Chirico: debutto in Turchia a metà aprile, come si è preparato?

23.04.2022
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Luca Chirico ha dato il via alla sua stagione solamente al Giro di Turchia (foto apertura Getty Images), dopo più di due mesi rispetto al resto del gruppo. Tutto sommato non si è affatto comportato male, sempre davanti ed un 18° posto nella classifica finale. Il Giro di Turchia, il cui nome completo è Presidential Tour of Turkey, non è di certo una gara estremamente impegnativa, ma neanche Luca si sarebbe aspettato di andare così bene, perché sono stati mesi complicati.

«E’ da un po’ che non ho molta fortuna – dice con un misto di tristezza tra una risata e l’altra il corridore della Drone Hopper Androni – sei mesi fa, ad ottobre, mi sono rotto la clavicola. Ho dovuto rallentare la preparazione, riprendendo la bici solamente a fine novembre». 

Il Giro di Turchia è un’ottima gara per iniziare, il clima mite permette di correre e recuperare al meglio (foto Instagram)
Il Giro di Turchia è un’ottima gara per iniziare, il clima mite permette di correre e recuperare al meglio (foto Instagram)
Vi avevamo incontrati in ritiro in Spagna e tu stavi facendo dei lavori a parte.

Già, al ritiro di fine novembre con la squadra non avevo fatto grandi lavori di preparazione, mantenendo un ritmo più blando perché ero in fase di recupero. A dicembre avevo iniziato ad allenarmi con più intensità, ed il programma, in accordo con la squadra, era di fare un paio di corse a Mallorca per prendere il ritmo gara. Poco prima di partire, ho preso il Covid e sono saltate anche quelle.

Con il Covid quanto ti sei dovuto fermare?

In realtà poco, non ho avuto particolari sintomi, sono stato fermo 5-6 giorni e subito dopo mi sono negativizzato. Si era deciso di ripartire con il Gran Camino, ma il 25 febbraio in allenamento sono caduto e mi sono rotto il quinto metacarpo. La degenza è durata sei settimane, poi io in accordo con la squadra ho deciso di prolungare leggermente la convalescenza, decidendo di ripartire dal Giro di Turchia.

La condizione di Chirico è aumentata tappa dopo tappa (foto Instagram)
La condizione di Chirico è aumentata tappa dopo tappa (foto Instagram)
Una preparazione a “macchie” con tanti giorni di stop, come hai fatto a trovare la condizione?

Nonostante tutte le sfortune, ho avuto un bel mese di dicembre, nel quale i carichi di lavoro sono stati normali. Il Covid non mi ha destabilizzato molto, anche perché arrivavo da 4 giorni di carico, quindi è stato un “recupero” forzato.

E la frattura?

Quella mi ha tenuto fermo pochi giorni, solamente una decina, poi ho fatto un tutore apposito in una clinica di Lugano e sono tornato ad allenarmi su strada. Prima di andare in Turchia sono andato 15 giorni a Livigno, dal 23 marzo al 5 aprile, il giovedì siamo partiti. Mi ha aiutato molto mettere il focus su una gara, per gestire il rientro ed i carichi di lavoro.

Come hai lavorato?

Nei giorni successivi alla frattura, ho fatto qualche sessione di rulli, dalla mezz’ora all’ora e mezza. Sono stati utili per non rimanere completamente fermo e mantenere un discreto ritmo.

Prima di partire per la Turchia, Luca Chirico ha affrontato un ritiro di 15 giorni in altura (foto Instagram)
Prima di partire per la Turchia, Luca Chirico ha affrontato un ritiro di 15 giorni in altura (foto Instagram)
In altura?

Lì mi trovo molto bene a lavorare, riesco a concentrarmi e fare la vita da atleta al cento per cento. Di base sono uno che si allena bene, non mi tiro mai indietro. Preferisco andare in ritiro, anche da solo. Ho visto che nelle gare di ritorno dall’altura riesco ad andare sempre bene.

Il ritmo gara ormai è fondamentale per entrare in condizione, come lo hai sostituito?

Con il mio preparatore, Michele Bartoli, ho fatto un piano di allenamento improntato su tante ore con degli allenamenti ad alta intensità. Su 5 ore di lavoro, allenavo molto la forza, ma soprattutto i cambi di ritmo.

Quelli li facevi in salita immaginiamo.

Sì, sceglievo una salita a lunga percorrenza, per esempio il Foscagno. All’inizio facevo i primi 20 minuti a ritmo medio. Poi, più vicino alla cima, inserivo i cambi di ritmo o le ripetute. Questo per avvicinarmi di più alla quota dei 2.000 metri e lavorare anche per massimizzare il consumo di ossigeno. 

Prima di partire per la Turchia si è allenato spesso con l’amico Diego Ulissi (foto Instagram)
Prima di partire per la Turchia si è allenato spesso con l’amico Diego Ulissi (foto Instagram)
Il confronto con Bartoli com’è?

Direi che è costante, siamo spesso in contatto. Lui ti fornisce la tabella con i lavori e poi ti chiama per discuterla insieme. Ci confrontiamo anche sui numeri e sui valori, io solitamente li faccio controllare a lui, ma poi mi piace curiosare. Vedevo che i valori corrispondevano a quelli degli altri ritiri in altura che facevo gli anni precedenti.

Sei arrivato con più certezze in Turchia?

Anche se sai di aver lavorato bene hai sempre il dubbio sul livello degli altri. I più grandi dubbi sono sulla resistenza e sul ritmo di gara nelle grandi distanze. Il Giro di Turchia però è stata la corsa perfetta per rientrare, 8 giorni di gara, di cui 2 sopra i 200 chilometri. Poi c’erano tappe di “recupero” con chilometraggio ridotto e poco dislivello (ad esempio la terza, 118 chilometri piatti, ndr). 

Quindi la condizione è in crescendo?

Considerate che la sfortuna non mi abbandona, sono tornato dalla Turchia e stavo poco bene, ho provato la temperatura ed avevo qualche linea di febbre. Per fortuna tampone negativo, è una forma di polmonite che sono riuscito ad individuare presto, evitando complicazioni. Ora sono ancora sui rulli, forse nei prossimi giorni parto per il Giro della Grecia, vediamo come sto.

Chirico e quell’allenamento durissimo con la Van Vleuten

26.08.2021
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Il ciclismo femminile è in rapida ascesa. Abbiamo imparato a conoscere le numerose atlete che si scontrano lungo le strade di tutto il mondo. L’ultimo grande palcoscenico su cui si è visto battagliare queste atlete sono le Olimpiadi, nella cronometro ha brillato il talento cristallino di Annemiek Van Vleuten. La neocampionessa olimpica in questi giorni è sulle montagne ad allenarsi ed ha fatto un incontro particolare, con Luca Chirico.

Anche il corridore dell’Androni-Sidermec si sta allenando da quelle parti e i due ne hanno approfittato per fare una pedalata insieme. Il lombardo è in una buona condizione di forma. Ha colto un ottavo posto al Giro dell’Appennino e al Savoie Mont Blanc è stato decisivo nell’aiutare Umba e Cepeda nei successi di tappa e nella generale. Da lui ci facciamo raccontare qualche curiosità sulla ciclista olandese.

La Canyon della campionessa olandese sul Foscagno
La Canyon della campionessa olandese sul Foscagno
Come mai vi siete incontrati?

Eravamo vicini. Stavamo allenandoci tutti e due ed abbiamo deciso di fare una pedalata insieme. Io sto preparando l’ultima parte di stagione (correrà in Francia prima di riprendere le gare in Italia, ndr). Lei era sul Foscagno mentre io sono a Livigno, ci siamo incontrati a Trepalle, sopra Livigno. E da lì siamo partiti.

Che giro avete fatto?

Siamo andati verso il Bernina, poi passo Albula, ed ancora Bernina per tornare verso Livigno, lei arrivando da Foscagno si è fatta anche Forcola all’andata e Foscagno per tornare a casa.

Un gran bel giro! Quanto siete stati fuori?

Contate che io dovevo fare dei lavori in salita, avevo previsto di fare più o meno 3.000 metri di dislivello, lei ne avrà fatti 3.500 se consideriamo anche la strada per arrivare al punto di ritrovo Trepalle, appunto. Il giro fatto insieme complessivamente è durato poco più di 5 ore.

Va forte…

Urca! Direi proprio di sì, visto il tipo di allenamento che dovevo fare in salita la staccavo, lei andava su del suo passo, ma non l’ho mai aspettata più di 5 minuti.

Per la Van Vleuten in allenamento come in gara sempre tanta grinta
Per la Van Vleuten in allenamento come in gara sempre tanta grinta
Le gare femminili però durano molto meno, come mai questa sua scelta: te lo ha detto?

A lei piace allenarsi in quello che è l’endurance in questo modo, preferisce fare tante ore, senza lavori specifici per abituare il corpo allo sforzo. 

Ed il percorso così duro?

Mi ha confidato che ama molto il Giro d’Italia Donne perché il percorso è duro e ci sono molte salite toste, preferisce gare impegnative piuttosto che percorsi pianeggianti con una sola salita nel finale. Direi che le piacciono le gare ad eliminazione – dice Chirico, ridendo -.

Hai notato qualche particolarità nella sua bici o nei suoi accessori?

Non ci ho fatto molto caso ad essere sincero, ma direi di no altrimenti mi sarebbero saltati subito all’occhio. Probabilmente ha qualche dente in più nel pacco pignoni, ma giusto un paio.

Cosa ci fa qui dalle tue parti?

E’ in una fase di recupero o comunque di allenamenti più leggeri, anche se così non sembrerebbe, due giorni fa, si è fatta il Giro dell’Umbrail, che sono altre 6 ore buone.

Tra ritiri e gare (qui lo Stelvio al Giro 2020) queste montagne sono una seconda casa per Chirico
Tra ritiri e gare (qui lo Stelvio al Giro 2020) queste montagne sono una seconda casa per Chirico
Come ti spieghi questa suo incredibile caparbietà?

Sicuramente è una questione mentale. E’ abituata a fare quel qualcosa in più per emergere, per vincere.

Cosa pensi del mondo del ciclismo femminile?

Sono cresciute molto, far parte di una squadra World Tour permette alle atlete di essere seguite con la stessa attenzione e meticolosità dei colleghi uomini.

Ti ha detto quali saranno i suoi prossimi impegni?

Il 12 settembre farà gli europei, questo è poco ma sicuro, poi il mondiale è un’altra data cerchiata in rosso sul suo calendario. Prima dovrebbe andare alla Vuelta, che poi è una piccola corsa a tappe che affianca gli ultimi giorni di gara degli uomini.

Un mese in altura, ginocchio a posto. Colbrelli va per l’azzurro

23.08.2021
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Colbrelli. Gli sforzi del Tour. Il male al ginocchio che lo ha costretto a saltare la Vuelta. La ripresa a Livigno. Avevamo lasciato il campione italiano nell’altura valtellinese alla fine di luglio e con gli europei di Trento che bussano alle porte (prova su strada dei pro’ il 12 settembre), ci siamo chiesti a che punto fosse. Dato che nei piani di Cassani, la responsabilità delle ultime due sfide azzurre su strada (a fine settembre si corrono anche i mondiali in Belgio) saranno da dividere fra lui, Nizzolo, Trentin e Bettiol.

«Da un paio di settimane – dice – mi sento bene. Il dolore al ginocchio è passato e di fatto sono rimasto a Livigno per quattro settimane. Con Davide ci siamo sentiti più volte e onestamente speravo che restasse sino alla fine come era stato programmato. Il seguito si deciderà. Parlavamo di questo calendario dall’inizio dell’anno, ma dopo la vittoria del campionato italiano, abbiamo cominciato a inquadrare anche i primi dettagli. E c’è sempre stata la possibilità di correrli entrambi».

Allenamento con Fortunato e Annemiek Van Vleuten, olimpionica della crono. A destra, Luca Chirico
Allenamento con Fortunato e Annemiek Van Vleuten, olimpionica della crono
Si è capito a cosa fosse dovuto il male al ginocchio?

Una borsite, la cui causa probabilmente risale a parecchio tempo fa, solo che non me ne ero mai accorto, Un colpo preso, di sicuro. All’interno abbiamo trovato una piccola cisti calcificata che, assieme ai grandi sforzi del Tour, ha creato il risentimento. Mi ha portato anche a pedalare non nel modo migliore, per cui ho finito il Tour con il muscolo intossicato. Per fortuna con il riposo, le terapie e il massaggiatore che è venuto a Livigno per tre volte a settimana, sono riuscito a venirne fuori.

Tutto risolto?

Ora sembra tutto a posto, ma non escludo che a fine stagione si possa fare un piccolo intervento per rimuovere quella piccola cisti ed evitare che il problema si riproponga.

Ci siamo lasciati con la speranza di poter lavorare bene e soprattutto tornare al peso del campionato italiano.

Direi che siamo in tabella. Ho il peso e le sensazioni di quando sono partito per il Tour. Ho perso un chilo dall’arrivo a Livigno, perché sono riuscito ad allenarmi intensamente.

Da solo?

No, ci siamo ritrovati con un bel gruppetto. Bettiol, Ballerini (insieme a lui nella foto di apertura) e anche Cattaneo. Sabato ho fatto l’ultimo allenamento e ieri sono tornato a casa. Sei ore e mezza ben fatte. Siamo riusciti a gestirci il tempo facendo combaciare i lavori e così il tempo è passato bene e siamo stati di stimolo uno per l’altro.

Tanti chilometri e pochi aperitivi?

Anche quello, certo. Tolto di mezzo il timore per il ginocchio, ho potuto rimettere al centro il lavoro.

Un panino con Bettiol. A Livigno anche il toscano per preparare il finale di stagione
Un panino con Bettiol. A Livigno anche il toscano per preparare il finale di stagione
Il percorso dei mondiali ha i muri in pavé e un circuito molto nervoso, quello di Trento invece?

Non è duro come si dice, non durissimo almeno. Il Bondone si fa a metà gara e neanche tutto. Mi sono fatto spiegare il circuito, conosco la salita dell’università e aspetto di fare un giro sul circuito, perché da quello che ho capito è sulle stesse strade dove nel 2010 ho vinto il Trofeo De Gasperi. E il finale con il fondo acciottolato comunque mi piace molto.

Rientro alle corse?

Benelux Tour dal 30 agosto. Sarà importante per rifinire la condizione dopo un mese che non corro.

Colbrelli riparte da Livigno e punta al mondiale senza Vuelta

29.07.2021
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Volendo cercare un sorriso in quei giorni nervosi di fine Tour, Sonny Colbrelli ha scoperto di non sapere a memoria il numero di sua moglie. Per cui, quando i gendarmi gli hanno portato via telefono e computer ed è stato costretto a farsi prestare un cellulare da qualche compagno, il problema è stato risalire al contatto di Adelina. Con la stagione che riparte, Sonny si poggia una mano sulla fronte, si mette a ridere e sulla vicenda aggiunge appena che ad ora è tutto in mano all’avvocato della squadra, ma se necessario ne prenderà uno in Francia per individuare il modo più rapido per chiudere la vicenda.

Tutto il rammarico di Colbrelli passando per secondo sul traguardo di Saint Gaudens: 2° alle spalle di Konrad
Tutto il rammarico di Colbrelli passando per secondo sul traguardo di Saint Gaudens: 2° alle spalle di Konrad

Ginocchio in attesa

Adesso il problema è una borsite al ginocchio, ereditata proprio dai giorni del Tour, che lo costringerà a saltare Il Tour de Pologne e Vuelta e lo costringerà a cercare un diverso avvicinamento al mondiale.

«Ho parlato con la squadra – spiega – e abbiamo deciso che è meglio non rischiare. Perciò ho preso la famiglia e siamo venuti in appartamento a Livigno, visto che tornerò a correre il 22 agosto ad Amburgo. Poi farò il Benelux Tour (la corsa da quest’anno non si chiamerà più BinkBank Tour, ndr) e tutte le corse di un giorno. Va bene lo stesso. Non credo che gli altri favoriti per il mondiale faranno la Vuelta…».

Imola aveva già fatto intravedere i miglioramenti in salita, il Tour ha dato conferma. Ora si riparte verso europei e mondiali
Il Tour ha dato conferma dei miglioramenti in salita. Ora si riparte verso europei e mondiali
Sei tornato dal Tour con il terzo posto di Tignes sulle Alpi e il secondo di Saint Gaudens sui Pirenei. Diventi scalatore?

Anche questa volta sono andato vicino alla vittoria, come due anni fa contro Sagan. Soprattutto per Saint Gaudens mi mangio le mani, perché Konrad ha trovato la super giornata. Ho avuto delle belle tappe di grazia. Nelle ultime quattro invece ho sofferto e mi è venuto fuori il male al ginocchio. Adesso farò 3-4 giorni pedalando in pianura sotto le gallerie di Livigno, poi aspetterò che il medico venga a darmi il via libera. E poi si riparte sul serio.

Si ritrova la condizione dei campionati italiani senza andare alla Vuelta?

Direi proprio di sì, lavorando bene in altura. La condizione e il peso di quel giorno, questo sarà decisivo. Finito il Tour ero stanco soprattutto di testa, non di fisico. Questo dice che stavo ancora bene, ma un po’ ho preferito mollare.

Tornando a Imola, secondo Simoni non ha senso fare gare di campionato italiano così lunghe…

Era bello duro e il caldo ci ha segnati tutti. E’ un fatto che le gare tricolori siano sempre lunghe e non credo che facendole di 180-200 chilometri le renderebbe meno spettacolari. Ci ho messo tre giorni per recuperare bene, dal tanto caldo che c’era.

La maglia tricolore a Parigi: viaggio faticoso più di testa che di gambe
La maglia tricolore a Parigi: viaggio faticoso più di testa che di gambe
Vista la gamba del Tour, hai qualche rimpianto di non essere andato alle Olimpiadi?

No, per me il percorso di Tokyo sarebbe stato troppo duro. Poi è vero che in salita sono migliorato e magari si poteva avere una giornata di grazia, ma sarebbe stata una scommessa nella scommessa. Chi non c’entrava niente in quella corsa era Van Aert, in senso buono ovviamente. Gli altri erano tutti scalatori. Ma certo si è confermato che i grandi Giri e il Tour in particolare ti danno una gamba che nessun’altra corsa può darti.

Europei e mondiali sono i tuoi obiettivi di fine stagione?

Esatto, il motivo per cui voglio ricominciare presto a lavorar per bene. Qui ora è brutto, per cui fare poche ore non sarà un peso. Ma se poi viene fuori il sole…

Come è stato correre al Tour con la maglia tricolore?

Molto bello. Tutti mi incitavano e chiamavano il mio nome. Ne è valsa la pena. Diciamo che il bagno di affetto è stato il modo per compensare il fatto che ancora una volta non sono riuscito a vincere una tappa.

Filippo Baroncini: la grinta, la crono, l’Avenir e la Trek-Segafredo

28.07.2021
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Filippo Baroncini lo avevamo lasciato al Giro d’Italia U23, prima, e al campionato italiano contro il tempo poi. Il corridore della Colpack-Ballan era stato uno degli scudieri di Juan Ayuso nella corsa rosa, ma al tempo stesso era stato autore della vittoria nella cronometro, mostrandosi uno di quei calibri pesanti. Il tutto lo ha poi confermato qualche settimana dopo al campionato italiano di specialità, conquistando il tricolore.

Finita? Neanche per sogno. Perché il suo palmares ha continuato ad “appesantirsi” con la vittoria all’Etoile d’Or, ottenuta da campione navigato. Filippo era lanciato a 55 all’ora da solo verso l’arrivo. Il gruppo dietro di pochi secondi e lui che trovava persino il tempo di fare un gesto col pugno per festeggiare l’imminente vittoria. Grinta assoluta.

E un corridore così non poteva passare inosservato ai grandi team. E puntuale ecco che la Trek-Segafredo di Luca Guercilena lo ha chiamato a rapporto.

Filippo Baroncini (classe 2000) conquista il tricolore contro il tempo. Eccolo con lo staff della Colpack
Filippo Baroncini (classe 2000) conquista il tricolore contro il tempo. Eccolo con lo staff della Colpack
Filippo, raccontaci come è andata la trattativa con la Trek…

Ci ha lavorato il mio procuratore, Luca Mazzanti. Ci siamo presentati all’italiano dei pro’ che non era troppo lontano da casa mia, Massa Lombarda. Guercilena mi ha detto che avevo fatto un bel risultato nella crono dell’italiano e nella Pessano-Roncola. E poi ho visto che lui lavora molto bene con i giovani. Gli lascia il giusto spazio e non li fa tirare e basta che neanche finiscono le gare. E questo dà morale. Per me, almeno, è molto importante.

Antonio Tiberi viene dalla Colpack ed è andato alla Trek, lo hai contattato? Gli hai chiesto qualche consiglio?

Più che altro ho provato a contattarlo, ma non ci sono riuscito. Così ho fatto da me. Comunque io e lui non siamo stati insieme alla Colpack. Io arrivavo dalla Beltrami e lui andava alla Trek appunto.

Baroncini esulta per la vittoria della Pessano-Roncola
Baroncini esulta per la vittoria della Pessano-Roncola
All’Etoile d’Or, una gara 2.2 in Francia, hai vinto la seconda tappa. Come è andata?

E’ stata una vittoria che mi ha dato tanto morale, ottenuta per di più con la maglia della nazionale. Non conoscevo Amadori, anche se è delle mie zone. Mi è servita per prendere consapevolezza dei miei mezzi, per prendere le misure con certi tipi di gare. Poi quel giorno c’era tanto vento, le strade erano strette… insomma era una corsa nervosa e sono contento. Ho corso, abbiamo corso, bene.

Come mai la Trek? Avevi avuto anche altre richieste?

Avevo avuto già delle richieste un anno fa, ma non mi sentivo pronto per il passaggio ed ho preferito aspettare.

Ed erano di squadre World Tour?

No, professional. Anche per quello ho voluto attendere. Approdare in una WorldTour è sempre stato il mio obiettivo.

Filippo (a destra) a Livigno con i compagni della Colpack, Gomez e Verre
Filippo (a destra) a Livigno con i compagni della Colpack, Gomez e Verre
All’Etoile d’Or hai vinto con un colpo da finisseur: che corridore pensi di essere?

Un Van Aert del futuro…

Però! Hai scelto un corridorino…

Beh, col tempo è chiaro! Però ho dimostrato di andare forte su tutti i terreni (Baroncini è molto veloce, ndr) e non vorrei snaturami cercando chissà quale specializzazione.

Farai anche il Tour de l’Avenir ci ha detto Amadori…

Adesso sono in altura, a Livigno, proprio per preparare l’Avenir. Sono qui con Gomez e Verre. Inoltre fra l’europeo e il mondiale farò qualche gara da stagista con la Trek.

I programmi cambiati del Capecchi desaparecido

20.07.2021
5 min
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Che fine ha fatto Capecchi? La stagione va forte. Campioni e vittorie si rincorrono, aerei decollano e aerei atterrano e tu gli corri appresso. Programmi si scrivono e programmi cambiano. Finché un giorno ti fermi, fai doverosamente l’appello e ti rendi conto che dell’umbro si sono perse le tracce da un pezzo. Rare apparizioni sporadiche quest’anno, un saluto al campionato italiano, ma né Giro e tantomeno Tour e a quanto risulta nemmeno la Vuelta.

A Livigno con Giada

Eros in questi giorni è a Livigno assieme alla sua compagna Giada che, gli diciamo scherzando, ormai è diventata più famosa di lui.

«E’ brava – dice lui, facendosi serio – alla fine è una soddisfazione anche per me. La vedo felice e siamo felici tutti. Le piace e riesce bene. Lo sapete, non sono un lecchino o un dispensatore gratis di complimenti, quindi se lo dico è perché lo penso e non perché è lei. E poi a sentire la gente, la pensano tutti come me. La apprezzano tutti».

La stagione era cominciata in Spagna senza avvisaglie di problemi e con programmi ben chiari: il Giro su tutto
La stagione era cominciata in Spagna senza avvisaglie di problemi e con programmi ben chiari: il Giro su tutto

Un bel mistero

La storia, per quello che si è capito, è che con l’avvento del nuovo corso in squadra, le azioni di Capecchi hanno cominciato a calare. Della stima reciproca con Rod Ellingworth ci aveva raccontato lui per primo all’inizio del 2020, ma adesso la musica è cambiata. E con la musica sono cambiati anche i programmi.

«Adesso perciò farò il Polonia – dice – e poi forse il Giro di Germania. Ho fatto l’italiano e poi di fatto sono stato fermo due mesi. Non so neanche io perché non ho partecipato a un grande Giro, ma di certo non ci sono stati intoppi fisici. Sto anche bene. Mi chiedo anche io che cosa sia successo. Quando a Miholjevic dissero che avrebbe preso lui il posto di Rod, chiamò noi più grandi e ci chiese di stargli accanto con la nostra esperienza. Ma da allora è cambiato tutto. E nonostante io abbia i migliori report da parte degli allenatori e dei direttori sportivi, vedo cambiare i programmi senza troppe spiegazioni».

La Liegi fuori programma, al posto del Teide per il Giro
La Liegi fuori programma, al posto del Teide per il Giro

Il Giro con Landa

Miholjevic e Capecchi si sono incrociati brevemente alla Liquigas, ma non si ha memoria di particolari amicizie o grandi tensioni. Sta di fatto che al momento la situazione di Capecchi è abbastanza complessa. Il cambiamento più insolito ad aprile. Il programma per lui prevedeva il Gp Indurain, il Giro dei Paesi Baschi e poi l’altura con Landa preparando il Giro d’Italia.

«Finché un giorno mi chiama Mikel – racconta – e mi chiede perché non vada più in altura. Io gli dico che si sbaglia, ma lui conferma che non ci sono nel gruppo di quelli che sarebbero andati sul Teide. Quando l’ho chiesto ad Artuso, mi ha detto che era stata una sorpresa anche per lui e che i programmi erano stati cambiati all’improvviso».

Ha corso il Giro di Svizzera dopo il ritiro al Giro del Delfinato
Ha corso il Giro di Svizzera dopo il ritiro al Giro del Delfinato

Cambio di programma

Eros più di tanto non racconta ed è comprensibile che non voglia seccature, ma la storia in realtà ci era già giunta alle orecchie. Succede infatti che a tre tappe dalla fine dei Baschi, lo chiamano per mandarlo direttamente alla Freccia del Brabante. Lui prova a chiedere se non ci sia qualcun altro, ma il programma è irremovibile e una volta lassù, gli dicono che farà l’Amstel per sostituire un compagno infortunato, poi la Freccia e la Liegi. Un modo come un altro per fargli capire che non correrà il Giro. Però gli dicono che andrà al Delfinato, ma dalla corsa francese deve ritirarsi per un attacco di allergia nella prima tappa. Dalla Francia finisce così a fare il Giro di Svizzera e dalla Svizzera corre l’italiano di Imola, aiutando Colbrelli a vincerlo.

«Così ho chiesto di poter correre in Sardegna – dice – di fare il maggior numero di corse possibili, ma la Sardegna non l’ho fatta e se non cambia nulla, andrò invece al Polonia, che di riflesso significa niente Vuelta. Ho 35 anni, mi serve correre, perché il livello è esagerato e se non corri, non riesci a fare bene. Sia alla Quick Step che qui ero venuto per dare una mano ai giovani, ma certo se non faccio i grandi Giri e vado solo in corse in cui c’è da limare, ho anche poco da insegnare».

Ha corso il campionato italiano, poi si è fermato nuovamente. Qui con Milan e Cruso
Ha corso il campionato italiano, poi si è fermato nuovamente. Qui con Milan e Cruso

Ci vediamo al Polonia

E così la stagione va avanti con la sensazione che la sua permanenza nella Bahrain Victorious sia ormai agli sgoccioli ed è un peccato. Pare che Alberati, il suo procuratore, non riesca a intavolare un discorso con Miholjevic.

«Perciò – conclude – sono venuto a Livigno il 13 luglio (in apertura è con Viviani, ndr) e cercherò di prolungare il soggiorno fino al 28. Poi correrò il Polonia e il Giro di Germania, arrivandoci al meglio e facendo il meglio di cui sono capace. E poi speriamo di fare un bel calendario di qui a fine stagione. Sono anche sereno però, in pace con me stesso, perché vado d’accordo con tutti, nessuno può dire niente del mio impegno e sono soddisfatto della mia carriera. Perciò, se non cambia niente, ci vedremo al Polonia».

Trentin, Livigno e tutta Spagna per europei e mondiali

13.07.2021
4 min
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Non ha fatto il Giro e neppure il Tour, dov’è Matteo Trentin? La voce arriva bella squillante come al solito, sullo sfondo si riconosce il vociare del centro di Livigno, dove Matteo resterà sino al 20 luglio. Un appartamento in centro, Claudia, i bambini e un bel sole che però in teoria da oggi e per un paio di giorni lascerà il posto a qualche pioggia. Il programma è arrivare fortissimo al finale di stagione, vincere finalmente una corsa e poi presentarsi a tutta agli europei e al mondiale.

«Farò tutto il programma spagnolo – dice – rientro al Castilla y Leon, poi San Sebastian, Getxo, Burgos e la Vuelta. Il problema è non aver fatto grandi Giri, quindi devo macinare corse. La gara migliore per preparare il mondiale sarebbe il Tour of Britain. Inizialmente sembrava che aprissero, adesso sembra che cambi e che ogni municipalità possa dare regole diverse… Voglio un calendario sicuro, si può capire. E mi sta bene sapere cosa farò e dove sarò pronto per combinare qualcosa di buono».

Terzo alla Gand, dietro Van Aert e Nizzolo
Terzo alla Gand, dietro Van Aert e Nizzolo

Tricolore saltato

La ripresa dopo le classiche è passata per la Vuelta Andalucia, lo Slovenia e l’Appennino. Ma c’era la sfortuna in agguato e a causa della caduta in Spagna, il campionato italiano è andato a farsi benedire.

«E’ stato un infortunio più che altro fastidioso – spiega – sono caduto, ma dato che si era in corsa e si andava a tutta, sono ripartito, sapete com’è… Poi però si è infettata la ferita e avevo un piede fuori posto, con versamento nella caviglia. L’italiano però l’ho saltato per la ferita. Stavo facendo antibiotici e non sarebbe stato il massimo con i 40 gradi all’ombra di Imola. Per cui in accordo con la squadra, si è deciso di non andare. Mi è dispiaciuto».

Assieme a Colbrelli, punta azzurra agli europei e al mondiale
Assieme a Colbrelli, punta azzurra agli europei e al mondiale

Europei in casa

Mentre qualcuno lo chiama e lui per un secondo sparisce, il discorso si sposta sugli obiettivi di fine stagione. Perché se è vero che europei e mondiali sono adatti per Colbrelli, Cimolai e Nizzolo, figurarsi che cosa ne pensi Trentin.

«Gli europei saranno duri – dice – con tanta salita, ma le due volte che ho fatto la Vuelta, poi in salita andavo bene, per cui sono tranquillo. Il mondiale sono andato a vederlo, la salita dell’europeo invece l’ho fatta per anni due volte al giorno per cinque giorni alla settimana quando andavo a scuola. Non in bici, ma in bus, però ce l’ho tutta presente. Parte da Porta Aquila e sale verso Povo, all’Università, poi alla rotondina giri a sinistra verso Villazzano e la discesa è tutta da pedalare. La strada della Bolghera, svolta verso le caserme e poi si va verso il Duomo per l’arrivo. Invece il mondiale sarà un casino…».

Stress iridato

Avendo vissuto a Trento per qualche anno, la sua descrizione solleva ricordi e riferimenti comuni: il percorso degli europei è stato presentato ieri e presto ci torneremo. Ma ad aprile siamo stati anche noi sui percorsi del mondiale di Leuven e quella sua previsione ci incuriosisce.

«Sarà come Glasgow più o meno – dice ricordando gli europei vinti nel 2018 – ci sarà una fase di riposo sulla tangenziale che faremo due volte a giro, poi sarà per tutto il giorno un super stress nel tenere la posizione. Saremo sempre in curva. E se si pensa che a settembre in Belgio potrebbe anche capitare la giornata di maltempo, il quadro è completo. Sarà una classica, un percorso parecchio tecnico e nervoso».

Autografi in Andalucia: il suo programma sarà tutto spagnolo
Autografi in Andalucia: il suo programma sarà tutto spagnolo

Nessun regalo

Le classiche, il suo pane quotidiano, anche nel primo anno al Uae Team Emirates. Trentin non ha vinto, ma è stato fra i protagonisti di tutte le corse cui ha preso parte, pagando spesso il pegno alla sfortuna e a qualche foratura di troppo.

«Sono andato bene – rivendica con orgoglio – ho fatto anche i miei piazzamenti. Terzo alla Gand, terzo al Brabante. Ottavo all’Het Nieuwsblad, quarto a Kuurne. Poi ho staccato, sapendo che il finale di stagione sarà bello impegnativo. Alla Vuelta Andalucia non ero neanche male, ma sono caduto e in questo ciclismo non può mancarti neanche un quarto, perché la paghi. Lo stiamo vedendo al Tour. Tutti quelli che sono caduti, anche la caduta più leggera, l’hanno pagata. Per cui adesso finisco questi 20 giorni in altura, vado per una settimana a casa e poi si riparte. Com’è giù il tempo? Mi sa che una pioggerellina farebbe comodo anche a voi…».

Cimolai, la svolta del Giro e il finale azzurro

09.07.2021
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Il Giro d’Italia ha dato la svolta e aperto le porte. I dubbi che dopo il 2020 erano stati dello stesso Cimolai, sono stati spazzati via dagli ottimi piazzamenti ottenuti nella corsa rosa e così adesso il velocista friulano, che nel frattempo è diventato papà della piccola Mia, si accinge a inaugurare un altro capitolo della sua carriera. Seduti a un tavolo, al riparo di un ombrellone mentre Livigno cerca refrigerio in poche gocce di pioggia, il discorso prende il largo.

Svolta al Giro

Due secondi posti (a Canale e Termoli), un terzo (a Foligno) e un quarto (a Verona), uniti al secondo posto nella classifica a punti hanno richiamato su di lui l’attenzione di qualche squadra, ragione per cui il suo manager Manuel Quinziato, di cui Davide è stato uno dei primi atleti, si è messo al lavoro per vagliare tutte le offerte.

Per Viviani

Ma la sua stagione, si diceva, non è stata soltanto il Giro d’Italia. La partecipazione alla Adriatica Ionica Race come supporto per Viviani ha dato un’altra svolta e fatto aumentare il credito e la considerazione di Davide Cassani nei suoi confronti. Ragione per cui, gli europei e i mondiali che si annunciano fra agosto e settembre potrebbero davvero essere i suoi prossimi obiettivi.

«Gli ho chiesto se voleva venire alla Adriatica Ionica – ricorda Cassani – perché avevamo bisogno di lui per aiutare Elia. E ha detto: va bene, vengo! Cimo è un grande uomo squadra. Basta vedere quello che ha fatto quando Trentin ha vinto l’europeo ed essendo ancora senza squadra avrebbe potuto pensare di più a se stesso. Basta guardare come si è comportato tutte le volte che è venuto in nazionale. Anche l’anno scorso è stato determinante e anche grazie a lui abbiamo vinto l’europeo con Nizzolo. E’ un uomo squadra, si fa trovare pronto. E i percorsi di europei e mondiali sono in effetti molto adatti a lui».

Nel 2018 tira la volata a Trentin che diventa campione europeo
Nel 2018 tira la volata a Trentin che diventa campione europeo

Verso la Vuelta

Davide non fa mistero di puntarci. E se da un lato non si sbottona sulle squadre che si sono interessate a lui, dall’altro torna sugli obiettivi che si era proposto a inizio anno.

«Dopo un 2020 opaco – ammette – mi era venuto qualche dubbio se non fosse il caso di convertirmi definitivamente al ruolo di gregario. Poi il Giro e quei piazzamenti, visto il livello degli avversari, sono stati una bella iniezione di fiducia e la svolta che cercavo. Ero partito per vincere una tappa al Giro e una alla Vuelta. Al Giro è sfuggita di un soffio, riproverò alla Vuelta. E poi europeo e mondiali».

Oggi a casa

Stamattina “Cimo” ha lasciato Livigno e ha fatto ritorno a casa, con Alessia e la piccola Mia, nata subito dopo il Giro d’Italia. La vita è cambiata in meglio. E il sorriso che ha quando parla di sua figlia è qualcosa che raramente gli avevamo visto prima. La stagione sta per riaccendersi. Alla Vuelta faremo tutti il tifo per lui.

Bagioli e la sua Tarmac, storia di un rapporto speciale

06.07.2021
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Livigno è là in basso e brulica di turisti e biciclette. Ci sono stradisti e biker da tutte le parti e un senso di ripresa del turismo che sta riportando il sorriso sul volto degli albergatori e dei gestori dei locali. Anche se, ad onor del vero, quassù d’estate si è sempre lavorato. L’inverno invece è stato un pianto, con gli impianti chiusi e le attività fortemente limitate. La Deceuninck-Quick Step ha preso parecchie stanze all’Alpen Village, che sorge al secondo tornante della strada che sale al Foscagno. E mentre fuori lavorano alla terrazza, nel retro della grande struttura in legno e cemento, in un container chiuso con la combinazione, le Tarmac della squadra belga vengono tenute in ordine da un meccanico. Bagioli è uno dei primi a scendere.

Voglia di ripresa

Il valtellinese, che vive a un’oretta e mezza d’auto da qui, è stato anche il primo ad arrivare in zona. E’ salito in quota una settimana circa prima degli altri, con l’obiettivo di recuperare le lunghe settimane senza corse. Lo avevamo raccontato nelle scorse settimane. Andrea è fermo dal Trofeo Laigueglia. Da quella caduta che gli ha presentato il conto nei giorni successivi, nella forma di un dolore al ginocchio che ha richiesto l’intervento. Ora le cose vanno bene e il rientro dovrebbe avvenire a fine luglio fra il Tour de l’Ain e il Wallonie, ma vedendo tanto armeggiare attorno alle bici, ci è venuta la curiosità di chiedergli che rapporto ci sia fra un corridore e la sua bici. La compagna di viaggio e fatica. 

«Sicuramente un rapporto speciale – sorride – perché si usa ogni giorno, ogni giorno è con noi, quindi il rapporto deve essere speciale per forza. Bisogna trovarsi bene e secondo me avere un buon mezzo può fare la differenza in tante situazioni. Sicuramente deve essere rigida e reattiva e la Tarmac è proprio così. Quando faccio uno scatto o uno sprint, devo sentire che risponde bene. Inoltre deve essere facile da guidare in discesa, quindi in modo che possa cambiare traiettoria e facilmente da destra a sinistra».

Il tema c’è, andiamo avanti. Ci hai messo tanto ad abituarti?

Io sono passato da Cinelli quando ero in Colpack a Specialized e devo dire che ci ho messo veramente poco. Nel giro di una settimana, massimo due mi ero abituato del tutto. Poi ci sono i meccanici che la mettono a misura perfettamente e quindi ci si adatta subito. Adesso mi affido a Specialized, prima invece lavoravo con Aldo Vedovati, che adesso metto a posto le tacchette. Però per le misure del telaio mi affido a Specialized.

Contento dei freni a disco?

Molto, mi trovo molto bene. Soprattutto sul bagnato si può sentire tanta differenza. Anche prima delle curve si riesce staccare in extremis e in questo modo si riesce a tenere una velocità più alta.

Che rapporto con la tua bici, ti capita mai di… parlarci?

Parlarci no (guarda e ride, ndr), però cerco sempre di tenerla in ordine, voglio che sia perfetta. La pulisco sempre, se c’è un problema cerco di sistemarlo subito. Poi è chiaro che un problema meccanico possa capitare in qualsiasi momento. Ad esempio in gara qualcuno può toccarti la ruota o il cambio posteriore e a quel punto puoi farci poco.

Drome Ardeche, Bagioli aveva iniziato il 2021 con una vittoria, poi a Laigueglia una caduta lo ha fermato
Drome Ardeche, Bagioli aveva iniziato il 2021 con una vittoria, poi a Laigueglia una caduta lo ha fermato
Sembri in forma, quando riprendi?

Probabilmente a fine luglio con il Tour de l’Ain o il Tour de Wallonie. Dobbiamo ancora vedere bene con la squadra, dopodiché varie gare ad agosto. Il Polonia oppure il Giro di Germania e poi invece a fine stagione farò tutte le classiche in Italia.

Niente Vuelta?

La Vuelta devo ancora decidere, per ora sono riserva, però non è mai detto che non la faccio.

Come cambia la bici fra classiche e Giri?

La Tarmac è sempre quella, però è diversa da gara in gara, soprattutto cambiamo le ruote. Per esempio in una gara come il Lombardia o la Liegi, molto meglio ruote a basso profilo. Sono più leggere in salita, sono molto più reattive, quindi perfette. Invece per una tappa piatta, di quelle facili, usiamo quelle ad alto profilo. Anche se sono un po’ più pesanti, sono molto più scorrevoli.

Ti trovi bene con questa bici?

Mi piace tutto, fino dal primo momento che l’ho provata. Mi piace perché è leggera, ma al tempo stesso scorrevole. Poi con le ruote ad alto profilo in discesa, nelle discese veramente veloci dove si va a 80-90 all’ora, si sente la differenza. Oppure anche in pianura, quando si va a 50 all’ora, si sente che scorre veramente bene.

Nella cronometro, Bagioli ammette qualche limite: di prestazione e di pratica
Nella cronometro, Bagioli ammette qualche limite: di prestazione e di pratica
E la bici da crono?

Il rapporto è un po’ diverso rispetto a questa. Devo dire che mi piace usarla anche per fare lavori durante la settimana. Mi piace, però dovrei fare molte più crono perché ne ho fatte veramente poche nella mia carriera.

I compagni lo chiamano. Masnada racconta di un episodio al campionato italiano, in cui la radio avrebbe cambiato le cose. Honoré chiede da che parte si vada. La giornata è splendida. La fila delle Tarmac dello squadrone belga prende la via della montagna.