La storia di Carlos Verona e del suo amore per i Masai

28.04.2022
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«Grazie a @bikes4masai speriamo che presto questa immagine diventi realtà nella savana. I bambini delle nostre scuole a volte devono camminare più di 2 ore per arrivare in classe. Per loro la bicicletta non è un giocattolo. La bicicletta è una possibilità per il futuro. Le mamme Masai camminano interminabili giorni per raccogliere l’acqua, una bicicletta per loro sarà una liberazione. Le ragazze non dovranno lasciare la scuola per andare a prendere l’acqua. Pensiamo che portare le bici nella savana significhi cambiamento e rispetto per l’ambiente. Asante sana @verona92 @estherfcasasola @martamchef6 @barbssanchezz».

Il post sulla pagina Facebook “Amigos de Ositeti” si conclude con un ringraziamento in swahili: asante sana, grazie mille. Dell’impegno di Carlos Verona per i Masai avevamo letto qualche tempo fa nella rubrica Industry, in un pezzo che raccontava il supporto fornito al corridore della Movistar da La Passione, che da quest’anno veste il team spagnolo. Ma volevamo saperne di più, così alla prima occasione abbiamo raggiunto Verona. E l’occasione è la presentazione delle squadre il giorno prima della Liegi.

Abbiamo incontrato Verona, primo da destra con Van Vleuten e Valverde, alla presentazione delle squadre della Liegi
Abbiamo incontrato Verona, qui con Van Vleuten, alla presentazione delle squadre della Liegi

I corridori della Movistar sono tutti lì aspettando che Valverde termini con le interviste e probabilmente Verona non si aspetta la domanda. «Ci racconti come sono nate le tue attività benefiche in Africa, a sostegno dei Masai?».

Due viaggi in Kenya

Lo spagnolo cambia faccia. Si gira di scatto e gli si illumina il volto. La mascherina abbassata, perché in Belgio si respira un’altra percezione del Covid e nelle strade nessuno più si protegge bocca e naso. Green pass per entrare nei posti al chiuso non lo chiede mai nessuno.

«Ho fatto due viaggi in Kenya – inizia a raccontare a una velocità pazzesca – entrambi per vacanze. Lì ho conosciuto uno spagnolo che gestisce il Camp Enkewa nella Riserva del Masai Mara, si chiama Jose e collabora con delle scuole. Nel secondo viaggio ho avuto più tempo per farmi un’idea della situazione. Volevo capire come fare qualcosa che li aiutasse a cambiare. Quando sei lì, la pensi in modo differente».

Il World Bicycle Relief

A forza di pensare, l’attenzione si ferma sul punto forse per lui più scontato. Carlos infatti si rende conto che biciclette in giro se ne vedono poche e si chiede perché.

«Mi hanno risposto – dice – che la gente non le usa perché poi non è in grado di ripararle, altrimenti sarebbero un mezzo di trasporto sostenibile, che potrebbe cambiare in modo sensibile la quotidianità delle persone».

Così scatta la ricerca. Prima provano con diversi produttori di bici, poi affinano l’indagine e arrivano alle Buffalo Bike, le stesse che già vengono messe a disposizione da altre realtà, fra cui ad esempio Qhubeka.

«Buffalo Bike – prosegue Verona – fa parte del World Bicycle Relief, che a sua volta appartiene al nostro sponsor SRAM. Attraverso loro abbiamo trovato il contatto della sede in Kenya, che si trova a Kisumu nel Lago Vittoria. Ci hanno detto quello che dovevamo fare, cioè trovare come minimo 100 biciclette per una scuola. E a partire da lì ci siamo messi al lavoro. Abbiamo messo all’asta e in vendita delle maglie. E finora abbiamo raccolto 25 mila euro, supportati anche da La Passione che con la sua azione ne ha raccolti 10 mila. Sono super contento perché possiamo comprare le bici per una scuola che si chiama Embiti che si trova ai margini del Masai Mara e a maggio finalmente arriveranno le prime».

Un fatto di felicità

Ciò che sembra interessante è capire come mai questo ragazzo di 29 anni e sua moglie Esther provino questa grande attrazione per l’Africa. Nel suo profilo Instagram non sono infrequenti foto con persone che operano in Kenya in supporto delle famiglie locali. 

«Ci torno ogni anno – dice – sono partito per una vacanza e adesso, se non facessi il corridore, penso che vivrei laggiù. L’anno scorso non ci sono andato per la pandemia, ma nell’ultimo inverno sono andato per tre settimane. Per passarci del tempo e studiare questo progetto. Alla fine laggiù incontri modi di vivere diversi da quelli che abbiamo qui in Europa. Possiamo aiutarli a svilupparsi, ma da loro possiamo anche imparare tanto. Capire come con molto meno si possa essere ugualmente felici. Anche loro hanno diritto ad avere un po’ di benessere, la qualità della vita che non hanno. E lavorandoci un po’, sarà possibile farglielo avere».

Verona ha chiuso la Liegi al 38° posto, nello stesso gruppo di Caruso, Landa e Gilbert
Verona ha chiuso la Liegi al 38° posto, nello stesso gruppo di Caruso, Landa e Gilbert

Valverde ha concluso, Verona adesso non se ne andrebbe, ma a questo punto il pullman blu della Movistar ha acceso il motore e ce lo portano via. Carlos ha parlato in modo rapidissimo e per fortuna abbiamo registrato le sue parole. Ci vorrà un po’ per sbobinare tutto, ma intanto pensiamo che tutto questo sia splendido. La dedizione di questo ragazzo. E il potere della bicicletta, davvero in grado di cambiare vite e salvare il mondo.

Aleotti a scuola di Nord: che cosa ha imparato?

25.04.2022
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La prima volta di Aleotti al Nord sa di cauta scoperta e sarebbe d’altra parte ingiusto paragonarlo a Evenepoel che, pure debuttante e con un anno in meno, è alla quarta stagione da pro’ e ieri ha centrato il bersaglio pieno. L’emiliano della Bora-Hansgrohe, ben guidato da Gasparotto nel suo secondo anno nel gruppo, aveva messo nel mirino Amstel, Freccia e Liegi già dall’inverno. Ma in questa bizzarra epoca di pandemia, quasi nessun piano si è attuato come nel desiderio di chi l’aveva progettato. E Aleotti non è sfuggito alla regola.

«E’ stato un inizio di stagione complicato – dice nella hall dell’hotel della squadra – puntavamo a fare bene proprio quassù, ma ovviamente doveva essere tutto perfetto. Invece a gennaio ho avuto il Covid mentre ero a correre e sono dovuto restare per una settimana di più in hotel. Perdere 10 giorni, avendo già fatto due training camp, non è il massimo. Mi stavo riprendendo, ma la sera prima della Sanremo ho cominciato a sentire dei dolori alle ossa. Ho corso e dopo l’arrivo, sul bus, avevo 39 di febbre. Sono rimasto altri cinque giorni senza bici, saltando Coppi e Bartali e altura. E così sono rientrato direttamente per Amstel e Freccia del Brabante. Mi sono sentito in crescendo, ma è meglio sforzarsi di prendere il buono. L’anno è ancora lungo».

Preparandosi ai piedi del pullman per la ricognizione sugli ultimi 90 chilometri della Liegi
Preparandosi ai piedi del pullman per la ricognizione sugli ultimi 90 chilometri della Liegi
Gasparotto dice che all’Amstel avresti potuto fare la tua corsa.

L’abbiamo studiata bene, visto che lui la conosce punto per punto. E’ molto complessa. Nella ricognizione ho notato che si passa più volte nello stesso punto, per cui ricordarsi tutto non è semplice e il modo migliore è correrla anno dopo anno. Fino a 60 chilometri dall’arrivo, diciamo fino alle 5 ore, stavo ancora bene. Poi mi sono spento. L’Amstel è diversa dalla Liegi. Ha salite brevi da fare tutte d’un fiato. Bisogna saper stare in gruppo senza rischiare.

La Freccia Vallone è un altro tipo di corsa.

E secondo me, mi si adatta. Mi è piaciuta molto. Abbiamo corso in funzione di Alex (Vlasov, ndr), supportandolo al massimo. Nell’ultimo giro comunque ero ancora lì. Il Muro d’Huy non lo avevo mai visto prima. L’abbiamo provato il martedì, facendo un giro e mezzo del percorso, per capire bene quelle salite. E’ un finale molto tecnico, vale la pena spenderci qualcosa…

Alla Freccia, fino all’ultimo giro, in salita assieme a Caruso e Thomas
Alla Freccia, fino all’ultimo giro, in salita assieme a Caruso e Thomas
In che senso?

E’ una cosa che ci dice spesso Gasparotto. In alcuni passaggi molto tecnici, devi spendere qualche energia in più per stare davanti e non avere problemi nei chilometri successivi. Mi ritrovo molto con Enrico, mi riconosco in lui come corridore. Inoltre è importante avere uno che ti spiega le cose nei dettagli, anche se alla radio cerchiamo sempre di parlare inglese per non escludere gli altri.

E allora parliamo ancora di lui. Ti ha consigliato di studiare i passaggi di gara?

Dice che è importante memorizzare i punti e i momenti decisivi. E dice anche che riguardarli alla televisione aiuta, perché l’occhio esterno a volte mostra cose che ti sono sfuggite. La dritta di prendere il Muro d’Huy non all’interno ma all’esterno, per non essere chiusi, ha portato Vlasov sul podio. I direttori vanno ascoltati.

Benedetti lo ha guidato nel debutto alla Liegi, conclusa in 77ª posizione a 10’55”
Benedetti lo ha guidato nel debutto alla Liegi, conclusa in 77ª posizione a 10’55”
Guardavi queste corse in televisione?

Assieme a mio padre, mi sono sempre piaciute. Anche il Fiandre, ma non so se ho il fisico adatto. Sono imprevedibili, altra cosa rispetto alle corse a tappe in cui dopo un po’ capisci le forze in campo.

E veniamo alla Liegi.

Abbiamo fatto una ricognizione di 90 chilometri, molto importante. E ieri siamo andati forte tutto il giorno. Si pensava che la serie di salite che inizia dallo Stockeu potesse combinare disastri, invece non ha fatto niente. I veri danni li ha fatti la caduta e noi per fortuna eravamo davanti per tenere Vlasov fuori dai guai. Come corsa mi è piaciuta molto, ma si capisce subito che la distanza fa la differenza. E in ogni caso Evenepoel ha fatto un grande numero.

Che cosa hai imparato?

Che conta davvero prendere una buona posizione all’attacco della Redoute. Una volta in cima, infatti, c’è poco per andare alla Roche aux Faucons, perciò è bene non perdere posizioni dove probabilmente ci sarà un attacco.

Ancora sul percorso della Liegi. Il venerdì è arrivato anche Higuita
Ancora sul percorso della Liegi. Il venerdì è arrivato anche Higuita
L’anno prossimo si torna per vincere?

Direi che è una prospettiva lunga, vediamo di andare per gradi. E comunque stavo bene, ho fatto il mio lavoro fino alla Redoute.

E adesso si pensa al Giro?

Prima si va a casa. Comunque sì, andremo con una bella squadra. Non abbiamo il velocista, ma diverse punte. E io mi aspetto di andare in crescendo. Non ci arrivo al top e spero di non calare poi in vista dell’estate. L’obiettivo sarà supportare i ragazzi, sapendo che in qualche giorno potrei avere un po’ di libertà. Ci vediamo al Giro, buon rientro anche a voi…

Attacco sulla Redoute e tanti saluti. La grande Liegi di Remco

24.04.2022
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«The worst crash I’ve ever seen», la peggior caduta che abbia mai visto. Alberto Bettiol tira su col naso e poi si dirige verso il pullman della squadra. Il riferimento è al mucchio violento che ha spezzato il gruppo a 59,5 chilometri dall’arrivo, dalle parti di Andrimont. Il più malconcio di tutti parrebbe al momento Alaphilippe, ripreso dalle telecamere sul fondo della scarpata. Aveva battuto la schiena anche alla Strade Bianche, fra tanto brindare per la vittoria di Remco, c’è qualche sguardo accigliato.

«Ha battuto dietro – dice Wilfried Peeters, oggi sulla seconda ammiraglia – e quando si è rialzato, faticava a respirare. Lo stanno portando all’ospedale. L’ho perso un po’ di vista, scusa…».

Da quanto si legge nel comunicato della Quick Step-Alpha Vinyl, il campione del mondo si sarebbe fratturato due costole e una scapola e avrebbe anche un polmone collassato. La ripresa non sarà semplice (seguiranno aggiornamenti).

L’entusiasmo dei tifosi di Alaphilippe si è trasformato in apprensione
L’entusiasmo dei tifosi di Alaphilippe si è trasformato in apprensione

Festa fiamminga

Il bus blu della Quick Step-Alpha Vinyl è accanto all’arrivo e intorno c’è l’atmosfera della festa. Remco Evenepoel ha vinto la Liegi con un numero da campione e si fa fatica a riconoscere apprensione per il campione del mondo. In qualche modo c’è da capirli. La campagna del Nord della squadra di Lefevere era stata finora un grosso buco nell’acqua e vincere la Liegi con un belga – e non un belga qualunque – è ossigeno puro.

«Patrick ci ha detto di stare calmi – dice a caldo Evenepoel, dopo aver abbracciato a più riprese la sua compagna – e in qualche modo ci ha dato la carica dimostrando di credere in noi. La mia famiglia, i miei amici e il mio team hanno sempre creduto che potessi tornare ai massimi livelli, quindi un enorme grazie va a loro. Adesso posso dire di essere tornato al mio livello e di essere tra i migliori corridori al mondo. Ho sofferto molto mentalmente e fisicamente. Finalmente sento che tutto sta andando di nuovo bene ed è una cosa stabile. Oggi ho mostrato il miglior Remco da quando sono diventato un professionista».

Van Aert fa buon viso

Torneremo con lui più tardi, quando avrà finito la trafila delle premiazioni. Intanto ci aggiriamo nel dedalo di pullman e tifosi in questo rettilineo troppo stretto per essere a una Liegi. Landa arriva con lo sguardo fiero e si infila nel bus dopo la salva di attacchi belli da vedere ma purtroppo infruttuosi. Attorno al pullman della Jumbo Visma invece c’è il solito stuolo di fedelissimi di Van Aert, che si è dovuto accontentare del terzo posto, cedendo proprio negli ultimi metri al ritorno di Hermans. Lui è sotto, appena tornato dal podio.

«Il terzo posto non era quello per cui sono venuto – dice al drappello di giornalisti presenti – ma devo esserne soddisfatto. Con un po’ più di fortuna sarei potuto finire secondo, ma ho lavorato molto nel gruppo inseguitore e per questo non sono stato all’altezza dello sprint. Però ho capito che per vincere questa corsa ho bisogno di una grande giornata e di condizioni favorevoli…».

Podio tutto belga, con Evenepoel ben… scortato da Hermans e Van Aert
Podio tutto belga, con Evenepoel ben… scortato da Hermans e Van Aert

Amore per la Redoute

E poi torna lui, l’enfant prodige del ciclismo belga: Remco. Ventidue anni, debuttante della Doyenne e già sulle spalle una lunga storia da raccontare.

«La Redoute – gli ridono gli occhi (foto di apertura) – è una delle mie salite preferite al mondo. Conosco ogni buca dopo tutti gli allenamenti che ci ho fatto. Là in cima è il momento in cui tutti hanno mal di gambe e provare è stato un atto di coraggio, ma anche l’attuazione di un piano. La squadra mi ha tenuto al sicuro fino alle salite. Ho dato uno sguardo alla potenza, l’attacco è stato come uno sprint. Sapevo di voler dare un colpo forte proprio lì, ma vincere così non è stato facile. La preparazione è stata perfetta, non c’erano scuse, al di là di una caduta o di una foratura, perché la corsa non andasse bene. Non sono sicuro di poter dire che ho vinto come quando ero uno junior, per rispetto verso questo gruppo di livello altissimo, ma di certo (ride e un po’ arrossisce, ndr) ha fatto un gran bene alla mia autostima».

Nuova esplosività

Eppure la disinvoltura nell’attacco e la facilità nel mantenere l’andatura hanno fatto davvero pensare all’Evenepoel che negli juniores disponeva come voleva del gruppo.

«Quando la strada ha spianato in cima alla Roche aux Faucons – dice – ho sentito di avere ancora forze per tenere alta l’andatura. L’inverno ci ha mostrato che sono più esplosivo di prima e che ho migliorato la mia abilità nella crono. La spiegazione che ci siamo dati è che dopo la caduta ho dovuto lavorare per ricostruire la muscolatura e forse la nuova esplosività arriva da lì. Oggi ho dimostrato di poter fare un attacco esplosivo a capo di una corsa dura. E ho mostrato anche una grande sicurezza. Quando si sono riavvicinati, non sono mai andato nel panico, perché sapevo che sulla bici c’era di nuovo il miglior Remco. Parliamo di potenza giusta. Capacità di maneggiare la bici. Tanti piccoli step che mi hanno aiutato a credere nuovamente in me stesso e a spingermi di nuovo oltre i miei limiti. Sono cose che vengono da sé, in modo fluido, ma in modo diverso dal primo anno in cui sembrava che dovessi solo schioccare le dita. Ho capito che puoi avere tutto il talento del mondo, ma senza testa e lavoro non si va troppo lontano».

Al traguardo come in un sogno, braccato da un amico dell’ambiente
Al traguardo come in un sogno, braccato da un amico dell’ambiente

Prima di andarsene racconta che ieri ha mandato un messaggio al suo primo allenatore, scrivendogli che ogni sforzo fatto finora è stato per vincere la Liegi e che prima o poi ci sarebbe riuscito. Poi rende merito a Philippe Gilbert, che definisce un eroe belga e aggiunge di essere fiero di aver vinto la sua ultima Liegi. E poi annuncia che d’ora in poi tornerà in modalità corse a tappe, puntando al Giro di Svizzera e poi alla Vuelta. La Liegi è finita, stasera ci sarà da scrivere per alcuni e brindare per altri. Ma se davvero è tornato il Remco di prima, prepariamoci a vederne delle belle.

Questa volta Van Vleuten le ha prese a ceffoni

24.04.2022
5 min
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Non è sempre Pasqua, deve aver pensato Elisa Longo Borghini, che nel giorno di Pasqua per giunta aveva vinto la Roubaix, vedendo la Van Vleuten allontanarsi sulla Roche aux Faucons. Più o meno gli stessi pensieri si sono addensati nella mente di Marta Cavalli, che mercoledì ha vinto la Freccia Vallone ed era tra le favorite della Liegi. Quando l’olandese della Movistar ha attaccato nel punto più duro dell’ultima salita, a dire il vero non è parsa irresistibile. Il gap infatti è rimasto a lungo intorno ai 10 secondi, poi le altre dietro sono inspiegabilmente sprofondate nella rassegnazione, raggiungendo il traguardo 43 secondi dopo Annemiek.

Per la Longo Borghini è arrivato il quinto posto. E adesso a casa a ricaricare le batterie
Per la Longo Borghini è arrivato i quinto posto. E adesso a casa a ricaricare le batterie

«Con due ragazze della Sd Worx e due della FDJ – dice Elisa, quinta all’arrivo – pensavo che saremmo riuscite a rientrare, ma evidentemente Annemiek ne aveva di più. E’ stata la più forte, ha preso da subito la corsa fra le mani, aveva il passo migliore di tutte. Io oggi mi sentivo recuperata rispetto alla Roubaix, molto meglio di mercoledì alla Freccia. Però è vero che, tranne alcune che iniziano a scegliere, tendiamo tutte a fare le corse principali. Perciò la Roubaix, spostata perché in Francia c’erano le elezioni, si è un po’ sovrapposta con le Ardenne. Se avessi fatto Amstel e Brabante, io ad esempio l’avrei saltata. E credo che se il calendario sarà ancora questo, si dovranno fare delle scelte».

Cavalli e la Redoute

Il tema, che avevamo già approfondito nelle scorse settimane, torna di attualità anche nelle parole di Marta Cavalli, arrivata sesta. Se Longo Borghini non avrebbe voluto fare la Roubaix e l’ha vinta, la cremonese non avrebbe dovuto fare Freccia e Liegi e ha vinto a sua volta la prima…

A Liegi anche il cittì azzurro Sangalli. Qui parla con Marta Cavalli e domani sarà a Roma al Liberazione
A Liegi anche il cittì azzurro Sangalli. Qui parla con Marta Cavalli e domani sarà a Roma al Liberazione

«Ho fatto la Roubaix – sorride sfinita – perché non avrei dovuto fare Freccia e Liegi. Ancora mercoledì sentivo di non aver ben recuperato il pavé che fisicamente è devastante. Oggi si sapeva che la Roche aux Faucons sarebbe stata il punto decisivo. Già ho sofferto per stare con la Van Vleuten sulla Redoute, credo di aver speso lì tutte le mie energie. Quando ha attaccato, siamo rimaste a 8-10 secondi, poi il gruppetto si è riformato e non c’è stato niente da fare. Ma che lei fosse forte si sapeva. Forse era bloccata un po’ mentalmente per non aver ancora vinto, ma questa volta ha dato tutto».

Il momento migliore

Annemiek è di ottimo umore. Al punto che quando il telefono di un giornalista, messo sul tavolo davanti a lei per registrare, inizia a vibrare, risponde lei alla chiamata. Parla in olandese, dice che si sta svolgendo una conferenza stampa e che gli ha risposto la vincitrice. Poi chiude, anzi no: la chiamata resta aperta ancora un po’.

Già sulla Redoute il suo forcing è stato ferreo. Qui le resiste Reusser
Già sulla Redoute il suo forcing è stato ferreo. Qui le resiste Reusser

«Se guardo i numeri – dice la leader del Movistar Teami miei test, i tempi su Strava, sono nel mio momento migliore. Ma ci sono tante ragazze che stanno crescendo, per cui vincere non è più così facile e quando ci riesco è più bello. Sapevo che non sarei riuscita ad andare via sulla Redoute come nel 2019, perché il livello del gruppo femminile adesso è più alto di qualche anno fa. Sapevo di avere una sola opzione sulla Roche aux Faucons, perciò l’ho iniziata e ho dato tutto. Ho ucciso me stessa, senza pensare se mi seguissero. Non potevo fare altro. Penso sia un complimento il fatto che mi stiano sempre a ruota, ma cerco di concentrarmi ogni volta su quello che posso cambiare e semmai le situazioni che posso girare a mio favore».

Il guanto di sfida

Parla con gusto. Fa battute. Dice che il Giro è una corsa troppo bella per non farla e che andrà a prepararlo a Livigno, il suo «happy place». Però aggiunge che ora tornerà per due settimane a casa, dove festeggerà con gli amici e il 27 aprile celebrerà il King’s Day.

«Vincere non è stato un sollievo – dice Van Vleuten – sarei potuta tornare a casa a mani vuote, ma con la consapevolezza di andare bene. E’ bello riuscire ancora ad avere questo livello, soprattutto dopo l’incidente alla Roubaix del 2021. Ho ancora fame di migliorare e ci sono piccole cose, dalla mia preparazione al lavoro di squadra, in cui posso migliorare. Credo in me stessa, vincere non è facile. Gli unici che aspettavano un passo falso sono certi giornalisti che si divertono a darmi il tormento.

«Credo che questa campagna di primavera abbia ridisegnato gli equilibri del gruppo. Marta Cavalli adesso sa di potermi staccare e proverà a rifarlo al Giro d’Italia e questo renderà il ciclismo più bello da seguire. Sul Muro di Huy mi ha battuto perché è stata più esplosiva di me, la Liegi si è dimostrata ancora una volta la corsa che più mi si addice. Ma non dite che sono stata la più forte, come se avessi passeggiato. Sulla Redoute ho distrutto me stessa. E sulla Roche aux Faucons ho dato tutto, facendomi del male…».

GALLERY / Qui Liegi, tutto pronto per la Doyenne. Ecco i team

23.04.2022
7 min
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Van Aert è un gigante. E mentre tutti lo osservano con deferenza e quel passo indietro che si mantiene rispetto ai giganti, c’è un bambino biondo che reclama la sua attenzione. La pretende. Si infuria. Strilla come un’aquila. «Pa-pà! Pa-pà! Pa-pà!». Alla fine dalla cima del palco Wout lo sente, lo saluta e il bambino si cheta. Intanto Wout dal palco dice di sentirsi finalmente bene e di sperare di avere le gambe della Roubaix, che la Liegi è più dura e ci sono corridori più adatti. Ma che tutto sommato dalla fine dell’ultima salita al traguardo c’è tempo per ragionare e rincorrere…

E venne finalmente il momento del saluto di Van Aert
E venne finalmente il momento del saluto di Van Aert

Quai des Ardennes

Dall’ora di pranzo alle cinque del pomeriggio, il ciclismo di Liegi si è dato appuntamento a Quai des Ardennes, un brutto quartiere alla periferia della città da cui la Doyenne degli uomini prenderà il via domattina alle 10,15. La solita presentazione in Place Saint Lambert non s’è fatta per la costruzione di un tram che collegherà tutte le periferie della città vallone. Così le squadre arrivano lungo l’argine de L’Ourthe, scendono dai pullman, sfilano sul palco e se ne vanno. Dieci minuti per squadra, qualche intervista e la formalità s’è conclusa. Ma la gente si assiepa, applaude e questo basta. Mentre il Cafè des Ardennes, lungo la strada che entra in città proprio dalle celebri alture, fa affari d’oro e ne farà domattina.

Signore azzurre

Le WorldTour che hanno gli uomini e le donne salgono sul palco insieme. Le donne domattina partiranno alle 8,30 da Bastogne e saranno a Liegi quando gli uomini non avranno neanche messo i denti sulla prima Cote de Saint Roch. E la doppia formazione ce l’ha la EF, in cui Bettiol con la barba e i capelli lunghi dice di star meglio. La Israel in cui De Marchi dice che invece non va un granché. Alpecin. Cofidis. Trek-Segafredo. Lotto Soudal. Uae Emirates. DSM. Bike Exchange. Uno X. FDJ. E la Movistar.

Elisa Longo Borghini dice di aver recuperato dalla vittoria alla Roubaix, ma che non è stato semplice, soprattutto per la scarica di emozioni che la vittoria le ha dato: «Sono umana per fortuna – dice – e sto bene. Non è stato tanto un recupero delle forze, ma diciamo che mercoledì alla Freccia non ero decisamente al meglio».

Marta Cavalli, che la Freccia l’ha vinta, dice che è stato bello festeggiare con le compagne e che è stato meglio essere rimasta in Belgio. Se tanto era stato faticoso il dopo Amstel, figurarsi dopo quello che ha fatto sul Muro d’Huy: «Quegli ultimi 500 metri sono stati lunghissimi – dice – ma mai come il finale dell’Amstel, dove ero sola. Mercoledì sapevo di avere forze per vincere».

Il campione del mondo

Alaphilippe è magrissimo, più di quanto è capitato di vederlo altre volte. Anche se Bramati, sornione in un lato, dice che è sempre così. Il campione del mondo ha baciato la sua Marion, direttrice di corsa del Tour Femmes che intanto confabulava con il collega Prudhomme, poi si è avviato assieme a Evenepoel e il resto della banda alla presentazione. La Freccia al quarto posto non è stata il miglior segnale, ma se manca l’esplosività, magari ci sarà il fondo perché domani sia diverso.

Evenepoel, che invece è al debutto, tiene un profilo insolitamente basso. La gente gli tributa lo stesso un grande applauso. Non come quello riservato a Van Aert e a Gilbert, ma comunque corposo da farlo sorridere. Il ragazzino in un modo o nell’altro dovrà riempire il loro futuro.

C’è Caruso

Nel Team Bahrain Victorious che arriva da lontano, c’è una sagoma mascherata che gesticola in modo strano. Strano, pensiamo, Caruso aveva detto che non lo avrebbero fatto correre. Invece è lui.

«Ero qua – dice – ho chiesto io di poter correre. Sto bene, perché sarei dovuto restare a guardarla in albergo? Al Romandia ci pensiamo dopo».

Ben fatto, amico Damiano, sarà una bella notizia per gli sportivi che vedono di malocchio gli impegni col bilancino e per Mohoric, Landa e Teuns che avranno un grandissimo appoggio in corsa.

L’ultima del “Bala”

Tra le varie ed eventuali, fra i coriandoli di questo pomeriggio al sole di Liegi, il sorriso di Anastasia Carbonari della Valcar-Travel&Service, in fuga alla Freccia e forse anche domani. La calma placida di Vincenzo Nibali, giusto dieci anni dopo il secondo posto dietro Iglinskij che lo fece piangere. La curiosità di Aleotti, al debutto. Lo sguardo intrigante di Demi Vollering che l’ha vinta l’anno scorso. E poi il volto scavato e rinsecchito di Valverde, anche lui come Gilbert all’ultima Liegi, che ha già vinto per 4 volte. Come Argentin, ma una meno di Merckx che ne detiene il record.

Il “Bala” ha lo sguardo vispo e certamente il secondo posto della Freccia gli ha detto qualcosa. Ieri sera s’è pappato una torta di riso, gentile omaggio di Florio Santin, un italo-belga tifoso di Visconti, che era solito portarla quando Giovanni era alla Movistar. Ieri mattina, per salutare Valverde, l’ha passata al suo massaggiatore Escamez sulla cima della Redoute.

Gli ultimi a sfilare sono i corridori e le ragazze del UAE Team Emirates, poi la tribù si disperde verso gli ultimi hotel di questa trasferta ardennese. Domani sera, vada come vada, saranno tutti sulla via di casa.

Mister Gasparotto, le emozioni e i consigli d’oro

22.04.2022
6 min
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«L’Amstel è stata bella – dice Gasparotto – salire il Cauberg ha riportato a galla delle emozioni. Non guidavo io l’ammiraglia, parlavo alla radio, quindi ero super concentrato su questo. Più che la corsa infatti mi sono goduto la ricognizione. Avevo pensato di portare la bici per farla con i corridori, ma il mio stato di forma non me lo avrebbe permesso. Invece ho portato le scarpe per fare come a Leuven, quando la sera sono uscito da solo a fare un giro sul percorso e fu bellissimo. Sarei andato con Benedetti, ma pioveva e alla fine ho lasciato perdere».

Tecnico della Bora-Hansgrohe da quest’anno, per Gasparotto è la prima campagna del Nord in ammiraglia
Alla Bora-Hansgrohe da quest’anno, per Gasparotto è la prima campagna del Nord in ammiraglia

Ricognizione sul percorso

Due giorni alla Liegi. Alcune squadre, fra cui Intermarché, Ineos e Trek, hanno anticipato al giovedì la ricognizione sul percorso. La Bora-Hansgrohe come le altre è rimasta fedele al rituale del venerdì.

«Il rischio anticipandola di un giorno – spiega Gasparotto – è che non avendo recuperato gli sforzi della Freccia, soprattutto ai debuttanti le salite sembrassero troppo dure. Dipende molto da quanti ne hai. Noi ad esempio abbiamo Vlasov, Hindley e Aleotti che non l’hanno mai fatta. Non ricordo molto del sopralluogo della mia prima Liegi, ma ricordo che fu nel 2009 e tirai per Cunego dalla Redoute al Saint Nicholas».

Il direttore sportivo della squadra tedesca sarebbe poi arrivato terzo nel 2012, alle spalle del compagno Iglinskij che batté Nibali. Per uno che a queste strade ha legato alcuni dei ricordi più belli della carriera, come le due Amstel vinte nel 2012 e nel 2016, queste giornate non passano via indifferenti.

Nel 2012 Gasparotto sprinta per il terzo posto alle spalle di Iglinskij vincitore e Nibali battuto
Nel 2012 Gasparotto sprinta per il terzo posto alle spalle di Iglinskij vincitore e Nibali battuto
Che effetto fa?

Da una parte non è automatico essere un buon direttore nelle corse in cui sei andato forte. Per contro, arrivare in forma qua mi è sempre costato caro, non sono mai stato un campione cui vengono le cose facili, come Nibali o Sagan, che potevano essere meno accorti tatticamente, compensando eventuali errori con il talento. Questa consapevolezza mi può aiutare a dare le dritte giuste ai corridori. Come con Vlasov alla Freccia. Ieri abbiamo festeggiato, era il primo podio per la squadra…

Che cosa hai detto a Vlasov?

L’ho detto a lui e agli altri, che se fosse arrivato ai piedi dell’ultimo Muro d’Huy sulla destra della strada, il gruppo lo avrebbe chiuso facendo la svolta a destra e recuperare sarebbe stato impossibile. Sono le cose che hanno sempre insegnato Valverde e Purito Rodriguez e tutti quelli che hanno vinto la Freccia. Eppure a un certo punto l’ho dato per perso. Ai due chilometri era in ventesima posizione, in auto abbiamo alzato gli occhi al cielo. Poi si è bloccata l’immagine alla televisione e quando è ripartita l’abbiamo visto a ruota di Valverde. Non so dove sia passato, ma evidentemente mi ha ascoltato.

Il podio di Vlasov alla Freccia, dietro Teuns e Valverde, è stato anche merito dei consigli di Gasparotto alla vigilia
Il podio di Vlasov alla Freccia è stato anche merito dei consigli di Gasparotto
Ci sono altri aspetti pratici che hai portato con la tua esperienza ancora fresca?

Qualcosa sì. Ad esempio per l’Amstel avevamo pianificato la ricognizione al venerdì, per avere più recupero. Poi per una serie di motivi i leader sono venuti meno e l’abbiamo spostata al solito sabato. Come per la Liegi, il fatto di anticiparla al giovedì non è da scartare, ma come ci siamo detti, bisogna vedere che corridori si hanno e la loro esperienza.

Pochi italiani in questi ordini di arrivo, non trovi?

Sono diventate corse in cui performano gli scalatori. C’è meno specializzazione di una volta, quando il cacciatore di classiche veniva qui per vincere e poi puntava alle tappe. Oggi trovi davanti quelli che hanno vinto i Baschi o il Catalunya e che poi faranno classifica nei grandi Giri. Sono sempre gli stessi. E se non abbiamo ancora uomini di classifica là, difficile averne vincenti di qua.

Hindley di buon umore, il 2021 è dimenticato. Dice di stare bene e si informa sulla salute di Umbertone
Hindley di buon umore, il 2021 è dimenticato. Dice di stare bene e si informa sulla salute di Umbertone
Voi avete qui Aleotti…

Che è molto adatto per queste corse, anche se per motivi di salute non ci è arrivato come volevamo. Può fare bene, deve amarle e capire come funzionano. Alla Liegi sarà meno libero di come è stato all’Amstel, perché avremo i nostri leader, ma lo stesso cerco di spiegargli quali siano i punti importanti per uno che deve aiutare e per uno che invece fa la corsa. Gli ho detto di memorizzare i passaggi, perché gli tornerà utile. E gli ho detto anche che a me è sempre stato utile registrare le corse e poi riguardarle perché mi permetteva di analizzare gli errori che dall’interno non riuscivo a cogliere.

Ad esempio?

Ad esempio la Freccia del 2012 in cui arrivò secondo Albasini. Avevo preso come riferimento gli 800 metri ed ero in seconda fila a 11” dalla testa. Pensavo di essere abbastanza avanti, invece sono arrivato in cima undicesimo con lo stesso distacco. In quella corsa soprattutto, pensi di essere davanti perché magari vedi i primi, ma non lo sei mai abbastanza. A volte sei troppo indietro e non te ne rendi conto. L’occhio della televisione in questo non sbaglia.

Aleotti è uno dei giovani su cui il team punta molto per queste classiche in futuro
Aleotti è uno dei giovani su cui il team punta molto per queste classiche in futuro
Andare in fuga per Aleotti potrebbe essere un bel modo per memorizzare i passaggi?

Non serve che lo faccia. Piuttosto gli ho detto di tenere gli occhi aperti a partire dalla Cote de Haute Levée, la quint’ultima, dove sicuramente si muoverà qualcosa. Quello potrebbe essere il suo momento.

Ecco, parliamo un attimo del percorso…

Hanno tolto la Cote de Forges dopo la Redoute e questo in teoria renderà il finale meno duro. Di conseguenza, può darsi che la corsa esploda prima come è successo finora in tutte le classiche ad eccezione della Freccia Vallone. La serie di salite che inizia con la Cote de Wanne, poi lo Stockeu, Haute Levée e Rosier è un punto ottimo per fare casino. Poi un po’ di fiato e si va verso Desnié, Redoute e la Roche aux Faucons. Detto questo, io ero un estimatore dell’arrivo di Ans. La Liegi con l’arrivo in città ha cambiato faccia.

Ieri sera è arrivato Sergio Higuita, con Vlasov e Hindley uno dei leader del team tedesco
Ieri sera è arrivato Sergio Higuita, con Vlasov e Hindley uno dei leader del team tedesco
Ogni giorno si alza questo vento strano, pensi che cambierà tempo?

Il meteo, altro fattore caldo. Fino a ieri mettevano pioggia. Oggi danno nuvoloso perché dovrebbe piovere lunedì. Un altro aspetto con cui fare i conti, bisognerà aspettare ancora qualche ora per avere un’idea.

Honoré gregario tosto, un po’ danese, un po’ trevigiano

30.04.2021
5 min
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La “montagna”, se così si può dire, più elevata della Danimarca si chiama Moellehoje ed è alta 170 metri. Si trova sulla costa orientale del Paese ad una sessantina di chilometri a Nord di Fredericia. Ed è da questa cittadina di circa 40.000 abitanti affacciata sul mare Baltico che viene Mikkel Frolich Honoré, uno degli scalatori della Deceuninck-Quick Step.

Mikkel in testa al gruppo, tira per Almeida in rosa all’ultimo Giro
Mikkel in testa al gruppo, tira per Almeida in rosa all’ultimo Giro

Sulle tracce del nonno

Il ciclismo in famiglia lo aveva porto il nonno Joren, un buon pistard. E in qualche modo Mikkel ne è stato “contagiato”.

«Poche salite da me è vero – sorride Honoré – ho iniziato nel 2007 quando avevo 7 anni e da lì non mi sono più fermato. Nel 2016, da juniores, sono andato in Belgio (alla Lotto Soudal U23 ndr), poi sono venuto a vivere in Italia. Dal 2019 sono diventato professionista alla Deceuninck e spero di continuare così».

Mikkel taglia corto, ma per diventare il bravo corridore che è ha lasciato presto la Danimarca, come lui stesso ha detto. Un po’ come Nibali, Visconti e tanti ragazzi del Sud e del Centro Italia. La sua scuola è stata quella belga e forse anche per questo alla fine è approdato alla corte di Lefevere

Ma Honoré è stato sin da subito “internazionale” e nel 2015, inconsapevolmente, si era già legato all’Italia. In una gara juniores conosce la sua attuale fidanzata, Marilisa. Lei faceva la giudice di gara, lui cadde dopo il traguardo. Perse gli occhiali e lei glieli li riportò. Da lì nacque tutto. Fino alla proposta di matrimonio avvenuta l’anno scorso al via della cronometro di Conegliano al Giro d’Italia.

Oggi Mikkel è un buon cuoco, parla italiano, ma forse parla anche meglio il dialetto trevigiano (quello della sua compagna), e tifa per Valentino Rossi.

Remco Evenepoel e Mikkel Frolich Honoré in ritiro a marzo
Remco Evenepoel e Mikkel Frolich Honoré in ritiro sul Teide

Colonna per il Giro

Honoré è molto apprezzato anche dal suo team. Correre sempre o quasi in uno squadrone come la Deceuninck non è facile. Se ci riesci è perché ti chiami Alaphilippe o perché sei un uomo tosto, uno di quelli su cui si può contare in ogni situazione: classiche, corse a teppe, freddo, pioggia… Lo stesso campione del mondo nei giorni delle Ardenne ha ringraziato pubblicamente Honoré sia dopo la Freccia che in una conferenza stampa a ridosso della Liegi, dicendo proprio che Mikkel era un corridore su cui poter fare affidamento e molto generoso.

L’abbraccio con Alaphilippe in cima al Muro d’Huy, nella Freccia vinta dal francese
L’abbraccio con Alaphilippe in cima al Muro d’Huy, nella Freccia vinta dal francese

Non solo gregario

Sta andando fortissimo… «Sì, penso di sì! Io cerco di fare il mio lavoro al meglio. La forma è buona. Sono contento per la stagione fin qui e speriamo di continuare così già al Giro d’Italia. Ci sono Remco e Almeida che partono entrambi capitani. Non gli mettiamo pressione e vediamo durante il Giro come andranno le cose. Per me avere due leader è una buona situazione. Possono succedere tante cose. Bisognerà vedere soprattutto come Remco andrà con il suo infortunio. La preparazione è andata bene per ora».

E a proposito di Remco. A quanto pare non è solo Alaphilippe a volere il danese in gara. Si dice che Honoré sia l’uomo di fiducia del fenomeno belga. L’anno scorso in preparazione proprio per il Giro vissero in simbiosi sulle Dolomiti. E lo stesso hanno fatto quest’anno sul Teide.

«Eh, non so se è davvero così – sorride con un velo di timidezza, ma compiaciuto – sono contento di essere apprezzato e anche a me piace lui. Nonostante sia giovanissimo, Remco è un grande corridore. Ed esserci per lui durante questo Giro credo sia importante per entrambi».

Il danese vince ai Paesi Baschi, era in fuga col compagno Cerny
Il danese vince ai Paesi Baschi, era in fuga col compagno Cerny

Honoré sa graffiare

Il danese però non porta solo le borracce o prende vento in faccia. All’occasione sa anche dire la sua. La Deceuninck gli ha lasciato i suoi spazi, anche per riconoscenza per quanto fatto. E Mikkel ha sfruttato al meglio le opportunità. Ha vinto la tappa finale della Coppi e Bartali, tra l’altro con un’azione spettacolare (attacco di forza, da lontano con il leader della generale Jonas Vingegaard), e si è poi ripetuto in Spagna qualche giorno dopo, facendo sua la quinta frazione dei Baschi. Questo è stato anche il suo primo successo nel WorldTour.

«Quando sarò capitano? Eh, buona domanda. Al Giro, speriamo di esserlo in futuro, però sono anche contento così. Ho avuto le mie occasioni ai Paesi Baschi e alla Coppi Bartali e al Giro abbiamo abbiamo altri obiettivi più grossi come la classifica generale. Ma vedremo, giorno per giorno. Magari ci sarà un’occasione in una tappa anche per me…».

Honoré in azione alla Coppi e Bartali, alla sua ruota De Marchi e Swift
Honoré in azione alla Coppi e Bartali, alla sua ruota De Marchi

Corridore completo

Ma che corridore è Honoré? E’ giusto definirlo scalatore? Si dice sempre che nel ciclismo attuale se non sei specializzato in qualcosa sei tagliato fuori dai giochi. Eppure ci sono atleti solidi come lui che piano piano riescono a trovare la propria dimensione. Ricordiamo che parliamo di un ragazzo che ha compiuto 24 anni da pochi mesi.

«Non lo so, sai! Sento di andare bene un po’ dappertutto, sono un corridore “all-rounder”. Mi piace la salita, la discesa (è molto abile nella guida, ndr) e anche la pianura e la crono. Diciamo che non sono specializzato. Credo che questa sia anche una delle mie forze, ma al tempo stesso sono consapevole che può essere un limite».

In questi giorni Honoré, come molti del Giro, è in altura. Si gode quel po’ di riposo, alternandolo con gli ultimi allenamenti tosti. Inoltre lui doveva recuperare dalla caduta alla Freccia del Brabante, nella quale aveva riportato tagli profondi. Tagli che però non lo avevano intimidito nelle Ardenne. Davvero un carattere tosto per il danese-trevigiano.

Conci si confida: «Mi serve più cattiveria agonistica»

28.04.2021
4 min
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Uno dei pochi italiani presenti nelle Ardenne è Nicola Conci. Il trentino della Trek-Segafredo è stato uno dei quattro “azzurri” impegnati nel trittico Amstel, Freccia e Liegi. Gli altri tre sono stati, Simone Velasco, Cesare Benedetti e Lorenzo Rota. Un trittico vissuto in appoggio ai suoi capitani.

Al via in piazza Saint Lambert a Liegi, Nicola è concentrato ma altrettanto disponibile.

Conci al via della Liegi. In tutto il trittico delle Ardenne ha lavorato per Mollema
Conci al via della Liegi. In tutto il trittico delle Ardenne ha lavorato per Mollema

Il valsuganese è uno dei gioielli provenienti dalla Zalf-Euromobil, ma nelle ultime due stagioni ha brillato un po’ meno di quel che ci si poteva aspettare. A fronte di un “motore” di quelli grandi. E’ anche vero, lo ripetiamo, che si è messo al servizio dei suoi capitani.

Nicola, ti abbiamo visto spesso davanti per aiutare i capitani. Hai fatto una Freccia Vallone prendendo molto vento in faccia…

Eh sì, abbiamo lavorato per Bauke Mollema sia all’Amstel dov’è stato sfortunato per una foratura nel finale, sia il mercoledì alla Freccia e lo stesso alla Liegi. Bauke è un corridore importante, ha dimostrato di fare belle cose. E dobbiamo, devo, essere in grado di cogliere questi momenti e stare vicino ai leader.

Ma parliamo di te. Sarai al Giro? Come sei messo?

No, quest’anno il Giro probabilmente non lo faccio. Ho svolto un programma di avvicinamento non ideale in quanto ho fatto diverse corse senza mai andare in altura tra una gara e l’altra. Al giorno d’oggi fare un grande Giro senza altura non dico sia impossibile, ma di sicuro non è l’ideale. Sono riserva, non si sa mai, ma per ora non è in programma.

Domanda “ovvia”: ti dispiace non esserci o meglio ripartire da altro? Il Giro era il tuo desiderio…

Per un italiano fare il Giro d’Italia è sempre un qualcosa di speciale. Quest’anno poi c’erano anche delle belle tappe in Trentino vicino casa mia. Però dai, spero che la mia carriera mi permetta di avere ancora occasioni così e che la corsa rosa passi dalle mie parti!

Conci ha corso al giro dei Paesi Baschi, eccolo nella crono d’apertura
Conci ha corso al giro dei Paesi Baschi, eccolo nella crono d’apertura
Parli di carriera: adesso quali sono stimoli ed obiettivi per il prosieguo, sia della stagione che della carriera?

Sicuramente mi sono sentito in crescita da quando sono passato professionista. Il primo e il secondo anno magari non avevo le capacità per fare risultato, mentre l’anno scorso è stato un po’ particolare con il Covid. Adesso mi sento cresciuto e tante volte mi rendo conto di essere lì e magari potrei anche prendere un qualche risultato. Non è arrivato finora, ma spero che possa giungere presto e comunque che arrivi quest’anno. L’obiettivo quindi è sicuramente cogliere un bel piazzamento importante, una vittoria.

Cosa ti manca per quel saltino del risultato, secondo te?

Purtroppo mi manca un po’ di convinzione in me stesso. Quel po’ di malizia e di cattiveria agonistica… A volte mi rendo conto di non averne abbastanza e può essere un grosso limite, perché al giorno d’oggi non servono solo le gambe per essere lì in salita. E’ quasi più importante essere in grado di prendere le salite davanti, di tenere le posizioni, di sgomitare in quel momento che appunto avere le gambe durante le scalate. Quelle più o meno le ho. Poi, è chiaro, che servono. Ma se resti dietro o sprechi… sei fuori. Spero di essere cresciuto abbastanza e di essere pronto per fare qualcosa di buono.

Dove e come si trova questa cattiveria? Ci stai lavorando?

Eh, bella domanda! Si trova con il risultato. Perciò diciamo che nel momento in cui inizierò a fare bene, a cogliere qualche risultato o piazzamento importante, potrebbe scattare quella molla nella testa che ti permette di fare qualcosina in più ogni volta.

Quali sono le tue prossime gare?

Giro di Ungheria e Giro di Svizzera. Come ho detto prima, sono riserva al Giro e il programma prevede la trasferta ungherese (12-16 maggio, ndr). Poi, nel caso la riserva dovesse subentrare, chiaramente anziché andare in Ungheria andrei al Giro. 

Dottor Emilio Magni, Nicola Conci, fotografa Trek-Segafredo, Etna, Giro d'Italia 2020
Nicola Conci con il dottor Magni al Giro 2020. Fu tra i migliori gregari di Nibali
Dottor Emilio Magni, Nicola Conci, fotografa Trek-Segafredo, Etna, Giro d'Italia 2020
Nicola Conci con il dottor Magni al Giro 2020. Fu tra i migliori gregari di Nibali

La speranza per Conci è che il risultato possa arrivare già al Giro d’Ungheria. Il motore del ragazzo non si discute, ma in queste condizioni forse è meglio “ripartire dal basso” e farsi trovare pronto e brillante per il Giro di Svizzera, che è già corsa importante. Lì uno dei leader della Trek-Segafredo sarà Antonio Tiberi. Il laziale lo aveva annunciato già a gennaio, ma anche Conci avrà le sue possibilità. Poi bisognerà vedere anche quel che farà Nibali, perché se lo Squalo non dovesse essere al Giro, è facile possa essere dirottato in Svizzera.

Ma queste per adesso sono solo congetture. Di certo non è facile nel ciclismo attuale restare sempre sulla cresta dell’onda, se non si è dei capitani con una “C” grossa così. Si hanno poche occasioni e in queste si deve “incastrare” condizione al top, con il giorno in cui si è leader ma senza avere un programma certo prima.

La doppia fuga di Rota, signore della Redoute

26.04.2021
4 min
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Lorenzo Rota protagonista alla Liegi-Bastogne-Liegi. Il bergamasco dopo 12 minuti di gara era già in fuga (e non era il primo). E’ rientrato sui primi attaccanti con Laurens Huys, con il quale avrà a che fare parecchio, come vedremo. Il suo attacco è stato il solo tricolore che ieri abbia sventolato sulle Ardenne. A parte le trenate di Formolo nel finale.

Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermaché-Wanty-Gobert
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermaché-Wanty-Gobert

Le punzecchiate di Piva

Nella colonna dei bus dopo l’arrivo raggiungiamo Valerio Piva, diesse della Intermarché-Wanty-Gobert, la squadra di Lorenzo. E ci complimentiamo per la bella corsa fatta, visto che in fuga c’era anche il compagno Loic Vliegen.

«Una corsa d’attacco? Questa è un po’ la filosofia che abbiamo adottato in questo momento – dice sereno, Piva – non abbiamo chiaramente dei corridori per giocarci qualcosa nel finale e quindi abbiamo dovuto anticipare. Lo abbiamo fatto nelle ultime tre corse e direi che ci è riuscito anche bene. Ci siamo messi in mostra e soprattutto è un modo per far crescere i ragazzi. Sono azioni che in questi contesti danno morale. 

E di Rota cosa dice il diesse? Glielo chiediamo…

«Io continuo a stimolarlo – spiega – perché Lorenzo è uno di quelli che è sempre un po’ pessimista e, sapete, bisogna tenerlo su. “Prova ad andare in fuga da lontano”, gli ho detto stamattina (ieri, per chi legge, ndr). E finalmente ci è riuscito. Anche se ha scollinato in testa sulla Redoute, non c’erano speranze di vincere, con questi top rider… Però sono azioni che fanno ben sperare. E magari possono essere la chiave di volta per prendere fiducia. Gli servirebbe un risultato».

Un passaggio nei boschi delle Ardenne. Rota era al debutto alla Liegi
Un passaggio nei boschi delle Ardenne. Rota era al debutto alla Liegi

Rota in crescita

Mentre il meccanico, carica le bici sull’ammiraglia, Rota è intento a farsi la doccia. E’ chiamato ad un’altra fuga, quella verso l’aeroporto per rientrare in Italia. Quando scende dal bus è davvero stanco. Ha il trolley in mano, i capelli freschi di phone e lo sguardo di chi ha dato e speso tanto.

«Purtroppo – dice – in questo periodo sto avendo qualche problemino fisico e quindi la mia condizione non è al top. La squadra mi ha chiesto di provare ad andare in fuga e ci sono riuscito. Sicuramente stare in gruppo è un pochino diverso che stare in avanscoperta: vai un po’ più regolare e non hai grandi cambi di ritmo. Per me, che come ho detto, non ho una super condizione è stato meglio così.

«Sono soddisfatto. Ho faticato tanto, ma ho anche imparato tanto. Per me era la prima Liegi, così come è stata la prima Freccia. La squadra mi sta dando fiducia facendomi fare queste grandi corse e io cerco di fare il massimo. Sempre.

«Quello che dice Piva è vero. Mi abbatto un pochino facilmente ma è anche grazie a lui se sto tornando alla mia dimensione. Vengo da annate difficili, quindi anche mentalmente tante volte non sono così forte, però sono sulla strada giusta».

Rota (a destra) con il belga della Bingoal, Laurens Huys: sono in cima alla Redoute
Rota (a destra) con il belga Huys, in cima alla Redoute

Primo sulla Redoute

E allora tanto vale esaltare e prendere quel che di buono si è fatto. La Liegi è un monumento. Quassù è venerata. Correrla davanti non è per tutti e un traguardo Rota lo ha raggiunto: ha scollinato in testa sulla Redoute, la salita simbolo. Lo ha fatto in compagnia del belga Huys, che si stava dannando pur di passare lassù per primo. Se pensiamo che Gilbert, ieri dopo la corsa ha detto che il suo obiettivo era arrivare con il gruppo dei migliori almeno fino alla Redoute, si capisce che valore possa avere questo “piccolo” goal per Rota.

«Se ho sentito qualche brivido? I miei compagni sono belgi, quindi loro ci tengono in modo particolare, me l’hanno detto e raccontato un sacco di volte. Sono in Belgio da 15 giorni e parliamo di questa Redoute a pranzo e a cena! In effetti è stata una bella emozione. Non ho mai creduto, chiaramente, che potessimo arrivare ma magari con un pizzico di fortuna in più, si poteva rimanere con i primi fino all’imbocco dell’ultima salita. Ma sarebbe cambiato poco».