Una stagione sempre a tutta, saltando da una bici all’altra. Perché nella carriera di Puck Pieterse nulla è normale. Diciamoci la verità: nessuna è ciclista come la 22enne di Amersfoort, che dal ciclocross passa alla strada, poi alla mtb, poi al gravel, con un denominatore comune: vincere. Quest’anno ha vinto il titolo mondiale nella mtb insieme a quello europeo e a 3 successi in Coppa del Mondo (di cui 2 nello short track), 3 tappe di Coppa nel ciclocross con il bronzo iridato, una tappa al Tour de France su strada e il 4° posto ai mondiali gravel.
Tra tante discipline proprio la strada è risultata quella più penalizzata, con poche apparizioni che hanno però dimostrato chiaramente come abbia mezzi straordinari che possono portarla a emergere, tanto da chiudere alle porte della Top 10 nella Grande Boucle pur con una preparazione specifica quanto mai sommaria. Ora però l’olandese è di fronte a un bivio: in apertura di quadriennio olimpico, come orientarsi?
Dopo una stagione così stressante ha avuto bisogno di un po’ di tempo per rilassarsi e riflettere, chiudendo i ponti con tutti, ma poi, prima di tornare in sella e iniziare la preparazione, ha accettato di sottoporsi a una serie di domande, senza nascondere nulla.
Sei forse la più poliedrica fra le cicliste internazionali: fra ciclocross, strada, mtb, gravel qual è la disciplina che ti piace di più?
È davvero difficile scegliere. Mi vedo più come una ciclista in generale, senza distinzioni. Magari con un focus su mountain bike e ciclocross che per ora mi si addicono di più. La mountain bike è quella che mi ha dato i migliori risultati, ma per ora. E’ una lotta serrata tra tutte e devo dire che fare gravel è stato sicuramente divertente, ma penso che non ci sia abbastanza tempo nella stagione per farne molto di più di quanto ho fatto l’anno scorso.
Hai vissuto una stagione lunghissima e ricca di soddisfazioni: qual è stata la più grande?
Sicuramente ai campionati del mondo di mtb ad Andorra. E’ stato davvero speciale vincere quella maglia iridata. Ma nel cuore porterò sempre le emozioni vissute alle Olimpiadi. Quella è stata l’esperienza più grande da provare.
Su strada hai potuto gareggiare solo per 17 giorni ma con una costanza di risultati eccezionale: che cosa hai appreso dalla tua esperienza su strada?
E’ una specialità completamente diversa dalle altre. Ho capito che serve essere un po’ più paziente, non giocare troppo con la mia potenza all’inizio della gara. Lasciare che anche gli altri facciano un po’ di lavoro. Mi rendo conto che ho ancora molto da imparare perché su strada bisogna dosare le proprie energie, sfruttare i momenti giusti, non si va sempre a tutta. Bisogna saper guidare, sfruttare il lavoro degli altri, conservare sempre un po’ di energia per un potenziale sprint.
Nel 2025 quali discipline farai oltre alla strada?
Non cambierà molto rispetto al 2024, penso di combinare di nuovo mountain bike, ciclocross e strada, quindi inizierò l’anno 2025 con il ciclocross, poi alcuni giri in bici su strada, in seguito mi dedicherò alle classiche primaverili e poi tornerò alla mountain bike per il resto della stagione con probabilmente il Tour de France nel mezzo. E’ una formula che in fin dei conti mi ha portato bene, perché cambiare?
Quanto è importante essere in un team come la Fenix Deceuninck che permette di fare altre specialità? Non è una cosa comune in tutti i team WorldTour…
Sì, e penso che il “rimescolamento” sia davvero uno dei segni distintivi di questa squadra. È davvero bello poter fare tre discipline diverse e come anche loro supportino davvero questa scelta originale, per me come per altri. Come se conoscessero le mie ambizioni e volessero davvero aiutarmi nell’ottenere i miei obiettivi e questo mi dà molta libertà e meno pressione. In altri team so che non è così. Per me è qualcosa di speciale, che funziona, che mi dà stimoli di cui ho bisogno. Loro hanno un background diverso, interpretano il ciclismo in maniera globale, apprezzano che i loro corridori facciano più discipline.
Nel 2025 ci si attende molto da te, soprattutto nelle Classiche del Nord: quali sono quelle che si addicono più alle tue caratteristiche?
Non so ancora quale mi si addice di più perché ho conosciuto solo quelle delle Fiandre, credo che per dare una risposta compiuta ho bisogno di fare più esperienza. Sicuramente mi sono trovata bene nelle prove che ho disputato, finire sesta al Giro delle Fiandre non è cosa da poco. Forse il percorso della Liegi mi si addice di più con salite più lunghe, ma non troppo perché per durata e intensità ricordano molto gli sforzi che si compiono in un cross country. Io mi ritengo abbastanza uno scalatore, quindi dovrebbe essere un tracciato che mi si adatta bene.
Ti vedi più forte nelle corse d’un giorno o anche nei grandi giri?
Finora ho fatto solo un grande giro, quindi non so cosa mi riserverà il futuro, ma ho capito che per competere al più alto livello in quel tipo di corse bisogna concentrarsi solo su quello. Quindi adattare alcune cose in allenamento e prepararmi di conseguenza. Ma penso che è sicuramente possibile per le mie caratteristiche emergere in una grande corsa a tappe. Per ora e penso anche per i prossimi anni mi concentrerò sulle gare di un giorno per fare davvero bene lì.
Anche tua sorella Isa corre su strada e nel ciclocross: chi ha influenzato l’altra e anche lei seguirà le tue orme approdando nel WorldTour?
In realtà abbiamo iniziato un po’ nello stesso periodo, pedalando nella foresta con mio padre quando eravamo ragazzine. Così ci siamo iscritte al club ciclistico locale. Io ho iniziato prima a competere, ma anche lei vuole farlo. Anche se ha due anni più di me, ma ci alleniamo spesso insieme. E già il fatto che se ne parli mi fa piacere… Lei comunque ha altri obiettivi, lavora per diventare un agente immobiliare. Quindi per lei il ciclismo è più una seconda attività.
Quanto ti ha fatto male perdere il podio olimpico per pochi secondi dopo essere stata protagonista per tutta la gara?
È stato un peccato, ovviamente e quel quarto posto mi ha fatto male. Ma non posso farci niente ora. Cose del genere succedono, fanno parte dello sport. E ovviamente fanno male, soprattutto quando è una gara così importante. Ma devi solo guardare avanti e prendere gli aspetti positivi. Infatti avevo una grande condizione per il Tour de France e ho potuto sfruttarla.
Nel ciclocross stanno un po’ mancando le emozioni delle tue sfide con la Van Empel: quando vi rivedremo a confronto?
Penso che la prima volta che ci incontreremo sarà a Namur, il 15 dicembre. Quella tappa di Coppa del Mondo è una gara piuttosto prestigiosa e difficile da fare, con un bel po’ di salita. Quindi non vedo l’ora di affrontare lei e le altre, anche Ceylin e Lucinda (Alvarado e Brand, ndr) che sono super forti in questo periodo. Essere parte di quella battaglia sarebbe già molto bello.
Pensi sia possibile ripetere il record della Ferrand Prevot, iridata nello stesso periodo in 3 discipline diverse?
Io dico di sì, già quest’anno, tuttavia va considerato che sono ancora Under 23, quindi sarà un po’ più facile o una versione in miniatura di quello che Pauline ha fatto qualche anno fa, ma è sicuramente un obiettivo interessante a cui pensare. Ed è nella mia mente che forse un giorno potrò riuscirci e magari fare anche meglio aggiungendo il gravel, ma penso che affinché accada qualcosa del genere, devi essere anche fortunata durante i campionati. Come si è visto per me alle Olimpiadi basta un nulla che cambia tutto.