EDITORIALE / L’augurio di un Natale diverso

25.12.2023
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«Quest anno il Natale ci ha regalato qualcosa di stupendo, siamo felicissimi e non vediamo l’ora di averlo/a tra le nostre braccia!! Auguriamo a tutti voi buone feste in compagnia delle persone che amate!!».

Il post di Diego Ulissi su Instagram, accompagnato da una foto di famiglia, con cui annunciava il terzo figlio in arrivo, è stato il giusto modo per andare incontro al Natale e spegnere per un po’ il computer. Serviva una pausa. Serve a tutti rialzarsi per guardarsi intorno dopo aver tanto tirato. Si capiva dai discorsi dei corridori all’inizio della nuova stagione, già incapsulata in schemi perfetti di allenamenti e gare. Si capiva dalle sensazioni di ogni giorno, nell’immaginare programmi per sé e il proprio gruppo di lavoro.

In casa Ulissi il Natale ha portato la notizia di un nuovo figlio in arrivo. Qui Diego con Lia e Anita
Questa la foto Instagram con cui Diego Ulissi ha annunciato il nuovo bebè in arrivo

La bellezza della normalità

L’ultima riflessione di ieri nasce proprio da Diego, la cui intervista pubblicheremo domattina. Una delle domande che gli sono state fatte è come mai sia rimasto per tutta la carriera nella stessa squadra, senza cedere alle sirene che certamente lo avrebbero portato altrove e forse anche a guadagnare di più.

«Se mi trovo bene in un ambiente – questo più o meno il senso della sua risposta – perché avrei dovuto cambiare?».

Lui rispondeva e a noi venivano in mente i recenti scossoni del mercato e a ragazzi che evidentemente non si trovavano bene nelle squadre in cui militavano. Verrebbe anche da chiedersi perché le abbiano scelte, se è bastato un solo anno per staccarsene. Si cerca il preparatore buono, il giusto programma, il nutrizionista di vertice, la residenza per pagare meno tasse, si reclamano giustamente i soldi che si pensa di valere, ma l’ambiente e la persona vengono tenuti nella giusta considerazione?

Con un altro corridore affrontammo lo stesso discorso, all’inizio della stagione in Argentina: Pablo Lastras. Lui è rimasto per tutta la vita nella Movistar e ora ne è uno dei direttori sportivi. Quando qualche giorno fa Cimolai (ne leggerete stasera) ci raccontava di aver trovato nel team spagnolo il giusto clima per «riallacciare i fili della passione per il ciclismo», il cerchio si è idealmente chiuso.

Papa Francesco ha spesso parlato di sport. Qui con Valerio Agnoli e l’Atletica Vaticana
Papa Francesco ha spesso parlato di sport. Qui con Valerio Agnoli e l’Atletica Vaticana

Lo sport moderno

Buon Natale a tutti, con la stessa semplicità di quel post di Ulissi. E mentre intorno a breve impazzirà la consegna dei doni che tanto spesso fa dimenticare l’origine del Natale, ecco la voglia di fare qualcosa di inconsueto, andando ad attingere a una lettura di qualche tempo fa: il discorso del 2014 di Papa Francesco al Centro Sportivo Italiano, da cui nel 2018 nacque il Documento sulla Prospettiva Cristiana dello Sport. Se ne può parlare nel giorno di Natale?

«Oggi lo sport sta profondamente cambiando – vi si legge – e sta subendo pressioni forti di cambiamento. La speranza è che lo sport sappia governare il cambiamento e non semplicemente subirlo, riscoprendo e tenendo saldi i principi tanto cari allo sport antico e moderno: essere esperienza di educazione e promozione dell’essere umano».

La Super Lega, nel calcio, ma anche nel ciclismo che la teorizza da anni, vuole arrivare a più soldi oltre ai tanti che già circolano. Sarà un caso, ma le due società che ne trarrebbero immediatamente il beneficio più immediato sono le spagnole più soffocate dai debiti. Non vi sembra che ci sia qualche nota stonata? A governare lo sport non sono le istituzioni, ma i suoi attori. Come chiedere ai proprietari della auto più veloci di stabilire i limiti di velocità. Se le stesse organizzazioni preposte al governo sono preda di avidità e debiti, come fanno a essere credibili?

Nessuna guerra si ferma per le Olimpiadi: si gareggerà e si combatterà… (foto CELESTINO ARCE LAVIN/AVALON/SINT)
Nessuna guerra si ferma per le Olimpiadi: si gareggerà e si combatterà… (foto CELESTINO ARCE LAVIN/AVALON/SINT)

La tregua olimpica

Ci sono stati casi in cui le guerre si fermavano per lasciare spazio alle Olimpiadi, oggi invece le Olimpiadi rischiano di fermarsi per le guerre. Perché lo sport è ormai solo un grande business, sempre più lontano dalla nobiltà per cui si poteva pensare di fermare la guerra.

«E proprio perché siete sportivi – si legge ancora nel discorso di Papa Francesco – vi invito non solo a giocare, come già fate, ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio e entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di se stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre».

Chi propone, prospetta e offre grandi carriere da adulti a ragazzi di 16-17 anni avrà presente questa scala di valori, che prescinde dalla fede, ma affonda le radici nella complessità dell’uomo?

«Il mio amico Sante»: con Vigna, ricordando Gaiardoni

17.12.2023
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Nel 1959 Milano era piena di prati. «Si poteva andare in bicicletta – ricorda Marino Vigna – io addirittura andavo a fare le volate in Viale Certosa, che adesso non ci passano neppure più i pedoni». In questa città, che aveva nella Torre Brera il grattacielo in cemento armato più alto al mondo e con i suoi 116,5 metri era diventato il simbolo della rinascita dopo la Guerra, in un giorno del 1959 arrivò Sante Gaiardoni, ciclista veneto di vent’anni (foto Repubblica in apertura).

Vigna, a sinistra, con Testa e Arienti: tre del quartetto di Roma. Il quarto, Vallotto, se ne andò nel 1966 per una leucemia
Vigna, a sinistra, con Testa e Arienti: tre del quartetto di Roma. Il quarto, Vallotto, se ne andò nel 1966 per una leucemia

Un veneto a Milano

Il Vigorelli era il centro del mondo, in una città che respirava ciclismo. L’anno precedente proprio nella pista milanese, Ercole Baldini aveva vinto il Giro d’Italia, coprendo con la maglia rosa quella (ideale) di campione olimpico conquistata a Melbourne 1956. Mancava appena un anno ai Giochi di Roma.

«Di Sante Gaiardoni sono stato più che amico – racconta Vigna – iniziai a seguirlo quando arrivò a Milano e corremmo insieme alla Azzini. Aveva vent’anni e anche io, quando vinsi le Olimpiadi, ne avevo 21. Fra noi ci creò subito un bel feeling, mi incaricai di fargli da guida in una città in cui non conosceva nessuno, ma grazie al suo carattere fece presto a riempirsi di amici».

Gaiardoni arrivava da Villafranca di Verona. Era figlio di contadini e straripava di forza fisica. Ai Giochi del Mediterraneo di Beirut vinse l’oro nella velocità e nel chilometro, mettendo in discussione la supremazia di Gasparella.

Campionati del mondo 1963 a Rocourt, Sante Gaiardoni conquista il secondo oro (foto Anefo)
Campionati del mondo 1963 a Rocourt, Sante Gaiardoni conquista il secondo oro (foto Anefo)

Il rione dei ciclisti

Vigna ha da poco compiuto 85 anni, Gaiardoni se ne è andato il 30 novembre a 84. Il ciclismo lo aveva un po’ messo ai margini e di questo era rimasto male. Ma in quei giorni così lontani, alla vecchiaia non si pensava:f il mondo era una torta da mangiare con gioia e avidità.

«Ci ritrovammo a vivere tutti nello stesso rione – ricorda Vigna – c’erano più corridori in quell’angolo di Milano che nel resto della Lombardia. Io abitavo in via Piero della Francesca, a 500 metri c’era Maspes e, allargando il cerchio, anche altri. Eravamo nati e cresciuti in quelle strade, alcuni erano figli di negozianti, altri avevano l’azienda e anche Sante venne ad abitare in zona. Non l’ho mai sentito lamentarsi per la lontananza dal Veneto. Un po’ perché dopo un anno vennero a vivere a Milano anche i genitori e le sorelle. Un po’ perché aveva un carattere gioviale, era sempre allegro. Si fece presto tanti amici, come Manari, che lavorava alla Polizia Stradale…».

Gaiardoni vinse due mondiali della velocità. Qui al secondo posto il grande Antonio Maspes (foto Anefo)

La lunga lista dei P.O.

La Federazione del presidente Rodoni aveva divulgato l’ampia lista dei Probabili Olimpici e dentro c’erano finiti anche Vigna e Gaiardoni. La Azzini era una grande squadra e la curiosità di Marino, mai più risolta, verteva sul perché mai Gaiardoni non avesse scelto di correre con la Padovani, in cui avrebbe trovato Bianchetto e Beghetto: altri due eroi di Roma 1960.

«Eravamo andati a fare la visita a Padova – ricorda ancora Vigna – ma io non avrei mai pensato di poter partecipare alle Olimpiadi. Sante invece era già più forte di me e qualche sicurezza l’aveva, ma neanche tanto a ripensarci, perché Gasparella lo faceva penare. Invece fra il 1959 e l’inizio del 1960 feci davvero un bel salto di qualità e così nel mese di aprile, anche io iniziai a pensarci seriamente. Anche perché la prima volta che al Vigorelli misero contro i quartetti del Veneto e della Lombardia, vinsero loro con il record del mondo. E quando poi facemmo lo spareggio a Roma, vincemmo noi e facemmo ugualmente il record. Per Sante, il fatto di andare alle Olimpiadi nella velocità venne fuori quell’anno. Andammo a Parigi a fare il Grand Prix e lo vinse. Al Vigorelli si faceva il mercoledì dei dilettanti e corremmo un’americana così forte che vincemmo dando un giro a tutti».

Nel 1963, Gaiardoni sposò la celebre cantante Elsa Quarta, che per stare con lui interruppe l’attività (foto FCI)
Nel 1963, Gaiardoni sposò la celebre cantante Elsa Quarta, che per stare con lui interruppe l’attività (foto FCI)

L’oro di Roma

Roma nel 1960 si mostrò bella come mai più in seguito. Il velodromo era un monumento alla velocità e alla bellezza, circondato da pini e realizzato sul progetto di Ligini, che nell’assegnazione aveva preceduto Antonio Nervi, figlio di Pier Luigi.

Il 29 agosto era di lunedì e Vigna corse l’inseguimento a squadre con Arienti, Testa e Vallotto, con il tempo di 4’30”900 che gli valse l’oro. Alle spalle degli azzurri si piazzarono i tedeschi, staccati di 4”380, poi l’Unione Sovietica e la Francia.

Nello stesso giorno, Gaiardoni vinse l’oro della velocità, lasciandosi dietro l’indiano Rimple e l’australiano Baensch. Tre giorni prima aveva già vinto il chilometro da fermo, battendo il tedesco Gieseler e il sovietico Vargashkin.

«Quel lunedì sera – ricorda Vigna – festeggiammo, ma neanche tutti insieme. Erano arrivate le varie società e ci ritrovammo in un bar dell’Eur, lungo lo stradone che porta a Roma. Il giorno dopo invece ci accompagnarono al Villaggio Olimpico e ripartimmo quasi tutti. Sante invece rimase ancora e riuscì a viversi l’atmosfera delle Olimpiadi».

Il velodromo olimpico di Roma è stato demolito nel 2008: era inutilizzato dal 1968 (foto Artribune)
Roma, il velodromo è stato demolito nel 2008. Era inutilizzato dal 1968 (foto Artribune)

Il velodromo demolito

Di quei giorni restano le foto in bianco e nero di ragazzi pieni di sogni. Gli eroi sono tutti giovani e belli, recita la canzone, e anche se gli anni hanno increspato la pelle, nello sguardo di chi resta c’è ancora il lampeggiare di allora.

«Quando demolirono il velodromo di Roma – racconta Vigna – io piansi. Tornai a vederlo prima che lo facessero esplodere. Ricordo che il Comune era riuscito a scongiurarne la demolizione, ma ormai lo avevano minato e preferirono distruggerlo che rischiare di togliere gli esplosivi. Fu un peccato, aveva una foresteria in cui, quando divenni tecnico della pista, tenevo i corsi per direttori sportivi. Con Gaiardoni rimasi sempre in contatto. Venne ad abitare a Buccinasco e aprì il suo negozio. Continuavamo a frequentarci con le famiglie. Aveva tante cose da fare, al punto che un anno decise di candidarsi come sindaco di Milano. Ci credeva, ma vinse la Moratti e lui rimase male perché prese pochi voti. Io nemmeno votavo a Milano, altrimenti avrei potuto appoggiarlo».

Nel 2010 all’EICMA di Milano, Gaiardoni viene premiato con gli altri olimpionici di Roma
Nel 2010 all’EICMA di Milano, Gaiardoni viene premiato con gli altri olimpionici di Roma

Un eroe dimenticato

Quando Sante Gaiardoni se ne è andato, sua figlia Samantha ha chiamato Vigna, chiedendogli di chiamare i giornalisti affinché ricordassero suo padre. Marino fa una pausa. L’amico si era defilato, quando erano insieme quasi mai parlavano di ciclismo, ma di fatto il ciclismo fino a quel momento aveva fatto poco per ricordarlo. La gente quasi non si ricordava più di lui.

«Ebbi questa sensazione e ci rimasi male – racconta – quando lavorando in Bianchi, mi resi conto che nessuno sapeva chi fosse. E allora ho cercato di chiamare qualche amico e sono convinto che sui giornali il ricordo di Sante sia stato fatto bene. Alla fine lo hanno salutato in tanti con begli articoli e sono contento, perché se lo meritava. Sante Gaiardoni è stato un doppio campione olimpico, perderlo è stato un duro colpo. Beppe Conti mi ha invitato in RAI per ricordarlo a Radio Corsa e ci sono andato volentieri. Io sto bene, porto i miei anni e riesco ad essere presente a vari eventi, anche se non vado più troppo lontano. Ad esempio non sono riuscito ad andare a Forlì per ricordare Baldini, troppa strada e in poco tempo. Le cartucce sono sempre meno (sorride, ndr), bisogna usarle con attenzione».

Fidanza e le azzurre ripartono dalla scossa di Amadio

30.11.2023
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Intercettiamo Martina Fidanza sul treno da Milano per Roma. La linea va e viene, la chiamata cade e poi riparte. La destinazione della bergamasca sono le visite mediche al Coni, che durante questo scorcio di stagione vedranno arrivare nella Capitale gli azzurri di tutte le discipline in vista di Parigi 2024.

La stagione è finita in Cina con il Tour of Guangxi e subito prima quello di Chongming Island, da cui è tornata a casa con due podi. Vacanze ad Amsterdam con Stefano Moro e un periodo di tre settimane senza bici. In generale il 2023 è stato un anno piuttosto strano, con gli europei pista di Grenchen a febbraio, i mondiali ad agosto e il gran finale in Oriente. Il ritiro di Noto con la nazionale ha dato l’inizio alla nuova stagione (nella foto Instagram di apertura, Fidanza è alle spalle di Silvia Zanardi)..

«Il 2023 è stato un po’ lungo – ammette Fidanza – complicato farsi trovare pronta in tutti gli appuntamenti, visti i tanti obiettivi sparpagliati durante l’anno. Nonostante questo, sono soddisfatta. Su strada sono un po’ migliorata (il 2023 ha portato la vittoria alla Ronde de Mouscron, ndr). Nelle gare più adatte a me, sono riuscita a fare qualche piazzamento. La vittoria mi ha aiutato moralmente ed è stato bello».

Invece il mondiale pista ad agosto che esperienza è stato?

E’ stato un po’ difficile, perché due settimane prima ero caduta al Baloise Tour. Anzi, non solo una volta, ero caduta tre volte perché una non bastava e mi ero anche sublussata la spalla. Però non sono stata ferma, appunto perché ero a due settimane dal mondiale. Ho cercato di tirar dritto e soffrire, di superare l’infortunio allenandomi. Alla fine il dolore è passato, al mondiale non sentivo quasi più niente, però di sicuro non ci siamo arrivate al top della forma. L’ambiente era un pochino stressante e alla fine abbiamo ottenuto un quarto posto nel quartetto di cui io, e penso le altre ragazze, siamo contente, vista l’annata che abbiamo avuto e come ci siamo arrivate.

Poteva andare peggio, insomma?

Noi cerchiamo sempre di guardare l’aspetto positivo e alla fine è stato un quarto posto a pochi decimi dal terzo, quindi eravamo soddisfatte. Non siamo arrivate a Glasgow con un percorso regolare e omogeneo. Ci sono stati i due grossi infortuni di Vittoria Guazzini e di Elisa Balsamo. Vittoria ha rotto il bacino ed è stata ferma un mese. Mentre Elisa ha avuto le varie rotture alla mandibola e anche lei è stata costretta a fermarsi per lo stesso tempo. Sono arrivate ai mondiali che si stavano riprendendo e in quel periodo non erano al top della forma. Poi è vero che non ci siamo mai trovate per girare e non possiamo dire di aver costruito questo mondiale. Eppure, nonostante tutto, siamo comunque arrivate quarte.

Dopo le cadute al Baloise, Fidanza è caduta anche durante la finale della madison. Qui viene scortata da Morini e dal dottor Angelucci
Dopo le cadute al Baloise, Fidanza è caduta anche durante la finale della madison. Qui viene scortata da Morini e dal dottor Angelucci
Alla fine del mondiale, Amadio ha fatto una riunione invitandovi a una maggiore presenza. Un momento utile o sapevate che qualcosa fosse mancato?

Eravamo tutte consapevoli di non aver fatto l’avvicinamento giusto. In più il Tour de France Femmes che finiva a pochi giorni dal mondiale non permetteva di allenarsi insieme. Comunque quella riunione ha dato una scossa, perché adesso riusciamo ad avere molta più organizzazione. Ci troviamo più spesso anche tra noi ragazze e abbiamo individuato delle date in cui vederci in pista, cercando di esserci almeno in quattro per fare un quartetto e dare più continuità.

Il ritiro di Noto in questo senso è stato una ripartenza?

Esatto. E’ servito a ritrovarci insieme e fissare un punto di partenza. Ci siamo accordati sulle date future e abbiamo cercato di allineare un po’ i programmi. E poi è stato una ripartenza sotto tutti i punti di vista, anche da quello atletico, perché abbiamo staccato quasi tutte e gradualmente abbiamo cercato di fare delle ore di allenamento insieme.

Ti aspettavi che Rachele Barbieri uscisse dal gruppo pista?

E’ un po’ che non la sento, quindi non so se sia sempre della stessa idea o se ci abbia ripensato. Dopo quella riunione di Amadio, avevamo capito che la sua intenzione fosse di non continuare con noi. Però non sapevamo quale sarebbe stata la decisione definitiva e neppure in quale squadra sarebbe andata. Forse è legato tutto al percorso che deciderà di intraprendere nei prossimi tre anni.

Il 4° posto del quartetto a Glasgow si rivaluta secondo Fidanza viste le condizioni precarie delle azzurre
Il 4° posto del quartetto a Glasgow si rivaluta secondo Fidanza viste le condizioni precarie delle azzurre
Come proseguirà ora il tuo inverno?

Il 4 dicembre partirò per andare in Spagna, a Calpe, e fare circa 10 giorni di ritiro. Poi andrò diretta a Grenchen, per correre la Track Cycling Challenge. Quindi ci ritroveremo per alcuni ritiri prima e dopo Natale per girare un po’ insieme. Infine andrò all’europeo. Ci siamo accordate per iniziare insieme ad Apeeldoorn, anche se non saremo al 100 per cento della forma. Però cercheremo di arrivare motivate e per fare il miglior risultato possibile.

Tornando a te e pensando a Parigi, le attenzioni saranno rivolte solamente al quartetto?

Di sicuro, oltre al quartetto, le Olimpiadi richiedono che le quattro o cinque che saranno convocate siano affidabili anche nelle altre prove di gruppo. Oltre a questo, sarà fondamentale riuscire ad essere veramente forti nell’inseguimento. Penso che quello sia l’obiettivo principale per tutti. Il resto non dico che venga trascurato, però si costruirà di conseguenza. Il mio obiettivo è sempre stata la pista e la strada viene un po’ in secondo piano. La mia squadra, la Ceratizit-WNT Pro Cycling, nel frattempo dovrebbe diventare WorldTour, quindi di sicuro c’è un po’ di pressione anche da parte loro, anche se restano disponibili per lasciarmi i miei spazi su pista.

La Ceratizit in cui corre anche sua sorella Arianna starebbe per salire nel WorldTour, ma rispetta i suoi programmi su pista
La Ceratizit in cui corre anche sua sorella Arianna starebbe per salire nel WorldTour, ma rispetta i suoi programmi su pista
I mondiali sono stati anche un test per l’avvicinamento alle Olimpiadi che si correranno pure ad agosto?

Glasgow ha simulato le condizioni che potrebbero esserci a Parigi. Ognuno sa come arrivare pronto: a me servirà una gara a tappe un mesetto prima. Pochi giorni fa stavo riflettendo anche sul programma della squadra e noi abbiamo il focus sul Thuringen Ladies Tour, che forse per me sarà meglio del Giro d’Italia. Sto aspettando di vedere le tappe e di capire se sarà più adatto del Giro, per poi concentrarmi su una preparazione più specifica su pista.

I programmi vi saranno dati nel ritiro in Spagna?

A Calpe saranno delineati al 100 per cento e poi dovrebbero rimanere fissi per tutto l’anno. Poi è ovvio che mano a mano che si andrà avanti, potranno esserci dei piccoli cambiamenti. Ma conto di tornare a casa dalla Spagna sapendo quale sarà il mio programma per il 2024.

Vacanze agli sgoccioli, Ganna ha già la febbre dell’oro

11.11.2023
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MILANO – Ganna è tornato dalla Colombia con un bel pizzetto, che fa il paio con quello di Matteo Sobrero (con lui in apertura). I due sono stati ospiti di Giovanni Lombardi sulle spiagge di Cartagena e hanno lo sguardo di chi le vacanze se le porta ancora addosso.

Pippo è entrato nel foyer del Teatro Manzoni con l’espressione assorta, poi ha iniziato a sorridere e rispondere. Indossa la tuta della nazionale e la sfumatura dei capelli è alta come quella di un soldato pronto per il fronte. Le interviste in questa fase della stagione vanno a metà fra il bilancio, la chiacchiera e l’aspettativa, stando alla larga dal già detto.

Il Giro d’Onore della FCI si è svolto ieri pomeriggio nel Teatro Manzoni di Milano
Il Giro d’Onore della FCI si è svolto ieri pomeriggio nel Teatro Manzoni di Milano

Tutti i colori di Ganna

Le vittorie nel 2023 sono venute da quattro crono: alla Tirreno, al Wallonie (dove ha vinto anche la prima tappa in linea e la classifica finale), ai campionati italiani e alla Vuelta. Poi ci sono stati piazzamenti che con un po’ di fortuna o mestiere in più sarebbero diventati vittorie pesanti. Come il secondo posto della Sanremo, il sesto alla Roubaix, il secondo nella crono dei mondiali, oltre ai tre secondi posti in tappe della Vuelta e persino il secondo posto nell’arrivo in salita della Vuelta a San Juan, battuto solo da Miguel Angel Lopez. Prestazioni che hanno descritto un Ganna più ricco di colori, rispetto alla versione del cronoman.

«Non a caso – dice – fra i momenti migliori metto essere arrivato all’ultima tappa della Vuelta e aver fatto secondo, dopo tanti giorni di sofferenza. Anche aver finito il Lombardia, la gara che forse è meno adatta a me, dopo tante forature e cambi di bici è stato un bel momento. Certi piazzamenti non sono state vittorie davvero per poco, ma servono fortuna e condizione. Uno si può allenare, può avere la giornata top, reagire in momenti no e fare secondo. Poi magari quest’anno torno alla Sanremo e neanche la finisco. Chi lo sa? Le conclusioni si trarranno la sera della gara. Perciò sono tranquillo. Sto finendo il mio periodo di vacanze. All’ultima di novembre, prima di andare al ritiro con il team, ricomincerò ad allenarmi».

Per premiare Vittoria Bussi e il suo record dell’Ora è stato chiamato Ganna, detentore del primato maschile
Per premiare Vittoria Bussi e il suo record dell’Ora è stato chiamato Ganna, detentore del primato maschile
Il fatto che sarà un anno olimpico cambierà qualcosa nei tuoi programmi?

Alla squadra ho detto che il primo obiettivo sarà la cronometro alle Olimpiadi, poi tutto il resto verrà di conseguenza. Si sa che cominceremo in Australia per poi arrivare alla prima Coppa del mondo su pista, utile per la qualifica olimpica. E poi vedremo come procederà. Siamo tutti sulla stessa linea. Parigi sarà il principale obiettivo stagionale, ma cercheremo di affrontarlo con la solita spensieratezza. Per il resto della stagione non mancherà la voglia di fare bene e di correre. Non metterò un numero sulla schiena solo per partire, si cerca sempre di dare una mano o partire da leader. Per questo dico che sarà una stagione lunga.

Una delle tante…

A pensarci bene, è vero. Con tutti gli scongiuri del caso, io riesco ad avere tanti obiettivi. Ci sono corridori che puntano al Giro e come prima gara fanno la Tirreno. Io invece alla Tirreno magari ci arrivo già con 20 giorni di corsa. Vorrà dire che manderò alla squadra la fattura giusta (ride, ndr).

Evidentemente preferisci correre che allenarti…

Allenarmi mi piace, è bello, cerchi percorsi che ti servono per migliorare. Però alla fine la gara è gara. E’ lì che puoi spingerti oltre il limite perché un avversario ti scappa, quindi è la gara che ti dà le conferme giuste.

Il presidente Dagnoni ha accolto Gianni Petrucci, guida del basket, all’indomani della vittoria dell’Italia femminile sulla Grecia
Il presidente Dagnoni ha accolto Gianni Petrucci, guida del basket, all’indomani della vittoria dell’Italia femminile sulla Grecia
Nel 2024 andrai in cerca di gare che abbiano una cronometro?

In realtà, non è che all’inizio della stagione ce ne siano tante. E prima del Giro, forse l’ultima è la Tirreno-Adriatico. Quindi ci sarà da fare forse più test personali, per capire se si è veloci oppure no.

Hai voglia di ricominciare?

Sì, vuol dire che il riposo è servito a qualcosa. Sono tranquillo, sono rilassato. Forse c’è stato qualche evento di troppo che spezza la tranquillità delle giornate, ma ci sono, bisogna farli e meno male che ci sono.

Perché hai parlato di crono e non di quartetto?

Per semplice cronologia. Nel calendario se non sbaglio dovrebbe esserci prima la cronometro poi il quartetto. Quindi ovviamente sarò focalizzato al 110 per cento sulla cronometro. Ho già dimostrato a Tokyo che si può arrivare al massimo anche per il quartetto. Ovviamente nella crono la pressione sarà al 100 per cento su di me, in pista la divideremo in quattro, quindi avremo tutti quanti un ruolo fondamentale per riconfermarci.

Elia Viviani è stato l’ispiratore della pista azzurra, presente nelle parole di tutti gli atleti
Elia Viviani è stato l’ispiratore della pista azzurra, presente nelle parole di tutti gli atleti
La crono sarà anche l’obiettivo di altri. Ai mondiali si è cominciato a ragionare sul distacco da Evenepoel. Quanto sarà importante il lavoro sui materiali?

Non bisogna mai sedersi, perché se ti siedi rimani indietro. Vedremo col prossimo anno se ci saranno nuovi sviluppi, nuovi materiali, nuove tecnologie. Io do le mie idee, ma quando poi si va sul pratico, preferisco che facciano loro perché io non ne capisco un granché. Mi fido 100 per cento della squadra, perché alla fine è anche grazie a loro se ho avuto tanti risultati. Ci sarà da lavorare tanto, tra galleria e test. Qualcuno dice sull’allenamento, ma non credo, visto che alla fine ho espresso i valori migliori di sempre.

Fra poco si ricomincia, ma a Palma de Mallorca non troverai Tosatto, passato alla Tudor…

Tosatto è stato il direttore con cui ho vinto di più, a parte Dario come allenatore che è sempre in macchina per le crono. Quindi con “Toso” c’è un bellissimo legame. Io spero tutto il meglio per lui con la nuova squadra. Siamo rimasti sempre in buoni rapporti, anche nel tempo libero. Diciamo che mi fa piacere vederlo e sentirlo.

Quest’anno per la prima volta ti abbiamo visto più sicuro nei panni del leader.

Alla fine ho sempre fatto quello che mi veniva chiesto di fare. Forse il non avere fretta e il mio portare rispetto per i più anziani fa sì che adesso anche loro abbiano rispetto per me. Basta vedere che lo stesso Thomas si è messo a tirarmi le volate. Non vedi tanti leader di un certo peso lavorare per i più giovani, quindi la cosa mi fa piacere. So che non mi sono voluto impossessare di un ruolo non mio, ma l’ho guadagnato, come pure la fiducia della squadra e dei compagni.

Con Tosatto sull’ammiraglia, Ganna ha vinto alcune delle sue corse migliori. I due lavoravano insieme dal 2019
Con Tosatto sull’ammiraglia, Ganna ha vinto alcune delle sue corse migliori. I due lavoravano insieme dal 2019
C’è ancora spazio per migliorare?

Sempre, quindi chi lo sa? Si valuta anno per anno. Poi magari la prossima sarà la stagione della mia vita e non ce ne sarà più una uguale.

Che cosa significa pensare che le Olimpiadi si correranno nel velodromo di St Quentin en Yvelines in cui hai vinto qualche titolo mondiale?

Significa che non bisogna dare pressioni, dai ragazzi…

Ride. Mostra le foto della Colombia. Ha la leggerezza dei giorni migliori, segno che davvero le vacanze erano necessarie e sono servite per recuperare. Ma provate a togliere la bici a qualsiasi bambino che la ami. Dopo un po’ la voglia di ripartire sarà più forte del miraggio di qualsiasi viaggio esotico. E’ la magia del ciclismo, è la magia dei campioni.

Villa: «Le Sei Giorni servono, quel che manca è il tempo»

04.11.2023
5 min
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Dopo il ritorno trionfale della Tre Giorni di Grenoble e con la Champions League che distoglie atleti e riflettori, la Sei Giorni di Gand lancia la stagione delle notti in pista. L’antica capitale delle Fiandre ospita l’evento dal 1922 (il velodromo di Kuipke è invece del 1927) e basta scorrerne l’albo d’oro per capire che si tratta di una manifestazione al top degli specialisti. L’ultimo italiano ad averla vinta fu Elia Viviani nel 2018, in coppia con Iljio Keisse che proprio quest’anno saluterà il suo velodromo. Andando più indietro, tuttavia, il 1998 salta agli occhi per la vittoria di Silvio Martinello e Marco Villa.

Proprio con il cittì della pista azzurra allora abbiamo voluto riprendere il discorso, partendo da due affermazioni opposte di Elia Viviani e Benjamin Thomas, entrambi grandi specialisti della pista, lanciati verso le Olimpiadi di Parigi. Viviani ha detto di voler correre di più su pista durante l’inverno, ma che le Sei Giorni non gli danno quello di cui ha bisogno, dovendo lavorare soprattutto sull’omnium. Il francese ha detto di volervi prendere parte. A dire il vero, se non fosse caduto nella penultima tappa in Cina, avrebbe corso anche a Gand. In ogni caso, ci ha detto che, avendo disputato soltanto tre madison durante la stagione, la Sei Giorni è quel che serve per riprendere l’occhio e i meccanismi della specialità.

Martinello e Villa hanno vinto a Gand nel 1998. Qui invece, sempre a Gand, ma nel 2001
Martinello e Villa hanno vinto a Gand nel 1998. Qui invece, sempre a Gand, ma nel 2001
Caro Marco, le Sei Giorni sono ancora utili per un pistard che svolge attività olimpica?

Dipende dai programmi delle Sei Giorni. Ai miei tempi nel calendario ce n’erano 12, i programmi erano diversi, l’intensità in gara era diversa. Però qualcuna fa sempre comodo, non solo a Benjamin Thomas, ma anche a noi. Stiamo facendo poche madison. Scartezzini e Consonni hanno corso abbastanza assieme. Viviani e Consonni hanno corso pochissimo e mi piacerebbe vederli fare un’americana. Un conto è farla per vincere una medaglia o da coppia che vuole vincere la gara, un conto è allenarsi. Più ne fai, meglio è. A volte essere in testa alla classifica di una Sei Giorni aiuta anche a capire come devi correrla per vincere. Un conto è fare una volata ogni tanto, quando stai bene. Un conto è fare una volata o saltarla perché devi difendere la testa della classifica in caso di qualche attacco. Quando attacca uno che è indietro in classifica, chi è davanti deve andare a prenderlo.

Quindi come valuti il ragionamento di Elia e di Thomas?

Bisogna vedere Elia in che contesto l’ha detto, cosa intendesse. Magari teneva conto anche del fatto di dover chiedere l’autorizzazione alla squadra e, volendo fare anche le Coppe del mondo, magari deve moderare le richieste. Se anche Thomas ha fatto solo tre madison, vuol dire che ha avuto gli stessi problemi di Viviani. Il calendario della pista e l’impegno con la squadra sono notevoli per entrambi.

Hai parlato di Sei Giorni che si corrono a intensità diverse.

E’ vero. L’affinità tecnica della coppia resta, ma è cambiato il modo di correre. La prima cosa che vedo è che prima si usava un rapporto più agile che permettesse di arrivare fino alle due di notte. Adesso ci sono meno gare, si finisce prima e le medie sono più alte. Quindi se prima si parlava di gare intense nel periodo di off season, adesso l’impegno è notevole. Non vai lì a girar le gambe. Si corre con rapporti più lunghi, non è più una corsa a tappe, ma una serie di gare singole, se vogliamo fare l’esempio della strada.

Viviani è stato l’ultimo italiano a conquistare la Sei Giorni di Gand, nel 2018 con Keisse
Viviani è stato l’ultimo italiano a conquistare la Sei Giorni di Gand, nel 2018 con Keisse
Ti aspetti che qualche specialista andrà a farle?

Dipende dalle esigenze e dal tempo. Vedo ad esempio che Reinhardt sta facendo la Champions League e potrebbe andare a fare le Sei Giorni. Kluge, che è il suo compagno della madison (i due sono campioni europei in carica, ndr), è meno impegnato su strada e credo che adesso anche lui abbia più tempo per la pista. Credo che in genere quelli che non sono nelle squadre WorldTour potrebbero esserci, mentre altri, come ad esempio lo stesso Benjamin Thomas, faranno le Coppe del mondo cercando di farle coincidere con i momenti senza corse su strada.

L’Italia riparte da Noto o prima da Montichiari?

Ufficialmente da Noto, però Montichiari in teoria è disponibile. Ce l’hanno riconsegnata martedì e qualche giorno fa ho fatto girare Lamon e Galli. Lamon perché è rientrato dalle ferie e voleva girare, Galli perché lo porteremo proprio alla Sei Giorni di Gand con gli under 23, dato che ci è stato anche lo scorso anno. Li accompagnerà Masotti, io penso di andare qualche giorno verso la fine, perché prima sarò a Noto.

I francesi andranno in altura sul Teide intorno al 10 dicembre.

Potrebbero avere in testa gli europei (Apeldoorn, Olanda, 10-14 gennaio, ndr), più che la prima Coppa del mondo in Australia (Adelaide, 2 febbraio, ndr) che mi sembra lontana. Noi dobbiamo giostrare le presenze degli atleti che abbiamo a disposizione, cercando di dividere tra chi farà il Tour Down Under e quindi potrà correre la prima Coppa del mondo e chi invece farà gli europei. Dobbiamo unire i programmi della nazionale e quelli delle squadre. Ad esempio la Ineos dovrebbe portare Viviani e Ganna in Australia e lo stesso la Movistar con Manlio Moro. La partenza per il Down Under è negli stessi giorni dell’europeo, quindi loro non ci saranno. Però si fermeranno qualche giorno di più ad Adelaide e la settimana dopo la corsa ci sarà la Coppa del mondo. Non credo invece che ci andranno Milan, che ha corso fino alla Cina, e neppure Consonni, che voleva partire più tranquillo. Quindi loro due potrebbero fare l’europeo.

Kluge e Reinhardt sono i campioni europei in carica della madison
Kluge e Reinhardt sono i campioni europei in carica della madison
Con i team è già tutto definito? Ad esempio con la Lidl-Trek visto che Milan e Consonni dal 2024 saranno con loro?

Abbiamo già parlato, Amadio da team manager ha avuto i suoi colloqui con Luca Guercilena, io da tecnico ho già dato il programma a Josu (Josu Larrazabal, responsabile area performance della Lidl-Trek, ndr). Nei giorni scorsi in America stavano sistemando il calendario dei ragazzi, quindi abbiamo anticipato la nostra pianificazione per condividere con loro un programma affidabile, sia per gli uomini, sia per le donne. Lo abbiamo mandato a tutti. Ho messo in evidenza le date in cui ci saranno le convocazioni e dove vorrei tutte le ragazze e i ragazzi. Sono momenti in cui non ci sono impegni su strada, per cui non dovremmo avere problemi.

Manca poco alle Olimpiadi, hai trovato collaborazione?

Molta. Anche le squadre sanno che gli atleti fanno la pista volentieri e le Olimpiadi sono un obiettivo dell’anno più che rispettabile per la loro carriera, senza trascurare gli impegni delle squadre. Si stanno dimostrando tutti collaborativi, ma non avevo dubbi.

Rebellin, trent’anni di carriera e tanta voglia di pedalare

23.10.2022
6 min
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Con trent’anni di carriera professionistica alle spalle, Davide Rebellin è testimone di un ciclismo passato, ha attraversato il secolo affrontando grandi gioie e profonde delusioni. Ha conosciuto i vertici assoluti del movimento internazionale ma anche il rifiuto di quello stesso ambiente. E’ diventato un riferimento per i giovani ma anche uno pseudo intruso nelle gare Elite. A 51 anni il corridore di San Bonifacio ha deciso di chiudere con la strada, ma resterà nell’ambiente perché la voglia di competere non viene meno con gli anni che passano.

Per ripercorrere tutta la sua storia abbiamo scelto di focalizzarci su alcuni momenti, una sorta di bivi attraverso i quali si è sviluppata la sua carriera. Ogni gara è come il capitolo di un romanzo, raccontato in prima persona e che attende ancora di conoscere la parola fine…

L’ultima passione del veneto, il gravel. Al mondiale Davide è stato 39° a 12’11” da Vermeersch
L’ultima passione del veneto, il gravel. Al mondiale Davide è stato 39° a 12’11” da Vermeersch

Gli anni da dilettante

«Già da junior mi ero fatto conoscere e avevo anche vinto un oro mondiale di categoria, nella 100 Chilometri a squadre a Mosca. Passato di categoria mi accorsi subito di quanto le cose fossero cambiate, si faceva sul serio, la concorrenza era spietata. Ebbi molte cadute e vinsi una sola gara, ma non mi persi d’animo. Nel 1991 invece la situazione cambiò drasticamente: oltre 10 gare vinte, successo al Giro delle Regioni, oro ai Giochi del Mediterraneo, argento iridato su strada.

«Quella era una generazione straordinaria, con Bartoli, Pantani, Belli, ma io sbocciai prima di tutti. Nel 1992 tutti parlavano di me come del favorito per i Giochi Olimpici, ma il percorso di Barcellona non era adatto alle mie caratteristiche, anche se avevamo lavorato con Zenoni per tutto l’anno pensando a quell’evento andando anche in altura. Il tracciato non era selettivo, quando Casartelli partì con altri due corridori, rimasi lì in copertura e a conti fatti fu la scelta giusta. La vittoria di Fabio la sentii un po’ anche mia».

A Stoccarda 1991, Rebellin 2° dietro Rzaksinskij (URS) e prima di Zberg (SUI)
A Stoccarda 1991, Rebellin 2° dietro Rzaksinskij (URS) e prima di Zberg (SUI)

Le prime classiche

«Passato professionista subito dopo, ci volle tempo per emergere. Nel 1997 ero passato alla Française des Jeux, che intendeva puntare su di me per il Tour. L’anno prima ero stato 6° al Giro e 7° alla Vuelta, mi avevano preso pensando che fossi un corridore da grandi giri. Invece quell’estate non andavo proprio, finivo sempre nel gruppetto dei velocisti nelle tappe di montagna. Solo che col passare dei giorni le cose cominciarono a ingranare e uscii dal Tour con una gran gamba. A San Sebastian volavo e vinsi la corsa in volata, sette giorni dopo mi ripetei al GP di Svizzera a Zurigo beffando Ullrich che veniva dalla maglia gialla al Tour. Quelle vittorie mi sbloccarono e trasformarono: non ero più un corridore per gare a tappe, ma un cacciatore di classiche».

A Zurigo una volata imperiale, il tedesco Ullrich si piega come anche il danese Sorensen
A Zurigo una volata imperiale, il tedesco Ullrich si deve piegare (foto Cor Vos/PezCyclingNews)

Una settimana da Dio…

«Mi parlano ancora spesso di quel che avvenne nel 2004, di come feci a vincere tre grandi classiche in una settimana. Io dico che fu la mia “settimana santa”. Spesso avevo sfiorato la vittoria alla Liegi, finendo 2° nel 2001 e 3° l’anno prima. Quella settimana avevo una forma mai vista, ma venivo da un periodo abbastanza scialbo e quindi avevo anche fame di vittorie. Iniziai con l’Amstel battendo Boogerd nello sprint a due, poi alla Freccia che correvo pensando alla Liegi feci la differenza sul Muro di Huy con Di Luca a 3”. Potevo dirmi appagato, sicuramente partii per Liegi con la mente sgombra, il mio l’avevo fatto. Così le cose ti vengono ancora più facili, rischi di più senza aver nulla da perdere. Finì che battei ancora Boogerd, per lui non fu certo una settimana felice…».

La vittoria nell’Amstel 2004 battendo Boogerd, che cederà anche sette giorni dopo a Liegi
La vittoria nell’Amstel 2004 battendo Boogerd, che cederà anche sette giorni dopo a Liegi

La Freccia del 2007

«La Freccia stava diventando la “mia” gara. Col passare degli anni avevo imparato a memoria ogni passaggio di quel muro decisivo, sapevo dove scattare, perché in quel frangente è fondamentale non sbagliare. Dicono che sia una gara per scalatori ma non è proprio così, è per gente esplosiva, serve tanta potenza per domare quelle pendenze. Devi prendere la salita nella posizione giusta, non partire troppo presto, affrontare le curve nella maniera corretta. Se hai la forma giusta te la puoi giocare. Io quel giorno non sbagliai nulla, dietro finì Valverde a 6” e mi fa strano che 15 anni dopo chiudiamo insieme…».

La Freccia è stata il regno del veneto: tre vittorie (2004-07-09) e 3° nel 2005 (foto Procycling.nl)
La Freccia è stata il regno del veneto: tre vittorie (2004-07-09) e 3° nel 2005 (foto Procycling.nl)

Il dolore di Pechino 2008

«Sono passati tanti anni e la sofferenza è un po’ smussata, ma di quella vicenda mi resta tanto dentro: la grande gioia per la gara e quell’argento a un soffio dallo spagnolo Sanchez. La sospensione arrivata sei mesi dopo, le spese per i legali che hanno prosciugato i miei conti. Persi due anni e volevo rientrare da vincente, ma mi accorsi che nell’ambiente molti giravano la testa, non volevano neanche ascoltare le mie ragioni e ciò non è cambiato neanche quando sono stato assolto. Potrei riavere quella medaglia, ma dovrei fare ricorso al Tas in Svizzera e ci vogliono troppi soldi…».

Rebellin in gara a Pechino 2008. Un argento poi cancellato (foto Cor Vos/PezCyclingNews)
Rebellin in gara a Pechino 2008. Un argento poi cancellato (foto Cor Vos/PezCyclingNews)

Vittoria a 44 anni

«La Coppa Agostoni del 2015 ha un sapore particolare: a 44 anni ho dimostrato che avevo ancora tanto da dare. Fu una vittoria bellissima perché ottenuta di forza, in fuga con Nibali e Scarponi con Michele che era quello che lavorava di più e poi cedette. Mi ritrovai a giocarmi la vittoria con Vincenzo Nibali che veniva dal trionfo del Tour, ma il gruppo stava tornando sotto, infatti guardando la foto sembra che vinco uno sprint di gruppo, ma non era così…».

La vittoria Agostoni del 2015. A 44 anni Rebellin batte Nibali con il gruppo in rimonta
La vittoria Agostoni del 2015. A 44 anni Rebellin batte Nibali con il gruppo in rimonta

Le ultime stagioni

«Ne ho viste di tutti i colori: chi mi tacciava di ridicolo perché stavo ancora in mezzo a corridori con meno della metà dei miei anni, chi invece si avvicinava incuriosito, mi chiedeva perché. Tanti ragazzi mi hanno chiesto consigli, mi hanno detto che avevano visto i video delle mie vittorie. Tanti bambini e i loro genitori mi hanno avvicinato, quasi spronati dal mio esempio. Anche sui social dove come per tutti ho avuto messaggi buoni e cattivi.

«E ora? Continuerò innanzitutto a collaborare con la Dynatek, società della quale faccio parte per lo sviluppo delle loro bici, ci tengo a far crescere l’azienda e nel contempo voglio scoprire sempre di più questo nuovo mondo del gravel. Mi entusiasma la possibilità di esplorare posti diversi pedalando. Magari qualche gara la faccio ancora, con queste nuove bici, così mi tengo in forma…».

Letizia Paternoster, aria di nuovo inizio

31.05.2022
3 min
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L’abbiamo incontrata a Cattolica in occasione della Granfondo Squali Trek, Letizia Paternoster è madrina dell’evento. Bellissima e solare come sempre, una parola e un sorriso per tutti, ma con quella determinazione che fa parte del DNA dei campioni. I problemi legati alla mononucleosi sembrano alle spalle e come ha detto il cittì Sangalli, è ora di ricominciare.

Letizia Paternoster ha 22 anni, corre con la Trek-Segafredo (foto Sara Carena)
Letizia Paternoster ha 22 anni, corre con la Trek-Segafredo (foto Sara Carena)
Dopo l’euforia del 2021 l’anno in corso stenta a partire, cosa è successo?

Un piccolo imprevisto, una cosa che può capitare nella carriera di uno sportivo. Diciamo che fa parte del gioco, cosciente del fatto che ci si deve confrontare con mille imprevisti. Ho avuto la mononucleosi e non me ne sono accorta subito, chiedendo uno sforzo ulteriore al mio fisico. Ho già metabolizzato la cosa e rispetto ad altre occasioni sono riuscita ad affrontare questo passaggio con serenità, cercando di rimanere il più possibile tranquilla, ma senza perdere la grinta.

Riesci a vedere anche il lato positivo in tutto questo?

Per me è comunque un’esperienza e ho imparato qualcosa anche in queste settimane di difficoltà.

Madrina della Granfondo Squali Trek (foto Sara Carena)
Madrina della Granfondo Squali Trek (foto Sara Carena)
Hai voglia di riscatto in questo momento?

Ho tanta voglia di riscatto e sto pensando a quello che arriverà dopo. Ho voglia di fare e di togliermi delle soddisfazioni.

I successi ottenuti nel 2021 e tutto il lavoro fatto negli anni scorsi sono fattori che ti hanno aiutato?

Certamente e soprattutto nel 2021 sono arrivate tante risposte. Mi piace pensare che la vita è come un’onda, che scende e sale in continuazione. L’importante è crederci ed essere determinati anche quando si è nel punto più basso, lavorare ed allenarsi con determinazione, perché i risultati prima o poi arrivano. In un certo senso è anche la mia filosofia di vita. Il 2021 è stata la conferma di tutto quello che è stato fatto negli anni precedenti.

La Paternoster con Filippo Magnani, organizzatore della manifestazione (foto Sara Carena)
La Paternoster con Filippo Magnani, organizzatore della manifestazione (foto Sara Carena)
Hai già ripreso a pedalare?

Si, sono in sella da qualche giorno ed è una sensazione bellissima.

Hai già degli obiettivi per la stagione 2022?

Sto pensando agli europei e ai mondiali su pista, questi sono i due punti fermi. E poi mi piacerebbe ottenere un buon risultato su strada. La voglia di ricominciare, di mettermi in gioco e alla prova è tanta.

Una parentesi divertente con la preparazione della polenta (foto Sara Carena)
Una parentesi divertente con la preparazione della polenta (foto Sara Carena)
Magari una vittoria su strada?

Perché no, è comunque un mio obiettivo.

Il 2022 e il 2023, sono due anni di transizione in vista delle Olimpiadi di Parigi?

Non posso e non voglio nasconderlo, anche le Olimpiadi del 2024 sono un obiettivo e sono cerchiate con un rosso intenso. Ci credo tantissimo.

Da un Casartelli all’altro, la firma di Marco sui 30 anni olimpici

21.05.2022
5 min
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Non si scrive in prima persona, te lo insegnano subito. Ma questa volta faccio un’eccezione che spero mi perdonerete. Oggi parliamo in qualche modo di Casartelli con suo figlio Marco, ricordando che fu proprio Fabio nel marzo del 1992 la… vittima della mia prima intervista. Aveva vinto la Montecarlo-Alassio e poi il Trofeo Soprazocco e lo Zssdi di Trieste. Era timido, lo eravamo entrambi. Parlò di sé, di Locatelli e di Albese in cui viveva, di suo padre e sua madre. E di lì cominciammo a pedalare insieme in quella carriera che giusto trent’anni fa si tinse dell’oro olimpico e tre anni dopo si arrestò troppo presto al Tour de France. In partenza, in quel 18 luglio del 1995, mi aveva mostrato la piccola foto di suo figlio, nato da neanche tre mesi, che teneva in tasca avvolta nel cellophane.

Il 2 agosto del 1992 sul percorso di Sant Sadurni d’Andoia (Barcellona) Casartelli vince l’oro olimpico su strada
Il 2 agosto del 1992 sul percorso di Sant Sadurni d’Andoia (Barcellona) Casartelli vince l’oro olimpico su strada

Il filo conduttore

Marco l’ho visto crescere, non con la continuità di un parente o di un amico di famiglia e forse proprio per questo incontrarlo di tanto in tanto rende il percorso ancora più prodigioso. Il suo aspetto e i racconti della madre Annalisa sono uno dei fili conduttori della mia vita. Dal battesimo alla laurea. E quando è venuto fuori che ha disegnato lui la maglia commemorativa di quei Giochi, perché venga distribuita agli iscritti della Randonnée dedicata a suo padre, ammetto che nella gola s’è formato un groppo difficile da far scendere. Ci sono vite più difficili di altre, salite che sembrano non finire. Perciò quando capita di tirare il fiato e guardare il mondo dall’alto, lo stupore è commovente.

Marco si è laureato in Graphic Design lo scorso luglio
Marco si è laureato in Graphic Design lo scorso luglio

«Me lo hanno proposto Gianluigi (Marzorati, presidente della Fondazione Casartelli, ndr) e i nonni. Mi hanno chiesto – racconta – se avessi avuto voglia di provare a disegnare la grafica. Ne avevamo già parlato più di un anno fa e metterci finalmente mano è stato emozionante. Il modo per ringraziare gli amici di Albese».

Il logo dei 30 anni

Marco si è laureato lo scorso luglio in Graphic Design, ora ha la sua partita Iva e lotta per farsi un nome. Mi annunciò con orgoglio di essere prossimo al traguardo, bevendo uno spritz subito dopo i campionati italiani della crono a Faenza. Era venuto con Annalisa a salutarmi, dato che non ci si vedeva da un po’.

«Progettare qualcosa che piaccia visivamente – spiega – potrebbe essere fine a se stesso, se non racconti una storia. Per cui ho applicato uno dei processi tipici del mio lavoro. Ho individuato un punto di origine, l’azione, l’evento e un altro luogo. Per cui sono partito da Albese, il ciclismo, le Olimpiadi e Barcellona. Ho preso lo stemma di Albese e ho pensato di farne uno anche io. Ho messo la ruota della bici. La Sagrada Familia, come simbolo di Barcellona, ho rielaborato il logo delle Olimpiadi 1992 e poi il grano di Albese. Dal momento in cui ho individuato questi elementi, la grafica è venuta abbastanza in fretta. Diciamo tre settimane in tutto».

Barcellona in 3 foto

Il bimbo in quella foto nella tasca. Marchino col faccione e la maglia Motorola. Poi con la maglia rossa della Ferrari che gioca al cimitero. Marchino con la maglia gialla al Tour, per fare le foto con Armstrong. Marco e Annalisa. Lui che sorrideva perché troppo piccolo per rendersi conto, lei sempre più stanca. I nonni. Vanda e Pirro a Forlì, Rosa e Sergio ad Albese. Marco e la veste bianca della prima comunione. Poi da adolescente, identico a suo padre. E adesso, capellone, allegro e tosto com’è giusto a 27 anni.

«Vivo molto serenamente – dice – i ricordi di mio padre e il fatto che tutti me ne parlino. I trent’anni di Barcellona sono una bella ricorrenza ed è bello che ci sia gente che lo ricorda. Barcellona per me è nelle fotografie appese in casa. Ci sono quelle 2-3 immagini che ormai sono icone. Mio padre è nei racconti dei nonni e in quelli di mia madre. Lei è orgogliosa di me ed è bello vedere che mi sostiene. Per me è molto importante».

La Randonnée Casartelli si svolgerà domenica prossima, 29 maggio. Non ci sarò, perché nello stesso giorno il Giro d’Italia celebrerà il gran finale a Verona. In altri tempi avrei potuto pensare di sganciarmi, ma il mio ruolo in bici.PRO impone di non mollare per un solo istante. La vivrò nelle foto e nei racconti di altri. Con un pizzico dello stesso orgoglio di Annalisa. Lei e Marco meritano la serenità e ogni gioia possibile.

Enervit in azzurro: partnership e collaborazione estesa al 2024

07.05.2022
2 min
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Enervit ha rinnovato fino alla stagione 2024 il proprio accordo di sponsorizzazione e di partnership con la Federazione Ciclistica Italiana. L’intesa è stata siglata presso la sede milanese di Enervit. Erano presenti il Presidente della FCI Cordiano Dagnoni e del Presidente di Enervit spa Alberto Sorbini

Il rinnovo di questo accordo prevede il supporto di Enervit a tutte le specialità della Federazione Ciclistica Italiana, dalla strada al fuoristrada, fino ad arrivare al paraciclismo e alla pista. 

 Il nuovo spot Enervit realizzato dall’agenzia creativa ligure SUN Times di Francesco Pelosi.

Squadra che vince non si cambia

«Squadra vincente non si cambia – ha dichiarato Cordiano Dagnoni, il presidente della FCI – quello che possiamo impegnarci a fare è affinare le nostre competenze e migliorare, puntando al prossimo traguardo. Scienza, innovazione e ricerca sono tre elementi che Enervit mette a disposizione dell’integrazione sportiva e quindi dei nostri atleti. Il lavoro di sinergia tra l’Equipe Enervit e la Federazione ha alzato ulteriormente la qualità di prodotti già eccezionali, studiati e leader nel mercato dell’integrazione alimentare sportiva e della nutrizione funzionale. Sono davvero orgoglioso di rinnovare questa partnership con un marchio in cui crediamo, per noi sinonimo di certezza, e di continuare un percorso che ci porterà insieme fino alle Olimpiadi di Parigi 2024». 

«È un vero onore e una grande soddisfazione continuare a supportare al meglio la Federazione e i suoi 250 atleti nelle diverse specialità – ha ribattuto Alberto Sorbini, il Presidente di Enervit – e questo lo facciamo ogni giorno con i nostri prodotti, con passione e con un’esperienza unica maturata nel campo della nutrizione e dell’integrazione. Con la FCI la partnership è consolidata, condividiamo gli stessi valori e lo spirito di squadra. Inoltre, abbiamo un importante rapporto di reciproco scambio, con gli atleti e con lo staff della Federazione. È difatti fondamentale per noi ricevere i loro preziosi suggerimenti, che ci portano a innovare e migliorare… sempre». 

Enervit e Federazione Ciclistica Italiana collaboreranno fino alle prossime Olimpiadi, quelle di Parigi 2024
Enervit e Federazione Ciclistica Italiana collaboreranno fino alle prossime Olimpiadi, quelle di Parigi 2024

Un passo nella storia

Da oltre 40 anni, la passione per la nutrizione nello sport guida la ricerca scientifica di Enervit. Un’esperienza unica che, giorno dopo giorno, ha permesso di ideare, testare, sviluppare, e produrre alimenti funzionali e integratori innovativi di alta qualità. Un approccio 100% “in house” quello di Enervit, per soddisfare le esigenze di chi fa sport, di chi è attento al proprio benessere. Nel pieno solco della “vision” del brand, ovvero quella di aiutare tutte le persone a migliorare la qualità della propria vita, promuovendo una nutrizione positiva e una costante attività fisica.