Lorenzo Masciarelli è l’ultimo talento di un’autentica dinastia ciclistica. Molti pensano che il decano sia Palmiro, in apertura con i tre figli (da sinistra, Simone, Andrea e Francesco) storico luogotenente di Francesco Moser: 12 anni di professionismo con 8 vittorie tra cui 2 tappe al Giro, ma non è così.
«Iniziò tutto da Giulio – racconta nonno Palmiro, il cui primo nome è Lorenzo – che era mio zio. Negli anni Cinquanta non solo gareggiava, ma ci portava a vedere Coppi e Bartali nelle kermesse in pista a Lanciano. Poi venne mio fratello, arrivato fino agli allievi, poi io».
I 3 figli di Palmiro
Non solo Palmiro è passato professionista, ma anche i suoi tre figli. Francesco ha corso per 6 anni: 5 vittorie tra cui il Giro del Lazio 2008, poi uno stop prematuro per un tumore benigno che chiuse la sua carriera. Dieci anni da pro’ per Andrea, ben 13 per Simone, il padre di Lorenzo.
«Il ciclismo ce l’abbiamo nel sangue– ricorda Palmiro – Lorenzo è il nono della famiglia a gareggiare, ma soprattutto abbiamo sempre voluto trasmettere la nostra passione, non solo per la strada. Ai mondiali di Mtb al Ciocco, alla fine degli anni Ottanta, partimmo in 7 da casa per esserci».
Ora Palmiro è rimasto solo a gestire il negozio di bici di San Giovanni Teatino (un riferimento per tutto il Centro Italia) e la società ciclistica.
«Andrea si occupa di biomeccanica applicata al ciclismo – dice – e ogni tanto mi aiuta. Francesco fa il preparatore atletico per squadre professionistiche. Simone è andato in Belgio, ricominciando tutto da capo per seguire Lorenzo. So però che fanno parte di un bel gruppo. Mattan e De Clercq sono venuti spesso a casa mia, li ho ospitati. De Clercq ha disegnato anche un percorso da ciclocross dietro casa».
Lorenzo e VdP
L’avventura di Lorenzo lo riempie d’orgoglio: «Ricordo che quand’era bambino incontrò Van der Poel, il padre. Lo fermò per chiedergli una foto. Tempo dopo si ritrovarono a un evento e l’olandese gli disse: “Ma tu non sei quello della foto?”».
Il paragone, per chi ricorda le imprese di Palmiro ai tempi delle sfide Moser-Saronni, viene automatico.
«No, Lorenzo in prospettiva va molto più forte – dice – al primo anno junior ha scalato il Blockhaus solo 3” più lento di Ciccone. Nel ciclocross ha forza esplosiva, dopo ogni ostacolo prende sempre 5 metri a tutti».
Qual è la sua arma segreta? «La serietà, ha capito che questo sport è sacrificio. Quando si riscaldava, per esempio, era solito usare le cuffiette, un giorno lo vidi e gli dissi di metterle da parte perché la concentrazione inizia già da lì. Dopo la gara venne a ringraziarmi, aveva notato la differenza…».
Il gesto di Simone
Il distacco dalla famiglia non è stato semplice, ma soprattutto non è stato semplice per Simone, chiamato a reinventarsi in Belgio.
«Inizialmente – racconta il papà di Lorenzo – ho dato una mano alla squadra di De Clerqc come meccanico, ma la lontananza da casa si faceva sentire. Inoltre sentivo il peso di non avere un lavoro tale da permettermi di portare qui la famiglia. Un giorno Mario mi ha detto che da un suo amico, che ha una fabbrica di bibite, si era liberato un posto. Ora lavoro lì, al contatore numerico. E al contempo continuo a collaborare con la squadra. Devo dire che ci hanno accolto davvero bene, dimostrano di tenerci molto».
Vivendo da dentro la realtà belga, a Simone torna un filo di nostalgia: «Magari avessi potuto vivere un’esperienza simile… E’ bellissimo, tutto ruota intorno alla bici, non viene trascurato nulla e il talento viene curato nei minimi particolari. Per questo la pandemia qui si sente di più, perché le gare senza pubblico, senza tutto il contorno non sono le stesse. Noi poi viviamo a Oudenaarde, dove c’è l’arrivo del Giro delle Fiandre, qui il ciclismo si respira fino in fondo».
Non c’è solo Lorenzo a cui badare, ora che è arrivato anche Stefano, il più piccolo: «Corre per la squadra dei ragazzi di Nico Mattan: la dinastia dei Masciarelli prosegue…».