Alla fine spunta Sanchez, che brinderà col nebbiolo di Sciandri

09.05.2024
5 min
Salva

Per capire che la tappa di oggi non era finita per Pelayo Sanchez dopo quella rotonda sbagliata, bisogna tornare indietro al 16 settembre 2023. Guadarrama, penultima tappa della Vuelta. Lo spagnolo viaggia in fuga con Wout Poels e un certo Remco Evenepoel. 

Nella fuga inizialmente c’erano anche altri atleti, ma lui tra curve al limite, fuorisella e rapportoni lunghi, alla fine era riuscito a restare con i due corridori ben più forti e famosi del drappello. Anche il tempo dello sprint era giusto, ma a 23 anni, al primo grande Giro e al termine della terza settimana, si era dovuto arrendere. Primo Poels, secondo Remco, terzo Pelayo.

Oggi, verso Rapolano Terme, il film quasi si ripete. La fuga più numerosa che man mano si assottiglia e lui che resta con due campioni, Luke Plapp e Julian Alaphilippe, che è anche il suo idolo.

Stavolta è freddo. Stavolta quella lezione di Guadarrama l’ha messa a frutto e, complici ottime gambe, alla fine ce l’ha fatta. E neanche di poco, tanto da iniziare a scuotere il capo per l’incredulità qualche metro prima della linea bianca.

Pelayo Sanchez è alla terza vittoria da pro’. Prima aveva conquistato una tappa al Giro delle Asturie 2023 e il Trofeo Pollenca 2024
Pelayo Sanchez è alla terza vittoria da pro’. Prima aveva conquistato una tappa al Giro delle Asturie 2023 e il Trofeo Pollenca 2024

Testa e sogno

All’epoca di Guadarrama, Pelayo Sanchez era un corridore della Burgos-Bh, una professional spagnola, adesso è alla Movistar. Unzue, che ha l’occhio lungo lo ha voluto subito alla sua corte. E ancora una volta ha fatto centro.

«Non mi rendo conto di aver vinto una tappa al Giro – ha detto Sanchez – non ho parole. A questa tappa ci tenevo. E’ dall’inizio del Giro che risparmiavo energie per questa frazione. E sì che mi sarebbe piaciuto andare in fuga. Questa tappa era nella mia testa già da un po’, ma non avrei mai pensato che sarebbe stato possibile.

«Durante la corsa ho cercato di essere paziente e di mantenere la calma. Alla fine siamo rimasti solo io, Plapp e Alaphilippe. Ho provato a staccarli, ma non ci sono riuscito, così ho dovuto puntare tutto sullo sprint. Per fortuna ha funzionato».

Gruppo avvolto nel polverone degli sterrati senesi. Giornata “tranquilla” per gli uomini di classifica
Gruppo avvolto nel polverone degli sterrati senesi. Giornata “tranquilla” per gli uomini di classifica

Asturiano veloce

Pelayo Sanchez, classe 2000, 177 centimetri per 62 chili, di Tellego nelle Asturie, forse la regione spagnola più legata al ciclismo dopo i Paesi Baschi. Sui media la news di Pelayo prende a spallate la politica, la questione israeliana e i mega investimenti che ArcelorMittal si propina a fare in Spagna. Adesso lo spazio è per questo ragazzo.

Molto alla mano, semplice, Pelayo Sanchez impara in fretta, ci dice chi gli è vicino. «I numeri sarebbero anche da scalatore – chiarisce il suo direttore sportivo Maximilian Sciandri – ma io direi piuttosto che è un corridore completo, uno che emerge quando la corsa è dura. E oggi per esempio negli ultimi 100 chilometri c’erano quasi 2.000 metri di dislivello. E poi è veloce, molto veloce, e questa non è una caratteristica da poco per chi va forte in salita.

«Quando venni a vedere questa tappa pensai a lui ed era nei progetti che oggi ci provasse, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mondo, non il mare! Bisogna mettere insieme tante probabilità, che sullo sterrato si moltiplicano.

«Quando sono iniziati gli scatti Sanchez ci ha provato due, tre volte e lo ha fatto anche con l’aiuto di Fernando Gaviria e Lorenzo Milesi. Poi è partita l’azione buona con Alaphilippe. Noi, pensando alla fuga, avevamo già mandato in avanti la seconda ammiraglia».

Caduto nel terzo sterrato, Caruso ha chiuso a 15’45” da Pelayo Sanchez. «Due o tre giorni e torno in forma», ha detto il siciliano
Caduto nel terzo sterrato, Caruso ha chiuso a 15’45” da Pelayo Sanchez. «Due o tre giorni e torno in forma», ha detto il siciliano

Il nebbiolo di Sciandri

Il fatto che Sciandri, toscano, conoscesse queste strade e avesse fatto il sopralluogo è stato quantomai vitale per Sanchez.

«Ho visionato gli ultimi 80 chilometri – riprende Max – facendo dei filmati sull’ingresso degli sterrati, dello strappo di Serre di Rapolano e del finale. Durante la riunione immaginavamo, mettendoci nei panni di un diesse che ha l’uomo di classifica, che il gruppo non sarebbe arrivato compatto, che lasciasse andare. Tuttavia nel finale, abbiamo preso lo strappo duro con 20”: eravamo al limite. Lì Pelayo doveva provarci. Non è riuscito a staccarli. Per fortuna si ricordava bene il finale. Che tra l’altro tirava anche un po’. Che dire? E’ stato bravo. Bravo anche ad avere sangue freddo, tanto più con un cliente come Alaphilippe che in questi arrivi ci sa fare».

Quindi in Movistar si fa festa stasera. Diesse toscano che vince in Toscana, è lecito pensare che si brinderà con un bel rosso della zona.

«Sapete – conclude Sciandri – al via da Torino un mio amico mi ha regalato una cassa di nebbiolo. Stasera si va con quello!».

Alaphilippe, con Plapp e Sanchez: se il francese prende fiducia, ne vedremo delle belle
Alaphilippe, con Plapp e Sanchez: se il francese prende fiducia, ne vedremo delle belle

Alaphilippe non molla

Ma se questa è la parte del vincitore, del vinto che si dice? In tanti tifavano per l’ex iridato, Julian Alaphilippe. Quanto avrebbe fatto bene a lui e al Giro d’Italia una sua vittoria? 

Un tempo, una frazione simile se la sarebbe divorata in un boccone, stavolta fa “buon viso a cattivo a gioco”, nel senso che dopo l’arrivo si congratula sorridente con Sanchez. Evidentemente “Loulou” sa che era solo questione di gambe: quell’altro ne aveva di più, c’è poco da recriminare.

Ma quel che conta è che l’ex iridato c’è e cresce. «Io – spiega il direttore sportivo della Soudal-Quick Step, Davide Bramati – credo che Julian e la squadra abbiano fatto un’ottima corsa oggi. In ogni attacco noi c’eravamo. Quando si è creata quella situazione di 24 uomini, la UAE Emirates ha chiuso ed era normale. Ma poi sapevamo che poteva essere un momento buono e così Alaphilippe ha insistito e ha avuto ragione».

“Brama” guarda avanti. Dice che il Giro non è finito e fa intendere che riassaporare certe sensazioni, vale a dire giocarsi arrivi importanti, non può che far bene ad Alaphilippe.

«A parte una tappa, sin qui i ritmi sono sempre stati elevati – spiega Bramati – anche oggi: fare 46 di media su questo percorso è incredibile, per questo domani molti dei miei tra cui Alaphilippe sfrutteranno la crono per “recuperare” in vista delle altre tappe. Le occasioni sono ancora tante. E noi ci riproveremo».

Alaphilippe, Merlier, Vansevenant: Bramati affila le sue punte

01.05.2024
5 min
Salva

«Non è stata un selezione facile, come immagino avvenga in tutte le squadre, perché in tanti vogliono venire al Giro d’Italia, ma questi sono gli otto uomini che abbiamo deciso di portare e cercheremo di ottenere il massimo con loro». Davide Bramati esordisce così parlando della Soudal-Quick Step.

Un po’ come abbiamo fatto ieri con Roberto Damiani per la Cofidis, scopriamo dunque gli otto alfieri del team belga: Tim Merlier, Mauri Vansevenant, Pieter Serry, Josef Cerny, Bert Van Lerberghe, Luke Lamperti, Jan Hirt e Julian Alaphilippe. Una squadra disegnata per dare assalto alle tappe, come del resto era nel suo Dna prima dell’esplosione di Remco Evenepoel.

Davide Bramati (classe 1968) è sull’ammiraglia della Soudal-Quick Step da 14 stagioni
Davide Bramati (classe 1968) è sull’ammiraglia della Soudal-Quick Step da 14 stagioni
Davide, come stanno i tuoi ragazzi?

Bene, sono tutti motivati e pronti a dare il massimo. Direi che ci presentiamo al Giro d’Italia con un’ottima squadra. Tim (Merlier, ndr) ha vinto tanto, Vansevenant ha dimostrato di andare forte nelle classiche delle Ardenne e Alaphilippe mi sembra molto motivato.

Partiamo proprio da Vansevenant…

Di occasioni per lui ce ne potranno essere molte. Viene da un quarto posto all’Amstel e un sesto alla Liegi. Alla Freccia, come molti altri, ha patito il freddo, ma sta bene.

Sta bene però ormai questo ragazzo (è un classe 1999) deve  anche far capire chi è davvero: scalatore, uomo da classiche, attaccante…

Come detto, esce bene dalle classiche. Alla Liegi mi è piaciuto, tenendo le ruote dei migliori sullo Stockeu e andando forte anche sulla Redoute. Si è preparato a puntino e credo che in questo Giro o meglio al termine di questo Giro, sapremo effettivamente qualcosa di più su di lui. Anche perché è la prima volta che veramente riesce ad arrivare ad un grande Giro in ottima condizione. Mauri tiene in salita, è veloce, sono certo che lo vedremo e, come detto, poi ne sapremo di più.

Vansevenant ha mostrato un’ottima condizione nelle Ardenne. Con Alaphilippe formerà una coppia d’attacco affatto banale
Vansevenant ha mostrato un’ottima condizione nelle Ardenne. Con Alaphilippe formerà una coppia d’attacco affatto banale
Capitolo velocisti: Merlier. Lui è un grande nome. Come sta?

E’ dalla Roubaix che non corre. Come da programma si è riposato bene. Viene da un’ottima prima parte di stagione e giustamente ha osservato il suo periodo di recupero. Arriverà oggi in Italia e ci parlerò per bene. Parlerò con lui ma anche con altri, per stabilire bene le strategie di questo Giro. Crediamo molto in Tim.

Chi sarà il suo ultimo uomo?

Bert Van Lerberghe, esperto e ideale per questo ruolo. Ma se avete visto abbiamo portato anche Lamperti. E’ al suo primo grande Giro, ma si è meritato questa convocazione. Io credo che un’esperienza simile gli potrà dare tanto e in chiave futura. Un grande Giro ti lascia sempre qualcosa. Lui sarà inserito nel treno per Merlier. E’ un velocista, ma tiene bene sugli strappi brevi. Credo che stare vicino a due corridori di esperienza come Bert e Tim gli farà solo che bene.

Per Tim Merlier già 7 vittorie in questa stagione tra cui la Scheldeprijs, nella foto
Per Tim Merlier già 7 vittorie in questa stagione tra cui la Scheldeprijs, nella foto
Squadra di attaccanti, ma poi c’è Jan Hirt che butterà anche un occhio alla classifica? Nel 2022 arrivò sesto nella generale…

Anche Jan ha fatto una buona prima parte di stagione, mettendosi in evidenza all’Oman soprattutto, e non facendo male al Catalunya. Ha preparato bene il Giro d’Italia: è già arrivato sesto e anche vinto una tappa… non dimentichiamolo (come a sottolineare che prima viene la tappa e poi la classifica, ndr) Per lui sarà importante essere subito pronto, visto che già dopo due tappe non dico che si saprà chi non lo vince, al netto di Pogacar, ma già si conosceranno bene i valori in campo e chi è in condizione. E’ una partenza del Giro differente rispetto agli ultimi anni.

E poi c’è il nome grande: Julian Alaphilippe…

E’ motivato veramente. Julian è alla sua prima partecipazione al Giro. Lo stuzzica l’idea di poter vincere una tappa anche qui visto che ne ha già conquistate sia al Tour che alla Vuelta. Le possibilità per lui ce ne sono, tutto sta a sfruttarle. Ha classe e già sabato, nella prima tappa, con il tanto tatticismo che immagino potrà esserci, Julian potrebbe avere una buona occasione.

Alaphilippe è al debutto al Giro. Al Romandia ha lavorato per la squadra e per la ricerca della forma migliore
Alaphilippe è al debutto al Giro. Al Romandia ha lavorato per la squadra e per la ricerca della forma migliore
E delle “altre occasioni” avete già parlato? O al contrario è stato lui a chiederti di una frazione in particolare?

No, come detto ancora non ci ho parlato bene. Avremo giovedì e venerdì per stilare una strategia più approfondita. In questi ultimi giorni tra Romandia e Giro ho preferito lasciarlo del tutto tranquillo a riposarsi. Di fatto è stato a casa solo tre giorni.

E’ motivato e Alaphilippe in Italia è amatissimo, una sua vittoria farebbe bene a tutti: a lui, alla squadra, al Giro, ai tifosi. Ma come sta veramente? Non viene da una super stagione…

Vi dico questa. Al Romandia, nel tappone di sabato, doveva aiutare Van Wilder. Nella prima salita, dura, erano rimasti in quindici e lui c’era. Alaphilippe si è preparato bene. Vedrete. 

Perché recuperare da un infortunio oggi è più difficile?

06.03.2024
5 min
Salva

La bella notizia di Bernal che torna a pedalare (quasi) come un tempo e che in questo inizio di stagione sale sul primo podio dopo quello del Giro 2021. Marta Cavalli che ha impiegato più di un anno per ritrovarsi dopo l’infortunio del Tour 2022. Froome che al contrario chiuse la carriera nella caduta al Delfinato del 2019. Evenepoel che bruciò le tappe per rientrare dopo il volo del Lombardia e al Giro dell’anno successivo pagò un conto molto salato. Alaphilippe che non trova ancora la bussola dopo la caduta alla Liegi del 2022 e Bramati che in una delle prime interviste di inizio 2023 disse che il francese avrebbe avuto bisogno di un anno di recupero prima di tornare se stesso. Tanti piccoli indizi che fanno sorgere un grosso dubbio: come mai da un paio di anni a questa parte rientrare in gara dopo questi infortuni, pur molto gravi, è diventato così complicato?

Egan Bernal torna a camminare dopo l’incidente del 2022: il recupero dell’efficienza è stato più lungo
Egan Bernal torna a camminare dopo l’incidente del 2022: il recupero dell’efficienza è stato più lungo

Il politrauma

Quando Bernal si rialzò dall’incidente che poteva costargli la vita, Fabrizio Borra che di atleti rotti ne ha visti e rimessi in piedi parecchi, disse che il tempo di guarigione dalle fratture fosse nei tempi. Il difficile sarebbe stato semmai il ritorno all’efficienza. E il ritorno all’efficienza, questa la sensazione, è rallentato e in certi casi compromesso dal ciclismo super veloce nato dopo il Covid.

«Se parliamo di atleti che si sono rotti vertebre, costole, la clavicola, una parte del bacino e la tibia, abbiamo a che fare con un politrauma. E questo amplifica tantissimo i tempi di recupero, di riassetto anche osteomuscolare, di bilanciamento muscolare. Ci sono un sacco di variabili che entrano in gioco e rallentano tutto».

Liegi 2022, Alaphilippe cade in una scarpata: per la sua carriera uno stop da cui ancora non si è ripreso
Liegi 2022, Alaphilippe cade in una scarpata: per la sua carriera uno stop da cui ancora non si è ripreso

Le corse di allenamento

Chi parla è Carlo Guardascione dello staff medico del Team Jayco-AlUla. Lo abbiamo chiamato per avere la sua opinione di medico sulla fatica di certi recuperi e le sue parole sono risultate illuminanti.

«Recuperare da un infortunio – dice – è più difficile di prima, perché adesso il livello nelle gare è più alto. Una volta chi rientrava poteva partecipare alle prime corse per allenarsi e quel tipo di sollecitazione gli consentiva di riprendere gradualmente il passo. Ma negli ultimi anni, quante volte siete riusciti a vedere corridori che vanno alle corse per fare un certo tipo di lavoro? Ormai se non vai in corsa al 100 per cento, sei morto. Non tieni le ruote. Bernal ha impiegato due anni per riprendere il filo e forse ancora non l’ha fatto del tutto, ma lui era praticamente morto. Froome, che ha 10 anni di più, con quella caduta ha chiuso la carriera».

Il rientro di Pantani dopo l’infortunio avvenne in corse in cui Marco riuscì a ritrovare il ritmo
Il rientro di Pantani dopo l’incidente avvenne in corse in cui Marco riuscì a ritrovare il ritmo

I tempi biologici

Il ritmo di gara è alto, ma la fisiologia non si riscrive con il progresso. E se un atleta ha bisogno di recuperare da un infortunio serio e per farlo non può sfruttare il lavoro in gara, tutto si complica e i tempi si allungano.

«L’organismo – spiega ancora Guardascione – ha sicuramente bisogno di tempi biologici, su cui ci si può inventare poco. Si può giostrare con terapie più moderne, con dei supporti fisioterapici più moderni. Facciamo un esempio banale: da qualche anno c’è la Tecar, che 15 anni fa neppure si sapeva cosa fosse. Da qualche anno ci sono le onde d’urto, che qualche anno fa non sapevamo cosa fossero. Però la natura vuole che i tempi biologici vengano rispettati. Si può anticipare di quel 10-15-20 per cento, ma secondo me non si può fare il paragone tra 15 anni fa e quello che succedeva una volta a livello di performance. Prima i corridori si potevano permettere le corse di preparazione, mentre oggi se si va in corsa senza essere in forma, si finisce fra le ammiraglie».

L’infortunio di Froome avvenne a giugno 2019, Chris rientrò al UAE Tour 2020 prima del Covid
L’infortunio di Froome avvenne a giugno 2019, Chris rientrò al UAE Tour 2020 prima del Covid

Attesa e contratti

E qui il discorso andrebbe esteso ai team manager, soprattutto a quelli che dopo un po’ sono stufi di aspettare e reclamano risultati nel nome del lauto ingaggio che versano all’atleta infortunato.

«Non ci si può aspettare che si facciano miracoli – dice Guardascione – e se ci sono manager che mettono fretta senza sapere che da certi infortuni ci si riprende dopo parecchio tempo, vuol dire che sono sciocchi, oppure fanno finta di niente oppure ancora vogliono lucrare sul contratto».

Il tema è delicato. Gli atleti sono macchine pressoché perfette, combinazione miracolosa di equilibri delicatissimi. Un evento traumatico, un infortunio importante cancella anni di costruzione e costringe a ripartire da zero, dal ricostruire un’efficienza fisica che non si può dare per scontata. Ecco il motivo per cui in questo 2024 sarà interessante vedere all’opera Bernal e Alahilippe, aspettando con fede che anche Marta Cavalli si riprenda dall’ultima caduta e torni a prendersi ciò che è veramente suo.

Nonostante Lefevere e la iella, Alaphilippe ci crede ancora

04.03.2024
5 min
Salva

Alaphilippe è caduto anche alla Strade Bianche, dopo identico destino alla Omloop Het Nieuwsblad. Alle coincidenze della corsa di sabato si aggiunge il fatto che il francese cadde anche nel 2022 per una violenta folata di vento, proprio mentre Pogacar spiccava il volo. Difficile dire se Julian cada così spesso per sfortuna, per via dell’età o perché poco concentrato. Di sicuro, la situazione in squadra non è per lui delle più idilliache. La pressione esercitata da Lefevere non accenna a diminuire e questo non contribuisce a costruire il giusto scenario attorno al due volte campione del mondo.

Come ha scritto di recente L’Equipe, Lefevere è prima di tutto un contabile e mal digerisce il dover pagare troppo un corridore, soprattutto se non vince. Per intenderci, lasciò andare Philippe Gilbert nonostante avesse appena vinto Fiandre e Roubaix, ritenendolo alla fine del viaggio. Nonostante l’agente di Alaphilippe neghi la presenza di Marion Rousse alla firma dell’ultimo contratto, il manager belga lo ha inserito fra i motivi di fastidio. Al pari del fatto che nessun compagno vorrebbe più dividere la stanza col francese per lo squillare ininterrotto del telefono a tutte le ore. Vero o falso che sia, il clima non è disteso. E quando guidi al limite su strade impegnative con bici che non perdonano errori, basta un battito di ciglia fuori posto per perdere il controllo.

Anche quest’anno per la Strade Bianche, la Soudal-Quick Steo ha alloggiato al Podere Pieve a Salti (foto Wout Beel)
Anche quest’anno per la Strade Bianche, la Soudal-Quick Steo ha alloggiato al Podere Pieve a Salti (foto Wout Beel)

La voglia c’è

Eppure Alaphilippe ci crede. I 31 anni e le 618 corse disputate da professionista sono un bel fardello, soprattutto per il modo di correre esplosivo e sbarazzino che si infrange sempre più spesso sulle identiche abitudini di corridori più potenti come Van der Poel e i suoi… fratelli. E mentre la Total Energies gli spalanca le porte, il francese fa la sua professione di fiducia, ammettendo qualche errore nelle ultime due stagioni.

«La voglia c’era ancora – dice – ma il fisico non sempre l’ha assecondata. Così un po’ per disperazione, tendevo a distruggermi sapendo che non avrei potuto vincere. Ora sento che posso tornare al mio miglior livello e sto facendo tutto il possibile. Già alla fine della scorsa stagione sentivo che sarei potuto essere di nuovo me stesso. Quindi, ho deciso di fare semplicemente quello che so fare dopo una bella pausa. Non ho fatto niente di pazzesco durante l’inverno, niente allenamenti lunghissimi o intensità pazzesche, ho solo gettato le basi per la mia condizione».

Alla Strade Bianche, Alaphilippe è caduto riportando escoriazioni. Nessun problema per la Tirreno-Adriatico
Alla Strade Bianche, Alaphilippe è caduto riportando escoriazioni. Nessun problema per la Tirreno-Adriatico

L’arrivo di Remco

La coincidenza dell’esplosione di Evenepoel non può passare inosservata. Avere in casa il giovane portento, per giunta belga, ha fatto sì che la squadra abbia spostato tutte le attenzioni su di lui. Ed è un fatto che difficilmente i programmi dei due coincidano, salvo quando a Julian viene chiesto di aiutarlo.

«Remco e io – dice Alaphilippe – non abbiamo mai avuto problemi o gelosie. L’ho visto arrivare in squadra, progredire e farsi strada. Ha realizzato cose incredibili e sono super felice per lui. E’ stato un enorme piacere aiutarlo alla Vuelta 2022 e sono stato sinceramente felice per lui quando è diventato campione del mondo in Australia. E’ capitato anche a lui di correre per me, ad esempio in una tappa del Giro dei Paesi Baschi. Avrebbe potuto vincere, invece mi ha tirato lo sprint e questo ha dato più valore alla mia vittoria. Abbiamo sempre sentito una forma di rispetto reciproco. Ha visto che negli ultimi due anni non sono stato al livello di prima, ma questo non lo ha reso diverso nei miei confronti». 

Giovedì 29 febbraio, Alaphilippe in ricognizione sul percorso della Strade Bianche (foto Wout Beel)
Giovedì 29 febbraio, Alaphilippe in ricognizione sul percorso della Strade Bianche (foto Wout Beel)

La scelta del Giro

Intanto però Remco punta alla Liegi (che ha vinto per due volte) mentre Alaphilippe va a fare il Fiandre: lui che una Liegi la buttò in modo… blasfemo nel 2020. Remco va al Tour e Alaphilippe passa al Giro

«Il fatto di correre in Italia – dice – è una decisione venuta da me e approvata dal team. Ho sempre detto che non avrei voluto chiudere la mia carriera senza aver corso il Giro almeno per una volta. Dato che il mio obiettivo primario per quest’anno è tornare al miglior livello e presentarmi al 100 per cento al Fiandre, è bene per la mia testa sapere che porterò poi la condizione fino al Giro e per una volta non avrò la pressione del Tour. Dopo due stagioni così difficili, è bello avere un nuovo obiettivo. Da quello che ho visto in televisione, il Giro è una delle gare più dure del calendario. E’ molto più probabile trovare pioggia e freddo che al Tour, ma ora non vedo l’ora di scoprirlo. Sogno di vincere una tappa, ma non ho ancora guardato nulla. So solo che sono 21 tappe e saranno tutte molto dure».

Alaphilippe ha definito prezioso il tempo che trascorre con suo figlio Nino, 3 anni (foto Instagram)
Alaphilippe ha definito prezioso il tempo che trascorre con suo figlio Nino, 3 anni (foto Instagram)

La famiglia al centro

Del resto preferisce non parlare, quantomeno si guarda bene dal trascinare la sua famiglia in disquisizioni inutili. Come ha ben detto Saronni, un manager può avere qualcosa da dire a un suo atleta, ma fa meglio a dirlo in privato e senza coinvolgere pubblicamente la sua famiglia.

«Adoro passare del tempo con mio figlio – dice Julian in una lunga intervista a L’Equipe – adoro il suo atteggiamento spensierato e sto imparando da papà a stare calmo, a preoccuparmi per lui, affinché non soffra. La famiglia è importante, mi sarebbe piaciuto che mio padre lo conoscesse. Nei momenti brutti, quando le cose non vanno bene, ho accanto Marion. Lei sa che ci vuole tempo e forse riesce a fare un passo indietro più facilmente grazie alla sua esperienza ciclistica. Tutte le mogli dei corridori conoscono la durezza del lavoro, dei sacrifici, dei viaggi, delle assenze. Non è mai cattiva e fa molto bene il suo lavoro di opinionista televisiva. Mi piace il suo modo di lavorare e mi piace ancora di più vederla divertirsi in quello che fa. E’ sempre più coinvolta nel ciclismo femminile, è fantastico per lei e il suo coinvolgimento è fantastico per le altre ragazze».

Altro da dire non c’è. Non resta che iniziare la Tirreno-Adriatico in cui ha già vinto tre tappe nel 2019 e nel 2021 e sperare che tutto fili in modo regolare. Che Lefevere lo lasci un po’ in pace. E che la fortuna giri finalmente dalla parte giusta.

Saronni, vuoi fare l’arbritro tra Alaphilippe e Lefevere?

01.03.2024
5 min
Salva

E’ stato un continuo crescendo. Prima le provocazioni legate ai risultati. Poi al fatto che stesse invecchiando. A seguire sulla scarsa voglia di allenarsi. Ma nessuno avrebbe immaginato che l’ennesima bordata di Lefevere all’indirizzo di Alaphilippe avrebbe riguardato la sfera privata, l’uso di alcol e le troppe feste con la moglie.

Facciamo una premessa: un team manager conosce vita, morte e miracoli dei suoi corridori. Può capitare che qualcosa non vada come dovrebbe e che sia necessario richiamare un atleta all’ordine. E’ raro che si facciano simili sparate. Verrebbe da pensare che sia l’unico modo per dare un ultimatum al campione, ma in ogni caso è il modo giusto?

L’associazione dei corridori si è schierata contro Lefevere. La moglie di Alaphilippe ha trovato modo di rispondere al manager e anche alla moglie di Philippe Gilbert che per qualche motivo si è schierata con Lefevere. L’unico a non aver detto una parola è stato proprio Julian, impegnato domani alla Strade Bianche. Accanto a lui si è schierato anche Geraint Thomas, definendo le parole di Lefevere roba da matti.

Giuseppe Saronni ha oggi 66 anni, ha vinto due Giri d’Italia. Dal 1992 al 2017 è stato team manager
Giuseppe Saronni ha oggi 66 anni, ha vinto due Giri d’Italia. Dal 1992 al 2017 è stato team manager

Alla porta di Saronni

Dopo l’intervista, pubblicata sul settimanale Humo, il team manager della Soudal-Quick Step ha fatto di tutto per smorzare la polemica. Ma siccome ha fatto e detto così ogni volta, in attesa che lo faccia ancora, noi abbiamo bussato alla porta di Giuseppe Saronni.

Il piemontese è stato corridore e team manager, magari avrà capito che cosa abbia spinto un dirigente d’azienda a gettare un atleta in pasto al gossip. Saronni si è prestato allo scambio di vedute, dicendo però (giustamente) che per poter avere un’opinione davvero completa bisognerebbe conoscere tutta la storia, di cui sono al corrente soltanto i diretti interessati.

Il 2024 di Alaphilippe è iniziato in Australia. Alla Het Nieuwsblad si è fermato per una caduta
Il 2024 di Alaphilippe è iniziato in Australia. Alla Het Nieuwsblad si è fermato per una caduta
Beppe, tu che ne hai viste tante, perché di colpo un team manager attacca pubblicamente un campione della sua squadra?

Non saprei, è da un po’ che non seguo. Però questa cosa è abbastanza strana. Solitamente se devi dire qualcosa a un corridore, qualsiasi corridore ma soprattutto in questo caso con uno di una certa importanza, lo fai all’interno della squadra. E’ sempre stato così, bisognerebbe conoscere le loro dinamiche interne. Poi sai, quando vai a quelle latitudini, ci sono sempre delle cose strane…

A te è mai capitato di gestire un problema a porte chiuse e poi, vedendo che non passava, pensare di renderlo pubblico?

No, direi di no, tantomeno su cose private e riservate. Non è mai bello. Magari a volte posso aver fatto qualche critica a livello sportivo, sui risultati e il modo di correre (vengono in mente quelle ad Aru nel 2018, ndr). Ma normalmente si evita sempre di parlare della propria squadra e dei propri corridori. Alla fine cerchi sempre di difenderli, anche perché sono con te, li hai voluti tu, li hai scelti tu e alla fine un po’ di colpe ricadono anche su di te. Insomma, mi sembra che Alaphilippe corra da tanti anni in quella squadra, Lefevere dovrebbe già conoscerlo. E se gli ha fatto e rinnovato i contratti, probabilmente è perché ha ritenuto che fosse un corridore valido. Quindi, è difficile dire cosa sia successo, non capita spesso di sentire queste cose. Bisognerebbe capire e conoscere la realtà.

Ha iniziato piano e ha finito andando sul personale. Alaphilippe non ha risposto, ma domani sarà il loro leader alla Strade Bianche, chissà con quale serenità…

Questi contrasti creano situazioni che non portano bene. Non c’è la tranquillità, il rapporto resta conflittuale. A meno che Lefevere conosca talmente bene il corridore e magari sa quello che noi non sappiamo. Che magari tutto questo serve per stimolarlo, per tirargli fuori un po’ di orgoglio. Non lo so, magari è così. A me non è mai capitato, però non conoscendo bene come stanno le cose, possiamo solo ipotizzare. Ma sicuramente troppa serenità non potrà esserci. Non è bello sentirsi dire quelle parole.

Tour de Wallonie 2022, tutto sembra filare bene. Alaphilippe vince a Huy, Lefevere fa un selfie per Instagram
Tour de Wallonie 2022, tutto sembra filare bene. Alaphilippe vince a Huy, Lefevere fa un selfie per Instagram
Se il tuo manager ti avesse attaccato così, tu saresti rimasto zitto come il francese?

Ma no, aspetta. Bisogna capire il carattere e la professionalità delle nostre latitudini. Lì è diverso, hanno un altro modo di fare. Credo che un tecnico italiano, un manager italiano avrebbe cercato di parlare di più con il corridore, ma in privato. Anche perché esternare queste cose, alla fine a chi fa bene?

Forse serve per giustificare davanti agli sponsor i tanti soldi che gli dai?

Se l’hai preso, l’hai tenuto e l’hai rinnovato, hai fatto anche tu la scelta. Però, non conoscendo i dettagli, non me la sento di fare queste valutazioni. Poi c’è da dire anche che questa è un’esternazione arrivata fino a noi, magari se ne sono dette delle altre, che non sono arrivate fin qua. Insomma, bisognerebbe conoscere bene la storia, come la conoscono loro.

Ti farai vedere alla Sanremo?

Solitamente si va alla partenza, che però non è più a Milano. Per noi che abitiamo qua, la Sanremo è una corsa fastidiosa, nel senso che devi prendere, andare in Liguria e poi tornare indietro. E quindi, se devo dire la verità, per come si vedono oramai le corse in tivù, capisco anche la mancanza di tanti tifosi sulle strade. Una volta ce n’erano di più, ma una volta o andavi sul percorso, sulle salite o in qualche trasferta, sennò certe cose non le vedevi. Allora alla televisione davano 30-40 chilometri, oggi vedi tutta la corsa e capisco anche la pigrizia del tifoso che va molto meno alle corse e le guarda in televisione. Insomma, ogni tanto bisogna abbassare i commenti, però la Sanremo dal divano è davvero una bella corsa…

La rivoluzione BKOOL, e si pedala al fianco dei professionisti!

26.02.2024
3 min
Salva

Chris Froome, Alberto Contador, Remco Evenepoel, Mikel Landa e Julian Alaphilippe sono delle vere e proprie star anche nel ciclismo virtuale. Non a caso, nel corso delle ultime settimane, hanno guidato il gruppo virtuale di utenti BKOOL condividendo sessioni di allenamento con centinaia di appassionati di tutto il mondo. Le piattaforme di ciclismo virtuale sono diventate il principale punto di contatto tra professionisti e dilettanti, permettendo agevolmente a tutti gli appassionati e a tutti i praticanti ciclisti di partecipare alle sessioni di allenamento dei propri idoli, mettendosi alla prova ed avendo persino la possibilità di interagire con loro.

Proprio per questo motivo gli utenti di BKOOL hanno avuto il privilegio di pedalare virtualmente al fianco di Froome, di Contador, di Mikel Landa, di Remco Evenepoel, di Julian Alaphilippe e di Kasper Asgreen: un evento che sarebbe sembrato impensabile solamente pochi anni fa…

Per gli utenti di BKOOL è stato possibile pedalare accanto a grandi campioni, come Chris Froome
Per gli utenti di BKOOL è stato possibile pedalare accanto a grandi campioni, come Chris Froome

Novità in arrivo

«Uno degli aspetti più interessanti offerti dai simulatori di ciclismo indoor come BKOOL – ha dichiarato Angel Luis Fernández, il direttore marketing di BKOOL – è la possibilità di entrare in contatto con alcune star del ciclismo mondiale senza dover letteralmente uscire di casa. La pandemia ha segnato un vero e proprio boom in questo senso, e da allora è diventato comune vedere ciclisti professionisti che condividono frequentemente sessioni di allenamento con i loro fan.

«Abbiamo avuto alcuni dei migliori ciclisti del mondo che hanno guidato corse di gruppo virtuali sulla nostra piattaforma, e nelle prossime settimane aggiungeremo nomi come Oscar Freire e altre stelle della Soudal Quick-Step».

Le modalità di allenamento di BKOOL sono sorprendentemente realistiche
Le modalità di allenamento di BKOOL sono sorprendentemente realistiche

Training e competizione

Ma i simulatori di ciclismo come BKOOL non solamente aiutano gli atleti a connettersi direttamente con i propri tifosi, ma sono anche essenziali per garantire la loro preparazione durante la stagione. 

«Ciò che rende BKOOL unico – prosegue Angel Luis Fernández – è la possibilità di percorrere qualsiasi tracciato del mondo direttamente dal proprio soggiorno. Questo è particolarmente utile per prepararsi a una cronometro, ad esempio, un aspetto che può fare la differenza. E’ molto comune che i nostri ambasciatori professionisti ci chiedano difatti di poter avere il tracciato virtuale di una cronometro o di un circuito per potersi allenare in anticipo.

«Le sensazioni fornite dagli smart trainer al giorno d’oggi sono sorprendentemente realistiche, e BKOOL offre loro l’opportunità di testare il percorso in prima persona durante una sessione di allenamento realizzata… comodamente a casa propria. Inoltre, la possibilità di creare allenamenti personalizzati su misura per ogni fase della stagione contribuisce a rendere piattaforme come BKOOL strumenti di lavoro oramai indispensabili nel mondo del ciclismo professionistico».

BKOOL attualmente organizza le versioni virtuali ufficiali del Giro d’Italia e del Deutschland Tour, portando i partecipanti a pedalare sulle stesse “strade” di ciascun evento attraverso un’esperienza coinvolgente e realistica. Non solo i fan possono allenarsi al fianco dei loro idoli, ma riescono a farlo nel contesto virtuale di alcune delle gare più prestigiose del mondo.

BKOOL.COM

Lefevere e Alaphilippe: la pace non scoppia

20.01.2024
4 min
Salva

A Calpe, durante la presentazione della Soudal-Quick Step il grande assente era Julian Alaphilippe. Nessuna polemica, almeno non in quella sede, semplicemente l’ex iridato era in Australia per Tour Down Under.

Si è comunque parlato di lui. E lo ha fatto patron Patrick Lefevere. Il francese nelle ultime due stagioni non è stato stellare come ci aveva abituato, ma resta un cardine di questo team. E non va dimenticato che esce da un incidente bruttissimo: la caduta alla Liegi 2022. Davide Bramati stesso ci disse che il 2023 gli sarebbe servito per resettarsi del tutto.

Patrick Lefevere (classe 1955) guida il team Soudal Quick-Step, eccolo durante le interviste a Calpe
Patrick Lefevere (classe 1955) guida il team Soudal Quick-Step, eccolo durante le interviste a Calpe

Julian, Patrick e… Remco

Contestualmente al calo (si spera momentaneo) di Alaphilippe, c’è stata l’esplosione di Evenepoel. Vuelta, mondiali, Liegi… e ora il Tour nel mirino. E al Tour la Soudal-Quick Step ci andrà tutta per il belga. Niente spazio per Julian.

«Non mi piacerebbe vedere un Alapahilippe, che magari sta anche bene, devoto alla causa di Remco al 100 per cento. Credo che il Giro d’Italia sia ideale per lui, per il suo modo di correre».

Poi però sono partite le bordate: «I corridori generosi non vincono e sono poco intelligenti. E Alaphilippe spesso è un corridore troppo generoso. E’ impulsivo e spesso poco intelligente. Deve imparare ad essere più riflessivo». 

Lefevere ha detto che Alaphilippe, già durante questo inverno, ha avuto la possibilità di lasciare il Wolfpack. Diverse squadre hanno cercato di ingaggiarlo: «Un corridore scontento in una squadra è inutile. Ho discusso con lui già in passato. Abbiamo raggiunto un accordo. Mi ha detto: “Patrick, dammi un altro inverno”. Bene, adesso tocca a lui dimostrare di essere ancora forte».

Classe, istinto e grinta non abbandonano Alaphilippe
Classe, istinto e grinta non abbandonano Alaphilippe

Polemiche infinite 

Insomma, come sempre il “vecchio Patrick” non le ha mandate a dire. Ricordiamo che già un anno fa tirò una bordata mica da ridere: «Alaphilippe si mangia gran parte del mio budget. Voglio dei risultati».

Spesso i suoi modi di fare hanno tenuto molti sulle spine, ma alla lunga ha avuto ragione lui. Magari sarà così anche stavolta, certo però che nell’anno olimpico, con i giovani che avanzano in modo prepotente e 31 anni sulle spalle, non sarà così facile per il francese tornare il corridore di un tempo.

E allora guardandola in questa chiave l’idea del Giro potrebbe essere buona per Alaphilippe. Davvero un cambio di programma e di obiettivi potrebbe essere uno stimolo importante. Sia per la testa che anche per il fisico.

In generale Lefereve si è mostrato il solito punzecchiatore. Il grande manager in grado di tenere sotto controllo i suoi ragazzi e di stimolarli. 

A Calpe ha parlato molto di Remco. Delle sue sconfinate possibilità. Del fatto che essere un outsider al Tour e non il favorito come al Giro lo scorso anno può essere un vantaggio. Ha parlato della “non fusione” con la Jumbo-Visma. E su Alaphilippe ha lanciato queste bordate. Ma si sa, il manager belga è così e se conduce da 25 anni una delle squadre più titolate di sempre un motivo ci sarà.

Il francese sulle strade australiane del Down Under, dove sta rifinendo la gamba in vista dei primi impegni europei: Het Nieuwsblad e Strade Bianche
Il francese al Down Under, rifinendo la gamba in vista di Het Nieuwsblad e Strade Bianche

Loulou in Australia

E Alaphilippe cosa dice? Probabilmente fa buon viso a cattivo gioco, ma dallo stato del South Australia ha detto che non è vero che ha chiesto a Lefevere di restare ancora un anno. In ogni caso in un’intervista a l’Equipe, “Loulou” è parso motivato e l’idea del Giro d’Italia in effetti sembra stuzzicarlo parecchio. 

«Non è né una punizione, né una mancata selezione – ha detto Alaphilippe – semplicemente è un altro progetto. Bisognava cambiare e perché non quest’anno? Il Giro mi motiva parecchio. In Italia avrò più libertà e potrò correre di più secondo le mie caratteristiche. E poi ho chiesto io di andare al Giro».

Alaphilippe assicura che sarebbe stato ben disposto ad aiutare Remco e che è un ruolo che aveva già ricoperto durante la Vuelta del 2022. Vede il Giro come un’opportunità, sia per i risultati, che per la preparazione. Tuttavia qualche dubbio ci resta, tanto più che le Olimpiadi arrivano pochi giorni dopo il finale della Grande Boucle e su carta sono perfette per Alaphilippe. Almeno quello “vecchio stile”. Ma chissà, magari avrà ragione lui. E sarà più fresco di molti altri pretendenti.

Voeckler tecnico? La stessa fame di quando correva

04.10.2023
5 min
Salva

Alzi la mano chi avrebbe mai immaginato che il Voeckler casinista e sempre in fuga sarebbe diventato un giorno uno dei tecnici più vincenti del mondo. I suoi scatti. Le smorfie quasi fastidiose. Le polemiche. Oggi il tecnico dei francesi che ha da poco vinto a Drenthe il campionato europeo con Laporte e con la staffetta mista, sfoggia un aplomb quasi britannico. Viene meno solo nei momenti ad alta intensità e quando commenta le corse dalla moto della televisione. In quel caso però non viene mai presentato come commissario tecnico, ma come ex atleta e opinionista.

«Mi sarebbe piaciuto – ammette Voeckler, 44 anni, professionista dal 2001 al 2017 – essere forte come i ragazzi di oggi. Il livello dei francesi non è lo stesso dei miei tempi. Adesso vanno in corsa atleti ai massimi livelli mondiali, quindi per me è meno complicato immaginare delle strategie. Invece quando andavo ai mondiali da corridore, l’unico modo perché potessero vederci era andare in fuga. Non eravamo alla stessa altezza, non so dire il perché. So che quando ho accettato di fare il tecnico della Federazione francese di ciclismo, mi sono messo in testa di dimostrare che non siamo secondi a nessuno».

Alaphippe, uno-due

La storia inizia nel 2020, proprio agli europei. La corsa va a Nizzolo, fresco campione italiano, ma alle sue spalle si piazza Picard, a sua volta campione di Francia. A Imola, poche settimane dopo, Alaphilippe vince il mondiale. A volte si tende ad attribuire tutto il merito al campione, ma la Francia spaccata degli anni precedenti di colpo sembra una corazzata.

L’anno dopo l’europeo si corre a Trento, con Colbrelli che resiste a Evenepoel in salita e poi lo batte in volata. Terzo arriva un francese, Benoit Cosnefroy. Poche settimane dopo, ai mondiali di Leuven, fa festa ancora Alaphilippe.

«Francamente Julian non aveva bisogno di me – sorride – innanzitutto perché non ero io a pedalare. Il mio ruolo è stato quello di formare un gruppo unito attorno a lui, come pure per Cosnefroy agli europei di Trento, quando tutta la squadra ha lavorato per lui senza fare domande. Certo avere un rapporto di fiducia con il leader mi ha facilitato. E’ successo a volte che Julian non capisse una mia scelta, ma io sono rimasto fermo e me ne sono preso la responsabilità. A parte questo, Julian non è mai esigente, a volte la sua mitezza è quasi imbarazzante visto il suo status di campione».

Alaphilippe Imola 2020
L’attacco decisivo di Julian Alaphilippe a Imola 2020: primo mondiale francese dal 1997
Alaphilippe Imola 2020
L’attacco decisivo di Julian Alaphilippe a Imola 2020: primo mondiale francese dal 1997

Due argenti che bruciano

Si prosegue a Monaco 2022, con un europeo piatto per velocisti. Sembra disegnato per Fabio Jakobsen, che infatti vince. Tuttavia alle sue spalle si piazza Arnaud Demare, che coglie l’argento. Quando a settembre si vola in Australia, il piano di Voeckler sarebbe anche garibaldino, ma l’attacco di Evenepoel fa saltare ogni punto di riferimento. Per fortuna del cittì, ci pensa Laporte che coglie il secondo posto.

«Quel giorno Evenepoel era ingiocabile – ricorda con una metafora tennistica – e io ci ho messo un po’ a capire che non sono io a pedalare. Non riesco a scaricare lo stress, per questo il mattino prima del mondiale andai a correre per 8 chilometri, perché ero sveglio molto presto. I ragazzi sono con me, si fidano. Sicuramente mi vedono ancora come un corridore e il fatto di essere presente a molte gare anche per la televisione aiuta nelle relazioni. Sono giovane per essere pensionato, parliamo come fra corridori, tutti insieme nella stanza. Anche se ci sono momenti solenni, non sono al di sopra di loro e loro ovviamente lo sentono».

Il guizzo di Laporte

A Glasgow non è andata un granché, eppure Voeckler è tornato a casa con l’argento del Mixed Team Relay alle spalle della Svizzera e l’ha trasformato in oro agli europei di Drenthe. In più nella sfida olandese è arrivato l’oro inaspettato nella prova su strada, grazie a Laporte che non si è piegato alla rimonta di Van Aert.

«Costruire la squadra giusta – spiega Voeckler – è come un puzzle, un processo lungo. Più si avvicina la data, più cerco di convincermi che la prima idea sia quella giusta. Non bisogna cedere alla tentazione di cambiare tutto all’ultimo momento, meglio pensarci prima, in base al percorso e ai programmi dei corridori. Alcuni sanno da tempo che conterò su di loro, altri invece vengono informati molto più avanti, in modo che si avvicinino serenamente. Ho la stessa malizia di quando correvo, tentare di essere più furbi dei rivali fa parte del gioco. E poi, tirate le somme, si studia la tattica. Non chiederò ai miei corridori di correre allo stesso modo se Van Aert e Pogacar ci sono oppure no. Il percorso è una cosa, lo scenario di gara è un’altra…».

Alaphilippe sull’incudine, Lefevere il martello

09.09.2023
5 min
Salva

Che cosa prova un campione davanti al declino inatteso? E che cosa prova se sente di avere ancora qualcosa da dare e per qualche motivo non ci riesce? Se è vero che il ritorno dopo gli infortuni più gravi richiede circa un anno, per rivedere un Alaphilippe competitivo ci sarà da attendere la prossima stagione. Ne è convinto Bramati, ne è convinto Julian, ma nel frattempo l’attesa lo sta logorando e lo ha portato a commettere qualche errore.

Se infatti l’incidente della Liegi 2022 lo tenne fuori per due mesi, probabilmente la vera causa della rincorsa ancora incompleta fu la voglia di bruciare i tempi per andare al Tour (senza riuscirci). Nel frattempo, le continue dichiarazioni di Lefevere non hanno contribuito a creare il clima migliore. Il manager belga infatti non ha fatto passare settimana senza punzecchiarlo e ricordargli il ricco contratto che li lega.

Patrick Lefevere e Alessandro Tegner: la Soudal-Quick Step ruota attorno a loro
Patrick Lefevere e Alessandro Tegner: la Soudal-Quick Step ruota attorno a loro

Vittorie, non fascino

Nell’ultima puntata della serie, commentandone la voglia di riscatto, all’ennesima bordata ha fatto seguire una… carezza, riconoscendo l’impegno del francese e la sua voglia di riscatto.

«Non posso assolutamente biasimarlo – ha scritto nella sua rubrica su Het Nieuwsblad – prima di questa stagione abbiamo avuto una conversazione piuttosto dura a Diegem. Julian, sua moglie Marion Rousse, il manager Dries Smets e io ci siamo seduti insieme al tavolo. Da patron della squadra ho detto le cose come stanno: Julian fa la vita giusta, quindi le cose devono migliorare. Lui stesso era d’accordo. So che ha fatto tutto il possibile per farsi trovare pronto. Per cui, di fronte ai risultati, non ci resta che concludere che non funziona più.

«Ho letto sulla stampa dell’interesse di TotalEnergies, ma per quanto ne so non c’è nulla di vero. Non è nemmeno qualcosa a cui sto puntando. Per essere chiari: Julian è ancora prezioso per la nostra squadra. Rimane il corridore più popolare in Francia e la persona più affascinante in ogni serata di sponsorizzazione. Ma certo: l’ho preso in squadra per vincere le gare, non per essere affascinante».

Al Delfinato con la compagna Marion Rousse: anche lei è stata presente all’incontro con Lefevere (foto MatosVelo)
Al Delfinato con la compagna Marion Rousse: anche lei è stata presente all’incontro con Lefevere (foto MatosVelo)

Rilancio in Canada

Una dichiarazione a metà fra lucido realismo e psicologia spartana, tesa a spronare il campione oppure a spingerlo via. Soltanto loro sanno se si tratti di un gioco duro e condiviso o se Lefevere stia calcando troppo la mano. Al momento Julian si trova in Canada, dove ieri ha corso il Gp de Quebec (arrivando al 9° posto nella volata di gruppo) e domenica la corsa di Montreal.

«E’ stato un anno difficile con due soli successi – ha ammesso il francese – ma è stato anche un anno importante in cui ho imparato molto. Dopo la scorsa stagione volevo fare tutto il possibile per raggiungere nuovamente un buon livello e ci sono riuscito. In termini di risultati, devo avere pazienza e continuare a lavorare come ho sempre fatto. Spero di concludere bene quest’anno e di ottenere altri successi. Questo è tutto quello che posso dire. Sono estremamente motivato e sto facendo tutto il possibile per tornare nella mia forma migliore e sono certo che ci riuscirò».

Alaphilippe ed Evenepoel: non sarà voluto, ma è palese che al crescere di Remco è coinciso lo spegnersi di Julian
Alaphilippe ed Evenepoel: non sarà voluto, ma è palese che al crescere di Remco è coinciso lo spegnersi di Julian

Non solo Evenepoel

Le critiche più pesanti Lefevere le ha mosse durante il Tour, dove al grande impegno del due volte campione del mondo non sono mai corrisposti risultati degni di nota: tante fughe e neppure un piazzamento fra i primi 10 sono un bottino obiettivamente troppo magro. Come troppo asciutto appare anche il corridore, che un tempo brillava per tonicità ed esplosività.

«Non è stato con le mani in mano – ha annotato Lefevere – ha attaccato tappa dopo tappa, ma alla fine ha perso terreno dai corridori che sulla carta dovrebbero essere meno forti di lui in salita. Siamo tutti delusi, ma soprattutto è deluso Julian. La sensazione in giro è che la nostra squadra dipenda da Evenepoel, come se non avessimo alcuna possibilità se lui non è al via. Ovviamente Remco è importante, ma mi rifiuto di accettare che dietro di lui ci sia il vuoto (ovviamente il passaggio a vuoto di ieri alla Vuelta non era stato previsto, ndr)».

Al Tour abbiamo visto Alaphilippe in fuga quasi ogni giorno, ma non è mai riuscito a concretizzare i suoi attacchi
Al Tour abbiamo visto Alaphilippe in fuga quasi ogni giorno, ma non è mai riuscito a concretizzare i suoi attacchi

Nessun cambiamento

Julian è volato in Canada sperando di trovarvi fortuna e motivazioni che lo rilancino verso un bel finale di stagione e rifiutando di snaturare il suo stile, che oggettivamente spesso contrasta con il correre prepotente e potente del gruppo. Quanto costano in termini di energie i cambi di ritmo alla Alaphilippe, se la velocità media è cresciuta in modo così evidente?

«Il mio modo di correre non cambierà mai – ha spiegato Alaphilippe nella conferenza stampa alla vigilia delle prove canadesi – è così che corro, è il mio modo di essere. Mi sono preso il tempo per sentirmi meno stressato e togliermi di dosso un po’ di pressione. Ho sempre desiderato vincere e raggiungere il massimo livello, ma ho dovuto rendermi conto che non è più tanto facile. Ho imparato che non sempre le cose vanno come vorresti. Ma ho anche iniziato a pensare di più a me stesso, alla mia salute e allo star bene. So che i risultati arrivano lavorando sodo, quindi continuerò a farlo. Ho ancora tanta passione e non mi arrenderò mai».