Quando il 4 marzo dello scorso anno scrivemmo che il fenomeno è uno solo e si chiama Pogacar, il mondo dei social insorse con una certa veemenza. Le pagine erano ancora tutte aperte. Lo sloveno aveva perso il Tour dell’anno precedente, ma aveva vinto il Lombardia e dominato la Strade Bianche. Il 2024 era ancora da venire, nessuno sapeva ancora che avrebbe vinto il Giro e il Tour, la Liegi, il mondiale e ancora il Lombardia. Eppure c’era qualcosa nel suo modo di correre che ispirava quella considerazione.
Sarebbe più facile scriverlo ora e pochi storcerebbero il naso. Vingegaard e Van Aert sembrano persi dietro le loro fragilità e le sfortune: vittime come tutta la squadra di un imprevedibile contrappasso dopo le meraviglie del 2022-2023. Solo Roglic si è salvato andando via, ma ha scelto prudentemente di stare alla larga dalle scene più grandi. Primoz si è scavato una nicchia e ci sta bene dentro. Infine Van der Poel sa di dover essere perfetto per sperare di giocarsela. Lo ha fatto bene alla Sanremo, vedremo se gli basterà al Fiandre.
Fenomeni spariti: dopo due anni stellari, il duo Vingegaard-Van Aert si è smarrito. Che cosa è successo alla Visma?Fenomeni spariti: dopo due anni stellari, il duo Vingegaard-Van Aert si è smarrito. Che cosa è successo alla Visma?
Tra gambe e cervello
Pogacar è un fenomeno e quando si tratta di imporre la sua forza, per gli altri non c’è partita. Diverso forse se si tratta di ragionare, come alla Sanremo. Anche quel giorno scrivemmo che, malgrado la sconfitta, fu un capolavoro di Tadej e ci sentiamo di sottoscriverlo. Senza di lui non ci sarebbe stata tanta selezione. Ma siamo certi che Pogacar abbia fatto tutto quello che serviva per vincere? Non si può sempre pensare di staccare tutti, anche se finora ha dimostrato di saperlo fare abbastanza agevolmente. Siamo certi che l’unico modo per passare di là dal muro sia sfondarlo e non girarci attorno? Chi lo guida ha provato a spiegargli come si gestisce un finale a tre in cui ci sia “solo” da fare una volata?
Il fenomeno Pogacar è sostenuto dai percorsi che negli ultimi anni sono stati resi estremamente più duri. E’ chiaro che quando il dislivello delle corse si attesta stabilmente sopra i 2.500 metri, lui trova tutti gli spazi per fare la differenza. Del resto, basta guardare cosa ha fatto ieri Pedersen con 1.349 metri di dislivello della Gand-Wevelgem: quando il motore è superiore a tutti gli altri, basta un piccolo Kemmelberg per fare il vuoto.
Fiandre 2022, Pogacar si perde in volata e fa 4°. L’anno dopo vincerà per distaccoFiandre 2022, Pogacar si perde in volata e fa 4°. L’anno dopo vincerà per distacco
L’attesa di Roubaix
Ma ieri Pedersen era da solo: non è stato facile, non vogliamo dire questo, ma ormai si può scrivere alla vigilia chi ci sarà in finale. E se in finale con lui ci fossero stati Ganna, Pogacar e Van der Poel, forse Mads avrebbe vinto lo stesso, mentre non siamo certi che ci sarebbe riuscito Pogacar. Lo abbiamo visto lo scorso anno. Pedersen infilzò Van der Poel nella volata a due, mentre abbiamo toccato con mano che nelle volate ristrette delle classiche anche il fenomeno Pogacar tende a perdersi.
Perché tutto questo? Perché siamo certi che al Fiandre, Pogacar potrebbe staccare nuovamente tutti e fare l’inchino sul traguardo. Come siamo certi che lo stesso copione potrebbe ripetersi alla Roubaix, se il suo livello di forze sarà così più evidentemente superiore a quello degli altri. Ma il 13 aprile, sulle pietre francesi, il dislivello non sarà il fattore principale e con Pogacar nel velodromo potrebbero presentarsi Van der Poel, Philipsen, Ganna e Van Aert e il finale non sarà più così scontato. Allora vedremo se Pogacar avrà capito che il muro non si può sempre abbattere. Dovrà mostrare astuzia oltre che forza. E a ben vedere tutto questo è ciò che renderà la sfida di Roubaix la più bella di tutte. Al pari della Sanremo, ma per un tratto molto più lungo e polveroso.
P.S. E’ appena arrivato il comunicato con cui l’UCI accontenta gli organizzatori aggiungendo una terza wild card ai Grandi Giri e rende più elastica la collocazione dei rifornimenti durante le gare. Un doppio gesto di buon senso, soprattutto il secondo. Avevamo segnalato il malfunzionamento del sistema adottato, resta solo una domanda: perché fare regole senza coinvolgere chi poi dovrà applicarle?
Prima resiste agli attacchi di Pogacar (che cade), poi Jonas Vingegaard e la sua squadra stritolano il rivale. Vittoria a Hautacam, grazie a super Van Aert
Che faccia ha un corridore che progetta l’impresa sin dalla partenza? Nel mattino di Gand, Mads Pedersen è parso di poche paroleben più del solito. Il gioco di luci e ombre sul volto ne scolpiva l’espressione che il fotografo è stato bravo a cogliere prima che il gruppo variopinto prendesse la via della campagna. Mancavano 250 chilometri a Wevelgem e quando infine l’ha raggiunta, vincendo la corsa per tre volte come pochi giganti prima di lui, il danese della Lidl-Trek è entrato nella storia.
Dopo l’arrivo è senza parole, neppure lui pensava che gli venisse così bene. Una vittoria come Van der Poel o Pogacar, una vittoria da campione che ne ha più di tutti gli altri.
«Non mi sarei mai aspettato di farlo in questo modo – dice appena ha avuto il tempo di riprendere fiato e rendersi conto – volevo mettere alla prova le mie gambe sul pavé. Quando ho attaccato da solo sul Kemmelberg con più di 50 chilometri da percorrere, ho pensato di aver scoperto le carte troppo presto, ma fortunatamente sono riuscito a resistere. Alla fine (ride, ndr) si è rivelata la decisione giusta».
Alla firma di partenza, Pedersen è parso subito determinato a cogliere la grande occasioneSi corre dove un tempo si è combattuto. I cimiteri della Seconda Guerra Mondiale si susseguonoAlla firma di partenza, Pedersen è parso subito determinato a cogliere la grande occasioneSi corre dove un tempo si è combattuto. I cimiteri della Seconda Guerra Mondiale si susseguono
Il ferro finché è caldo
Nessuno ha dimenticato com’era finita lo scorso anno, quando Mads giocò da furbo nella volata a due e fece cadere nella trappola nientemeno che Van der Poel. L’olandese venerdì ha fatto la sua recita ad Harelbeke e poi si è ritirato… nelle sue stanze, aspettando il Fiandre e la Roubaix. Imitarlo non avrebbe avuto senso, deve aver pensato Pedersen. Se corri solo quando ci sono lui e Pogacar, non vinci. Allora è meglio battere il ferro finché è caldo e dare soddisfazione a una gamba così buona, come quella con cui Mads è uscito dalla Parigi-Nizza.
«Un monumento come il Fiandre – spiega – è una gara completamente diversa e ci sono altri due top rider al via (ridendo, ndr). Uno di loro due giorni fa mi ha staccato sull’Oude Kwaremont, ma questa vittoria sicuramente mi dà la carica. Non andrò al Fiandre rassegnato. Aver vinto di nuovo qui significa molto. Stamattina mi avevano detto che potevo diventare un detentore del record. E’ un onore essere nella lista accanto a Merckx e Boonen».
Mancano 56 chilometri al traguardo, quando Pedersen attacca sul KemmelbergUn’azione lunghissima quella di Pedersen, in qualche modo anticipata da quanto di buono si era visto alla Parigi-NizzaMancano 56 chilometri al traguardo, quando Pedersen attacca sul KemmelbergUn’azione lunghissima quella di Pedersen, in qualche modo anticipata da quanto di buono si era visto alla Parigi-Nizza
La paura del gruppo
Oltre a Pedersen, altri sei corridori hanno vinto tre volte la Gand-Wevelgem. Prima di lui (che l’aveva già vinta nel 2020 e 2024), ci sono stati Boonen, Sagan, Cipollini, Merckx, Van Looy e Van Eenaeme, con la sensazione che Pedersen potrebbe anche lasciarseli alle spalle, dati i suoi 29 anni e la consapevolezza che cresce stagione dopo stagione. Eppure per qualche istante, anche il gelido Mads ha avuto paura di non farcela.
«Sapevo dalle edizioni precedenti – spiega – che negli ultimi dieci chilometri il gruppo può essere più veloce dell’attaccante, quindi non ero molto sicuro di avercela fatta. Solo negli ultimi 5 chilometri ho creduto che avrei portato a termine il compito. Forse sono nella mia migliore forma di sempre».
In realtà il suo vantaggio non è mai sceso in modo per lui rischioso. Pedersen è parso in controllo e spinta sempre efficaci. Del resto se ad Harelbeke il solo cui si è inchinato è stato il prodigioso Van der Poel del Qwaremont, senza Mathieu tra i piedi chi avrebbe potuto fermarlo?
Ancora una volta la Lidl-Trek si riserva due posti sul podioNella volata per il secondo posto, Milan è partito troppo lungo e Merlier lo ha infilzatoAncora una volta la Lidl-Trek si riserva due posti sul podioNella volata per il secondo posto, Milan è partito troppo lungo e Merlier lo ha infilzato
Van Aert fa le prove
Il terzo posto di Jonathan Milan mette ancora una volta un italiano sul podio, con Ballerini sesto a fargli compagnia fra i primi 10. Il friulano ha raccontato che la Lidl-Trek è partita con l’idea di vivere un bel giorno, consapevole di avere più carte da giocare. Ha ammesso di essere uscito troppo presto nella volata e che il Fiandre potrebbe essere una sfida proibitiva, mentre la Roubaix per lui è la corsa più speciale, nonostante non l’abbia mai conclusa.
Il Fiandre è per tutti o quasi un argomento tabù. Contro i giganti servirà un miracolo per guadagnarsi un posto al sole, al punto che sui media belgi si è dato grande risalto al lavoro svolto proprio oggi da Wout Van Aert. Mentre Pedersen vinceva la Gand-Wevelgem e nonostante gli avessero suggerito di parteciparvi a sua volta, il belga della Visma-Lease a Bike ha completato una simulazione di gara, con un allenamento di oltre 140 chilometri a 42,800 di media.
Pedersen lo incontrerà mercoledì alla Dwars door Vlaanderen di Waregem, la gara che lo scorso anno vide la caduta disastrosa e il ritiro di Van Aert. Pogacar, Van der Poel e Ganna non ci saranno. Per rivederli ci sarà da attendere un’altra domenica. La prossima.
Poco dopo le 16 ad Harelbeke ha iniziato a piovere. Van der Poel era già da solo e ha avuto un sussulto in una curva a destra, quando ha sterzato sull’asfalto liscio ed ha rischiato di cadere. E’ riuscito a correggere la traiettoria salendo sul marciapiede grazie alla sua tecnica. La sua fuga solitaria di 39 chilometri, iniziata sul Vecchio Qwaremont è stata la seconda più lunga nella storia del GP E3. Il record era già il suo e risaliva allo scorso anno con 47,3 chilometri da solo fino al traguardo. Cancellara aveva percorso 35 chilometri da solo nel 2013, mentre al quarto posto c’era Terpstra con i 30 chilometri del 2018.
«Sono molto felice di questa vittoria – ha detto Van der Poel – con la squadra abbiamo avuto una gara dura. Dopo la rottura nel gruppo dovuta alla caduta iniziale, abbiamo dovuto inseguire. Alcune squadre hanno ritenuto necessario approfittare di quella caduta, le squadre che normalmente non corrono in testa e secondo me è stato un po’ antisportivo. Non è necessario comportarsi così dopo una caduta che avviene presto, ma alla fine siamo usciti vincitori. Devo ringraziare i miei compagni di squadra per il fantastico lavoro che hanno fatto. Ero molto motivato a vincere. Mi sono sentito anche un po’ obbligato nei loro confronti. Sono andato davvero a fondo e fortunatamente sono riuscito a premiarli con la vittoria».
Mads Pedersen ha mostrato una grande condizione, in tabella per la Gand-Wevelgm già vinta nel 2024Van Aert era al rientro dopo l’altura, è parso imballato ed è uscito presto dal vivo della corsaMads Pedersen ha mostrato una grande condizione, in tabella per la Gand-Wevelgm già vinta nel 2024Van Aert era al rientro dopo l’altura, è parso imballato ed è uscito presto dal vivo della corsa
La selezione sul Qwaremont
Ad avviare le danze ha provveduto Mads Pedersen, che ha portato con sé Van der Poel e nella loro scia si è mosso Filippo Ganna. Davanti c’erano già Aimé De Gendt e Casper Pedersen, ripresi e ben contenti di proseguire con i tre contrattaccanti. Nel giro di circa 20 chilometri, dopo il Boigneberg e l’Eikenberg, il gruppetto così composto aveva già raggiunto un vantaggio di due minuti sugli inseguitori. Van Aert, intrappolato nelle retrovie, ha provato a dare slancio alla testa del gruppo, ma non è servito a molto. La sua corsa è finita così.
«Negli ultimi anni – prosegue Van der Poel – la corsa non si era mai decisa sul Traaiberg, ma con Ganna e un Pedersen impressionante siamo riusciti a prendere il largo. Il suo attacco è stato davvero forte e ha dato alla gara la piega decisiva. A quel punto ho deciso di fare selezione sul Vecchio Qwaremont, ma non volevo necessariamente stare da solo, perché proprio come l’anno scorso il vento era trasversale. Mancava ancora tanto al traguardo, ma sapevo che sarebbe stata una bella vittoria. Di cosa ho parlato con Christoph Roodhooft in ammiraglia la mia solitaria? Ho fatto una battuta sulla giornata e lui ha cercato di motivarmi, perché il traguardo era molto lontano».
Ganna ha tenuto duro su tutti i muri, cedendo solo sul Vecchio QwaremontVan der Poel e Ganna, una scena già vista alla Sanremo, ma Pippo c’èGanna ha tenuto duro su tutti i muri, cedendo solo sul Vecchio QwaremontVan der Poel e Ganna, una scena già vista alla Sanremo, ma Pippo c’è
Il quarto Fiandre
Ganna ha stretto i denti su ogni muro, è tornato sotto dopo ogni attacco ed ha alzato bandiera bianca appena prima di Pedersen quando Van der Poel ha forzato i tempi sul Qwaremont. Impossibile stare dietro una furia come l’olandese, anche per il Pedersen potente di questo giorno di fine marzo. E se Van der Poel ha fatto sapere che salterà la Gand di domenica, adesso i riflettori si spostano sul Giro delle Fiandre.
«Non sto lavorando specificatamente al quarto Giro delle Fiandre – ha spiegato Van der Poel – ma è una gara su cui cerco sempre di lavorare. Poi parteciperà un certo Tadej (ridendo, ndr), ma io sono in buona forma. Ho fatto tutto quello che potevo, quindi vedremo la prossima settimana. La E3 Saxo Classic è una gara che mi si addice e se sei in buona forma tutto è un po’ più facile. Questo dà fiducia, ma so bene che ogni gara va corsa. Ogni volta si riparte da zero».
Wout Van Aert si porta a casa la E3 Saxo Classic, battendo Van der Poel e Pogacar. Botte reciproche sui muri, poi decide lo sprint. Si va verso il Fiandre
PORTO POTENZA PICENA – Per un po’ si è temuto che la caduta nella tappa finale della Tirreno-Adriatico avrebbe impedito a Stuyven di correre la Sanremo. In realtà il recupero del belga è stato così repentino, da spazzare via ogni dubbio. Il giorno stesso è salito sul volo che lo avrebbe riportato a casa, ha tirato il fiato l’indomani e poi ha ripreso con la solita routine.
Nella Lidl-Trek della coppia Pedersen-Milan, due campioni certo da considerare fra i principali favoriti, l’unico ad aver vinto la Sanremo è proprio lui: Jasper Stuyven, 32 anni di Leuven, 1,87 per 78 chili. Vinse nel 2021 con un colpo di mano geniale alla fine della discesa del Poggio che gli permise di anticipare di pochissimo i velocisti. Il fatto che pochi lo tirino in ballo non sembra innervosirlo più di tanto, perché forse gli lascia lo spazio di manovra per un altro colpo a sorpresa. Con grande onestà, si professa aiutante, ma il verbo rinunciare non gli appartiene, come ci ha spiegato al via dell’ultima tappa della Corsa dei Due Mari.
Il 20 marzo del 2021, Jasper Stuyven conquista la Sanremo a 29 anniIl 20 marzo del 2021, Jasper Stuyven conquista la Sanremo a 29 anni
Alla Tirreno hai lavorato per le due vittorie di Milan e nel giorno di salita sei andato anche in fuga. Voglia di uscire dai meccanismi del gruppo?
Si prova. Vai a tutta in partenza e una volta che hai il distacco giusto, il gruppo rallenta. A quel punto, ti limiti a gestire il margine e naturalmente alla fine cerchi di accelerare, ma è sempre il gruppo a decidere se ce la farai o no. Sono azioni che si fanno per evadere e per fare il lavoro che manca per arrivare alla condizione, anche se per quello non credo sia necessario andare in fuga. Penso comunque che la settimana della Tirreno sia stata abbastanza utile per migliorare.
Quando nel 2021 hai vinto la Sanremo, hai corso la Parigi-Nizza. C’è qualche differenza tra le due gare come avvicinamento alla corsa di domani?
La Tirreno ha tappe più lunghe, mentre la Parigi Nizza può essere molto intensa con le sue pendenze sin dai primi giorni. Ma ad essere onesti, dato che finiscono lo stesso giorno, penso che siano più o meno uguali. Naturalmente quest’anno si potrebbe dire che forse la Tirreno sia stata migliore a causa del tempo, che alla Parigi-Nizza è stato molto peggiore. Ma è difficile saperlo prima, per cui sono corse abbastanza simili.
Ultima tappa della Tirreno: Milan ha vinto, Stuyven è caduto. Jonathan si sincera delle sue condizioniUltima tappa della Tirreno: Milan ha vinto, Stuyven è caduto. Jonathan si sincera delle sue condizioni
Milan non finisce mai di ringraziarti per il lavoro in preparazione dei suoi sprint, un ruolo che svolgi anche per Pedersen. Ci sono grandi differenze fra i due?
Sono velocisti un po’ diversi e credo che Jonathan al momento sia forse il più veloce al mondo. Entrambi hanno le loro qualità e il loro approccio al finale, mentre io mi adatto a dove mi trovo. Ne parliamo nei ritiri, sappiamo come dobbiamo muoverci.
Nella tua squadra sei il solo ad aver vinto la Milano-Sanremo. Ti capita di dare consigli a loro due oppure sotto sotto pensi che potresti farlo ancora?
Penso che siano abbastanza forti da vincere da soli (ride, ndr), ma ovviamente anche io ho la speranza e l’intenzione di vincere ancora. La Sanremo è una corsa strana, ormai dicono tutti questo. Quando vinsi, me ne andai alla fine della discesa del Poggio e riuscii ad anticipare Alaphilippe, Van Aert e Van der Poel. Ora bisogna fare i conti con Pogacar, che ama le mosse a sorpresa.
Sanremo 2021, Stuyven plana sull’Aurelia. Si volta e capisce che dietro il primo che si muove è spacciatoSanremo 2021, Stuyven plana sull’Aurelia. Si volta e capisce che dietro il primo che si muove è spacciato
Niente volata?
Di fatto, negli ultimi anni, la sola volta che è finita in volata è stata quella scorsa, con la vittoria di Philipsen. Nei due anni precedenti sono arrivati da soli Mathieu (Van der Poel, ndr) e Mohoric. Nel 2021 toccò a me e l’anno prima Van Aert e Alaphilippe anticiparono i velocisti di un soffio.
Quindi concludendo?
Penso sia difficile che si finisca nuovamente con uno sprint numeroso. Semmai ci sarà un gruppetto, ma soprattutto, mai come quest’anno, ci saranno tante variabili.
In questi giorni si è tornato molto a parlare di Mads Pedersen . Un po’ perché lui ci ha messo del suo stuzzicando i suoi followers con dei post a diro poco ghiotti e un po’ perché in Danimarca su Ekstra Bladet, è uscita un’intervista con Mattias Reck, il coach del campione della Lidl-Trek.
Pedersen ha ripreso ad allenarsi. E anche forte. E’ partito con molta palestra, ma anche con delle uscite. Una di queste è avvenuta sulle strade della Milano-Sanremo. In Danimarca hanno detto che stavolta Mads vuole una classica monumento a tutti i costi. E forse è anche giunta l’ora.
Pedersen (classe 1995) in allenamento pochi giorni fa sulle strade della Sanremo (foto Instagram)Pedersen (classe 1995) in allenamento pochi giorni fa sulle strade della Sanremo (foto Instagram)
Monumenti nel mirino
In questi anni il campione del mondo 2019 si è mostrato all’altezza dei migliori. Mads appartiene al ristretto club dei “mega motori”, con Van Aert, Van der Poel, Pogacar, Eevenepoel, Ganna… però se andiamo a vedere, togliendo quel mondiale, gli manca la super perla da sfoggiare in bacheca. Insomma, la classica monumento di cui dicevamo.
L’ormai (quasi) trentenne di Lejre, cittadina ad ovest di Copenaghen, ha vinto tappe al Tour, al Giro e alla Vuelta. Ha vinto semi classiche e persino piccole gare a tappe, ma ora vuole di più. Soprattutto perché sa che può ottenerlo.
Per il 2025 Mads ha messo nel mirino due gare più di altre: la Sanremo e la Roubaix. Senza però dimenticare il Fiandre. Addirittura per la Ronde ha proposto una sorta di sondaggio sulla sua pagina Instagram per individuare quale fosse il setup migliore in termini di rapporti. Si chiedeva se una monocorona da 56 denti con una scala posteriore 10-46 potesse andare bene. Tuttavia i due focus maggiori sembrano essere appunto la Sanremo e la Roubaix.
Mattias Reck è il preparatore storico di Pedersen (foto Instagram)Mattias Reck è il preparatore storico di Pedersen (foto Instagram)
Parola al coach
Per conquistare queste classiche qualcosa va fatto. Contro quei big che abbiamo elencato non bastano “solo” i watt. Tuttavia Reck ha ribadito: «Non faremo nulla di diverso riguardo al programma di Pedersen per la primavera 2025. La sua lista di gare si adatta così bene a quelle grandi corse che copieremo e incolleremo ciò che abbiamo fatto finora in vista della Parigi-Roubaix. Pertanto Mads correrà due gare a tappe a febbraio (quest’anno ha fatto Bessèges e Provence, ndr), quindi farà un training camp a Majorca e sarà al via della Parigi-Nizza. A quel punto per lui inizieranno tutte le grandi classiche».
Questo programma però riapre i dubbi circa alcuni dettagli legati alla preparazione di Pedersen, che più volte ha ribadito la sua “allergia” ai ritiri in altura. Li ritiene inutili. Anzi di più: possono compromettere la stagione.
In carriera il danese ha ottentuo tre podi nelle classiche monumento: due al Fiandre e uno (l’ultimo, in foto) alla RoubaixIn carriera il danese ha ottentuo tre podi nelle classiche monumento: due al Fiandre e uno (l’ultimo, in foto) alla Roubaix
Altura, sì o no?
Ma in tal senso sì che qualcosa dovrebbe cambiare. Se non altro per la seconda parte di stagione, visto che per la prima parte alla fine anche i suoi colleghi “clasicomani”, come gli spagnoli definiscono i cacciatori di classiche, di altura non ne fanno. Chi ha buona memoria ricorderà che anche in relazione a Cavendish, altro uomo veloce, era emerso questo argomento.
Sempre Reck ha spiegato circa l’altura: «Ne stiamo parlando con Mads e sono sicuro che prima o poi faremo un vero camp in quota. Anche io ho dei dubbi su ciò che può realmente portargli un training camp in altura. I corridori reagiscono in modo molto diverso a quel tipo di ritiri. Però, se Mads è aperto anche mentalmente a questa opzione, allora dobbiamo farlo. Finora non abbiamo esplorato questa possibilità. Magari Pedersen potrebbe perdere un chilo di troppo: questo potrebbe aiutarlo, ma non è detto… viste le sue caratteristiche».
Tutto è in divenire, così come il Grande Giro che Pedersen farà nel 2025. Reck ha detto che la scelta della grande corse a tappe sarà fatta in accordo con il team anche in base ad esigenze di sponsor e programmi condivisi. Una cosa è certa: altura o no, Pedersen vuole una Classica Monumento e se lo scorso hanno non fosse caduto alla Dwars door Vlaanderen, dopo la vittoria alla Gand tra Fiandre e Roubaix soprattutto, forse qualcosa di più avrebbe ottenuto.
Anche noi nella bolgia della Foresta di Arenberg. Volevamo vedere da vicino la tanto attesa chicane. Nessun fuoco d'artificio sul momento, ma ha avuto un certo peso
ORNAVASSO – Jacopo ha preparato il caffè e adesso per viziare il giornalista spalma sul pane leggermente tostato la marmellata di albicocche di sua mamma. Per lui (Jacopo Mosca) ed Elisa Longo Borghini, sua moglie, basterà una vaschetta di cereali con un po’ di latte: nessun senso di colpa, per arrivare in tempo abbiamo saltato il pranzo. E così, dato che vi abbiamo appena raccontato di lei, del suo amore per queste zone e del suo cambio di maglia, eccoci con colui che ne ha cambiato profondamento la vita. Si sono sposati nel 2023, erano insieme da poco prima.
Dal prossimo anno, in realtà già da ora, non faranno più parte della stessa squadra. E Mosca se la ride dicendo che finalmente potrà usare le sue maglie senza il rischio che lei gliele prenda. Non quelle da allenamento, perché sono tricolori. Piuttosto il resto del corredo: le maglie intime, le mantelline e le retine per la lavatrice. Lei ammette di aver fatto tutto il Giro con la retina del marito e lui rilancia raccontando che, puntualmente quando fa freddo, esce in bici e dopo un po’ si ritrova con la schiena gelata, perché nel cassetto c’era la sotto maglia di Elisa.
«Però, vabbè – aggiunge Mosca – a parte questo, purtroppo per la squadra sarà una grande perdita. Tra di noi cambia che ci vedremo ancora meno. In realtà nei ritiri ci si vede davvero poco. Buongiorno, buonasera, un ciao quanto ti incontri nella hall. Invece sarà strano uscire in allenamento con due bici diverse e due maglie diverse, però è sicuro che continueremo a pedalare insieme. E magari ci punzecchieremo un po’ di più, perché se vinceranno i suoi futuri compagni, io dirò che non sono contento».
Consonni, Mosca e Cataldo: con l’arrivo dei nuovi, la Lidl-Trek ha cambiato potenzialità, ma non lo spiritoConsonni, Mosca e Cataldo: con l’arrivo dei nuovi, la Lidl-Trek ha cambiato potenzialità, ma non lo spirito
Senza procuratore
Jacopo non ha il procuratore, per cui durante l’anno dovrà vedersela da solo, dato che il suo contratto scade nel 2025. Dice che un procuratore ce l’ha avuto nei primi due anni da professionista e sta aspettando dal dicembre 2018 che lo chiami per dirgli quale squadra gli avrebbe trovato.
«Sinceramente non mi stresso – dice – perché giunto a questo momento della mia carriera, penso che tutti conoscano il mio valore. Quando sarà il momento, parlerò con Luca (Guercilena, ndr) e con la squadra in modo molto tranquillo e vediamo quello che verrà fuori. Penso che tante volte i procuratori fanno gli interessi dei corridori e magari ti vendono bene, però l’importante è essere venduto per quello che sei realmente. E quando sei onesto, forse alla fine duri più a lungo. Mi è piaciuta tanto la conversazione che ebbi con Luca dopo il Covid nel ritiro di San Pellegrino. Avevo firmato da metà 2019 e fino al 2020, perciò gli dissi: “Guarda, visto com’è andato il 2020 mi piacerebbe avere un altro anno di contratto”. E lui mi disse: “Non uno, meglio due”. E alla fine ne ho avuti tre. Per un corridore come me avere un rapporto diretto e così onesto può fare la differenza».
Tappa alla Madonna del Boden, luogo sacro per i ciclisti: il museo delle maglie era chiuso, ma abbiamo sbirciato dai vetriTappa alla Madonna del Boden, luogo sacro per i ciclisti: il museo delle maglie era chiuso, ma abbiamo sbirciato dai vetri
Che squadra è diventata questa Lidl-Trek così piena di campioni?
Sicuramente da metà 2019 a oggi è cambiata tantissimo. La spinta più grande negli anni l’ha data Mads Pedersen, però sicuramente lo scorso anno l’ingresso di Johnny, Tao Geoghegan Hart e l’esplosione di Skjelmose ci hanno messo su un altro piano. Siamo la seconda squadra per numero di vittorie, ma al contempo la mentalità, il modo di lavorare e l’ambiente che si respira sono rimasti gli stessi. È chiaro che con l’avvento di un nuovo sponsor, c’è stata anche la possibilità di avere qualche corridore in più capace di portare vittorie. Solo Milan ha vinto 12 gare e questo fa la differenza.
E per Jacopo Mosca, chiamato al lavoro pesante, tanti campioni significa fare gli straordinari?
E’ una fortuna, perché quando hai capitani che vanno forte, fai lo stesso lavoro di prima, ma vedi i risultati. Non si tratta solo di vincere, già sapere che puoi lottare per la vittoria cambia le prospettive. Se guardo a me, quando abbiamo un leader vero alle corse, il lavoro è più facile, perché ho un obiettivo ben preciso.
Dicono che alla Sanremo, che avete vinto nel 2021 con Stuyven, tu sia stato capace di tirare per tutto il giorno…
Io con la Sanremo ho un rapporto veramente particolare. Potrei dire che è la mia gara preferita, probabilmente perché sono italiano e perché fin da piccolo la guardi e te ne innamori. Sono contento che negli anni il mio ruolo sia definito ed è abbastanza assodato che posso essere una garanzia. Spero di poter fare tante altre Sanremo e tirare tutti gli anni come un mulo, perché alla fine sono contento. L’altra cosa molto bella del mio ruolo, anche se ogni tanto mi si ritorce contro, è che mi considerano un jolly, quindi mi ritrovo a fare le gare più disparate. Magari una volta mi ritrovo in Belgio e la settimana dopo al Lombardia, come è successo quest’anno. Oppure l’anno scorso ero in ritiro in altura, però mancavano corridori e sono andato a fare la Liegi, cui non avrei mai pensato.
Durante l’estate, Mosca ha organizzato una giornata di gare giovanili nella sua Osasco (foto Wild Emotions)Durante l’estate, Mosca ha organizzato una giornata di gare giovanili nella sua Osasco (foto Wild Emotions)
C’è un segreto per essere pronti ogni volta che ti chiamano?
Il segreto è che a me piace quello che faccio. Mi piace allenarmi e fare il corridore, quindi la realtà è che poi sei pronto di conseguenza. A volte non è semplice, perché magari vai in una gara quando sai che stavi preparando un altro obiettivo. Sai che farai una gran fatica perché non hai la preparazione perfetta, ma è necessario e lo fai. Sono cose che impari con gli anni, sai qual è il tuo ruolo e cerchi di supportare i tuoi compagni al meglio possibile.
Capire questa cosa fa la differenza tra avere una carriera lunga o non trovare una direzione?
Ho fatto talmente tanta fatica a passare professionista che apprezzo veramente il fatto di essere un corridore. Forse mi sono sempre sottostimato, nel senso che anche facendo lo scemo e ridendo, non mi sentirei mai dire che vado forte. Però so quello che valgo e sono altruista di mio, per cui se c’è qualcuno da aiutare lo faccio sempre. Penso che il segreto sia capire prima possibile qual è il tuo posto. Non ti devi tarpare le ali, però è anche vero che prima lo capisci e meglio, perché a quel punto puoi venderti per quello che sei realmente.
I campioni ringraziano chi lavora per loro?
Milan è uno di quelli veramente bravi e a modo suo anche “Cicco”. Dopo il Lombardia ci siamo incrociati sul bus e ha detto parole bellissime. Penso che quel giorno abbia fatto qualcosa che si meritava da tempo. Quando sono arrivato assieme a Cataldo, abbiamo guardato il podio e ci siamo detti che era stata una bella giornata. Mentre Johnny, quando vince aspetta sempre che arrivino tutti i compagni. Nella terza tappa del Renewi Tour sono arrivato un minuto dopo e lui era lì che ci aspettava per abbracciare ognuno di noi e dirci grazie. Magari per darti uno schiaffetto, che con quelle manone ti gira la faccia (ride, ndr) E’ bello correre con loro, ma mi rendo conto che la squadra si sta evolvendo e trovare posto nelle gare importanti diventa sempre più difficile.
Un giro nei dintorni prima di tornare a casa: Jacopo ed Elisa sono sposati da poco più di un annoUn giro nei dintorni prima di tornare a casa: Jacopo ed Elisa sono sposati da poco più di un anno
Come si vive nel piccolo mondo di Elisa Longo Borghini?
Vedo molte similitudini tra la mia famiglia e la sua, probabilmente perché abbiamo entrambi la fortuna di avere dei genitori di valore. I miei non hanno mai fatto sport, però mi hanno insegnato a essere quello che sono. Anche Osasco è una piccola comunità, molto più piccola di Ornavasso visto che sono 1.000 abitanti contro i 3.000 di qua. Lei dice di essere fuori dal mondo, ma ciclisticamente parlando il paese è molto attivo, mentre a Osasco non c’è niente. Basti pensare che nella storia io sono stato il primo professionista pinerolese. Però probabilmente questo mi ha permesso di fare la mia carriera, perché mi sono preso tante batoste senza sapere che mi avrebbero fatto crescere. Non c’erano gare, si doveva andare fuori, come succede adesso. Ho creato la mia squadretta, ma vedo che rispetto a quei tempi in cui contava solo fare esperienza, alcuni genitori hanno portato via i loro figli per andare in altre società e questo dispiace.
Qual è stato il giorno più bello di tutto il 2024?
Quando Elisa ha vinto il Giro. E poi anche la mia partecipazione all’europeo, perché non ci credevo più. Mi era andato di traverso restare fuori dal mondiale di Imola nel 2020, perché con tutte le defezioni per il Covid e il fatto che andassi fortissimo, una maglia pensavo di meritarla. Quando si trattò di andare all’europeo di Trento, caddi e mi tagliai fuori da solo. Pensai che non sarei entrato mai più in nazionale, invece quando è venuto fuori il progetto di Johnny per l’europeo, ci sono finito dentro anche io che sono suo compagno. Come probabilmente sarebbe stato per Puccio, se si fosse puntato su Viviani, perché siamo i due che tirano. E io da quel momento sono rinato.
La partecipazione di Mosca agli europei era funzionale alla corsa di Milan: i due cono compagni alla Lidl-TrekLa partecipazione di Mosca agli europei era funzionale alla corsa di Milan: i due cono compagni alla Lidl-Trek
Per la convocazione?
Ho avuto una grinta incredibile tutta l’estate. Sono andato al Renewi Tour ed ero contentissimo di farlo, nonostante fosse una gara in Belgio, dove non vedi gente che corre felice. Insomma, non spingi per farlo, invece ero felicissimo, mi sono divertito tantissimo. All’europeo, mi sono trovato a fare fin più di quello che pensavo. Ovviamente ci eravamo immaginati una gara un po’ diversa, però è logico che avendo contro Milan, gli altri ci corressero contro. E mi ricordo che inseguivo Mads Pedersen e mi sembrava di fare la gara del ritiro, dove lui è quello che scatta sempre e tutti insieme cerchiamo di seguirlo. Io ero lì che morivo, ma ogni volta che lui si girava, facevo finta di non essere a tutta. Finché a un certo punto mi fa: “Non giocare con me!”. Però è stato bello. Mi dispiace essere rimasto fuori da quel gruppo di 50, ma avevo speso davvero tutto e fatto la mia parte. Peccato che sia finita così. Bennati ci aveva detto di non fare la volata a sinistra, a meno che non avessimo una gamba infinita, invece siamo finiti proprio da quella parte…
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Quanto vale Jonathan Milan? A quale livello atletico e tecnico è arrivato e sin dove potrà spingersi? Abbiamo letto il racconto di Bragato sul record del mondo dell’inseguimento e poi abbiamo letto le raccomandazioni che al friulano ha fatto Viviani per il seguito della carriera. Il 2025 sarà un anno dedicato interamente alla strada. Questo significa che la preparazione della pista, fatta di lavori specifici e palestra, sarà sostituita da altri protocolli. E’ un delicato equilibrio che la Lidl-Trek dovrà trovare e mantenere. Il Milan vittorioso degli ultimi due anni era figlio dell’asfalto e del parquet. In che modo si lavorerà?
L’uomo giusto per parlare di tutto questo è Mattias Reck, svedese che compirà a breve 54 anni, che dopo una breve carriera da corridore dal 2016 è diventato allenatore. E’ lui il preparatore di Milan, come pure di Mads Pedersen. A ben vedere i due corridori si somigliano quantomeno nell’attitudine ed è con grande curiosità che gli abbiamo rivolto alcune domande da cui emergerà che, nonostante un palmares a dir poco speciale, Jonathan Milan è ancora lontano dall’aver raggiunto il suo massimo.
Mattias Reck, svedese classe 1970, è dal 2017 allenatore nel gruppo TrekMattias Reck, svedese classe 1970, è dal 2017 allenatore nel gruppo Trek
Ci dica, Mattias, che idea si era fatto di Milan e in che modo lo ha approcciato? Avevate dei test precedenti oppure siete partiti da zero nel primo ritiro?
Io e la squadra seguivamo le prestazioni e lo sviluppo di Jonny già molto prima di ingaggiarlo. Avevo un’idea chiara su che tipo di corridore fosse e di come avrei voluto allenarlo, ancora prima di iniziare. Poi nel primo ritiro, il 23 dicembre del 2023, abbiamo fatto dei test. Prima uno step test indoor poi di resistenza su strada: ricordo che sono rimasto molto colpito dai suoi valori e da diverse aree. Ad esempio, un Vo2Max elevato per essere un velocista e una resistenza già molto buona nonostante si allenasse solo da 3-4 settimane.
Qual è la principale qualità atletica di Milan?
Ovviamente ha uno sprint incredibile. Ciò che lo rende ancora più speciale è che, pur essendo così alto e pesante per essere un ciclista, ha una spinta molto esplosiva e può mantenerla a lungo. Poiché ha un motore aerobico così potente, in combinazione con la sua elevata potenza anaerobica, può sostenere un ritmo molto intenso per molto tempo prima dello sprint. Se chi lo lancia non ha un’azione regolare, Milan ha la capacità di sopravvivere anche se deve uscire nel vento un paio di volte di troppo o troppo presto. Questa combinazione fra capacità anaerobica e aerobica molto elevata fa sì che Jonathan possa essere competitivo anche nelle classiche più dure, come abbiamo già potuto vedere quest’anno alla Gand-Wevelgem.
Con Van der Poel e Pedersen, alla Gand 2024 Milan ha dimostrato di avere i mezzi per le corse del NordCon Van der Poel e Pedersen, alla Gand 2024 Milan ha dimostrato di avere i mezzi per le corse del Nord
Durante lo scorso inverno e poi durante la stagione avete lavorato sulla crescita generale o principalmente su ciò di cui ha bisogno per gli sprint?
Principalmente sulla crescita generale, che in questo caso significa molta resistenza di base. I velocisti hanno sempre bisogno di molte ore, in combinazione con alcuni brevi intervalli ad alta intensità e sprint: quello che si definisce un allenamento piuttosto polarizzato. Questo è il punto di partenza. Poi, man mano che si procede, si vedrà quanto lavoro a media intensità (zon3/4, FatMax e soglia) proporgli perché possa diventare ancora più forte. La gente potrebbe pensare che un velocista faccia un sacco di allenamento per lo sprint, ma l’80-90% è un lavoro aerobico di base, il che significa praticamente un sacco di lavoro di resistenza. Poi si aggiungono alcuni interval training e forse 2 sessioni a settimana con allenamenti specifici per lo sprint, ma in percentuale è ancora molto poco.
Pensa che abbia davvero caratteristiche simili a Pedersen?
Sì, entrambi hanno un’elevata capacità anaerobica e aerobica. Sono uguali, ma comunque diversi all’interno della stessa area.
La sua struttura fisica gli consente di essere competitivo anche in gare più impegnative come il Fiandre?
Lo sviluppo futuro dovrà valutare con esattezza quanto Jonny sia in grado di affrontare le gare classiche più dure. Il Giro delle Fiandre degli ultimi anni ha avuto un livello di scalata estremamente alto, quindi non oso fare previsioni. Tuttavia, in gare come Sanremo, Gand-Wevelgem e Roubaix, Jonathan può essere presente.
In ricognizione sui muri: riuscire a reggere il ritmo in salita è la versa sfida di MilanIn ricognizione sui muri: riuscire a reggere il ritmo in salita è la versa sfida di Milan
Può avere nelle gambe i 3-4 minuti del Poggio e mantenere la freschezza necessaria per la volata di Sanremo?
Sì, può. Dipende da quanto si faranno forte Capo Berta e Cipressa, dal meteo (il vento contrario o a favore sul Poggio fa una grande differenza) e ci vuole anche un po’ di fortuna, naturalmente. E’ una scommessa che si può accettare.
Partendo da quanto visto nel 2024, la preparazione per il 2025 subirà dei cambiamenti?
In realtà non cambierò nulla, sarà sempre la stessa cosa. Correrà meno in pista e questo di per sé farà la differenza perché significa che quest’anno potremo aggiungere più resistenza specifica su strada.
Il lavoro in palestra sarà una parte importante?
Come stradista, con uno sprint già molto buono, di solito non mi concentro molto sul lavoro in palestra. Facciamo qualche esercizio in palestra alla fine delle uscite per lavorare sulla resistenza, ma per lo sprint puro Johnny secondo me non ne trarrebbe grossi vantaggi.
Quarto al campionato italiano crono, dietro Ganna, Affini e Baroncini: una specialità che gli si addiceQuarto al campionato italiano crono, dietro Ganna, Affini e Baroncini: una specialità che gli si addice
Lavorerete sulla gestione dello sforzo durante lo sprint, quindi anche sui rapporti da usare?
Sì, insieme a Johnny e al nostro reparto di ricerca e sviluppo abbiamo analizzato il suo sprint già lo scorso inverno. Con il suo scatto e l’elevata cadenza, ero curioso di vedere se potevamo andare ancora più in là con i rapporti o intervenire sulla lunghezza delle pedivelle. Alla fine abbiamo scoperto che poteva usare un rapporto superiore e mantenere comunque il suo giusto range di cadenza nello sprint. L’allenamento è una questione di fiducia. Abbiamo una buona collaborazione, lui si fida di me, io mi fido di lui ed è andata bene fin dall’inizio. Se il corridore non si fida più dell’allenatore, di solito è finita.
La sua predisposizione per lo sforzo solitario potrebbe renderlo competitivo nelle crono più lunghe dei semplici prologhi?
Sono sicuro che potrà avere un futuro anche facendo delle belle cronometro più lunghe, ma non è nulla su cui al momento dobbiamo concentrarci in modo specifico. Migliorerà in ogni caso, abbiamo dell’ottimo materiale, facciamo test aerodinamici, ha un motore forte e si allenerà molto nei prossimi anni. L’obiettivo deve essere quello di migliorare ancora di più i suoi punti di forza e non concentrarsi troppo su cose che non sono la massima priorità. Poi, naturalmente, arriverà il momento in cui un crono sarà ancora più interessante e potremo farne un obiettivo extra. A quel punto vedremo cosa sarà in grado di fare. Tuttavia, le crono più brevi, come quelle di 10-12 chilometri, possono già essere fatte ad un livello molto alto e si adattano al suo carattere! Il punto è che non possiamo concentrarci anche su prove di 35-40 km. Se lo facessimo, potremmo perdere troppo su altri fronti.
Jonathan Milan, friulano classe 2000, è alto 1,93 e pesa 84 chili. E’ pro’ dal 2021Jonathan Milan, friulano classe 2000, è alto 1,93 e pesa 84 chili. E’ pro’ dal 2021
Che rapporto si è creato tra voi: insegnante-allievo o anche lui è in grado di dare un feedback che vi permette di calibrare il lavoro?
Jonny ha solo 24 anni, ma è già molto bravo nella comunicazione, è intelligente, sa cosa vuole e cosa serve. E’ concentrato e organizzato, questo è molto importante. Il ciclismo di oggi è esigente, se vuoi essere un grande campione devi essere in grado di pianificare e organizzare molte cose e costruire una buona squadra intorno a te. Lui ha già questa maturità, quindi sono sicuro che ha le carte in regola, non solo dal punto di vista fisico. Allo stesso tempo ha capito che non può essere coinvolto in tutto ciò che riguarda l’allenamento. A un certo punto, pur interessandosi, è bene potersi fidare dell’allenatore e fare quello che dice. E questo è il nostro modo di procedere. Lui si fida di me e può rilassarsi, fare il suo lavoro e concentrarsi su altre cose.
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MADRID (Spagna) – La Trek Madone 8 è una nuova bici, che porta con sé un nuovo carbonio di altissima gamma per Trek e diventa un simbolo in fatto di interpretazione delle bici leggere, veloci e ovviamente aero.
Carbonio OCLV900, design che richiama fortemente la Madone della generazione precedente e integrazione ai massimi livelli. Il tutto con un migliore comfort, ancora più sfruttabile in diversi contesti ed è leggerissima. Entriamo nel dettaglio, anche grazie al contributo di JordanRoessingh, capo ingegnere di Trek.
Eccola qua: la nuova Madone già in uso ai corridori della Lidl-TrekDi fatto una Madone più sfinata e leggeraLa Trek Madone numero 8 della storiaCriterium du Dauphinee 2024, Mads Pedersen, nuova Trek MadoneDi fatto una Madone più sfinata e leggeraLa Trek Madone numero 8 della storia
Primo test nel dicembre 2022
«Eravamo ancora nella Trek-Segafredo. Il primo test su strada è stato fatto nel dicembre 2022 – ci racconta Roessingh – non su una sola bicicletta, perché ai corridori abbiamo fornito 3 opzioni diverse. Ognuna di queste aveva lo stesso carbonio, ma con laminazioni differenti. Una rigidissima, una più bilanciata, la terza votata al comfort, il tutto senza fornire indicazioni particolari agli atleti.
«Una bici bianca – prosegue sorridendo Roessingh – senza scritte e con il montaggio standard. Il risultato? Tutti i corridori, uomini e donne hanno scelto la configurazione che ci piace definire intermedia, o meglio, quella che ha mostrato il bilanciamento ottimale tra rigidità e comfort, tra rigidità e peso ridotto, quindi non quella più estrema. Il primo passo ufficiale verso la Madone che vediamo oggi, quella della generazione 8».
Jordan Roessingh, capo ingegnere di TrekJordan Roessingh, capo ingegnere di Trek
Stessa bici per professionisti e amatori
«La Trek Madone della generazione 8 che ha debuttato al Delfinato e che in modo ufficiale è al Tour -continua Roessingh– è la medesima che si trova nel catalogo e acquistabile. Non c’è nessuna differenza. La Madone 8 non sostituisce la Emonda che rimane in catalogo, anche se in termini di mercato una sovrapposizione è possibile, ma tecnicamente abbiamo una bici più veloce della stessa Emonda, più leggera e maggiormente efficiente quando la strada sale, se messa a confronto con la Madone 7. In sostanza, la nuova Madone punta ad unire gli utilizzatori Emonda a quelli più orientati ad una bici aerodinamica».
Bici tricolore grazie ad Elisa Longo BorghiniNon solo Pedersen l’ha utilizzata a partire dal Giro del DelfinatoBici tricolore grazie ad Elisa Longo BorghiniNon solo Pedersen l’ha utilizzata a partire dal Giro del Delfinato
Nuova Madone, più leggera a prescindere
La nuova Trek Madone, a parità di allestimento, è più leggera della Emonda attuale, con un risparmio di 320 grammi di peso se messa a confronto con la Madone della generazione 7. Rispetto alla Emonda è molto più veloce, perché sfrutta l’aerodinamica della piattaforma Madone, con il vantaggio che è maggiormanete versatile e sfruttabile anche nelle condizioni di salita dura.
Per gli amanti dei numeri e dei dati: rispetto alla Emonda guadagna 77 secondi su un’ora, a pari velocità e in posizione ribassata sul manubrio. Al tempo stesso ha un’elasticità verticale migliorata dell’80% rispetto alla Madone e del 24% rispetto alla Emonda, ecco perché è più comoda e anche più stabile. Il valore alla bilancia dichiarato per la SLR in taglia 56 è di 765 grammi per il telaio, 370 per la forcella.
Bici sloping dove spicca l’IsoFlowOrizzontale e innesto del reggisella, un blocco unicoIl corpo del reggisella, 4 lunghezze e due possibilità di arretramentoIl volume della scatola centrale, dove alloggia anche la batteria Di2Portaborraccia specifici e borracce dedicate per un’aerodinamica ancora miglioreErgonomico e con una forma modernissima, il nuovo cockpit integrato Aero RSL RoadLa sagoma del tubo sterzo con gli spessori dedicatiUtilizzato il forcellino UDH per il cambio posterioreBici sloping dove spicca l’IsoFlowOrizzontale e innesto del reggisella, un blocco unicoIl corpo del reggisella, 4 lunghezze e due possibilità di arretramentoIl volume della scatola centrale, dove alloggia anche la batteria Di2Portaborraccia specifici e borracce dedicate per un’aerodinamica ancora miglioreErgonomico e con una forma modernissima, il nuovo cockpit integrato Aero RSL RoadLa sagoma del tubo sterzo con gli spessori dedicatiUtilizzato il forcellino UDH per il cambio posteriore
Come è fatta
Il design di ogni singola tubazione è differente dalla Madone precedente (e cambia anche tra le taglie più piccole e quelle grandi), anche se l’accostamento visivo è immediato. La presenza dell’IsoFlow è lampante e dice molto. Utilizza il carbonio OCLV900 (per la versione top di gamma SLR, mentre la SL adotta l’OCLV500 con una laminazione del carbonio variata rispetto al passato), una prima in casa Trek. Sono stati cambiati gli stampi per la produzione dei monoscocca, operazione che ha obbligato a differenti variazioni nei processi di posa delle pelli di carbonio. La forcella è un singolo pezzo di carbonio, senza giunzioni.
Il nuovo pacchetto RSL include anche i portaborraccia, borracce che seguono le forme di piantone ed obliquo (ma compatibili con le classiche borracce rotonde) e un manubrio integrato con flare di 3 centimetri. La geometria è la H1.5 per le sei taglie: xs, s e m, ml, l e xl. Sono comunque disponibili 4 diverse lunghezze di reggisella, con arretramento, oppure con zero off-set. Si è optato per il forcellino UDH per il supporto del cambio posteriore. La scatola del movimento centrale segue il filone utilizzato per le ultime generazioni delle road di Trek, perché è di natura T47.
Abbiamo percorso qualche chilometro con la SLR7 (foto Trek)Il feeling è molto più simile alla Emonda (foto Trek)Abbiamo percorso qualche chilometro con la SLR7 (foto Trek)Il feeling è molto più simile alla Emonda (foto Trek)
Gli allestimenti
Come accennato in precedenza le versioni sono due, la top di gamma SLR con il carbonio OCLV900, che adotta anche il manubrio Aero RSL Road (con una svasatura di 3 centimetri tra il punto di innesto dei manettini ed il terminale inferiore della piega) e Trek Madone con il carbonio OCLV500 (che porta in dote il cockpit separato stem+piega).
Al top del listino troviamo le due Madone SLR9, la prima con suffisso AXS che adotta la trasmissione Sram Red AXS, la seconda con il pacchetto Shimano Dura Ace (rispettivamente a 13.999 e 13.499 euro). Entrambe hanno le ruote Bontrager Aeolus51 e i rispettivi power meter. Inoltre queste due versioni montano i tubeless Pirelli, come delle vere team replica Lidl-Trek. Si scende di una gradino per passare alle SLR7, la prima con Shimano Ultegra, la seconda con lo Sram Force AXS (quest’ultima con il power meter Quarq e rispettivamente a 8.999, 9.499 euro). Entrambe hanno sempre le ruote Bontrager 51, ma della serie Pro.
Per quanto riguarda le Madone SL (tutte con le ruote Bontrager Pro), c’è la 7 con Shimano Ultegra (6.659 euro di listino), le due SL6 con Shimano 105 Di2 e Sram Rival AXS (rispettivamente a 5.129 e 5.639, quella AXS include il misuratore di potenza) e la SL5 con ruote Bontrager Paradigm in alluminio (3.589 euro di listino). Per entrambe le versioni sono disponibili anche i frame-kit: SLR a 5.129 euro, mentre SL a 3.069 euro.
La tappa di Matera si rivela una maratona dura e piena di salite. I velocisti affondano. Roglic ci prova. Ma alla fine vince Pedersen su un ottimo Zambanini
Chiunque abbia seguito l’ultima Roubaix avrà avuto anche il modo di apprezzare il grande lavoro di Mathias Vacek (in apertura, foto di Sean Hardy scattata nelle docce di Roubaix, da lui pubblicata su Instagram). Ad appena 21 anni, il campione della Repubblica Ceca cresce bene. Si è caricato Pedersen sulle spalle e lo ha portato avanti finché ne ha avute le forze. Nella Lidl-Trek qualcuno non è stato brillante come si sperava, ma la gran mole di lavoro svolta da Vacek ha fatto sì che il capitano danese abbia avuto gli appoggi necessari per giocarsela. Almeno fino al momento in cui Van der Poel ha deciso di scrivere una storia diversa.
Purtroppo per lui, i giorni successivi alla Roubaix non sono stati i più simpatici da raccontare. A causa di una indisposizione, Vacek dovrà saltare l’Amstel Gold Race e rientrerà il primo maggio a Francoforte. Ugualmente il suo ruolo nella corsa del pavé merita un ritorno. Lo intercettiamo nel primo giorno di ritrovata salute, le botte e gli acciacchi sono alle spalle, ma restano nella memoria.
Quando Pedersen ha allungato nell’Arenberg, Vacek si è staccato. Poi è rientratoQuando Pedersen ha allungato nell’Arenberg, Vacek si è staccato. Poi è rientrato
Hai fatto una Roubaix meravigliosa.
Sapevamo che saremmo andati per Mads, che era il leader più forte. C’era anche Johnny (Milan, ndr), però è caduto all’inizio della gara e a quel punto ci siamo stretti tutti attorno a Pedersen. Io ho dovuto curare il suo posizionamento sul pavé e mi sono sentito forte per tutto il giorno. Per i primi settori è sempre importante stare davanti, entrare con la posizione migliore e credo di averlo fatto molto bene. Sono stato a lungo dietro agli Alpecin, che hanno tirato per la prima metà della gara, e ho risparmiato tanto. Non ho dovuto chiudere buchi, però purtroppo nei primi settori Mads è rimasto indietro e ha dovuto fare un sforzo che magari ha pagato alla fine. Però ha fatto una bella corsa.
E’ stato anche sfortunato, giusto?
Esatto, perché quando ha bucato nel primo gruppo eravamo soltanto in tre di noi, mentre la Alpecin aveva cinque o sei corridori. E a quel punto sono andati via Kung, Politt e Vermeersch. Io gli ho chiesto che cosa potessi fare per aiutarlo e lui mi ha detto di andare a tirare, perché avevano mezzo minuto e, se li lasciavamo ancora un po’, sarebbe stato duro riprenderli. Dopo i settori di pavé, qualche volta mi staccavo. Un paio di volte sono riuscito a rientrare e ad aiutare ancora un po’ Mads. Però quando ha attaccato Van der Poel, la gara si è chiusa.
Perché tanti straordinari? Ha inciso il fatto di dover lavorare anche al posto di qualche compagno?
Penso di aver fatto più lavoro di tutti, ma non avevo in testa altro. Volevamo andare per la vittoria, quindi ho lasciato andare ogni altro pensiero. Mi sentivo molto bene, quindi non c’era tempo da perdere o pensare alle opportunità personali. Avevamo un leader, ho fatto quello che dovevo e sono felice per com’è andata.
Pedersen ha chiuso la Roubaix al terzo posto, battuto da Philipsen nella volata per il secondo postoPedersen ha chiuso la Roubaix al terzo posto, battuto da Philipsen nella volata per il secondo posto
Pensi che in un futuro la Roubaix potrebbe diventare una corsa per Mathias?
Sì, sicuramente. Questa è la corsa più bella, quella che mi piace di più, quindi prima o poi la voglio vincere. Penso che nei prossimi anni sarà la grande gara cui voglio puntare.
Quanto tempo rimane addosso una corsa dura come la Roubaix?
Ci vogliono due o tre giorni di riposo, perché fa male tutto ed è tutto gonfio. Ci vuole un po’ di tempo. Perciò sono stato per due giorni senza bici, anche perché nel frattempo sono stato un po’ male con lo stomaco. Sono stato a letto e ho recuperato un po’ di più. Con la squadra ci siamo detti di fare una settimana tranquilla e poi di riprendere il primo maggio a Francoforte. Per cui ho tutto il tempo per recuperare gli allenamenti persi. Ma avendo cominciato a gennaio in Australia, riuscire a staccare per qualche giorno è stato davvero importante. Per recuperare, ritrovare la motivazione ed essere nuovamente forte per le prossime gare.
Come prosegue il tuo programma?
Dopo Francoforte farò il Giro di Ungheria e poi quello della Norvegia. Il primo grande Giro della mia carriera sarà la Vuelta.
Il campione ceco ha lavorato per Pedersen, facendo il massimo per posizionarlo in testa sul pavéIl campione ceco ha lavorato per Pedersen, facendo il massimo per posizionarlo in testa sul pavé
Sei soddisfatto di come è andata quest’anno al Nord?
Molto soddisfatto per come è andata. Abbiamo chiuso veramente bene con la Roubaix e io sono molto felice per come sia andata. Ho visto che ho la potenza e la forza per essere lì a giocarmela. Basterà accrescere ancora l’esperienza e aspettare il proprio momento. Questa volta eravamo su per Mads e come squadra secondo me abbiamo fatto un bel lavoro.
Fare una Roubaix di questo livello insegna anche come si potrebbe fare per vincerla?
Si impara sempre nelle classiche. Sicuramente mi manca un po’ di esperienza, questa Roubaix è andata com’è andata e penso che non potevo fare tanto di più. Ma nel futuro si può pensare di fare meglio. Magari confidando nel fatto (ride, ndr) che Van der Poel nel frattempo diventi un po’ più vecchio…