Van Der Poel, la “prima” diventa uno show impressionante

16.12.2023
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Van Aert chiama, Van Der Poel risponde. A pochi giorni dalla vittoria di Essen del campione belga della Jumbo-Visma, anche l’iridato dell’Alpecin Deceuninck esordisce nel ciclocross vincendo. Anzi dominando, perché a Herentals (proprio nella casa del rivale, assente perché in ritiro prestagionale con la squadra in Spagna) VDP non ha lasciato che le briciole ai rivali, mostrando una superiorità imbarazzante sul resto della compagnia.

L’iridato ha stroncato il gruppo sin dalle prime battute, dimostrando una potenza clamorosa (foto Eurosport)
L’iridato ha stroncato il gruppo sin dalle prime battute, dimostrando una potenza clamorosa (foto Eurosport)

«Supremazia imbarazzante»

E’ proprio così, “imbarazzante” che definisce la gara Luca Bramati, che l’ha seguita con grande attenzione sugli schermi di Eurosport e subito dopo la sua conclusione tradisce dalla voce lo stupore per quel che ha visto.

«E’ stata una bella gara… per il secondo posto. Così la si può sintetizzare – spiega il bergamasco – perché l’olandese ha messo in chiaro la differenza di potenza con pochissime pedalate. Il campione europeo Vanthourenhout ha provato a tenerlo per i primi 500 metri ed è saltato del tutto, poi ci ha provato Iserbyt, ma a metà primo giro ha mollato e per tre tornate ha sofferto lo sforzo. Non c’era proprio partita, ma anche se la gara è diventata un monologo, ha detto molto…».

Bramati mette l’accento sull’immagine fisica stessa del corridore: «Le telecamere di Eurosport si sono soffermate spesso sulla sua pedalata: VDP ha delle gambe impressionanti, che non ho mai visto a quel livello e mi confermano le impressioni che mi confidava mio cugino Davide (il diesse della Soudal QuickStep, ndr) che lo ha incrociato spesso in questi giorni a Calpe e aveva notato carichi di lavoro spaventosi che Van Der Poel sta facendo già da tempo, chiaramente non pensando solo al ciclocross ma guardando più in là, verso la strada e il suo doppio impegno olimpico considerando anche la mtb».

Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport emerge la potenza e l’agilità di VDP, anche nella corsa
Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport emerge la potenza e l’agilità di VDP, anche nella corsa

La sfida non c’è stata

A questo punto non si può più parlare neanche di rassegnazione da parte degli avversari: «No, è una presa d’atto, sanno che contro uno del genere non si può nulla, se non c’è un intervento esterno come una caduta. Anzi, a Herentals Van Der Poel a ogni giro guadagnava manciate piene di secondi, poi è scivolato a metà gara e da allora è andato avanti con grande circospezione, spendendo la metà di quel che poteva, infatti guadagnava molto meno».

La gara di Herentals, valida per l’H2O Badkamers Trofée, era la prima occasione in cui si ritrovavano insieme almeno due dei “tre tenori”, nel caso VDP e Pidcock, ma non si può certo parlare di una sfida fra loro due perché il britannico, per ragioni di ranking, è stato costretto a partire quasi dal fondo e per più di metà gara ha dovuto pensare ai tantissimi sorpassi da effettuare.

Per Pidcock una prima parte di gara tutta in rimonta, ma anche lui si è mostrato ampiamente superiore a tutti
Per Pidcock una prima parte di gara tutta in rimonta, ma anche lui si è mostrato ampiamente superiore a tutti

L’esordio di Pidcock

«Tom ha fatto una bellissima gara – è il giudizio di Bramati – il suo secondo posto finale di fronte a Vdp non lo sminuisce minimamente. Non si può parlare di sfida e in questa occasione non credo neanche ci sarebbe stata se fossero partiti alla pari, troppa la potenza dell’olandese. Il corridore della Ineos però ha corso con grande intelligenza, si è gestito nei primi giri riguadagnando con calma. Poi ha badato a Iserbyt, Van Der Haar e Mason e nel giro finale ha espresso la sua maggiore potenza sui tre. Una grande prestazione anche la sua».

L’impressione è che i due abbiamo comunque grandi margini di crescita, sia nella prestazione fisica, ma ancor più dal punto di vista tecnico: «E’ indubbio e ho l’impressione che lo sappiano entrambi – prosegue Bramati – anche per questo VDP dopo lo scivolone ha scelto una condotta più controllata. C’è da lavorare sul piano della guida anche perché non tutti i percorsi esaltano la potenza come quello di Herentals. C’è però un aspetto da sottolineare a proposito del vincitore: nella principale salita del circuito, quella dove tutte le ragazze scendevano di bici e anche gli uomini hanno sempre faticato a restare in sella, lui saliva con il 50 davanti…».

VDP nelle interviste dopogara ha espresso tutta la sua soddisfazione per un esordio molto promettente
VDP nelle interviste dopogara ha espresso tutta la sua soddisfazione per un esordio molto promettente

VDP-Van Aert, la vigilia di Natale

«Questo è un dato che dice tutto della superiorità fisica che può mettere in campo – continua nella sua disamina Bramati – sinceramente non so se Van Aert sia allo stesso livello. E’ chiaro che una vittoria come quella odierna esalta ancor di più la prima sfida che vedrà impegnati tutti e tre, la vigilia di Natale ad Anversa».

Davanti ai microfoni Pidcock, pur soddisfatto della sua prima prestazione sui prati giudicandola anche oltre le sue aspettative della vigilia, ha confermato che per quest’anno i mondiali non sono nel suo programma, allineandosi così all’idea di Van Aert. Dopo un dominio così schiacciate, verrebbe da pensare che il titolo mondiale di ciclocross 2024 sia già virtualmente assegnato, ma Bramati mette in guardia.

«Il percorso di Tabor – dice – è molto diverso, soprattutto se sarà ghiacciato. Allora potrebbe diventare più difficile di quello di Vermiglio. In Repubblica Ceka conteranno altri aspetti oltre alla potenza: la guida, l’equilibrio, anche la calma. Io dico che Van Der Poel sarà nettamente il favorito, ma la corsa se la dovrà giocare».

Il podio finale con VDP, Pidcock secondo a 27″, terzo Van Der Haar a 28″, ora leader del circuito (foto Eurosport)
Il podio finale con VDP, Pidcock secondo a 27″, terzo Van Der Haar a 28″, ora leader del circuito (foto Eurosport)

Qualcosa di unico

Resta comunque la sensazione che in nessuno sport, neanche nel tennis al tempo dei “big four” Djokovic, Nadal, Federer e Murray, ci sia mai stato uno strapotere tale da parte di pochissimi corridori, capaci appena entrano in gioco, senza nessun passaggio intermedio, senza alcun prologo agonistico, di dare scacco matto a chi la stagione l’ha affrontata tutta crescendo gara dopo gara. E solo il tempo potrà dire se questo per la disciplina è un bene…

“Mentalità Belga”, la chiave di Bramati per il cross in Nord Europa

07.11.2023
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«Avete presente quelle magliette con su scritto “mentalità belga”? Ecco, quello è ciò che serve e che si troverà andando ad un ciclocross nel Nord Europa». Luca Bramati ci porta subito nel cuore dell’articolo. Tra pochi giorni saremo in Belgio anche noi e ci tufferemo nel cuore di catini storici del cross come Niel e Dendermonde.

«Lassù è un altro sport – spiega Bramati, oggi tecnico della Alé Cycling Team – E la dimostrazione l’abbiamo avuta anche l’altro giorno al campionato europeo: un percorso veloce, con l’acqua è cambiato del tutto ed è diventato un percorso da ciclocross vero. E i nostri, a parte qualche caso, sono naufragati perché non siamo più abituati».

Il grande pubblico, componente fondamentale nei ciclocross del Nord Europa
Il grande pubblico, componente fondamentale nei ciclocross del Nord Europa
A Pont-Chateu abbiamo visto rettilinei lunghi, dislivelli, sezioni ampie, noi abbiamo anelli di fettucciato. Lassù anche questo aspetto è diverso?

Con quei percorsi del Nord se hai gamba in qualche modo emergi. Da noi c’è questa abitudine di fare le gimkane, perché di questo si tratta. Però le gimkane le fanno i bambini e quando poi vai nei percorsi veri è normale che fai fatica. Purtroppo da qualche anno è così in Italia.

Prima era tanto diverso?

Sì, decisamente. Prima c’erano i percorsi, percorsi veri. Per dire, anche Milano ai tempi della Montagnetta si correva su un percorso vero. Adesso vogliono concentrare tutta la gara in un campo da calcio ed è normale che fai le gimkane.

“Torniamo in Belgio”. Tu ci hai corso lassù. L’atleta cosa sente? Percepisce l’idea che sta disputando un evento di serie A? 

Sicuramente sì, perché correre davanti a 20.000 persone o anche di più è emozionante. Però questo dipende anche dalla freddezza dell’atleta. Ci sono degli atleti che patiscono tutto ciò, perché comunque si è anche intimoriti da una cosa del genere. E ci sono invece atleti che si esaltano a correre in mezzo alla bolgia.

Luca Bramati (classe 1968) lassù ci ha anche vinto: «Bisognava essere anche sfrontati»
Luca Bramati (classe 1968) lassù ci ha anche vinto: «Bisognava essere anche sfrontati»
A te piaceva personalmente?

Sì, sì! Mi è sempre piaciuto, anche perché ero un tipo esuberante. Non avevo paura di niente ed mi buttavo nella mischia.

E poi cambiano gli avversari: Li ci sono i “cavalli veri”, con le cosce grosse, i motori potenti e grandi abilità: com’è l’approccio mentale? Si studiano anche i corridori?

In realtà non fai in tempo a studiarli, poi dipende anche dal livello a cui sei. Se vai bene, tutto sommato qualcosa puoi fare, ma purtroppo il livello attuale degli italiani è veramente basso. Quella gente neanche la vedi in corsa.

Ma nel contesto magari sì: la preparazione, i momenti prima e dopo la gara. La ricognizione…

Ma sono attimi troppo piccoli. In quei momenti tu stesso cerchi di capire il più possibile quello che ti serve. Come affrontare quella curva, dove spingere… Io continuo a dirlo ai miei atleti che il corridore vero deve essere anche intelligente. Non può essere superficiale, perché poi non si ricorda la curva, la staccata… Uno intelligente memorizza tutti i punti dove deve mettere la ruota. Ha una certa memoria fotografica. Fateci caso: Van Aert, Van de Poel…  ogni volta che passano mettono la ruota sempre in quei 5 centimetri. Vuol dire che tu hai lucidità, che sei sveglio.

Scegliere l’abbigliamento è fondamentale secondo Bramati
Scegliere l’abbigliamento è fondamentale secondo Bramati
Ma questi sono i campioni, tutto ciò che abbiamo detto sin qui vale anche per i più giovani? Gli under 23 o gli juniores?

Loro corrono più allo sbaraglio. Non si conoscono tutti, perché corrono poco assieme… In generale sono un po’ disorientati.

E quindi sono al parco giochi o all’inferno?

Dipende… È un inferno nel parco giochi! Spesso li ho visti sballottati, spaesati. Ci sono avversari che ti passano da tutte le parti, con un’altra foga. Ci sta che sei frastornato, che non riesci a capire cosa fare. Non abbiamo sicuramente un leader neanche negli under 23.

E nella valigia cosa si mette? Giacche a vento, copriscarpe gomme da fango.

Devi avere un programma ben chiaro di ciò che devi mettere, anche in base alle tue caratteristiche. Guanti da freddo o guanti intermedi, in base a quanto lo soffri. Body pesante, body leggero sapendo di essere pronto ai cambiamenti del tempo ogni 30 secondi. Ma trenta secondi veri! All’europeo ero sull’arrivo che c’era il sole e 200 metri più in là era “buio” e pioveva. Per quanto riguarda invece i materiali, le gomme su tutto, ci pensano i meccanici. Ma come detto all’inizio serve la mentalità belga per stare lì in mezzo. Bisogna essere sfrontati.

Corvi alla Guerciotti: il cross ci sarà, ma in misura ridotta

03.11.2023
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La notizia era nell’aria sin dall’inizio della stagione sui prati, ma si è concretizzata solo nelle ultime ore: Valentina Corvi approda al team Fas Airport Sevices-Guerciotti-Premac. Il che significa che la sua permanenza nel ciclocross è assicurata e spazza via le voci che la volevano sempre più lontana dalla specialità. Lei come altre big – Persico e Venturelli su tutte – sulla cui presenza invece Pontoni ha già avuto rassicurazioni, sebbene si parli di un impegno limitato rispetto al passato per non stressarle alla vigilia di un’importante stagione su strada.

La stessa Corvi non nega di essere stata combattuta su cosa fare nella stagione invernale: «Avevo concluso l’attività di mtb molto stanca, sentivo il bisogno di staccare la spina. Poi però ragionando con il mio preparatore siamo giunti alla conclusione che abbandonare il ciclocross sarebbe stato controproducente, anche per preparare al meglio l’attività principale della mountain bike, perché in qualche modo completa l’avvicinamento. Bisognava solamente rimodulare il mio calendario, per questo abbiamo previsto il mio esordio nel cross non prima della fine di novembre».

Il giorno della firma. L’azzurra va ad arricchire il parco atlete del team Guerciotti
Il giorno della firma. L’azzurra va ad arricchire il parco atlete del team Guerciotti
Com’è andata la stagione offroad?

Era partita molto bene, ma ad aprile ho avuto problemi fisici che mi hanno un po’ debilitata. Sono comunque riuscita a riprendermi al punto da conquistare la vittoria agli europei di categoria e quella è stata davvero una gioia enorme. Contavo di far bene anche agli italiani e soprattutto ai mondiali, ma ho sbagliato qualcosa nei giorni precedenti la trasferta iridata, perdendo così la forma che avevo raggiunto e i risultati sono stati modesti. Diciamo che poteva andare molto meglio, ma con la medaglia d’oro al collo non posso comunque lamentarmi.

Perché hai scelto di passare nel team di Guerciotti?

La decisione di correre nel ciclocross l’ho presa molto tardi, per questo non avevo deciso alcunché come team di riferimento. Poi, quando l’orizzonte si è diradato, mi sono guardata intorno e si è palesata l’opportunità di approdare in quello che è uno dei team più qualificati non solo in Italia. Ho deciso di dire sì anche perché cambiando categoria avevo bisogno di affidarmi a una struttura consolidata, capace di farmi crescere ulteriormente. Sono contenta di essere nelle loro sapienti mani.

Per la Corvi una buona stagione di Mtb nella prima parte, con le delusioni di tricolori e mondiali (foto Instagram)
Per la Corvi una buona stagione di Mtb nella prima parte, con le delusioni di tricolori e mondiali (foto Instagram)
La domanda è d’obbligo: tu eri parte di un altro team consolidato come quello di Bramati, com’è stato il distacco?

Ci tengo a sottolineare che Luca non potrò mai ringraziarlo abbastanza. Con lui ho fatto esperienze importantissime, è stato decisivo nella mia crescita e ho colto risultati di spicco, ma sentivo il bisogno di cambiare prospettive. Con il suo team comunque mi sono sempre trovata bene, gli sarò sempre grata.

Sembra di capire che il cambio di categoria ti inquieta un po’…

Non posso negarlo, è un passaggio impegnativo e va affrontato con consapevolezza e attenzione. Anche perché si sale di età, ma si sale e tanto anche di livello e questo vale sia per il ciclocross che per la mountain bike. Le ultime stagioni hanno dimostrato che la qualità cresce velocemente. Anche per questo abbiamo scelto di non fare un calendario completo, ma di avvicinarci per gradi e questo varrà anche nella mtb.

Il podio degli europei di mtb nella portoghese Anadia, con Corvi meritatamente prima
Il podio degli europei di mtb nella portoghese Anadia, con Corvi meritatamente prima
Molti altri ragazzi, sia tuoi coetanei che più grandi hanno mostrato una certa ritrosia a rimanere nel ciclocross, preferendo dedicarsi solo a una specialità.

Non nego di averci pensato anch’io. Allenarsi per il ciclocross è complicato, richiede tempo ed è complicato farlo in una stagione dove le ore di luce sono meno e il clima (almeno da me) è davvero rigido. Nella comparazione tra vantaggi e svantaggi abbiamo comunque convenuto che prevalgono i primi, perché il ciclocross ti dà quella completezza fisica, quella forza, quella reattività che poi saranno armi in più anche a stagione finita, cambiando bici.

Diresti lo stesso se fossi una stradista?

Non saprei, non ho abbastanza esperienza con la superleggera. La preparazione è molto diversa da quella che affronto io. Non è però un caso se i migliori atleti sono tutti corridori che fanno anche ciclismo su strada, quindi i vantaggi ci sono anche in quel caso.

L’azzurra era stata seconda agli europei del 2022 fra le juniores, quest’anno ha scelto di rinunciare
L’azzurra era stata seconda agli europei del 2022 fra le juniores, quest’anno ha scelto di rinunciare
La tua amica-rivale Venturelli è solita dire che d’inverno il ciclocross l’aiuta a mantenere vivo lo spirito agonistico e interrompe la monotonia della preparazione.

Ha pienamente ragione, c’è anche l’aspetto del puro divertimento che va messo in conto. Sapere che ti aspetta la gara, affrontarla spinge la tua prestazione in avanti. E’ comunque un aspetto importante.

Ti sei posta degli obiettivi?

Riguardo alla stagione di ciclocross no, voglio affrontarla con la mente sgombra cercando unicamente di essere a un buon livello, soprattutto per la rassegna tricolore. Poi vedremo il da farsi, in base alla mia condizione e alla situazione generale.

Ciclocross alle porte, viaggio fra i team nostrani

13.09.2023
6 min
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Mentre la stagione su strada si avvia alla sua conclusione con ancora tante emozioni da vivere, tra finale della Vuelta, europei, classiche italiane di fine stagione già si parla di ciclocross. Pontoni è diviso fra l’allestimento della nazionale di gravel per i mondiali dell’8 ottobre e la programmazione dei primi impegni sui prati, le squadre intanto fanno i loro progetti per il nuovo anno, con qualche novità e soprattutto con un atteggiamento nuovo verso la struttura della stagione italiana.

Questo almeno è quel che emerge dai primi contatti con i responsabili di alcune squadre fra quelle più in vista, quelle che vengono viste un po’ come le colonne portanti di un movimento che attende lo start, previsto per il 1° ottobre con l’apertura del Giro d’Italia.

Guerciotti con Sara Casasola, che resta la sua punta di diamante femminile, ma si lavorerà sulle junior
Guerciotti con Casasola, sua punta di diamante femminile, ma si lavorerà sulle junior

Nuovi sponsor per Guerciotti

A prima vista può sembrare che in casa Guerciotti tutto sia come prima, ma non è così: la squadra di ciclocross viene ridisegnata partendo soprattutto dal sostegno degli sponsor.

«Entrano importanti entità come Premac e Fas Airport Services – afferma Alessandro Guerciotti – grazie a loro contiamo di allargare la nostra attività e naturalmente ottenere sempre nuovi successi. La nostra ambizione è essere protagonisti un po’ in tutte le categorie, ma soprattutto abbiamo investito sul settore femminile junior acquisendo i migliori prospetti, per dare anche un messaggio di speranza e investire sulla crescita del settore».

L’obiettivo del team lombardo è fare molta attività all’estero, in contesti che consentano ai ragazzi di acquisire esperienze ed emergere: «Gareggeremo soprattutto in Svizzera – prosegue Guerciotti – dove faremo il nostro esordio il 24 settembre e in Francia, ma non per questo trascureremo il Belgio che resta la patria di questo sport. Nel periodo delle feste tutti i migliori si concentrano lì, noi ci saremo speriamo nella forma migliore, anche perché di lì a poco ci saranno i campionati italiani che sono il nostro riferimento principale».

Cambio di casacca per Lucia Bramati e tutto il suo gruppo che approda in Emilia Romagna
Cambio di casacca per Lucia Bramati e tutto il suo gruppo che approda in Emilia Romagna

Anche Bramati cambia colori

Novità in vista anche per Luca Bramati: se nella mtb il marchio di riferimento resta Trinx, nel ciclocross tutto il suo gruppo affluisce nell’Alé Cycling Team: «E’ il gruppo di Milena Cavani, con la quale ho condiviso svariate stagioni di ciclismo offroad. Il roster resta pressoché lo stesso, con Eva Lechner che probabilmente vivrà la sua ultima stagione di vertice».

Anche la Alé Cycling affronterà tutte le categorie con un gruppo di 19 corridori, decisamente ampio: «Quest’anno però seguiremo con più attenzione il calendario nazionale, che è stato arricchito con molte prove internazionali che danno punti Uci, ma non per questo trascureremo l’attività all’estero. La sensazione è che comunque, da parte della Federazione, si ascoltino finalmente le richieste e i suggerimenti delle società».

Bramati mantiene però un punto di vista critico sulla gestione della nazionale di Pontoni: «Lasciamo che finisca il quadriennio olimpico, poi si vedrà. Pensare di partecipare ai grandi eventi solo se hai la possibilità di vincere medaglie è utopistico. Ho sempre detto che mondiali ed europei devono essere l’occasione per far fare ai ragazzi esperienze fondamentali. Io comunque vado avanti per la mia strada, so che a livello giovanile ho bei talenti per le mani, ma devono crescere con calma e facendo i giusti passi».

Per Nicolas Samparisi e il suo team un inizio stagione ritardato a causa di mtb e gravel
Per Nicolas Samparisi e il suo team un inizio stagione ritardato a causa di mtb e gravel

Samparisi e lo stress da fuoristrada

Chi invece mantiene la sua impostazione consolidata è la Ktm Alchemist powered by Brenta Brakes, ossia il team dei fratelli Samparisi. Tra mtb e gravel, la loro stagione del ciclocross inizierà più tardi e questo certamente rappresenta un problema, considerando i calendari.

«Noi abbiamo avuto una stagione molto intensa nelle ruote grasse – spiega Lorenzo – partecipando a ben 7 corse a tappe. Ormai il calendario delle marathon e prove a tappe è ricchissimo, i nostri chiuderanno con oltre 50 giorni di gara, siamo a livelli da ciclismo professionistico su strada. Questo influirà sul nostro calendario di ciclocross, ma ci aiuta la sua nuova struttura nazionale, significa che viaggeremo un po’ meno, faremo meno prove di Coppa del mondo ormai strutturata su troppe gare».

Una scelta che Lorenzo è deciso ad attuare anche per preservare i suoi ragazzi: «L’esperienza mi ha insegnato che i risultati arrivano solo quando i ragazzi sono al massimo dal punto di vista fisico, ma anche mentale e psicologico. Un’attività troppo stressante non fa assolutamente bene, la coincidenza dei tre aspetti deve sempre essere considerata».

Diversa invece la sua posizione sulla gestione della nazionale: «Con Pontoni abbiamo contatti frequenti, c’è un feedback continuo e questo va a vantaggio dell’attività e della gestione dei ragazzi. Ora siamo tutti concentrati, noi e lui, sul gravel, vedremo poi come venirci incontro per il ciclocross. Il nostro gruppo è rimasto lo stesso, ma contiamo molto sul giovanissimo Falcioni, laureatosi tricolore di cross country nella sua categoria, che può fare il salto di qualità anche sui prati».

Alessia Bulleri in azione. L’elbana farà una stagione a metà visti gli impegni per il team della strada
Alessia Bulleri in azione. L’elbana farà una stagione a metà visti gli impegni per il team della strada

Cycling Café, un anno italiano

Il nuovo calendario, arricchito di prove internazionali, rappresenta un indubbio aiuto e anche la Cycling Café, la società di Cristian Cominelli e Alessia Bulleri è intenzionata a sfruttare maggiormente questa possibilità. Fabio Ottaviani, responsabile del team di Ciampino alle porte di Roma conferma che la squadra, riconfermata nel suo roster salvo Baldestein che passa fra i dirigenti, svolgerà la sua attività soprattutto in Italia.

«Il calendario in questo modo sicuramente ci aiuta – spiega – anche se non rinunceremo ad alcune trasferte, in Svizzera per l’apertura della stagione in Slovenia a novembre per due gare. Il problema è la gestione dei corridori che fanno anche strada: la stessa Bulleri già sa che quest’anno non potrà rinunciare allo stage invernale di preparazione con il suo team spagnolo».

Anche per questo il team segue un po’ un sentiero tracciato da altri e punta sui giovani: «Abbiamo 5 junior, di cui un paio dalla Toscana e uno dalla Puglia, che sono molto promettenti e puntiamo su di loro per la stagione italiana, come Ferruzzi che quest’anno ha vinto l’Eroica per allievi».

E il discorso nazionale? Questo resta un punto interrogativo: «Con Pontoni non ci sono stati contatti, salvo per lo stage di Monte Prat dove ho portato mia figlia. Ma so che Daniele deve far fronte a mille impegni soprattutto ora che c’è alle viste il mondiale gravel che interesserà anche i nostri, quindi confido che dopo ci saranno occasioni di confronto. Una Bulleri brillante potrebbe rientrare nel giro azzurro».

Il ciclocross chiude la stagione fra venti di bufera

18.02.2023
6 min
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Come sempre succede, la stagione del ciclocross va lentamente spegnendosi dopo la disputa dei mondiali. La rassegna iridata di Hoogerheide ha però lasciato degli strascichi, soprattutto in casa italiana con un montare di polemiche dettato dai risultati. Ma sarebbe meglio dire dalle mancate medaglie, visti i due “legni” ottenuti peraltro da Venturelli e Persico, le due annunciate punte della squadra.

A innescare le discussioni fra le società di ciclocross sono state le parole di Luca Bramati, tecnico della Trinx, messe per iscritto in una lettera inviata a dirigenti e addetti ai lavori immediatamente dopo la conclusione della rassegna iridata.

«Il comportamento e le decisioni del Cittì Daniele Pontoni, condivise dalla Federciclismo – ha scritto Bramati – sono stati sbagliati sia nel merito sia nel metodo per tutto l’arco della stagione. Nel metodo, è mancato totalmente il dialogo sia con la stragrande maggioranza degli atleti sia con i tecnici e i manager delle squadre. Malgrado questa grave lacuna gli sia stata puntualmente rappresentata a metà stagione in un incontro con presente Roberto Amadio, nulla è cambiato.

«Metodo totalmente assurdo che porta poi nel merito a voler gestire in proprio la rifinitura della preparazione degli atleti a questi campionati del mondo. Senza così coinvolgere chi la preparazione dell’atleta l’ha curata tutta la stagione, stravolgendo metodiche di allenamento e carichi di lavoro. Con esiti evidenziati dallo ZERO nel medagliere finale di Hoogerheide.

Pontoni e Bramati, rivali da atleti, oggi su posizioni concettuali diverse sul futuro del ciclocross italiano
Pontoni e Bramati, rivali da atleti, oggi su posizioni concettuali diverse sul futuro del ciclocross italiano

Pochi azzurri ai mondiali

«Altro grave errore nel merito – prosegue Bramati – portare solo 14 corridori ai mondiali nella vicina Olanda, quando si poteva quasi raddoppiare la nostra presenza. Non convocare atleti è una sconfitta per il movimento. In una disciplina che non regala soddisfazioni economiche, la convocazione ai mondiali è uno stimolo e una crescita per gli atleti, una soddisfazione ed un impulso ad andare avanti per le squadre. Sono stati lasciati a casa, delusi e sconfortati, parecchi atleti meritevoli che non avrebbero sfigurato più di quelli schierati, ma che da questi Mondiali avrebbero avuto motivazioni per continuare e per migliorare».

Ascoltato in merito Bramati ha rincarato la dose: «Le scelte di Pontoni, con il quale peraltro abbiamo frequenti contatti – dice – sono controproducenti per le squadre. Se non porti gli atleti di vertice delle società al mondiale che è la vetrina per antonomasia, cade tutta l’attività, che cosa porti agli sponsor? Se il mondiale viene riservato solo a una ristretta cerchia di corridori, qualsiasi sia il metodo di scelta, non si danno stimoli a tutto il movimento del ciclocross italiano.

Hoogerheide è stata una festa per 50 mila persone. In Italia i numeri sono molto diversi
Hoogerheide è stata una festa per 50 mila persone. In Italia i numeri sono molto diversi

Il contributo delle società

«Si è parlato di scelte dettate da scarsità di fondi – afferma Bramati – ma sono sicuro che ogni società ci metterebbe del suo per sostenere la trasferta. Parlando non solo degli atleti, ma anche del personale a loro disposizione. Faccio un esempio: i belgi ai mondiali, salvo i 2-3 di primissimo livello, hanno al seguito meccanici messi a disposizione dalle squadre di appartenenza. Praticamente ogni atleta ha il suo staff. Perché non possiamo fare lo stesso?».

Nel frattempo Pontoni dava indirettamente una risposta partecipando alla trasmissione Scratch Tv, ospite di Nicola Argesi.

«Ai mondiali erano in 14 – ha detto – ma nel corso dell’anno abbiamo sostenuto, fra trasferta in Spagna a inizio stagione, Coppa del mondo ed europei, 13 trasferte di ciclocross con 150 atleti ruotati fra le varie categorie. La filosofia, condivisa con Amadio, è dare ampio spazio a tutti in queste prove. Al mondiale però andrà un gruppo ristretto, una quindicina di atleti perché è la summa della stagione, dove si deve dare valore alla maglia e devono essere presenti i migliori.

«Le società non possono aspettare sempre che la Federazione si muova – rincara la dose il cittì – anche loro devono sostenere l’attività all’estero, dare possibilità ai propri ragazzi di fare esperienza, crescere ed emergere. E’ stata una decisione tecnica sulla quale sono convinto di andare avanti».

Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Vito Di Tano, diesse della Gurciotti Selle Italia Elite. Il suo team ha fatto molta attività all’estero
Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Vito Di Tano, diesse della Gurciotti Selle Italia Elite. Il suo team ha fatto molta attività all’estero

Una linea non condivisa

Il malessere coinvolge diverse società. La Torpado ad esempio, formazione nella quale milita Dorigoni, sarebbe portata ad esempio a limitare la partecipazione del suo pupillo ai soli campionati italiani per preservarlo per la stagione Mtb. Lo stesso Vito Di Tano, responsabile della Guerciotti Selle Italia Elite, non nasconde la sua perplessità.

«Il problema – spiega – è la mancanza di coinvolgimento delle società. Perché non concordare una linea d’azione con tutti i team, prima dell’inizio di stagione? Parliamoci chiaro: pensare di andare ai mondiali solo con gente che possa puntare al podio significa ridurre la presenza azzurra a un numero infinitesimale. Fra gli elite ad esempio, con quei due mostri (Van der Poel e Van Aert, ndr), è una strada impossibile per tutti. Noi facciamo tanta attività all’estero, siamo d’accordo con Pontoni su questo. Il mondiale però ha significati che vanno anche al di là del puro discorso legato al risultato».

Di Tano nella sua disamina chiama in causa anche altri fattori: «Qui in Italia affrontiamo percorsi che sono nella stragrande maggioranza molto diversi da quelli abituali di Belgio e Olanda, proprio per caratteristiche del territorio. E’ chiaro quindi che quando andiamo all’estero abbiamo un gap da colmare ed è difficile. Non essere presenti al mondiale toglie entusiasmo ai ragazzi e alle società, non si fa il bene del movimento».

Fontana ai mondiali ha chiuso 28°, lontano non solo dai campioni belgi e olandesi
Fontana ai mondiali ha chiuso 28°, lontano non solo dai campioni belgi e olandesi

Le differenze con gli altri

Il discorso, evidentemente, coinvolge soprattutto la categoria elite e analizzando le parole dei manager, questo gap è evidente. Non solo nei confronti di Belgio e Olanda, ma anche verso altre realtà più simili a noi, come Svizzera (3 atleti nella top 20), Francia, Spagna. Fontana, unico italiano al mondiale, ha chiuso 28°, preceduto da atleti di 9 Nazioni, quindi non solo le due corazzate che non a caso si sono divise le prime 8 posizioni.

Proprio partendo da questo assunto Pontoni da noi chiamato in causa ribadisce le sue scelte: «Non voglio rispondere a lettere ed entrare nel merito. Il mio pensiero l’ho già più volte condiviso avendo il pieno appoggio della Federazione. La convocazione va a chi se l’è meritata nel corso di tutta la stagione, ribadisco che per gli europei adottiamo una strategia, ma il mondiale è diverso».

Persico e Venturelli hanno chiuso quarte. Difficile considerare questa una mancanza di risultati…
Persico e Venturelli hanno chiuso quarte. Difficile considerare questa una mancanza di risultati…

L’orientamento per il futuro

C’è una preferenza verso le categorie giovanili? «Non è scritto: io considero di portare una media di 3 atleti a categoria. Quest’anno ce ne saranno stati di più in una e di meno in un’altra, ma non è detto che sarà così anche nel 2024. Resta il fatto che la maglia va guadagnata sul campo, perché al mondiale è mio dovere portare il meglio che c’è, la crema del movimento in grado di figurare in maniera degna».

Le bici da ciclocross andranno ora in soffitta per qualche mese, ma è facile presumere che di questi temi si continuerà a discutere. Ma al di là di lettere, chiacchiericci, polemiche, sarebbe bene che proprio a bocce ferme si procedesse con un confronto a viso aperto. Magari indetto proprio dalla Federazione, ascoltando le istanze delle società non solo in tema di convocazioni (Pontoni si assume la responsabilità tenendo fede al suo ruolo, in fin dei conti tornare a casa con due quarti posti qualche lustro fa sarebbe stato impensabile), ma di gestione più generale dell’attività, dalla struttura dei calendari alla promozione presso ai giovani fino all’incentivo verso la multidisciplinarietà. Farsi la guerra in casa difficilmente porta risultati…

Lo sprint di Hoogerheide con Franzoi, Bramati (e Bartoli)

10.02.2023
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Il mondiale in una curva. Il ciclismo è uno sport di situazione, lo abbiamo detto tante volte, e questo è il suo fascino. Basta un attimo, una scintilla che tutto può cambiare. Non contano sempre e solo le gambe. E’ passata neanche una settimana ma abbiamo ancora negli occhi lo spettacolo dei campionati del mondo di ciclocross di Hoogerheide, in particolare lo sprint, la sfida tra Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert.

Duello doveva essere e duello è stato. Due giganti che dopo mezzo giro di fatto avevano messo in chiaro chi comandava. Un duello fatto di watt, ma anche di tattica e questa è stata decisiva. E a ribadirlo sono stati due veri esperti: Enrico Franzoi e Luca Bramati.

Dicevamo dell’ultima curva. Ci si aspettava che i due campioni ci arrivassero a mille all’ora e invece non solo ci sono arrivati piano, ma hanno anche rallentato. E ad abbassare ulteriormente la velocità è stato forse il belga. L’epilogo: un lungo sprint da bassa velocità che ha visto vincere l’olandese.

Van Aert si aspettava un attacco sugli ostacoli da parte di Van der Poel che non c’è stato
Van Aert si aspettava un attacco sugli ostacoli da parte di Van der Poel che non c’è stato

Questione di sguardi

«Ho il numero di Van der Poel – racconta Bramati – e gli ho inviato un messaggio in cui gli dicevo che lo aveva  battuto come suo papà Adrie aveva battuto me e Pontoni a Parigi! Mi ha risposto con una faccina sorridente!

«Detto ciò, per me la gara l’ha persa Van Aert. Forse VdP aveva un pelo in più di gamba, ma quel finale lo ha sbagliato lui. Van der Poel ha messo la corsa esattamente come voleva. E’ partito in quel modo e dopo un giro ha mandato tutti a casa. Così si è concentrato solo su Van Aert.

«Wout si aspettava un suo attacco in salita, ma non lo ha fatto. Si aspettava un attacco dopo le tavole, ma non lo ha fatto… Non sapeva cosa fare. A quel punto ha commesso l’errore di non partire prima lui. La gamba per vincere ce l’avevano entrambi. Gli è mancato il coraggio di partire prima».

Poi Bramati fa un’analisi che è da antologia del ciclismo.  «Era una volata alla pari per me, ma se ci fate caso – e io ho riguardato la gara più e più volte – nel momento in cui sta per iniziare la volata Van Aert ha gli occhi fissi su VdP. Mathieu aspetta l’attimo in cui Van Aert guarda avanti per valutare la distanza con il traguardo e in quel preciso momento, appena perde il contatto visivo, parte. E’ partito secco e su quel decimo di secondo è riuscito a prendergli i due metri che poi Van Aert non è più riuscito a chiudergli. VdP correva in casa, conosceva a menadito quel percorso e aveva studiato tutto nei minimi particolari. Lo ha voluto sfidare in volata».

Van Aert ha preso la testa nel finale, ma poi forse all’ingresso del rettilineo ha rallentato troppo
Van Aert ha preso la testa nel finale, ma poi forse all’ingresso del rettilineo ha rallentato troppo

Sprint “lento”

«Ho visto un Van der Poel che andava davvero forte – analizza Franzoi – ha attaccato e stava bene. Hanno fatto una volata quasi da fermi e in questi sprint Mathieu è leggermente favorito. Con la sua potenza, non che Van Aert non ne abbia, ma gli ha preso quei 2-3 metri che si è portato sino all’arrivo. Se lo avesse portato all’ingresso del rettilineo con una velocità più alta, bastavano 3-4 chilometri orari in più, avrebbe vinto Van Aert, forse sarebbe riuscito a recuperare».

Anche per Franzoi, Van der Poel ha giocato ottimamente le sue carte sul piano tattico.  «Per me lo ha spiazzato il fatto che VdP non lo abbia attaccato sugli ostacoli, come se fosse andato un po’ in tilt. Anche perché VdP veniva da un paio di attacchi importanti e magari gli avrebbe fatto male.

«Comunque alla fine ha vinto il più forte. Non era uno sprint semplice. Sì, forse Van Aert ha tentennato un po’ al momento del lancio dello sprint, ma sono valutazioni che in quel frangente non sono facili da analizzare. C’è una tensione tremenda e non è facile essere sempre lucidi. Ripeto, forse Van Aert si aspettava un finale diverso dopo gli ostacoli».

Rapporti e… Bartoli

Infine altre due considerazioni. La prima riguarda i rapporti e in particolare il confronto tra doppia (Van der Poel) e monocorona (Van Aert). E’ ipotizzabile che in questo finale ci siano state diverse reazioni al momento dello sprint. Eppure né Bramati, né Franzoi riconducono a questa differenza tecnica l’esito dello sprint. Semmai è la scelta del rapporto dell’atleta al momento del lancio. E in questo Franzoi una minima differenza la trova ma, ripetiamo, è una scelta di rapporto da parte dell’atleta e non un limite tecnico.

«Ho visto che Van Aert aveva un monocorona – ha detto Franzoi – ma era bello grande. Credo fosse un 46 se non un 48, in più con Sram aveva a disposizione anche il 10, quindi lo sviluppo metrico c’era. Semmai l’unica postilla è che nel momento in cui parte è un pelo troppo agile e lì ha perso quei due metri fatali».

La seconda considerazione invece la facciamo noi. E ci rifacciamo alle parole di Michele Bartoli quando ci parlò del confronto tra i due fenomeni. Bartoli è stato un vero cecchino. Il toscano aveva detto: «In uno sprint a ranghi ridotti, che di solito parte da velocità più basse, Van der Poel è favorito». E ancora: «Van Aert tatticamente è più forte, più completo, ma se VdP capita nel giorno in cui azzecca la tattica può combinare ogni cosa. Sbaglia tattica nove volte su dieci, ma magari la decima, quella giusta, è al mondiale». Meglio di così…

Crescono i consensi per i tubeless nel ciclocross

22.12.2022
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I tubolari sono ancora oggi la maggioranza, ma i tubeless crescono per consensi e per numero di atleti che li utilizzano anche in competizione.

Abbiamo chiesto a Luca Bramati di argomentare alcune scelte dei suoi atleti del Team Trinx Factory e abbiamo curiosato tra i paddock di Vermiglio. Sempre più Challenge e sempre più tubeless.

Bramati controlla le valvole dei tubeless sulle ruote di scorta
Bramati controlla le valvole dei tubeless sulle ruote di scorta
A parità di prodotto ci sono delle differenza tra un tubolare ed un tubeless?

Pochissima e quasi impercettibile, in particolare se restiamo sul modello Challenge Limus, ovvero il modello da fango. Il vantaggio di un tubeless Challenge è che di fatto è un tubolare aperto con la carcassa in cotone, comunque con un’elevata presenza di fibra naturale e non è un dettaglio. Poi le differenza vere e proprie arrivano dalla differente struttura a costruzione delle ruote.

Non un dettaglio, perché?

Perché lo pneumatico offre e mantiene un’elasticità molto elevata che permette di sfruttare a pieno la gomma con i diversi range di pressioni. Ovvio che cambia leggermente la pressione di gonfiaggio e per fare un esempio, gonfiando un Limus tubolare da 33 a 1,3 bar, l’omologo tubeless è da gonfiare ad 1,5. Cambia invece la resa del Baby Limus, che nella versione tubeless è più veloce rispetto al tubolare.

Più veloce e quindi più sfruttabile in diverse situazioni?

In un certo senso è così, perché si ha una gomma molto elastica, veloce e che scarica bene. Per certi versi sostituisce il Grifo, restando nella categoria tubeless.

Anche in ambito ciclocross c’è da considerare il lattice?

Il liquido anti-foratura è fondamentale, perché è un deterrente contro eventuali forature, ma è anche un sigillante, anzi prima di tutto è un sigillante che incolla lo pneumatico al cerchio. Con i tubeless Challenge è necessario capire come gestire il liquido, soprattutto durante il primo montaggio.

La Trinx di Lucia Bramati
La Trinx di Lucia Bramati
Cosa significa?

E’ necessario rendere ermetica la carcassa che assorbe molto. Questo è possibile controllando più volte il contenuto di lattice, prima dell’impiego, oppure aggiungendo la schiuma al liquido. La schiuma accelera la formazione della pellicola interna alla gomma. Inoltre questa combinazione è favorevole anche al mantenimento della pressione per periodi medio/lunghi.

Quanto liquido per ogni gomma da cx?

Una siringa da 50 e poi si controlla negli step successivi.

Bramati a sorpresa: «Sono stato messo da parte»

20.10.2022
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«Se parliamo di ciclocross, entriamo in un terreno minato…». Le parole di primo approccio di Luca Bramati lasciano già intendere quale sia l’atmosfera. L’ex olimpico azzurro (che condivise con Pontoni la prima esperienza in assoluto della mtb a cinque cerchi nel 1996) è sempre in giro, la stagione sui prati lo vede ancora protagonista, ma in veste molto diversa da quella a cui eravamo abituati.

Il grande progetto legato alla Fas-Airport Services, costola della Valcar-Travel&Service, non esiste più. I grandi successi della scorsa stagione (uno per tutti: il clamoroso bronzo mondiale della Persico nella lontana Fayetteville) sembrano lontanissimi. Il perché, riferito dal tecnico lombardo, lascia alquanto interdetti: «Nel corso dell’anno è successo un fatto estremamente grave: un alto dirigente federale del quale conosco il nome ma che non voglio riferire ha praticamente emesso una “fatwa” su di me: la prosecuzione dell’attività della squadra sarebbe stata possibile solamente senza di me. E’ un fatto di una gravità inaudita che lascia ben intendere come si lavori oggi nei massimi organi».

Lucia Bramati in gara. Per lei un inizio stagione soft, ma in Svizzera ha chiuso ai piedi del podio (foto Alessandro Billiani)
Lucia Bramati in gara. Per lei un inizio stagione soft, ma in Svizzera ha chiuso ai piedi del podio (foto Alessandro Billiani)
La Valcar ti ha messo quindi alla porta?

No, ci tengo a sottolinearlo. Villa mi ha contattato e mi ha detto che era venuto a sapere che io avrei portato mia figlia Lucia in una squadra belga. Gli ho detto che non era vero niente, ma che comunque per correttezza facevo un passo indietro e non avrei continuato la mia esperienza. Così la squadra non si è più fatta o meglio la Valcar continuerà a sostenere la Persico nelle sue uscite nel ciclocross, che so essere previste da dicembre in poi.

Come sei rimasto con loro?

In ottimi rapporti, il problema non sono mai stati loro, anzi stavamo costruendo una bellissima esperienza e i risultati dello scorso anno sono lì a dimostrarlo.

La Corvi viene da una grande annata nella mtb, con titolo italiano e bei piazzamenti all’estero
La Corvi viene da una grande annata nella mtb, con titolo italiano e bei piazzamenti all’estero
Quindi Lucia con che squadra corre?

Sia lei che Valentina Corvi, l’altra ragazza che seguo nel ciclocross, continuano a correre con lo stesso team della mtb, la Trinx. Io continuo a seguirle, a portarle in giro per le gare in Italia e soprattutto all’estero, ma mi rendo conto che il movimento è decisamente in disfacimento e devo dire che in questa situazione Pontoni sta facendo un lavoro enorme, con i giovani, ma solo sulle sue forze. Guardiamo però al di là: non c’è più una squadra femminile e al maschile solo la Selle Italia Guerciotti Elite, oltre abbiamo solo realtà locali. Con questo non vai molto avanti.

Il problema secondo te dov’è?

E’ tutto il settore offroad che è stato abbandonato, al contrario di quanto si era detto in campagna elettorale. Abbiamo ad esempio un calendario nazionale strapieno, ma fatto senza criterio, così domenica scorsa avevamo i nostri migliori in Spagna con la nazionale di Pontoni e in Svizzera noi e tanti altri. Perché? Per prendere punti Uci. Se però corri in Svizzera e ti trovi un Folcarelli che si fa 1.000 chilometri invece di andare alla tappa del Giro d’Italia che aveva praticamente dietro casa, ti rendi conto che qualcosa non va, perché così porti le persone a buttare soldi. Poi hai Brugherio sabato prossimo in contemporanea con la Coppa del mondo a Tabor: ma chi volete che andrà dei migliori italiani in Lombardia? E questo non è giusto per chi organizza e investe…

Per la Corvi vittoria in Spagna fra le junior, davanti alla Venturelli. Un duello che si ripete
Per la Corvi vittoria in Spagna fra le junior, davanti alla Venturelli. Un duello che si ripete
Parli di offroad: è un problema che riguarda solo il ciclocross o anche la mtb?

Tutto il comparto. Faccio un esempio: ci sono una cinquantina di corridori di mtb che passano under 23, ma in quali squadre, visto che quasi non ne esistono? Così la metà cercherà un approdo su strada, l’altra metà abbandonerà. In questo modo non c’è futuro per tutto il settore. Con Dagnoni avevamo parlato a inizio mandato: c’erano tante idee, ma tutto è caduto nel dimenticatoio.

Parliamo allora delle tue ragazze…

Lucia viene da una stagione di mtb che praticamente non ha fatto perché ha scelto, col mio pieno appoggio, di pensare alla scuola e dedicarsi agli esami di maturità. Ora mi ha chiesto di potersi dedicare anima e corpo al ciclocross, poi valuteremo che cosa fare anche in tema di studio. All’inizio faticava, ma gara dopo gara sta crescendo. Lucia ci crede molto nel suo futuro nella specialità e io voglio darle tutto il supporto possibile.

La figlia di Luca Bramati punta tutto sul ciclocross dopo aver pensato giustamente alla scuola (foto Billiani)
La figlia di Luca Bramati punta tutto sul ciclocross dopo aver pensato giustamente alla scuola (foto Billiani)
Lo scorso anno avevamo avuto Corvi e Venturelli nelle primissime posizioni internazionali. La Venturelli poi sappiamo che cosa ha fatto su strada. Di Valentina nella mtb che cosa puoi dirci?

Viene da una stagione eccezionale. Ha vinto il titolo italiano, è andata sul podio in Coppa del Mondo e ha chiuso sesta ai mondiali, il tutto da primo anno di categoria. Ha iniziato la stagione del ciclocross con una grande carica, ha vinto 4 delle prime 5 gare disputate, pur avendo staccato per un mese dopo la stagione di mtb. E’ anche oltre quel che mi aspettavo.

Che cosa ti aspetti da loro?

Io sono abituato a lavorare per obiettivi. Quest’anno ci siamo posti come termine il mondiale e dovranno arrivare all’appuntamento al massimo della forma, ognuna nella sua categoria. Io sono convinto che potranno fare davvero bene, Valentina poi ha un grande appuntamento all’orizzonte che sono i mondiali di mtb, dove con un anno in più può davvero fare risultato. Il fatto è che dietro di loro ci sono io, ma quanti altri giovani talenti rischiamo di perdere così? A me arrivano frotte di richieste per entrare nel team, ma non possiamo prendere tutti. Bisogna agire a livello più generale, più alto e bisogna farlo subito.

Arzuffi strada 2021

Abbiamo ritrovato la Arzuffi, più carica che mai

09.02.2022
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Nelle ultime settimane, con Eva Lechner e Silvia Persico a centrare la Top 10 in Coppa del Mondo e quest’ultima arrivare fino al podio iridato, abbiamo un po’ perso le tracce di Alice Maria Arzuffi. Il campionato italiano di ciclocross, nel quale era la detentrice della maglia tricolore, è stato l’ultimo capitolo della sua stagione, poi non si è vista più. In sede di consuntivo, Luca Bramati l’ha riportata in superficie e allora ci siamo chiesti che fine avesse fatto mentre le compagne della FAS Airport Service affrontavano gli ultimi, più importanti momenti della stagione sui prati.

Alice ci risponde dalla Spagna, dove sta svolgendo il ritiro prestagionale della Valcar Travel & Service, ma quella che sentiamo è una Arzuffi nuova, carica di aspettative per la stagione su strada come non accadeva in passato, anche se chiaramente bisogna partire dall’inverno: «Ho staccato la spina subito dopo il tricolore. Ho parlato con il cittì Pontoni, mi ha detto che gli Italiani erano una discriminante per la convocazione per i mondiali e allora d’accordo con la società ho deciso di chiudere prima rispetto al solito, in modo da iniziare in anticipo la preparazione su strada e arrivare a una miglior condizione per gli appuntamenti primaverili».

Arzuffi Europei 2021
La Arzuffi agli Europei di Col du Vam chiusi all’8° posto, nel momento migliore della stagione
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Dovendo fare un bilancio della tua stagione di ciclocross che cosa diresti?

E’ stata un’annata nel complesso positiva, ma certamente mi aspettavo qualche buon risultato in più. Il campionato italiano sapevo che doveva essere un crocevia, ma sono arrivata all’appuntamento un po’ debilitata dall’influenza e non ho potuto rendere quanto mi aspettavo. Io ho dato il massimo, volevo essere al picco della forma a gennaio ma non sono mai riuscita a toccare i vertici che volevo. Questo però mi ha dato una spinta ulteriore per le gare da qui in avanti.

Bramati, parlando della vostra prima stagione insieme, ha detto di avere scoperto una Arzuffi nuova, con la quale ha trovato un compromesso per lavorare bene pensando soprattutto al prossimo anno. Come sono i vostri rapporti?

Quando siamo partiti, avevamo ognuno dei pregiudizi sull’altro. Il fatto è che negli anni scorsi, quand’era commentatore alla Tv alcuni suoi giudizi non mi erano piaciuti e io non sono tipo da tenersi dentro il rospo… Siamo due del segno dello scorpione, così abbiamo avuto qualche discussione accesa e questo aveva lasciato strascichi. Pian piano però, lavorando insieme e smussando i nostri angoli, abbiamo trovato un modo per venirci incontro. D’altronde tecnicamente Luca ha un’esperienza enorme, ho imparato molto con lui.

Arzuffi tricolore 2021
Alice col tricolore indosso: ne ha vinti 4 da U23 e uno assoluto
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Il fatto di far parte della stessa “casa madre”, come team di ciclocross e su strada, è un aiuto?

Decisamente. In questo modo il passaggio è praticamente indolore. Quando ho deciso di staccare prima, è stata una scelta che ho preso potendo avvalermi sia dell’appoggio del team di ciclocross che di quello della strada, fra le due parti c’è molta comunicazione e questo non può far che bene. Negli anni scorsi il passaggio era più difficile.

Sai che quest’anno ci si attende molto da te nella stagione su strada?

Sì, ma io per prima mi attendo molto, voglio togliermi qualche sassolino dalla scarpa… Non posso negare che in passato, la stagione su strada era vista più come una lunga tappa di preparazione verso l’inverno, per trovare il ritmo giusto per il ciclocross, ora invece voglio vedere che cosa sono capace di fare su strada senza pensare a quel che verrà quando si tornerà dall’altra parte. Ora corro su strada e sono concentrata solo su quello.

Arzuffi sci 2022
Una breve vacanza sugli sci prima di iniziare la preparazione su strada (foto Instagram)
Arzuffi sci 2022
Una breve vacanza sugli sci prima di iniziare la preparazione su strada (foto Instagram)
Quando si comincia?

Ormai mancano pochissimi giorni, dal 17 al 20 febbraio sarò già in gara alla Setmana Valenciana. Naturalmente non faccio pronostici, ma conto di avere qualche riscontro sul lavoro effettuato in vista di quello che sarà il primo obiettivo, il periodo delle classiche dove voglio far bene e ottenere qualcosa, perché sono gare che mi vanno particolarmente a genio.

Nel corso della stagione saresti disponibile a qualche chiamata per la nazionale di ciclocross? Pontoni ha detto di pensare a qualche gara su strada con il gruppo invernale…

Non credo che ne avrò bisogno. Il mio calendario comprende almeno 70 giorni di gara, credo siano già abbastanza per non mettere altra carne al fuoco. So già che nel mio programma ci saranno sicuramente il Giro d’Italia e molto probabilmente il Tour de France, facendosi i conti fra le due corse a tappe e le classiche, già si vede che il calendario è bello ricco. Se però ci sarà la proposta di fare qualche ritiro prestagionale, in relazione agli impegni su strada sono più che disponibile. Per me però quel che conta è arrivare all’inverno con qualcosa in mano, far vedere che so vincere anche qui.