VALONA (Albania) – Puoi studiare tutte le altimetrie che vuoi, ma quando poi devi portarci sopra il tuo peso e la tua fatica, non sempre i piani ben congegnati riescono alla perfezione, come invece è andata oggi alla Lidl-Trek. Ma se la prima tappa di questo Giro d’Italia era stata un’esecuzione persino elementare, vincere la terza e riprendere la maglia rosa con Pedersen è costato una fatica molto meno banale. Ammesso che la fatica lo sia mai.
«E’ stato un giorno molto duro sulla bici – ha detto il danese che dopo l’arrivo è parso commosso – ma per come hanno corso oggi i miei compagni, mi sono sentito obbligato a dare tutto me stesso per vincere la tappa e riprendere la maglia rosa. Ora voglio godermela per più tappe possibili, cercando semmai di vincerne altre».
La forma della vita?
Si conclude a Valona la tre giorni albanese del Giro. Era iniziata in salita, con quel contratto che non si firmava e il ritardo di una presentazione annunciata e poi cancellata. Siamo volati quaggiù con qualche riserva e qualche pregiudizio di troppo, invece abbiamo trovato un Paese che certamente ha tanta strada da fare, ma che vuole fortemente farla. E quando ieri dopo il lavoro ci siamo ritrovati a camminare nel cuore di Tirana per andare a riprendere l’auto parcheggiata a un chilometro dal Quartier Tappa, ci siamo sorpresi per le tante bici, le famiglie e i bambini nei viali del centro. Mentre oggi, su strade meno frequentate, a colpire è stata la natura selvaggia di un posto che meriterebbe di essere scoperto più a fondo. Basti pensare che per tracciare i sentieri sulle montagne alle spalle di Tirana sono stai chiamati gli uomini del CAI e hanno raccontato solo meraviglie.
«Le prime tre tappe del Giro in Albania – ha sottolineato Pedersen – erano perfette per me. E’ stato più facile mostrare quello che so fare. Vi sento dire che sono nella forma della vita, semplicemente penso di essere in una buona condizione, che siamo riusciti a mantenere dalle Classiche fino ad ora. Oggi avevo qualche dubbio, ma siamo riusciti a correre come volevamo. Vacek è stato straordinario, questo ragazzo ha un grande futuro. Farò tutto il possibile perché riesca a vincere una tappa. E’ una macchina, ha lavorato tantissimo per me durante le Classiche. Sono orgoglioso di avere un corridore così al mio fianco».
Il piano di Guercilena
Primoz Roglic ha onorato la maglia rosa. La Red Bull-Bora ha tirato per non lasciar andare la fuga oltre il limite di guardia e offerto un lancio molto gradito alla Lidl-Trek. Per più di metà tappa il team americano ha vivacchiato sulle spalle di Jacopo Mosca che li ha portati tutti a spasso fino alle ultime due salite. A quel punto, mentre davanti si notavano incoraggianti lampi di azzurro con Germani e Tonelli nella prima fuga, poi Fortunato e Garofoli nel contrattacco, la squadra di Luca Guercilena ha inserito il pilota automatico e gestito la salita di Oafa E Llogarase al ritmo migliore per Pedersen. E il danese, che è campione nella testa prima che nelle gambe, ha ceduto soltanto quando davanti hanno mostrato i muscoli Pidcock e pochi altri. Azioni di assaggio e nulla più, perché una salita così lunga e impegnativa a 40 chilometri dal traguardo non autorizza a dire che ci si potesse aspettare di più.
«Avevamo puntato sia la prima sia la terza tappa – racconta Luca Guercilena – ma in questa credevamo un po’ meno, perché la salita era veramente dura. I ragazzi però stanno andando forte e la squadra è molto coesa e questo vuol dire che stiamo lavorando bene. Con Ciccone, che oggi è stato ancora esemplare, continueremo a vivere questo Giro alla giornata e dopo la crono di Pisa faremo un primo punto».
La calma di Ciccone
Il diretto interessato dopo l’arrivo ha ricevuto l’abbraccio della maglia rosa (foto di apertura), poi ha ripreso fiato, ha bevuto e reintegrato i primi zuccheri e poi ha parlato con la solidità che lo contraddistingue da qualche tempo a questa parte. Merito, come dice Guercilena, di sua moglie, ma anche della maturazione atletica e del vivere le corse senza apparente pressione.
«Oggi il piano prevedeva quello che poi abbiamo fatto – ha detto – ma non è stato facile, perché non era una tappa semplice da gestire. Abbiamo fatto un altro grande lavoro, ma sapevamo che Mads avrebbe potuto reggere quella salita. Quando sta bene, in certe tappe si diverte. Ieri non mi è parso tanto dispiaciuto per aver perso la maglia, quanto piuttosto molto motivato a riprendersela».
Il nuovo ciclismo
Mentre la carovana sta per prendere la via dell’Italia e domani vivrà il primo riposo in Puglia, un’osservazione meritano le volate parallele di Marcellusi e Fiorelli, entrambi corridori del VF Group-Bardiani, finiti all’ottavo e nono posto (anche se il primo è stato poi retrocesso dall’ottava alla 85ª posizione e all’ottavo posto si è ritrovato il compagno). In altri tempi avremmo gridato all’errore e sostenuto che, se si fossero aiutati, avrebbero portato a casa qualcosa di meglio. Oggi probabilmente non è più così e lo diciamo dopo averne parlato a lungo alla partenza di Durazzo con Roberto Damiani.
Il tecnico della Cofidis ha dovuto ammettere che la necessità di fare punti e curare il ranking sta portando anche i direttori sportivi più vincenti, quelli che avrebbero ragionato come nella nostra premessa, a tapparsi il naso e chiedere ai corridori di fare la volata tutti insieme per fare più punti possibile. Al di là della retrocessione di Marcellusi, portare a casa due piazzamenti nei primi 10, essendo consapevoli di non poter vincere, sarebbe stato per la VF Group un bottino interessante.