Coppi e Bartali, il pieno di stelle. Tutto pronto, Amici?

21.03.2022
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Con Nibali, Van der Poel, Froome e Thomas parte domani la Settimana Coppi e Bartali: corsa di cinque tappe che dalla Romagna porterà il gruppo nuovamente in Toscana, dopo la Per Sempre Alfredo di ieri, organizzata dallo stesso GS Emilia di Adriano Amici.

Lo scorso anno la vinse lo sconosciutissimo Vingegaard (foto di apertura), che poi per necessità della Jumbo Visma fu portato al Tour e arrivò secondo: quale vetrina migliore? 

Amici organizza anche il Memorial Pantani: qui con Tonina nell’edizione 2021
Amici organizza anche il Memorial Pantani: qui con Tonina nell’edizione 2021

«Non mi aspettavo una partecipazione così importante – conferma Adriano Amici, 79 anni – però diciamo che negli ultimi cinque anni c’è stato un parterre di tutto rispetto, per essere una corsa che non è storica, ma ha solo 22 anni. Però l’albo d’oro rispecchia i migliori di ogni periodo. Quest’anno ci sono 11 squadre WorldTour e una che non è potuta venire per motivi di salute. Quando sono arrivate le iscrizioni, fra le riserve della Alpecin-Fenix c’era anche Van der Poel. Speravo che sarebbe venuto, ma non ho chiesto nulla. Mi dispiace un pochino (dice ridendo, ndr) che sia partito anche alla Milano-Sanremo, perché avrei voluto che il boom ci fosse da noi. Però va bene, perché in qualche modo il suo podio ci farà da lancio. Abbiamo tanta attenzione di stampa e televisioni, richieste dal Belgio, dall’Olanda e dalla Francia».

Van der Poel correrà alla Coppi e Bartali dopo essere rientrato sabato alla Sanremo
Van der Poel correrà alla Coppi e Bartali dopo essere rientrato sabato alla Sanremo
Come mai la conclusione in Toscana?

E’ successo che la corsa di Larciano è stata compressa dalla Tirreno-Adriatico e non può non partire di domenica, perché il traffico industriale altrimenti la renderebbe impossibile. Allora ho anticipato di un giorno la Coppi e Bartali e sacrificato un weekend, dato che arriveremo di sabato. Così facendo, ho messo Larciano a chiudere. La cosa migliore per non fare un trasferimento era trovare due tappe in Toscana. Ho avuto assistenza di Baronti della Larcianese e alla fine si è creato un bel pacchetto. La corsa juniores per Ballerini e la nostra per Martini, per ricordare due grandi campioni della stessa zona. Due uomini inimitabili per la loro classe umana e anche molto competenti per il lavoro che hanno sempre fatto. Poi la Coppi e Bartali e domenica Larciano.

Con 11 WorldTour, che spazio resta alla professional?

C’è stato un po’ questo cambiamento. Effettivamente le WorldTour stanno crescendo, ma per noi è un privilegio, non certo un problema. Allo stesso modo vogliamo dare dignità e spazio anche alle squadre più modeste, anche le continental. Non possono lamentarsi. E se vogliono imparare a stare in gruppo, avere la possibilità di confrontarsi con i grandi fa crescere. La Coppi e Bartali si è elevata da sé, vincono spesso corridori importanti. Anche Vingegaard, che l’ha conquistata l’anno scorso, poi l’abbiamo ritrovato sul podio del Tour.

Da domani in gara anche Nibali, che rientra alle gare dopo la Milano-Torino
Da domani in gara anche Nibali, che rientra alle gare dopo la Milano-Torino
Servono accorgimenti particolari quando tutto cresce a questo modo?

Rispetto ad altri, noi siamo poveri, ma lo standard tecnico è quello che abbiamo sempre dato. Credo che nessuno possa dire che abbiamo trascurato il livello della sicurezza. Anzi, ne abbiamo fatto il nostro biglietto da visita. Poi diciamo che il pericolo è sempre dietro l’angolo e abbiamo visto che non ci sono differenze fra corse piccole e grandi. Bisogna seguire tutti i dettagli perché altrimenti per una sciocchezza vai a sciupare quello che hai fatto durante tutta la stagione.

Da Vingegaard a Ciccone, rivelazioni e delusioni del 2021

17.10.2021
7 min
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Quante volte ai tempi della scuola abbiamo temuto le pagelle? Il più classico dei «è bravo ma non si applica» funziona anche per i ciclisti? No, non siamo professori, sappiamo bene che tutti si applicano molto bene. Chi con fatica, chi senza. Alla fine di una stagione tuttavia non ci sono promossi né bocciati. Vogliamo solo fare un piccolo rendiconto della stagione 2021 tra le sorprese e le delusioni, analizzandone tre per parte.

Capiamo quanto una selezione di questo tipo possa far alzare il dito ricordando nomi come Van Aert, Ganna, Van der Poel, Cavendish, Alaphilippe… chi manca? Ma restringiamo il campo a sei casi specifici. Perché si sa, la ruota gira e se le sorprese saranno chiamate a riconfermarsi nelle prossime annate, le cosiddette delusioni avranno uno stimolo in più per rilanciarsi.

Il Vingegaard che nessuno si aspettava ha messo alla frusta Pogacar sulle salite del Tour: qui sul Mont Ventoux
Il Vingegaard che nessuno si aspettava ha messo alla frusta Pogacar sulle salite del Tour: qui sul Mont Ventoux

Sorpresa Vingegaard

La nostra disamina parte dalla Danimarca, patria di Jonas Vingegaard, scalatore che va molto forte anche a cronometro (foto in apertura). Il giovane talento della Jumbo-Visma – compirà 25 anni il prossimo 10 dicembre – è stato senza dubbio la sorpresa principale del 2021 grazie al secondo posto al Tour de France dietro a re Pogacar (a 5’20”) e davanti al futuro oro olimpico Carapaz. Già nel 2019 e quasi nell’indifferenza generale, il ragazzo di Hillerslev aveva conquistato una tappa al Tour de Pologne, perdendo la maglia di leader all’ultimo giorno per una crisi in montagna.

Quest’anno ha disputato una primavera da protagonista. Vittoria nella quinta tappa del UAE Tour in cima a Jebel Jais (davanti, guarda un po’, a Pogacar), poi due frazioni e classifica generale alla Coppi e Bartali ed infine seconda piazza al Giro dei Paesi Baschi dietro al suo compagno Roglic. Dopo il Delfinato (secondo all’ultima tappa), si è schierato al via del Tour come gregario di Roglic e ne ha preso il posto dopo la caduta, essendo già arrivato al quinto posto dopo a Le Grand Bornard. Tenendo conto che nel 2022 il Tour partirà dalla Danimarca (con tre tappe), chissà se Vingegaard vorrà confermarsi (e migliorarsi) o se correrà come luogotenente. Però il Giro per lui potrebbe essere un bel banco di prova per un ulteriore salto di qualità.

Il vincitore del Giro 2020 ha corso un Lombardia anonimo, chiudendo così la stagione
Il vincitore del Giro 2020 ha corso un Lombardia anonimo, chiudendo così la stagione

Delusione Tao

Per le note negative partiamo dal trionfatore del Giro dell’anno passato, Tao Geoghagan Hart. Classe 1995, quest’anno il corridore della Ineos Grenadiers ha steccato, come se avesse pagato più del dovuto la fatica e la vittoria della corsa rosa, posticipata causa Covid proprio a dodici mesi fa. Difficile capire cosa abbia condizionato la stagione del londinese. I secondi posti di tappa rispettivamente al Tour des Alpes Maritimes (a febbraio) e al Delfinato (a giugno) sono gli unici suoi squilli. Troppo poco per un ragazzo che ha i numeri per fare di più. Molto di più.

Dalla vittoria di San Giacomo al Giro, per Mader è iniziata una grandissima stagione: il talento non tradisce
Dalla vittoria di San Giacomo al Giro, per Mader è iniziata una grandissima stagione

Rivelazione Mader

La seconda sorpresa è rappresentata dallo svizzero Gino Mader. Il 24enne della Bahrain-Victorius doveva solo rispettare le aspettative che c’erano su di lui fin da under 23 (nel 2018 terzo posto all’Avenir con due tappe e quarta piazza al mondiale). E in questo 2021 ci è riuscito ampiamente.

A metà marzo suo malgrado sale agli onori della cronaca per essere stato cannibalizzato da Roglic a 30 metri dall’arrivo nella penultima tappa della Parigi-Nizza (conclusa in decima posizione). Il 13 maggio però, a distanza di due mesi, si prende una rivincita personale trionfando nella sesta tappa del Giro d’Italia in vetta a San Giacomo (la montagna che sovrasta Ascoli Piceno) al termine di una lunghissima fuga. Gino si prende la maglia azzurra di miglior scalatore e diventa così il secondo corridore della storia con questo nome di battesimo – dopo Bartali – a vincere una frazione alla corsa rosa. Lascia il Giro per la caduta di Montalcino, ma trenta giorni dopo il successo ascolano domina ad Andermatt, nell’ultima tappa del Tour de Suisse.

Mader mette i titoli di coda alla propria stagione destando impressione alla Vuelta, chiusa al quinto posto nella generale. Piazzamento che vale doppio considerando che ha corso la gara spagnola in appoggio a Jack Haig. Il talentuoso elvetico ora sa che può ritagliarsi un ruolo di guastafeste nei grandi Giri. Lo aspettiamo.

Landa, un ottimo inizio di Giro (qui nel giorno di Sestola), poi dalla caduta il suo 2021 è stato un lungo inseguire
Landa, un ottimo inizio di Giro (qui nel giorno di Sestola), poi dalla caduta il suo 2021 è stato un lungo inseguire

Landa al buio

Restando in casa Bahrain Victorious, ci concentriamo su Mikel Landa, che ha vissuto l’ennesima annata di pochi alti e tanti bassi, con una bella dose di sfortuna. Il suo obiettivo primario era il Giro d’Italia, con premesse nulla affatto malvagie. Sesto posto a Laigueglia, terzo a Larciano, terzo nella generale della Tirreno-Adriatico e ottavo al Paesi Baschi, dietro gente di peso che preparava il Tour. Ma alla quinta tappa del Giro, a 5 chilometri dal traguardo di Cattolica, cade rovinosamente ed è obbligato ad abbandonare la corsa. Prepara la seconda parte di stagione, Vuelta in primis, vincendo la generale di Burgos davanti ad Aru. 

La prima settimana della grande corsa spagnola sembra benaugurante, ma la condizione è un fuoco fatuo. Ogni giorno perde posizioni e minuti fino a ritirarsi alla 17ª frazione. Anonima la partecipazione al Giro di Croazia a cavallo di europeo e Lombardia, entrambi non conclusi. Al netto degli imprevisti, nel 2022 dovrà rispondere “presente” all’appello dei grandi Giri. Non può farsi trovare impreparato. 

La vittoria di Taco Van der Hoorn a Canale, tappa del Giro, ha aperto il grande 2021 della Intermarchè
intermarche
La vittoria di Taco Van der Hoorn a Canale, tappa del Giro, ha aperto il grande 2021 della Intermarchè

Intermarché dilagante

La terza ed ultima palma di rivelazione stagionale l’assegniamo ad una formazione intera: la Intermarchè-Wanty-Gobert. Il team belga ha una importante colonia italiana (Riccardo Minali, Lorenzo Rota, Andrea Pasqualon, Simone Petilli) e ha esordito quest’anno nel WorldTour.

Ha mantenuto fede allo spirito battagliero che l’aveva contraddistinta nelle annate precedenti, specialmente nelle gare del Nord. Nove successi totali, fra cui brillano le perle di Taco Van der Hoorn (terza tappa al Giro d’Italia e al Benelux Tour) e di Rein Taaramae (terza frazione alla Vuelta). Proprio nella corsa spagnola l’esperto estone ed il suo compagno norvegese Odd Christian Eiking (che passerà alla EF Education Nippo) hanno vestito la maglia rossa di leader in due momenti diversi rispettivamente per due e sette giorni.

Merita una doverosa menzione anche il 21enne Biniam Ghirmay Hailu, che ad agosto è arrivato dalla Delko per arricchire il roster a disposizione di Valerio Piva. Il fenomeno eritreo a settembre ha mostrato il suo valore prima con i colori sociali vincendo la Classic Grand Besancon Doubs e poi con quelli della sua nazionale conquistando la medaglia d’argento ai mondiali U23 alle spalle dell’azzurro Baroncini.

Nel 2022 la squadra belga cercherà di ripetersi e crediamo che alcune gioie potrebbero arrivare dall’ormai veterano Andrea Pasqualon (33 anni, da cinque alla Intermarchè) e dal ventiseienne Lorenzo Rota, quest’anno entrambi autori di ottime prestazioni e tante top ten. Il cerchio rosso su alcune gare ce lo hanno già fatto.

Giro 2021 sfortunato, caduta nella tappa di Sega di Ala al Giro e poi la stagione di Ciccone non è più decollata
Giro 2021 sfortunato, caduta nella tappa di Sega di Ala al Giro e poi la stagione di Ciccone non è più decollata

Ciccone, sfortuna nera

Lo stesso discorso fatto in precedenza per Landa si può fare per Giulio Ciccone. Anche lui non ha mantenuto le attese per un motivo o l’altro, ma con la sfortuna sempre fra i piedi. Dopo un 2019 magico (vittoria a Ponte di Legno al Giro, maglia azzurra di miglior scalatore e poi due giorni in maglia gialla al Tour) e il 2020 limitato dal coronavirus, dallo scalatore della Trek-Segafredo ci si aspettava uno step successivo. Così non è stato.

Va detto per la verità che quest’anno l’abruzzese per metà ha dovuto inseguire la condizione migliore e per l’altra metà combattere con la sfortuna: un loop dal quale è difficile uscire. Lui ci ha provato. Al Giro d’Italia non era al top ma quando sembrava aver trovato la forma giusta (In generale era distante 50” dal podio), è arrivata la caduta giù dal Passo San Valentino alla 17a tappa (con arrivo a Sega di Ala) che ha compromesso tutto. Il campionato italiano di Imola ne è stato la riprova. Quando si si sono mossi Colbrelli e Masnada per rientrare sulla fuga, Giulio era dietro di pochi secondi, ma non è riuscito a saltarci dentro.

A Tokyo non ha lasciato il segno. In vista della Vuelta, alla quale è partito con i gradi di capitano, ha provato nuovamente ad uscire da quel circolo vizioso. La top ten nella generale sarebbe stata alla sua portata ma ad inizio della 16ª tappa (dopo che aveva fatto 5° il giorno prima) ha saggiato ancora la durezza dell’asfalto ed è stato costretto a ritirarsi. Escluse fratture, la ripresa ha richiesto e ancora richiede applicazioni e terapie, per cui l’abruzzese ha dovuto chiudere la stagione in anticipo. La speranza ovviamente è quello di ritrovarlo presto con la solita grinta e più forte del 2019.

Con De Groot nell’Academy dei talenti Jumbo-Visma

31.07.2021
6 min
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Ogni tanto ne salta fuori uno che va forte. Vingegaard al Tour, ad esempio, come Tobias Foss al Giro. Di come lavori la Jumbo Visma avevamo cominciato a parlare con Edoardo Affini, ma quando si è sparsa la notizia che il primo contatto con Vingegaard sia avvenuto grazie a un paio di Kom su Strava, la nostra curiosità ha imposto un passo in più. Per questo ci siamo rivolti a Robbert De Groot, direttore della Academy dello squadrone di Roglic e Van Aert (nella foto di apertura con Tim van Dijke). Un’ora al telefono dalla quale siamo usciti con le idee chiarissime e gli appunti per quando un giorno, da grandi, metteremo su una squadra WorldTour. Il viaggio non sarà brevissimo, vi chiediamo 6 minuti del vostro tempo, ma ne vale la pena.

Vingegaard, racconta De Groot, si è fatto per due anni le ossa, era prevedibile che sarebbe arrivato in alto
Vingegaard, racconta De Groot, si è fatto per due anni le ossa, era prevedibile che sarebbe arrivato in alto

Robbert De Groot è nato nel 1971 ad Alkmaar, quest’anno compirà 50 anni. Ha la fronte alta e un sorriso simpatico che invita al confronto. 

Da dove cominciamo?

E’ una storia lunga. Quando adocchiamo un corridore, il nostro obiettivo è conoscerne il carattere, la visione della vita e non i risultati. La personalità e la maturazione sono due voci molto importanti, perché con il carattere ci nasci, ma il comportamento devi saperlo plasmare crescendo. Perciò conosciamo le famiglie e se hanno fatto altri sport. E’ complicato, ma permette di trovare corridori moderni.

Cosa significa moderni?

Vi siete accorti che tra gli uomini di classifica ormai ci sono anche corridori esplosivi? La crono è importante, anche la salita, ma lo scalatore che stacca tutti in montagna, poi fatica a salvarsi nei ventagli. Il corridore moderno deve avere carattere e caratteristiche per fare sempre la differenza. Cambia il metodo di reclutamento.

In che modo?

Arrivano decine di messaggi di procuratori che scrivono nome e cognome e poi il rapporto watt/chilo dei loro atleti. Se però gli chiedo altri valori sulla potenza, sul consumo di ossigeno o sul carattere e la personalità, non sanno cosa dire. Come gestiscono con lo stress? Tutti possono fare il Tour, non tutti possono andare forte o vincerlo. Noi cerchiamo corridori capaci di fare la differenza.

Tobias Foss, 24 anni come Vingegaard, terzo nella crono di Torino e alla fine nono al Giro d’Italia
Tobias Foss, 24 anni come Vingegaard, terzo nella crono di Torino e alla fine nono al Giro d’Italia
Come funziona lo scouting?

In diversi Paesi, dalla Germania al Nord Europa, abbiamo manager di squadre e tecnici che conosciamo che ci segnalano i vari nomi. Non sono persone che paghiamo, ma formano un circuito aperto cui possiamo attingere. Sulla base della segnalazione, cerchiamo di trovare il più ampio numero di informazioni. E se l’atleta è interessante, contattiamo la famiglia, i suoi precedenti allenatori, i compagni di squadra e in certi casi anche i professori a scuola. Il passo successivo è testarli, per cui li convochiamo a dei training camp in modo da vederli per più giorni. Vogliamo capire come si integrano. Foss e Vingegaard hanno seguito proprio questa trafila.

La firma del contratto quindi non è immediata…

Proprio no. La settimana prossima avremo un test con un gruppo di juniores per valutarli. La storia di Vingegaard e di Strava è vera solo a metà. Era già nel mirino, ma quei numeri arricchirono il suo fascicolo. Basarsi sui risultati oppure i numeri non basta. Puoi aver vinto dieci corse, ma di che livello e con quali avversari?

Tutti i giovani che adocchiate passano prima del vostro Development Team?

E’ possibile che qualcuno vada diretto nel WorldTour, anche se a mio avviso è un errore farlo adesso. Non tutti sono Pogacar o Evenepoel. Un ragazzo di 20 anni, l’80 per cento dei ragazzi di quell’età ha bisogno di maturare e crescere. Il Devo Team è l’ambiente giusto, perché ci permette di provarli in corse vere, come Vingegaard alla Coppi e Bartali.

Era un test?

Tutte le corse di quel livello lo sono. Jonas ha corso per cinque tappe totalmente supportato dal team e ha fatto un altro passo verso il WorldTour. E’ molto importante che abbiano chance a diversi livelli. Secondo noi due anni nel Devo Team sono la giusta misura. Olav Kooij, un olandese destinato a fare grandi cose, ha fatto due anni molto buoni nella continental e ora è nel WorldTour. E poi, a proposito di supergiovani…

Cosa?

A parte Pogacar e Bernal, tutti gli altri con meno di 25 anni sono ben lontani dalle prime posizioni del ranking Uci. Questo per dire che le eccezioni posso esserci, ma il ciclismo è uno sport duro e due anni di apprendistato a un livello più basso sono la base per imparare. Sono curioso di vedere come andrà Ayuso (lo spagnolo di 18 anni che dopo le meraviglia da U23 con la Colpack, è ora al Team Uae Emirates, ndr). Magari andrà fortissimo e glielo auguro, ma noi restiamo convinti della bontà del nostro progetto.

Pensi che la precocità accorci le carriere?

La lunghezza della carriera dipende dall’attenzione nella comunicazione. Essere corridore oggi non è solo sforzo fisico, ma saper gestire pressioni di altro tipo. Se un corridore al top non ha attenzione per questi aspetti, si brucia in fretta e poi sparisce. Se non hanno un ambiente in cui imparare, vanno incontro alla vita con la pelle ancora morbida. Quando li porti alle grandi corse la domanda è: sono riusciti a trarne un’esperienza o sono semplicemente arrivati al traguardo?

Era possibile pensare che Vingegaard avesse già questo livello?

Sapevamo che stava crescendo bene e sapevamo che stava imparando. Poteva arrivare al top a fine anno oppure il prossimo. Avevamo visto e speravamo, ma dire quando sarebbe stato impossibile. Ovvio che siamo molto contenti, gli abbiamo dedicato tre anni di lavoro, ma il segreto è non avere fretta

I ragazzi hanno già la strada tracciata?

Noi gli diamo le linee guida e le opportunità, sta a loro sfruttarle. Non li pilotiamo, sono i soli guidatori della loro macchina, quello che noi chiamiamo essere responsabili della propria crescita.

Ti è mai capitato di trovare grandi talenti impossibili da inquadrare nel vostro sistema?

Ci sono talenti che sussurrano e talenti che urlano. Ci sono tanti corridori che vorrebbero correre con noi, ho il computer pieno di mail. Ce ne sono alcuni con grandi numeri, ma se gli fai qualche domanda, capisci che nonostante quei valori, non verranno mai fuori. Nulla vieta che vadano in altre squadre e si trovino bene, sia chiaro. Ma noi abbiamo la nostra linea e il nostro approccio.

Qualcosa che in Olanda avevamo già visto…

Esatto, con la Rabobank. Quello è il nostro riferimento, perché alcuni corridori nati da quell’esperienza sono ancora in gruppo. Vogliamo costruire un modello che funzioni allo stesso modo, per questo stiamo facendo programmi fino al 2026, sapendo che alcuni diciottenni di oggi hanno già buone prospettive. Questo è quello in cui crediamo. E se avete altre domande, non esitate a chiamare.

Dai Campi Elisi a Copenhagen: Tour 2022 a casa di Vingegaard

24.07.2021
3 min
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Si sa, il Tour de France non finisce mai, Tadej Pogacar stava ancora festeggiando ed ASO era già nel mezzo dell’organizzazione della prossima edizione della Grande Boucle. Per il 2022 la corsa a tappe più importante del mondo parlerà danese, infatti, prenderà il via il 1° luglio da Copenhagen. Saranno tre le tappe da svolgere nella terra della sirenetta, una cronometro di 13 chilometri e due frazioni in linea, rispettivamente di 199 e 182 chilometri.

I mondiali del 2011 partirono dal centro di Copenhagen: possibile l’identico scenario
I mondiali del 2011 partirono dal centro di Copenhagen: possibile l’identico scenario

Un’altra bandiera

La Danimarca è il decimo paese ad ospitare la partenza del Tour de France, in passato era toccato a: Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Lussemburgo, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Irlanda e Principato di Monaco.

E’ stata Brest, in Bretagna, a passare il testimone al nuovo paese designato per la Grande Départ del 2022. Un passaggio non solo simbolico, infatti sul podio di Parigi il direttore di gara Christian Prudhomme ha consegnato il trofeo Grande Départ al presidente del comitato danese Lars Weiss.

Il ciclismo a Copenhagen è seguitissimo e la bici è il principale mezzo di trasporto
Il ciclismo a Copenhagen è seguitissimo e la bici è il principale mezzo di trasporto

Queste le sue parole: «Sapere che l’inizio della prossima corsa ciclistica più importante del mondo sarà in Danimarca mi riempie di emozione. D’ora in poi, gli occhi di milioni di fan del Tour saranno puntati su di noi in attesa della partenza. Non vedo l’ora di presentare al mondo intero il nostro paese nel 2022».

Scelta non casuale

Copenhagen è stata dichiarata miglior città a misura di bici nel mondo, un vanto per una nazione da sempre legata ai pedali. Quello danese è un popolo tra i più appassionati di ciclismo, non a caso la scuola danese sta sfornando atleti di grande livello.

Al via del mondiale, vinto da Cavendish, con l’arrivo a Rudderford
Al via del mondiale, vinto da Cavendish, con l’arrivo a Rudderford

Sarà di certo un’emozione particolare per il giovane talento della Jumbo-Visma Jonas Vingegaard che vedrà passare vicino a casa sua la carovana del Tour. Il talentuoso compagno di Roglic sfiorerà lo zerbino di casa, perché nella terza tappa, da Vejle a Sønderborg, il gruppo passerà accanto alla sua città natale: Hillerslev.

Chissà se Jonas abbia già segnato sul calendario il 1° luglio con un bel cerchio rosso. Noi appassionati di ciclismo abbiamo già iniziato il conto alla rovescia, mancano 342 giorni alla partenza di Copenhagen.

Ultima crono, Pogacar sicuro, gli altri no. Parla Malori

16.07.2021
5 min
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Domani si giocheranno il Tour a crono, anche se in realtà da giocarsi ci saranno la tappa e il resto del podio fra Vingegaard e Carapaz, poiché Pogacar là davanti ha poco da temere. Se infatti fra lo sloveno e il danese ci sono 5’45” incolmabili, fra il danese e l’ecuadoriano della Ineos ballano appena 6 secondi e a ben guardare il vero motivo di interesse sarà in questa sfida.

Quando si parla di crono, non c’è nome che tenga: un passaggio con Adriano Malori è il modo migliore per vederci più chiaro. Oltre ad essere stato uno dei migliori specialisti mondiali fino al dannato incidente del 2016, l’emiliano è attentissimo a ciò che si muove sotto il cielo del professionismo.

«E secondo me – dice – domani per la crono sarà un affare tra Pogacar e Van Aert. Ci sarebbe Kung, ma l’ho visto staccarsi in pianura il giorno che ha vinto Politt. Magari mi smentisce, ma non mi ha dato grandi sensazioni. In una crono di fine Tour non conta essere specialisti, ma aver recuperato bene. Pogacar in questo senso mi sembra il più fresco di tutti, mentre Van Aert lo vedo che si stacca sempre prima dei finali. Fa così dalla vittoria sul Ventoux, viene da pensare che non pensi ad altro che alla crono».

Nella prima crono del Tour, Vingegaard è stato 3° a 27″ da Pogacar
Nella prima crono del Tour, Vingegaard è stato 3° a 27″ da Pogacar
Se è un fatto di recupero, Pogacar ha già vinto…

La cosa incredibile è che sembra che giochi. Due giorni fa in salita ha allungato con due pedalate, ha una facilità che gli altri non hanno. Vingegaard non può insidiarlo per la tappa, almeno una ventina di secondi glieli concede. Gli unici che potevano metterlo in difficoltà sarebbero stati Roglic e Thomas. Ma Thomas non va. Tanti in passato sono caduti, poi però essendo in condizione, sono tornati su. Lui non si è mai ripreso, non credo stia così bene.

E’ una crono veloce di 30,8 chilometri.

La crono perfetta per Malori e Ganna (sorride, ndr). Sono curioso di vedere come se la caveranno i non specialisti.

Fra Carapaz e Vingegaard?

Bisognerebbe dire Carapaz che in teoria nella terza settimana ha più esperienza e recupera meglio, ma a vederli in salita in questi giorni, non ne sarei tanto sicuro.

Nella prima crono di 27,2 chilometri, Carapaz è finito a 1’44” da Pogacar
Nella prima crono di 27,2 chilometri, Carapaz è finito a 1’44” da Pogacar
Sei secondi li guadagni o li perdi anche grazie alla bici…

Ormai le bici sono come le auto. C’è sempre chi scopre qualcosa in più, ma è questione di tempo e arrivano anche gli altri. E’ come chiedere se sia meglio Audi o Mercedes. I livelli sono quelli, non so se Pinarello abbia fatto per Carapaz la stessa personalizzazione che ha fatto per Ganna. Parlando di pochi secondi, quella potrebbe essere una differenza interessante.

Ruote, rapporti… tutto come sempre?

Sì, non cambia niente. L’unica variabile di cui tenere conto anche nella scelta dei componenti è il vento. Che è determinante su due fronti. Quello della bici e quello della disidratazione. Se è frontale, rallenta gli atleti più grandi, per cui Vingegaard, che è più piccolo di Pogacar ma più o meno spinge gli stessi watt, potrebbe essere avvantaggiato. Mentre diventa causa di disidratazione, per cui è tassativo correre con la borraccia.

A Laval, Van Aert è arrivato 4° a 30″ da Pogacar
A Laval, Van Aert è arrivato 4° a 30″ da Pogacar
Come ci si scalda?

Altro fronte caldo, va fatto bene. La mattina, provando il percorso scioglierei le gambe dietro macchina. Poi al momento giusto farei 30 minuti di rulli con qualche progressione, senza esagerare. Il fisico è così stanco e i muscoli avranno memoria della tappa di oggi, che si scalderanno con un niente.

A causa di cosa Pogacar potrebbe perdere il Tour?

Di nulla, impossibile. Neanche una giornata stortissima ti fa perdere 5’45” in una cronometro. L’unico corridore che poteva contendere il Tour a Pogacar era Roglic, ma non alla fine. A questo punto sarebbe stato impossibile anche rivedere il film del 2020 a parti invertite. Roglic aveva meno vantaggio e non aveva dimostrato la stessa superiorità.

La caduta non ci voleva…

In un Tour in cui si va a 70 all’ora a 10 centimetri uno dall’altro, i freni a disco sono una condanna. I tempi di reazione sono diversi, basta che quello davanti sfiori il freno e gli finisci sopra. Non c’è margine di errore. In più è caduto nel giorno sbagliato, perché ritrovarsi a fare la crono con il body e la posizione aerodinamica deve essere stato tremendo. Per questo è un rischio puntare tutto su una sola corsa come ha fatto Roglic.

Kung nella prima crono è stato 2° a 19″ da Pogacar
Kung nella prima crono è stato 2° a 19″ da Pogacar
Il rischio di caduta va messo in conto?

Per forza, io non avrei mai fatto la scelta di Roglic. Passi settimane e settimane a pensare allo stesso obiettivo, che a un certo punto diventa quasi un’ossessione. E se cadi e vedi sfuggire tutto quello per cui hai lavorato, la testa se ne va. Ha fatto bene a ritirarsi e riprogrammarsi per le Olimpiadi e semmai la Vuelta. Gli sloveni sono freddi. Chiunque avesse preso la mazzata che ha preso lui l’anno scorso, avrebbe bevuto venti litri di birra e sarebbe sparito. Lui invece si è rimesso sotto, si è presentato bene ai mondiali, ha vinto la Liegi e poi la Vuelta. Pogacar ha fatto meglio.

Cioè?

Ha fatto come Roglic l’anno scorso, vincendo e preparandosi, arrivando al Tour con un bel bottino. Per me ha sbagliato solo ad andare al Giro di Slovenia, un rischio di troppo, ma a 22 anni la bici gli scappa di sotto. E poi lo vedete cosa fa? Arriva in cima a una montagna, con il vento e la pioggia, e si mette sui rulli senza neanche cambiarsi la maglia. Puoi farlo a 20 anni, dopo diventa più complicato…

Pogacar saluta la compagnia, Vingegaard cresce ancora

15.07.2021
5 min
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Se qualcuno ha seguito la seconda serie Netflix sulla Movistar, vedendo scattare Enric Mas alla fine della tappa di oggi, avrà sicuramente ricordato le sue lacrime dello scorso anno, deluso per non aver saputo seguire i migliori. I compagni lo rincuoravano, ma lui non se ne faceva una ragione. Invece oggi sembrava fosse la volta buona, con quello scatto non violento ma deciso e dietro la sensazione che nessuno sarebbe andato a chiudere. La sua vittoria avrebbe fatto clamorosamente scopa con le parole lette stamattina nell’articolo di Ainara Hernando con Alejandro Valverde. Invece quando lo spagnolo si è voltato, ha visto spuntare il casco giallo di Pogacar poi quelli di Vingegaard e Carapaz, anche se stasera sarà meno triste dello scorso anno, ha capito di dover lavorare ancora parecchio.

Colbrelli e Mohoric: la Bahrain Victorious ha subito una perquisizione, il team si dice tranquillo
Colbrelli e Mohoric: la Bahrain Victorious ha subito una perquisizione, il team si dice tranquillo

Facce stanche

Pogacar non va più come nei primi giorni e si vede, ma neppure si può dire che gli altri siano cresciuti al punto di metterlo in difficoltà. E come già al pazzo Giro dello scorso anno, le differenze vere si sono fatte nella seconda settimana. Del resto la fisiologia è sempre la stessa e se parti ogni giorno a tutta, è difficile tu possa venir fuori alla fine. Meglio allora monetizzare la condizione nella settimana centrale e stringere i denti in quel che resta.

Enric Mas prova l’attacco, ma il sogno dura un soffio
Enric Mas prova l’attacco, ma il sogno dura un soffio

«Stavo bene – conferma lo sloveno – il Tourmalet è stato duro e anche se ho tanto vantaggio, dovrò cercare di fare del mio meglio domani e nella cronometro. Mi riservo un 50 per cento di possibilità di vittoria, ma so anche che ho un grande margine e difficilmente perderò sei minuti nella crono. Insomma, spero non finisca come con Roglic lo scorso anno».

La vera sorpresa

Chi in realtà è cresciuto nella terza settimana e ha corso tutto il Tour con un handicap di 1’21” per aspettare Roglic dopo la caduta è Jonas Vingegaard, messo nella squadra del Tour a primavera, quando il team si arrese al fatto che Dumoulin non ci sarebbe stato. Ce lo dissero proprio loro dopo la Settimana Coppi e Bartali: qualcuno avrebbero dovuto portare e il danese era quello che meglio si prestava all’uso.

«Jonas ha dimostrato di essere un grande talento per il futuro – ha detto il diesse Grischa Niermann – e ha fatto grandi passi avanti nel suo sviluppo come uomo da grandi Giri. Non ci aspettavamo che fosse già in grado di farlo. Lo spirito combattivo che ha mostrato per superare Carapaz è stato bello da vedere. Con la crono di mezzo, tutto può ancora succedere, dato che nella precedente proprio lui è stato terzo. Ma oggi abbiamo fatto un grande passo nella giusta direzione. Con Jonas, e anche con un talento come Tobias Foss, le cose si mettono bene per il futuro».

Grande scuola

Lui sorride beato, come del resto sta facendo anche Pogacar dall’inizio del Tour. Ovviamente si tratta di espressioni diverse. Tanto è appagato e in controllo Tadej, per quanto si mostra ogni giorno più stupito e grato Vingegaard.

I Pirenei sono la solita cornice spettacolare, il gruppo soffre
I Pirenei sono la solita cornice spettacolare, il gruppo soffre

«Non è stato il mio giorno migliore – dice comprensibilmente stanco – ho sofferto tanto, come credo tutti. Ma era il secondo giorno duro di montagna alla fine del Tour e sono contento. Ero venuto per aiutare Roglic e imparare, ma devo dire che sto vivendo un grande processo di apprendimento. Se sopravvivo alla tappa di domani (ride, ndr) e la crono va come spero, tornerò a casa con il secondo posto».

In questo ciclismo di prodigi, la tentazione di dire quali e quanti campioni siano arrivati secondi al Tour a 24 anni ce la rimettiamo prontamente in tasca, davanti a uno come Pogacar che l’anno scorso e al primo assalto lo ha vinto. Ma considerando lo sloveno un grandissimo e una grandissima eccezione, vale la pena sussurrare a Vingegaard che non molti sono riusciti nel suo stesso record.

Cavendish arriva in tempo e professa la sua avversione per il Tourmalet
Cavendish arriva in tempo e professa la sua avversione per il Tourmalet

E ora tocca a Cavendish

Chiudiamo questo taccuino quotidiano dopo aver sentito il mal di gambe di Cavendish fluire attraverso le sue parole smozzicate più del solito.

«Potevo sentire nelle gambe – ha detto – la fatica della tappa prima del Tourmalet. Abbiamo avuto alcune salite brevi ma pungenti, su cui gli scatti mi hanno reso la vita abbastanza difficile. Poi c’è stato lo sprint intermedio, in cui ho speso un po’ di energia. Il Tourmalet è la salita che detesto di più al Tour, è semplicemente terribile. L’ho fatto dieci volte e ogni volta è stato lo stesso. Sono così grato ai ragazzi per essere stati al mio fianco in questa giornata così difficile. Alla fine mi sono emozionato un po’ perché i miei compagni mi hanno aiutato molto a questo Tour de France. Non posso dirvi quanto sono orgoglioso e felice di essere in questa squadra».

In quel grandioso film che è stato il suo ritorno al Tour de France, potrebbe starci a questo punto la sconfitta domani ad opera di un cagnaccio della terza settimana come Van Aert o Colbrelli. Poi però, nell’iconica volata dei Campi Elisi, siamo tutti pronti a vederlo piangere ancora.

La scalata del Col du Portet nella testa di quei tre

14.07.2021
5 min
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Vincere in maglia gialla al Tour de France, avere un distacco abissale sul secondo e al tempo stesso essere in fase “calante” con due virgolette grosse così. Pensate quanto è forte Tadej Pogacar.

Prima di addentrarci nella tappa di oggi con arrivo sul Col du Portet, chiariamo questo discorso della “fase calante”. Non vorremmo essere fraintesi!

Tadej non ha più quella netta superiorità mostrata nei primi dieci giorni del Tour, quando spingeva rapporti diversi rispetto a tutti e faceva differenze mostruose con apparente facilità. Tuttavia va fortissimo lo stesso. E come lui stesso ha fatto capire l’altro ieri in conferenza stampa, Ventoux a parte, quando arriva in soglia “stacca”. In pratica non vuol correre rischi. Attenzione, questo non vuol essere un processo allo sloveno, tutt’altro. Al contrario ci dice del piglio e del carattere del corridore della Uae. Gambe, testa e attributi.

Ma riviviamo la scalata mettendoci nei panni dei tre protagonisti nella scalata finale. Immaginando cosa sia passato nella loro testa.

Lo sloveno vince sul Portet e mostra il logo della sua Uae in segno di gratitudine
Pogacar vince sul Portet e mostra il logo della sua Uae in segno di gratitudine

Pogacar, vittoria tanto cercata

Io Tadej Pogacar oggi voglio vincere. Ho la maglia gialla da 10 giorni ma ancora non ho alzato le braccia al cielo. Ho vinto la crono ma non è la stessa cosa: voglio vincere sul campo. La mia squadra ha sempre lavorato ed anche oggi è stato così. Appena si sposta Majka parto. Non m’importa quanto manca.

Bene, il primo scatto è andato. Siamo in tre, Carapaz e questo Vingegaard che non molla un metro. Riparto, ma sono ancora tutti qua. Adesso gli chiedo il cambio. Alla fine il mio tirare va bene soprattutto a loro due che stanno guadagnando su Uran. Però mi ridanno subito la testa della corsa.

Cinque chilometri. Adesso riprovo. Nulla da fare. Questo Vingegaard c’è sempre. Sin qui è stato l’unico a staccarmi in salita quel giorno sul Ventoux. E questa cosa non mi piace. E poi quando passa a tirare si risparmia. 

Scatta Carapaz. Allora bluffava, aveva ragione Jonas. Però Vingegaard è rimasto dietro. Allora faceva fatica anche lui. Bene. All’improvviso torno ad essere sicuro. Carapaz sta calando e lui sta rientrando. Adesso li sistemo…

Per Vingegaard sul Portet una sola piccola defaillance nel finale
Per Vingegaard sul Portet una sola piccola defaillance nel finale

Vingegaard, effetto sorpresa

Sono Jonas Vingegaard e mi sto giocando il podio del Tour. E dire che se Dumoulin non avesse alzato bandiera bianca non sarei qui. Oggi è chiaro che Tadej vuol fare la tappa. La Uae sta tirando, però è rimasto solo Majka. E Castrovejo cosa vuole? Vedrai che Carapaz sta bene e poi si va sopra i 2.000 metri. Dovrò tenere d’occhio anche lui. Ma sto bene.

Otto chilometri e mezzo all’arrivo e “questo” già scatta? Okay ci sono. Sto bene. Molto bene. Seguo Pogacar e nel finale se ho le gambe faccio come sul Ventoux. Il ritmo di Tadej è ottimo. Sto guadagnando su Uran. Però continuo a voltarmi e Carapaz fa tante smorfie, troppe. Lo sussurro anche a Pogacar. Mentre ci diamo un cambio gli dico che per me bluffa. Non mi convince il sudamericano.

Guardo dietro, ma anche Tadej guarda dietro verso di me. Quando scatta chiudo bene. Mi teme. Ma devo restare tranquillo. E poi Carapaz là dietro non ci ha dato un cambio. E infatti eccolo… Che botta. Non riesco a seguirlo. Le “spie sono tutte accese”. Meglio sedersi e andare di passo. 

Sono lì. Non scappano. Sono sempre 20 metri. Dai Jonas, dai… Rientro. Forse Richard mi ha fatto perdere la tappa, ma lui l’ho ripreso. E infatti ecco che parte Pogacar. Tadej è il più forte, ha tirato più di tutti. Ma Carapaz lo devo passare. Colpo di reni. Sono secondo!

Poco più di un chilometro al termine, ecco il temuto attacco di Carapaz
Poco più di un chilometro al termine, ecco il temuto attacco di Carapaz

Carapaz: una cartuccia ad alta quota

Sono Richard Carapaz e oggi non sarà come le altre tappe. Troppe volte in questo Tour ho attaccato e poi mi hanno ripreso. Stavolta non dò un cambio. Pogacar vuole vincere, si è capito da come ha tirato la Uae. 

Però ora Majka è calato. Castrovejo è con me. Adesso lo faccio tirare un po’ e vediamo cosa succede. Cavolo, 8,5 chilometri all’arrivo e Pogacar è già partito! Siamo in tre e Uran si è staccato. Il mio podio passa da lui. Devo staccarlo il più possibile. A crono è più forte di me.

Cosa? Questi due ragazzini vogliono il cambio? Non se ne parla. Sono a tutta e non vedo l’ora di prendere quota e arrivare “a casa”, sopra i 2.000 metri di questo Col du Portet. Continuano a girarsi. Mi guardano. Penseranno che stia bluffando, ma io sono a tutta. Guarda loro invece come vanno agili. Mi chiedono ancora il cambio. Piuttosto andassero regolari che così stacchiamo Uran.

Adesso sto meglio. Siamo tra le nuvole, manca poco più di un chilometro. Ho resistito anche dopo l’ultimo affondo di Pogacar. Vingegaard sta bene, ma non deve essere super. Non ha fatto neanche uno scatto ed è stato tutta la salita a guardarmi. Adesso ci provo. Scatto io.

Questi ultimi 900 metri non finiscono più. Sono totalmente fuorigiri. Vingegaard è rientrato. Però è finita. Per ora il podio è mio. Uran è dietro.

A fine tappa Vingegaard va da Pogacar e probabilmente gli dice: «Visto che Carapaz bluffava?»
A fine tappa Vingegaard va da Pogacar e probabilmente gli dice: «Visto che Carapaz bluffava?»

Una sfida ancora da vivere

Il resto è storia: a 100 metri dall’arrivo Pogacar accelera e in volata va a prendersi la tappa numero 17 di questo Tour. Adesso siamo certi che lo sloveno sarà più libero ti testa, più tranquillo. Voleva vincere e ce l’ha fatta. Una tranquillità che deriva anche dal fatto che Vingegaard si sia staccato un po’. Visto il suo nervosismo lungo la scalata del Portet, siamo certi che nella testa dello sloveno c’era il “tarlo del Ventoux”. Quei pochi metri di distacco di Vingegaard hanno rimesso le cose al loro posto. A volte gli equilibri su cui si regge un corridore, sono molto sottili. Anche per un campione della tranquillità come Pogacar stesso. Per questo chapeau a Tadej. Vincere quando si è nettamente più forti è facile, vincere lottando è cosa ben più difficile. E il fatto che dopo l’arrivo per la prima volta lo abbiamo visto stremato a terra vuol dire molto.

Pogacar, Vingegaard e Caparaz sono i primi tre della generale, coloro che hanno mostrato di essere i più forti. E domani potremmo vederne ancora delle belle. Specie tra l’ecuadoriano e il danese, che si stanno giocando i gradini del podio.

Wiggo e Schleck danno una spintarella a Uran e Carapaz

09.07.2021
4 min
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Due ex non di poco conto si aggirano per le strade del Tour. Uno l’ha vinto, Bradley Wiggins. L’altro ne aveva quasi fatto un’ossessione, Andy Schleck. Entrambi si sono chiesti (e gli è stato chiesto) se alle spalle della maglia gialla Pogacar, stia covando una minaccia sudamericana. Quella di Uran e di Carapaz. Quando il verdetto sembra già scritto, di solito si fa così. Si cercano appigli cui aggrapparsi per continuare un racconto che da grande film si va sempre più trasformando in una serie tivù. Con tanti episodi e pochi veri colpi di scena.

Uran ha messo fuori il naso per la prima volta sul Ventoux: è 2° in classifica
Uran ha messo fuori il naso per la prima volta sul Ventoux: è 2° in classifica

Crederci di più

Secondo Wiggins e Schleck, gli unici che potrebbero dare una spallata al Tour sono Uran e Carapaz, ma bisogna che entrambi cambino atteggiamento e smettano di pensare che il podio vale quanto una vittoria: quel ragionamento vale soltanto alle Olimpiadi. Fatte salve rare eccezioni, il secondo del Tour è semplicemente il primo dei battuti.

«Rigo è un buon amico – ha detto Wiggins, che con Uran ha condiviso parecchie avventure negli anni al Team Sky – ed è anche un corridore molto coerente. Si comporta sempre bene nelle grandi corse come il Tour de France e il Giro d’Italia. Indubbiamente sa gestire i suoi sforzi ogni giorno, ma mi piacerebbe vederlo attaccare di più e spingere più forte. Non è che non creda in se stesso, ma penso che dovrebbe crederci di più. E’ uno dei migliori ciclisti al mondo oggi».

Andy Schleck crede che Uran attaccherà in modo più incisivo e che Carapaz dovrebbe cambiare tattica
Andy Schleck crede che Uran attaccherà in modo più incisivo e che Carapaz dovrebbe cambiare tattica

Attesa o astuzia?

E qui il ragionamento, soprattutto fra i giornalisti colombiani, si fa pepato. Uran ha salvato le forze, facendo una gran cronometro, pensando di attaccare nella terza settimana, oppure semplicemente sta facendo il furbo, cercando la scalata al podio mentre tutto intorno i rivali si perdono per strada? Attualmente la classifica lo vede secondo a 5’18” da Pogacar. Secondi posti in carriera non gli mancano: può vantare quello del Tour 2017 dietro Froome e quelli del Giro 2013-2014, dietro Nibali e Quintana.

Il forcing di Carapz sul Ventoux non ha prodotto effetti e ne ha tratto vantaggio Vingegaard
Il forcing di Carapz sul Ventoux non ha prodotto effetti e ne ha tratto vantaggio Vingegaard

Carapaz poco incisivo

Per questo l’intervento di Andy Schleck, sollecitato da Cyclingnews porta un elemento di valutazione in più.

«Non so se Uran andrà all’attacco o meno – ha detto – ma la sua cronometro è stata molto efficace e sta conservando le riserve per quando ne avrà bisogno nei Pirenei. Ha molta esperienza quando si tratta di gare come questa e non lo vedo certo rallentare più avanti nella gara. Sulla carta forse Carapaz è un corridore migliore del colombiano, ma è già andato all’attacco tre volte e non ha portato a casa risultati. Se fossi in lui, non cercherei di guadagnare qualche secondo qua e là, perché è chiaro che non sta facendo grandi differenze. Mentre Uran non ha ancora fatto un solo attacco e credo ci proverà più avanti».

Quintana in maglia a pois: va bene col brutto tempo e soffre con il caldo: sudamericano atipico o c’è altro?
Quintana in maglia a pois: va bene col brutto tempo e soffre con il caldo: sudamericano atipico o c’è altro?

Come sta Nairo?

E visto che ricordando il Giro d’Italia del 2014 s’è fatto il nome di Quintana, non vi sembra singolare che Nairo vada forte nelle giornate di cattivo tempo e si perda in quelle di sole? Va avanti così da qualche tempo, dalla famosa nevicata sul Gavia a quella sul Terminillo alla Tirreno. Mentre nei giorni scorsi ha perso terreno con il grande caldo e si è ben difeso nelle giornate di cattivo tempo. Verrebbe da pensare che al pari di tanti altri corridori del gruppo, il colombiano possa soffrire di allergia. E se così fosse, avrebbe probabilmente una brutta gatta da pelare, dato che la sua squadra (la francese Arkea-Samsic) aderisce all’Mpcc e lo statuto dell’associazione impedisce ai suoi atleti di usare i farmaci necessari contro le allergie. Il Tour va avanti, insomma, con lo sguardo fisso ai sudamericani. E poi ricordiamoci che fra Uran e Carapaz c’è ancora Vingegaard. Nel suo caso, puntare e raggiungere il podio, visto che si tratta di un atleta al debutto, non sarebbe una sconfitta, ma una ghiotta anticipazione di futuro.

Van Aert, il Ventoux, l’appendicite e un pensiero per Vdp

07.07.2021
5 min
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Solo ieri aveva sgomitato con Cavendish sul traguardo di Valence ed era chiaro che non gli potesse bastare. Dove lo trovi uno che fa le volate con i velocisti e appena l’indomani va in fuga sul Ventoux? Nei giorni precedenti, Van Aert si era complimentato a bocca stretta con Van der Poel. L’olandese aveva vinto una tappa e indossato a lungo la maglia gialla e neanche questo poteva andare giù al campione belga. Poi Mathieu è andato via e della loro presenza assieme in questo Tour rischiava di rimanere soltanto la fuga verso Le Creusot, quando gli obiettivi li avevano ritratti all’attacco con il gusto della sfida nel sorriso. Ma era chiaro che anche questo non potesse bastargli. E così oggi il campione del Belgio, deputato per fare il gregario di Roglic e frenato nella preparazione da un’operazione di appendicite, si è inventato un altro giorno da gigante decidendo di sfidare il Mont Ventoux. Il gigante del Belgio contro il gigante della Provenza. E ha tirato fuori dal cilindro una giornata che non dimenticherà tanto facilmente. Che ha definito la più bella da quando corre in bici. Mettendola davanti ai mondiali di cross, le classiche e tutti gli altri successi di una carriera portentosa.

Non ha tralasciato nulla, comprese le ruote Metron Vision senza scritte. Il ritardo dovuto all’appendicite è alle spalle
Non ha tralasciato nulla, comprese le ruote Metron Vision senza scritte. Il ritardo dovuto all’appendicite è alle spalle

La più bella

«Sono senza parole – ha continuato a ripetere dopo la vittoria – all’inizio del Tour non avrei mai osato sognare di vincere questa tappa. Invece ieri improvvisamente ho sentito di volerci provare. Ho chiesto alla squadra se potevo infilarmi nella fuga di giornata. Sapevo di non avere le caratteristiche per sfidare una montagna come questa (Van Aert è alto 1,90 e pesa 78 chili, ndr). Invece è venuta fuori quella che potrebbe essere la mia migliore vittoria di sempre, perché il Mont Ventoux è una delle salite più iconiche del ciclismo. Ci ho creduto lungo la strada e con la fiducia tutto è possibile. Anche il supporto del pubblico è stato travolgente. E’ stato un onore salire sul Ventoux con la maglia di campione nazionale».

Pogacar in difesa

Doveva essere la tappa dei ribaltoni, eppure l’unico che ha provato a fare qualcosa è un altro ragazzino terribile, che avevamo scoperto alla Settimana Coppi e Bartali. Quando il Team Ineos ha finito il lavoro e Carapaz ha capito di non avere le gambe per dare un senso alla fatica dei compagni, Vingegaard ha fatto quello che ci si aspetta da un corridore di 24 anni in buona condizione. Ha attaccato, incurante delle conseguenze. E almeno in salita ha fatto il vuoto.

Pogacar ha ceduto. Va bene che aveva ed ha ancora un vantaggio pazzesco. Va bene che dice di non essersi stupito per l’attacco del danese, che segue con interesse da tutto l’anno. Eppure per qualche chilometro ha provato il gusto amaro della fatica e quello più sottile dell’ansia.

«Non ho potuto seguirlo – ha detto a caldo – è partito super forte. Ha messo il rapportone, troppo anche per me. Ho ceduto negli ultimi chilometri, per cui ho cercato di arrivare il più velocemente possibile in cima, ma visto anche il caldo è stata davvero una giornata durissima. Per cui alla fine sono soddisfatto. Quanto alla Ineos, credo che volessero la vittoria di tappa, ma la fuga aveva ancora troppo vantaggio per sperare di prenderli».

Pogacar da solo ha gestito lo sforza: il caldo non gli va giù
Pogacar da solo ha gestito lo sforza: il caldo non gli va giù

Appendicite galeotta

La fuga era Van Aert, che per questa giornata sul filo della follia le ha studiate davvero tutte, compreso l’uso di una coppia di ruote non autorizzate, come del resto aveva fatto anche Van der Poel per salvare la maglia gialla a cronometro. E così, facendo girare molto in fretta la coppia di ruote Metron by Vision, il belga ha staccato anche Elissonde e nonostante la sua stazza, ha addentato il Ventoux con una cadenza prossima alle 85 pedalate.

«E’ stato difficile per me iniziare questo Tour ai massimi livelli – ha raccontato quando l’emozione lo ha in parte mollato – a causa dell’operazione all’appendicite (l’intervento si è svolto a metà maggio e gli ha impedito di correre il Delfinato, ndr). Inoltre nella prima settimana abbiamo avuto davvero tanta sfortuna. Con Primoz Roglic abbiamo perso il nostro leader e con Robert Gesink il nostro super gregario. Oggi purtroppo abbiamo perso anche Tony Martin. Per fortuna in finale tutto è andato a posto. E’ una questione di andare avanti ed essere in grado di individuare nuovi obiettivi ogni volta. Questo mi motiva di più. Continuerò ad aiutare Vingegaard, proprio come tutta la squadra. E’ molto forte, ma oggi è stato il mio giorno».

Cattaneo assieme a Valverde: il bergamasco si è difeso bene. Ora è 11° in classifica
Cattaneo assieme a Valverde: il bergamasco si è difeso bene. Ora è 11° in classifica

Cavendish ce l’ha fatta

Nel caldo torrido di Malaucene, anche oggi la sfida del tempo massimo ha tenuto in ansia i velocisti. Cavendish, questa volta scortato da tutta la squadra è entrato ampiamente nel limite, tagliando il traguardo con 7 minuti di anticipo. Non ce l’ha fatto invece Luke Rowe, dopo aver tirato forte per Carapaz. Altri sette si sono ritirati. E’ un Tour esigente. Chissà se Roglic è riuscito a guardare la tappa o sia ancora in casa a maledire la sfortuna che lo ha tolto di mezzo. Per la sua sfida contro Pogacar, anche senza Dumoulin, avrebbe avuto dei compagni superlativi. Lo dice Van Aert salutando. E intanto si chiede se anche Van der Poel abbia visto la corsa. A modo suo, questa vittoria è anche per il rivale di sempre.