Failli 2021

Failli, raccontaci chi è tuo nipote Alessandro…

29.01.2022
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Tra i vari ragazzi che Giuseppe Di Fresco ha presentato alla Casano Matec ce n’è uno che ha al suo interno geni ciclistici di qualità: Alessandro Failli è infatti nipote di quel Francesco che dopo essere stato per oltre 10 anni pro’ è ancora apprezzato protagonista nelle granfondo di mtb, alla Cicli Taddei. Un amore, quello del 16enne toscano, nato seguendo proprio le gesta di Francesco, ancora su strada quando nacque Alessandro: «Spesso il papà lo portava a vedere le mie corse e così pian piano si è appassionato, iniziando a gareggiare fra i G5. Io ero stato più precoce, già G1…».

Come sono stati i suoi primi anni?

E’ una forza della natura. Mi ha stupito soprattutto nel periodo del lockdown: veniva in bici con me 3-4 ore e non si staccava mai, ha fatto un cambiamento fisico enorme. Mi dicevo «Ma è lui che va forte o io che sto invecchiando?…». Ha fatto la prima gara da Allievo 1° anno e l’ha vinta e da lì ha iniziato una bella stagione, con oltre 5 successi.

Che tipo è?

Disincantato, prende tutto senza stress. Si diverte in bici e per la sua età è importante. Nel definirlo, io dico che sempre che se casca il mondo, lui si sposta… Quando si allena, neanche guarda le strade, poi mi chiama per andarlo a prendere e neanche sa dov’è… Vive tutto senza grande pressione, almeno finora, perché gli continuo a dire che ora c’è un team che ha investito su di lui e giustamente pretende risultati, si comincia a fare sul serio. Ma è giovanissimo, ci vuole tempo.

Failli nipote 2022
Alessandro e Francesco Failli: quando il nipote è nato, lo zio già correva da pro’
Failli nipote 2022
Alessandro e Francesco Failli: quando il nipote è nato, lo zio già correva da pro’
Si sente dalle tue parole che gli sei molto legato…

E‘ cresciuto con me. I genitori lavorano, io mi allenavo di mattina e poi andavo a prenderlo a scuola da piccolo e stavamo insieme. Siamo cresciuti insieme.

Parlate mai di ciclismo, delle tue gare, del suo futuro?

Poco. Per ora non ha l’assillo della carriera ciclistica, se non sfonda vorrà dire che si troverà un lavoro (studia all’Alberghiero, ndr). Non sente pressione e questo può essere anche un vantaggio, ma deve capire che i tempi non sono come i miei, il ciclismo ora consuma tutto molto presto. Ora è junior e questi sono due anni fondamentali, nei quali deve farsi vedere.

Come corridore è simile a te?

Non direi, intanto perché ha un fisico via via più imponente, poi perché rispetto a me è un corridore forse anche più completo, molto veloce ma che tiene in salita. Io veloce non lo sono mai stato, forse sugli strappi avevo ancora qualcosa in più.

Failli Tirreno 2013
Francesco, qui sul podio alla Tirreno-Adriatico 2013 come leader della classifica combinata
Failli Tirreno 2013
Francesco, qui sul podio alla Tirreno-Adriatico 2013 come leader della classifica combinata
In allenamento segue particolari tabelle? 

Finora non lo ha mai fatto, i suoi allenamenti erano un po’ naif, pensa che quando doveva fare le ripetute di 30” e gli chiedevo come faceva senza alcuno strumento mi diceva che contava a mente… Ora chiaramente è in una squadra, ha un preparatore e gli dico sempre che deve seguire quello che gli dice, anch’io faccio un passo indietro. Ora comincia a usare misuratore di potenza e garmin, deve cambiare ottica e pian piano lo sta facendo.

Dicevi prima che vive in un ciclismo dove non si ha la pazienza di aspettare. Con te la ebbero?

Sicuramente, anche se passai pro’ molto presto. Ma sia da dilettante che agli inizi da pro’ mi diedero tempo per crescere, per imparare. Oggi tutto questo tempo non c’è più.

Failli Stabbia 2020
Centro alla Festa Giovanile del Pedale a Stabbia nel 2020, Alessandro era Allievo 1° anno (foto Roberto Fruzzetti)
Failli Stabbia 2020
Centro alla Festa Giovanile del Pedale a Stabbia nel 2020, Alessandro era Allievo 1° anno (foto Roberto Fruzzetti)
Tu sei stato sempre molto attento al gioco di squadra, un concetto che hai trasbordato anche nella mountain bike dove si è sempre detto che è uno sport più individualista…

E’ un concetto al quale sono molto legato. Ho fatto da gregario a campioni come Garzelli e Di Luca, ho sempre avuto forte l’idea che bisogna applicarsi nel fare il proprio lavoro, se lo fai bene quella è una vittoria. Nessuno si è mai lamentato, in quei 10 anni mi sono fatto molti amici.

E Alessandro come si trova a fare gioco di squadra?

Glielo stanno insegnando. Lui rispetto a me ha però una mentalità più vincente. Le sue gare le ho viste quasi tutte e ha la gran capacità di non sprecare quasi niente, di gestirsi davvero in maniera esemplare per vincere e questa è una grande dote che mi dà molta speranza.

Veniamo a te. Guardandoti indietro, non pensi di aver chiuso abbastanza presto?

Avevo 31 anni, forse avrei potuto tirare ancora, ma gli ultimi due anni con Citracca alla Vini Farnese ero rimasto deluso dal fatto che preparavo il Giro d’Italia ma rimanevo sempre escluso. Forse a ben guardare quel mondo mi aveva dato abbastanza, avevo bisogno di cambiare. Francesco Casagrande mi propose di passare alla mtb e dissi subito di sì. A gennaio stavo ancora preparando la stagione della strada, a marzo avevo già esordito in mountain bike…

Failli Mtb 2019
Vittoria alla GF di Poppi, una delle tante per Francesco Failli (foto Luca Guarneri)
Failli Mtb 2019
Vittoria alla GF di Poppi, una delle tante per Francesco Failli (foto Luca Guarneri)
Ti manca quel mondo?

Non tanto le gare mi manca un po’ l’atmosfera di gruppo, l’adrenalina che si sente. Nella mountain bike è tutto molto più tranquillo. Alla Cicli Taddei viviamo le gare pensando proprio all’obiettivo generale, con Francesco ci siamo trovati tante volte davanti e non abbiamo mai discusso su chi doveva vincere, è indifferente. Ora è arrivato anche un altro ex pro’, Riccardo Chiarini, siamo un bel gruppo.

Tu sei alla soglia dei 40 anni, Casagrande ha già superato i 50, sei un ragazzino al confronto…

Facciamo una bella coppia. Lui ha paura che smetto io, io che lascia lui… Ora abbiamo in programma la partecipazione alla Vuelta Andalucia, gara a coppie dell’Uci Marathon Series, ma non correremo insieme. Lui dice che vado troppo forte e vuole prendersela con più calma, correrà con un giovane. Eppure vi assicuro che dà ancora la paga a tutti…

EDITORIALE / Juniores, U23, continental: il ciclismo all’italiana

24.01.2022
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C’è una gran confusione e ciò che stupisce è che chiunque venga interpellato offre della situazione un quadro differente. E’ tutto molto italiano, all’estero il problema neppure si pone. Il motivo è nella nostra storia secolare: lo stesso per cui a Roma non si può costruire una metropolitana senza incappare in ruderi che fermano i lavori e più in generale non si riesce a creare una rete di piste ciclabili, in città nate a misura di automobili. Nel ciclismo e nelle sue categorie è la stessa cosa. Si può scegliere di conservare oppure di buttare giù. Oppure semplicemente si può scegliere di fare le cose per bene.

«Le squadre continental in Italia – ha raccontato Matteo Provini – sono differenti dalle estere per un solo motivo: il numero di atleti pro’ che puoi tesserare. Da noi le continental ne possono avere al massimo due, all’estero non c’è un limite. Inizialmente queste squadre dovevano fare da cuscinetto tra il professionismo ed i dilettanti, un lavoro che svolge egregiamente la Giotti di Giuliani. Dovevano prendere corridori che per un motivo o per l’altro non erano riusciti a ritagliarsi lo spazio tra i pro’».

Far crescere i nostri

Ma quando mai? Le continental di seconda generazione (in apertura il CT Friuli) sono nate per dare un respiro e uno spessore maggiore alle squadre under 23 che per anni si erano arenate in una dimensione provinciale e in alcuni casi asfittica. Un’esigenza diventata urgente a fronte dei continui schiaffi che gli italiani prendevano nei contesti internazionali.

Questo non succedeva, tranne sporadiche eccezioni, perché gli azzurri corressero contro professionisti fatti e finiti, ma perché i coetanei delle continental straniere passavano l’anno misurandosi contro i professionisti. Dire che questo in prospettiva sia un bene è ancora un punto di domanda, ma di certo al momento di spingere sulle continental nessuno ha mai parlato di professionisti. Le poche squadre che continuavano e continuano a tesserarli galleggiano in un limbo strano. Le prime, nate ormai tanti anni fa, erano il modo di inseguire un professionismo a basso costo. Oggi la squadra di Giuliani si trova al centro del guado. Ha scelto da anni l’affiliazione in Romania per poter tesserare i professionisti che vuole e svolge il suo compito di restituire (forse) al ciclismo corridori che hanno smarrito la via, ma non lavora poi troppo nel senso dell’individuazione e lo sviluppo del talento.

La Colpack ha continuato in un calendario U23, ma ha proposto anche diverse esperienze tra i pro’
La Colpack ha continuato in un calendario U23, ma ha proposto anche diverse esperienze tra i pro’

Qualità o quantità?

Si può fare del gran ciclismo anche senza essere continental, questo deve essere chiaro. Fare però del gran ciclismo proponendo il confronto con i professionisti alza l’asticella. E questo, nel rispetto degli atleti, è innegabile. Secondo noi far debuttare un U23 di primo anno a Laigueglia e Larciano non è cosa corretta.

«Ci sono delle continental meno attrezzate di noi – prosegue Provini, diesse della Petroli Firenze – che vanno alle gare senza meccanico o massaggiatore. Noi ai ritiri abbiamo tutto lo staff al completo: massaggiatori, diesse, preparatori ed anche uno chef».

Questo è vero. Lo stesso Ruggero Cazzaniga, vicepresidente della FCI e primo sostenitore della spinta continental, si è reso conto che il numero di tali squadre probabilmente sia cresciuto troppo senza che ce ne sia la qualità. Si cresce bene anche nelle squadre under 23, a patto però che si lavori nel modo giusto, smettendo di propugnare teorie di allenamento e alimentazione ferme agli anni 80. Sarà anche per questo che i manager delle squadre pro’ vanno a fare… la spesa negli juniores?

Anche la Zalf Fior è infine diventata continental: la squadra nel 2021 alla Per Sempre Alfredo
Anche la Zalf Fior è infine diventata continental

La malattia juniores

«Siamo appena tornati dalla Spagna dove abbiamo fatto il giro di atleti e team manager – ci scrive un procuratore – sono tutti d’accordo sulla malattia degli juniores. Però continuano a farlo e a prenderli. Non guardano nemmeno bene chi siano, basta che siano juniores. Perché sennò magari arriva qualcun altro e li fa firmare».

Cosa c’è dietro questa… malattia, oltre all’ansia di pescare il nuovo Evenepoel? C’è probabilmente la sensazione che, fatte salve poche realtà, in queste squadre under 23, siano esse continental o vecchia maniera, i corridori vengano gestiti senza prospettive ben definite. L’attività possibile con i professionisti in Italia è risicata e ben poche di queste squadre hanno il budget e l’intenzione di andare all’estero. La continental ben fatta accelera i tempi, altrimenti non dà particolari vantaggi. Certo, si potrebbe far firmare il ragazzo in anticipo e concordarne la gestione, ma questo è un tasto che difficilmente (purtroppo) si riesce a suonare.

Pogacar, qui terzo agli europei 2016 juniores ha corso per due anni in un continental slovena prima di andare alla UAE
Pogacar, qui terzo agli europei 2016 juniores ha corso per due anni in un continental slovena prima di andare alla UAE

Il rischio di arenarsi

Le parole di Lorenzo Germani sul fatto che in Francia i corridori della continental siano assunti come professionisti sgombra il quadro da ogni dubbio. Chiaro che avere dietro un team WorldTour semplifichi parecchio la vita, ma quanti di coloro che oggi gestiscono una continental sarebbero in grado di garantire questo tipo di assunzione?

Basterebbe imporre delle regole chiare per scremarne il numero. E poi lavorare in modo serio. La Lotto Soudal Development non è continental, eppure fa un gran bel ciclismo. Anche Provini fa degnamente la sua parte. Possiamo dire la stessa cosa per tutti? Oppure se ci mettessimo a scavare prima o poi troveremmo qualche rudere e saremmo costretti a fermarci?

Intanto siamo ripartiti dalla Spagna con la vittoria di Lonardi, grande velocista fra gli under 23 e poi lasciato scivolare verso l’uscita nei tre anni successivi. La Eolo-Kometa ci ha creduto. Chissà cosa penseranno quelli che lo avevano già archiviato…

Scappini 2022

Giovane ma sicuro di sé, vi presentiamo il tricolore Scappini

20.01.2022
4 min
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La prima cosa che colpisce, parlando con Samuele Scappini, è la sua estrema sicurezza. Stiamo parlando di uno junior 1° anno, che ha una straordinaria coscienza dei propri mezzi. Chiaramente la sua carriera è agli inizi, ma intanto un buon ingrediente per emergere c’è e lo si è visto a Variano di Basiliano, quando il giovane del Team Fortebraccio ha conquistato la maglia di campione d’Italia contro ogni pronostico.

Il racconto di quel successo la dice lunga su chi abbiamo di fronte: «Quando siamo arrivati sul percorso e l’ho provato, ho detto subito a mio padre che l’obiettivo poteva essere il podio, ma al mattino gli ho detto che avrei vinto io. Me lo sentivo dentro, sapevo anche che cosa fare, attendere i primi giri per controllare gli avversari e poi andare via. Esattamente quello che è successo».

Scappini Variano 2022
A Variano il corridore umbro ha spiazzato tutti, vincendo con 10″ su Elian Paccagnella
Scappini Variano 2022
A Variano il corridore umbro ha spiazzato tutti, vincendo con 10″ su Elian Paccagnella
Cerchiamo di conoscerti un po’ di più, intanto ci sembra di capire che tuo padre ti segue molto.

Sì, ma non è un praticante, va in bici solo per hobby. Mio zio Marco invece ha una grande passione, fa le gran fondo e questo spirito agonistico me lo ha trasmesso. Io ho cominciato da G2 e non ho più smesso, la voglia di emergere ce l’avevo già da allora ed è andata crescendo.

Molti sono rimasti colpiti dal tuo risultato perché vieni dall’Umbria, regione che non emerge spesso a questi livelli.

In Umbria il ciclismo su strada praticamente annulla tutto il resto. Io però sono più portato per il ciclocross proprio perché mi piace particolarmente, anche se gareggio su strada e faccio anche un po’ di Mtb, ma più che altro uscite con gli amici, non a livello agonistico.

Se dovessi scegliere un tuo futuro su strada o nel ciclocross?

Non ho dubbi, quest’ultimo anche se so che il ciclismo vero, quello professionale è principalmente su strada, ma so che sui prati posso far risultato. Questo non significa che la strada non la seguirò, d’altronde due anni fa sono stato quarto ai campionati italiani da allievo 1° anno e so che potrei anche emergere, ma il ciclocross mi piace molto di più e per ora l’attività su strada la vedo soprattutto come preparazione per l’inverno.

Così Scappini sul podio tricolore, davanti a Paccagnella e Prà
Così Scappini sul podio tricolore, davanti a Paccagnella
Nel ciclocross dove ti vedi meglio?

Sui percorsi asciutti e piani, dove serve molto la capacità di guida ma si può spingere. Con il mio fisico (Scappini ha una corporatura alta e possente per la sua età che a molti ricorda il giovane Di Tano, ndr), i percorsi fangosi mi mettono a disagio. D’altronde proprio il fisico mi garantisce una grande esplosività ed è tutto dono di madre natura, non faccio neanche palestra…

E su strada quali sono i percorsi che prediligi?

Diciamo che mi arrangio in tutto, sia nelle gare su percorsi in pianura che quando c’è salita. Spesso però mi piace correre per la squadra, essere utile agli altri, perché nel ciclismo so che poi saranno i compagni ad aiutarti quando servirà.

Scappini strada 2019
La volata per il titolo italiano allievi 2019, con Scappini finito al quarto posto
Scappini strada 2019
La volata per il titolo italiano allievi 2019, con Scappini finito al quarto posto
Saresti disposto per le tue ambizioni a lasciare casa e spostarti, magari anche all’estero?

Se ne vale la pena, se è un investimento per il mio futuro sulle due ruote non avrei dubbi, lo farei anche subito, senza però dimenticare che prima c’è la scuola da finire. Per me il ciclismo è tutto, perché mi ha insegnato che quando sei in gara non c’è nulla di deciso e quel che conta è partire forte per fare risultato e giocartela fino all’ultimo metro.

Quali sogni hai?

Non c’è una gara in particolare. Ricordo che quando guardavo le gare ciclistiche da piccolo sognavo un giorno di esserci anch’io, a lottare per vincere. Guardavo le gare su strada, oggi gareggio nel ciclocross, a ben guardare non c’è tanta differenza, a me andrebbe bene diventare un professionista in almeno una delle discipline. Diciamo che mi tengo aperte entrambe le possibilità…

Hai detto che in Umbria vanno tutti su strada, magari con le tue vittorie diventerai un esempio per allargare la pratica anche al ciclocross…

Non mi dispiace l’idea, ma perché succeda c’è molto da fare, io sono solo agli inizi…

Pianeta juniores: Bardelli replica a Brilli

19.01.2022
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Non si ferma la querelle che riguarda i comitati regionali e l’attività juniores. A quanto pare è un tema che ha infiammato gli addetti ai lavori e di questo siamo anche un po’ orgogliosi perché portiamo il dibattito su argomenti che spesso restano nascosti, ma le cui problematiche sono invece reali e concrete. E alla lunga si ripercuotono sul ciclismo dei professionisti.

Da Cazzaniga a Cavaliere, dunque. Da Cavaliere a Brilli. E adesso da Brilli a Bardelli, diesse della Franco Ballerini, team toscano. Bardelli ci ha contattato, dicendoci che avrebbe voluto chiarire alcune cose. Ecco quindi il suo pensiero in quattro punti principali.

Andrea Bardelli (qui con un suo atleta, Lorenzo Iacchi)
Andrea Bardelli (qui con un suo atleta, Lorenzo Iacchi)

Sui numeri

«Vorrei rispondere al presidente del comitato regionale del Lazio, Maurizio Brilli – dice Bardelli – tra l’altro, lo dico subito, con Brilli non ho nessun problema. Lui è stato uno di coloro che i corridori li ha fatti uscire effettivamente. Anche quest’anno ci sono degli atleti che sono venuti in Toscana. L’anno scorso per far correre dei ragazzi del Lazio ho dovuto fare un’affiliazione in questa regione. Adesso invece sono stati svincolati. Anche se poi le selezioni le faranno appunto col comitato regionale.

«Detto questo, capisco che si voglia difendere il proprio territorio, però ormai è chiaro che se si vuole alzare l’asticella bisogna correre in altre zone. Perché, sarà brutto da dire, ma un conto è vincere tre gare al Sud in cui ci sono 30 partenti della tua categoria se va bene e un conto è vincerle al Nord o fare i piazzamenti in determinate gare.

«Un secondo aspetto sul quale non mi trovo d’accordo con quanto detto da Brilli riguarda i numeri. Qui si parla di tesserati, Brilli ha detto che solo nel Lazio ce ne sono 82, ma cosa significa? I tesserati comprendono tutti, anche quelli di altre specialità (mtb, bmx, ndr).

«Si vede dai numeri – riprende Bardelli mentre snocciola i file dal computer – lo scorso 13 giugno è stato organizzato il Trofeo Città di Formello, campionato regionale del Lazio. In questa gara, numeri alla mano, c’erano 92 iscritti. Di questi 92 iscritti se si va a vedere il codice 011, quello relativo al Lazio, si contano 32 corridori. Capito? Sono 32 juniores iscritti, magari i partenti saranno stati anche meno.

«Nel 2021 nessuna gara del Lazio ha visto più di 30 partenti con codice 011. Ho ricontrollato. E questa situazione non riguarda solo il Lazio, anche altre regioni del Centro-Sud, quindi Cavaliere non ha detto cose infondate».

Spesso al Sud i partenti per singola categoria non sono molti (foto Instagram)
Spesso al Sud i partenti per singola categoria non sono molti (foto Instagram)

Sui calendari

«Lo scorso anno nel Lazio ci sono state 6 gare juniores, escludendo il Liberazione che è una prova nazionale. In Puglia ce ne sono state meno addirittura. Qualcuna in più c’è stata in Sicilia, ma lì le categorie spesso corrono tutte insieme.

«Non solo, ma queste gare spesso sono state organizzate in concomitanza con altre corse in regioni limitrofe. I calendari juniores andrebbero fatti su scala nazionale. Già questo aiuterebbe molto le società, anche più piccole, a mantenere i propri atleti. Ci sarebbero più possibilità che anche gli altri possano venire a gareggiare in regioni meno battute».

Bardelli richiama alla realtà. Secondo lui, se le società non fanno attività o ne fanno poca e non hanno i soldi per andare a correre, è legittimo che il ragazzo cerchi di andare altrove per inseguire il suo sogno. Alla fine i Nibali e i Visconti uscivano dalla Sicilia.

«Gli juniores sono una categoria internazionale – riprende il diesse – Per me va bene che fino agli allievi si ragioni in un certo modo, che si coltivi il tessuto sociale, ma oltre no.

«Altra cosa: Brilli dice che dopo un anno tornano indietro. Non è vero. Arrivati ad un certo punto, chi deve fare le squadre under 23 cosa guarda? I piazzamenti: dove e come sono stati fatti. Ed è probabile che quel corridore smetta se è rimasto sempre nel suo “guscio”».

Sardegna: al Città di Sarroch sono arrivati 6 juniores nella gara mista juniores/allievi. E alla Vivet Cup solo 2 (foto Instagram Guspini)
Sardegna: al Città di Sarroch sono arrivati 6 juniores nella gara mista juniores/allievi. E alla Vivet Cup solo 2 (foto Instagram Guspini)

Sui punti

Si passa poi a parlare dei punti e dei costi per il passaggio da Comitato a Comitato.

«Il regolamento – continua Bardelli – dice che nel passaggio da allievi a juniores si debbano versare 21 euro a punto alla società di provenienza, più la metà (10,5 euro, ndr) al Comitato regionale sempre di partenza. E ancora un bonus di trasferimento che va riconosciuto sempre alla società, che però trovo giusto visto che la squadra ha valorizzato quel ragazzo».

«Quello che invece trovo assurdo è il passaggio da juniores alle continental. Le continental possono prendere juniores che abbiano almeno 10 punti. E cosa succede? Vanno a cercare i ragazzi in Sardegna o in Sicilia, i quali correndo sempre tra loro stessi ed essendo il livello più basso, chiaramente riescono ad accumulare il punteggio necessario.

«Riporto l’esempio di Matteo Severa, un buon prospetto. Lui poteva passare in una squadra continental, il problema è che Matteo avendo corso tra Lazio, Toscana e Nord Italia (grazie al Team Coratti) in queste gare di qualità ha accumulato “solo” 8 punti, pertanto non poteva essere tesserato. Molto probabilmente questo ragazzo smetterà, mentre altri di Sardegna e Sicilia, che magari neanche corrono più, hanno questa possibilità».

Ecco Martin Svrcek alla Roubaix juniores l’anno scorso: la Franco Ballerini va spesso anche all’estero
Ecco Martin Svrcek alla Roubaix juniores l’anno scorso: la Franco Ballerini va spesso anche all’estero

Sui vincoli

«E poi abbiamo ancora troppi vincoli, troppi regolamenti restringenti. Io per esempio ho un invito per due gare in Francia il 26-27 marzo, ma entrambe non le possiamo fare se non con una deroga. Non ci possiamo andare perché il regolamento italiano ce lo impedisce.

«Noi organizziamo una gara il 20 marzo, ma per questioni di sicurezza più di 120 corridori non possiamo prenderli e alla fine succederà che ci saranno quasi esclusivamente corridori toscani. Per me deve passare il concetto che gli juniores devono essere liberi. Bisogna fare attività, bisogna andare anche fuori, i numeri si giocano a tombola».

Come ripetiamo, noi di bici.PRO riportiamo le dichiarazioni dei diretti interessati. E la porta resta aperta. Questo ormai è quasi uno “spazio di servizio”. Fare attività in certe zone d’Italia non è facile. Non si può certo condannare chi insiste nonostante i numeri bassi e dà comunque una possibilità ai ragazzi, ma certo il gap con altre regioni è sempre più ampio.

Il cittì: «Ottimi segnali dagli junior, ma ora serve più strada»

10.01.2022
5 min
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Fuori inizia a scurire e piano piano la carovana del campionato italiano di cross si scioglie. Daniele Pontoni (in apertura con il presidente Fci Dagnoni) fa un po’ il cittì e un po’ gli onori di casa. Il weekend lungo a Variano di Basiliano è andato come meglio non si poteva sperare e la vittoria di Jakob Dorigoni fra gli elite ha chiuso le gare, proiettando chi ci sarà verso i mondiali. La Coppa del mondo in Olanda sarà solo per gli elite e l’Italia non andrà. Si farà invece un passaggio in Francia a Flamanville con gli under 23 e poi si penserà al mondiale.

«Ai mondiali lui lo porto – dice il cittì friulano ammiccando verso Toneatti lì accanto – e porto anche la Persico, questo ve lo dico subito».

I due hanno vinto rispettivamente fra gli under 23 e le donne elite, logico aspettarsi la loro presenza a Fayetteville.

A Variano presenti anche Amadori, cittì degli U23, il team manager Amadio e Mario Scirea. A sinistra, Luigi Bielli
C’erano anche Amadori, cittì U23, il team manager Amadio e Scirea. A sinistra, Bielli

La macchina organizzativa

Il friulano si divide tra i due ruoli, come organizzatore e tecnico della nazionale. E anche se fa di tutto per tenere i due ruoli separati, si capisce che per il DP66 sia sempre lui il riferimento, anche se magari senza un ruolo specifico.

«Per quello che ho sentito, sono stati tutti contenti – dice il cittì azzurro – gli atleti, le squadre. E’ bello, perché ci abbiamo messo tanto impegno, ma c’è stata gente che si è impegnata molto per questo e non sono io. Io posso aver coordinato una parte di questi lavori, ma il presidente della DP66 Bevilacqua, Luisa e il presidente della Varianese hanno fatto una cosa davvero importante. Abbiamo messo d’accordo cinque società. Tanta gente del paese che ha creduto a questo evento».

La forza degli juniores

Un bilancio dell’evento è però possibile anche in chiave tattica. E qui Pontoni traccia quella che potrebbe essere la linea futura per il cross italiano.

«Il Daniele cittì – dice – è molto soddisfatto per la categoria juniores. Vedere tre atleti del primo anno nelle prime tre posizioni e poi con Paletti subito dopo è motivo di grande soddisfazione. Ci sarà qualche junior in più al mondiale rispetto a quello che avevamo pensato a inizio stagione. Sono il nostro punto di forza, perché c’è stata un’inversione di tendenza. Sono stati la categoria con più partenti, mentre prima perdevamo parecchio. Avevamo buoni numeri fra esordienti e allievi e poi calavano».

I “figli” di Zanolini Bike

Due ragazzini hanno vinto con un impeto e una fame fuori dal comune. Samuele Scappini, su Paccagnella e Prà fra gli uomini. Sophie Auer fra le ragazze, con la stessa maglia di Paccagnella: quella del team Zanolini. E qui scatta la sorpresa. Perché al pari di quanto accaduto ieri con Francesco Cingolani, riabbracciare Cristian Zanolini è stato una vera “carrambata”. Lo avevamo conosciuto da dilettante con la maglia Zalf e poi da pro’ alla Carrera e la Jolly. Oggi assieme a suo fratello Gerry manda avanti il negozio di bici a Bolzano e ha creato la squadra juniores di cross, per non far smettere quei 12 allievi di secondo anno in cerca di una maglia.

«Non me lo aspettavo – dice Auer – c’erano tante ragazze forti. E’ stata una gara bella. Corvi e Fontana sono due avversarie che vanno molto forte, dovevo dare tutto, per arrivare da sola. Da domani finalmente per un po’ mi riposerò e fra due settimane inizierò a pensare alla mountain bike».

Partito per vincere

Di Scappini vi avevano già mostrato qualcosa, avendo parlato di lui con Giancarlo Montedori nel pezzo sul Team Fortebraccio di cui il fresco tricolore juniores indossa la maglia.

«Dall’inizio ho visto che lo avevo nelle gambe – dice – e ho aspettato gli ultimi due giri per vedere se riuscivo a staccarli. Il percorso era molto bello per uno con le mie caratteristiche. Ho rimontato posizioni su posizioni e negli ultimi giri ho provato ad andare via. Devo dire grazie ai miei compagni e a Giancarlo Montedori, che è un allenatore eccezionale. Mi ha cresciuto quasi da piccolo. Sono veramente contento. Questa maglia è un sogno, era il mio obiettivo».

Più corse su strada

Si sta ricostruendo la base, ma non si può fare restando nell’ambito ancora limitato del cross: c’è bisogno di collaborazione e di una svolta sul fronte dell’attività estiva. E qui Pontoni rispolvera il tema che nelle scorse settimane avevamo affrontato anche noi.

«Speriamo che questa tendenza – dice – continui anche nelle categorie più alte. E che le squadre, prendendo spunto da quel che succede all’estero, metteranno a disposizione i loro team per i nostri specialisti. Noi intanto dobbiamo attingere ai giovani. Farci supportare dai Comitati regionali e dalle società sportive. E’ un percorso lungo, ma come si è visto, con il lavoro di squadra si può fare tanto. Ne parlavamo stamattina con Amadori e Amadio, il team manager delle nazionali. Dobbiamo far correre i nostri ragazzi di più su strada, devono fare le corse a tappe. Non è una cosa nuova, lo facevamo anche noi quando correvo. Ho avuto un grande maestro come Edi Gregori con cui abbiamo ottenuto grandi risultati. La strada è già tracciata. Bisogna seguirla»

Salvoldi 2021

Salvoldi passa agli juniores: come cambia il suo lavoro?

30.12.2021
5 min
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Da quando Dino Salvoldi è stato spostato d’incarico dalla Federazione, era sparito un po’ dai radar. Settimane necessarie per metabolizzare le nuove scelte federali, per prendere coscienza del nuovo ruolo, per capire come muoversi. La pausa per le Feste Natalizie è stata il momento giusto per rimettere tutte le tessere del puzzle al proprio posto e tornare a parlare.

D’altronde la passione per il ciclismo è troppo forte nel tecnico che ha portato ai vertici il ciclismo femminile, ultime le vittorie iridate su strada della Balsamo e su pista di Martina Fidanza e della Paternoster e ora il compito che gli è stato affidato è di quelli improbi: fare lo stesso per gli uomini partendo dagli juniores, la categoria più delicata, soprattutto ora che tutti (a cominciare dai procuratori…) guardano verso i corridori dai 18 ai 20 anni per lanciarli subito nell’agone professionistico.

Salvoldi Paternoster 2021
Con il trionfo della Paternoster a Roubaix, Salvoldi ha chiuso da vincente la sua esperienza di cittì femminile
Salvoldi Paternoster 2021
Il trionfo della Paternoster a Roubaix, l’ultimo da cittì femminile

Due grandi differenze

Salvoldi ha esperienza da vendere sia in ambito maschile che femminile può quindi affrontare con cognizione di causa il raffronto tra i due mondi, offrendo esperienze che saranno utili anche in altri ambiti tecnici: «Le differenze nella preparazione al maschile e al femminile ci sono, due sono sostanziali. La prima è legata ai volumi di lavoro, se si guarda alla pista la discriminante è la durata degli sforzi, per la strada sono soprattutto i dislivelli. La seconda è legata alla quantità di forza, maggiore nell’uomo il che si traduce in una diversa frequenza di pedalata, più alta che per le donne. Sono fattori fondamentali nello studio della preparazione giusta per il/la ciclista».

Quanto incide la fisiologia nella scelta del giusto allenamento in base al sesso?

Incide soprattutto sulla programmazione e la tempistica degli allenamenti, non tanto sulla tipologia. Chiaramente la modulazione della giusta tabella deve tenere conto degli obiettivi che ci si prefiggono, ma per le ragazze, già dalle categorie giovanili, c’è un elemento diverso che ha un forte valore e che non è presente in ambito maschile: il ciclo mestruale che può incidere molto su carichi e tempistiche.

E dal punto di vista psicologico e caratteriale?

Premetto che ogni atleta, a prescindere dal sesso, ha una sua precisa personalità e quindi da questo punto di vista è difficile fare generalizzazioni. E’ chiaro che molto cambia dal punto di vista sociale, della comunicazione. Un tecnico con un atleta si porrà in maniera molto diretta, con una ragazza deve modularsi in modo diverso. Cambiano il linguaggio, il modo di stimolare una qualche reazione. Ma questo, si badi bene, non è un discorso legato solo al ciclismo. A ben guardare è qualcosa che fa parte di ogni ambito della vita.

De Candido 2012
Salvoldi ha raccolto l’eredità di cittì juniores da Rino De Candido, qui ai Mondiali 2012
De Candido 2012
Salvoldi ha raccolto l’eredità di cittì juniores da Rino De Candido, qui ai Mondiali 2012
Proviamo a proiettare tutto ciò scendendo via via nell’età dei protagonisti: vediamo ad esempio che da bambini maschi e femmine gareggiano insieme. Quand’è che il discorso cambia?

Questo è un discorso interessante. Forse mi attirerò contro qualche critica, ma io credo che in generale ci sia una tendenza esagerata a proteggere le ragazze più giovani. E’ ormai acclarato che le bambine hanno generalmente un vantaggio di almeno 3 anni nella loro crescita rispetto ai maschi. Eppure si tende a farle allenare di meno rispetto ai coetanei e questo secondo me è sbagliato. In questo il ciclismo è indietro rispetto ad altri sport, basti guardare ad esempio a cosa avviene nel nuoto. Non dobbiamo certo arrivare ad eccessi come alcuni bambini che vengono fatti correre nella maratona, ma certamente qualcosa a livello culturale andrebbe rivisto nel nostro mondo.

Ora sei chiamato a lavorare con gli juniores sia su pista che su strada, passando dal settore femminile a quello maschile. Villa, che cura entrambi i sessi su pista, ha chiesto che ci sia un continuo scambio di opinioni per il passaggio dei corridori da una categoria all’altra. Sei d’accordo?

Assolutamente, ma non solo con lui, anche con i preparatori e i tecnici di società. Una delle ragioni per le quali in Fci si è deciso di darmi questo incarico è proprio per aiutare i ragazzi ad affrontare un periodo difficile e nel contempo fondamentale. Gli juniores sono tanti, non tutti potranno passare pro’ per moltissime ragioni, sportive e agonistiche ma non solo. Non dobbiamo essere ipocriti e illuderli. E’ in questa fase che emergono i nomi più importanti, ma bisogna anche fare in modo che questi stessi possano affrontare il cammino giusto per fare del ciclismo la loro professione. Ma il concetto va sviluppato più ampiamente.

Bimbi 2021
Per il neocittì juniores serve cambiare l’approccio già con i più piccoli (foto Fci)
Bimbi 2021
Per il neocittì juniores serve cambiare l’approccio già con i più piccoli (foto Fci)
Come?

Il ciclismo è uno sport particolare: nessun altro ha una simile sequenza, così ravvicinata e ripetuta negli anni, di impegni importanti. Questo comporta che i ragazzi imparino a gestirsi, a lavorare ogni settimana in funzione di obiettivi a medio e lungo termine per i quali non sempre la gara della domenica sarà la finalizzazione, ma anzi solo una tappa. Guardando l’altro lato della medaglia, ogni gara però è un test fondamentale, che va affrontato con serietà e cognizione di causa. In questo molto entra anche la cultura del nostro mondo, che deve cambiare.

In che misura?

Io sono convinto, sempre parlando in generale, che quello italiano sia un ciclismo legato al piazzamento, meno che alla vittoria e sono convinto che, lavorando con i più giovani, si debba invertire questa tendenza, passando attraverso di loro per rivedere il modo di affrontare l’attività da parte di tecnici, dirigenti, società.

Il tuo lavoro è già iniziato?

Certamente, queste sono settimane importanti che passano attraverso contatti, capatine nei ritiri prestagionali, presa visione di una realtà per me nuova e molto ampia, ben più di quella a cui ero abituato. Il primo impegno della nazionale sarà per la Gand-Wevelgem del 27 marzo, spero poi che già per allora potremo avere a disposizione il velodromo di Montichiari rimesso a nuovo. Il tempo corre e dobbiamo farci trovare pronti, io in primis.

Lenny Martinez, il ciclocross e la sua idea sul 52×14

24.12.2021
4 min
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Parlando di Francia e juniores, siamo andati a curiosare a casa di Lenny Martinez, uno dei francesi giovani più promettenti, conosciuto al Giro della Lunigiana e in procinto di entrare nella Conti Fdj Groupama, la continental del team WorldTour di Marc Madiot, in cui corre anche Lorenzo Germani. A ben vedere nel gruppo francese, l’italiano va parecchio di moda. Così oltre a Guarnieri che ne costituisce un caposaldo fra i pro’, nel team femminile a Marta Cavalli si è aggiunta Vittoria Guazzini.

Eravamo curiosi di avere l’opinione di Lenny sulla decisione francese di abolire la limitazione dei rapporti fra gli juniores e sul suo inverno, dato che il figlio di MiniMig è un affezionato del ciclocross. Da noi s’è preso Bryan Olivo e col pretesto del primo anno su strada lo si è tolto dai campi, cosa sta facendo il francese?

«Due giorni fa – risponde sorridendo e confermando le differenze – ho corso nel cross, come tutti i weekend da novembre. Con la Groupama Fdj Conti con cui correrò nel 2022 partecipiamo anche alle Coppe di Francia e al Campionato di Francia, per prepararci alla stagione su strada».

Il Lunigiana gli ha dato grande popolarità anche nel suo Paese
Il Lunigiana gli ha dato grande popolarità anche nel suo Paese
Cosa pensi del tuo 2021?

Sono molto felice e soddisfatto.

La vittoria del Giro della Lunigiana è stata ben accolta in Francia?

Sì, mi hanno chiesto in tanti. Inoltre ha nell’albo d’oro dei grandi corridori come Remco o Pogacar oltre a Piccolo, atleti che seguivo da giovane.

Per quanto tempo hai riposato?

Mi sono preso cinque settimane senza andare in bicicletta, perché a fine stagione ho avuto una tendinite che ho dovuto far passare.

E allora quando hai ripreso ad allenarti?

Il 25 ottobre, ma piano piano.

Subito in bici o anche altro?

Quest’inverno ho fatto un po’ di corsa, ciclocross, mountain bike e strada. Poche novità, insomma, con la palestra due volte a settimana.

Continui ad allenarti da solo?

Sì, sto pensando di fare un ritiro individuale nel sud della Francia a metà gennaio dopo il campionato francese di ciclocross. Poi uno stage con la squadra a febbraio, a Calpe.

Cinque settimane sono un bello stacco, quando è arrivata la voglia di ripartire?

Subito, se devo dire la verità  (ride, ndr). Dopo una settimana volevo già riprendere la bici, anche per fare 20 minuti. Le cinque settimane sono state lunghissime…

Campionati europei Trento di 2021, Romain Gregoire e Lenny Martinez hanno monopolizzato la corsa
Europei di Trento 2021, Gregoire e Martinez hanno monopolizzato la corsa
Hai subito seguito tabelle oppure all’inizio hai improvvisato?

Ricevo il programma di allenamento ogni settimana, poi lo adatto anche a seconda del meteo, delle gare di ciclocross e ogni variabile. Siamo in contatto con la squadra più volte a settimana grazie alla nostra piattaforma, per dare i feedback dalle sessioni e quel che serve.

I carichi di lavoro sono aumentati, visto il cambio di categoria?

Per il momento no, mi hanno detto che non aumenterà ancora molto e che non cambieremo molte cose, tranne forse qualche allenamento più lungo durante i ritiri. A dire il vero… io sono quello che fa un po’ più di allenamento di quanto richiesto (ride, ndr).

Quindi ti alleni sulle stesse distanze dello scorso inverno?

Penso che farò allenamenti più lunghi quando usciremo con i professionisti, ma semmai da febbraio. In allenamento ad esempio, per il momento non supero le 3 ore. Il cambiamento di categoria per ora non mi rende nervoso. Sono piuttosto tranquillo, siamo ben controllati. Sto progredendo poco a poco in allenamento, pedalo tranquillo. Vedremo bene l’anno prossimo, sono qui per scoprire un nuovo mondo.

Cosa pensi della limitazione dei rapporti per gli juniores e del fatto che in Francia è stata abolita?

Per me il 52×14 è un po’ rischioso in discesa. Costringe a un maggior nervosismo e a scomporsi per seguire i pedali, cose che diventano pericolose ad alta velocità. Basta guardare il ciclocross e la mountain bike. Come si usa il cambio nel fango e su quei dossi così ripidi. Per me dobbiamo solo imparare a gestire il deragliatore per avere il giusto ritmo nella gara. Si può imparare.

Lenny è… sbarcato in Italia vincendo il Lunigiana e poi con il 3° posto agli europei di Trento
Lenny è… sbarcato in Italia vincendo il Lunigiana e poi con il 3° posto agli europei di Trento
Avete già fatto un primo incontro con la nuova squadra?

Ci siamo visti a Besançon per i primi colloqui. E’ stato bello. E presto ci ritroveremo in allenamento per la seconda volta e pedaleremo insieme.

Hai già un calendario definito per il 2022?

Per il momento no. So solo che essenzialmente farò gare da scalatori, come il Giro di Val d’Aosta, il Giro d’Italia U23, la Ronde de l’Isard. Per il resto del tempo, potrei essere in allenamento o facendo altre corse. Staremo a vedere, qualcosa potrà ancora cambiare durante la stagione.

E’ vero che punti sulla strada per sfuggire al confronto con tuo padre?

Mi piace la strada, ma anche il ciclocross perché è breve e intenso. Tra noi c’è confronto, che ci spinge in alto, perché siamo spesso insieme in gara.

Quella scelta (tecnica) francese che tanto fa discutere

23.12.2021
3 min
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Questa scelta della Federazione francese che cancella la limitazione dei rapporti nelle categorie giovanili e le motivazioni addotte hanno dato da pensare. L’aver bloccato lo sviluppo metrico per i più giovani rientrava in una gestione a tutela del loro sviluppo: per cui rapporti bloccati negli juniores e crescita graduale da under 23.

«Quando sono passato under 23 alla Zalf – ci ha detto Manuel Quinziato, attualmente agente di atleti e prima professionista dal 2002 al 2017 – al primo anno mi fecero correre col 13, poi mi diedero il 12 e solo al terzo anno, quando vinsi gli europei a cronometro, mi diedero l’11».

Agli europei di Trento 2021, la squadra francese ha dominato (qui il vincitore Gregoire)
Agli europei di Trento 2021, la squadra francese ha dominato (qui il vincitore Gregoire)

Da junior a pro’

Oggi tutto questo in apparenza non c’è più, oppure sta sparendo in alcune realtà prima che in altre. I ragazzi passano dagli juniores direttamente nelle continental e si ritrovano a debuttare a Laigueglia o Larciano: basta un inverno di preparazione per colmare il gap di potenza necessaria per girare il 53×11 dopo due anni con il 52×14? E la forzatura sta nei rapporti o nel buttarli così presto nella mischia?

Ne abbiamo parlato con Paolo Slongo, preparatore della Trek-Segafredo e membro della Commissione scientifica federale, incaricata anche di simili approfondimenti. Un paio di settimane fa a Musile sul Piave, il trevigiano ha tenuto un convegno sulla selezione del talento e su come si rischi di perdere atleti se i criteri di selezione sono basati unicamente sul risultato. La scelta francese va in questa direzione: vediamo perché.

Cosa pensi della scelta francese?

Bisogna pesarla bene e capire cosa c’è sotto. Se come scrivono il nodo è la prestazione, allora non mi sembra una grande idea. Per contro, col tempo si è capito che si può allenare la forza anche nelle categorie minori, dopo anni in cui la palestra e i pesi erano praticamente vietati.

Che cosa succede dando il 53×11 a uno junior di primo anno?

Potrebbe succedere che l’età biologica aumenti il divario fra ragazzi. Mi capita spesso di vedere allievi di secondo anno più sviluppati di alcuni che sono già juniores. Se gli metti il rapporto, le differenze si amplificano. Io poi sono sempre stato un sostenitore del lavoro ad elevate cadenze di pedalata. Temo che il rapportone possa viziare le abitudini.

Negli juniores la precocità fisica fa grande differenza: ecco Simmons, iridato 2019, accanto a Martinelli
Negli juniores la precocità fisica fa grande differenza: ecco Simmons, iridato 2019, accanto a Martinelli
Difficile schierarsi?

Difficile capire bene, anche perché ai mondiali poi si correrà comunque con il 52×14. Però, anche non volendosi sbilanciare, resta il problema della selezione dei talenti, come si disse quella sera a Musile.

Spiega…

Partiamo dall’assunto che al passaggio fra allievi e juniores si perde circa il 30 per cento dei corridori. Se consideriamo, come detto anche prima, che l’età biologica degli allievi di secondo anno è 17-18 anni, i precoci che passano rischiano di fare risultati migliori di quelli che hanno tempo di maturazione più lento e magari hanno più talento. La liberazione dei rapporti accentua la differenza e impedisce di aspettare lo sviluppo di alcuni ragazzi.

Però dicono anche che se il problema è la forza, sulle salite la differenza è lo stesso evidente.

Certo, puoi fare partenze da fermo e salite con un rapporto più duro e ugualmente privilegi l’aspetto della forza. Quindi secondo me alla fine il vero problema sta nelle selezione di atleti per il futuro.

Cioè?

Cioè si privilegiano prestazione e risultato a scapito del talento effettivo. Non so se possiamo permetterci di perdere dei talenti per una scelta tecnica di quel tipo…

Dopo De Candido, i team si interrogano su Salvoldi

08.11.2021
7 min
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Nel rimescolamento dei nuovi tecnici federali a far rumore non c’è solo l’allontanamento di Davide Cassani, ma, fatte le debite proporzioni, anche quello di Rino De Candido. E forse ancora più rumoroso è l’arrivo del suo sostituto, Dino Salvoldi, che dovrà relazionarsi con i team degli juniores uomini dopo averlo fatto con quelli delle donne.

De Candido era il cittì di questa categoria dal 2006, ma aveva già avuto una parantesi nella seconda metà degli anni ’90. Tra gli juniores era di casa. Dunque si tratta, volenti o nolenti, di una rivoluzione. Cosa ne pensano le squadre di questo nuovo arrivo? Ci siamo “fatti un giro” presso i team che in linea di massima apportano più atleti alla nazionale, ma non solo. E sembra essere parere comune che Dino sarà chiamato ad un grande lavoro, in primis di ambientamento.

Il Canturino ha sempre fornito molti ragazzi alla nazionale juniores
Il Canturino ha sempre fornito molti ragazzi alla nazionale juniores

Arnaboldi, Canturino 1902

«In tanti anni con le donne Salvoldi ha saputo tirare fuori grandi risultati – dice Andrea Arnaboldi, diesse del C.C. Canturino 1902 – e spero riesca a farlo anche con i ragazzi. Non conosco bene bene la persona e quindi sotto questo punto di vista posso dire ben poco. Mi aspetto una mentalità aperta, che possa venire incontro a noi team così come noi società siamo sempre andati incontro alla nazionale.

«Sui programmi Rino era molto quadrato, però un punto di accordo lo si trovava sempre. Due anni fa, per esempio, facemmo dei test in pista con Bagatin e Montoli. Bagatin era andato molto bene e De Candido per tutta la stagione stravedeva per Bagatin. Io gli dicevo: occhio Rino che Montoli va bene, va molto forte. E infatti poi l’italiano lo vinse lui. Dopo la gara, Rino almeno mi disse che avevo ragione. Ecco a volte si fissava un po’. Se decideva che un corridore era un “lazzarone” poi restava lazzarone, metteva qualche etichetta».

«In generale però – riprende Arnaboldi – ho avuto un bel rapporto con lui e spero che questo rapporto potrà esserci anche con Salvoldi. Dino non è nuovo a questo mondo e saprà come fare. Se la Fci ha deciso di cambiare tecnico è per fare meglio immagino…».

Alberto Bruttomesso, della Borgo Molino, è stato uno dei mattatori di questa stagione
Alberto Bruttomesso, della Borgo Molino, è stato uno dei mattatori di questa stagione

Pavanello, Borgo Molino

«L’avvento di Salvoldi? Una cosa è certa: arriva un tecnico di grossa esperienza – spiega Cristian Pavanello della Borgo Molino – Dino ha un passato che non si discute, il suo palmares parla per lui. Potrà fare bene anche fra gli juniores. A mio avviso avrà due ostacoli: il primo che è che il mondo delle donne è molto diverso da quello degli uomini juniores e il secondo è che si ritroverà a che fare con un “parco atleti” molto più ampio. Tra gli junior ci sono tantissime società, mentre tra le donne aveva il suo “ristretto”gruppo di lavoro e si fidava ciecamente».

Un altro aspetto (molto interessante) che segnala Pavanello è il fatto che tra le donne Salvoldi seguiva tutto il settore, da juniores ad elite, qui invece si ritroverà a che fare con gli atleti per soli due anni.

«Con le donne poteva crescere le atlete, se le portava avanti dalle giovanili, poteva lavorare anche in ottica futura. Qui due anni e sotto i prossimi… Penso che abbia però le capacità per riuscire a fare bene e magari darà un occhio anche alla categoria inferiore. Io non ho parlato con lui, ma ho letto qua e là che avrebbe osservato anche gli allievi di secondo anno».

Per il team Casano non è mancata l’esperienza in pista con Villa (e Ganna)
Per il team Casano non è mancata l’esperienza in pista con Villa (e Ganna)

Della Tommasina, Uc Casano

«Mi aspetto buone cose – dice Daniele Della Tommasina diesse dell’Uc Casano Juniores – Nel senso che Salvoldi ha una mentalità vincente perché è la sua storia lo che dice. Però credo anche che dovrà avere un approccio ben diverso. Un conto è relazionarsi con atlete professioniste e un conto dei ragazzi. In questa categoria gli atleti sono in età scolastica, sono minorenni, ci sono di mezzo la famiglia, la società… è differente. Dovrà ambientarsi e gli servirà del tempo per insediarsi e lavorare per il futuro».

«Quanto tempo? Beh, è un uomo di sport e non credo gli servano lezioni, tutto dipenderà dal dialogo che avrà con i soggetti in causa. Un dialogo che dovrà essere maggiore con le società rispetto a quanto faceva prima. Immagino che in precedenza parlasse direttamente con le atlete. Facendo un paragone al maschile, quando il cittì cerca Nibali non credo che si relazioni prima con Guercilena. Qui invece serve una programmazione concertata con tutti. Non ho ancora avuto il piacere di conoscerlo. L’ho visto a Montichiari qualche volta, ma non ci ho parlato e mi auguro di farlo spesso in futuro, visto che come Team Casano abbiamo dato diversi atleti alla nazionale».

E a proposito di test in pista? Salvoldi continuerà con questa (buona) pratica? «Ma io credo proprio di sì – conclude Della Tommasina – si è visto che la multidisciplinarietà dà i suoi frutti e sarebbe sbagliato, per non dire stupido, abbandonare tutto ciò».

Giulio Pellizzari, dell’Uc Foligno, protagonista agli europei di Trento
Giulio Pellizzari, dell’Uc Foligno, protagonista agli europei di Trento

Gentili, Uc Foligno

Tra questi pareri abbiamo voluto inserire anche quello del tecnico di una squadra più piccola, come Massimiliano Gentili, diesse dell’Uc Foligno.

«Capisco la mossa della Federazione – spiega l’ex professionista umbro – è cambiato tutto o quasi e quindi anche il cittì degli juniores. Avventura nuova, nuovi stimoli, una vecchia regola che vale per tutti. Non penso che il suo inserimento sarà un problema e non credo neanche che ci sarà chissà quale cambiamento. La prima vera svolta ci fu con Cassani, adesso vedo una “nuova Liquigas” in Federazione sia per i nomi che per il modo di lavorare».

 

«Per me il vero lavoro di un cittì è quello di creare un gruppo e non penso che i risultati dipendano molto da lui. I cittì finalizzano il lavoro che facciamo noi diesse. Raccolgono quel che noi seminiamo, ma in più gli danno convinzione e carica mentale».

«Sarà importante dare uno sguardo anche alle società più piccole per capire se c’è qualche ragazzo su cui investire attenzioni. Noi quest’anno avevamo Pellizzari, ma all’inizio mi sono dovuto far sentire io con De Candido. Poi lo ha preso in considerazione. Ecco, che non si chiuda… Mi auguro che Salvoldi sia anche fortunato, che gli capitino delle buone infornate e che faccia un buon lavoro come i suoi precedessori».

Per il Team Franco Ballerini diverse gare all’estero: eccoli alla Roubaix
Per il Team Franco Ballerini diverse gare all’estero: eccoli alla Roubaix

Bardelli, Team Ballerini

Chi esce un po’ fuori dal coro è Andrea Bardelli, diesse della Franco Ballerini.

«Il Savoldi tecnico non si discute. Non credo ci sia nessuno che abbia vinto tanto o che lo possa mettere in discussione per i suoi risultati – dice Bardelli – io però mi aspettavo un altro cittì, uno che conoscesse l’ambiente. Magari mi tirerò dietro anche qualche antipatia, ma io faccio anche un nome: Giuseppe Di Fresco (uno dei diesse proprio del Casano, ndr). Nome che girava anche. Perché la categoria juniores è una categoria particolare, molto diversa dai professionisti e dalle donne. Dino parte totalmente da zero.

«Okay mi direte: anche Bennati non ha esperienza e prende i professionisti. Ma quello è un ambiente diverso. Benna conosce certe dinamiche e i corridori. Deve “solo” scegliere. Qui ogni due anni cambia tutto. Non so, per esempio, Salvoldi era solito fare ritiri e raduni. Quanti ne potrà fare considerando che i ragazzi vanno a scuola? Non li avrà sempre sotto mano come le sue atlete. Gli ci vorrà del tempo per per entrare nei meccanismi di questa categoria. Mi aspetto una persona più “severa” rispetto al precedente tecnico. A Livigno non si andrà in vacanza insomma».

«E poi – riprende il tecnico toscano – per me un cittì delle giovanili non lo giudichi dalle vittorie, che il più delle volte dipendono dal corridore, ma per il suo lavoro, per quel che può costruire. Mi auguro, per esempio, che sia presente alle corse e che si possa tornare all’estero non solo per la Coppa delle Nazioni, ma anche per altre gare, come facciamo noi alla Ballerini. Insomma, che ci sia una programmazione diversa. E poi dovrà dare anche uno sguardo alla categoria degli allievi».