La sesta tappa dell’Österreich-Rundfahrt (Giro d’Austria) del 2018 fu un vero e proprio calvario. Dopo i primi chilometri totalmente piatti, percorsi a furia di scatti e tentativi di fuga, cominciò la prima salita che scollinava a Schanzsattel di circa 7,5 chilometri con pendenza media al 6 per cento. Dopo vari tentativi a inizio salita, la prima fuga prese spazio a seguito di un’azione, forzata in particolare dal kazako Alexey Lutsenko, che insieme allo sloveno Mohoric (unico a tenere il suo ritmo) fecero il vuoto, iniziando una lunga cavalcata a due. Dietro però il gruppo si scompose in moltissime parti. Tra i primi inseguitori rimanemmo in cinque.
I corridori in fuga
Oltre al sottoscritto, in maglia Bardiani-Csf, nel gruppo degli inseguitori c’erano Angel Madrazo che correva per il team Delko Marseille. Lachlan Morton del team Dimension Data. Il campionissimo belga Wout Van Aert che allora correva ancora per il team Vérandas Willems-Crelan e udite, udite… l’attuale maglia rossa della Vuelta a Espana: Christian Eiking Odd, in forza alla Wanty-Groupe Gobert.
Giornata dura
Il percorso ci metteva a dura prova. La resistenza vacillava un po’ per tutti, specialmente dopo le prime durissime tappe. A tenere unito il “gruppetto” pensò proprio Eiking Odd, il quale pedalava con estrema facilità, specialmente nei tratti più difficoltosi. Al punto che sull’ultima salita di Kreuzwirt di 11 chilometri, per cercare di ridurre il distacco dai due fuggitivi, si mise in testa a fare il ritmo, riuscendo quasi a riportarci su Mohoric e Lutsenko.
Purtroppo non riuscimmo a riprendere i due fuggitivi, anche perché il ritmo imposto da Eiking Odd ci mise tutti in difficoltà e lui non trovò collaborazione da parte nostra. Tra crampi e caldo asfissiante, aspettavamo tutti con ansia la discesa per poter recuperare qualche energia. Fu talmente forte il forcing del norvegese che riuscì a staccare Van Aert, che successivamente non riuscì più a riprenderci.
Strappate micidiali
Tutti abbiamo avuto l’impressione che il norvegese aveva una marcia in più. Persino Roberto Reverberi in ammiraglia disse di prestare particolare attenzione «al corridore della Wanty». Ricordo particolarmente alcuni frangenti di corsa in cui per tenerlo a bada eravamo costretti a lanciare qualche grido, tendando di fargli capire che se avesse continuato a “strappare” (come si dice in gergo ciclistico), avrebbe dovuto proseguire da solo. Non gli conveniva per due semplici motivi: mancavano tanti chilometri e tra una salita e l’altra c’erano dei tratti in pianura in cui la presenza di Van Aert giovava a noi tutti.
Vittoria andata, ma che classe
Per la vittoria di tappa non ci fu nulla da fare, però ci rendemmo conto che tra noi c’era un corridore che avrebbe potuto dire la sua nel mondo dei grandi. Nessun dubbio. Aveva la stoffa e lo si percepiva dal modo in cui pedalava, dalla compostezza in bici e dalla lucidità mentale con cui affrontò l’ultima discesa che portava allo strappo conclusivo di Wenigzell. Proprio su quell’ultima asperità Eiking Odd, alzatosi sui pedali, ci lasciò tutti seduti in preda ai crampi. Mentre lui andò a prendersi la terza posizione e la consapevolezza di poter competere un giorno tra i grandi.