Toselli e i 5 anni alla Vangi: storie, avventure e tanti ricordi

16.12.2024
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Cinque anni con la stessa squadra e poi l’addio, Ivan Toselli saluta la Vangi-Sama Ricambi-Il Pirata e passa tra gli under 23. L’allievo che ha festeggiato la vittoria del campionato italiano imitando il suo idolo Mathieu Van Der Poel è diventato grande. Forse lo era già da prima, quando ad appena tredici anni prese il treno per andare al ritiro di Sezze, nel Lazio, con la maglia della Vangi. Dal 2020 al 2024, crescendo, imparando e vincendo, ma soprattutto perdendo, dice lui

Come racchiudere un periodo così lungo e importante della propria vita in un’intervista? Difficile, speriamo di esserne in grado, perché la storia personale di Ivan Toselli merita di essere conosciuta. Intanto partiamo dalle novità, ovvero che dal 2025 sarà under 23 e correrà con la Technipes #InEmiliaRomagna di Davide Cassani

L’esordio con il team Il Pirata è arrivato nel 2020, Toselli (al centro) era al secondo anno da esordiente
L’esordio con il team Il Pirata è arrivato nel 2020, Toselli (al centro) era al secondo anno da esordiente

Un addio sentito

Ma ora facciamo i passi con il giusto tempo, parliamo di queste cinque stagioni vissute tutte con la Vangi. E’ arrivato da piccolissimo, se ne va ormai grande e sicuramente più maturo

«I primi tre anni – racconta il laziale – l’ultimo da esordiente e quelli da allievo li ho corsi con Il Pirata. Poi nel 2023 hanno aggiunto la formazione juniores ed è diventata Vangi-Sama Ricambi-Il Pirata. Salutarli è stato difficile, ho avuto un po’ il magone. Sono stato bene con loro e sono cresciuto tanto».

Nei due anni da allievo Toselli ha continuato a vestire la stessa maglia, vincendo spesso
Nei due anni da allievo Toselli ha continuato a vestire la stessa maglia, vincendo spesso
Come sei arrivato alla Vangi?

Grazie a una chiamata di Andrea Campagnaro, mi aveva visto a una corsa del suo paese quando ero esordiente primo anno, nel 2019. Ricordo che durante l’inverno non vedevo l’ora che iniziasse la stagione successiva. Per me correre con la maglia della Vangi era un sogno. Insomma, era la squadra di riferimento ad ogni gara.

Che sensazione hai provato quando hai indossato la loro divisa per la prima volta?

Ero felicissimo, non stavo più nella pelle. Però ammetto che mi sembrava strano avere come compagni di squadra i ragazzi che fino a pochi mesi prima erano avversari. Questa è stata una costante dei miei anni qui alla Vangi. Ogni volta che ho trovato avversari forti poi l’anno dopo li ho avuto al mio fianco. L’ultimo è stato Enea Sambinello nel 2024. 

Campionato italiano allievi 2021 e l’esultanza alla VDP per festeggiare il tricolore
Campionato italiano allievi 2021 e l’esultanza alla VDP per festeggiare il tricolore
Da allievo avevi stupito tutti ottenendo grandi risultati…

Al primo anno nella categoria avevo vinto il campionato italiano e poi erano arrivati tanti piazzamenti. Nel 2022, invece, ho vinto la Coppa d’Oro. Sicuramente sono state due stagioni che ricordo con grande piacere. Alla fine del secondo anno da allievo mi aveva anche contattato la Auto Eder per andare a correre da loro. 

E tu?

Pensavo fosse uno scherzo. Mi aveva scritto Christian Schrot su Instagram. Pensai di accettare, poi parlando con le persone che avevo intorno rifiutai. Mi consultai anche con Davide Cassani, una figura importante nella mia carriera fino ad ora. La decisione di non andare alla Auto Eder derivò anche dal fatto che andare all’estero al primo anno da juniores sarebbe stato troppo impegnativo

Nel 2022 Toselli ha trovato la vittoria alla Coppa d’Oro, una conferma del talento del giovane laziale (foto Coppa d’Oro)
Nel 2022 Toselli ha trovato la vittoria alla Coppa d’Oro, una conferma del talento del giovane laziale (foto Coppa d’Oro)
Non si fecero più sentire?

No. La cosa non andò avanti. Ma non ho rimpianti, sono felice di aver fatto il mio percorso. 

Vincere così tanto da allievo ha alzato molto le aspettative su di te una volta juniores, come le hai gestite?

Di quello che pensa la gente non me ne frega molto. Tutti si aspettavano potessi fare dei bei risultati, in un certo senso replicare quello che avevo fatto da allievo. Queste due stagioni da juniores non sono state facili, ma mi hanno fatto crescere tanto dal punto di vista mentale. A me interessa andare in bici e divertirmi nel farlo. Sono un corridore leggero e nella categoria allievi e juniores non ci sono tantissime gare adatte a me. Allora mi diverto quando attacco, quando provo e mi muovo in anticipo.

Il 2023 è stato l’anno più complicato con la frattura della clavicola e una condizione mai al top (photors.it)
Il 2023 è stato l’anno più complicato con la frattura della clavicola e una condizione mai al top (photors.it)
Il 2023 è stato l’anno più nero?

Sicuramente. E’ stato veramente brutto, mi sono rotto la clavicola e ho perso praticamente tutta la stagione. Mi sono ripreso solamente nelle ultime gare. Quest’anno, invece, sono riuscito a tornare alla vittoria, che mancava dalla Coppa d’Oro del 2022. Trovare il successo dopo quasi un anno e mezzo è stato davvero una grande soddisfazione. Nonostante tutto anche il 2024 non è stata una stagione fortunatissima. Ho rotto l’altra clavicola, la destra, e ho saltato il Giro della Lunigiana. Ma ho ritrovato la voglia di attaccare senza paura, temevo di averla persa e invece non è accaduto.

Sei contento della scelta di andare alla Techinipes?

Molto. Cassani è una figura di riferimento per me e correre nella sua squadra sarà un bellissimo stimolo. Il team fa un calendario interessante, ho visto con grande interesse quello che ha fatto Crescioli con loro quest’anno.

Nel 2024 Toselli ha ritrovato la voglia di attaccare, qui all’Eroica Juniores Nations Cup (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Nel 2024 Toselli ha ritrovato la voglia di attaccare, qui all’Eroica Juniores Nations Cup (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Come mai Cassani è così importante per te?

Perché nel mio periodo più difficile, nel 2023, mi invitò a stare una settimana a casa sua. Mi portò da diversi specialisti per far visitare la spalla e ci allenammo insieme sulle strade dei mondiali di Imola. 

In che modo arrivi tra gli under 23?

Mi sento forte, soprattutto mentalmente. Arrivo da tante sconfitte e questo mi ha permesso di creare una “corazza” in grado di subire e affrontare le delusioni. Molti ragazzi arrivano da vincenti e poi appena perdono si sciolgono. Io questo passo l’ho già fatto. 

Toselli nel 2024 è tornato alla vittoria, a Predappio. Qui dopo l’arrivo insieme a Fabrizio Vangi (foto Fruzzetti)
Toselli nel 2024 è tornato alla vittoria, a Predappio. Qui dopo l’arrivo insieme a Fabrizio Vangi (foto Fruzzetti)
Hai vissuto tutte le epoche della Vangi, compresa l’ultima con Matteo Berti.

Lui ha rivoluzionato la squadra e l’ha resa grande. Gli devo un grazie immenso perché ci ha portati a essere una delle poche realtà di livello nella categoria. 

Quale ricordo porti con te di questi cinque anni?

I ritiri a Calenzano o a Massa ad allenarci tutti insieme. Sia in inverno che durante l’estate difficilmente stavo a casa. Il mare, anche se vicino, lo abbiamo visto solo in sella alla bici ma ci siamo divertiti veramente tanto. 

Toselli in prima fila con a sinistra Sambinello, nel 2023 erano avversari, nel 2024 sono stati compagni di team
Toselli in prima fila con a sinistra Sambinello, nel 2023 erano avversari, nel 2024 sono stati compagni di team
Sei stato tanto lontano da casa, a che età sei andato via da solo per la prima volta?

A tredici anni ho preso il treno da solo per andare a Fezze. All’epoca la squadra aveva la sede lì. Ricordo che sbagliai treno, presi quello per Latina. Mio padre chiamò Trenitalia, un controllore mi trovò e mi fece scendere alla stazione successiva. Alla fine presi il treno giusto e arrivai. 

Sei diventato grande presto…

Sono avventure e storie che rimarranno sempre dentro di me e che mi hanno fatto diventare quello che sono ora. Sono cresciuto e maturato tanto, per questo forse ho tanta fame e voglia di andare in bici. 

La figura di Davide Cassani è stata fondamentale per lui, infatti passerà U23 con la Technipes
La figura di Davide Cassani è stata fondamentale per lui, infatti passerà U23 con la Technipes
Un desiderio di Ivan Toselli per il 2025?

Ritornare all’attacco e cercare di togliermi tante soddisfazioni, soprattutto nelle gare importanti. Ci proverò, statene certi. 

Allora buona fortuna e ci vediamo alle gare.

Grazie! A presto!

Bartoli, c’è un modo per ridare spessore ai dilettanti?

04.12.2024
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Quando lo rintracciamo, Michele Bartoli sta guidando verso il centro di Lunata con cui collabora. Il toscano sarà al ritiro della Bahrain Victorious a metà dicembre e oggi, dice, andrà a divertirsi con gli allievi che hanno richiesto il suo intervento. «Sono dei test così – mette le mani avanti – niente di serio. Tanto per fargli capire cosa significa fare ciclismo. Io sono uno che con i giovani va volutamente lento».

Lo abbiamo chiamato per riprendere il discorso fatto con Geremia sul dilettantismo italiano com’era e come invece è diventato. E se il tecnico regionale degli juniores veneti ha citato la sua esperienza con corridori come Nibali e Visconti che vincevano contro gli elite nel 2004, a Bartoli chiediamo come andassero le cose fra il 1989 e il 1992, quando il dilettante era lui e otteneva le sue vittorie più belle.

«Quindi Geremia – inizia Bartoli – sostiene che correre con i più grandi sia una cosa positiva? Sono d’accordo anch’io, assolutamente. L’impegno fisico rimane quello. I tuoi 3-5-12 minuti più o meno rimangono gli stessi come picchi di potenza, non è che correre con gli under 23 o gli elite cambi qualcosa. Cambia invece l’impegno mentale, il dover studiare qualcosa per sopperire alla maggior forza degli altri. E quindi impari prima e di più. L’ho sempre detto, sotto questo aspetto chiudere le categorie è stata una retrocessione. Anche perché poi fanno ricorso ai vari escamotage, con gli juniores che passano professionisti a 18 anni. E a quel punto dove finiscono le tutele dagli sforzi eccessivi?».

La nazionale dilettanti di Stoccarda 1991: età fra 20 e 23 anni. Bartoli il primo da destra: 21 anni.
La nazionale dilettanti di Stoccarda 1991: età fra 20 e 23 anni. Bartoli il primo da destra: 21 anni.
Saresti per ripristinare una categoria di elite e under 23 in cui salga il tasso tecnico oppure per cancellare anche gli under 23?

Quella dei dilettanti, chiamiamola così, è una categoria che è stata svuotata. Effettivamente si fa molta più esperienza facendo corse a tappe in giro per l’Europa. E’ una categoria molto sottostimata perché gli juniores buoni vanno nei devo team (in apertura Davide Stella della Gottardo Giochi Caneva, iridato della pista juniores, che passa nel team di sviluppo della UAE Emirates. Immagine photors.it, ndr). Altri passano professionisti e negli under 23 rimangono buoni atleti, ma con un interesse inferiore. Qualcosa deve essere fatto, non si può far morire una categoria intera in cui comunque corrono tanti atleti.

Secondo te perché si tende ad evitarla?

Io credo che passino così presto per ambizione, senza neanche calcolare troppo vantaggi e svantaggi. Passo professionista, punto e basta. Poi dietro ci sono sviluppi tecnici e altre considerazioni, però il primo pensiero è quello: passare. Capitano anche a me degli juniores che vorrebbero farlo a tutti i costi. Ma dove vogliono andare? Non è quello l’obiettivo. L’obiettivo è trovare una situazione in cui puoi crescere tranquillo, con gente che ti insegni il mestiere. Se passi tanto per passare, che ne sai dell’ambiente in cui ti ritrovi?

Tu sei passato a 22 anni e da dilettante correvi in mezzo a gente ben più grande: secondo te è un modello riproponibile oggi?

Correvo ad esempio contro Walter Brugna, uno dei primi che era rientrato dai professionisti. Le prime due o tre gare feci secondo dietro Alessandro Manzi, che aveva quasi 10 anni più di me. Era faticoso mentalmente perché ti aspettavi sempre un loro attacco e sapevi che quando andavano, ti lasciavano lì. E allora dovevi studiarti qualcosa per stargli dietro. Mi ricordo una corsa ad Arezzo, in un paese di cui non ricordo il nome perché da quelle parti mi sembrano tutti uguali. C’era proprio Brugna e prima dell’arrivo uno strappo ripido.

Alessandro Pinarello è passato pro’ saltando gli U23. Il 2025 sarà il terzo anno da pro’ (photors.it)
Alessandro Pinarello è passato pro’ saltando gli U23. Il 2025 sarà il terzo anno da pro’ (photors.it)
Come andò a finire?

Provai in tutti i modi ad anticiparlo, tanto sapevo che se arrivavo lì con lui, mi staccava. Ero di primo o secondo anno. Le provai tutte, cercai l’accordo con gli altri del gruppetto, per andare via una volta ciascuno. I classici ragionamenti che fai quando ti senti inferiore e che non avrei fatto se avessi corso negli under 23. Perché magari fra i coetanei ero superiore e mi bastava arrivare lì, poi sarei partito e li avrei staccati. E comunque quel giorno Brugna ci fregò lo stesso. Non si riuscì a staccarlo, si prese lo strappo e lui se ne andò e vinse. Sono le dinamiche che sei costretto a mettere in gioco solo quando sei al limite e devi trovare il modo per importi.

Pensi che si debba riorganizzare il ciclismo di quelle età?

La situazione non va bene. Tutti parlano di sforzi troppo grossi e che si è fatto così per salvaguardare i nostri atleti. Ma non sono gli sforzi fisici a danneggiarli, sono gli sforzi mentali. Uno sforzo fisico a 17, 18, 19 anni lo recuperi mangiando e andando a letto: la mattina dopo sei già pronto. Sono le scorie mentali che ti rimangono. Il problema è mandare una squadra di juniores a fare un’ora e mezzo con una salita al massimo un’ora e mezza prima del via della gara.

Poche corse under 23 hanno chilometraggi importanti: Poggiana si ferma a 164,5 (photors.it)
Poche corse U23 hanno chilometraggi importanti: Poggiana si ferma a 164,5 (photors.it)
Gli eccessi gratuiti?

E’ il problema del nostro ciclismo e crea talmente tante scorie che ti rimangono nel cervello e poi pian piano rigetti la fatica. Non ce la fai più, anche involontariamente, soprattutto involontariamente. Non è che lo decidi di non sopportare la fatica, ti succede e la chiudi lì. A meno che non fai certi sforzi da giovanissimo, esordiente o allievo, la fatica non ha mai fatto male a nessuno. Sapete quali sono le componenti dell’allenamento?

Quali?

Le componenti per far crescere gli atleti sono l’allenamento, la vita privata e le gratificazioni. Oggi invece esistono solo gli obiettivi agonistici, tutto il resto non conta più. La vita privata non conta più e le gratificazioni della vita di tutti i giorni sono proibite. Magari inventarono l’under 23 per contrastare altri fenomeni, ma ora che è tutto cambiato fa più danni che vantaggi. Hanno fatto bene anche a liberalizzare l’uso dei rapporti fra gli juniores, ma si deve trovare il modo perché il dilettantismo torni a produrre buoni corridori come un tempo, quando non c’erano alternative.

L’inverno del Canturino, a lezione con la Ratto

30.11.2024
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Li ha riuniti tutti il Canturino. Il nuovo preparatore, Giacomo Conti, ha corso da junior nella squadra lariana e così al momento di avviare la nuova stagione, ha organizzato una serie di incontri. Lunedì sera è toccato alla nutrizionista, poi sarà la volta del medico. L’idea è che i corridori siano informati di tutto ciò che ruota attorno alla vita da atleta.

«E’ il momento in cui si costruisce la stagione – dice Conti, allenatore e biomeccanico – non ci sono ancora gare e gli allenamenti sono blandi. Mettere subito in linea le cose importanti è fondamentale per non dover rincorrere durante l’anno. Proprio l’incontro con la nutrizionista ha fatto capire quanto il ciclismo sia cambiato sotto questo aspetto negli ultimi cinque anni. Proprio lei, che è stata un’atleta di vertice, ha fatto notare ai ragazzi che rispetto a quando si allenava anche due volte al giorno, però mangiando come si faceva prima, oggi che si allena due volte al mese ha perso solo 30 secondi sulla sua salita di riferimento che è il Selvino».

La Ratto in cattedra

La nutrizionista è una di casa per bici.PRO e bici.STYLE: Rossella Ratto. Piemontese trapiantata da sempre a Bergamo, ha 31 anni, è stata terza al mondiale del 2013 dietro Marianne Vos ed Emma Johansson, ha vinto il Giro dell’Emilia del 2014 e in precedenza era stata medaglia d’argento ai mondiali juniores del 2010 a Offida, battuta in volata da Pauline Ferrand-Prevot. L’anno dopo, ancora nella cittadina marchigiana, ha conquistato i campionati europei a crono e su strada. Laureata in Scienza della Nutrizione, ha smesso di correre nel 2021 e da poco più di un anno ha aperto il suo studio e scrive per noi i suoi articoli, essendo passata per tutte le fasi più recenti del ciclismo per quanto riguarda l’alimentazione.

Rossella Ratto, piemontese che vive a Bergamo, ha corso fino al 2021. E’ laureata in Scienza della Nutrizione (foto Joule)
Rossella Ratto, piemontese che vive a Bergamo, ha corso fino al 2021. E’ laureata in Scienza della Nutrizione (foto Joule)
Rossella, si torna al tempo in cui ti facevamo noi le interviste: che esperienza è stata questo incontro con i ragazzi del Canturino?

Avevo già fatto qualcosa del genere con la Bustese Olonia, mi piace lavorare con i ragazzi più giovani e vedo che le richieste in questo senso aumentano. Diciamo che il 70 per cento dei corridori è avanti nei ragionamenti, però ti trovi anche quello che è ancora bello… grezzo, tutto da formare. Ci sono delle belle differenze. Quindi ti trovi quello che mangerebbe male anche nella vita di tutti i giorni e chi invece è attento già alla tipologia dei carboidrati che assume: non solamente alla grammatura, ma anche al tipo di carboidrato.

Ti sembrano ragazzi che si informano leggendo siti e riviste oppure che hanno già lavorato con un nutrizionista?

Principalmente hanno studiato. C’è qualcuno che ha già lavorato con i nutrizionisti e quelli di solito hanno più un approccio… pacifico con la dieta. Invece i ragazzi che hanno studiato, come è tipico nell’adolescenza, tendono ad avere un approccio tra il curioso e l’arrogante. Quindi in questi casi devi essere proprio sicura di guadagnarti la loro stima.

Allora parliamo proprio della serata del Canturino, come si è svolta?

Eravamo in una banca, la BCC Cantù, accanto alla loro sede, dove la società ospita questo tipo di eventi. Io ho fatto subito una presentazione di un’oretta, affrontando i temi dalla base fino a qualcosa di più specifico. Li avevo già incontrati individualmente a inizio novembre, quindi bene o male conoscevo il loro livello di formazione e le difficoltà alimentari. Proprio per questo ad esempio ho inserito una sezione sulle ricette.

Il CC Canturino 1902 è un team lariano che svolge attività per juniores uomini e donne
Le ricette?

Sapendo che hanno difficoltà a inserire certi tipi di verdura, ho preparato un paio di ricette da provare. E poi sapendo che variano poco la dieta, questa è una tendenza di quelli che studiano di più, ho fatto vedere perché invece è importante apportare delle variazioni ai soliti schemi. Quindi per loro c’è stato un approccio più personalizzato, ispirato agli incontri individuali che avevamo già fatto.

Hai presentato le ricette: c’erano solo i ragazzi o c’erano anche le mamme che poi quelle ricette devono prepararle?

C’erano anche le mamme e i papà che si leccavano i baffi. Ma non crediate che quelle ricette le faranno solo le mamme, perché su questo ci sono dei ragazzi veramente sul pezzo.

Quanto è importante in questi incontri che Rossella Ratto metta su tavolo il suo essere stata atleta di vertice?

Tanto, non potrei mai presentarmi solo come nutrizionista e mettere in gioco solo la metà di me. E’ fondamentale ed è ancora più importante per le donne. A differenza del maschile, le donne tendono sempre a mangiare meno. Crescono con tante cose che si sentono dire e con tante di loro devo ricostruire dalle basi. Quindi lì la mia esperienza in questo conta ancora di più. Anche io ci sono passata e adesso che so giustificare certi passaggi e certe esigenze a livello scientifico posso essere ancora più incisiva. Mi sento di riuscire a dare qualcosa in più, insomma.

Fra le ragazze del Canturino Misia Belotti è stata selezionata per la crono ai mondiali di Zurigo (immagine Instagram)
Fra le ragazze del Canturino Misia Belotti è stata selezionata per la crono ai mondiali di Zurigo (immagine Instagram)
C’è stata anche una fase dedicata alle domande?

Lascio sempre spazio per questo alla fine, ma anche durante, se hanno dei dubbi. E infatti sono venute fuori domande su quanti grammi di zucchero si possono mettere nella borraccia. Sull’opportunità o meno di prendere solo rifornimento liquido in gara. Oppure su come gestire il pranzo, perché a scuola non glielo lasciano portare. Cose molto pratiche e legate alla quotidianità. Considerate che l’80 per cento di loro aveva già ricevuto la dieta elaborata dopo la prima visita. Parliamo di juniores e di ragazzi completamente alle prime armi forse ce n’erano il 40 per cento, fra uomini e donne. E sembrava quasi che avessero paura a fare domande, perché sono ben coscienti di essere meno preparati sul tema della nutrizione rispetto ad altri compagni. Questa almeno è stata la mia impressione.

Quanto è durato il tutto?

Un’oretta e mezza, anche perché i ragazzi il giorno dopo andavano a scuola e magari avevano avuto il rientro, perché il lunedì di solito hanno il rientro nel pomeriggio ed è già tanto che siano riusciti a seguirmi. Alcuni sono emiliani, altri di Pavia. Se non sbaglio c’era un ragazzo del cuneese, quindi li ho fatti registrare alla presentazione e l’ho ho condivisa anche online, sia in diretta sia registrata per chi aveva altri impegni. Così riescono a seguirla e ad avere elementi di educazione nutrizionale oltre alla tabella, perché la tabella in sé parla poco e magari se non capiscono cosa c’è sotto, diventa anche una limitazione. Invece il mio approccio è più educativo. Gli spiego che questo è quello che più o meno dovrebbero mangiare per raggiungere intanto l’obiettivo del peso, che per tanti ragazzi può essere anche legato alla crescita muscolare. E poi da quel punto, devono imparare a fare le sostituzioni in autonomia. Diciamo che è stato un incontro per dargli gli strumenti necessari.

Giacomo Conti è il preparatore del CC Canturino in cui ha corso a sua volta da junior
Giacomo Conti è il preparatore del CC Canturino in cui ha corso a sua volta da junior
Ce ne saranno altri oppure da ora in avanti diventerà un rapporto individuale?

Ci sarà sicuramente un altro incontro in studio, poi in base alle esigenze e alle richieste si lavorerà sull’individualità. Ho consegnato loro un questionario da compilare settimanalmente dove faccio delle domande, tra cui anche il monitoraggio del peso, in modo da tenere traccia di quello che sta succedendo. E se qualcosa non mi torna, sono io che li contatto. E poi in base agli appuntamenti che avranno durante stagione e in base alla preparazione che dovranno seguire, sarò io a mandargli gli aggiornamenti della dieta.

Temperoni: «In Rytger sono cresciuta tanto, ma mi fermo un anno»

22.11.2024
6 min
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Quest’anno tra le juniores del team danese Rytger-Carl Ras, la ligure Beatrice Temperoni ha vissuto la particolare unicità di correre per una formazione estera proprio come il suo coetaneo e conterraneo Lorenzo Mark Finn.

Il 2024 ha rappresentato un’esperienza tecnica e di vita che ha fatto crescere la 18enne di Sanremo (in apertura foto Ossola), malgrado una serie di intoppi fisici che ne hanno minato la stabilità morale, oltre al cammino agonistico. A fine stagione ha dovuto prendere una decisione non scontata, tuttavia lasciando aperta una porta per il futuro.

Beatrice Temperoni ha corso nel team danese Rytger-Carl Ras, ma ha deciso di prendersi un anno sabbatico nel 2025
Beatrice Temperoni ha corso nel team danese Rytger-Carl Ras, ma ha deciso di prendersi un anno sabbatico nel 2025

Dal Poggio alla Danimarca

Quello di Temperoni è un passato importante nelle categorie precedenti. Il suo crescendo di risultati è stato forgiato nella multidisciplinarietà. Nel 2019 da esordiente di primo anno ha vinto il tricolore nel ciclocross, nel cross-country e su strada. Tre anni più tardi da allieva ha raccolto il bronzo agli EYOF (il Festival olimpico estivo della gioventù europea) dietro la britannica Cat Ferguson e la spagnola Paula Ostiz, ovvero prima e seconda ai mondiali juniores di Zurigo e appena passate entrambe alla Movistar. Perché il ciclismo a Beatrice è passato letteralmente dentro casa ancora prima di scorrerle nelle vene.

«Avete presente la fine della discesa del Poggio – racconta – dove la strada si immette nuovamente sull’Aurelia prima del traguardo? Ecco, dove c’è il primo cancello che si vede io abito lì. Il ciclismo quindi per me è qualcosa di forte e andare alla Rytger è stata una bella opportunità, anche se non l’ho colta subito. Infatti il diesse Morten Ravnkilde mi aveva contattata proprio dopo gli EYOF, ma essendo al primo anno da juniores ero timorosa di fare quel passo. Lui e la squadra mi hanno capito e si sono rifatti avanti a maggio del 2023. Nel frattempo avevo maturato più esperienza e convinzione, così ho accettato di buon grado, mossa da tante motivazioni».

Vita mediterranea e nordica

La scelta di Temperoni comprendeva tanti aspetti organizzativi e logistici. Far conciliare gli impegni scolastici al Liceo Scientifico Sportivo di Taggia con quelli ciclistici tra allenamenti e gare.

«A scuola – prosegue Beatrice – alcuni insegnanti erano contenti per questo cambio di vita. Ad esempio la professoressa d’inglese era felice perché certamente avrei migliorato la lingua. Altri insegnanti invece non capivano che il mio era come un lavoro. D’altronde le formazioni juniores sono molto professionali in tutto, lo sapete bene. Insomma, qualcuno mi veniva incontro per programmare verifiche ed interrogazioni, qualcun altro no. Io però ho sempre fatto tutto per restare al pari, studiando durante i ritiri o dopo le gare».

Nella formazione danese c’era la campionessa norvegese Kamilla Aasebo, talento che correrà nella Uno-X (foto Rytger)
Nella formazione danese c’era la campionessa norvegese Kamilla Aasebo, talento che correrà nella Uno-X (foto Rytger)

Parallelamente Temperoni si confrontava col suo preparatore Alessio Mattiussi, mentre proseguiva l’inserimento nel Team Rytger.

«Alessio mi mandava le tabelle attraverso Training Peaks e i miei diesse mi tenevano monitorata, decidendo a quale gara mandarmi. Prima però ci sono stati i ritiri della squadra, utili per ambientarsi con le compagne e adattarsi alle abitudini danesi. I primi tre ritiri li abbiamo fatti nella zona di Copenaghen. Uno per conoscersi, prendere misure di bici e abbigliamento. Il secondo e il terzo sono stati improntati sul team building. Uscite in bici a giochi di squadra simili a caccia al tesoro. Lassù ho sofferto tantissimo il clima rigido considerando che sono abituata al caldo e che quando da me c’è freddo ci sono almeno 15 gradi. Infine a marzo siamo stati a Gran Canaria con un meteo ottimo per allenarsi in vista delle prime gare».

Alla Bizkaikoloreak nei Paesi Baschi, Temperoni è stata supportata da una buona condizione (foto Luis Iturrioz Bilbao)
Alla Bizkaikoloreak nei Paesi Baschi, Temperoni è stata supportata da una buona condizione (foto Luis Iturrioz Bilbao)

Crescita personale

Viaggiare apre la mente, specie quando hai 18 anni e lo stai facendo per lavoro. Temperoni accumula competenze e conoscenze.

«Sono cresciuta veramente tanto – spiega ancora Beatrice – perché dovevo interfacciarmi con tanta gente. Mi sono trovata spiazzata per i loro gusti alimentari perché mischiano tutto e mai come in quei momenti rimpiangevo la cucina italiana (dice sorridendo, ndr). Poi ho imparato ad organizzarmi per gli spostamenti. Ho preso molti aerei da sola per raggiungere la squadra per alcune corse. Come per andare nei Paesi Baschi che difficilmente ci sarei andata per conto mio o se fossi stata in Italia. E’ stato un assaggio di professionismo e personalmente consiglio a tutti i ragazzi di accettare le eventuali proposte che arrivano da team stranieri. Sia da juniores che da U23, è una esperienza formativa».

Anno sabbatico

Il 2024 però riserva a Beatrice sfumature inaspettate e momenti difficili che fanno da contraltare a buone prestazioni. A fine stagione, con la possibilità di passare elite, c’è un’altra scelta da prendere.

«Ero partita motivata – va avanti – ma il primo aprile sono caduta in gara rompendomi clavicola e qualche costola. Di quel giorno ho ricordi confusi perché avevo battuto anche la testa. E’ stata la mia prima caduta su strada e ho battezzato l’asfalto alla grande. Sono rimasta fuori dalle corse per due mesi, perdendo la possibilità di correre il Tour du Gévaudan Occitanie con la nazionale che mi aveva già convocata. Appena rientrata ho preso la febbre. Ho trovato una buona condizione tra fine giugno e luglio, dove ho conquistato qualche buon piazzamento. Ad agosto però ho avuto altri nuovi problemi personali e da lì ho perso gli stimoli.

Nei ritiri danesi, Temperoni ha conosciuto meglio le loro abitudini e… il freddo (foto Rytger)
Nei ritiri danesi, Temperoni ha conosciuto meglio le loro abitudini e… il freddo (foto Rytger)

«Il mese scorso – conclude Temperoni – ho deciso di prendermi un anno sabbatico dalle gare. Quest’anno a scuola avrò la maturità e voglio concentrarmi su questo obiettivo, anche perché poi la prossima estate voglio fare i test per entrare all’università. Vorrei diventare fisioterapista e la facoltà ce l’avrei a Finale Ligure. E’ stata una scelta difficile e sofferta, ma ponderata. Mi sono consultata col mio preparatore per continuare a seguire un programma di allenamento finalizzato al mantenimento della forma. Devo ritrovare qualche motivazione in più, ma vorrei tornare nel 2026. Avrò solo vent’anni e tutto il tempo per recuperare il terreno perso».

Corradetti, una diesse di vent’anni per vincere i pregiudizi

20.11.2024
6 min
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Sentendola parlare, dimostra più della sua giovane età e per il ruolo che ricopre è decisamente un valore aggiunto. Ha le idee chiare Krizia Corradetti, vent’anni e nuova diesse della BFT Burzoni, che vuole continuare a fare esperienza in ammiraglia.

Ci sono vecchi preconcetti nel ciclismo, figli di un retaggio che si trascina dietro da tanti anni, che devono ancora essere vinti. Per qualcuno può ancora sembrare strano vedere una ragazza così giovane guidare una formazione juniores, ma il cambiamento e il rinnovamento devono pur avere un punto di partenza. Corradetti non ha avuto paura di accettare questa sfida quando ha deciso di smettere di correre, trovando disponibilità e spazio prima nel Club Corridonia ed ora nel team piacentino. Un piccolo salto in avanti, partito non solo a livello geografico dalla sua San Benedetto del Tronto, dettato dall’attuale percorso universitario. Ecco cosa ci ha raccontato.

Corradetti ha smesso di correre nel 2022 ed ha subito preso il tesserino di primo livello
Corradetti ha smesso di correre nel 2022 ed ha subito preso il tesserino di primo livello
Krizia come nasce la scelta di diventare diesse?

Nel 2022, ovvero al termine del mio cammino tra le juniores, ho scelto di abbandonare l’attività, tenendo conto anche degli studi universitari che volevo intraprendere. Tuttavia non volevo lasciare il ciclismo. Così grazie al Club Corridonia, dove ho passato gli ultimi anni da atleta, ho fatto il corso di primo livello per prendere il tesserino a fine stagione. Loro mi hanno subito supportato, concedendomi la possibilità di dirigere le juniores. Quello scorso è stato il primo anno da diesse e contestualmente studiavo anche per la maturità, mentre in questa stagione ero già all’università. In queste due annate abbiamo sempre cercato le gare e le trasferte più giuste per trovarci come tempi e luoghi.

Il contatto con la BFT Burzoni com’è arrivato?

Si è verificata una serie di incastri. Sono iscritta alla facoltà di Ingegneria Gestionale di Parma, una materia improntata sulla tutela dell’ambiente, e diventava sempre più scomodo per me dover seguire le ragazze del Corridonia da lontano. Contemporaneamente Stefano Peiretti voleva prendersi un periodo sabbatico di stop dopo sei anni da diesse della BFT Burzoni. Così, è nata questa occasione. A quel punto mi sono sentita con loro e abbiamo trovato l’accordo.

Com’è stato l’impatto con i tuoi nuovi colleghi?

Molto buono. E’ vero che ci conoscevamo già per esserci incrociati alle gare in questi anni, però fin dal primo colloquio mi sono subito sentita ascoltata. Sia il team manager Stefano Solari che il diesse Vittorio Affaticati, che ha grande esperienza, che lo stesso presidente Gianluca Andrina mi hanno fatto sentire integrata con loro e con le ragazze. Ogni considerazione che facevano, chiedevano il mio parere. Questa cosa mi ha fatto davvero tanto piacere ed ovviamente è molto stimolante.

E’ stato un problema farti passare ad un team concorrente?

No, assolutamente. Al Club Corridonia sono stata molto bene, però sapevano che volevo fare nuove esperienze, come trasferte all’estero o avere rapporti con la nazionale per alcune ragazze. In questo senso devo ringraziare molto il presidente Mario Cartechini e il diesse Orlando Vecchioni, dai quali ho imparato tanto. Entrambi mi hanno appoggiato nella scelta, capendo le motivazioni. Anche la mia famiglia mi ha aiutata in questa mia scelta di vita. Ora vivo a Parma ed è molto più comodo per me andare a Piacenza nella sede della BFT Burzoni.

Ti sei trovata a disagio nel guidare atlete poco più giovani di te?

Personalmente no, però capisco che possa essere visto come un ostacolo la poca differenza di età. Ritengo che possa invece diventare una risorsa per il bene di tutta la squadra. Io vorrei essere un ponte tra staff e ragazze. Loro possono parlarmi tranquillamente di tutto, ovvio però che ci si chiarisca subito affinché si rispettino i ruoli o non sorgano incomprensioni. Sì, c’è il rischio di diventare troppo amiche delle juniores, ma ormai questa è una categoria di ragazze mature che sanno scindere le figure e non oltrepassare i limiti. In ogni caso, come è stato a Corridonia, non sono l’unica diesse quindi certe situazioni si affrontano sempre tutti assieme.

In queste due stagioni da diesse, che stile hai adottato?

Il mio metodo a livello atletico è sempre stato influenzato dai miei vecchi diesse, quindi abbastanza regolare anche tecnicamente. Tuttavia ho capito che non bisogna trascurare l’aspetto umano delle ragazze, che saranno future donne quando non correranno più in bici. Solitamente tendo a responsabilizzare le atlete anche sotto il profilo morale. Non vorrei pensare solo ai dati, che restano importanti chiaramente, ma guardare dentro le ragazze. Questa caratteristica credo mi possa differenziare dagli altri diesse.

Hai avvertito un po’ di ostilità per questa tua scelta di iniziare subito dalle juniores?

Devo dire che ho ricevuto un po’ di critiche in questi due anni. Qualcuno mi ha detto che sono acerba e che avrei dovuto iniziare da categorie più basse, addirittura dai giovanissimi. Il classico discorso è stato quello del “devi fare la gavetta”, ma vorrei far ricredere quelle persone ancora così chiuse che sono nel ciclismo. So che devo accumulare esperienza, ne sono ben consapevole e voglio imparare ancora. Da atleta non sono forse stata la più forte in circolazione, ma non è detto che non possa essere una buona diesse. Anche per me è una scommessa questa nuova mansione, ma voglio vincerla.

Linda Sanarini è nel giro azzurro di strada e pista. Nel 2025 sarà la capitana della BFT Burzoni (foto Franz Piva)
Linda Sanarini è nel giro azzurro di strada e pista. Nel 2025 sarà la capitana della BFT Burzoni (foto Franz Piva)
Che obiettivi si è fissata Krizia Corradetti per il 2025?

Conosciamo tutti gli standard alti della BFT Burzoni. Spero di poter aiutare questa società a mantenerli, magari cogliendo la prima vittoria all’estero. Così come spero di non alterare gli equilibri che ci sono. Ad esempio voglio vedere come risponderanno le ragazze del secondo anno, come Sanarini e Bezzone, ad una nuova diesse. E allo stesso modo come si troveranno le atlete del primo anno. Non vedo l’ora di dare il mio contributo. Sono pronta e concentrata per dare il massimo di me.

Dal Riso al Rosa: piccola squadra, grandi valori

12.11.2024
5 min
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«Diamo una seconda possibilità a chi non l’ha avuta o a chi vuole riscattarsi», Luca Depaulis entra immediatamente nel cuore dell’argomento, nell’aspetto filosofico e morale che lega la sua squadra e la sua visione dello sport. Un valore che, secondo lui, dovrebbe restare centrale almeno fino a una certa età.

Stiamo parlando della Dal Riso al Rosa, squadra juniores nata dall’iniziativa di Luca Depaulis, che ne è presidente e anima. Fondata tre anni fa, la squadra è radicata nelle terre piemontesi, tra le risaie e il Monte Rosa: da qui il nome Dal Riso al Rosa.

«E’ pensata – racconta Depaulis – per offrire una valida alternativa ai giovani ciclisti locali, desiderosi di rimanere nel proprio territorio. L’obiettivo è dare ai ragazzi un’opportunità vicina, evitando loro di dover scegliere tra il trasferirsi verso Torino o addirittura sconfinare in Lombardia».

I ragazzi di Depaulis ci mettono un immenso impegno. Sempre
I ragazzi di Depaulis ci mettono un immenso impegno. Sempre

Filosofia Dal Riso al Rosa

«Dal Riso al Rosa – prosegue Depaulis – è una squadra diversa dalle altre: più che un trampolino verso una carriera sportiva, è un’opportunità di crescita personale». Depaulis stesso la definisce la “squadra della redenzione” perché accoglie con apertura e spirito inclusivo tutti quei giovani che, per vari motivi, non trovano spazio altrove.

«Non si tratta solo di offrire una seconda possibilità – spiega Luca – ma di creare un ambiente accogliente e rispettoso delle diverse esigenze e personalità dei ragazzi. Al di là dei risultati sportivi, è fondamentale che ciascuno sia compreso e accettato per ciò che è. Il nostro team è incentrato sui valori umani. Molti giovani sono attratti dai nomi altisonanti e dall’apparenza delle grandi squadre, dimenticando però che dietro ogni squadra ci sono persone, relazioni e comprensione reciproca. Qui, l’umanità è un valore centrale. Se i ragazzi non sono capiti e accettati per quello che sono, con i loro pregi e i loro limiti, non raggiungeranno mai il loro potenziale.

«Solo una cosa chiediamo ai ragazzi: l’impegno. L’impegno negli allenamenti, nel metterci la giusta passione. Perché facciamo tanto per racimolare qualche soldino e questa è l’unica cosa che vogliamo in cambio. Che tra l’altro alla fine è qualcosa per loro, qualcosa che si ritroveranno nella vita. Da noi mai nessuno sarà allontanato, come succede in altri team, perché non ha ottenuto risultati. No: l’importante è che s’impegni e si assuma le sue responsabilità. Mi viene da ridere: tutti dicono di voler far crescere i ragazzi, poi vedo persone tese e nervose perché non arrivano i risultati. Ma come? Non eravamo qui per farli crescere?».

Per la prossima stagione i ragazzi diventeranno 7
Per la prossima stagione i ragazzi diventeranno 7

Quelle serate su Google Maps

Ma se questo è l’aspetto filosofico e morale, un altro pezzo forte della Dal Riso al Rosa è il suo “autofinanziamento”. Depaulis ha parlato delle difficoltà di racimolare fondi, ebbene sentite qui che storia.
«Il progetto – spiega – è sostenuto da una rete di sponsor locali, reclutati con tenacia e passione. Ho svolto un lavoro certosino per ottenere supporto economico. La sera, dopo il mio lavoro, aprivo Google Maps e chiamavo tutte, ma proprio tutte le aziende del territorio, nelle province di Novara, Biella, Vercelli, Alessandria, Verbania… Ci ho messo due anni e mezzo per contattarle tutte. Su migliaia di mail e chiamate mi hanno risposto in cinque».

Oggi Alessandro Brugo, un amico geometra, lo sta aiutando nella ricerca degli sponsor. Questo impegno permette alla squadra di fornire biciclette, abbigliamento e supporto logistico ai ragazzi. «A quelli più “bravini”, diciamo così, riusciamo a fornire oltre al vestiario, i caschi… e anche la bici. Agli altri solo il vestiario e tutto il supporto logistico che serve».

La Dal Riso al Rosa quest’anno ha inanellato circa 40 gare, tutte nel Nord Ovest
La Dal Riso al Rosa quest’anno ha inanellato circa 40 gare, tutte nel Nord Ovest

Umanità e rendimento

E’ chiaro che fare attività juniores, categoria sempre più “tirata” come ci ricordava anche Alessandro Ballan, è difficile, però, come in ogni cosa, c’è il rovescio della medaglia: l’umanità e la familiarità che fanno fiorire i ragazzi, aiutandoli ad emergere, cose che magari non avevano trovato nei team precedenti.

«Un ragazzo – racconta Depaulis – ha ottenuto quattro top ten quest’anno. Nell’altro team, non era stato capito, mettiamola così, ed è stato allontanato. Gli serviva semplicemente un anno in più. Capito perché siamo la squadra dell’occasione per tutti?».

Gli allenamenti sono strutturati per adattarsi alle esigenze di ciascuno, considerando la distanza geografica che separa i vari membri del team. I ragazzi seguono tabelle di allenamento individuali durante la settimana, mentre la domenica, in inverno, si ritrovano per pedalare insieme. Nelle stagioni calde, invece, partecipano alle gare. Depaulis fa sì che ogni domenica i ragazzi possano correre, ma se qualcuno ha bisogno di risposarsi, o al contrario sta facendo un blocco di lavoro, può tranquillamente restare a casa. Anche se la realtà è piccola e familiare, i metodi di allenamenti sono assolutamente moderni.
Dello staff, oltre a Luca e al suo amico Brugo, fanno parte un direttore sportivo di terzo livello, Danilo Del Cherico , e il vicepresidente Flavio Baruto. Gli atleti, invece, per la stagione che verrà, saranno sette.

«La Dal Riso al Rosa – conclude Depaulis – non si limita a formare ciclisti, ma mira a forgiare persone consapevoli, che sappiano affrontare la vita con responsabilità e dignità. Per me il ciclismo è una metafora della vita, un modo per insegnare ai giovani a perseverare, a rispettare le regole e a imparare dalle sconfitte tanto quanto dalle vittorie. Se solo uno di questi ragazzi, alla fine, seguirà queste orme, avrò vinto la sfida più bella».

Magagnotti, sguardo al 2025 rivivendo una stagione d’oro

08.11.2024
6 min
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Novembre è tempo di bilanci e, nel caso di Alessio Magagnotti, anche di bilancia per misurare il peso di vittorie e medaglie conquistate. La sua prima stagione da juniores con le maglie della Autozai-Contri e della nazionale ha avuto un crescendo strepitoso.

Il trentino di Avio – che farà diciotto anni il prossimo 27 gennaio – non sembra patire quasi mai il salto di categoria, mantenendo una media “realizzativa” molto alta. Da esordiente ad oggi, con le otto di quest’anno, sono 51 le vittorie totali ottenute su strada. Numeri importanti da prendere sempre con le pinze quando si parla di giovani, soprattutto per non creare aspettative spropositate, però è conclamato l’interesse già piombato su Magagnotti da parte di formazioni pro’. Con lui ci eravamo lasciati prima che iniziasse ad inanellare ori continentali e mondiali in pista col quartetto con tanto di record del mondo, conditi dal bronzo nell’inseguimento individuale.

Giusto il tempo di riprendere il ritmo di casa dopo le vacanze a Tenerife con la fidanzata Linda Sanarini – altra junior azzurra plurimedagliata – dove hanno incontrato tanti amici-colleghi, che Alessio è pronto a guardare al 2025. Poche parole, pragmatiche e spazio ai fatti.

Magagnotti è rientrato dai mondiali in pista a Luoyang in Cina con un bel bottino e il record del mondo col quartetto (foto Autozai)
Magagnotti è rientrato dai mondiali in pista a Luoyang in Cina con un bel bottino e il record del mondo col quartetto (foto Autozai)
Alessio riavvolgendo il nastro, che annata è stata in generale?

Sono partito in sordina, anzi direi non benissimo. Mi sentivo gli occhi puntati addosso per le stagioni precedenti, però col passare del tempo non ci ho fatto più caso. Sono caduto in qualche gara, poi ad inizio aprile al GP del Perdono mi sono sbloccato cogliendo il secondo posto. Da lì in avanti è andata sempre meglio su strada, lavorando anche per i compagni. Anche in pista è andata bene. All’europeo di Cottbus abbiamo vinto l’oro col quartetto, ci siamo ripetuti ai mondiali in Cina dopo un bel lavoro in altura a Livigno. Alla fine direi che è stata una stagione buona, a parte qualche passaggio a vuoto e che non l’ho finita al meglio.

Per quale motivo?

Sicuramente ho del rammarico per alcune gare. Al campionato italiano a crono speravo di fare meglio dell’ottavo tempo, ma arrivavo da un periodo di stop per recuperare dopo essermi ammalato al Saarland con la nazionale. Anche all’europeo su strada in Limburgo avremmo potuto fare di più. Personalmente la condizione era buona, ma non abbiamo corso al meglio delle nostre possibilità. Infine ho dovuto chiudere la stagione forzatamente a metà settembre dopo una gara nel mantovano in cui si è riacutizzato forte un dolore alla schiena. In pratica ho la zona lombare scalibrata.

A cosa è dovuto?

In una delle prime gare dell’anno nella zona di Vicenza, sono caduto male picchiando la faccia. Da quel giorno in avanti ho sentito subito di non essere più a posto e forse non mi sono mai ripreso del tutto. Forse non ci ho dato troppa importanza perché non tutti i giorni mi faceva male, ho sempre corso sopportando il dolore. Verso la fine della stagione però era troppo forte e non riuscivo più ad esprimermi come volevo. Nei giorni scorsi sono stato in uno studio dentistico per prendere l’impronta per un bite. Portando quello dovrei sistemarmi e ritrovare il giusto bilanciamento.

Come ti sei trovato con gruppo azzurro?

Molto bene. Abbiamo ottenuti grandi risultati, ma altrettanti ci sono sfuggiti. In pista l’anno prossimo praticamente cambierà tutto il gruppo perché ero l’unico del primo anno. Su strada spero che sapremo correre meglio di squadra ed essere quindi più forti. Quando ci ritroveremo vedremo chi ci sarà, ma sono certo che non ci saranno problemi a trovare la giusta amalgama.

L’anno scorso avevi vinto l’argento al Festival Olimpico della Gioventù Europea, ma quest’anno com’è stato l’impatto con una vera esperienza internazionale?

Mi è servita per prendere ancora meglio le misure alla categoria. Tra gli juniores all’estero corrono davvero col coltello fra i denti come dicono tutti. Ho capito subito che gli avversari ti fanno la volata anche per il trentesimo posto.

Da questo primo anno da junior hai tratto altri insegnamenti?

Assolutamente sì. Ho capito che la gara non finisce finché non si taglia il traguardo. Prima davo certe cose per scontate, ma l’ho capito in prima persona. A fine aprile alla gara di San Leolino in Toscana ho ribaltato il risultato. In un tratto di sterrato mi ero staccato, pagando la mia ancora poca destrezza su quel fondo stradale. Ero demoralizzato e forse rassegnato ad un piazzamento, ma grazie agli incitamenti dei miei tecnici e anche un po’ a me stesso, sono riuscito a recuperare le posizioni e vincere la corsa.

Le voci di mercato parlato di te già in orbita WorldTour. Come gestisci questa situazione?

Ho imparato anche a controllare meglio certe pressioni, come ad inizio anno che avevo foga di fare e farmi vedere. E’ vero che ho avuto tante proposte da devo team dei WorldTour, ma non ho ancora firmato nulla e soprattutto devo ancora dimostrare tanto. Quindi sto con i piedi per terra.

Che obiettivi ha Alessio Magagnotti per il 2025?

La speranza è sempre quella di continuare a crescere e vincere. Mi piacerebbe mettere il sigillo alle corse più importanti, ma vorrei anche correre meglio sia individualmente che con la squadra, Autozai e nazionale. Ad oggi sono un passista-veloce che si trova a suo agio su falsopiani o strappi di un chilometro, però vorrei andare più forte su pendenze più dure. La mia volontà è anche quella di andare bene nelle gare del Nord.

Piton corre veloce verso un 2025 davvero speciale

06.11.2024
4 min
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TRAVAGLIATO – Anche se siamo ai primi di novembre, il 2025 di Piton è meno lontano di quello che può sembrare. A confermarcelo è un foglio che Sara Pitozzi, alla guida dell’azienda di famiglia con il fratello Simone, ci mostra con giustificato orgoglio in occasione di una nostra visita in azienda. Sul foglio vediamo indicati i nomi dei team giovanili che nel 2025 correranno su bici Piton. Sono schierati come se fossero dei giocatori di una squadra di calcio. Ad ogni team è stata assegnata una posizione ben precisa. L’insolito campo di calcio è lo spazio antistante alla sede di Piton a Travagliato nel bresciano. Per capirne qualcosa di più lasciamo allora la parola a Sara Pitozzi, nel ruolo insolito di allenatore, anzi di allenatrice.

Il prossimo anno – esordisce Sara Pitozzi – il marchio Piton festeggerà cinquant’anni dalla sua fondazione. Siamo nati infatti nel 1975. In questi giorni stiamo lavorando a diverse iniziative per celebrare al meglio questo importante anniversario, a partire dalla realizzazione un logo speciale che ci accompagnerà per tutto il 2025 (in occasione della nostra visita abbiamo avuto l’opportunità di vedere in anteprima un paio di bozzetti, ndr).

Sara Pitozzi guida l’azienda di famiglia insieme al fratello Simone
Sara Pitozzi guida l’azienda di famiglia insieme al fratello Simone
Quali sono esattamente le iniziative alle quali state lavorando?

Abbiamo pensato a tre momenti. Si partirà dalla realizzazione di una foto con tutti i team giovanili che nel 2025 correranno con le nostre bici e che faremo qui davanti alla nostra sede. Ci sarà poi la presentazione di una bicicletta speciale, decisamente racing, che daremo alla nostra formazione under 23, il team Delio Gallina. Il 2025 si chiuderà con una festa per celebrare al meglio i 50 anni del marchio Piton. Al momento abbiamo già definito una sola data. E’ quella del 16 febbraio, il giorno in cui faremo la foto con tutte le squadre. Inizialmente volevamo farla davanti alla sede del palazzo comunale di Travagliato, ma abbiamo visto che era complicato con la gestione del traffico urbano. Abbiamo così optato per la nostra sede. Con il fotografo abbiamo già messo su carta la posizione che dovrà occupare ciascuna squadra (il famoso foglio visto in anteprima, ndr).

Allora è il momento di svelare i nomi di ciascuna squadra, come se fossero i giocatori di una squadra di calcio. Da chi partiamo?

Sicuramente dalla Delio Gallina, un team con il quale collaboriamo da 12 anni e che è il nostro fiore all’occhiello. A loro daremo la nuova bicicletta che presenteremo nel 2025. Abbiamo già deciso il nome. Non vogliamo però anticipare nulla. Come detto, faremo una presentazione ufficiale a inizio del prossimo anno.

Oltre alla Delio Gallina, quali saranno le altre squadre?

Confermiamo due team nel mondo del triathlon. Si tratta del Triathlon Fiamme Oro di La Spezia, squadra Elite, e della formazione giovanile del Team Feniks. Accanto a loro ci sarà la “nostra” squadra, il V Cycling Team Piton, del quale siamo main sponsor e che sarà presente il prossimo anno nelle categorie esordienti e allievi. Abbiamo poi due novità come l’Energy Team, nella categoria juniores, e l’U.S. Biassono fra gli allievi. Complessivamente nel 2025 correranno con le nostre bici 82 ragazzi, un numero di cui siamo particolarmente orgogliosi.

Restiamo ai due nuovi team. Se non sbaglio, l’Energy Team vi consente di colmare un vuoto presente nella categoria Juniores?

Effettivamente è così e siamo molto contenti che l’Energy Team il prossimo anno entri nella “squadra Piton”. Tutto è nato direttamente da loro ed in particolare dal team manager della squadra, Angelo Verri, che ci ha contattato qualche tempo fa. Con lui è nato subito un ottimo feeling. Quando gli abbiamo presentato il preventivo, gli abbiamo anche fatto vedere la bici che avremmo volute dare ai suoi ragazzi. Si tratta della RF10 con una livrea personalizzata, pensata per loro e realizzata con una particolare verniciatura con effetto “marmorizzante”. Vedendola, Angelo Verri è rimasto senza parole, tanto da portarsi via la bici per farla vedere subito ai suoi ragazzi. A ruota dell’Energy Team è poi arrivato l’U.S. Biassono, andando a completare il numero delle squadre che nel 2025 porteranno il nome Piton in giro per l’Italia.

Non ci resta a questo punto che aspettare il 2025 per celebrare al meglio i “primi” 50 anni di Piton.

Piton

EDITORIALE / Non ci sono più i corridori di una volta?

28.10.2024
5 min
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Se metti un direttore sportivo di 70 anni a guidare un team di juniores non è detto che ne tirerai fuori dei corridori, ma è abbastanza certo che se gli esiti dell’esperimento non saranno quelli sperati, la colpa sarà tutta dei ragazzi. Non ci sono più i corridori di una volta: il titolo è già fatto. Eppure i corridori ci sono e non è un caso che l’unica categoria davvero in attivo del ciclismo italiano sia quella dei loro agenti. Sono loro che danno la linea dello sviluppo, che prendono i corridori e li distribuiscono fra i vari team. Se qualche regola li ostacola, trovano con competenza la via d’uscita. Fanno la loro parte, poco da rimproverargli. Se porti un goloso in pasticceria e lo lasci libero di prendere quel che vuole, sai già che non farà prigionieri.

In questi pochi mesi che porteranno alle elezioni federali, questo sarà uno dei fronti più caldi. Non tanto per imporre dei vincoli che la legge europea sul lavoro può scavalcare senza troppi problemi, ma per cercare di rimettere lo sport al centro del ragionamento. Siamo certi che chi gestisce il ciclismo giovanile abbia le carte in regola? Con quali argomenti può confutare le tesi dei procuratori? Siamo certi che non sia arrivato il momento per un sostanzioso ricambio su alcune ammiraglie? I corridori ci sono, i corridori di oggi: sottoposti a tensioni da cui quelli di una volta sarebbero stati sbriciolati (in apertura una foto dal Giro della Lunigiana). Quanto può cambiarti la vita un contratto da professionista se non sei in grado di onorarlo come (giustamente) ci si aspetta?

Tomas Trainini, neoprofessionista nel 2021 a 19 anni, ha alzato bandiera bianca nel 2022 (foto Instagram)
Tomas Trainini, neoprofessionista nel 2021 a 19 anni, ha alzato bandiera bianca nel 2022 (foto Instagram)

Pro’ a 18 anni

Uno dei primi punti di domanda fu il passaggio al professionismo di Tomas Trainini nel 2021, a 19 anni appena compiuti. Correva alla Colpack e anche a Villa d’Almé rimasero stupiti vedendolo andar via. I suoi giorni di corsa tra i professionisti non arrivarono a 15 e nell’aprile del 2022 annunciò il ritiro. Le motivazioni sulla sua presunta fragilità furono prese per buone, perché dubitarne? Resta il fatto che, essendone a conoscenza, probabilmente quel contratto non andava neanche proposto. E da quel giorno anche Reverberi imparò a prendere meglio la mira.

E’ di questi giorni notizia del ritiro di due corridori dal devo team della Soudal-Quick Step: il britannico Cormac Nisbet e Gabriel Berg, un promettente francese classe 2005, passato a 19 anni . In una intervista molto interessante su L’Equipe proprio lui spiega il perché della sua scelta. Questo un passaggio.

«La mia vita ruota attorno al ciclismo. E’ diverso da quando correvo alla Argenteuil da junior e andavamo alle gare con gli amici nel fine settimana. La mia età ha avuto un ruolo nella decisione di smettere. A 18 anni non ero pronto, era troppo presto. Non avevo la maturità per mettere tutto da parte per il ciclismo. Non sapevo come trasformare la mia passione in una professione. Ero pronto per rendermi conto a 30 anni che mi ero perso gli anni migliori della mia vita? Ma quello che non ha funzionato per me funziona anche per altri, come Matys Grisel, Léo Bisiaux o Paul Seixas (campione del mondo junior della crono, ndr) che sono diventati professionisti molto giovani».

Gabriel Berg, francese della Soudal-Quick Step Devo Team, ha alzato bandiera bianca (foto Wout Beel)
Gabriel Berg, francese della Soudal-Quick Step Devo Team, ha alzato bandiera bianca (foto Wout Beel)

La catena di montaggio

Quello che va bene per uno non funziona necessariamente per gli altri, invece è diventato regola. L’orologio biologico che un tempo era riferito quasi unicamente alla maternità oggi investe i corridori con ripercussioni che non tutti siamo in grado di immaginare. Da un lato è giusto capire per tempo di non essere tagliati per un certo lavoro. Va bene che nel frattempo si finisca la scuola, in modo da non arrivare a 23 anni sul mercato senza arte né parte. Dall’altro è semplicemente assurdo che non ci sia una via di mezzo per chi a 18 anni vorrebbe avere il tempo di capire e si ritrova invece in un frullatore.

«I miei compagni di squadra sono colleghi – racconta ancora Berg – facciamo il nostro lavoro. Veniamo pagati circa 450 euro al mese. Vogliamo andare tutti nel WorldTour. Tutto è fatto in modo perché tu debba soltanto pedalare. La mia preparazione è molto più avanzata e più scientifica che negli juniores, ad Argenteuil. Faccio dei test. Prendono i livelli di lattato, i livelli di CO2… E’ un altro mondo. Sono in contatto con il mio allenatore e i direttori sportivi. Vedo un nutrizionista e un medico se ne ho bisogno».

A 22 anni, Verre ha già corso due Giri d’Italia. Si tutela così un giovane di valore?
A 22 anni, Verre ha già corso due Giri d’Italia. Si tutela così un giovane di valore?

Il mondo di adesso

Montoli ha smesso perché nessuno l’ha cercato e a 22 anni si è sentito vecchio. Leo Hayter ha smesso per fragilità psicologiche troppo grandi che il WorldTour ha reso più evidenti. E poi ci sono coloro che son sospesi. Come Alessandro Verre, mandato troppo giovane alla Arkea senza che ne avesse l’urgenza e la solidità. Dopo tre anni e calendari cambiati senza una logica che vedesse lui al centro del ragionamento, si ritrova alla ricerca di un contratto. Non avrebbero meritato di crescere, fare il loro percorso negli under 23 e poi tentare il grande salto quando fossero stati pronti?

In questa società così diversa, di famiglie spesso disintegrate e valori dispersi, lo sport giovanile è un momento educativo e aggregativo e non un’agenzia di avviamento al lavoro. I ragazzi di oggi hanno mille fragilità che sarebbe indecente non considerare. Occorre quindi un accordo fra le parti per stabilire che 18 anni sono spesso pochi per l’accesso ai vertici. Occorre garantire un’attività di livello anche senza finire necessariamente all’estero. Se vengono a prenderli da noi a 19 anni, vuol dire che sono forti e che fino agli juniores s’è lavorato bene. Non è possibile che avere la struttura giusta in tempi più lunghi sia necessariamente una condanna al fallimento.