L’arrivo di Fabio Felline alla MBH Bank Ballan, come raccontato da Gianluca Valoti, è stato reso possibile dal prematuro ritiro di Gabriele Casalini. Andando a guardare la sua scheda statistica, emerge come il suo abbandono dell’attività risalga allo scorso 13 giugno, ma la cosa che colpisce è che parliamo di un ragazzo di appena 20 anni. Che cosa lo ha portato a questa scelta così improvvisa?
Il bergamasco era al suo secondo anno con la MBH Bank Ballan. 23 giorni di gara nel 2024, con la perla della terza piazza al GP San Bernardino bissata poi all’estero, a Visegrad in Ungheria a luglio. Quest’anno 16 giorni di gara, apparentemente senza grandi risultati.
Casalini ha disputato 16 gare quest’anno, lavorando soprattutto per gli sprint di Fiorin (foto Instagram)Casalini ha disputato 16 gare quest’anno, lavorando soprattutto per gli sprint di Fiorin (foto Instagram)
«Ma la mia parte l’ho sempre fatta. Non ero un campione, ma mi sono sempre dimostrato utile per il gruppo, per aiutare gli altri perché sentivo fortemente quel senso di appartenenza, quel condividere le gioie di uno che erano frutto del lavoro di tutti».
A che cosa si deve allora questa decisione così inattesa?
Era da un po’ che ci pensavo, ma la mia è una vera scelta di vita. Non riuscivo più a conciliare lavoro e sport. Già dallo scorso anno collaboro con aziende automobilistiche per noleggio e vendita di seconda mano delle auto, da poco ho aperto la mia piccola impresa con tanto di partita Iva. Lavoro soprattutto online ma mi appoggio a molti rivenditori del Bergamasco. E’ un’attività che però necessita di un’attenzione continua, del monitoraggio dei mezzi che acquisto e rivendo. Mi accorgevo che tutto ciò andava a detrimento dell’attività ciclistica e viceversa. Dovevo prendere una decisione.
Il podio del GP San Bernardino 2024, vinto da Chiarucci su Zurlo e CasaliniIl podio del GP San Bernardino 2024, vinto da Chiarucci su Zurlo e Casalini
Come ha reagito la squadra?
Ne abbiamo parlato con assoluta calma, ho spiegato ad Antonio (Bevilacqua, ndr) le mie difficoltà e le mie aspirazioni e abbiamo trovato una soluzione condivisa. Con loro mi sono sempre trovato benissimo, è una squadra ampiamente affidabile, dove si lavora a livello molto professionale, ma c’è spazio anche per l’aspetto umano. Il prossimo anno diventerà una professional e già stanno ragionando in tal senso. Io sapevo che non sarei passato professionista e a dir la verità neanche lo volevo. Ormai non riuscivo più a dare il massimo delle mie possibilità, questa era la scelta giusta.
Che cosa porti con te?
Tanta esperienza di vita, scaturita dalla mia attività sportiva che mi ha insegnato che cosa siano la perseveranza, la dedizione, l’impegnarsi in quello in cui si crede. Il ciclismo è uno sport duro, ma dal quale si impara molto anche in termini di gestione dei rapporti umani, soprattutto quando trovi tecnici come quelli che ho avuto io, che stanno davvero vicino ai corridori. Io sono convinto che questo serva tantissimo per andare più forte. Sono cresciuto molto, ma ora sono maturo per dedicarmi appieno a quella che voglio sia la mia attività e ai tanti progetti che ho in mente.
Il lombardo è rimasto due anni e mezzo con la MBH Bank dando il suo contributo come gregario (foto Instagram)Il lombardo è rimasto due anni e mezzo con la MBH Bank dando il suo contributo come gregario (foto Instagram)
Rifaresti la stessa scelta di investire la tua prima gioventù nel ciclismo?
Sì, ma credo che non affronterei questi ultimi due anni, senza nulla togliere alla squadra. Credo che a conti fatti mi sarebbero serviti di più dedicandomi al mio ambiente lavorativo.
C’è qualcosa di negativo che ti è apparso agli occhi dell’ambiente del ciclismo, che ha un po’ favorito questa tua scelta?
Io ho notato una crescente esasperazione dell’attività, dell’approccio alla stagione agonistica. E’ tutto schematico, codificato, non ci si diverte più. Io nel gruppo ero un po’ il giocherellone, quello che cercava di mantenere alto lo spirito perché non si può pensare al ciclismo come qualcosa di così totalizzante. E’ un sistema che soffrivo.
Prima della MBH Bank, il bergamasco era stato alla Aspiratori Otelli, andando anche in nazionale (foto Instagram)Prima della MBH Bank, il bergamasco era stato alla Aspiratori Otelli, andando anche in nazionale (foto Instagram)
Tu hai raggiunto il punto più alto con i due terzi posti dello scorso anno, ritieni quelli i momenti più alti della tua carriera?
Li ritengo momenti belli, sicuramente, ma se mi guardo indietro le gioie maggiori le ho provate dalle vittorie dei compagni di squadra. Ho tirato 5 volate vincenti a Matteo Fiorin, per me le sue conquiste hanno un valore maggiore di un mio piazzamento personale, mi hanno dato qualcosa in più. Rendendo questa parentesi della mia vita, che si è chiusa, degna di essere vissuta.
Masciarelli vince il GP Liberazione 50 anni dopo il nonno Palmiro e si rilancia. In fuga dall'inizio, raccoglie i frutti del grande lavoro della sua squadra
Il primo rinforzo per la MBH Bank-Ballan di quest’anno, con un occhio sul prossimo, è un ragazzo di 35 anni che corse con la UC Bergamasca-Colpack nel 2009 vincendo fra le altre il Giro delle Valli Cuneesi. Mise a segno una fuga in alta montagna che gli consegnò la classifica e un biglietto per il professionismo con la Footon-Servetto. Aveva vent’anni e lo portarono al Tour. Quando Fabio Felline si è ritirato alla fine del 2024, pochi e lui per primo erano convinti che fosse arrivato il momento di fermarsi. Così quando parlando con Davide Martinelli è uscita l’idea di correre ancora un po’ nella squadra che il prossimo anno sarà professional, la risposta è stata affermativa ed entusiasta.
«Felline – dice Gianluca Valoti, diesse della squadra – aveva iniziato a collaborare con Davide Martinelli per i training camp che organizza. Si è sempre allenato ed era chiaro che avesse ancora voglia di correre. Solo che non c’erano posti liberi e noi come continental non possiamo avere più di 20 corridori. Poi è venuto fuori che Gabriele Casalini avrebbe smesso e allora abbiamo proposto a Fabio e allo sponsor di entrare da quest’anno e lui ha accettato».
Un periodo di prova in continental per un atleta che ha corso fino a ieri nel WorldTour per convincere lo sponsor ungherese dell’opportunità di prenderlo nella professional. Di certo è la dimostrazione che Felline avrebbe continuato ben volentieri a correre e che probabilmente la mancata riconferma sia stata un fulmine a ciel sereno.
Felline aveva salutato il ciclismo professionistico al Motovelodromo di Torino, poco convinto di doversi ritirareFelline aveva salutato il ciclismo professionistico al Motovelodromo di Torino, poco convinto di doversi ritirare
Con Verre a Sestriere
Valoti racconta, ancora poche parole su Felline e si prosegue nel discorso. Lo avevamo incontrato per caso all’arrivo di Sestriere del Giro d’Italia, quando il “suo” Verre si era… destato azzeccando una giornata da scalatore vero. Gli chiedemmo se lo avrebbe ripreso in squadra l’anno prossimo. «Ne parlavo con Antonio giusto ieri sera – aveva detto con riferimento al suo collega Bevilacqua – e gli ho detto che se avesse fatto una bella tappa, gli avremmo proposto di tornare».
Verre era seduto sull’asfalto con la schiena sulla transenna. Ansimando, con dolori in ogni parte del corpo, ma un sorriso stampato sul volto che parlava della immensa soddisfazione di essere stato per un giorno al suo livello. Valoti lo guardava e poi lo perdemmo di vista. Quando un paio di giorni fa lo abbiamo richiamato, scoprendo proprio nella circostanza la novità Felline, lo scopo era proprio ragionare su quali suoi ex corridori vedrebbe volentieri nella squadra che il prossimo anno sbarcherà nel professionismo.
«Ma quelli che potrebbero – ha detto ridendo – sono pochi, perché costano un po’ tanto, nel senso buono ovviamente. Gli ho sempre detto: ”Adesso passi il professionista, devi solo pensare a guadagnare il più possibile per sistemarti la vita”. Ce ne sono pochi che sono liberi, per fortuna».
Sestriere, due settimane fa: sul Colle delle Finestre il risveglio del vero VerreSestriere, due settimane fa: sul Colle delle Finestre il risveglio del vero Verre
Ma sono tutti valorizzati al punto giusto? Verre ad esempio, tra sfortune e incomprensioni, alla Arkea ha spesso dovuto adeguarsi a scelte insolite.
Al primo anno era l’Alessandro che conoscevamo. E’ partito subito bene, si faceva sentire, entrava nel vivo della corsa, ha fatto qualche piazzamento. Poi si è un po’ smarrito. E’ stato sfortunato per due anni, invece quest’anno si è fatto vedere di più. Al Giro, forse è l’unico della squadra ad aver lasciato un segno.
E’ dipeso dal fatto che non fosse pronto per passare o che non abbia trovato l’ambiente giusto?
Ci sono corridori che hanno bisogno di un certo tipo di comunicazione per andar forte. Spesso accusano le squadre italiane di coccolarli troppo, ma voglio vedere se alla UAE Emirates non coccolano Pogacar, Del Toro o lo stesso Ayuso. Anzi forse a Juan bisogna stare dietro più che a Pogacar, perché Tadej ha i risultati che gli tengono alto il morale. Invece gli altri corridoi hanno bisogno di risultati e di un aiuto in più. Sono giovani e hanno bisogno di persone di riferimento, non solo di mail e whatsapp. Hanno vent’anni, sono ancora dei ragazzini.
Facciamo noi un nome: Masnada è uno con cui si potrebbe lavorare bene?
Secondo me sì. Fausto ha avuto tanti problemi ed è stato in ottime squadre, seguito bene. Però, conoscendolo sin da quando era un ragazzo, secondo me ha bisogno di una squadra familiare e di persone capaci di stargli vicino in modo diverso. Ripeto: viene da squadre importantissime dove è stato gestito in modo perfetto. Però, ritorniamo sempre lì: sono ragazzi che magari hanno bisogno di una parola in più, di una pacca sulla spalla.
C’è qualcuno che ti piacerebbe riavere tra le mani?
Il gruppo pista, che era affiatatissimo. Lamon, Boscaro, Ganna, Consonni… Andavano forte, vincevano, però nello stesso tempo ci divertivamo.
Gp Citta di Boscochiesanuova 2015, Masnada pilota Ciccone: nel giro di due anni saranno entrambi pro’ (photors.it)Gp Citta di Boscochiesanuova 2015, Masnada pilota Ciccone: nel giro di due anni saranno entrambi pro’ (photors.it)
Invece degli under 23 della squadra 2025 qualcuno passerà professionista?
L’intenzione è quella di tenere ancora un gruppo di under 23, soprattutto visti i risultati recenti di Vesco e Bracalente, che sono riusciti a vincere corse internazionali. Essendo ancora under 23, ci piacerebbe portarli al professionismo. Quest’anno abbiamo 20 corridori e tutti sicuramente non riusciremo a farli passare, però penso che una parte la porteremo con noi. E poi preferisco tenermi i ragazzi che conosco da due o tre anni, che prenderne altri che non conosciamo.
Alcuni di quelli che avete portato avanti hanno smesso poco dopo essere passati o non sono riusciti a fare il salto. Vengono in mente in ordine sparso i nomi di Gidas Umbri, Zaccanti oppure Trainini.
Sicuramente ci sono dei ragazzi che hanno abbandonato e potevano far bene. Va detto però anche che qualcuno è portato maggiormente a fare sacrifici e tener duro, nel senso di fare una vita da atleta adeguata, e invece qualcuno che al posto di fare l’ora di allenamento in più ne fa una in meno. Il ciclismo non è per tutti. Dispiace sempre quando un corridore smette, però purtroppo le cose vanno così.
Alcuni di quelli che sono passati con le stimmate del campione fanno fatica a trovare la loro dimensione: uno forse è lo stesso Verre.
Secondo me dopo tre anni da professionista, riesci a capire qual è il tuo ruolo. Ne parlavo durante il Giro al telefono con Baroncini e si diceva esattamente questo: dopo tre anni capisci se puoi ancora vincere o se ti conviene fare il gregario. Io penso che Verre in questi anni abbia capito dove può arrivare o dove può migliorare. Certamente a tutti i ragazzi fa gola il WorldTour, però devono anche capire che in una squadra ci sono 30 corridori, fra cui 10-15 corridori con delle qualità superiori, quindi entrare nella prima squadra diventa difficile. E alla fine rischi che per stare nella grande squadra ti ritrovi a fare un’attività di livello inferiore. Se invece accetti di correre in una squadra più piccola, magari riesci ad avere un calendario più programmabile e forse le cose potrebbero andare in modo diverso.
Nel 2021 per Verre, qui con Valoti, il sesto posto al Giro d’Italia U23 vinto dal compagno Ayuso, poi il passaggio all’ArkeaNel 2021 per Verre, qui con Valoti, il sesto posto al Giro d’Italia U23 vinto dal compagno Ayuso, poi il passaggio all’Arkea
Quando Verre passò, l’Arkea era ancora una professional, ma forse Alessandro aveva ancora qualcosa da fare tra gli under 23?
Per noi fu un piccolo dispiacere, perché avere un ragazzino come Verre al terzo anno dopo avergli visto fare sesto in classifica al Giro d’Italia, ci avrebbe permesso di fare con lui una programmazione importante. Aveva tutte la possibilità di diventare professionista, non era certo all’ultima spiaggia. Invece ha deciso di passare subito e nessuno poteva sapere quale fosse la cosa migliore o quale la peggiore. Anche adesso gli juniores che passano non possono sapere se gli andrà bene oppure no. Alessandro ha visto passare Tiberi, poi Ayuso e Baroncini, ha trovato l’opportunità ed è stato giusto che abbia fatto la sua scelta. L’offerta era vantaggiosa e in certi casi anche per le famiglie è difficile rinunciare a cuor leggero a certi contratti.
Avete già cominciato a sondare il mercato?
Fino ad ora non ci siamo mossi tanto, l’arrivo di Felline è un test interessante. Abbiamo dei contatti con qualche corridore, però siamo in attesa di vedere cosa fanno le WorldTour e poi inizieremo a fare anche noi i nostri passi.
Ci è voluto più del previsto ma alla fine la MBH Bank-Ballan-Csb diventerà una formazione professional nel 2026. L’aria di cambiamento, o di rivoluzione, si respirava da tempo. Fin da quando nel 2024 è stato annunciato l’ingresso di MBH Bank, banca ungherese, come primo nome della continental bergamasca. La forte impronta italiana e di Bergamo non si perderà con questo nuovo passo, anzi sarà proprio l’anima di un progetto nato per fronteggiare un ciclismo che cambia e diventa sempre più esigente. Soprattutto per le squadre.
L’annuncio del passaggio a professional è arrivato al Giro di Ungheria, dal 2026 la MBH Bank-Ballan-Csb avrà affiliazione ungherese (foto Vanik Zoltan)In quella che ormai è la corsa di casa si è messo in mostra Pavel Novak un buon prospetto per il 2026 (foto Vanik Zoltan)Dal 2026 la MBH Bank-Ballan-Csb avrà affiliazione ungherese (foto Vanik Zoltan)In quella che ormai è la corsa di casa si è messo in mostra Pavel Novak un buon prospetto per il 2026 (foto Vanik Zoltan)
Voci dall’Ungheria
La notizia ufficiale è arrivata durante il Giro di Ungheria, non un caso. Il team per il secondo anno di fila è andato in quella che ormai è la corsa di casa e lì insieme allo sponsor MBH Bank è stato fatto l’annuncio. Le parole di Antonio Bevilacqua che guida questa squadra da anni lasciano trasparire una certa emozione, ma anche la consapevolezza che il 2026 non è lontano e le cose da fare sono tante. Intercettiamo Bevilacqua mentre i suoi ragazzi sono in altura per preparare il Giro Next Gen.
«So che i miei corridori si stanno preparando bene – dice – vediamo se in questo Giro riusciamo a fare qualcosa di buono e replicare o migliorare i risultati del 2024 (in classifica generale arrivò il quinto posto di Pavel Novak e il settimo di Florian Kajamini, mentre Lorenzo Nespoli conquistò la classifica dei GPM, ndr)».
MBH Bank-Ballan ha corso molto con i professionisti negli ultimi anni, qui alla recente Milano-Torino MBH Bank-Ballan ha corso molto con i professionisti negli ultimi anni, qui alla recente Milano-Torino
Un anno dopo ma l’annuncio è arrivato, si entra nel mondo dei professionisti. Che effetto fa?
Bello, siamo orgogliosi del passaggio: non possiamo nasconderlo. Tuttavia sappiamo che non sarà un cammino semplice, il ciclismo è cambiato molto e avere il coraggio di fare una squadra professional non è scontato. I costi sono elevati.
Che programmi avete?
Di entrare in punta di piedi contando sulle qualità e la forza dei nostri giovani. Vediamo dove saremo in grado di arrivare.
Quanto è stato lungo questo anno di attesa prima di partire con il nuovo progetto?
Sapevamo da inizio anno di poter fare il cambio di categoria già dal 2026. Abbiamo aspettato il Giro di Ungheria per fare l’annuncio perché il nostro sponsor principale arriva da lì e ci teneva particolarmente. Dovevamo fare il passaggio già lo scorso anno ma l’iter è stato più lungo del previsto.
La squadra punterà molto sui giovani già in rosa, tra loro spicca sicuramente Lorenzo NespoliLa squadra punterà molto sui giovani già in rosa, tra loro spicca sicuramente Lorenzo Nespoli
Quanto è grande il salto da continental a professional?
Dal punto di vista dell’organizzazione non è facile. Avremo bisogno di molto più materiale e staff ma ci stiamo già muovendo. Il budget calcolato dovrebbe essere intorno ai cinque milioni di euro. Una cifra importante, ma che nel ciclismo moderno rappresenta il minimo per entrare nel mondo del professionismo.
Già al Giro di Ungheria, corsa 2.Pro, avete assaporato il livello in gare di buon spessore…
Vero e ci siamo comportati bene sia lo scorso anno al nostro debutto che nella recente edizione. Nel 2024 Quaranta ha sfiorato la vittoria di tappa, mentre quest’anno Novak ha lottato con i migliori e ha conquistato un bel sesto posto finale.
La MBH Bank-Ballan-Csb potrà comunque continuare a correre nelle gare internazionali riservate agli under 23 (foto Jacopo Perani)La MBH Bank-Ballan-Csb potrà comunque continuare a correre nelle gare internazionali riservate agli under 23 (foto Jacopo Perani)
Per quanto riguarda il calendario farete grandi cambiamenti?
Non direi. Già in queste ultime due stagioni ci siamo messi alla prova in gare di buon livello come la Coppi e Bartali, la Milano-Torino, il Giro d’Abruzzo, il Trofeo Laigueglia e tante altre. Senza dimenticare che potremo ancora prendere parte alle corse internazionali under 23, come fa la Vf Group-Bardiani. Pensare di andare subito a correre nelle corse WorldTour è troppo.
Avere una formazione professional diventa anche un modo per riuscire a prendere i ragazzi dalla categoria juniores?
Da un lato sì. In più riusciamo a dare ai nostri ragazzi, quelli che già corrono con noi, un percorso di crescita continuo. Come detto entriamo in punta di piedi consapevoli che c’è del lavoro da fare. La cosa certa è che puntiamo tanto sui nostri atleti, anche perché con il ciclismo di ora diventa difficile riuscire a prendere dei corridori di buon livello.
E’ una stagione abbastanza strana, quella che sta vivendo Matteo Fiorin. La scarsità di eventi ufficiali su pista permette di affrontare più gare su strada e questo gli sta consentendo di incamerare tanta esperienza, ma anche belle sensazioni, come quelle vissute a cavallo della Festa della Liberazione, quando fra venerdì e domenica ha messo in cascina due successi di peso nella categoria under 23.
Una doppietta in 48 ore non è cosa da tutti i giorni e testimonia non solo il suo grado di forma ma anche la serenità con la quale sta vivendo questa fase particolare della sua carriera, perché a 19 anni Matteo ha fatto già scelte importanti, attuando un “piano B” in attesa della chiamata di un team professionistico.
Il successo alla Coppa Caduti Nervianesi è il primo ottenuto da U23, battendo Cataldo (foto Di Vincenzo)Il successo alla Coppa Caduti Nervianesi è il primo ottenuto da U23, battendo Cataldo (foto Di Vincenzo)
«Dopo la fine della scuola, che quest’anno mi consente di avere più tempo e testa per allenarmi, ho scelto di far parte del Gruppo Sportivo dell’Esercito, sin dallo scorso luglio. E’ stata una scelta ponderata, in modo da avere intanto qualche certezza per poter continuare nella mia attività divisa fra strada e pista e devo dire grazie ai vertici del corpo militare per avermi dato quest’opportunità».
Una scelta fatta nell’eventualità che “la chiamata” non arrivi?
Diciamo che è un punto fermo per proseguire su quel cammino che nei miei sogni deve portarmi alle Olimpiadi e la pista è la maniera migliore per arrivarci. Su un concetto sono estremamente deciso: l’abbinamento fra strada e pista e una “conditio sine qua non” per firmare qualsiasi contratto con qualsiasi squadra. Non trovassi un accordo valido continuo come sto facendo, tanto è vero che alla MBH mi trovo molto bene.
Finora Fiorin ha fatto 7 corse su strada con 2 vittorie e un secondo posto al GP dell’IndustriaFinora Fiorin ha fatto 7 corse su strada con 2 vittorie e un secondo posto al GP dell’Industria
Come stai vivendo questa stagione invero un po’ atipica?
Io dico che va bene per questo momento della mia carriera, avere meno impegni è una buona cosa perché posso imparare. Tra l’altro ho finito la scuola ma non ho smesso di studiare, frequento l’università online per prendere la laurea in Scienze Motorie, ma questo mi consente di gestire molto meglio il mio tempo. E vedo che il lavoro sta dando frutti. Diciamo che è come se stessi mettendo i tasselli al posto giusto, nella gestione delle gare e nel rapporto con la squadra.
E’ da questo che sono scaturite le due vittorie?
Sì e non è cosa da tutti i giorni farlo in maniera così ravvicinata. Il 2024 non è stato un anno facile, con una doppia frattura alla clavicola ho potuto fare solamente 8 gare su strada, quindi devo recuperare il tempo perso. E’ stato un anno transitorio, non per mia volontà.
La volata vincente alla Vicenza-Bionde, battendo Fantini e Menghini (Photobicicailotto)La volata vincente alla Vicenza-Bionde, battendo Fantini e Menghini (Photobicicailotto)
Anche perché per un velocista quale tu sei c’è tanto lavoro anche per costruire il giusto amalgama con i compagni, per allestire il giusto treno per la volata…
Infatti fino all’inizio di questa stagione si vedeva che qualcosa non quadrava, non riuscivamo a capitalizzare il lavoro e non riuscivo a esprimermi al meglio in volata. Ora come detto il puzzle si va completando e mi sento molto più tranquillo e in sintonia tecnica con i compagni.
Quanto tempo dedichi alla pista?
Per ora vado una volta a settimana. Con il cambio tecnico alla guida del gruppo comincio a notare molte differenze, anche perché con Salvoldi sono abituato a lavorare. Ho ripreso a fine marzo facendo lavori che erano confacenti alle mie caratteristiche e non è un caso se, dopo la trasferta che ho fatto per una tre giorni a Gand dove con Stella abbiamo chiuso la madison al 4° posto, appena tornato ho colto due vittorie. La pista ti dà qualcosa di speciale, lo dico sempre.
Dallo scorso luglio Fiorin è entrato nell’Esercito, una scelta fatta pensando alla pistaDallo scorso luglio Fiorin è entrato nell’Esercito, una scelta fatta pensando alla pista
Perché?
Perché ti dà quel ritmo in più che su strada può fare la differenza. La trasferta belga ci ha anche dato parametri importanti su dove dobbiamo lavorare per migliorare. La madison si costruisce soprattutto con la sintonia fra i ragazzi: per me con Stella era la prima volta, ma sappiamo che insieme (e anche con Sierra) formiamo un trio intercambiabile di gente adatta a quel tipo di corsa, dobbiamo solo affinare i meccanismi, perché il colpo d’occhio c’è.
Tu hai anche corso in mezzo ai professionisti, a Umago come alla Milano-Torino. Che esperienza è stata?
Un mondo diverso. La Milano-Torino è stata una sorpresa, sono stato convocato all’improvviso per sostituire un compagno ed è stata una grande esperienza, una gara tutta piatta dove il ritmo non era neanche esagerato fino a Superga. Lì ho visto tantissima gente aspettare il nostro passaggio ed è stata una grande emozione.
La pista resta il suo primo obiettivo. Quest’anno fari puntati sugli europei U23 di Anadia, 15-20 luglioLa pista resta il suo primo obiettivo. Quest’anno fari puntati sugli europei U23 di Anadia, 15-20 luglio
Che differenza c’era fra le due vittorie?
A Nerviano è stata molto sentita, era da quando correvo da junior che non vincevo, decisamente troppo… Cominciavo ad avere qualche “fantasma” nella testa, avevo bisogno di un’iniezione di autostima. Soprattutto per le mie qualità di sprinter. Lì la volata l’ho presa di petto, alla Vicenza-Bionde è stata più tattica, anche perché a 500 metri dal traguardo c’è stato qualche problema nel nostro treno e ai 300 mi sono trovato a dover lanciare uno sprint lunghissimo. Ma sono riuscito a cavarmela…
Maggio che cosa ti riserva?
Innanzitutto tanto allenamento perché ho bisogno di mettere chilometri nelle gambe, poi si vedrà se sarò convocato per il Giro d’Ungheria. Ma senza mai rinunciare alla pista anche perché voglio tanto essere agli europei under 23. Intanto penso a guadagnarmi la convocazione. Un passo per volta…
Nel panorama delle continental italiane che ogni giorno cercano di fare i conti con i devo team e con le squadre pro’, il Team MBH Bank-Ballan e la Biesse-Carrera sono due delle realtà più solide. Lo dicono i risultati e il tipo di programmazione con cui cercano di resistere all’ingerenza dei team WorldTour.
Gianluca Valoti e Marco Milesi sono due dei loro tecnici e a loro abbiamo sottoposto le stesse 14 domande per cercare di evidenziare differenze e punti di contatto.
Gianluca Valoti (classe 1973) è stato professionista dal 1996 al 2002. Qui è con Sergio Meris, ora pro’ alla Unibet-TietemaGianluca Valoti (classe 1973) è stato professionista dal 1996 al 2002. Qui è con Sergio Meris, ora pro’ alla Unibet-Tietema
1) Per far bene nella continental comanda il budget o la qualità del lavoro?
VALOTI: «Il budget, poi viene la qualità del lavoro. Adesso sono collegati molto più di prima. Negli ultimi due anni abbiamo investito un po’ di più sul lavoro, quindi con i ritiri in altura, il materiale e tutto il resto e per forza è stato necessario aumentare il budget».
MILESI: «Per stare al passo con le devo, devi investire di più sui ritiri su altura o su qualcosina da migliorare. Pertanto il budget serve soprattutto a questo».
2) Stiamo parlando di una categoria vicina al professionismo: qual è il ruolo del direttore sportivo?
VALOTI: «Nel ciclismo attuale, il direttore sportivo deve comporre il puzzle, cercare di incastrare tutte le pedine, tra corridore, allenatore, impegni e logistica. Ovviamente in corsa, rimane fedele al suo ruolo storico: quello di sempre».
MILESI: «Adesso come adesso, il direttore sportivo è una sintesi di tanti aspetti. Cerco di stargli vicino come si faceva una volta, però giustamente adesso hanno altre esigenze e bisogna dargli attenzione. Le nuove figure che sono entrate in questi ultimi anni richiedono spazio per cui devi essere una figura di raccordo tra tutte e però mantenere l’ultima parola».
3) Una volta si diceva che nei dilettanti è sbagliato imporre un ruolo ai corridori: al leader e al gregario. In continental è ancora così?
VALOTI: «Sì, noi continuiamo a gestirli al vecchio modo. Magari in certe corse dove non si usano le radio e i ragazzi possono ancora usare la loro fantasia, non ci sono ruoli immutabili. Non c’è il gregariato nel dilettantismo, non lo vedo».
MILESI: «Io cerco di lasciare a ciascuno le sue possibilità, però a conti fatti emerge sempre chi ha la condizione migliore. Non si impongono ruoli che poi non cambiano, anche se alla fine tutti notano che a fare risultato sono spesso gli stessi, dai Bessega, a Tommaso Dati, come pure Bicelli che sta andando bene».
Marco Milesi (classe 1970, qui dopo la vittoria di ieri con Bessega al GP General Store) è stato pro’ dal 1994 al 2006 (photors.it)Marco Milesi (classe 1970, qui dopo la vittoria di ieri con Bessega al GP General Store) è stato pro’ dal 1994 al 2006 (photors.it)
4) I corridori arrivano dagli juniores molto preparati: che cosa devono ancora imparare?
VALOTI: «Hanno sempre più bisogno di una persona di riferimento per quando hanno delle fasi negative e quando la condizione non gli permette di fare risultato. Sono molto deboli, quindi in certi casi il direttore sportivo deve fare anche da psicologo. La prima cosa che dobbiamo insegnargli è reagire quando ci sono dei momenti negativi».
MILESI: «Bisogna fargli capire che devono crescere, diventare un po’ più uomini e più consapevoli di sé. Tanti arrivano e pensano di essere già pronti, invece prima devono crescere di testa. Bisogna lavorare su questo, dargli la consapevolezza che ormai non sono più bambini. Chi va avanti con la pretesa di essere già arrivato, sparisce anche più velocemente».
5) Quanto è importante parlare chiaramente e non creare false illusioni?
VALOTI: «Se le cose non vanno, lo capiscono da sé. Essendo una continental, quando andiamo a fare le gare dei professionisti, vedono chiaramente che non riescono ad arrivare con i primi. Noi non facciamo gare WorldTour, per cui si rendono conto che ai piani alti c’è un livello ancora più alto. Cerchiamo di farli ragionare anche su questo. Per cui capita che qualcuno smetta o vada in squadre che fanno attività regionale per tirare avanti ancora un po’».
MILESI: «Se nascondi l’evidenza o cerchi di dipingerla in modo diverso, non gli fai un favore. Il direttore sportivo deve essere giusto e soprattutto onesto anche nel dire le cose giuste al momento opportuno».
6) La spinta verso il passaggio al professionismo genera ansia?
VALOTI: «Sì, perché arrivano e vogliono tutto subito. Magari già da juniores hanno in mano dei contratti da professionisti e allora pensano di poter bruciare le tappe».
MILESI: «Su questo aspetto preferisco prospettargli un cammino di costruzione, soprattutto i più giovani non li vedo ancora pronti per il professionismo. Secondo me, non sono maturi. Puoi trovare uno come Finn e allora benvenga, però sono casi rarissimi. Per tutti gli altri c’è una costruzione da fare e per me tre anni sono necessari. Mi rendo conto di quanto sia stressante per loro la voglia di passare professionisti».
Finn (qui primo al Belvedere) potrebbe essere l’eccezione alla gestione dei primi anni: sia Valoti sia Milesi credono in una crescita graduale (photors.it)Finn (qui primo al Belvedere) potrebbe essere l’eccezione: sia Valoti sia Milesi credono in una crescita graduale (photors.it)
7) Che rapporti avete con i procuratori?
VALOTI: «Con qualcuno lavori bene, però da quando ci sono i devo team abbiamo meno rapporti. I procuratori cercano di mandare i ragazzi più all’estero che nelle continental italiane. Siamo stati fortunati che nel 2021 i devo team non c’erano ancora, altrimenti Ayuso e forse neppure Tiberi non sarebbero venutl da noi e sarebbero finiti in una di quelle squadre. Noi italiani abbiamo subito parecchio questa situazione, eppure siamo capaci anche noi di valorizzare i migliori».
MILESI: «Bisogna conviverci, perché tanti ragazzi che prendiamo hanno già il procuratore. Prima venivano a proporti gli under 23, adesso ti offrono gli juniores. Sinceramente cerco di avere un buon rapporto con tutti cercando di capire in che modo collaborare. A volte capita che abbiano un ragazzo che non vogliono mandare nei devo team, perché non è ancora pronto. E allora lo portano da noi perché lo facciamo maturare ancora un po’. Magari il ragazzo che deve finire la scuola o che non è pronto per uscire dal suo ambiente. Io ho corso tanto in Belgio, ma ero adulto e so cosa vuol dire essere lo straniero della squadra. Non tutti i ragazzi giovani se ne rendono conto e non tutti si adattano».
8) Vi capita di osservare e ragionare sulle strutture dei devo team?
VALOTI: «Da quando sono direttore sportivo, dal 2003, ho sempre osservato le squadre più grosse. Allora magari c’erano dei team di dilettanti più grandi di noi e i ho sempre ammirati e osservati per imparare. Osserviamo anche il lavoro che sta facendo la VF Group-Bardiani. In più abbiamo alle spalle gli anni in cui Stanga e Bevilacqua avevano la squadra dei pro’ e anche allora cercavo di imparare tutti i dettagli dalla categoria superiore».
MILESI: «Sinceramente non li guardo troppo. Abbiamo da anni la nostra idea e su quella andiamo avanti. Si può sempre migliorare, questo è chiaro, ma non so quanto guardare loro e le loro realtà sia di ispirazione per farlo».
9) Con che criterio si portano i ragazzi a fare le corse dei professionisti?
VALOTI: «Prima di tutto la condizione, perché cerchi sempre di fare bella figura. Diciamo che in generale ci sono tre fattori. La condizione, appunto. La possibilità di cercare in queste corse un vantaggio per quando torneremo fra gli U23. E terzo magari la possibilità per un giovane di fare esperienza. Quando gli dico che faranno le gare coi professionisti sono contenti e più motivati».
MILESI: «Di solito mandiamo quelli che sono più pronti, i più esperti. Il giovane lo inserisco verso fine stagione, per dargli morale e fargli capire il mondo dei grandi. Poi ci sono le eccezioni. Ci hanno chiamato di recente a Reggio Calabria, ma c’era la concomitanza con San Vendemiano e le classiche di qua, così ho iscritto chi c’era. Però di solito mando i più maturi e ai più giovani anni lascio fare esperienza».
Nel 2021, Ayuso corse per un anno nell’allora Colpack, vincendo anche il Giro U23: oggi andrebbe al devo team della UAE EmiratesNel 2021, Ayuso corse per un anno nell’allora Colpack, vincendo anche il Giro U23: oggi andrebbe al devo team della UAE Emirates
10) Il primo anno di talento viene coinvolto in questo discorso?
VALOTI: «Quando ci sono le tre condizioni precedenti, non si fanno eccezioni».
MILESI: «I primi anni vanno rispettati. Ne ho avuti tanti molto forti, penso a Rota e Svrcek, ma non li ho mai buttati subito nella mischia. Il giovane deve fare il suo percorso e poi, da metà anno in poi, si può pensare di fargli fare qualche esperienza superiore».
11) Invece come si impiega il quarto anno U23 che ha ancora necessità di farsi vedere?
VALOTI: «Si cerca il risultato. Si spera sempre che il risultato gli permetta di ottenere un contratto nel professionismo, per cui si cerca anche di portarlo a fare esperienza. A volte anche un risultato o un piazzamento in una corsa professionistica gli dà qualcosa in più. Guardate Sergio Meris. Ha vinto nei dilettanti, poi ha fatto dei piazzamenti coi professionisti e la Unibet-Tietema l’ha voluto».
MILESI: «Come ha detto anche Agostinacchio nell’intervista che gli avete fatto, nel quarto non devono guardare in faccia nessuno. E’ dentro o fuori, per questo di solito i ragazzi di quarto anno sono i nostri leader. Sia che li prendiamo di proposito sia come Arrighetti che è cresciuto con noi. Quando vado in una corsa con due o tre ragazzi di quarto anno, sono loro che fanno la corsa. Sono più consapevoli degli altri di quello che devono fare. Hanno un programma pensato proprio per questo».
12) Essere stato corridore è ancora un vantaggio oppure è passato troppo tempo da quando hai smesso?
VALOTI: «E’ passato un po’ troppo tempo! Me ne accorgo osservando Martinelli, che è più aggiornato tecnologicamente. Però magari gli manca l’esperienza per cogliere piccole cose di organizzazione e di tattica che invece a me saltano all’occhio».
MILESI: «Mi aiuta su certi aspetti della gara. Capire come si muovono le altre squadre e riuscire a gestire la mia. Quando invece si tratta di parlare con i ragazzi, che ormai tengono al centro di tutto i test e i wattaggi, allora smetto di parlare come ex corridore e cerco di correggere il tiro. In questo caso l’esperienza da professionista conta al 50 per cento e il resto devi metterlo con l’aggiornamento».
Tenere le posizioni in salita in mezzo ai pro’ non è sempre agevole per le continental. Qui Dati al Giro d’AbruzzoTenere le posizioni in salita in mezzo ai pro’ non è sempre agevole per le continental. Qui Dati al Giro d’Abruzzo
13) Fino a un paio di anni fa era difficile per una continental essere accettata nella gare pro’: questo sta cambiando?
VALOTI: «La situazione è un po’ cambiata. Grazie alle continental gli organizzatori hanno un bel numero di partenti, ma dipende sempre dalla corsa, dall’organizzatore e ovviamente dala squadra. Resta superiore la divisione rispetto agli altri team. Ci rispettano e noi diciamo ai nostri ragazzi di rispettare i corridori professionisti. Però quando cerchi di andare avanti per puntare la salita, c’è un po’ di… razzismo, chiamiamolo così. Ti vedono come una continental e vorrebbero che restassimo al nostro posto. Succede fra professional e WorldTour, a maggior ragione con noi».
MILESI: «Per tenere la posizione in mezzo ai professionisti, c’è da combattere. E’ dura scontrarsi, perché sono più organizzati di noi e spesso anche più forti. E’ dura tenere le posizioni del gruppo e certamente un conto è prendere la salita nei primi 10, altro è prenderla in cinquantesima posizione. Non è bullismo, è esperienza. I professionisti sanno come muoversi, noi dobbiamo ancora imparare. Ho fatto anch’io quel lavoro, tenevo i miei capitali davanti e non facevamo entrare nessuno. Sull’altro fronte, vedo che con gli organizzatori va molto meglio. Ho avuto tanti inviti, anche nelle gare di RCS, ma ovviamente non è così per tutti. Neppure Valoti ha problemi con la sua squadra. Vedono come ti muovi, l’immagine che hai, la struttura. E’ tutto l’insieme che fa la differenza».
14) Valoti-Milesi: che cosa ti pare del modo di lavorare del tuo collega?
VALOTI: «Mi piace come lavorano, perché sono partiti da zero e hanno creato una bella struttura. Lavorano bene, è una delle squadre meglio organizzata».
MILESI: «Hanno sempre lavorato bene, con una storia importante alle spalle. Hanno un nome di prestigio, sono conosciuti e sin da quando hanno fatto la continental, sono stati il riferimento. Siamo amici/nemici, si può dire così?».
Quelle mani sugli occhi dopo l’arrivo e la dedica verso il cielo danno la misura esatta del bisogno che Lorenzo Masciarelli avesse di vincere. Ce lo aveva raccontato pochi giorni fa e per questo la vittoria di Roma, in questo giorno a suo modo così strano, resterà scolpita nella sua storia personale di atleta e di uomo (in apertura, foto di Simone Lombi).
Il Gran Premio Liberazione si è svolto in un frullatore di emozione. Per la squadra bergamasca, quelle successive alla morte di Pietro Valoti, papà del diesse Gianluca, cui anche Masciarelli ha rivolto un pensiero avvicinandosi al traguardo. Per Roma e per il mondo cattolico, quelle dei giorni successivi alla morte di Papa Francesco. Un 25 aprile che l’abruzzese del team MBH Bank-Ballan ha vissuto come una vera rinascita e come tale ci piace raccontarla. Cinquant’anni dopo la vittoria di suo nonno Palmiro, memoria di un ciclismo diverso, di quando i dilettanti erano tali e al via di questa corsa ne trovavi anche 250 da tutto il mondo, lanciati verso le Olimpiadi.
Sono stati 160 i corridori al via del Gran Premio Liberazione organizzato da Claudio Terenzi (foto Simone Lombi)Sono stati 160 i corridori al via del Gran Premio Liberazione organizzato da Claudio Terenzi (foto Simone Lombi)
Uno scalatore che vince il Liberazione, stavi davvero tanto bene?
Sapevo di andare forte e che potevo fare bene, però non mi aspettavo di vincere. Con la squadra sapevamo che avrei dovuto anticipare, ne avevamo parlato, anche perché comunque in volata sarebbe stato più rischioso. Ho visto l’occasione dopo due giri e mi sono infilato nella prima fuga di giornata. Ho pensato che a qualcuno era andata bene facendo così e mi sono buttato dentro. E poi nel finale mi sentivo bene, grazie anche al mio compagno che mi ha dato una grande mano (l’ungherese Takács, primo anno che nel 2024 ha vinto il Giro del Friuli juniores, ndr).
Forse il fatto di essere uscito dai panni dell’uomo da giri a tutti i costi ha aperto altre porte?
Sono contento perché ho ritrovato un po’ più di esplosività, anche se devo ancora capire bene che corridore sono, perché al Recioto sono andato forte anche in salita e avevo buone sensazioni. Ora so di avere anche questa sparata, quindi è complicato trovare una definizione unica. Non so sinceramente come descrivermi, so che ho vinto e questo è davvero una grande notizia.
Takàcs è stato di grande aiuto in fuga per Masciarelli, facendo tirate decisive (foto Simone Lombi)Takàcs è stato di grande aiuto in fuga per Masciarelli, facendo tirate decisive (foto Simone Lombi)
Sei stato in fuga per tutto il giorno: hai sempre creduto che sareste arrivati oppure avete avuto paura per il gruppo che si avvicinava?
Da quando sono entrato in fuga, ho visto i corridori che c’erano e ho pensato sin da subito che si poteva fare bene, perché era gente forte e facevamo una bella andatura. Nonostante dietro il gruppo menasse forte, non ci prendeva tanto. Ho avuto paura in qualche momento che tornassero sotto, dopo 2-3 giri che eravamo partiti. Però poi abbiamo iniziato a prendere sempre più margine e soprattutto tra noi c’è stato molto dialogo.
Dialogo?
Quando abbiamo visto che il gruppo ci è arrivato a 1’30”, abbiamo alzato nuovamente l’andatura e siamo riusciti a tornare sui due minuti, c’era un bell’accordo tra di noi. Ci parlavamo molto e quindi lì ho iniziato a essere sempre più convinto. Si poteva arrivare. Anche quando si è messa davanti la Uae e ci hanno preso subito 30 secondi, li abbiamo respinti aumentando il ritmo.
Nell’ultimo giro a testa bassa e senza voltarsi: così Masciarelli ha respinto gli inseguitori (foto Simone Lombi)Nell’ultimo giro a testa bassa e senza voltarsi: così Masciarelli ha respinto gli inseguitori (foto Simone Lombi)
Fino al tuo assolo finale…
Ho fatto la prima azione a tre giri dalla fine e siamo tornati a 2 minuti di vantaggio e mi sono reso conto che dietro non fossero fortissimi. Takàcs mi ha aiutato tantissimo, ha fatto delle tirate veramente forti e intanto i ragazzi che erano con noi erano sempre più sofferenti. A quel punto, ho capito che si poteva fare.
Sei andato via da solo e non ti sei mai voltato.
Esatto, ma fino ai 400 metri non ci credevo ancora. Nell’ultimo giro, non mi sono mai guardato alle spalle. Avevo qualche riferimento soltanto quando vedevo il gruppo nel controviale. All’inversione dopo l’ultimo passaggio sull’arrivo, li avevo visti vicini. Saranno stati 6-7 secondi e quindi da lì in poi non mi sono più girato. Sono andato a tutta fino al traguardo e quando negli ultimi 400 metri ho visto che nella discesa alle mie spalle non c’era nessuno, mi sono reso conto di aver vinto.
Le dita al cielo salutando Pietro Valoti, scomparso la settimana precedente (foto Simone Lombi)Le dita al cielo salutando Pietro Valoti, scomparso la settimana precedente (foto Simone Lombi)
Una vittoria che dà fiducia?
Sapevo di stare bene e già questo mi dava convinzione. Quello che mi porto via da Roma è la lezione che a volte osando di più si può tirare fuori un bel risultato. Su strada non vincevo dal secondo anno da allievo, davvero tanto tempo. Ci sono riuscito, quindi ho più serenità a livello personale, magari d’ora in poi potrò divertirmi di più.
Che cosa prevede ora il programma?
Ci sono ancora tante gare, poi c’è il Giro Next Gen, ma intanto andiamo alla Torino-Biella. E’ un bel momento. Nespoli ha vinto il Recioto ed è dal primo ritiro che abbiamo avuto la sensazione di una squadra in ottima salute. Ci dispiaceva di non aver ancora raccolto i frutti degli allenamenti e degli sforzi che avevamo fatto nei giorni sull’Etna con cui abbiamo preparato le classiche di aprile. Questa settimana è stata la vera svolta.
Sul podio con Masciarelli, il tedesco Kessler e Bruno di maglia Hopplà (foto Simone Lombi)Lorenzo Masciarelli, classe 2003, non vinceva su strada dal secondo anno da allievo (foto Simone Lombi)Sul podio con Masciarelli, il tedesco Kessler e Bruno di maglia Hopplà (foto Simone Lombi)Lorenzo Masciarelli, classe 2003, non vinceva su strada dal secondo anno da allievo (foto Simone Lombi)
E’ stata anche la conferma che lavorando bene, i devo team non sono poi così lontani?
Secondo me è così. Magari hanno qualche piccola accortezza, qualche aggiornamento in più avendo alle spalle dei team WorldTour. Però alla fine sono ragazzi come noi, abbiamo la stessa età. Quindi per quanto possano essere più aggiornati di noi, tolti 2-3 corridori che vanno fortissimo come lo stesso Finn, non abbiamo nulla da invidiargli. A patto che si lavori nel modo giusto: questa è la premessa più giusta.
Anche il ciclocross merita un investimento da parte della Fci e dei club. Come la Arvedi viene sostenuta per i pistard, perché non farlo per l'offroad?
C’è tutto o quasi nell’urlo liberatorio di Lorenzo Nespoli mentre abbraccia il team manager Antonio Bevilacqua subito dopo aver tagliato il traguardo di Negrar. Il Palio del Recioto è suo ed è una vittoria che vale tanto sia per il ventenne di Giussano sia per la MBH Bank Ballan CSB Colpack (in apertura foto Lisa Paletti).
Se la classica internazionale U23 sarà la svolta stagionale di Nespoli lo dirà solo il tempo, di sicuro la prestazione offerta in mezzo ai vitigni della Valpolicella è una gran bella iniezione di fiducia per le gare future. In ordine cronologico – sull’onda dell’ebbrezza di martedì – i prossimi obiettivi nel mirino sono il Liberazione di domani e il Giro della Provincia di Biella di domenica 27 aprile. E allora ne abbiamo approfittato per tastare umore e programmi dello scalatore brianzolo che sta beneficiando della condizione affinata anche nelle gare tra i professionisti.
Dopo l’urlo liberatorio sul traguardo, Lorenzo riprende fiato ripensando alla sua impresa (foto Burini)Alta qualità sul podio del Recioto. Finn e l’austriaco Schrettl hanno chiuso alle spalle di Nespoli (foto Lisa Paletti)Dopo l’urlo liberatorio sul traguardo, Lorenzo riprende fiato ripensando alla sua impresa (foto Burini)Alta qualità sul podio del Recioto. Finn e l’austriaco Schrettl hanno chiuso alle spalle di Nespoli (foto Lisa Paletti)
Lorenzo ci racconti l’impresa del Recioto? Merito della ricognizione di inizio aprile?
No, la recon l’abbiamo fatta per rivedere parte del percorso, ma senza prevedere necessariamente nulla di strategico. Martedì mi sono mosso a 40 chilometri dall’arrivo in uscita dal circuito e spingendo forte sulla salita lunga di Fiamene. Ho guadagnato subito un bel vantaggio e da lì in avanti l’ho poi gestito cercando di recuperare lo sforzo. Nel finale ho scollinato con circa trenta secondi senza rischiare in discesa. Sapevo che Finn e Schrettl stavano tornando sotto, però ormai ero arrivato.
E ti sei lasciato andare ad un’esultanza molto sentita…
Esatto, ma non perché era da due anni che non vincevo a braccia alzate con la maglia della squadra, tralasciando le gare minori in Cina di fine 2024, il campionato italiano di cronosquadre ed una cronoscalata. In realtà la felicità sfogata dopo il traguardo era frustrazione per non aver combinato nulla il giorno prima al Belvedere. Finn e Schrettl avevano attaccato presto ed io avevo perso il momento. Avevo provato a rimediare dopo, ma alla fine non ho centrato nemmeno la top dieci. Al Recioto volevo riscattarmi, dovevo per forza.
L’ultima vittoria a braccia alzate di Nespoli era datata aprile 2023 a Reda di Faenza (foto italiaciclismo.net)Pausa bar. Ad inizio aprile la MBH Bank aveva svolto una ricognizione sul percorso del Recioto (foto Massimiliano Riccio)L’ultima vittoria a braccia alzate di Nespoli era datata aprile 2023 a Reda di Faenza (foto italiaciclismo.net)Pausa bar. Ad inizio aprile la MBH Bank aveva svolto una ricognizione sul percorso del Recioto (foto Massimiliano Riccio)
Hai corso con la pressione del risultato?
No, non ne avevamo, però avevamo fallito le prime gare internazionali e non vincevamo dalla San Geo di febbraio. Per una squadra come la nostra è un po’ strano. Volevamo assolutamente tornare al successo anche per dedicare la vittoria a Pietro Valoti, il padre di Gianluca che è mancato dieci giorni fa, e ad Antonio Bevilacqua che ha compiuto gli anni la settimana scorsa. Ce l’abbiamo fatta e questa mia vittoria è per loro.
Cosa ti dà il trionfo del Recioto?
Sentivo di stare bene e la prestazione è stata una conseguenza. Sicuramente questo successo mi rende più consapevole dei miei mezzi. Tuttavia sento di dover dimostrare ancora tanto. Ad esempio devo migliorare nelle volate ristrette. Non è che un bel giorno come quello di martedì cambia tutto e improvvisamente diventi forte.
Al Giro NextGen dell’anno scorso avevi vinto la maglia di miglior scalatore. Quest’anno a cosa punti?
Non si conoscono ancora le tappe, ma vediamo cosa combino alla prima vera salita (dice sorridendo, ndr). Capirò se curare la generale o se puntare alle tappe. Per preparare il NextGen abbiamo in programma tre settimane di altura al Sestriere il prossimo mese, però devo anche capire se correrò il Giro di Ungheria che c’è proprio dal 14 al 18 maggio. Ne parlerò con i miei tecnici nei prossimi giorni e decideremo cosa fare.
Nespoli ha affinato la condizione in mezzo ai pro’ tra Laigueglia (qui in fuga) e Coppi e BartaliNespoli voleva riscattarsi al Recioto dopo aver perso l’attimo giusto al Belvedere (foto Tosoni/Santoromita)Nespoli ha affinato la condizione in mezzo ai pro’ tra Laigueglia (qui in fuga) e Coppi e BartaliNespoli voleva riscattarsi al Recioto dopo aver perso l’attimo giusto al Belvedere (foto Tosoni/Santoromita)
Tra gli obiettivi del 2025 di Lorenzo Nespoli c’è anche quello di passare pro’ a fine stagione?
No, a quello che non ci sto pensando perché è una cosa che porta stress e quindi diventa controproducente. Certo, le proposte ci sono e si sa che tipo di corridore sono, però a questo pensa il mio procuratore ed io sono tranquillo. Ne riparleremo quando sarà il momento giusto. I miei obiettivi sono solo legati alle gare. Se proprio ne devo battezzare una, allora dico il Piccolo Lombardia, che per me è la corsa di casa. Però diciamo che vorrei vincere ancora, con più continuità.
Masciarelli vince il GP Liberazione 50 anni dopo il nonno Palmiro e si rilancia. In fuga dall'inizio, raccoglie i frutti del grande lavoro della sua squadra
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Sono passati poco più di due anni dal ritorno in Italia di Lorenzo Masciarelli, l’abruzzese emigrato in Belgio per seguire il sogno del ciclocross. Il volto giovane sorridente è rimasto tale, solo che ora sui lineamenti di Masciarelli si è fatto largo un primo accenno di barba. Insomma, il ragazzino sta diventando grande e si è fatto uomo. Per questo all’inizio della terza stagione in maglia MBH Bank-Ballan-Csb siamo andati da lui per parlare a quattrocchi. La vita ha messo Lorenzo davanti a tante scelte e innumerevoli esperienze. Sicuramente queste hanno creato un bagaglio difficilmente replicabile dai suoi coetanei, ma per Masciarelli è arrivato anche il momento di guardarsi indietro a fare un primo bilancio (in apertura foto Jacopo Perani).
«Quando sono tornato pensavo di essere più maturo». Racconta Lorenzo Masciarelli mentre dalla sua Pescara si dirige a San Vendemiano per la corsa di domenica. «Ma non è stato così, dovevo trovare serenità e un modo diverso di vivere la vita qui in Italia. Sinceramente è stato difficile riallacciare il filo con tutto».
«Gli ultimi due anni – prosegue – sono serviti a questo. Arrivavo dal Belgio con molta pressione addosso, che mi ero messo io stesso. Penso che il 2025 mi sia servito per fare uno step mentale importante da questo punto di vista. Mi sento più sereno e tranquillo».
Lorenzo Masciarelli è giunto al suo terzo anno in maglia MBH Bank-Ballan-Csb (foto Jacopo Perani)Lorenzo Masciarelli è giunto al suo terzo anno in maglia MBH Bank-Ballan-Csb (foto Jacopo Perani)
Una pressione che arrivava da te?
Ce l’ho sempre un po’ avuta. Quando sono andato in Belgio ero piccolo, avevo appena terminato la categoria allievi ma andavo forte e mi sentivo pronto. Nei due anni da junior volevo dimostrare di essermi guadagnato quel posto e di meritarmelo. Senza dimenticare che la mia famiglia mi aveva seguito trasferendosi lì, non me lo hanno mai fatto pesare ma dentro di me c’era questa voglia di dimostrare il mio valore anche per loro.
Come a non deluderli?
Mi dicevo: «Cavolo sono venuti fin qui per seguirmi, ora sta a me fare il massimo per diventare professionista, lo devo anche a loro». La mia famiglia non mi hai mai fatto questo tipo di ragionamento, lo voglio precisare. Però è chiaro che nella mente di un ragazzino si crei questo meccanismo.
Masciarelli si era trasferito in Belgio alla Pauwels Sauzen – Bingoal al primo anno junior per correre nel ciclocrossMasciarelli si era trasferito in Belgio alla Pauwels Sauzen – Bingoal al primo anno junior per correre nel ciclocross
Quest’inverno sei tornato a fare cross, hai mai pensato che saresti potuto rimanere in Belgio e seguire la tua passione?
Quando sono tornato a correre da quelle parti a dicembre ho pensato a tutto questo. Sono contento della scelta che ho fatto. L’unica cosa che mi è dispiaciuta è aver fatto il secondo anno junior con il Covid, senza magari sarebbe andato tutto in maniera differente. Ne ho parlato con Mario De Clercq (coordinatore tecnico della Pauwels Sauzen-Bingoal, la squadra dove correva Masciarelli, ndr) e secondo noi l’errore è stato quello di trasferirmi troppo presto.
In che senso?
Magari avrei dovuto fare la categoria juniores in Italia e andare in Belgio una volta diventato U23. Quando mi sono trasferito ero piccolo e lasciare gli amici mi è pesato molto. Inoltre lassù non avevo molti coetanei con i quali uscire e fare la vita di un diciassettenne. Se avessi aspettato magari sarei salito da solo, senza portare dietro tutta la famiglia e le cose sarebbero andate in maniera differente.
Dopo due stagioni di pausa lo scorso inverno è tornato a correre nella disciplina che lo ha lanciato (foto NB Srl)Dopo due stagioni di pausa lo scorso inverno è tornato a correre nella disciplina che lo ha lanciato (foto NB Srl)
Quando sei tornato in Italia questo sentimento del voler dimostrare l’hai abbandonata?
Tutt’altro. E’ sempre stato un mio punto debole. Alle gare volevo far vedere di essere forte quindi ero alla costante ricerca di conferme e risultati: podi, vittorie o piazzamenti. Questo aspetto mi ha portato spesso a sbagliare sia nella preparazione che nell’alimentazione. La squadra e la mia famiglia mi hanno sempre lasciato sereno però dentro di me avevo questo meccanismo.
Che ti portava a stressarti?
Sì. Sentivo il dovere di passare professionista. Vedevo tanti ragazzi della mia età o più giovani entrare nel WorldTour e mi sentivo di doverlo fare anche io. Anche ora lo voglio ma è un aspetto che vedo con maggiore serenità e divertimento.
Eri tornato in Italia perché tutti avevano intravisto le tue qualità su strada, ora tralasciando gli altri tu come ti vedi a distanza di due anni?
Devo ancora capire che corridore sono ma sento di essermi allontanato dall’aspetto delle corse a tappe. Mi piacciono le gare di un giorno dure ed esigenti, le sento mie. Sinceramente quando sono tornato dal Belgio pensavo di essere più esplosivo, invece è un aspetto che mi è mancato. Anche se con il ritorno al ciclocross ho ritrovato un po’ questa qualità.
Dopo tanti anni a rincorrere qualcosa ora l’abruzzese vuole correre con serenità e per se stesso (foto Jacopo Perani)Dopo tanti anni a rincorrere qualcosa ora l’abruzzese vuole correre con serenità e per se stesso (foto Jacopo Perani)
Sei al quarto anno U23, è un aspetto che ti pesa?
Se penso agli anni passati dico di no. Le stagioni precedenti le vivevo con molta più pressione. Il percorso che sto facendo mi piace, sento di essere cresciuto e di aver avuto la serenità per farlo. Non sono sicuro, con il senno di poi, che sarei stato pronto ad entrare in un devo team o a passare professionista. Nonostante sia l’ultimo anno da under sono sereno, sento che ho ancora dei margini e che posso migliorare.
Guardando solo a te stesso ci dici un obiettivo del 2025?
Voglio essere competitivo in tutte le gare. Sicuramente mi rimane la voglia di trovare una vittoria, ma con meno pressioni. Quest’anno ho lavorato un po’ su questo aspetto anche grazie a uno psicologo e sono riuscito a trovare la serenità che mi mancava.
RICCIONE – Il programma scouting della MBH Bank Ballan CSB Colpack è sempre di primissimo ordine e non si limita solo agli atleti. Funziona anche sulle figure che lavorano a stretto contatto o dietro le quinte. Ed è così che conosciamo Elisa Romele al seguito della squadra come nutrizionista alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali.
Dopo la linea del traguardo di ogni tappa, la sorella maggiore di Alessandro (pro’ della XDS Astana, che giusto ieri ha debuttato al Giro delle Fiandre) era già posizionata assieme ai massaggiatori del team continental italiano per dare le prime assistenze ai propri corridori.
«Oggi i ragazzi hanno preso pioggia tutto il giorno – ci spiega Elisa prima dell’arrivo mentre ha in mano le bottigliette di integratori – e per loro abbiamo preparato diversi passaggi per recuperare lo sforzo. Berranno subito una di queste, poi quando arriveranno al minivan per una bella doccia calda berranno un altro preparato liquido e poi mangeranno ciò che gli abbiamo già preparato. Se si riesce a sfruttare la finestra metabolica dei tre quarti d’ora dopo lo sforzo è meglio, ma bisognerà vedere se i ragazzi arriveranno molto infreddoliti o meno perché potrebbero metterci più tempo a scaldarsi e quindi mangiare».
Raccogliamo volentieri l’assist delle parole di Elisa e anche quello del diesse Gianluca Valoti che ci aveva anticipato la sua presenza, per conoscerla meglio.
Elisa si è confrontata con gli atleti della MBH Bank, chiedendo pareri e proponendo anche il suo metodoElisa Romele è nata nel 2001, si è laureata lo scorso novembre in dietistica. Il suo diabete l’ha spinta a scegliere questi studiElisa si è confrontata con gli atleti della MBH Bank, chiedendo pareri e proponendo anche il suo metodoElisa Romele è nata nel 2001, si è laureata lo scorso novembre in dietistica. Il suo diabete l’ha spinta a scegliere questi studi
Partiamo con una veloce introduzione di Elisa Romele.
Ho ventiquattro anni, due in più di mio fratello Alessandro. Mi sono laureata lo scorso novembre in dietistica alla facoltà di Medicina all’Università di Brescia. Essendo diabetica da giovanissima, ho sempre avuto interesse nell’alimentazione. Fin da piccola questo tema mi ha appassionata e l’ho unito al ciclismo. Ho corso fino ai G3, poi sempre a causa del diabete mi avevano consigliato di smettere. Adesso mi sto approcciando a questo mondo delle gare, cercando di capire com’è.
Hai preso una sorta di ispirazione ulteriore vedendo Alessandro correre?
Col passare degli anni, seguendo mio fratello alle corse, ho preso spunto per approfondire certi argomenti studiati all’università. Specialmente quando correva in Colpack, guardavo ciò che mangiava e l’ho usato come cavia per sperimentare ciò che ha avevo imparato (dice sorridendo, ndr). Gli avevo aumentato i carboidrati ad esempio.
E com’è andata?
Direi bene. Dopo due gare in cui aveva iniziato a seguire questo nuovo metodo di alimentazione, Alessandro ha vinto la sua prima gara (la Coppa Zappi ad aprile 2023, ndr). Non so se era stata una casualità, però da quando lui aveva iniziato a fare più attenzione alla sua alimentazione, aveva notato miglioramenti sia a livello muscolare che in termini di risultati.
Alessandro Romele vince la Coppa Zappi nel 2023. Dietro la sua prima vittoria con la Colpack, ci sono i consigli di Elisa (foto Rodella)Alessandro Romele vince la Coppa Zappi nel 2023. Dietro la sua prima vittoria con la Colpack, ci sono i consigli di Elisa (foto Rodella)
Tu sei molto giovane, hai seguito dei quasi coetanei e solitamente la tua figura è ricoperta da persone un po’ più grandi. Com’è stato il rapporto con la squadra? Ti hanno ascoltato i ragazzi?
E’ vero, gli atleti si aspettano gente più esperta. E magari si può pensare che non rispettino il ruolo o la credibilità vista la mia età in questo caso. Sono alla mia primissima esperienza in questo ambito ed è una prova anche per me, ma io ho avuto la fortuna di trovare un gruppo di ragazzi molto disponibili. Mi hanno ascoltato ed anzi, ci siamo confrontati. Mi hanno aiutato a scoprire qualcosa di nuovo.
Cosa ad esempio?
Per l’integrazione in gara ho chiesto pareri ai corridori. Essendo al seguito della squadra, chiedo come sia meglio partire per una tappa, scoprendo una strategia pratica ancora più efficace rispetto alla teoria. Successivamente io poi cerco di perfezionare la teoria con la pratica, proponendola ai ragazzi.
Al mattino si guardano gli ultimi dettagli?
Più o meno. Nelle riunioni pre-gara parliamo di quanti carboidrati all’ora bisogna prendere. Per le tappe della Coppi e Bartali, che sono state quasi tutte mosse ed alcune col brutto tempo, in media siamo stati sui 120 grammi di carboidrati all’ora, ma è molto soggettivo. C’è chi ne mangia anche di più, però dipende da quanto questi ragazzi sono riusciti ad allenare l’intestino a riceverli. Quello è un altro aspetto fondamentale.
Elisa Romele durante la Coppi e Bartali ha preparato l’integrazione post gara anche in base al meteoElisa Romele durante la Coppi e Bartali ha preparato l’integrazione post gara anche in base al meteo
Immaginiamo che sia stato importante anche l’apporto del resto della squadra, che si è fidato di te.
Sono giovane ed è difficile trovare chi ti dia spazio. Gianluca (Valoti, ndr) è stato bravissimo, mi ha aiutato nell’inserimento e sa lavorare molto bene con i giovani. Ringrazio lui e tutta la squadra per avermi concesso questa grande opportunità sul campo in cui mi sono messa in gioco provando qualcosa di più.
Rivedremo Elisa Romele alle prossime corse?
Al momento avevamo stabilito solo la Coppi e Bartali, ma ne riparleremo nei prossimi giorni per capire se hanno avuto benefici o meno. E quindi per capire se anche loro hanno bisogno di una figura fissa per tutta la stagione. Attualmente sto finendo il master, poi la mia idea sarebbe quella di aprire uno studio e collaborare con qualcuno. Questo intanto è stato un ottimo inizio.
Succede fra gli uomini e fra le donne. L'ossessione del peso forma rischia di diventare il solo obiettivo, prima della vittoria. E' un problema di cultura