla fine sono arrivata io. Da piccola pensavo che il ciclismo fosse uno sport maschile, poi mi hanno messo su una bici, portato a una gara, mi sono ritrovata con i fiori in mano e non ho più smesso…

Cavendish caduta 2021

A Gand un weekend da incubo per Cavendish

24.11.2021
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Ci sono weekend che non vanno mai come vuoi. Per Mark Cavendish quello appena passato è stato davvero da incubo, fra un contratto con la Quick Step che non giunge a buon fine e una serata finale alla Sei Giorni di Gand finita in ospedale.

Andiamo con ordine. Il patron del team Patrick Lefevere era stato chiaro: «Voglio che si giunga a una soluzione entro la settimana, non possiamo continuare, la cosa mi sta dando sui nervi». Lefevere si era recato alla Sei Giorni proprio per parlare con il suo ragazzo: nessuno nell’ambiente ritiene che non si arriverà a un accordo, ma il tempo passa e gli animi si accalorano. Il problema? Cavendish vuole un aumento di stipendio, Lefevere vuole invece aumentare gli incentivi e non la base contrattuale: «Mi ha anche chiesto di lavorare con me per un futuro da dirigente in società: possibile che mi tocchi pagare per insegnare a qualcuno? Non ha senso…».

Tutto per colpa di una borraccia…

Evidentemente non era un Cavendish sereno quello che ha preso il via per l’ultima americana. La situazione era appassionante, con 4 coppie in lotta per il successo, davanti a tutti i due campionissimi danesi Morkov e Hansen, poi i belgi De Ketele e Ghys, Cavendish con l’altro belga Keisse, il tedesco Kluge con il padrone di casa De Buyst. Nel pieno della lotta è accaduto che qualcuno, prendendo il rifornimento, ha fatto cadere il liquido dalla borraccia: «Si è formata una pozza d’acqua, sulla quale è passato prima il mio compagno Thijssen – racconta Michele Scartezzini, l’unico italiano in gara – ma è rimasto in piedi, dietro De Ketele ha sbandato, Hansen è caduto e su di lui è piombato Cavendish franando sulla pista».

Il grande giorno di De Ketele

Una botta tremenda: «Ci sono voluti molti minuti perché tornasse in piedi, l’ho visto avvicinarsi al suo box da solo, non sembrava tanto claudicante, ma evidentemente non respirava bene”. In ospedale la diagnosi è stata due costole rotte e un lieve pneumotorace. Stop alla preparazione e tensione per il gallese sempre più alta.

Keisse ha continuato da solo, Hansen è tornato in gara ma non era più lui e e ha potuto dare uno scarso contributo alla coppia nella lotta per il successo, tanto che i danesi hanno perso 6 giri rispetto a De Ketele e Ghys, alla fine vincitori a pari giri con Kluge e De Buyst. Per De Ketele è stata un’apoteosi, nella sua ultima Sei Giorni di Gand, chiusa in un’atmosfera di festa dove miglior saluto non poteva avere.

Gand pubblico 2021
Parterre pieno a Gand, ma per i tifosi era vietato bere. Altrimenti doveva accomodarsi in tribuna
Gand pubblico 2021
Parterre pieno a Gand, ma per i tifosi era vietato bere. Altrimenti doveva accomodarsi in tribuna

Per Scartezzini anche una vittoria

Per Scartezzini non è stata la settimana che si aspettava: «Ho visto sin dal primo giorno che le cose non andavano, soprattutto che Gerben (il suo compagno Thijssen, ndr) non era in grande condizione, al contrario di quel che mi aveva detto i giorni prima e che lui stesso pensava. Nell’americana della prima sera a un certo punto mi sono ritrovato solo: si era fermato perché non ce la faceva… In una Sei Giorni vai avanti in classifica solo se si funziona in due».

Il vicecampione del mondo della madison ha quindi pensato soprattutto alle prove individuali, per testarsi in vista della ripresa della Champions League del prossimo fine settimana: «Ho anche vinto una corsa a punti, la condizione non è male, devo dire che questi giorni sono stati comunque utili».

Scartezzini Thijssen 2021
Scartezzini e Thijssen ai box: il belga è stato appena preso dall’Intermarché Wanty Gobert
Scartezzini Thijssen 2021
Scartezzini e Thijssen ai box: il belga è stato appena preso dall’Intermarché Wanty Gobert

Si riparte, destinazione Lituania…

Scartezzini, che per la cronaca ha chiuso al penultimo posto insieme al compagno di squadra belga a 57 giri ai vincitori, ha vissuto una Sei Giorni un po’ diversa dal solito: «A Gand eravamo abituati a vedere sempre il pienone, invece lo si è registrato solo nel weekend, inoltre devo dire che l’organizzazione è stata molto attenta nella gestione della sicurezza. Si poteva entrare solo con il Green Pass, la vendita di birra era permessa solo nelle zone attigue alle tribune ma non sul parterre, dove normalmente avveniva e questo ha un po’ cambiato le cose».

Appena tornato a casa, un paio di giorni di riposo e poi di nuovo in sella, pensando alla prossima tappa della Champions League che sabato lo vedrà impegnato a Panevezys in Lituania. L’azzurro è intenzionato a migliorare la sua dodicesima posizione in classifica: «Riparto con una maggiore consapevolezza, anche nella gestione dei rapporti a Gand la situazione è migliorata, segno che la gamba è più tonica. Sono curioso di vedere quel che succederà». Degli avversari, nessuno era a Gand, magari è un vantaggio…

Un altro anno con l’iride in casa: Tegner, come si gestisce?

04.10.2021
5 min
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Che cosa significa per una squadra, la Deceuninck-Quick Step in questo caso, aver avuto in casa il campione del mondo? E che cosa significa averlo di nuovo? In questo mondo fuori dal mondo, in cui i team non percepiscono diritti televisivi o ricavi da biglietti e gli sponsor investono cifre importanti senza alcun ritorno certificabile, fare un tuffo nel marketing di una squadra può offrire spunti nuovi. E se il responsabile di queste strategie è per giunta un amico, Alessandro Tegner, conosciuto vent’anni fa quando curava la comunicazione della Mapei e ora titolare anche di AT Communication, il viaggio finisce col trasformarsi in una lunga immersione.

«Quando hai il campione del mondo – dice Tegner, in apertura con Davide Bramati – la percezione della squadra è diversa, perché quella maglia catalizza l’attenzione. In più Julian (Alaphilippe, ndr) è un generoso e questo piace alla gente. Ma è anche un campione che deve restare concentrato, per cui cerchiamo di stressarlo il meno possibile. Pochi eventi, tre cose importanti all’anno perché possa fare bene il suo lavoro. E tutto intorno c’è invece il nostro…».

Tour 2019, Alaphilippe ancora in maglia gialla. Lefevere con lui in conferenza stampa
Tour 2019, Alaphilippe ancora in maglia gialla. Lefevere con lui in conferenza stampa
Ecco, bravo… Che lavoro fai?

Bella domanda, me lo chiedo anche io. Tanto marketing, supervisione della comunicazione e relazione con gli sponsor. E’ tutto interconnesso. I partner sono interessati alle attivazioni possibili, per cui si cerca di creare contatto fra lo sponsor e l’attività di marketing. Poi c’è Wolfpack, che è iniziato come una cosa fra noi e invece sta diventano un marchio che ci rende riconoscibili.

In Belgio il ciclismo è super popolare. E’ anche ambito dalle aziende?

Le aziende scelgono e usano la squadra per le loro campagne. Ma alle spalle, c’è un lavoro di preparazione da parte nostra perché la squadra possa diventare un traino per chi ci investe. C’è un marketing rivolto agli sponsor con asset realizzati su misura e poi c’è il marketing della squadra.

Ti ha aiutato aver lavorato prima a contatto con la stampa?

Quelli della mia età nelle squadre hanno acquisito un’infarinatura totale. Abbiamo vissuto il passaggio da analogico a digitale e la trasformazione dei team in aziende. Dal 2006 al 2014 seguivo anche le pubbliche relazioni per gli sponsor alle corse, creando campagne per valorizzare la squadra. Così ho capito come funzionava il meccansimo.

Tegner è passato dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketing
Tegner è passato dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketing
Ti intendi bene con Patrick Lefevere?

Come tutti i leader di carisma, lascia molta autonomia, ma in cambio ovviamente pretende risultati. Ci sentiamo quotidianamente. Quando arrivai in questo gruppo con Bettini, Guercilena, Bramati e pochi altri, non scommettevo che sarei durato sei mesi. Era una sfida. Invece fra poco festeggerò i 20 anni. L’esperienza Mapei e quegli anni di sperimentazione di come si potesse inquadrare una squadra come un’azienda, si sono rivelati preziosissimi.

E intanto hai persino imparato a parlare il fiammingo…

Mi piacciono le lingue. In squadra usiamo l’inglese, perché Patrick ha sempre voluto mantenere un tasso di internazionalità. Con lui parlo sempre in italiano. Ma capire una conversazione in fiammingo, con il meccanico o con lo sponsor, è un modo importante per entrare nel loro tessuto sociale. Creare sintonie e sinergie è da sempre il mio credo.

Belgio e Italia.

Belgio e Veneto. Trovo affinità fra le due culture del lavoro. Il tessuto economico della Silicon Valley del Belgio – fra Gand, Courtrai e Bruges – fa pensare a quello dell’area di Conegliano e Montebelluna, dove vivo. Dove la cultura del lavoro è ancora importante.

Lefevere è molto attivo nella cura degli sponsor e nelle fasi di rappresentanza. Qui è con Zdenek Bakala, proprietario del team
Lefevere qui con Zdenek Bakala, proprietario del team
Torniamo al campione del mondo.

Quest’anno ha vinto quattro corse. Una tappa alla Tirreno. La Freccia Vallone. La prima tappa del Tour con la maglia gialla. Il mondiale. Però si piazzato anche 14 volte nei primi cinque. Lo abbiamo lasciato correre libero, sapendo quanto pesi quella maglia e l’anno prossimo sarà lo stesso. Gli sponsor capiscono. Faremo le nostre sessioni di foto a gennaio e febbraio e poi lo lasceremo in pace.

Basta davvero così?

Cerchiamo di razionalizzare la promozione che lo riguarda. In più, tolti gli spazi fissi, gli chiediamo delle finestre in cui poter eventualmente fare qualcosa. A dicembre si fanno i programmi delle corse e quelli delle attività collaterali. Dopo la Liegi ad esempio facemmo due attività di marketing importantissime con Lidl e a casa di Julian con installazioni dei nostri sponsor. E poi altre due durante l’anno.

Julian si presta sempre?

Lui è come lo vedete. E’ così legato a questa squadra, che quando tagliò il traguardo della tappa del Tour, andò da Patrick e gli chiese se fosse contento.

Con la vittoria di Leuven, inizia il secondo ano da iridato di Alaphilippe
Con la vittoria di Leuven, inizia il secondo ano da iridato di Alaphilippe
La squadra ha lasciato andare parecchi corridori allettati da offerte superiori. C’è mai stato il rischio di perdere Alaphilippe?

Nel ciclismo di oggi, chi ha Pogacar, Roglic, Van der Poel, Van Aert e Alaphilippe difficilmente se li lascia scappare. Lui in più è anche personaggio, sa coinvolgere, viene facile tenerselo legato. E’ una grande ispirazione per gli sponsor, non si scelgono i corridori solo per il numero delle vittorie. Ha con tutti noi e con lo stesso Lefevere un rapporto bellissimo.

Hai la tua agenzia, sei un pezzo importante della squadra, cosa manca ad Alessandro Tegner?

Se devo dirvi la verità, mi manca il rapporto coi giornalisti, che negli anni mi ha permesso di avere con alcuni di loro delle relazioni umane importanti. Ma faccio un lavoro bellissimo. Sono fiero della mia AT Communication e dei miei collaboratori. Ci vediamo sabato al Lombardia. La stagione non è ancora finita e già quasi si pensa a come ricominciare.

Ciclismo social 2021

Ciclismo e social network: il viaggio continua

29.08.2021
6 min
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Social network sites e sport, un tema molto complesso da affrontare e che si sta studiando ancora molto. Ci concentriamo allora sul mondo della bicicletta, ma prima partiamo da qui: sempre più persone utilizzano i social network durante gli eventi sportivi che seguono (il 45% degli utenti secondo il 2020 Sprout Social Index); sempre più persone utilizzano i social principalmente per seguire lo sport (dal 15% del 2016 al 22% del 2019 secondo il global web index); sempre più persone sostengono che non necessitano di seguire gli eventi sportivi in diretta per mantenersi aggiornati sui loro sport, squadre o atleti preferiti, bastano appunto i social network sites.

Questi dati restituiscono la dimensione della crescita esponenziale dell’influenza dei social sul mondo dello sport. Il ciclismo non è esente da questo processo che riguarda un po’ tutto in realtà, ma che è particolarmente forte in quest’ambito, proprio dati alla mano. Questa convivenza sempre più stretta può essere però un’arma a doppio taglio tanto per i professionisti, quanto per i fan e le aziende. Da un lato un utilizzo positivo ed equilibrato permette di migliorare il rapporto tra amatori e professionisti, ma anche di creare tifosi fedeli e, per le aziende, magari trasformarli in clienti. Dall’altro lato un uso inconsapevole o sbagliato del mezzo danneggia le reputazioni, genera tensioni e può inficiare sul benessere di tutto l’ambiente.

De Marchi Giro 2021 Regeni
Alessandro De Marchi in rosa: al Giro ha dato risalto con un semplice braccialetto alla campagna per la verità su Giulio Regeni
De Marchi Giro 2021 Regeni
Alessandro De Marchi in rosa: al Giro ha dato risalto con un semplice braccialetto alla campagna per la verità su Giulio Regeni

C’è tanto di buono…

Altri esempi in questo senso possono essere iniziative di sensibilizzazione sulla sicurezza della strada nelle quali ci siamo impegnati anche noi di bici.pro, oppure spinte politico-sociali come il messaggio che ha voluto dare Alessandro De Marchi in maglia rosa al Giro d’Italia indossando il braccialetto di Giulio Regeni, gesto diventato ancora più rilevante e virale grazie agli apprezzamenti e le discussioni di facebook, instagram e twitter.

Gli esempi non mancano né per una faccia della medaglia né per l’altra. In positivo pensiamo all’iniziativa recente di Lachlan Morton che ha corso un Tour de France parallelo a quello ufficiale con l’intento di raccogliere donazioni per la World Bicycle Relief, ma anche di promuovere un modo diverso di vivere il ciclismo. Senza i social probabilmente la sua impresa non avrebbe mai visto la luce, o comunque avrebbe avuto un impatto e un seguito decisamente inferiore considerando anche il rapporto quasi intimo che ha instaurato con chi lo ha seguito online passo passo fino agli Champs Elysèes.

Morton Tour 2021
Lachlan Morton, un Tour in totale solitudine, ma vissuto in forte condivisione sui social
Morton Tour 2021
Lachlan Morton, un Tour in totale solitudine, ma vissuto in forte condivisione sui social

… e altrettanto di negativo

Abbiamo parlato di vantaggi personali ed economici: pensate quanto uno come Sagan abbia beneficiato dalla cassa di risonanza social, tenendo vivo il rapporto coi fan anche in periodi di magra. Infine si può parlare dell’account ciclismo ignorante, un esempio dal basso, che fa comunità creando forme espressive ricorrenti (cosiddetti tormentoni) che vanno a formare anche una cultura comunitaria, un insieme di simboli condivisi.

L’altro volto dei social, quello “oscuro” è purtroppo altrettanto ricco: pensiamo al tema, sottolineato da Giovanni Visconti, degli insulti e della pressione mentale che i corridori subiscono dal pubblico, il quale ha ormai un canale diretto per farsi sentire (nel bene e nel male appunto). Sempre lato corridore c’è la necessità di utilizzare consapevolmente il medium considerando il ruolo sociale che si ricopre e l’impatto delle proprie azioni virtuali. La sospensione di Quinn Simmons dalla sua stessa squadra, la Trek-Segafredo, per dei tweet discutibili è emblematica di tutto ciò. Anche le squadre e le aziende devono sempre evitare scivoloni, costrette comunque a produrre un costante flusso di contenuti per questioni di marketing.

Simmons 2021
Per il giovane americano Quinn Simmons l’uso improprio dei social è stato foriero di guai
Simmons 2021
Per il giovane americano Quinn Simmons l’uso improprio dei social è stato foriero di guai

Corridori maturi e soluzioni

Poi c’è anche il discorso che faceva Valerio Agnoli, sempre da noi, sull’eccessiva informazione che investe amatori e pro’ indifferentemente, portandoli a stressarsi e paragonarsi a standard irrealistici, promossi falsamente sui social, quando non a seguire indicazioni scorrette su alimentazione, metodi di allenamento estremi e così via.

Infine potendo discutere senza moderazione si formano ambienti in cui le opinioni si radicalizzano, contrapponendo i tifosi delle proprie idee o dei propri corridori/squadre. A farne le spese sono per primi gli stessi appassionati, ma è poi la comunità tutta che ci rimette, scoraggiando eventuali nuovi membri e rendendo pesante la condivisione.

Le soluzioni sono complesse, come del resto è complesso il problema perché sociale e in quanto tale andrebbe affrontato. E’ fondamentale un’educazione digitale, che dovrebbe partire fin dalle scuole: se in piazza non aggredisci verbalmente l’altro, non dovresti farlo neanche sulle piazze virtuali. La tecnologia però rende tutto più distante, mediato e quindi dà l’illusione di essere meno reale, con conseguenze invece più che reali e concrete.

Lefevere 2021
Lefevere, team manager della Deceuninck, spesso manda segnali tramite i social che aprono discussioni e creano mosse di mercato
Lefevere 2021
Lefevere, team manager della Deceuninck, spesso manda segnali tramite i social che aprono discussioni e creano mosse di mercato

Si afferma una nuova figura

Poi sarebbe importante la comprensione del medium, la stesura di linee guida da seguire per corridori, aziende e squadre. Magari anche affidarsi quando possibile a professionisti, sia psicologi che possano sostenere i corridori come suggeriva Visconti, sia del digitale e dei social media. Un social media manager permette al corridore di mantenere i vantaggi economici condividendo il peso mentale del dover star dietro alla propria immagine digitale (aspetto sottolineato da Velasco). Allo stesso modo le squadre o le aziende meno conosciute possono farsi un nome più velocemente e ottenere più facilmente sponsor. Quelle più affermate già si affidano a degli esperti e appunto non è un caso.

Per chiudere il discorso, queste dinamiche e questi pro e contro riguardano come detto un po’ tutti gli sport e la comunicazione digitale sportiva. In cosa si distingue allora il ciclismo oltre nell’avere protagonisti diversi? E’ semplice, la comunità online riflette quell’essere un “circo” quasi chiuso che caratterizza la grande famiglia della bicicletta. Tutto sembra ancora più vicino, squadre, diesse, persino dirigenti come Lefevere, molto attivo su Twitter. Questa dimensione “raccolta” amplifica ulteriormente la forza mediatica di questi mezzi. Se c’è un’opinione diffusa arriva a tutti, se c’è un discorso condiviso partecipano veramente tutti.

La discussione sulle borracce

Ricordate le polemiche sulle borracce e le nuove normative UCI? In quell’occasione fu fortissima la protesta dei social, forse l’agente principale, insieme agli altri media, che ha spinto poi a rivedere quelle stesse norme. Si è vista una comunità molto unita nel sottolineare l’ipocrisia del “nemico comune” e anche le opinioni dissonanti hanno preso parte a questa discussione. Questi sono momenti che formano la comunità stessa, come la condivisione di eventi importanti, le corse più epiche, vedi Chris Froome che corre a piedi sul Mont Ventoux.

L’ormai epica corsa a piedi di Chris Froome sul Mont Ventoux, in cerca di una bici
Froome 2017
L’ormai epica corsa a piedi di Chris Froome sul Mont Ventoux, in cerca di una bici

Attenzione ai messaggi sbagliati…

Ancora, si può prendere il video-tormentone del DS che risponde in maniera iconica e verace (“il ciclismo è uno sport di m***a”) ad un suo giovane corridore che gli chiede i boccettini lunghi. Per dire su quest’ultimo ci ha scherzato persino Egan Bernal, su un qualcosa che era partito come prettamente locale, settoriale come può essere il ciclismo giovanile italiano. Questa vicinanza però, oltre ad amplificare le negatività dei tifosi verbalmente violenti, causa anche dei circoli viziosi da cui diventa difficile uscire a livello di mentalità. C’è l’esasperazione del controllo di tutto che toglie il divertimento e il gusto dell’andare in bicicletta anche a chi dovrebbe solo godersela.

Queste dinamiche sono ancora più difficili da combattere con il rischio di trovare dell’ostracismo ad ogni livello. Di nuovo pro e contro insomma. Poi, diciamoci la verità, non cambieremmo il nostro circo per nessun altro al mondo, ma è nostro dovere provare a migliorarlo ogni giorno di più, a partire da come ci comportiamo noi stessi nella nostra “famiglia virtuale”.

Petacchi, 10 e lode. Su Cavendish avevi visto giusto

02.07.2021
7 min
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Era il 22 dicembre. E in quei giorni che portavano al Natale, con il pretesto di scambiarci gli auguri, chiedemmo a Petacchi che cosa pensasse del ritorno di Cavendish alla Deceuninck-Quick Step. E lui con grande lucidità scolpì parole che sei mesi dopo si sono rivelate più che profetiche.

«Il Tour, è sempre stato il Tour – disse – Mark pensa solo al Tour. L’ho visto cambiare completamente nel giro di 15 giorni. Presentarsi con un altro sguardo e per giunta dimagrito. Concentratissimo. Se non ha questa motivazione, non vede altro. E forse in quella squadra crede di trovarla. Non credo che il suo sia un problema fisico, quanto piuttosto di testa. Sono due anni che non corre e se ricomincia ad allenarsi bene, magari gli danno la fiducia che poi sta a lui ricambiare. Bisognerà capire se la sua reattività e l’esplosività ci sono ancora. Insomma, non è semplice».

E’ il 2017, Cav è al secondo anno conla Dimension Data, il declino è iniziato
E’ il 2017, Cav è al secondo anno conla Dimension Data, il declino è iniziato

Petacchi buon profeta

Cavendish è tornato e come lui è tornato anche Alessandro, che ai campionati italiani ha ripreso in mano un microfono della Rai. Perciò, volendo riprendere il discorso, lo abbiamo pizzicato di ritorno dai lavori nella nuova casa, in cui ha sistemato una serie di box in cui sua moglie Chiara accoglie e poi dà in adozione cani che così vengono tolti dalla strada.

Bè, dati i risultati degli ultimi mesi, ci avevi visto giusto…

Credo che l’esempio sia lampante. Tutti quelli che vanno via da lì non rendono più come prima, ma non capitemi male. Io lo posso dire perché ci ho vissuto un anno e mezzo ed è un ambiente fantastico, che ti dà qualcosa in più. Essere sereni in un ciclismo esasperato come quello di oggi è molto importante. Io credo che Mark sia benvoluto. E’ rientrato in una situazione in cui era stato bene e credo che come gli altri sia andato via per soldi e si è accorto a una certa età dell’errore che ha commesso. E si è detto: «Cosa mi serve per tornare? La tranquillità».

Tanti se ne sono andati di lì per offerte giganti.

Tutti vanno via per soldi, come Gaviria ed Elia (Viviani, ndr) probabilmente. Andare via di lì è un po’ da folli. Capisco che ci sono tanti corridori, il budget è quello e Lefevere non si può permettere di tenerli tutti. In quella squadra vanno forte ed è naturale che uno li vada a prendere. Ti convinci che la stessa situazione te la ricrei da un’altra parte, ma non è assolutamente così. Perché chi va lì ha sempre il sorriso, non ha mai problemi coi compagni. E chi non si sente al suo posto, alla fine se ne va da solo. Io la vedo così: quella squadra per me è l’ambiente giusto per fare risultato. E Cavendish poteva solo tornare lì. Gli serviva solo che le cose si mettessero tutte in fila.

In che senso?

Secondo me la volata che ha vinto prima del Tour è stata un segnale importante. Poi Bennett ha avuto quel problema. A volte serve anche una mano dal destino.

Perché la volata del Belgio è stata importante?

Sicuramente quando vince, gli scatta una molla in testa. Per quello che lo conosco io, è un ragazzo che un po’ soffre la pressione. E quando si accorge di poter vincere e si sblocca, diventa incontenibile, perché in quella corsa lì si sente il più forte. Poi magari dopo 10 giorni cambia corsa e ricomincia da capo. Questo è quello che ho capito di lui. Poi comunque il Tour lo sente tanto, l’ha sempre sentito tanto e gli ha dato anche tanto.

Sembra esserci tornato dentro benissimo.

Non voglio immaginare quanto possa aver tribolato in quei due, tre giorni prima del via. Sentendo di essere l’unico velocista della squadra e di potersi giocare le sue carte. E di avere soprattutto i compagni che ha e un ultimo uomo come Morkov, che è un fuoriclasse. Negli ultimi anni è il più forte del mondo per quel tipo di lavoro.

Perché dici che ha tribolato?

Per la tensione, per le solite foto che ho visto di lui che sposta i tacchetti dopo l’allenamento, che mette a posto le scarpe, che guarda le misure della bici. Questo è Cav, le stesse cose che faceva al Tour quando c’ero io. Fa parte del suo rituale e alla fine va bene, ci sta tutto. E poi a 36 anni non credo che sia vecchio. Io a 38 anni ho messo la maglia rosa battendo lui. Quindi non mi meraviglio di quello che sta facendo. Lui ha fatto due anni nel posto sbagliato, questo penso.

Si può essere così forti ancora a 36 anni?

Io credo che le qualità a 36 anni ci siano ancora tutte. Sei ancora molto forte, magari quando ti avvicini ai 40 puoi perdere un po’ di esplosività. E’ sicuramente più resistente e ha fatto due anni in cui non ha quasi mai corso. Poi si è rimesso sotto, si è allenato, è andato in ritiro con la squadra giusta, ha fatto chilometri nella maniera giusta, non mi sembra sovrappeso. Ci credeva, lo sapeva che poteva essere il suo anno e poteva ritornare a essere molto vicino al vero Cavendish.

Credi gli sia costato tanto in termini di orgoglio andare a chiedere una maglia a Lefevere?

Alla fine ti rendi conto che sei davanti a un bivio: smetto o cosa faccio? Allora vai lì e gli dici: «Fammi provare un anno, non voglio nulla, dammi il minimo». Tanto lui non ha problemi di soldi, parliamoci chiaro. Voleva solo ritrovarsi e smettere magari fra uno o due anni, ma smettere bene. Un campione deve smettere bene, se può farlo. Invece lui avrebbe smesso male, era andato nel dimenticatoio, lo davano tutti per morto. E conoscendolo, so quello che può aver sofferto.

Quel sorriso in effetti non si vedeva da un pezzo.

Quando ha vinto, io mi sono emozionato, perché da corridore lo so benissimo cosa ha provato. Mi sono calato nei suoi panni ed ero contento. Gli ho anche scritto un messaggio, non mi ha risposto, però mi sono sentito di scrivergli un bel messaggio. Perché fondamentalmente è stato un avversario, un compagno, uno che tiene in alto il nome del ciclismo. Fa bene ai giovani vedere un corridore come lui.

Deceuninck-Quick Step incontenibile, ma da oggi tocca di nuovo ad Alaphilippe
Deceuninck-Quick Step incontenibile, ma da oggi tocca di nuovo ad Alaphilippe
Hanno detto che ha eguagliato il tuo numero di vittorie.

Io ho vinto 187 corse oppure 179 quante me ne contano. Nei grandi Giri ne ho vinte 53. Io le conto tutte, lo sapete benissimo (il riferimento è alle tappe cancellate per una squalifica cui si è sempre opposto, ndr). Se poi andiamo a vedere quelle che contano, lui ha vinto 32 tappe al Tour e io solo 6. Ecco se ho un rammarico è aver fatto pochi Tour nella mia carriera. Se tornassi indietro, cercherei di farne di più.

Chiudiamo con la maglia verde, che ora indossa proprio Cavendish, ma cui punta anche Colbrelli, e che tu hai vinto nel 2010.

E’ tanto stressante. Dipende anche da come vengono attributi i punti, se ci sono i traguardi intermedi. Non puoi pensare solo al traguardo finale. Magari se l’arrivo è complicato, alla Sagan, Colbrelli può tenere duro e pensare a fare punti. Il problema è quando ti vanno in fuga quelli che sono in classifica. Io ho dovuto lottare con Hushovd che andava in fuga ogni tre per due e mi toccava seguirlo tutti i giorni. Anche nelle tappe di montagna con l’Aubisque. 

La maglia verde riduce la possibilità di vincere tappe?

Secondo me qualcosina perdi in finale. Perché magari un po’ di energie le butti via e quando sei su un traguardo finale, guardi quello più vicino a te e cerchi di passare lui e basta. Vai a punti e magari ti accontenti di un secondo e di un terzo, non sei focalizzato tanto sulla vittoria. Perché se punti a vincere, puoi sbagliare e perdere punti. Se invece prendi come riferimento quello più vicino, sei sicuro di fare i punti che ti servono. Non è facile, è molto stressante. Se però riesci a salire sui Campi Elisi in maglia verde è davvero una gran cosa.

La storia di Cavendish, trama di un film d’autore

28.06.2021
5 min
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La storia di Mark Cavendish (nella foto di apertura di Wout Beel) potrebbe essere la trama di un film: ne ha tutti gli ingredienti. C’è il grande campione, il più veloce di tutti, che però ha smarrito la strada. Niente è più facile come una volta. Gli anni passano, vari problemi di salute rendono difficile raggiungere la forma. Le squadre smettono di dargli fiducia. E mentre sembra avviato sul viale del tramonto, la vita gli offre una chance inattesa. Il campione che ha preso il suo posto si infortuna. Mark correrà di nuovo il Tour de France, l’unica corsa che lo motivi davvero. Potrebbe già esserlo un film, se ci sarà anche un lieto fine sarà perfetto e oggi inizieremo a capirne di più

Nel 2016 a Villars les Dombes Parc des Oiseaux vince la 30ª tappa del Tour. Ma il film si interrompe…
Nel 2016 a Villars les Dombes Parc des Oiseaux vince la 30ª tappa del Tour. Ma il film si interrompe…

Primo sprint

Da Lorient a Pontivy ci sono infatti 182,9 chilometri, con una promessa di arrivo in volata che ha fatto drizzare le antenne ai velocisti e ai loro uomini. Ce lo aveva detto Jacopo Guarnieri alla vigilia del Tour: «Non cercateci fino a lunedì!». E anche se l’altimetria è tutto fuorché banale e di nervosismo in gruppo ce n’è anche troppo, di certo oggi la palla passerà ai treni.

«Non sarei qui se non provassi a fare il mio sprint – ha detto Cavendish a Stephen Farrand di Cyclingnews – in questi giorni i corridori cercano di allontanare le aspettative. Io odio farlo, anche se a volte devo. Sono un corridore, sarò sempre un corridore e cercherò sempre di vincere. Nessuno può dire che non ci avrò almeno provato. Non ho mai dato per scontato il Tour de France. Il Tour de France è speciale, è la più grande corsa del ciclismo, ma anche uno dei più grandi eventi sportivi del mondo. Ogni bambino che sale in bicicletta sogna di correrlo. E questo non cambia mai, per quanto si diventi vecchi».

In Turchia vince 4 tappe facendo passi avanti anche in salita
In Turchia vince 4 tappe facendo passi avanti anche in salita

Mistero Bennett

La trama del film è nota, ma la sua reazione alla chiamata di Lefevere si incapsula benissimo nella trama del film che è la sua vita da qualche anno a questa parte.

«Il suo programma era deciso – racconta nuovamente Patrick Lefevere – quando dopo il Giro del Belgio ci ha chiesto che cosa avrebbe fatto ora, gli avevamo detto subito che non sarebbe stato nella squadra del Tour».

L’intoppo o la situazione fortunata che segna la svolta nel copione di questo film si crea quando Sam Bennett va in confusione. L’irlandese andrà via, si sa da un pezzo, ma anziché continuare a correre come se niente fosse, racconta di aver avuto un problema in allenamento a Monaco prima del Giro del Belgio. La squadra inizialmente gli va incontro, perché non farlo? Al Tour del 2020 Bennett ha vinto due tappe e la maglia verde, l’investimento è importante, il treno è stato costruito per lui ed è nel pieno interesse della Deceuninck-Quick Step averlo nuovamente in Francia al top della forma. Nel frattempo il team si affida alle volate di Cavendish che, senza il peso psicologico del Tour, si rilancia negli stimoli e nei risultati. Vince quattro tappe in Turchia e una al Giro del Belgio. Ma Bennett non recupera. La sua ultima corsa resta l’Algarve, in cui ha vinto due tappe e la classifica a punti. Così la squadra predispone un volo da Nizza a Herentals per una visita, ma l’irlandese non si presenta.

Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non era piaciuto
Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non era piaciuto

I dubbi di Mark

Con uno come Lefevere il tira e molla non può durare in eterno, ma di fatto la squadra che punta forte su Alaphilippe per la classifica, si ritrova alla vigilia del Tour senza un velocista. Nessuno dimentica il tono fra l’ironico e l’irriverente con cui durante il Giro il team manager ha parlato di Cavendish, ma adesso proprio il britannico che ha nel palmares 30 vittoria di tappa al Tour e si trova a 3 lunghezze dal record assoluto di Merckx, è l’unica risorsa rimasta. La vita a volte è più splendida di qualsiasi film: Lefevere ingoia l’orgoglio e cambia marcia.

«Abbiamo detto a Sam che poteva restare a casa – dice – che avremmo fatto a meno di lui e abbiamo chiamato Cavendish. La prima reazione di Mark è stata colorita: «Shit!». Poi ha cominciato a dire che non sarebbe stato pronto, che non aveva un programma adatto al Tour. Ma alla fine siamo riusciti a convincerlo».

Già il Giro del Belgio lo aveva corso per rimpiazzare Bennett, perché dopo il pasticcio della Scheldeprijs, la squadra aveva deciso che i due non potessero coesistere in corsa. Era arrivato a Beveren la notte prima della partenza e a forza di stringere i denti e alzare l’asticella, l’ultimo giorno a Beringen si è lasciato dietro Merlier, Ackermann, Groenewegen, Bouhanni e Coquard.

Così a sorpresa arriva al via del Tour: emozione a mille
cavendish
Così a sorpresa arriva al via del Tour: emozione a mille

Aria di leggenda

Da oggi alla fine del Tour, sapremo come sarà fatto il capitolo che Cavendish potrà aggiungere alla sua storia.

«Ho il miglior ultimo uomo del pianeta in Michael Morkov – ha detto ancora a Cyclingnews – ho l’opportunità di correre il Tour con la Deceuninck-Quick Step e questo lo rende qualcosa di speciale. Siamo una vera squadra anche fuori dalla bici e sono solo felice di indossare questa maglia. Che io sia qui a portare borracce o far ridere la gente, sono semplicemente onorato di essere al Tour de France. Ci sono persone che hanno avuto molti più problemi nella vita di quanti ne abbia io, ma quello che ho dovuto affrontare mi ha fatto capire cosa sia importante nella vita e perché faccio le cose che faccio».

Lefevere però ha fiutato qualcosa. Perciò da vecchio volpone va in giro a ribadire che la squadra non gli metterà pressioni e che Cavendish avrà tutto il tempo per prendere le misure in un Tour che di occasioni per i velocisti ne riserva parecchie. Indubbiamente il livello della sfida è più alto di quello che negli ultimi cinque anni ha dimostrato di poter reggere, anche se su ogni cosa è pesata quella mononucleosi mal curata che lo ha debilitato e svuotato di motivazioni. Perciò cosa vuoi togliere le pressioni a uno che è abituato a mettersene addosso a tonnellate? La sfida è lanciata, il film sta per scrivere la prossima scena. Nessun velocista del gruppo, conoscendolo, è disposto a darlo per finito. Appuntamento fra qualche ora sul traguardo di Pontivy.