HASSELT (Belgio) – Duecento metri. E’ quanto è mancato alla nostra nazionale per aggiudicarsi il titolo europeo. Così, il belga Tim Merlier si è laureato campione d’Europa. Sul traguardo di Hasselt, il pubblico è esploso di gioia per la vittoria del connazionale, arrivata con il suo 14° successo stagionale. Medaglia d’argento all’olandese Olav Kooij e bronzo per l’estone Madis Mihkels.
Il Belgio festeggia, mentre l’Italia di Daniele Bennati mastica amaro. Solo un 13° posto per il nostro capitano Jonathan Milan. Immensa la delusione in casa azzurra.
Il pensiero di Bennati
La bellissima atmosfera della partenza si è comprensibilmente trasformata in pesante delusione. Pochi attimi prima del via, il commissario tecnico Daniele Bennati ci aveva confidato scherzosamente: «Sto bene, dai, la gamba è buona!”. Poi, più seriamente, aveva aggiunto: «I ragazzi sono tranquilli, carichi e motivati. Speriamo che tutto ciò di cui abbiamo parlato nelle varie riunioni si ricrei in gara. Però, si sa, spesso in corsa il 90 per cento delle cose preparate vanno diversamente. Siamo comunque pronti a qualsiasi scenario, anche se è chiaro che Van der Poel e Pedersen non vorranno arrivare in volata, quindi cercheranno di fare casino prima».
Tutto è stato eseguito alla perfezione, a parte la mancata reazione all’ultima accelerazione di Pedersen, che ci ha costretti a inseguire, bruciando energie e uomini preziosi per lanciare Milan sul rettilineo finale.
Logicamente, la sconfitta ha creato malumore e musi lunghi. Bennati, sempre gentilissimo e disponibile, non si è però tirato indietro nel post gara: «Diciamo che si è creato uno scenario che avremmo dovuto evitare. Purtroppo, la corsa si è sviluppata in un certo modo e i nostri si sono dovuti prendere la responsabilità di inseguire il gruppetto dei sei, dove c’erano Pedersen, Van der Poel e Laporte».
«Abbiamo dovuto sacrificare Affini e Cattaneo – riprende il cittì – che sarebbero stati utilissimi negli ultimi 3 chilometri. L’obiettivo numero uno era non far rimanere Jonathan chiuso e uscire al momento giusto. Purtroppo, siamo dovuti uscire troppo presto, e così, partendo ai 1.300 metri dall’arrivo, siamo rimasti troppo lunghi. Inevitabilmente, la velocità non era abbastanza alta per spianare la strada a Milan, e Merlier, partendo da dietro, ci ha sorpreso. Non dovevamo permettere che si creasse questa situazione, ma i ragazzi hanno fatto il massimo e dato l’anima. Complimenti al Belgio e a Merlier, che sono riusciti a sfiancarci e lasciarci con pochi uomini nel finale».
Parola agli azzurri
Oltre a Bennati, i più disponibili a parlare sono stati Davide Ballerini e, dopo il lungo debriefing sul pullman, Mirco Maestri ed Edoardo Affini. Jonathan Milan e Simone Consonni si sono chiusi nel silenzio.
«Abbiamo dato l’anima – ha detto Davide Ballerini – come sempre per difendere i colori della nazionale. Siamo stati presenti in tutte le occasioni, ma purtroppo ci siamo fatti trovare impreparati in un momento cruciale. L’inseguimento ci è costato due uomini. Poi, abbiamo provato a fare il miglior treno possibile, ma comprensibilmente i meccanismi non sono perfetti come nelle squadre di club, correndo insieme meno spesso».
Mirco Maestri, alla sua prima convocazione in nazionale, si lascia avvicinare mentre mangia una crostata, che malgrado lo zucchero rimane amara: «Abbiamo gestito bene la corsa per portare Milan nel miglior modo possibile nel finale, ma poi con Cattaneo e Affini ci siamo sacrificati per chiudere sul gruppo di Pedersen e Van der Poel. Se non fosse stato per noi, sarebbero arrivati loro. Purtroppo con degli uomini in meno la velocità è calata e siamo stati sorpresi da dietro. Jonathan non è riuscito a fare la volata, ed è un vero peccato per la forma che aveva».
Edoardo Affini conclude una settimana comunque positiva a titolo personale, dopo la vittoria nella cronometro individuale di mercoledì: «Purtroppo è mancato il risultato, ma penso che abbiamo fatto tutto bene almeno fino ai -3 km. Qualcosa non ha funzionato negli ultimi vagoni».
Allora, il Belgio è stato furbo o ha giocato d’azzardo? «Il Belgio – confida Affini – ha dato un paio di cambi, ma sinceramente penso che abbia tenuto gli uomini per tirare la volata. Noi abbiamo preso le nostre responsabilità. In ogni caso, sono contento della squadra e, sì, a livello personale è stata una settimana fantastica».
A poco è servito aspettare a lungo per parlare con gli altri protagonisti. Quando finalmente sono scesi dal bus, sia Consonni che Milan non avevano voglia di rilasciare dichiarazioni. Certo, l’amarezza è comprensibile, ma si è campioni anche quando, a freddo, dopo doccia e debriefing, si lascia un commento. Adesso per il cittì e gli azzurri l’attenzione si sposta verso il Mondiale.
Il percorso
Sono stati percorsi 222,8 chilometri con partenza da Heusden-Zolder e arrivo ad Hasselt, nel Limburgo belga. Essendo nelle Fiandre, il percorso comprendeva qualche tratto di pavé. Nulla di paragonabile alle Classiche del Nord, ma questi settori sono stati decisivi per animare la corsa.
Partiti dal circuito di F1 di Zolder, i corridori si sono diretti verso Hasselt, dove hanno affrontato un circuito cittadino pianeggiante da ripetere tre volte. Le cose si sono fatte serie una volta raggiunto il “circuito del Limburgo”, lungo 32,5 chilometri e ripetuto tre volte. Il menu includeva i primi due tratti di pavé, quelli di Manshoven (1.300 metri) e Op de Kriezel (1.500 metri), e due piccoli muri: il Kolmontberg (600 metri al 4,5 per cento) e il Zammelenberg (700 metri al 4,2 per cento).
Dopo aver superato questi ostacoli, i corridori sono tornati ad Hasselt, dove l’arrivo era previsto dopo un giro e mezzo del circuito. In totale, il percorso comprendeva 8 settori di pavé e sei muri, anche se non particolarmente impegnativi.
La gara
Come previsto, la corsa è stata animata da corridori come Pedersen e Van der Poel, costretti a evitare una volata. A 55 chilometri dal traguardo, durante l’ultimo passaggio su Op de Kriezel, con l’ennesima accelerazione di Pedersen, si è formato un gruppo di 6 uomini… e che gruppo!
Mathieu Van der Poel, Danny Van Poppel (Olanda), Christophe Laporte (Francia), Mads Pedersen (Danimarca), Jonas Rutsch (Germania) e Arthur Kluckers (Lussemburgo). Nessun italiano è riuscito a inserirsi, così Affini e Cattaneo hanno dovuto lavorare duramente per limitare i danni in testa al gruppo. Il vantaggio massimo del drappello di testa è stato di 28″.
Il Belgio ha giocato d’azzardo, lasciando agli italiani il compito di inseguire. A -31 chilometri, 6 azzurri erano in testa al gruppo, riducendo il distacco a 7 secondi. Van der Poel si è voltato scuotendo la testa, mentre Pedersen ha continuato a spingere in testa sull’ultima difficoltà di pavé (500 metri) a 28 chilometri dall’arrivo. Tuttavia, con l’aiuto del Belgio, gli azzurri sono riusciti a riprendere i fuggitivi, compattando il gruppo ai -25 chilometri. Ma, nonostante le maglie azzurre in testa fino a 250 metri dall’arrivo, è stato il belga Tim Merlier a vincere.