«Un po’ è merito tuo» diciamo a Daniele Pontoni, che si avvia al podio degli under 23. La maglia tricolore l’ha vinta Davide Toneatti, che corre nella squadra da lui fondata, la DP66-Giant-Selle Smp, e affidata ai collaboratori di una vita da quando è diventato tecnico della nazionale.
«E’ tutto loro», dice infatti il folletto friulano, che continua da ore a correre lungo il percorso, indicando lo staff del team.
Un tipo sorride sotto la mascherina. «E’ merito suo – dice – che non ha mai smesso di martellarlo. Ha continuato per anni a dirgli di non parlare tanto e che avrebbe potuto farlo solo dopo aver vinto almeno una maglia tricolore».
Dal ghiaccio al fango
La gara degli under 23 ha visto Leone darci dentro di brutto, ma forse nessuno dei ragazzi poteva immaginare che il terreno ancora ghiacciato 50 minuti prima del via, di colpo mollasse trasformandosi in un letto di fango. Così le scivolate si sono sovrapposte ai sorpassi e i cambiamenti di fronte sono stati all’ordine del giorno. Perciò di colpo Leone ha sbagliato e Toneatti, che a sua volta era rimasto indietro, lo ha passato e ha fatto di tutto per non farlo tornare più sotto. Terzo, subito alle loro spalle, Pavan si è tenuto stretto il podio. Davanti a Loconsolo e Masciarelli, reduce da un’influenza che negli ultimi dieci giorni l’ha un po’ spento.
Rapporti più corti
Suo padre Andrea prima del via guardava il percorso un po’ perplesso. E mentre metteva a punto le gomme della bici di Lorenzo (1,3 davanti, 1,4 dietro) diceva che in Belgio i percorsi sono molto più da spingere. E che per questo lassù suo figlio corre sempre con il 39-46 mentre qui ha voluto mettere anche il 36. Per le continue curve e i tanti rilanci.
Sull’argomento si era soffermato nelle scorse settimane anche Van der Poel, facendo notare come la tendenza di chi traccia i percorsi sia sempre meno nel segno della scorrevolezza, ma qui le indicazioni le ha date Pontoni, che ha così voluto ricreare le condizioni che gli azzurri potrebbero trovare ai mondiali di Fayetteville.
Martello Pontoni
Raggiungiamo il tecnico azzurro ai piedi del palco, dopo la premiazione. Sotto la mascherina gli occhi scintillano. Il presidente Dagnoni ha appena finito di lodarlo per come sta interpretando il suo ruolo e la capacità di organizzare i tricolori, l’orgoglio è giustificato.
«Perché lo martello in continuazione? Perché vale tanto – dice – e lui a volte sembra non saperlo. Questo qui è un corridore vero, non un crossista e basta. Farà bene anche su strada. Ha tutti i mezzi per emergere, anche se a volte si perde in mille fisime. Gli ho detto sempre di stare sul concreto, glielo dico da 10 anni e per questo l’ho portato a tutte le Coppe del mondo. Faccio come il padre che riprende sempre suo figlio perché vuole che ottenga il meglio».
Fango galeotto
Toneatti risponde alle domande, con la maglia tricolore indosso, i pantaloni termici per non prendere freddo e la mano destra che stringe la medaglia, quasi appendendosi.
«Sono venuto a provare il percorso nelle settimane scorse – dice – conoscevo bene ogni passaggio, ma non avrei mai creduto che potesse cambiare così tanto. Un’ora prima era ghiacciato, invece abbiamo corso nel fango. Si vedeva che fosse Leone quello pericoloso, ma ho voluto e potuto fare la mia corsa».
Una gara decisiva
Si fa per ridere, ma intanto per capire come reagirà tiriamo fuori la provocazione di Pontoni. Adesso che hai vinto una maglia tricolore, forse potrai parlare! Lui guarda, capisce dove vogliamo andare a parare e poi risponde.
«Daniele ci scherza sempre – dice – perché con tutto quello che ha vinto, la fa un po’ pesare, ma sempre per scherzo. Tra di noi c’è un bel rapporto. Ci conosciamo da 4-5 anni. Sono nella sua squadra, ci sono ancora anche se lui adesso è cittì. Spero davvero che questo risultato mi permetta di fare un bello scatto. Questo risultato ci voleva, dopo che l’ultimo mese non è stato perfetto e non è andato come mi aspettavo».
La Giant di Toneatti, una statua di carbonio e fango Il movimento centrale è quasi intasato dal fango La forcella è discretamente pulita: difficile l’accumulo di fango Decisamente più… intasato il carro posteriore Toneatti ha cambiato bici all’ultimo giro proprio per risparmiare il cambio Il guidacatena è una manna: in caso contrario, sarebbero stati guai
Su strada con l’Astana
Restiamo sulle parole di Pontoni: che cosa significa essere un corridore a 360 gradi e non un semplice crossista? E cosa significa che a volte si perde nelle sue fisime?
«Da febbraio – dice – passerò all’Astana Development. Sono molto contento di questa nuova esperienza. D’estate ho sempre fatto mountain bike, loro però credono in me e spero di ripagarli. Le fisime? A me piace curare tutti i dettagli, ogni tanto qualcuno mi dice che sono troppo fissato però a me non pesa per niente…».
Lo chiamano per fare delle foto davanti alla bici orrendamente inzaccherata. Si fa fatica a distinguerne marca e colore. Si tratta di una Giant e in un giro e mezzo dall’ultimo cambio si è coperta di melma in ogni spigolo. Il percorso ha davvero mollato in modo inaspettato. Per le donne elite e gli uomini previsti a seguire, rischia di essere davvero una corsa a stare in piedi.