EDITORIALE / Bene tutto, ma servono le gambe

18.04.2022
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Alla fine servono le gambe, i garun per ricordare Alfredo Binda che ancora oggi avrebbe tanto da dire. Mohoric probabilmente avrebbe vinto la Sanremo anche senza il reggisella telescopico e Van Baarle ha conquistato la Roubaix su una Pinarello priva di accorgimenti particolari: la stessa con cui fra pochi giorni la squadra correrà la Freccia Vallone, poi la Liegi e a seguire Giro e Tour. L’olandese della Ineos Grenadiers ha tuttavia riconosciuto che essersi dedicati nell’inverno a un vero setup da classiche gli ha permesso di avere a disposizione una bici performante e sicura. Ruote, gomme giuste alla giusta pressione (foto di apertura), ricognizioni, nastro, rapporti, il guida-catena per la guarnitura, il giusto abbigliamento e pedalare.

Il Team DSM non ha usato la regolazione di pressione in gara: Degenkolb ha avuto già abbastanza da fare…
Il Team DSM non ha usato la regolazione di pressione in gara: Degenkolb ha avuto già abbastanza da fare…

Il sistema DSM

Nella settimana che conduceva alla Roubaix, complice anche la licenza rilasciata dall’Uci per un sistema di regolazione della pressione, si sono scatenati quasi tutti a caccia del dispositivo di Scope Cycling che avrebbe permesso di aumentare e ridurre la pressione delle gomme in funzione del tipo di terreno. Più dure su asfalto e più morbide sul pavé. Lo avrebbe usato il Team DSM. Dopo il reggisella di Mohoric, eravamo tutti pronti a un’altra spallata. Invece…

Invece si trattava di una trovata di marketing, la stessa che non è riuscita nel caso di Mohoric, perché lo sloveno si è arrangiato da solo e nessuno ne sapeva niente.

La Cervélo di Van Aert e la Lapierre di Kung: bici top, senza troppe stranezze
La Cervélo di Van Aert e la Lapierre di Kung: bici top, senza troppe stranezze

Era credibile, tornando alla DSM, che in quell’inferno di polvere e pietre, un corridore si mettesse anche a variare la pressione delle gomme?

L’auricolare nelle orecchie. Il computer da guardare. La necessità di ricordarsi di mangiare. La guida su quel fondo dissestato. Gli spettatori che si sporgono. Le traiettorie imprevedibili. No, non era credibile! Non per ora, almeno…

Rinviato al Tour

«Dal 2020 – si legge nel comunicato della squadra – il Team DSM e Scope stanno lavorando a un sistema di gestione della pressione degli pneumatici che consente ai ciclisti di gonfiare e sgonfiare le gomme mentre sono in bicicletta, di cui l’UCI ha approvato l’uso all’inizio di aprile. Questa settimana sul pavé ha confermato che possiamo essere fiduciosi nel sistema e nel nostro setup generale, ma abbiamo deciso di fare il nostro debutto al TDF dove lo utilizzeremo nella tappa sul pavé.

Le squadre Specialized avevano il modello Roubaix, dotato di doppia ammortizzazione
Le squadre Specialized avevano il modello Roubaix, dotato di doppia ammortizzazione

«La Parigi-Roubaix – prosegue il comunicato – è una delle gare più caotiche del calendario e richiede la completa concentrazione dei corridori sull’intera lunghezza di 259 chilometri. Per questo motivo, i ciclisti devono essere completamente tutt’uno con la propria bici e controllare tutti i componenti in modo intuitivo. Non vediamo l’ora di dedicare altro tempo alla guida con questo sistema ed essere parte di quello che siamo fiduciosi sarà un grande cambiamento in questo sport».

Gambe e coraggio

Vedremo se al Tour de France lo utilizzeranno davvero. Forse lo affideranno a qualcuno fuori classifica o senza particolari velleità di risultato.

Sarà per caso, ma le tre bici sul podio della Roubaix non avevano particolari ammortizzazioni al di fuori delle ruote e dei fattori precedentemente citati. E mentre in sala stampa ci si meravigliava per la media molto alta della corsa, ci siamo messi a fare di conto, andando a ripescare chilometri e tempo della Roubaix del 1964, vinta da Peter Post (olandese della Flandria Romeo) in 5 ore 52’19” alla media di 45,129, distanza di 265 chilometri.

Nel 1964 Peter Post vinse la Roubaix a una media poco inferiore a quella di ieri e con una bici “nuda”
Nel 1964 Peter Post vinse la Roubaix a una media poco inferiore a quella di ieri e con una bici “nuda”

Ben 58 anni dopo, sulla distanza di 257,2 chilometri e con telai e ruote da fantascienza (leggere per conferma l’approfondimento con Fabio Baldato), Dylan Van Baarle ha vinto a 45,792 di media.

Guardate la foto dell’arrivo di Post. Guardate la sua bici. Saremo sempre pronti ad approfondire e raccontarvi delle bici e delle trovate più geniali, convinti che la tecnica sia parte fondante del nostro mondo e che le aziende di settore spacchino il capello in quattro per consegnare ai corridori i mezzi più performanti. Ma diteci – guardando quella foto in bianco e nero – se non è vero che alla fine le corse si vincono con gambe e coraggio.

La nuova Ineos d’assalto che piace tanto al capo Brailsford

18.04.2022
5 min
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Si cominciava a pensare che fossero passati di moda, con Uae Team Emirates e Jumbo Visma che si stavano facendo largo con milioni e campioni e la Ineos Grenadiers verso la fine di un ciclo. L’incidente di Bernal è piombato sulla squadra come una maledizione. Non avere un potenziale vincitore di Tour dopo averne portati a casa 7 in 10 anni pareva il segno della resa. Invece i corridori di sir David Brailsford hanno cambiato passo e registro. E con aprile sono venute le vittorie di Martinez e Rodriguez ai Paesi Baschi, poi l’Amstel di Kwiatkowski, la Freccia del Brabante con Sheffield e ieri infine la Parigi-Roubaix di Van Baarle.

Da un olandese all’altro: il diesse Knaven primo a Roubaix nel 2001 e ieri Van Baarle
Da un olandese all’altro: il diesse Knaven primo a Roubaix nel 2001 e ieri Van Baarle

Ellingworth decisivo

Per questo ieri il capo è stato il primo ad andare incontro all’olandese, abbracciandolo come fece con i suoi campioni della maglia gialla. Se ne è stato per un po’ al centro del prato rimirando da lontano il podio, poi non poteva più fingere di non vedere i gesti e ci ha raggiunto alla transenna. 

«Io penso che ci siamo focalizzati sui Grandi Giri per tanto tempo – ha detto – ma ci sono due grandi corse in questo sport: il Tour de France e la Parigi-Roubaix. Abbiamo vinto il Tour un po’ di volte, ma non ci eravamo mai organizzati per domare il pavé. Perciò questo è come un sogno diventato realtà. Va dato grande merito a Rod Ellingworth (l’head coach dai capelli rossi passato per un anno al Team Bahrain, poi tornato alla base, ndr). Gli abbiamo dato tanta fiducia, lui è tornato nel team e sta lavorando davvero duramente. Per vincere qui eravamo consapevoli del fatto che si devono prendere dei rischi. Ebbene, non sono sorpreso, soprattutto dai giovani. Ad esempio Ben Turner ha fatto appena un paio di classiche sul pavé quest’anno ed è alla prima stagione: lo avete visto che grinta?».

Dopo 7 Tour negli ultimi 10 anni, Brailsford raggiante per la prima Roubaix
Dopo 7 Tour negli ultimi 10 anni, Brailsford raggiante per la prima Roubaix
Hai temuto che l’incidente di Bernal sarebbe stato un colpo fatale per voi?

E’ un grande danno, questo è certo. Questo sport si muove velocemente, non devi lamentarti e bisogna adattarsi velocemente. Spero che Egan torni presto nel team, ma nel frattempo mi godo i corridori che si prendono le proprie responsabilità, che si divertono alle gare. Devo dare merito a questo gruppo di ragazzi, perché hanno portato altro brio, il desiderio e il divertimento all’interno della squadra e tutti ne beneficiano. 

Ti aspettavi che Van Baarle potesse vincere la Roubaix?

Dylan era già stato vicino a vincere un paio di volte in modo importante. Un mondiale e il Fiandre. Corre bene ed è interessante osservare che per vincere questo tipo di gare serve gente con esperienza. Penso anche alle due settimane tra il Fiandre e la Roubaix. Penso che in questi giorni lui abbia capito come fare. E’ un ottimo corridore se mantiene la sua freschezza e credo che possa avere grosse possibilità. E’ sempre concentrato, ha imparato lungo la via. I suoi 10 anni di esperienza hanno dato frutto tutto in una volta, per un giorno speciale.

Ganna guida l’attacco della Ineos: Brailsford conquistato da tanta grinta
Ganna guida l’attacco della Ineos: Brailsford conquistato da tanta grinta
Ma intanto la Ineos… ingessata del Tour sta cambiando pelle…

Abbiamo parlato molto questo inverno a proposito del nostro modo di correre. Da quando abbiamo vinto il Giro con Tao (Geoghegan Hart, ndr) gareggiamo in maniera molto diversa. Dopo il 2020 ci siamo detti che sta bene a tutti se riusciamo ad essere un pochino più incisivi e aggressivi. Correre sempre tra i primi, assumerci più rischi. E piano piano questa mentalità sta arrivando nella squadra. La dinamica è cambiata.

Come mai?

Il merito è molto legato ai giovani che si sono scrollati di dosso i vecchi schemi. Hanno dato un forte impatto. Tom Pidcock è uno che vuole sempre attaccare. Ragazzi che prendono rischi e si fanno avanti quando vedono un’opportunità. Devo dire che Castroviejo e Thomas sono cresciuti con un’altra mentalità, ma non si tirano indietro. Devo dare merito a Geraint per la scelta di rimanere. Ha vinto il Tour, ha vinto le Olimpiadi, è uno tra i corridori più esperti nel gruppo eppure sta ancora imparando.

Wiggins distrutto dopo la Roubaix in moto con Eurosport, ha provato per anni a vincerla in bici
Wiggins distrutto dopo la Roubaix in moto con Eurosport, ha provato per anni a vincerla in bici
E’ finito il tempo del Team Sky tutto attorno a un solo capitano?

Sono passati dieci anni, credo che stiamo correndo con il collettivo. Oggi (ieri alla Roubaix, ndr) abbiamo creato il gap e poi lo abbiamo gestito vincendo la corsa. Questi ragazzi gareggiano più come gruppo unito con l’attitudine di correre rischi. Abbiamo passato gli ultimi 10 anni a organizzarci per vincere il Tour e oggi abbiamo bussato ad una porta che era chiusa fino all’anno scorso. Ero convinto che l’avremmo vinta nel 2021 con Gianni Moscon. Quando raggiungi un traguardo così, è bello poter dire che ogni singolo membro della squadra ha contribuito al successo.

La Roubaix di Van Baarle nata dall’argento di Leuven

17.04.2022
6 min
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«Dopo il secondo posto di Leuven – dice Van Baarle – mi è scattato il clic giusto nella testa. Quella medaglia d’argento è stata un momento per me importante. Ho parlato a lungo con il cittì Moerenhout. Mi ha ripetuto fino allo sfinimento che dovevo credere di più in me stesso. Ho ascoltato le sue parole. Ed ecco che cosa è successo».

Un’anca fratturata

C’è di più. Il vincitore della Roubaix, trent’anni il 21 maggio, racconta e intanto un collega olandese ci rivela un piccolo aneddoto che dà la misura della fiducia con cui Dylan Van Baarle ha sbranato gli ultimi chilometri della Roubaix.

Alla Vuelta dello scorso anno Dylan era caduto, riportando una piccola frattura dell’anca. Il mondiale per lui era finito prima ancora di cominciare, invece per qualche strano motivo, Moerenhout ha iniziato a dirgli di crederci. A due settimane dal mondiale, Van Baarle non riusciva neppure a camminare e alla fine quella medaglia d’argento si è trasformata nel lasciapassare per una nuova vita.

Van Baarle ha tagliato il traguardo con 1’47” su Van Aert. Nel 2021 era finito fuori tempo massimo
Van Baarle ha tagliato il traguardo con 1’47” su Van Aert. Nel 2021 era finito fuori tempo massimo

«Sto ancora realizzando quello che mi è successo – dice – quando sono entrato nel velodromo, mi sono voltato per controllare che fosse tutto vero. Gli ultimi metri sono stati super speciali, ma non sapevo se fidarmi della radio. Ti dicono i distacchi, ma non volevo festeggiare troppo presto. Io non ero mai entrato per primo in un velodromo, semmai per ultimo. L’anno scorso sono finito fuori tempo massimo. Poi ho visto Dave sulla riga (David Brailsford, general manager di Ineos Grenadiers, ndr) e ho capito che era vero. Non so descrivere quello che mi è successo. Quasi non so (sorride, ndr) cosa ci faccia questa pietra davanti alla mia faccia».

Mentalità speciale

Le labbra sottili, lo sguardo fisso che in certi momenti trasogna. Un metro e 87 per 78 chili, il perfetto tipo da Roubaix. L’accenno di pizzetto e la calma nel raccontarsi. Ritirato dalla Vuelta per la caduta di cui abbiamo detto. Secondo al mondiale di Leuven. Fuori tempo nella Roubaix di Colbrelli. Quest’anno, secondo al Fiandre e primo alla Roubaix. Quando nella testa scatta l’interruttore giusto, davvero non ci sono limiti.

«Potrei scrivere un libro sulla mia mente – dice – quello che mi viene in mente di dire adesso è che su quello scatto di fiducia ho costruito il mio inverno. Serve una mentalità speciale per entrare bene nelle corse, il ciclismo è cambiato molto negli ultimi due anni. Ora si attacca da lontano per fare la corsa dura e mettere i rivali sulle ginocchia per quando si farà la vera selezione. E questo modo di fare è diventato il mio punto forte. Quando ho capito che avrei potuto attaccare, Ben Turner è venuto a dirmi che lui era completamente vuoto, mi ha passato un gel e ha fatto l’ultima tirata perché potessi tornare davanti».

Ganna ha ottenuto il 35° posto, con la sensazione che la squadra lo abbia un po’ abbandonato
Ganna ha ottenuto il 35° posto, con la sensazione che la squadra lo abbia un po’ abbandonato

Il setup vincente

Il Team Ineos ha fatto la corsa dura dal secondo settore di pavé. La vittoria ora fa passare tutto in secondo piano, ma certo vedere Ganna abbandonato dai compagni mentre era alle prese con una foratura e poi con un salto di catena sarebbe parsa una nota stonata, se Van Baarle non avesse vinto.

«Cercavamo la grande vittoria nelle corse del pavé – dice – Thomas ci era arrivato vicino, Moscon ce l’aveva quasi fatta. Quest’inverno abbiamo provato i materiali e ormai abbiamo un setup all’altezza dei team migliori e questo fa la differenza per competere al massimo. Abbiamo iniziato a crederci e questo è quello che è successo. Intendiamoci, se posso scegliere tra l’asfalto e il pavé, scelgo l’asfalto. Ma adesso so che posso muovermi bene anche sui sassi. Ho deciso di attaccare prima dell’Arbre, a capo di una giornata in cui non c’era qualcuno da guardare in particolare. In una Roubaix così veloce, era importante essere nel posto giusto, senza guardare nessuno».

Per tutta la durata della conferenza stampa, Van Baarle non ha mai neanche guardato il sasso della Roubaix
Per tutta la durata della conferenza stampa, Van Baarle non ha mai neanche guardato il sasso della Roubaix

Malinconia Van Aert

L’ultima battuta è per la pietra, che per tutto il tempo della conferenza stampa non ha mai guardato né toccato, quasi in segno di rispetto. Invece adesso si ferma. Ci poggia sopra una mano e fa un sorriso da bambino felice.

«Non ho ancora pensato a dove la metterò – ammette – ma visto che a Leven non mi hanno dato nessun trofeo, devo trovare il modo di sistemarla vicino alla mia medaglia d’argento. Forse dovrò comprare un tavolo apposta».

Mentre si alza, incrocia Van Aert che sopraggiunge. Un saluto fugace, una punta di malinconia e poi un sorriso nello sguardo del belga. Van Baarle ha vinto la Roubaix, ma nella conta dei secondi posti – lui non ne sarà certo contento – il belga è davvero imbattibile.

Mohoric, un giorno da grande con Sonny per la testa

17.04.2022
3 min
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Aveva in testa Colbrelli e pensando a lui è andato in fuga. In piedi al centro del quartiere dei corridori al margine della pista, ora Matej Mohoric tiene le mani sui fianchi e fissa la bici, probabilmente senza guardare nulla di particolare. Aloni di sudore disegnano i suoi pantaloncini, mentre gli passano una bottiglietta d’acqua, che si ostina a non bere. Dalle transenne i microfoni lo chiamano. Lo sloveno si consiglia con l’addetta stampa della squadra, poi a fatica si avvicina.

Vincitore morale

Se esiste un vincitore morale della Roubaix, Matej è probabilmente il favorito. Si erano appena superate le tre ore di corsa e filavano oltre i 47 di media, quando ha raccolto il guanto di sfida lanciato da Davide Ballerini e si è offerto di dargli una mano. Il loro passo davanti è stato convincente e solido a lungo.

Senza la foratura, probabilmente Mohoric sarebbe arrivato più avanti: ne è certo
Senza la foratura, probabilmenteMohoric sarebbe arrivato più avanti: ne è certo

«Quest’anno alla fine – dice – ho provato ad anticipare. Quando è partito Ballerini, mi è sembrato presto, ma abbiamo voluto continuare insieme. Sfortunatamente ho forato e ho dovuto cambiare la gomma. Ho resistito finché ho potuto usando il tubeless, ma se non avessi bucato, avrei avuto più chance di restare davanti con Devriendt, il corridore della Intermarché».

Nessuna diavoleria

Quando stamattina è sceso dal pullman del Team Bahrain Victorious per andare alla firma, era tranquillo. Ha scherzato sul fatto che questa volta sulla sua bici non ci fossero strani meccanismi e semmai ha mostrato i nuovi guanti Prologo al debutto nella Roubaix.

In pista, ha sentito le gambe vuote, Avrebbe voluto anticipare lo sprint, ma Van Aert e Kung alle sue spalle erano in agguato.
In pista, ha sentito le gambe vuote, Avrebbe voluto anticipare lo sprint, ma Van Aert e Kung alle sue spalle erano in agguato.

«Non ci sono discese alla Roubaix – dice ricordando la battuta del mattino – non c’era bisogno del reggisella telescopico. Alla Sanremo si è deciso tutto in pochi minuti, questa volta ho fatto il mio meglio per tutto il giorno. Ho anticipato di nuovo nel finale, ma allo sprint non ho avuto le gambe. Speravo che Van Aert e Kung si guardassero e aspettassero l’ultima curva, per scattare per primo e prendere vantaggio, ma non ci sono riuscito. Il quinto posto è un bel risultato, sono orgoglioso. Ho fatto il meglio possibile».

Aspettando Sonny

Con tutto il peso delle inquadrature sulle spalle, la corsa di Mohoric e degli attaccanti che hanno preso il largo con lui è stata l’anticamera dell’azione decisiva che intanto si andava organizzando alle spalle.

Dopo cinque minuti a riordinare le idee, senza neppure sedersi, Mohoric ha fatto il primo sorso d’acqua
Dopo cinque minuti a riordinare le idee, senza neppure sedersi, Mohoric ha fatto il primo sorso d’acqua

«Sono stato sfortunato con la foratura – dice – ma in generale è andata bene. Ho fatto il massimo, ho dovuto cambiare la ruota e lo stesso mi sono ritrovato nel gruppo dei favoriti. Poi ho anticipato di nuovo con Lampaert, ma purtroppo lui non aveva gambe, poi è caduto. Perciò sono rientrati i più forti che erano Kung e Van Aert. Ho avuto per tutto il giorno Sonny nella mia testa, volevo regalargli la vittoria. Magari proveremo il prossimo anno, quando magari tornerà anche lui. Quest’anno le cose stanno andando bene. Abbiamo lavorato in modo importante durante l’inverno e il lavoro duro paga. Ci manca proprio Sonny. Con lui sarebbe stato più facile gestirsi, perché in due riesci a giocarti meglio le tue carte. Lo aspetto, ditegli che lo aspetto».

Arenberg 2022

Tre settori e le loro pietre: tutta l’epica della Parigi-Roubaix

17.04.2022
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La classica più dura, difficile da interpretare, più eroica nella storia del ciclismo. La Parigi-Roubaix è qualcosa a parte, forse un ultimo retaggio del ciclismo degli albori. Per quanto il progresso vada avanti, per quanto le bici cambino e si evolvano, quando si pedala su quelle pietre sconnesse, che gli organizzatori cercano con pazienza certosina e le amministrazioni locali preservano come un monumento nazionale, si torna all’antico.

L’edizione di quest’anno avrà all’interno dei suoi 256 chilometri ben 30 settori di pavé, per un totale di 53,8 chilometri. I settori sono indicati da una a cinque stelle in base alla loro difficoltà: solo tre di questi hanno il massimo degli indicatori. E proprio in questi tratti la Roubaix ha vissuto alcuni dei momenti più epici. Raccontarli significa rivivere non solo attimi della storia di una corsa indimenticabile, ma anche quasi sentire sotto i piedi quelle pietre ormai famose in tutto il mondo.

Roubaix Arenberg 2021
La lunga fila di corridori nella foresta di Arenberg, tratto di 2,3 chilometri
Roubaix Arenberg 2021
La lunga fila di corridori nella foresta di Arenberg, tratto di 2,3 chilometri

L’Arenberg e Stablinski

La Foresta di Arenberg ha fatto il suo ingresso sul percorso della Roubaix relativamente tardi, nel 1968. “Responsabile” fu Jean Stablinski, storico gregario di Anquetil, ma anche vincitore di una Vuelta nel 1958 e soprattutto uno dei più inattesi campioni del mondo, nel 1962. Quel tratto di pavé lo conosceva bene, conosceva tutta la zona, lì suo padre polacco si era trasferito lì con la famiglia per cercare lavoro, finendo a sgobbare in miniera. Su quelle strade Stablinski aveva iniziato a correre in bici, facendone il suo lavoro, ma mai la sua passione perché, come disse una volta a Poulidor, «un minatore non deve amare il suo piccone, così io non devo amare la bici».

Jacques Goddet, organizzatore della gara, sapendo della sua storia gli chiese di qualche nuovo tratto di pavé nella sua zona da inserire in corsa: «Non osavo presentarglielo – racconterà in seguito Stablinski – sapevo come sarebbe andata a finire…». Quando fece vedere le foto a Goddet, questi rimase senza fiato: «Avevo chiesto ciottoli, non buche…» disse quasi risentito.

Il primo anno, Stablinski c’era, con la gente vestita da minatore per salutare l’eroe di casa. A lato del pavé, c’è una porzione morbida, ma gli organizzatori l’hanno impedita al transito delle bici, sennò che gara è?

Roubaix Boonen 2008
Il trionfo di Boonen a Roubaix nel 2008, su Cancellara e Ballan
Roubaix Boonen 2008
Il trionfo di Boonen a Roubaix nel 2008, su Cancellara e Ballan

Mons en Pevele, battaglia!

Il tratto di Mons-en-Pevele è considerato fra i più duri, con i suoi 3.000 metri e la distanza di una cinquantina di chilometri dall’arrivo. Quel tratto Tom Boonen lo conosce bene, perché fu decisivo nel 2008. Davanti erano tutti i migliori, lui lanciò all’attacco Stijn Devolder, reduce dal trionfo al Giro delle Fiandre, al quale si accodò l’australiano Stuart O’Grady.

Si ha un bel dire che la Roubaix è una corsa individuale, quel giorno Boonen giocò come un consumato scacchista. Devolder non poteva essere lasciato andare, così il suo rivale Leif Hoste fu costretto a sacrificare nell’inseguimento Vansummeren, ma quando più avanti, a 35 chilometri dall’arrivo, Boonen portò il suo attacco con Cancellara, solo Ballan rispose, Hoste andò alla deriva. I tre accumularono un vantaggio enorme, oltre 3 minuti, poi Boonen dispose allo sprint dell’elvetico e dell’italiano.

Non è lo stesso tratto, ma Mons en Pevele è sempre stato un luogo storico per la Roubaix. Forse perché sin dal Medio Evo era terreno di scontro tra francesi e belgi, nel 1304 fu teatro di una famosa battaglia. Ciclisticamente non meno famosa è stata quella del 1955: Jean Forestier con la sua offensiva disperde “l’armata belga” con Impanis, Planckaert, Schotte, Scodeller, Derycke, Van Steenbergen, non ne resta più nessuno. Alla vigilia, chi era del posto aveva detto a Jean e ai suoi: «Quando vedete la chiesa di Mons, in lontananza sul colle, andate all’attacco». Forestier vincerà con soli 15” su un terzetto, regolati allo sprint da Fausto Coppi.

Demol Roubaix
Dirk Demol, belga vincitore della Parigi-Roubaix nel 1988
Demol Roubaix
Dirk Demol, belga vincitore della Parigi-Roubaix nel 1988

Dove la Roubaix non si vince più…

Facciamo un salto, 1998: a raccontare quel che succede è Thierry Gouvenou, allora finito 7° e oggi direttore di corsa della Roubaix.

«Ero in testa al gruppo all’imbocco del tratto di Mons. Dietro era Timo Steels, uno dei favoriti: all’improvviso lo sento sterzare, mi volto e lo vedo scivolare e come lui altri, cadono uno sull’altro. Poi vedo Franco Ballerini, si piega sul manubrio, è come se cambiasse marcia, non mi passa, vola via…».

«E’ un luogo mitico – racconta Dirk Demol, vincitore nel 1988 – senti spesso il vento laterale, la strada è in leggera salita e soprattutto non riesci a vederne la fine, è interminabile. Non sempre decide chi vince, ma stabilisce immancabilmente chi quella Roubaix non la vincerà».

Madiot Roubaix
Marc Madiot, oggi manager della Groupama FDJ, vincitore della Roubaix nell’85 e ’91
Madiot Roubaix
Marc Madiot, oggi manager della Groupama FDJ, vincitore della Roubaix nell’85 e ’91

L’Arbre e il ristorante…

Il tratto del Carrefour de l’Arbre è entrato nella Roubaix nel 1958. Anquetil maledisse a lungo quel pezzo di strada, vittima di una foratura vide svanire quell’anno le sue speranze di vincere. Il nome deriva dal ristorante posto ai margini del lastricato: per molto tempo fu aperto solo il giorno della Roubaix. Ora è aperto sempre, al suo interno ha un affresco con raffigurati molti dei corridori vincitori.

Marc Madiot, due volte vincitore della corsa, qui è diventato talmente famoso da essere ritenuto quasi una gloria locale. A chi gli chiede che cosa serve per vincere la Parigi-Roubaix, ti risponderà che tutto è soprattutto nella testa: «E’ una gara che devi metterti nel cervello. Se non sei preparato psicologicamente per questo, non farai nulla in questa prova». Poi però ci sono le gambe…

E’ stato ascoltando anche le sue gambe che Madiot ha costruito i suoi due successi su questo tratto: «Mi sono ritrovato a giocarmi la vittoria quattro volte alla Parigi-Roubaix proprio in prossimità del Carrefour de l’Arbre ed è lì che sapevo di avere le gambe giuste, o al contrario che era finita per non averle. Qui è inutile stare tanto a guardare i watt – riprende Madiot – si combatte con la baionetta, con il coltello, si fa da uomo a uomo! Questa gara non si corre sul computer…».

Ballerini 2022

E se la Roubaix tornasse a essere “casa Ballerini”?

16.04.2022
4 min
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Che fine ha fatto Davide Ballerini? Era uno degli italiani candidati a emergere nelle Classiche del Nord, eppure del corridore della Quick Step Alpha Vynil si sono un po’ perse le tracce. Guardando il suo palmarés del 2022, dopo un buon Saudi Tour con tre piazzamenti nei 10, al di là di un 7° posto alla Tirreno-Adriatico non c’è molto altro. Un rendimento che non è da lui, ma che ha spiegazioni valide e lo accomuna a tanti altri ciclisti italiani, tutti colpiti dalla malasorte in questo strano 2022.

Avvicinandosi alla Parigi-Roubaix, ci aspettavamo di sentire la sua voce abbacchiata, invece è abbastanza carico: «Comincio ad andare meglio, mi sento quasi al massimo, mi mancano solo le gare. Correre la Roubaix con soli 16 giorni di corse non è il massimo, soprattutto considerando quello che è successo».

Ballerini Brabante 2022
Ballerini alla De Brabantse Pijl: ritiro finale, ma buone indicazioni in corsa
Ballerini Brabante 2022
Ballerini alla De Brabantse Pijl: ritiro finale, ma buone indicazioni in corsa
Spiegaci che cosa ti è accaduto.

Non auguro a nessuno la sfortuna che ha colpito me e tanti altri italiani, una vera congiunzione astrale, con il picco di quel che è avvenuto a Colbrelli. Al Saudi Tour stavo andando bene, appena tornato ecco il Covid: nessun sintomo, ma stando fermo due settimane tutto quel che avevo fatto è svanito. Sono andato in altura su Teide con un compagno, 3 settimane di lavoro pieno. Sono sceso alla Tirreno-Adriatico e lì mi sono ammalato, una tosse che non andava via. Ho corso lo stesso, ad Harelbeke non ero neanche andato troppo male, ma questa tosse persisteva e così si è deciso di saltare il Fiandre. Ora è quasi andata via, ma la mia stagione anche…

Era un retaggio del Covid?

Non credo, mi hanno detto che era un’infezione polmonare contratta alla Tirreno, ma sono stato molto più male che con il Covid. D’altronde ho sentito in carovana che tanti si sono dovuti fermare come me.

Ballerini Saudi 2022
Il Saudi Tour era stato positivo per Davide: tre top 10 e podio nell’ultima tappa
Ballerini Saudi 2022
Il Saudi Tour era stato positivo per Davide: tre top 10 e podio nell’ultima tappa
Tu però hai pagato un prezzo alto: per te le Classiche sono l’obiettivo primario…

Praticamente la mia stagione vive qui, in Belgio. Ci puntavo tanto, avevo lavorato duro durante l’inverno per questo. Io però non sono uno che sta lì a piangere, devi pensare al futuro e porti nuovi obiettivi, spostarli in avanti. Sono convinto che prima o poi la ruota girerà, per ora è andata sempre nel verso sbagliato.

Magari cominciando da Roubaix…

Io ho cercato di fare tutto il possibile per essere pronto. Alla Freccia del Brabante ho corso per mettere un po’ di chilometri nelle gambe, ora guardo a domani con fiducia. L’importante è non arrendersi mai e non perdere la fiducia.

Ballerini pavé
Alla Roubaix il canturino ha partecipato due volte: 31° nel 2019, ritirato per caduta lo scorso anno
Ballerini pavé
Alla Roubaix il canturino ha partecipato due volte: 31° nel 2019, ritirato per caduta lo scorso anno
L’hai già corsa?

Due volte, nel 2019 ero andato anche abbastanza bene finendo 31°, nel 2021 invece è stato un “casino”, sono caduto e ho riportato una microfrattura a una vertebra. Domani è d’obbligo far meglio.

D’altronde sai che col cognome che porti dietro, la Roubaix ha un sapore particolare…

Ricorda tante cose belle. So che qui quando fai il nome Ballerini tutti si illuminano. Per me è un onore essere chiamato come Franco, anche se non eravamo parenti stretti. Franco qui resterà sempre Franco, ma non nascondo che pensarci dà sempre quei 10 watt in più…

La Roubaix è una gara particolare: rispetto ad altre a strategia di squadra conta meno?

Diciamo che cambia profondamente. Il Fiandre ad esempio, altimetricamente è più duro, la Roubaix è piatta ma certi settori di pavé sono peggio di una salita… E’ una gara nella quale serve tanta fortuna, devi avere il giorno nel quale gira tutto per il verso giusto, soprattutto non bisogna perdere mai troppe posizioni perché non recuperi più.

Ballerini Omloop 2021
L’ultimo bel ricordo di Ballerini in Belgio: la vittoria all’Omloop Het Nieuwsblad 2021
Ballerini Omloop 2021
L’ultimo bel ricordo di Ballerini in Belgio: la vittoria all’Omloop Het Nieuwsblad 2021
Per la tua squadra è un evento fondamentale, finora le cose non sono andate troppo bene.

Torniamo al discorso di prima, contro tanti colpi della malasorte puoi fare poco. Noi però abbiamo un gruppo affiatato, nel quale tanti possono emergere in una corsa come questa. Cercheremo di correre in team sapendo che tutti guarderanno noi per la tradizione in questa corsa, poi vedremo chi potrà emergere in base all’evoluzione, in fin dei conti almeno 6 di noi possono vincere. Io agirò da jolly, non sono quello chiamato a fare risultato, ma se capita l’occasione non mi tiro indietro. E magari quei 10 watt in più mi torneranno utili…

Dieci anni fa il poker di Boonen. Ballan ricorda quella Roubaix

16.04.2022
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Dieci anni fa, un certo Tom Boonen metteva nella sua bacheca la quarta pietra della Parigi-Roubaix. Il campionissimo belga, fu autore di un’azione spettacolare. Forse la più bella alla Roubaix. Nella polvere di un corsa secca, come tra l’altro si annuncia quella di domani, Tom sorprese tutti. Anche Alessandro Ballan.

L’iridato 2008 quel giorno fu terzo ed è proprio lui che ci racconta come andò. Che ci fa vivere da dentro quel viaggio tra pietre, pensieri, emozioni, momenti di rabbia e muscoli che potevano fare tanto, tanto di più. Parola ad Alessandro dunque.

Dieci anni fa una Roubaix polverosa e “calda”… come caldo era il tifo a bordo strada
Dieci anni fa una Roubaix polverosa e “calda”… come caldo era il tifo a bordo strada

Gambe al top

«Era una bella giornata – inizia a raccontare Ballan – c’era sole ed era caldo, anche se non come dovrebbe fare domani (prevista una punta di 20 gradi, ndr). C’erano 14-15 gradi. Io passai una buona vigilia.

«Stavo molto bene ed ero consapevole che avrei raccolto un buon risultato. Venivo dal terzo posto al Fiandre della domenica precedente proprio dietro a Boonen e Pozzato. Avevo una grande voglia di rivalsa, anche per come era andato quel finale.

«Sapevo che Boonen, e tutto sommato anche Pippo, erano gli uomini da controllare. Dentro di me non sentivo però troppa pressione. Non avevo ancora vinto quell’anno, ma avevo fatto bene. Insomma ero consapevole di ciò che avrei fatto».

La Bmc Granfondo di Ballan, quanti “memo” per il veneto. Riempito l’attacco manubrio era passato all’orizzontale
La Bmc Granfondo di Ballan, quanti “memo” per il veneto. Riempito l’attacco manubrio era passato all’orizzontale

Una Bmc speciale

Una consapevolezza in parte dovuta anche al mezzo meccanico. Fatta la ricognizione, Ballan aveva optato per la Bmc Granfondo. All’epoca iniziavano ad arrivare le prime bici “confortevoli”, quelle che oggi chiameremmo endurance. Avevano accorgimenti ideali per i fondi più rotti.

«Era una bici speciale – spiega Ballan – Sostanzialmente aveva il carro un po’ più lungo e una fibra di carbonio un po’ più morbida. In più avevo fatto inserire degli inserti in gel sotto al nastro manubrio, per attutire le vibrazioni. E sempre sul manubrio avevo fatto montare i bottoncini per il cambio posteriore».

«Avevo anche un paio di ruote in carbonio con un particolare profilo. Un profilo da 25 millimetri, se ricordo bene e soprattutto avevo scelto tubolari da 28 millimetri. La Granfondo infatti consentiva di montare questa misura, cosa impossibile sulle bici normali all’epoca».

La Foresta di Arenberg: 2,5 chilometri dritti come un fuso. E’ la porta dell’Inferno del Nord. Qui si entra a 70 all’ora
La Foresta di Arenberg: 2,5 chilometri dritti come un fuso. E’ la porta dell’Inferno del Nord. Qui si entra a 70 all’ora

Corridore e pavè

Con il fondo secco le velocità erano ancora più alte. E se il pavé non diventa più duro, arrivandoci più veloci si rimbalzava di più. 

«Il pavé – spiega Ballan – è sempre quello e la legge è: prima ne esci e meglio è! Sembra sciocco o ironico, ma è la verità. La cosa importante è mantenere alta la velocità e scegliere la via più filante, perché poi riportare su la velocità è quasi impossibile. E la via giusta è anche quella in cui davanti non ci sono rallentamenti. Per questo prima della Foresta di Arenberg c’è la volata per stare davanti».

«Un settore in pavé non è una salita, ma è come se lo fosse. Quando ci entri la prima cosa che pensi è: quanto manca? E’ più di uno strappo duro. In quel caso è solo mal di gambe, il pavé è sofferenza totale, è doloroso per tutto il corpo. Proprio all’ingresso dell’Arenberg, che si fa a 70 all’ora, nei primi 200 metri non vedi nulla, fai fatica a vedere la strada, a mantenere la visuale. Ti butti e spingi».

La forza, la potenza e l’eleganza di Boonen sul pavè. Dopo la sgasata di Terpstra, Tom percorse 53 chilometri in solitaria
La forza, la potenza e l’eleganza di Boonen sul pavè. Dopo la sgasata di Terpstra, Tom percorse 53 chilometri in solitaria

Boonen da lontano

Fantastica. La descrizione di Ballan è “poesia”. E’ tecnica applicata. Ma torniamo alla Roubaix 2012. Anche quel giorno l’ingresso nella Foresta fu tremendo.

«Fin lì – riprende Ballan – con un compagno in fuga tutto sommato passai una corsa tranquilla. Ero riuscito a stare coperto e tutto filava secondo programma. Prima dell’Arenberg ci fu la volata. Stavo bene, la presi davanti e uscii davanti.

«E questo è un momento cruciale. All’uscita capisci come affronterai il resto della gara. Se arranchi, sai già che nel finale non sarai competitivo. Io stavo benissimo invece. Ero sicuro dei miei mezzi».

La corsa quindi sembra essere delineata. I migliori sono davanti dopo la Foresta e Ballan sta bene. Boonen continua ad essere il più marcato. E non solo da Ballan. E forse anche per questo Tom gioca di astuzia, di esperienza. Agisce con l’istinto del campione. E…

«E succede che ad un certo punto Boonen scatta. Mancava moltissimo, più di 55 chilometri. Sicuro. Uno scatto prematuro. Pozzato si fiondò subito alla ruota e io non dico che fossi rilassato, ma ero in decima posizione circa. Quando ho visto muoversi Niki Terpstra e arrivare su Boonen (i due erano compagni alla Omega Pharma, ndr) capii che era un pericolo enorme».

Il buco di Pippo

«Si apre un buco. Davanti Terpstra, Pozzato e Boonen. Io dietro spingo forte. Faccio di fatto l’inseguimento e alla fine rientro. Stacco tutti e rientro, ma facendo uno sforzo enorme in cui spreco molte energie.

«Mentre rimontavo, da dietro, vedevo che Pozzato, nonostante fosse in inferiorità numerica, collaborava. Loro tre giravano regolari. Io ero da solo».

«Nel preciso momento in cui mi aggancio ai tre, Pozzato stava tornando indietro per il cambio e voleva che mi inserissi subito. Io ero davvero in apnea e non glielo diedi. Pippo pensò che volessi fare il furbo. E così fece il buco. Due metri, cinque metri, dieci…

«Io ero il meno veloce e avrei avuto meno interesse a collaborare, ma lo avrei fatto dopo aver ripreso un po’ fiato. Pozzato l’aveva vista come una mia presa di posizione, come una scelta tattica. Intanto il buco diventa di 20 metri. Terpstra si volta. Vede il buco. E inizia a dare una menata pazzesca per lanciare Boonen».

Tom parte, scappa, spinge. Guadagna secondi. Dietro provano ad organizzarsi.

«Boonen era davanti, ma in quel momento non ero del tutto preoccupato. Mancava tanto, noi dietro eravamo forti e di più, potevamo riprenderlo. Invece qualche curva dopo, in un tratto in pavé Pippo cade. In breve il vantaggio di Boonen passa da 20” a 40”. A quel punto ho capito che avrei corso per il piazzamento».

Inseguimento e beffa

Dietro regna il caos. Boonen spinge forte e regolare. Gli inseguitori vanno “a fiammate”. Intanto dopo la caduta di Pozzato altra gente si è accodata a Ballan. Alessandro spinge e ad ogni settore stacca qualcuno. 

«Ricordo che c’erano diversi corridori della Sky, tra cui Flecha. Ho pensato che con loro avrei potuto organizzare l’inseguimento, invece ogni volta che spingevo se ne staccava uno.

«Ricordo anche un francese, Sebastien Turgot, che si vide in pratica solo quel giorno. Anche lui all’uscita di ogni settore si staccava, ma poi riusciva a rientrare. A forza di fare questo tira e molla, si portò a casa il secondo posto. E per me fu un’ulteriore piccola beffa».

«Ero dispiaciuto davvero. Sapevo come stavo. Con Pippo non parlammo dopo la corsa. Avevo ancora il dente avvelenato per come era andato il finale del Fiandre della domenica precedente».

«Però – conclude Ballan – il bel ricordo di quella Roubaix, e non solo, è il tifo. In molti si lamentano della non sportività dei tifosi francesi e belgi verso alcuni corridori stranieri. Io invece ricordo che nei settori in pavé mi supportavano, mi incitavano, urlavano il mio nome. E questo mi fece, e mi fa, onore. Significa che mi volevano bene».

Buona Roubaix a tutti.

Vleuten 2022

Van Vleuten in calo? La Guarischi garantisce di no…

16.04.2022
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Fino allo scorso anno, quando si parlava della Parigi-Roubaix al femminile in procinto di essere inserita nel calendario internazionale, ad Annemiek Van Vleuten si illuminavano gli occhi. La campionessa vincitutto olandese non nascondeva le sue ambizioni sulla classicissima del pavé facendone quasi l’obiettivo primario, pur in una stagione contraddistinta da eventi come Olimpiadi e Mondiali. Oggi però la stella della Movistar non è alla partenza della seconda edizione e la cosa stupisce.

Per capire il perché bisogna tornare indietro, all’edizione passata, disputata a ottobre con un clima autunnale in tutto e per tutto, con la pioggia che rendeva i solchi fra una pietra e l’altra vere fosse piene di fango, con la superficie di quelle stesse pietre simile a saponette. Annemiek è stata tra le tante che hanno pagato dazio, un dazio pesante, con la frattura dell’osso pubico in due punti: «Addio vacanze, addio periodo di ricarica – recitava in un suo post su Instagram – mi è capitato tante volte, ma stavolta le energie sono finite via…».

Vleuten Roubaix 2021
L’olandese teneva molto alla Roubaix, ma l’esperienza è stata traumatica (foto Gomez Sport)
Vleuten Roubaix 2021
L’olandese teneva molto alla Roubaix, ma l’esperienza è stata traumatica (foto Gomez Sport)

Un sogno diventato un incubo

L’olandese ha rivisto le proprie priorità e chissà, forse la ripresa sicuramente difficile da quell’infortunio di fine stagione ha un po’ influito su questo 2022. Che giudicare negativo sarebbe forse eccessivo, ma certamente, per chi conosce la straordinaria potenza e superiorità dimostrate in più occasioni dall’arancione, lascia un po’ interdetti.

Annemiek non ci sarà, Barbara Guarischi invece sì. L’azzurra ha condiviso molte giornate di gara con la sua capitana in questa stagione e può quindi testimoniare validamente su come la stella del ciclismo mondiale se la stia passando: «Annemiek aveva già deciso di non fare la Roubaix e puntare tutto sulle classiche delle Ardenne. Non si era fatta male solo all’osso pubico, ma anche al bacino, è rimasta scottata da quell’esperienza e ha deciso di non riprovarci. Non è una gara semplice anche sull’asciutto, figuriamoci sul bagnato. Noi punteremo sulla Norsgaard, che nel 2021 finì sesta e la francese Biannic che fu 21esima, io correrò in loro supporto».

Vleuten Norsgaard
Senza la Van Vleuten, sarà la Norsgaard (a destra) la punta della squadra
Vleuten Norsgaard
Senza la Van Vleuten, sarà la Norsgaard (a destra) la punta della squadra
Se guardiamo finora alla stagione della Van Vleuten, è vero che ha tre vittorie in carniere, ma la sensazione è che i suoi scatti poderosi non riescano più a fare quella differenza enorme che vedevamo fino allo scorso anno…

Non è del tutto vero. Bisogna capire che il livello è cresciuto tantissimo, i valori medi sono molto più alti, è tutto all’estremo. Sembra strano dirlo da un anno all’altro, ma è davvero così. Sono in tante che vogliono e possono vincere. Guardate l’ultimo Fiandre: su quei muri Annemiek riusciva ancora a staccare tutte, ma invece di scollinare con un vantaggio cospicuo, le altre tenevano 10-15 secondi e potevano riagganciarsi. Su salite brevi non riesce a fare la differenza, ma io sono convinta che su ascese più lunghe riesca ancora a scavare un solco. La Freccia Vallone sarà in tal senso un ottimo test.

La Van Vleuten ha perso due volte dalla Kopecky, alla Strade Bianche e al Fiandre che sono due corse fra le più impegnative. Possono aver lasciato, queste sconfitte, un peso psicologico sulla tua capitana?

Io non credo, non solo per la maturità di Annemiek. La belga è cresciuta in salita, così riesce a tenere meglio e quando te la trovi allo sprint, sai che quella è una che fino a un paio di anni fa vinceva le volate di gruppo. Annemiek allo sprint non è ferma, ma con la Kopecky è difficile che la spunti, per questo doveva spendere di più nel cercare di staccarla e questo ha pesato, sia in Toscana che in Belgio.

Annemiek a parte, come giudichi l’inizio di stagione della vostra squadra?

Siamo andati abbastanza bene. Abbiamo forse vinto qualcosa meno, manca soprattutto il Fiandre, ma siamo comunque sempre protagoniste, abbiamo avuto tre vittorie con Annemiek e Emma Norsgaard ha vinto Le Samyn, se guardate le Top 10 ci siamo sempre. Come dicevo, questo è un ciclismo molto più combattuto e livellato, dov’è difficile vincere.

Vleuten Kopecky 2022
La Van Vleuten ha provato più volte a staccare la Kopecky, sapendo di essere inferiore in volata
Vleuten Kopecky 2022
La Van Vleuten ha provato più volte a staccare la Kopecky, sapendo di essere inferiore in volata
Da che cosa dipende questo cambiamento repentino?

Stiamo vivendo un’evoluzione a 300 all’ora. Il ciclismo femminile si sta evolvendo, è un ciclismo molto più professionale, dove non manca nulla rispetto a quello maschile a livello di preparazione, nutrizione e tutto il resto e questo fa sì che il livello salga. Il problema semmai è che il calendario ci impone di correre quasi sempre.

La differenza con i vostri colleghi è che lì le squadre WorldTour sono composte da 31 corridori, voi da 14: credi che sia tempo di allargare i roster?

Non è così semplice: ingaggiare altre cicliste significa anche aumentare lo staff, le ammiraglie, il materiale tecnico… Bisogna fare investimenti enormi e molti team non sono in grado di farlo a quei livelli. Molti parlano di aumentare il numero di cicliste, ma non si riflette su quel che significa.

E’ pur vero però che ciò vi costringe a veri tour de force…

E’ difficile essere sempre presenti, forse servirebbe rallentare un po’, rivedere il calendario per renderlo più equilibrato.

Guarischi 2022
Per Barbara Guarischi un inizio anno a buoni livelli, anche se senza acuti di classifica
Guarischi 2022
Per Barbara Guarischi un inizio anno a buoni livelli, anche se senza acuti di classifica
Veniamo a Barbara: sei contenta di come stai andando?

Sì, finora ho sempre portato a termine i miei compiti e quando c’è stata la possibilità di mettermi in mostra, l’ho colta. Ora aspetto la Roubaix e poi mi prenderò uno stacco in vista degli impegni successivi, saltando le Ardenne. Andrò in altura e continuerò con la pista: ho fatto almeno un lavoro a settimana e ne ho sempre tratto giovamento.

Ti vedremo al Giro o al Tour?

Non so ancora, la società deve stabilirlo. Mi hanno già detto che sarò al Giro di Danimarca e alla Ride to London, altre due gare a tappe. Poi si vedrà…

Sarà vero che Van Aert correrà la Roubaix da gregario?

14.04.2022
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Alla fine Van Aert ha scelto di correre il rischio e sarà regolarmente al via della Roubaix, dopo aver saltato per Covid il Fiandre che aspettava da un anno. L’unica concessione che ha fatto ai medici della squadra è stato non prendere parte al sopralluogo di questo pomeriggio. Probabilmente questo sarà un vantaggio per i suoi avversari, ma dato che il campione belga ha avuto il via libera per la ripresa degli allenamenti soltanto martedì scorso, la squadra ha preferito tenerlo sotto stretta osservazione per il maggior tempo possibile.

Gli ultimi aggiornamenti arrivano in diretta proprio dalle strade assolate della Roubaix, dove questo pomeriggio il Team Jumbo Visma composto da Affini, Laporte, Roosen, Teunissen, Van Dijke e Van Hooydonck ha provato prevalentemente i materiali e lo stato del pavé.

Con questo post su Twitter, il campione belga ha ufficializzato il suo ritorno alle gare
Con questo post su Twitter, il campione belga ha ufficializzato il suo ritorno alle gare

Ripresa in Spagna

Come Van der Poel prima di lui, ma per differente motivazione, il belga è andato in Spagna per ripartire al caldo e ottimizzare le poche giornate di allenamento, con la ferma raccomandazione della squadra di non caricare le sue uscite su Strava.

La decisione di schierarlo al via della Roubaix è venuta solo dopo l’ultima distanza, effettuata a ritmo gara nei giorni scorsi, in cui Van Aert ha dimostrato di aver ritrovato un livello accettabile. Essendo tuttavia rimasto in isolamento per una settimana e avendo poi ripreso con estrema gradualità, è evidente che la sua condizione non sia perfetta come prima. Per cui Wout non sarà il solo leader della Jumbo Visma, ma dividerà i gradi con gli altri.

Immagini del sopralluogo 2021 della Roubaix: alla vigilia il pavé era asciutto
Immagini del sopralluogo 2021 della Roubaix: alla vigilia il pavé era asciutto

Prima la salute

La salute del campione belga ha la priorità assoluta. La squadra dà per scontato che Van Aert non avrà le gambe migliori. Solo dopo la Roubaix ci sarà una nuova valutazione che permetterà di stilare il suo programma successivo. L’opzione Liegi-Bastogne-Liegi è attualmente sul tavolo, ma dipenderà da come Wout uscirà dall’Inferno del Nord.

«Dopo un’infezione da Covid – ha spiegato il diesse Merijn Zeeman – siamo estremamente attenti alla salute dei nostri atleti. Lo staff medico ha un ruolo importante in questo ed è un fattore determinante. Lo abbiamo seguito molto da vicino insieme. Un medico ha visitato Wout per quattro giorni consecutivi, per monitorare la risposta del suo corpo all’allenamento. Ha sostenuto anche esami molto approfonditi al cuore prima di riprendere ad allenarsi. All’inizio di questa settimana, lo staff medico ha dato il via libera, stabilendo che Wout poteva iniziare a sostenere carichi importanti come si addice a un professionista».

Lo staff tecnico e quello medico sono stati accanto a Van Aert durante tutta la ripresa degli allenamenti
Lo staff tecnico e quello medico sono stati accanto a Van Aert durante tutta la ripresa degli allenamenti

Cuore a posto

Un’attenzione particolare è stata dedicata appunto al suo cuore, dato che proprio il cuore negli ultimi tempi si sta rivelando l’anello debole nella ripresa post Covid, senza che nessun medico riesca ancora a spiegarne appieno il legame. Van Aert, fra l’altro, ha evitato di sottoporsi alla terza dose di vaccino, rinviandola proprio alla fine delle classiche di primavera.

«La salute di Wout – dice ancora Zeeman – è completamente a posto. Ma dopo una settimana di isolamento, ovviamente, la forma migliore non è più possibile. La rincorsa alla Roubaix è fallita. Gli mancherà anche la ricognizione di oggi e tutto sommato questa è tutt’altro che una preparazione ideale. Ciò non toglie che un corridore come Wout possa ancora avere un ruolo importante, ad esempio nel supportare Laporte, Teunissen o Van Hooydonck. Non partire non è mai stata un’opzione. Wout è in forma e in salute. Il Fiandre e la Roubaix erano i grandi obiettivi. Dopo aver perso il primo, non avrebbe mai accettato di saltare anche la seconda».