Chi ha visto Van Aert? Grande attesa, ritorno imminente

29.11.2024
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Dov’è finito Van Aert? Il lungo silenzio dopo la caduta della Vuelta è stato interrotto dalle prime apparizioni sui social. Il belga ha ripreso ad allenarsi ed è da poco rientrato a casa dalla Spagna, per le sessioni fotografiche della squadra. Quello che emerge dalla lettura delle sue giornate su Strava, è che adesso Wout pedala senza dolori, ma la corsa a piedi gli crea ancora qualche problema.

Negli ultimi giorni il belga sta pubblicando tracce di allenamento, alcune con sua moglie Sarah, e fonti interne alla squadra confermano l’intenzione di incrementare gli allenamenti di corsa a piedi nelle prossime due settimane. In base agli esiti e alle sue sensazioni, si deciderà quando Van Aert scenderà in campo per la prima volta nel cross. Questo di certo avverrà dopo il primo ritiro spagnolo della Visma-Lease a Bike, che si concluderà il 19 dicembre.

«Solo a quel punto – ha detto il belga – sapremo quando potrò tornare in gara. Se c’è una cosa che ricordo della Vuelta, è che avevo la sensazione di aver ritrovato le mie gambe e la perfetta efficienza. Per cui confido che non sarà quest’ultimo incidente a impedirmi di tornare al mio meglio».

Alla Vuelta, Van Aert aveva ritrovato la condizione dei giorni migliori
Alla Vuelta, Van Aert aveva ritrovato la condizione dei giorni migliori

Il ginocchio di Van Aert

Il suo ritardo in apparenza non preoccupa la squadra, anche se la gestione della ripresa è stata oculata e necessariamente graduale. Il ginocchio ha comunque subito un duro colpo, tanto che quando la corsa si spinge verso l’alta intensità, Van Aert avverte ancor qualche fastidio. I medici non sarebbero però stupiti e tantomeno preoccupati: nella tabella della ripresa, è stato chiaro sin da subito che tornare a camminare sarebbe stato l’ultimo step.

Nella caduta della tappa che portava ai Lagos de Covadonga, il belga riportò un taglio profondo e una contusione. L’ematoma ha reso a lungo molto doloroso appoggiarsi sulla gamba destra e questo tipo di sensazione salta fuori, sia pure in modo blando, quando Wout cammina. La cosa positiva è che il ginocchio non ha riportato danni strutturali, nulla che abbia interessato la rotula, la cartilagine o i legamenti. Il campione deve ritrovare la disinvoltura nel camminare e poi correre, senza alcun rischio di peggiorare l’infortunio. Ma ecco perché al momento il rientro nel cross sarebbe assolutamente critico.

Nys ha già vinto europei e due cross. La sua presenza smuove pullman di tifosi
Nys ha già vinto europei e due cross. La sua presenza smuove pullman di tifosi

I pullman di Nys

Mentre il belga si cura le ferite, il ciclocross in Belgio è entrato nel vivo anche senza le tre star più attese. Eppure, come in un Tour provo di Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel, il pubblico è in aumento e i campi di gara vengono presi d’assalto. L’esplosione di Thibau Nys e personaggi affidabili come Iserbyt, Sweeck, Vantourenhout, Van der Haar e tutti coloro che popolano quel ciclismo rendono le gare ugualmente attrattive. Il pubblico tifoso, ma molto sportivo e competente delle Fiandre batte dieci chi sbadiglia se non ha di fronte le superstar.

«E’ così emozionante – ha spiegato di recente Paul Herijgers, iridato nel 1994 a Koksijde – perché sono molto vicini l’uno all’altro. Sono certo che Thibau Nys sarà una stella. Tutti pensano o sperano che questo si verifichi rapidamente, io non mi lascio ingannare e mi basterebbe che quest’anno riuscisse ad aumentare il numero delle sue vittorie. Anche su strada. Oserei dire che potrebbe vincere la Freccia Vallone nella prossima stagione. E se i pullman di tifosi che già lo seguono nel cross andranno con lui sul Muro d’Huy, allora capirete davvero di quale folla parliamo».

Van der Poel sta lavorando ma con un approccio apparentemente meno intenso. Ci crediamo? (Immagine Instagram)
Van der Poel sta lavorando ma con un approccio apparentemente meno intenso. Ci crediamo? (Immagine Instagram)

L’attesa di Van der Poel

Si aspetta Van Aert e si aspetta Van der Poel, che quanto a corsa a piedi non scherza, essendosi concesso una mezza maratona. Qualcuno dice che Mathieu non correrà nel cross durante l’inverno, anche se i tecnici dicono che gli farebbe un gran bene per sentire il freddo prima delle corse del Nord: allenarsi in Spagna va bene, ma occorre prendere le misure sulla vera scena.

Per cui se da un lato appare abbastanza vicino il ritorno di Van Aert, che potrebbe mettere nel mirino una decina di prove da prima di Natale, conoscendo la rivalità si scommette che Van der Poel arriverà un paio di settimane dopo. Entrambi lo faranno con la certezza di essere subito pronti per vincere e tenersi reciprocamente testa, avendo messo in conto che non potranno vincere la Coppa del mondo, il cui calendario taglia fuori coloro che non prendono parte alla maggior parte delle prove. Se torneranno, sarà per giocare fra loro e misurare la temperatura al giovane Nys. Loro dicono che non gli importa, ma avere un giovane che sgomita per conquistare il loro trono un po’ li inquieta.

La mezza maratona di Van der Poel agli occhi dei campioni podisti

18.11.2024
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Un’ora e 22′ sulla mezza maratona: è il tempo fatto siglare da Mathieu Van der Poel. È successo nei dintorni di Javea, in Spagna, nella zona di Valencia, una località che l’ex campione del mondo frequenta spesso e considera una sorta di “seconda casa”. Il corridore della Alpecin-Deceuninck non è nuovo a sfide fuori dal comune. Questa volta, insieme al suo amico Freddy Ovett – anch’egli figlio d’arte (il padre Steve è stato una leggenda del mezzofondo) – ha affrontato una “mezza maratona” come allenamento e sfida personale.

Per la precisione, si è trattato di 21,2 chilometri – dato Strava di VdP – percorsi a ritmo sostenuto. In origine, Van der Poel avrebbe dovuto partecipare alla Gran Carrera del Mediterraneo, in programma il 10 novembre, ma l’evento è stato cancellato a causa dell’alluvione che ha colpito la zona (in apertura foto Felix Homann).

L’analisi degli esperti

Per approfondire la prestazione di Van der Poel, abbiamo interpellato due ex grandi del mezzofondo prolungato: Stefano La Rosa e Andrea Lalli, tante volte azzurri nelle più importanti competizioni mondiali. Pur abituati a tempi stellari, entrambi hanno corso la mezza maratona in poco più di un’ora, non sono rimasti scioccati dal crono dell’atleta olandese, ma ne hanno riconosciuto il valore, soprattutto considerando l’impegno muscolare richiesto.

Stefano La Rosa ha sottolineato l’aspetto dell’adattamento muscolare: «Io utilizzavo spesso la bici all’inizio della preparazione, alternandola alla corsa. L’impatto muscolare è però completamente diverso: il contatto con il terreno cambia tutto e innesca un meccanismo biomeccanico molto specifico. Per questo Mathieu è stato bravo. Certo, conosco ciclisti che hanno fatto i 10.000 metri in 31 minuti, che è un tempo eccezionale. Ho saputo che Van der Poel, praticando ciclocross, è abituato a correre, ma non su queste distanze. Fare 21 chilometri a una media inferiore ai 4 minuti al chilometro (il suo passo è stato di 3’52”, ndr) non è affatto semplice e richiede un’ottima preparazione».

Andrea Lalli, invece, ha messo l’accento sulla capacità di sostenere sforzi ad alta intensità: «Quando si corre, anche a ritmo lento, la frequenza cardiaca media è più alta rispetto al ciclismo. Van der Poel è abituato a questo tipo di sforzi, considerando che un cross dura circa un’ora, quindi è una condizione simile. E questo lo aiuta. Mentre un aspetto meno favorevole è la sua struttura muscolare: la massa rende i movimenti meno fluidi e agili, ma con un “motore” come il suo, un’ora e 22 minuti è un risultato alla sua portata. È stato bravo, soprattutto perché non parliamo di 10 chilometri, ma di una mezza maratona».

Mathieu VdP è solito allenarsi con la corsa a piedi, specie durante l’autunno (foto Instagram)
Mathieu VdP è solito allenarsi con la corsa a piedi, specie durante l’autunno (foto Instagram)

Questione di adattamento

Lalli, che da ex campione di corsa è oggi un ciclista amatoriale evoluto, ha riconosciuto come l’adattamento muscolare sia il punto più critico, specie all’inizio.

«Ho molti amici triatleti – riprende Lalli – che confermano quanto sia dura affrontare i primi chilometri di corsa dopo una frazione in bici. È la parte più difficile del triathlon. Anche per Van der Poel la sua muscolatura non è stata un vantaggio.

«Sarebbe interessante conoscere i suoi parziali: se, ad esempio, avesse corso i primi 10 chilometri in 45 minuti e i successivi in 37, il risultato sarebbe davvero notevole. Al contrario, se avesse mantenuto un ritmo costante sfruttando il suo grande “motore”, sarebbe comunque un risultato di rilievo, ma più prevedibile. Probabilmente l’olandese ha fatto qualche giorno di riadattamento muscolare prima della prova».

Cameron Wurf ha fatto sia delle maratone che l’Ironman (triathlon). Tra l’altro si vocifera che lo stesso Van der Poel voglia cimentarsi in questa sfida (foto Instagram)
Cameron Wurf ha fatto sia delle maratone che l’Ironman (triathlon). Tra l’altro si vocifera che lo stesso Van der Poel voglia cimentarsi in questa sfida (foto Instagram)

Testa da running

Ma questa sfida non è stata solo una questione fisica. In certi sforzi è determinante anche la parte mentale quando la fatica sale e non è la “tua fatica”… è più facile cedere.

«Van der Poel – conclude Lalli – ha saputo gestire bene il passo anche dal punto di vista mentale. La mezza maratona è molto diversa da una maratona: io, per esempio, la affrontavo con l’approccio mentale di un 10.000 metri. È più vicina a quella distanza che a una maratona. In ogni caso, tanto di cappello a lui».

Pur non trattandosi di un tempo da record, l’approccio muscolare richiesto per sostenere un gesto atletico così diverso come la corsa, protratto per oltre 21 chilometri, non è assolutamente scontato. Van der Poel ha dimostrato ancora una volta la sua versatilità e il suo straordinario talento atletico.

De Lie, che iella: condannato a sfidare i giganti

12.11.2024
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A basarsi su quanto si è visto sui social fino alla scorsa settimana, mezzo gruppo era ancora in vacanza e l’altro è andato a Singapore per il Criterium del Tour de France. A breve tutti saranno nuovamente a casa, godendosi gli ultimi scampoli di riposo e cominciando a riallacciare i fili. Ma almeno nei discorsi, il filo nessuno l’ha mai staccato. Ed è così che Arnaud De Lie in Estremo Oriente si è ritrovato a ragionare della sua stagione e su quella che verrà.

Giusto lo scorso anno di questi tempi, era il 15 novembre, suonammo al campanello della sua fattoria per conoscerlo un po’ meglio e raccogliemmo le prime sensazioni dopo il 2023 delle 10 vittorie, fra cui quella in Quebec. Tra infortuni e problemi di salute, il 2024 invece non è stato altrettanto positivo. Le soddisfazioni non sono mancate, ma ad eccezione di una tappa al Renewi, non ci sono state vittorie WorldTour. In compenso è venuta la maglia di campione belga, che da quelle parti è una bandiera assai ambita. Basti pensare che i primi cinque alle sue spalle sono stati Philipsen, Meeus, Nys, Van Aert e Merlier.

«In questa stagione – si racconta De Lie alla stampa prima del criterium di Singapore – sono successe cose belle e cose brutte, ma penso che sia stata positiva. Senza dubbio mi tengo stretta la vittoria nel campionato nazionale, perché mi permetterà di indossare una maglia molto bella per tutto l’anno. Sono soddisfatto anche per il mio debutto al Tour de France, che ritengo sia stato positivo».

Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio
Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio

Seguire Val der Poel

Evidentemente non basta e anche se hai solo 22 anni, è chiaro che il metro di paragone siano ormai diventati i mostri sacri del pavé. Sono quelle le corse cui i tifosi attendono il Toro di Lescheret e per le quali anche lui sente un richiamo quasi primordiale. E’ singolare rendersi conto che questo ragazzo sia condannato a fare la corsa sui giganti – in volata o nelle classiche – in un ciclismo che è dominato dal ristretto gruppo dei fenomeni.

«L’obiettivo – dice allo spagnolo Marca – è arrivare nella migliore forma possibile alle classiche delle Fiandre. Spero di stare bene per le prime corse, arrivando al debutto già in condizione, in modo da raggiungere il picco nelle settimane cui tengo di più. Quest’anno in quel periodo stavo male per quel parassita e non ho preso parte a Fiandre e Roubaix. Però una cosa l’ho capita: per fare bene alla Roubaix bisogna avere le gambe per seguire la Alpecin. Sono due anni che vincono e sono la squadra migliore. La verità però è che stare dietro a Van Der Poel non sia così facile. Ma visto che ho solo 22 anni e non credo di essere ancora a quel livello, fatemi dire che le due Monumento sono importanti, ma ci sono anche classiche come Omloop Het Nieuwsblad e Gand-Wevelgem che per me sono grandi obiettivi».

A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale
A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale

Ignorare Pogacar

Il Tour de France è stato una colossale centrifuga anche per lui e sarebbe stato davvero curioso avere una volata negli ultimi 3-4 giorni per capire in che modo sia effettivamente arrivato in fondo. Non ha vinto tappe, ma è entrato fra i primi cinque nella quinta e sesta tappa. Poi terzo nell’ottava, battuto da Girmay e Philipsen, e quinto nella dodicesima. Di lì in avanti, il suo Tour è stato un costante arrampicarsi su montagne messe lì come un dispetto e che hanno invece scatenato la lotta per la classifica.

«Il Tour de France è infinitamente difficile – ride – sono 21 giorni in cui vai a tutta e con tutto quello che hai. Devi essere sempre ben posizionato in ogni momento della tappa, altrimenti rischi di non arrivare al traguardo. E’ un’esperienza molto dura, ma sono felice di come sono andate le cose. Il livello dei velocisti è davvero altissimo, difficile dire chi sia stato il più forte e chi lo sarà nel 2025. Potrei dire Philipsen e Girmay, ma avete visto di cosa è capace Jonathan Milan? In certi giorni saranno loro i miei riferimenti, mentre per fortuna posso disinteressarmi di quello che fa Pogacar, cosa che Vingegaard ed Evenepoel per loro sfortuna non possono fare. Di certo quando attacca, seguirlo è molto difficile. Ho la fortuna di avere caratteristiche completamente diverse».

Il ciclocross senza i tre tenori. Un anno da interpretare

26.10.2024
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Con la stagione su strada ormai conclusa, l’attenzione è tutta riversata sul ciclocross, in attesa che inizi la Coppa del Mondo con un calendario assai compresso, 12 tappe a partire dal 24 novembre e fino al 26 gennaio. Nel frattempo vanno avanti le altre challenge internazionali, senza però i “tre tenori” chiamati a recuperare dalle fatiche della lunga annata su strada e che probabilmente vedremo all’opera solo a dicembre.

Questo è solo uno dei temi di una stagione che, a livello maschile, va decifrata e per farlo dà il suo contributo un collega di Wielerflits, Nick Doup che segue nel suo sviluppo tutta la stagione, alla maniera dei giornalisti di una volta, ossia andando nei vari posti per tastare con mano umori e tensioni fra i vari team.

Nick Doup, giovane giornalista olandese di Wielerflits segue tutta la stagione del cross
Nick Doup, giovane giornalista olandese di Wielerflits segue tutta la stagione del cross
Che attenzione stanno ricevendo le prime gare internazionali di ciclocross?

Notevole sin dall’avvio, grazie alla diretta televisiva, principalmente sulla TV belga, ma con molte gare diffuse anche in Olanda. E’ questa la grande forza del ciclocross da queste parti e infatti molte gare che non fanno neanche parte dei principali circuiti cercano comunque riscontri televisivi, per farsi notare e crescere.

Quanto si sente la mancanza dei campioni della strada dal punto di vista dell’attenzione dei media?

Si sente, è normale, ma sappiamo che per un po’ non ci saranno. Diciamo che senza di loro l’attenzione non è la stessa e lo vediamo con un calo, ma abbastanza leggero, delle presenze di pubblico. Non dimentichiamo che per assistere alle gare si paga un biglietto. Quando VDP e Van Aert sono presenti, possiamo dire che ci sono almeno 5.000 persone in più. E per gli organizzatori è una quantità significativa di denaro. Considerando anche che sono quei due ad attirare la gente, Pidcock non ha lo stesso appeal.

Van der Poel difenderà la sua maglia iridata? E che scelte faranno Van Aert e Pidcock?
Van der Poel difenderà la sua maglia iridata? E che scelte faranno Van Aert e Pidcock?
Togliendo i vari Van der Poel, Van Aert, Pidcock chi sono i corridori più amati dalla gente?

Ogni specialista ha una base di fan. A volte ad esempio vedi molti striscioni e bandiere di Alvarado. In questo momento il nome in grande ascesa a livello di richiamo è Thibau Nys, anche per via del prestigio e del carisma del padre. Ma anche per il suo talento, quest’anno emerso anche su strada. La cosa curiosa comunque è che ogni corridore ha la sua cerchia di sostenitori, c’è un tifo molto forte, superiore a quello della strada. Poi bisogna considerare che ci sono molti corridori più o meno allo stesso livello, quindi hai molta concorrenza e infatti i nomi dei vincitori cambiano spesso.

Stanno emergendo corridori nuovi, come Wyseure vincitore della prima tappa del Superprestige un po’ a sorpresa?

Sì, lo sono. Stanno arrivando nuove leve. Sono soprattutto corridori belgi U23 (come Verstrynge, foto di apertura, ndr) che si stanno mettendo in luce avendo un anno in più e tanta esperienza acquisita. Sfruttando anche gli spazi lasciati dai big. Con tanta concorrenza non è facile per loro guadagnarsi spazio, Wyseure fa parte di quella generazione di corridori U23 di 2-3 anni fa che ha impiegato tempo per emergere al più alto livello. All’inizio della stagione, quando forse non tutti hanno già raggiunto il loro picco, ci sono più possibilità. Ora sono in grado di vincere. Io credo che questo è l’anno della svolta per alcuni di questi corridori, il suo caso non sarà isolato.

A tuo parere il calendario di ciclocross va bene così com’è o andrebbe rivisto per farlo meglio coincidere con quello su strada?

Quest’anno hanno cambiato la Coppa del mondo. Prima iniziava a fine settembre con la campagna americana. E’ una formula da verificare, concentrando tutto in un periodo davvero intenso. In quello che è più il periodo delle vacanze. Vogliono attrarre i grandi a seguire tutto il suo sviluppo. Mettendo le gare più importanti alla domenica, il giorno più popolare, ovviamente. Hanno quindi concentrato l’attività di vertice in due mesi.

Pensi sia una formula giusta?

Potrebbe funzionare, ma gli stradisti sono anche chiamati a preparare la nuova stagione in quel periodo, ci sono i ritiri. VDP lo scorso anno ha fatto solo alcune gare tra dicembre e gennaio, lo stesso Van Aert. Così non hanno potuto competere per la classifica, troppe tappe erano state già fatte. Ora forse potrebbero e magari potrebbero trascinarne altri. E’ un esperimento da valutare con attenzione.

Due mesi di gare concentratissime per la Coppa del Mondo, che sarà a Oristano l’8 dicembre
Due mesi di gare concentratissime per la Coppa del Mondo, che sarà a Oristano l’8 dicembre
Com’è stato accolto dalla gente il gesto di Iserbyt al Be-Mine Cross, che ha calpestato la bici dell’avversario ed è stato per questo squalificato?

Brutta storia. Eli divide la gente in due gruppi in Belgio: chi lo ama e chi lo odia. Ma questa azione non è stata buona per la sua popolarità perché ha mancato di rispetto a un avversario non controllando la sua rabbia. Era in lotta con Ryan Kamp, l’olandese. Sono caduti, si sono urlati qualcosa a vicenda. Ma Iserbyt ha esagerato, lo ha ammesso lui stesso. Penso che la sospensione che ha ricevuto sia stata giusta. Accettata e apprezzata dalla maggior parte delle persone, anche se…

Anche se?

Perché si è atteso oltre una settimana? C’è stata un po’ di mancanza di chiarezza a fronte di immagini inequivocabili. Se ne è parlato molto e ancora se ne parla, io penso che Eli si porterà dietro quest’immagine per molto tempo.

L’incredibile gesto di Iserbyt che calpesta la bici di Kamp, reo di averlo urtato
L’incredibile gesto di Iserbyt che calpesta la bici di Kamp, reo di averlo urtato
Il possibile ingresso del ciclocross ai Giochi Olimpici invernali cambierà l’evoluzione di questo sport, vedremo altri specialisti della strada dedicarsi ad esso?

Non lo so ancora. C’è ancora molta strada da fare, considerando che in caso positivo la prima edizione sarà nel 2030. Molti ciclisti oggi in primo piano non ci saranno più. Avranno già smesso di andare in bici. Si può fare il paragone con la mountain bike, che è olimpica e ha davvero un’attrazione per alcuni ciclisti professionisti, come VDP che ci ha provato, proprio pensando ai Giochi. Diceva che la Mtb era la sua specialità preferita, forse il motivo era proprio il sogno di vincere l’oro. Lo stesso per Pieterse. Lei è una specialista del ciclocross, eppure ci ha provato, senza i Giochi non avrebbe fatto mtb. Se le cose andranno bene, io penso che più corridori inizieranno a dedicarsi al cross, magari per quel biennio introduttivo ai Giochi. Ma è tutto aleatorio per ora.

Fiandre, la patria del cross: il Belgio fa quadrato

09.10.2024
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«Se il prossimo anno Van der Poel vorrà avvicinarsi al livello della scorsa primavera – ha detto Philip Roodhooft, team manager della Alpecin-Deceuninck – dovremo pensare molto attentamente a come trascorrere l’inverno. Il cross non dovrebbe incidere negativamente sulla stagione delle classiche. Anche se vorrei sicuramente aggiungere questa sfumatura: a Mathieu piace ancora correre nel ciclocross».

In Belgio è di nuovo tempo di far festa. Con il Lombardia e le corse in Veneto che mandano in vacanza gli stradisti, da sabato a Beringen inizierà infatti la stagione del grande cross. I regolamenti dell’UCI, secondo cui la Coppa del mondo ha la precedenza su ogni altra challenge, hanno fatto riscrivere i calendari e portato spostamenti e cancellazioni. Nel Superprestige ad esempio è saltata la classica di Boom, che si arrende davanti alla data protetta della Coppa a Dublino.

La challenge UCI si svolgerà da fine novembre a fine gennaio con 12 gare: due in meno rispetto allo scorso anno. Debutterà ad Anversa il 24 novembre e proseguirà con appuntamenti internazionali come Dublino, Oristano e Benidorm. Non ci saranno invece Waterloo, Val di Sole (spostamento appunto in Sardegna) e Flamanville. Una delle novità di questa stagione saranno le doppiette, con gare il sabato e la domenica. Il 21-22 dicembre con Hulst e Zonhoven. Il 25-26 gennaio a Maasmechelen e Hoogerheide.

Il ritorno nel cross potrebbe dare a Van Aert la base per ripartire forte su strada
Il ritorno nel cross potrebbe dare a Van Aert la base per ripartire forte su strada

Uno sport delle Fiandre

Il calendario belga è ricchissimo: con le date del Trofeo X2O e con l’Exact Cross, non c’è fine settimana senza gare, senza tifosi e senza fiumi di birra. Eppure il manager di Van der Poel ha approfittato della presentazione della sua Crelan-Corendon per smarcare il cross dalla presenza dei grandi campioni e, al contempo, difenderlo da una pericolosa deriva internazionale.

«Non credo che il gravel sia una minaccia seria – ha detto a Het Nieuwsblad – perché il gravel è uno sport da fare, il ciclocross è uno sport per spettatori. Il gravel è interessante solo quando, come domenica scorsa ai mondiali di Leuven, ci sono le stelle alla partenza. Non è certamente una minaccia per il cross, non avrà mai la stessa visibilità. Però mi rendo conto che il nuovo calendario internazionale si preoccupi troppo di come possiamo migliorare il cross in altri Paesi. Io dico che innanzitutto dobbiamo assicurarci che continui a vivere nelle Fiandre, dove ha grande successo. Facciamo in modo di avere qui le date che servono. Il numero di gare trasmesse in diretta televisiva è la forza trainante dell’esistenza delle squadre professionistiche. In altri Paesi invece il cross ha vita dura a causa della mancanza di una diretta televisiva. Non ho alcun problema che la Coppa del mondo sia la classifica più importante, ma ci deve essere spazio per garantire che il ritorno per gli sponsor rimanga alto».

Uno degli astri nascenti è Tibau Nys, qui a Zonhoven lo scorso gennaio: guardate la folla sul percorso
Uno degli astri nascenti è Tibau Nys, qui a Zonhoven lo scorso gennaio: guardate la folla sul percorso

Fra cross e strada

Si fa fatica a capirlo se almeno una volta non si è stati lassù, anche solo per un weekend, immergendosi nell’atmosfera dei campi di gara. E’ un altro mondo. E’ un pubblico da stadio capace di stare per tutto il giorno lungo un anello di pochi chilometri per vederli passare, incitandoli a ogni passaggio. Pagando il biglietto. Pagando le consumazioni. Infiammandosi davanti a corridori che magari su strada non corrono e, quando lo fanno, vedono a stento l’arrivo. Non conta niente.

«Ci sono ancora molti corridori – dice ancora Roodhooft – che vincono gare o ottengono podi nel cross senza sudare sulla strada. E’ per loro che dobbiamo cercare di mantenere questo sport interessante. Meglio essere un atleta di successo nel cross, che un corridore qualsiasi su strada. Questo è più interessante dal punto di vista sportivo ed economico. E’ chiaro che per i produttori di biciclette il gravel sia più importante, perché ha molti più potenziali clienti: gli amatori che pedalano nel tempo libero. Ma il cross ha un modello economico diverso, basato sulla televisione e sugli spettatori paganti. Il fatto che possa essere incluso nel programma olimpico gli darebbe un’immagine diversa a livello internazionale. Ci sarebbe più interesse da parte dei corridori e più budget da parte delle federazioni e dei comitati olimpici. Ma non voglio nemmeno sopravvalutarne l’importanza. La mountain bike è diventata uno sport mondiale solo perché è nel calendario olimpico?».

Iserbyt è un riferimento del cross in Belgio, capace di 50 vittorie dal 2019, fra cui gli europei del 2020
Iserbyt è un riferimento del cross in Belgio, capace di 50 vittorie dal 2019, fra cui gli europei del 2020

Non di sole stelle

Richiesto infine ancora sul calendario di Van der Poel, Roodhooft ha aggiunto il suo punto di vista che, immancabilmente, dovrà fare i conti con l’estro e la voglia di vincere dell’olandese.

«Se domenica Mathieu ha detto che non lo sapeva ancora – dice – non ha mentito perché non ne abbiamo ancora discusso. La mia sensazione personale è che lo vedremo all’opera nel cross anche il prossimo inverno, ma sicuramente non gli imporremo nulla. Ci rendiamo anche conto che Mathieu è il simbolo di questo sport, ma ovunque inizi, ci si aspetta sempre qualcosa da lui. Penso anche che dovremmo avere il coraggio di guardare a questo sport in modo diverso. I cross con Mathieu e Van Aert sono uno spettacolo stellare. Ma se al via c’è solo uno dei due, spesso si ha la sensazione di guardare un criterium. Dobbiamo essere contenti dei corridori che sono presenti ogni settimana e non possiamo certo minimizzare la loro prestazione».

EDITORIALE / Pogacar un gigante, ma non perdiamo lo stupore

07.10.2024
5 min
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Il giorno dopo la vittoria di Pogacar al Giro dell’Emilia, Van der Poel ha vinto un’altra Roubaix, anche se questa volta si chiamava mondiale gravel. Una corsa piatta, più corta dell’Inferno del Nord, in cui l’olandese ha fatto valere la sua capacità illimitata di andare forte in pianura. Visto il livello dei rivali e la comodità della bici da fuoristrada, si capisce che Mathieu abbia avuto vita (quasi) facile nel lasciarsi dietro Florian Vermeersch a 13 chilometri dall’arrivo, con Stuyven ed Hermans vicini alla soglia dei 4 minuti. Ben altra fatica è costata la vittoria a Marianne Vos, che il giorno prima ha dovuto vedersela in un arrivo allo sprint con Lotte Kopecky.

La solitudine

Nel ciclismo dei fenomeni, la solitudine è un luogo spensierato in cui far valere la propria superiorità. E’ così da qualche anno a questa parte. Ne abbiamo avuto la conferma nella Roubaix dell’olandese e la riprova ai mondiali di Zurigo e poi a Bologna, dove Pogacar ha polverizzato le velleità dei rivali, prima ancora di polverizzarne la resistenza. Un post di Adriano Malori su Instagram rende perfettamente lo stato d’animo dei rivali al via.

«Immaginate di essere Evenepoel, Roglic, Pidcock. Siete alla partenza del Giro dell’Emilia e guardando verso destra, sulla linea di partenza, vedete questo personaggio qui fresco reduce da un mondiale dominato dopo la doppia corona Giro-Tour. A quel punto le alternative sono due: sperare in una sua foratura a 500 m dall’arrivo (500 m non prima se no fa in tempo a rientrare e vincere). Mandare tutti a quel paese, imprecando perché lui sia anche qui, ed entrare nella classica osteriaccia bolognese e finire la stagione a tagliatelle col ragù e sangiovese. Qualsiasi decisione uno prenda…lui vincerà lo stesso!!».

Evenepoel, Roglic e in mezzo Pogacar: con quale spirito gli altri due erano al via dell’Emilia?
Evenepoel, Roglic e in mezzo Pogacar: con quale spirito gli altri due erano al via dell’Emilia?

Il solo fenomeno

Il giorno dopo la Strade Bianche prendemmo parole per il titolo di un altro editoriale: «Il fenomeno è solo uno, si chiama Pogacar». Lo sloveno era alla prima corsa 2024 e se la aggiudicò con 81 chilometri di fuga solitaria. Sette mesi dopo, avuta la conferma del teorema di partenza, ci troviamo alle prese con un’imbarazzante sensazione di troppo. Non perché sia troppo il vincere dello sloveno o troppo il gap rispetto agli avversari. I numeri ipotizzati giorni fa con Pino Toni, sia pure con criterio empirico che potrebbe essere ridimensionato dalla realtà dei dati, mostrano che contro uno così c’è davvero poco da fare. Contro lui e anche qualcun altro della sua squadra. «Siamo all’Agostoni per vincere – diceva ieri mattina Roberto Damiani – e per fortuna Pogacar non c’è. Il guaio però è che ci sono Hirschi e Christen».

Quando lo svizzero ha vinto la corsa, quelle parole sono risuonate profetiche. Hirschi il prossimo anno andrà via con destinazione Tudor Pro Cycling. Sarà interessante vedere se il cambio di ambiente e di allenatori lo rallenterà o se continuerà in questa meravigliosa scia di vittorie. Il UAE Team Emirates è più che mai la squadra numero uno al mondo ed è così evidentemente in ogni suo comparto.

Strade Bianche, 81 chilometri di fuga e vittoria: il portentoso 2024 di Pogacar era iniziato così
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Tadej come Binda

Il senso del troppo di cui parlavamo poc’anzi si è riverberato in un pensiero forse poco sportivo durante la cavalcata di Pogacar sul San Luca: lo abbiamo trovato noioso, come se ormai lo stupore si stia affievolendo. Ammettiamo che il suo non essere italiano potrebbe aver contribuito a quella sensazione. Se al suo posto ci fosse stato Piganzoli, saremmo stati per tutto il tempo a incitarlo. Ma forse dopo un anno intero di Piganzoli solo al comando, da amanti del ciclismo e non tifosi di qualcuno in particolare, avremmo avuto la stessa reazione (Piga, tu intanto provaci, poi con la noia facciamo i conti!). E allora c’è venuto in mente quanto accadde con Binda nel 1930.

A causa della sua superiorità, il campione di Cittiglio fu pagato dagli organizzatori per non partecipare al Giro. Gli promisero 22.500 lire, una somma che copriva la vittoria finale più alcune tappe. Binda accettò e ottenne anche il permesso di partecipare ad alcuni circuiti contemporanei al Giro. Così con gli ingaggi raddoppiò la somma ottenuta per non partecipare. Poi andò al Tour, il primo per squadre nazionali, ma dopo una caduta e due tappe vinte, si ritirò. Quando gli fu chiesto il perché, disse che non aveva ancora ricevuto i soldi del Giro. Glieli diedero alla vigilia del mondiale di Liegi, che Binda ovviamente vinse.

Alfredo Binda, 5 Giri, 3 mondiali, 4 Lombardia, nel 1930 fu pagato per non correre il Giro (foto Wikipedia/Mondonico Collection)
Alfredo Binda, 5 Giri, 3 mondiali, 4 Lombardia, nel 1930 fu pagato per non correre il Giro (foto Wikipedia/Mondonico Collection)

La superiorità di Pogacar non ricorda quella di Merckx, cui tanti lo stanno accostando, quando piuttosto quella di Binda. Al giorno d’oggi pare che il Giro paghi i corridori perché vengano al Giro, non certo per lasciarli a casa. Pur continuando a pensare che il fenomeno sia solo lui, speriamo anche che i rivali, da Vingegaard a Evenepoel, passando per Van der Poel, Van Aert e Hirschi, trovino gli argomenti per avvicinarsi un po’. Altrimenti più che di strapotere, sentendoci come quelli cui non va mai bene niente, con una punta di bonaria invidia per gli amici sloveni, bisognerà iniziare a parlare di una simpatica dittatura.

Evenepoel ha deluso? Sì, no, forse. In Belgio si discute

01.10.2024
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ZURIGO (Svizzera) – Inutile dire che la folla di giornalisti arrivati in massa dal Belgio si aspettasse il duello tra il Remco baldanzolo della vigilia e il Pogacar venuto per conquistare la maglia che sognava da bambino. Il mondiale di Zurigo prometteva di essere il primo vero scontro al vertice in una grande classica, dopo la caduta di Pogacar nella Liegi vinta da Evenepoel nel 2023 e quella di Remco ai Baschi prima della Liegi vinta lo scorso aprile dallo sloveno.

Invece qualcosa non ha funzionato. E come pure lo scorso anno, vinta la cronometro su Ganna e Affini, Remco ha corso un mondiale sotto tono. Difficile dire se il motivo sia legato al recupero dopo gli sforzi della prova contro il tempo. Alle Olimpiadi, fra strada e pista c’erano comunque sette giorni e la cosa non gli ha creato troppi problemi. Oppure si potrebbe pensare semplicemente che nella prova su strada delle Olimpiadi non ci fosse Pogacar. Di certo però, Evenepoel visto a Parigi aveva un’altra sostanza rispetto a quello del mondiale.

Evenepoel e Alaphilippe, ritirato dopo 15 chilometri con la slogatura della spalla: Julian sarebbe stato un bell’ago della bilancia
Evenepoel e Alaphilippe, ritirato dopo 15 chilometri con la slogatura della spalla: Julian sarebbe stato un bell’ago della bilancia

L’attacco temuto

Sven Vanthourenhout, commissario tecnico uscente della nazionale belga, ha ammesso in un’intervista a Het Nieuwsblad di non essere rimasto troppo sorpreso per l’attacco di Pogacar al mondiale.

«L’ultima volta che Stuyven è venuto da me mentre la fuga con Laurens De Plus si stava allontanando – ha detto ripensando al mondiale – mi ha chiesto se avrebbero dovuto tirare. Gli ho detto di no, ma di stare attenti al tentativo successivo. Avevo visto che nella fuga non c’erano alcuni Paesi, soprattutto Olanda, Svizzera e Spagna. In teoria avrebbero dovuto tirare loro, invece non si muovevano. Allora ho pensato che avrebbero provato a scattare. E Tadej, con Tratnik là davanti, avrebbe potuto muoversi da solo. Infatti quindici minuti dopo ha attaccato e la sua mossa ci ha isolato. A quel punto infatti toccava a noi tirare, essendo dietro con Evenepoel. Eppure non pensavo che la gara fosse già chiusa e di fatto non lo è stata sino alla fine. Tadej non ha staccato il gruppo per due minuti. Ma quel momento è stato decisivo».

Quinten Hermans tira il gruppo alle spalle di Pogacar. Dietro ha Tjesi Benoot, ma il vantaggio non decresce
Quinten Hermans tira il gruppo alle spalle di Pogacar. Dietro ha Tjesi Benoot, ma il vantaggio non decresce

Un tentato suicidio

Evenepoel ha deluso? Fra coloro che avrebbero potuto fare di più, il belga era annunciato come l’unica possibile alternativa a Pogacar. Invece alla resa dei conti è mancato, facendo capire sin dal momento dello scatto di Pogacar di non avere le gambe e di conseguenza l’ardire per seguirlo. Volete che il miglior Evenepoel non si sarebbe divertito ad accettare quella sfida?

«Forse è così – ha spiegato il campione olimpico di Parigi – forse anche no. A 100 chilometri dal traguardo bisogna essere onesti… Ho pensato che fosse un tentativo di suicidio. Ovviamente l’ho visto andarsene. Ero accanto a Van der Poel e abbiamo avuto entrambi la sensazione che fosse una mossa folle. Sicuramente avevo le gambe per scattare e l’ho dimostrato più avanti nella gara. Ma pensavamo che fosse ancora troppo lontano. Finirà che l’anno prossimo attaccheremo a 200 chilometri dal traguardo. Sono deluso? No, sono campione olimpico. L’argento o il bronzo sarebbero stati una bella medaglia, ma alla fine non sarebbe cambiato molto per la mia carriera. Tadej è stato eccezionale, ma un mondiale l’ho già vinto e l’anno prossimo ci sarà un’altra possibilità».

Evenepoel ha provato qualche scatto, ma non incisivo come quello di Pogacar. Tanto che non ha staccato nessuno
Evenepoel ha provato qualche scatto, ma non incisivo come quello di Pogacar. Tanto che non ha staccato nessuno

Le gambe di Remco

Vanthourenhout prosegue nella sua disamina e conferma che, al netto del grande lavoro dei belgi, il capitano non sia stato nella sua giornata migliore.

«A un giro dalla fine sono andato accanto a Remco – ha raccontato – e non ho dovuto dire niente. Ho capito subito che era finita. Non penso che avesse le super gambe che voleva. Non c’è niente di sbagliato in questo, ma si è capito che a quel punto la gara fosse chiusa. Sarebbe stato meglio se Remco fosse andato con Pogacar, ma mancavano comunque più di cento chilometri. E comprensibile che non abbia risposto subito. Avevamo una buona squadra, venuta per vincere. Tutti hanno cercato di fare la loro parte, alcuni hanno avuto una giornata migliore di altri. E alla fine siamo finiti quinti. Per vincere, Remco doveva essere al 100 per cento e non credo che sia stato così. Eppure ugualmente, anche con questo scenario alla fine avrebbe potuto vincere il mondiale».

Dopo l’arrivo con Van der Poel, Evenepoel ricorda il momento in cui Pogacar è andato via
Dopo l’arrivo con Van der Poel, Evenepoel ricorda il momento in cui Pogacar è andato via

Un mondiale estenuante

Al netto di definire la percentuale di forma di Evenepoel, quel che resta è lo stupore per il gesto di Pogacar, che ha sorpreso per coraggio e intensità. Va anche bene che nessuno lo abbia seguito sul momento, ma ha colpito che ogni tentativo di inseguimento sia naufragato.

«E’ speciale – ha concluso Evenepoel – davvero unico che sia partito a 100 chilometri dal traguardo. Noi eravamo completamente in fila dietro di lui, ma alla fine ci siamo avvicinati solo un po’. Anch’io avevo buone sensazioni, ma è stato un mondiale massacrante, molto difficile. Questo è tutto quello che potevo fare. A quattro o cinque giri dalla fine abbiamo iniziato a spegnerci, giro dopo giro. Ma non ho niente di cui lamentarmi. De Plus era in fuga ed è stato grandioso. Poi Wellens e Van Gils hanno provato a ridurre le distanze e poi ho iniziato a muovermi anche io. Quindi è iniziata una fase di scatti e momenti di stanca. Solo alla fine c’è stata un po’ di collaborazione e in volata più di così non potevo fare».

Stamattina in una riunione tecnica, la Soudal-Quick Step deciderà se Evenepoel correrà le prossime gare italiane. Lui avrebbe voglia e non a caso dopo il mondiale ha parlato di Emilia, Bernocchi, Tre Valli e Lombardia. Ma ancora i programmi sono sub judice. «E’ stata una stagione lunga e difficile, quindi sono un po’ stanco di allenarmi. E’ meglio correre ancora un po’. E poi concedersi un bel periodo di riposo».

Intanto in Belgio si sfoglia la margherita per trovare il successore di Sven Vanthourenhout. E pare che Philippe Gilbert avrebbe fatto sapere alla Federazione di essere interessato all’incarico.

L’omaggio di Van der Poel al re di Zurigo (e del mondo)

30.09.2024
4 min
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ZURIGO (Svizzera) – Col suo berretto arancione in testa, Mathieu Van der Poel ha salutato i mondiali di Zurigo di ottimo umore. Lo davano tutti così spacciato sull’impegnativo circuito elvetico, che vederlo al terzo posto dietro Pogacar e un altro scalatore come O’Connor dà l’idea di una vera impresa. In proporzione paragonabile a quella dello sloveno nel cogliere l’iride.

«Che cosa ho detto a Tadej – dice Mathieu – dopo che gli ho fatto i complimenti? Gli ho detto che è un pazzo e che non credevo sarebbe arrivato. Ma per me è sempre bello quando il corridore più forte diventa campione del mondo e quest’anno il più forte è lui».

I due sono amici, perlomeno ottimi conoscenti. Fece scalpore la dichiarazione, vinta l’Amstel Gold Race del 2023, in cui lo sloveno ringraziava l’olandese per avergli indicato il punto in cui attaccare. Nulla di disdicevole, tantopiù che pochi giorni prima, al Fiandre, Pogacar lo aveva stracciato senza troppi complimenti. Van der Poel era lì quando Pogacar ha attaccato. Eppure, nonostante lo conosca così bene, ha pensato che l’altro fosse davvero impazzito.

L’iridato uscente al foglio firma: un saluto al pubblico e poi di nuovo nella mischia
L’iridato uscente al foglio firma: un saluto al pubblico e poi di nuovo nella mischia
Che cosa hai pensato?

Che non fosse il momento giusto, che fosse un attacco dettato dal panico, invece lui ha provato nuovamente quanto è forte. Dopo la sua vittoria del Fiandre dissi che era cominciata l’era di Pogacar, ora inizio a pensare che durerà a lungo (sorride, ndr).

Nel momento del suo attacco, sei stato inquadrato mentre parlavi con Evenepoel. Che cosa vi siete detti?

GlI ho detto che Tadej stava buttando via l’occasione di vincere il mondiale. Pensavo che lo avremmo ripreso e lui si sarebbe bruciato, ma mi sbagliavo.

Dicevano tutti che il percorso fosse troppo duro per te…

Invece ho fatto una buona preparazione e ho tirato fuori la miglior performance di sempre in salita. Posso essere molto contento di questo terzo posto, sono molto soddisfatto. Ma penso che quest’anno Pogacar sia più forte che mai e dopo la stagione che ha fatto merita di aver vinto. Penso che sarà un bel campione del mondo da seguire in ogni corsa che farà.

Van der Poel ha lottato per una medaglia, mostrando grossi passi avanti in salita
Van der Poel ha lottato per una medaglia, mostrando grossi passi avanti in salita
Terzo su questo percorso significa che puoi puntare anche a classiche più dure?

Questa è la mia idea e non è per caso che abbia provato a dimagrire di un po’. Non mi vedo a fare classifica nelle corse a tappe, mentre in futuro potrei mettere nel mirino la Liegi oppure il Lombardia. Intanto nel prossimo weekend farò il mondiale gravel, sul resto e sul fatto che arriverò al Lombardia ci sono solo voci e non so chi le abbia messe in giro.

Tadej è partito e non hai provato ad andargli dietro: perché?

Ero molto concentrato sul prendere una medaglia, facendo quindi la mia corsa. L’ho visto partire e da quel momento l’obiettivo è diventato salvare più energie possibili. Non pensavo che fosse in controllo, credevo più in un grosso rischio. Credevo che il Belgio avrebbe chiuso il gap e che avremmo potuto giocarcela ancora. Ho visto il distacco scendere fino a 36 secondi e abbiamo pensato tutti che la sua fuga fosse finita. Invece ha accelerato ed è tornato a 45 secondi. In ogni caso non rispondere è stata la scelta vincente.

Alla fine il terzo posto lo premia e gli fa capire di avere magine anche in classiche più impegnative
Alla fine il terzo posto lo premia e gli fa capire di avere magine anche in classiche più impegnative
Credi davvero che sarà un buon campione del mondo?

Ne sono certo, saprà cosa fare. Io mi sono divertito a portare la maglia iridata anche per più di un anno. Non dimenticherò mai il tempo da campione del mondo. Sarà per sempre un ricordo della mia carriera. Così come lo sarà questa corsa. Credevo fosse partito con l’ossessione della vittoria in corso, invece semplicemente aveva ancora tanto da dare.

Van der Poel si nasconde. Poche gambe o pretattica?

28.09.2024
4 min
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WETZIKON (Svizzera) – All’appello mancava il campione del mondo. Invocato, indicato, suggerito da alcuni come possibile favorito, mentre altri lo danno per spacciato su un percorso per lui troppo severo. Scherzando, ieri Evenepoel ha rammentato di un allenamento insieme a Van der Poel sulle strade spagnole, in cui avrebbe tirato il collo al rivale/amico olandese. La salita, un certo tipo di salita non gli è amica. Mathieu lo sa, i rivali lo sanno. E forti di questa consapevolezza tutti si affacciano sulla vigilia della sfida.

«Intanto io un mondiale l’ho vinto – ha detto ieri sera – e penso sia stato un privilegio. Questo era in ogni caso un obiettivo che volevo raggiungere nella mia carriera e che sicuramente dà tranquillità. Quanto a domenica, siamo sempre in attesa di capire se avrò la super giornata».

In casa Olanda c’è chi scalpita anche fra le donne: Demi Vollering è impaziente
In casa Olanda c’è chi scalpita anche fra le donne: Demi Vollering è impaziente
Definisci la super giornata: a Glasgow ne hai avuta una?

Non so se la mia forma sia paragonabile a quella dello scorso anno. E’ difficile da dire. In quel momento stavo uscendo dal Tour de France e non vedevo davvero l’ora che arrivasse quel grande giorno. Ora ho un atteggiamento leggermente diverso, lo stesso cui sono più abituato quando si tratta delle classiche. So che sto andando bene, ma resta da vedere se avrò davvero una bella giornata.

Credi che Evenepoel e Pogacar ti permetteranno di entrare facilmente in corsa?

Non credo che si guarderanno troppo, ma di certo faranno corsa parallela. Molte nazionali cercheranno di anticipare e proveranno a isolare sia Evenepoel che Pogacar. Se lo farò anche io? Dipende dalle gambe, dall’andamento della gara e da quanto sono forti i team che cercheranno di controllare. Anticipare deve avere senso, non serve a niente correre con trenta secondi di vantaggio sul gruppo. Alcune gare in questi giorni, anche gli under 23 hanno dimostrato che è un modo di correre che ti svuota e ti punisce.

Dopo le Olimpiadi, Van der Poel è tornato ad allenarsi in Spagna, preparando il rientro al Renewi Tour
Dopo le Olimpiadi, Van der Poel è tornato ad allenarsi in Spagna, preparando il rientro al Renewi Tour (foto Instagram)
Due giorni fa Pogacar ha fatto un riferimento al tuo peso, dicendo che avresti perso un chilo e mezzo per andare forte qui…

Quanto sono più leggero? Non lo so esattamente. Dalle Olimpiadi ho iniziato a mangiare un po’ meno. In primavera non guardo quasi nulla, ovviamente mangio sano, ma presto meno attenzione alle porzioni. Ora ci sono stato più attento.

Hai detto che aver vinto il mondiale è stato un privilegio: credi che tutti possano meritarlo?

Con la maglia iridata mi sono divertito. Il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix sono ricordi sicuramente speciali. Chi vorrei che vincesse domenica? Remco e Tadej sarebbero dei bellissimi campioni del mondo. Se guardi la loro stagione, se lo meriterebbero davvero. Ma diventare campione del mondo non è facile. E i giri che abbiamo fatto sul percorso hanno confermato che sarà molto dura.

Hai cambiato idea dopo aver visto il percorso?

Forse in parte sì. Sarà molto dura, lo ripeto e lo sapevo già prima della ricognizione. Ora però ne ho avuto la conferma. E’ possibile vincere contro uno come Pogacar? Sì, è sempre possibile. Magari non per me, ma per altri ragazzi. Se tutti dovessero andare in partenza con l’idea che Tadej ha vinto comunque, tanto varrebbe regalargli subito la maglia iridata.

Di più non dice. La sensazione è che in cuor suo avrebbe voglia di fargliela vedere, ma sappia anche di non avere la condizione dei momenti migliori. L’estate non è stata la sua stagione migliore. Chiuse le classiche con il Fiandre e la Roubaix, dal Tour in avanti non c’è stato un solo giorno in cui Mathieu sia sembrato Van der Poel. La vittoria nella prima tappa del Lussemburgo potrebbe essere l’eccezione che conferma la regola o il segnale dell’atteso risveglio. Il percorso di Zurigo non farà certo sconti.