Con questo articolo, basato sul peso e sulla sua esperienza personale, inizia la nostra collaborazione con Rossella Ratto, Dottoressa in Nutrizione, che ha interrotto da poco l’attività agonistica.
«Il sogno – ha raccontato due settimane fa a bici.PRO – sarebbe lavorare con i giovani ed insegnare loro come alimentarsi a dovere. C’è troppa esasperazione sul peso dei ragazzi che corrono, l’ho vissuto sulla mia pelle. Per questo ho scelto quelle facoltà e ora vorrei diventare una linea guida per loro».
Durante il ritiro di febbraio 2016, sulla base del peso e del colpo d’occhio, mi fu detto che non ero ancora abbastanza magra. Così io che già dal 2015 mi affidavo ad un nutrizionista per raggiungere l’obiettivo olimpico, al ritorno andai subito per una visita di controllo. Il responso scientifico fu sconvolgente. Non solo ero magrissima ma addirittura dovevo fare in modo di metter su un po’ di grasso perché non ne avevo a sufficienza e un misero 8% di grasso totale per una donna era davvero estremo. Ciononostante nella cronologia di WhatsApp conservo ancora i messaggi di qualche giorno dopo, in cui mi rattristavo all’idea di aver compromesso quell’incredibile 8% di grasso, sgarrando con dello strudel, fatto in casa e con poco zucchero ovviamente.
Il rapporto watt/kg
In uno sport come il ciclismo, in cui gli atleti devono combattere ad ogni colpo di pedale per vincere una resistenza, sia essa la gravità o il vento, il rapporto Watt/Kg è fondamentale. Lo è sempre stato e sempre lo sarà. Ma proprio grazie alle tecnologie degli ultimi anni, per monitorare la forza impressa sui pedali e la composizione corporea degli atleti, questo rapporto ha acquisito ancora più importanza.
La percentuale di grasso
Bisogna distinguere tra grasso essenziale e di deposito e ovviamente tra uomo e donna, perché se un uomo può arrivare al 4-6% di grasso, una donna deve mantenere almeno il 10-13%, valori pari al grasso essenziale, per assicurarsi che il proprio organismo svolga le normali funzioni senza incorrere in alterazioni ormonali, che quasi inevitabilmente nella donna inducono l’interruzione del ciclo mestruale.
Come si raggiungono percentuali tanto basse di grasso? Ecco dove casca l’asino. Da anni è credenza comune che sia sufficiente aumentare il carico di allenamenti, in termini di frequenze e quantità, riducendo l’apporto calorico attraverso l’esclusione quasi completa di carboidrati e grassi.
L’ossessione del peso
Il peso in sé non è un indice puro di grasso corporeo. Ed ora, in seguito ai miei studi in Nutrizione, inorridisco al ricordo di quelle sveglie in ritiro quando, ancora minorenne, ero sottoposta ai controlli rigidi sul peso. Se la sera mangiavo il minestrone cercavo di svegliarmi prima per andare in bagno, per evitare anche il minimo incremento di peso. Le uniche variazioni ben accette erano infatti quelle in negativo, ad eccezione di chi ad occhio era magro e quindi poteva permettersi di mantenere il peso iniziale.
E’ senz’altro corretto pensare di controllare lo stato fisico e di salute di ogni atleta per ottimizzare la performance. Ed è ancora più prezioso sensibilizzare i giovani in campo alimentare, ma non si può imporre una dieta approssimata, univoca e sbilanciata. Ad ognuno la sua professione, perché determinate routine, come quella accennata in precedenza, possono determinare un cambiamento del rapporto col cibo e della visione della propria immagine negli atleti, specialmente se giovani e donne.
La fase più critica
L’età di maggior insorgenza di anoressia e bulimia coincide con le categorie allievi e juniores. Un momento delicato nello sport, in quanto ci si affaccia al mondo, allontanandosi dalla famiglia per raggiungere obiettivi sempre più importanti. I ragazzi a quell’età si affidano incoscientemente ai direttori sportivi o ai preparatori. I quali, la maggior parte delle volte senza alcuna formazione in materia di nutrizione, pretendono di definire le diete dei ragazzi, valutandone la composizione corporea ad occhio.
Allenarsi per smaltire
In seguito agli ottimi risultati dei primi anni di professionismo, con la pressione delle gare e senza un valido riferimento alimentare, non mi vergogno ad ammettere che per me il peso era diventato un’ossessione. Non mangiavo per recuperare, ma mi allenavo per smaltire. Oggi so che questo tipo di comportamento è del tutto simile all’anoressia. Con la differenza che si compensa l’introito di cibo con l’attività fisica esagerata, convivendo col risentimento di ciò che si è mangiato. E nella convinzione che quel boccone in più sia la ragione del calo di performance in gara. Questo pensiero trovava poi conferma nei commenti di molti, tecnici e non. Che non mancavano l’occasione per paragonare, sempre ad occhio, le dimensioni fisiche tra atlete con commenti spesso troppo schietti.
Al termine delle mie due stagioni peggiori dal punto di vista della salute, a settembre 2016 cominciavo il mio percorso universitario. E ben presto questo mi ha aperto gli occhi sulla mia esperienza ciclistica. E proprio durante il tirocinio, visitando una paziente definita anoressica, ho realizzato uno dei problemi più gravi del ciclismo. In particolare quello femminile: il rapporto Watt/Kg è più importante della salute fisica e mentale dell’atleta.