Dalla Francia arriva l’acuto di Nizzolo. Che pensa al Tour

10.05.2023
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Mentre il Giro d’Italia attira come sempre l’attenzione ciclistica su di sé, fuori dai confini italiani non si sta certo fermi, anzi. Il calendario va avanti e offre spunti interessanti, magari con significati che vanno estrapolati come la vittoria di Giacomo Nizzolo al Tro-Bro Leon, la prima dell’anno e la prima anche per la Israel Premier Tech da quando il team ha perso lo status di WorldTour. Un’iniezione di fiducia che era quanto mai necessaria, si dal punto di vista individuale che di squadra.

Lo sprint finale del milanese ha chiuso una parentesi negativa, forse l’ennesima per Nizzolo. Aveva puntato tanto sulla primavera, sulle classiche, ma alla Tirreno-Adriatico ha preso un virus di quelli che ti mettono a terra ed è difficile rialzarsi.

«Sono stato più di 10 giorni senza bici – spiega – e quando ti fermi così tanto fra fine marzo e inizio aprile, poi rimettersi in piedi è davvero arduo. Era chiaro che ormai le classiche fossero andate, l’obiettivo per il quale lavoravo dall’inverno, che avevo in mente anche quando ho affrontato le prime gare oltre Atlantico, a San Juan. Ma questo è il nostro mestiere, si cade e ci si rialza, facendo i propri conti piano piano».

Lo sprint vittorioso di Nizzolo, con De Lie alla sua sinistra. Terzo Eeckhoff del Team Dsm
Lo sprint vittorioso di Nizzolo, con De Lie alla sua sinistra. Terzo Eeckhoff del Team Dsm
Tu sei arrivato alla classica francese dopo aver partecipato al Giro di Romandia chiuso con un ritiro…

Sì, era stato un ritiro precauzionale prima dell’ultima tappa. Ero caduto nella quarta battendo il ginocchio sinistro e chi conosce la mia storia sa quanto questo mi abbia fatto tribolare in passato. Quindi per non rischiare, sapendo anche che l’ultima frazione non poteva darmi nulla di più, ho preferito fermarmi. La gara svizzera d’altronde era servita allo scopo che mi ero prefisso, lavorare duramente, fare fatica per far crescere la condizione.

Che gara hai trovato in Francia?

Era la prima volta che l’affrontavo. Me ne avevano parlato, ma ne sono rimasto sorpreso, più che dal percorso che per suoi versi è particolare dal calore della gente. Ce n’era davvero tanta intorno al tracciato, anche lontano dall’arrivo ma potrei dire che in ogni tratto c’era pubblico, lì è davvero molto sentita.

Accennavi a un percorso particolare…

Sì, è una corsa di oltre 200 chilometri che contiene molti tratti di sterrato, soprattutto strappi in salita. Uno dopo l’altro, alla fine nelle gambe li senti, infatti spesso ha un’evoluzione molto fluida con pochi corridori che si giocano la vittoria com’è avvenuto in questo caso. Erano in 5 in fuga, io insieme a un altro sono partito dal gruppo per provare a riaccodarmi riuscendoci a 3 chilometri dall’arrivo, poi è stato tutto un gioco tattico per impostare la volata.

La Tro-Bro Leon è una classica atipica, con molti tratti in sterrato ma che resta adatta alle bici da strada
La Tro-Bro Leon è una classica atipica, con molti tratti in sterrato ma che resta adatta alle bici da strada
Come sei arrivato al successo?

Mi ero ripromesso di fare una volata di rimonta e avevo preso De Lie come riferimento, ma spesso tra il dire e il fare le cose sono diverse e sono stato costretto nel finale a fare un po’ di slalom fra gli altri per trovare lo spiraglio buono. Era un rettilineo in leggera salita, impegnativo, ma alla fine l’ho rimontato vincendo abbastanza nettamente.

Non hai certamente battuto uno qualsiasi, visto quanto si è parlato del giovane belga della Lotto Dstny

Dico la verità, quando vinco non sto tanto a guardare chi c’era, chi ho battuto. Però è anche vero che si tratta di un corridore in grande ascesa, molto forte soprattutto in questo tipo di percorsi non prettamente riservati ai velocisti. De Lie ha un avvenire assicurato, averlo battuto dà magari quel qualcosina in più al successo. Significa che la gamba comincia a esserci…

Per il milanese solo due apparizioni in Belgio, con un 10° posto alla Scheldeprijs. Le ambizioni erano altre…
Per il milanese solo due apparizioni in Belgio, con un 10° posto alla Scheldeprijs. Le ambizioni erano altre…
Hai vinto nel primo weekend del Giro d’Italia. Non ti dispiace non esserci?

Non avrei potuto, obiettivamente. Quando perdi così tanti giorni in un periodo cruciale, non puoi pretendere poi di avere la condizione per affrontare tre settimane consecutive di gara, con dislivelli impegnativi come quelli proposti dalla corsa rosa. Un conto è fare una corsa d’un giorno, sparare tutto e poi recuperare, un altro è essere sollecitati giorno dopo giorno. L’ho fatto in passato, arrivare al grande Giro senza la condizione giusta e ne ho pagato le spese. Al Romandia si vedeva che la forma era in crescita, ma sicuramente non quella che serve per essere al Giro.

Nei programmi comunque è già inserito il Tour de France.

E la cosa mi fa piacere, perché non nascondo che guardo con interesse al mondiale di Glasgow, su un percorso che penso sia adatto alle mie caratteristiche, quindi voglio fare di tutto per meritarmi la convocazione e arrivarci al massimo. Il Tour è l’approccio ideale in questo senso, ma preferisco non fare voli pindarici, vado avanti settimana per settimana.

Il giorno più bello di Nizzolo al Giro, 21 maggio 2021, l’acuto di Verona atteso da una vita
Il giorno più bello di Nizzolo al Giro, 21 maggio 2021, l’acuto di Verona atteso da una vita
Nel 2021 avevi sfatato la maledizione del Giro, chissà che magari non riesca a fare doppietta…

Sarebbe bello vincere una tappa anche in Francia, ma come detto meglio andare avanti piano, vedere che cosa la strada proporrà.

Ora che cosa ti aspetta?

Continuerò con una serie di gare tra Francia, Belgio e Olanda, tutte corse d’un giorno a ritmi abbastanza stretti l’una dall’altra, questo dovrebbe aiutare la condizione a crescere per poi capire se e come andare al Tour. D’altronde la squadra non è ancora stata fatta ed è anche giusto così, manca ancora tempo, ma tanti siamo in preallarme e quindi ci si prepara.

Secondo anno di militanza alla Israel. La vittoria di Nizzolo è la prima in questa stagione per il team
Secondo anno di militanza alla Israel. La vittoria di Nizzolo è la prima in questa stagione per il team
Come ti trovi nel team israeliano? Sei al secondo anno…

Mi hanno accolto bene, questa era la prima vittoria dell’anno e ha dato morale un po’ a tutti. Non è servita solamente a me. D’altro canto c’è un altro particolare che rende questo successo speciale.

Quale?

Io in questo periodo purtroppo soffro molto di allergia, per me maggio è sempre stato un mese critico e chi mi ha seguito al Giro lo sa. Per fortuna si correva in Bretagna, in riva al mare e quindi l’aria per me era più pulita, ma vincere in questo periodo ha sempre un significato speciale per me. Proprio come fu a Verona nel 2021.

Lavori forzati sull’Etna. La rincorsa di Pozzovivo

30.04.2023
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Il messaggio di Pozzovivo arriva dopo un paio di giorni che cerchiamo di parlare con lui. «Sono stati due giorni logisticamente complicati – c’è scritto – in giro per bike fitting e test in galleria del vento facendo sempre base sull’Etna».

Mancano sei giorni all’inizio del Giro d’Italia. Domenico è entrato nella stagione il 21 marzo alla Settimana Coppi e Bartali, dovendo fare in corso d’opera tutte quelle operazioni cui normalmente si dedica l’inverno. La fine del rapporto con la Intermarché non lo ha lasciato indifferente, ma da grande professionista quale è sempre stato, si è rimboccato le maniche e ha provato a conciliare l’allenamento, le corse e la ricerca della posizione migliore.

«Ma devo ammettere – spiega –  che al Tour of the Alps non ho avuto purtroppo grandi sensazioni. Perciò ho cercato di prendere qualche contromisura, vediamo se riparto come vorrei. Ci poteva stare che non andassi come speravo, non avevo grandi riferimenti, dato che fino a poco prima ero stato in altura. Di solito, mi bastava scendere e stavo bene. Invece questa volta non c’è stato il cambiamento che immaginavo. Mi staccavo da 12 corridori…».

Due giorni fa Pozzovivo è volato a Gorizia per dei test in galleria del vento
Due giorni fa Pozzovivo è volato a Gorizia per dei test in galleria del vento
Perché cercare ancora la posizione a così poco dall’inizio del Giro?

Ho voluto rimetterci mano dopo la Coppi e Bartali, per tornare alla posizione precedente. Sicuramente ho sbagliato qualcosa e così sono tornato un po’ indietro sulle scelte. Fa parte del ciclismo di adesso. Se non provi ad andare al limite, non riesci a stare al passo. Come pure nell’allenamento, ormai rischi sempre di andare in overtraining. Devi arrivare veramente al limite, mentre una volta ti accontentavi di valori che erano sufficienti per essere a un certo livello.

Perché la galleria del vento?

Quella per la posizione a cronometro. Non avevo ancora fatto nulla, avevo presa la bici in mano alla Coppi e Bartali e mi serviva una base di lavoro. Siamo stati a Gorizia e mi è piaciuto il lavoro che abbiamo fatto. L’unica cosa complicata è stata la logistica, un po’ troppo tirata. Se ci fosse stato un incidente sulla Venezia-Trieste, saltava tutto. E nel mezzo, per non farci mancare nulla e perdere altri 15 minuti, ho avuto un controllo antidoping, lassù in galleria. Poi ho fatto l’ultima corsa del giorno fino all’aeroporto con la bici da crono…

In effetti quest’anno sei arrivato un po’ troppo lungo col contratto…

Infatti da febbraio in poi la mia testa era occupata dalle preoccupazioni. Purtroppo non sono uno che riesce a spegnere il cervello, quindi comunque lavoravo e pensavo a tutte le difficoltà, i mal di gambe e i mal di schiena che mi sarebbero venuti a cambiare bici.

Aveva già corso sulla Factor. Dice di trovarsi meglio con le ruote da 45
Aveva già corso sulla Factor. Dice di trovarsi meglio con le ruote da 45
Come ti trovi con la bici nuova?

La guido abbastanza bene, dipende dalle ruote. Stranamente vado meglio col profilo alto che con quelle medie. Meglio le 45 delle 30. Per il resto è una bella bici. Con la Factor avevo già corso nel 2017 alla Ag2R e posso dire che è un’altra bici rispetto ad allora.

Lo scorso anno rimanesti senza squadra perché la Qhubeka chiuse, che cosa hai provato quando la Intermarché non ti ha confermato?

Ci sono rimasto piuttosto male, perché penso che avevo raggiunto quel che avevo promesso e forse anche di più. Mi aspettavo un trattamento diverso, ma non mi servono queste motivazioni per essere più cattivo in corsa. La motivazione ce l’ho dentro, non ho bisogno di cercarla fuori.

Lo scorso anno a fine Giro parlammo della voglia di fare finalmente il Giro perfetto…

Ma quest’anno credo che lo escludiamo a priori. Credo che la condizione giusta arriverà semmai per il Lombardia (ride con una punta di malinconia, ndr). E ci sarà da capire il programma che farò dopo il Giro. Non faremo la Vuelta, per cui bisognerà capire.

Lo scorso anno Pozzovivo ha chiuso il Giro in 8ª posizione. Qui in azione sul Passo Fedaia, penultima tappa
Lo scorso anno Pozzovivo ha chiuso il Giro in 8ª posizione. Qui in azione sul Passo Fedaia, penultima tappa
Da quello che racconti, a parte i periodi delle corse, hai trascorso il resto del tempo in altura…

Ci sono stato tanto, come gli altri anni. Teide, Etna e Val Senales. Mi è andata anche bene, perché non è detto che trovi le camere chiamando due settimane prima. Invece sono riuscito a gestire bene questo tipo di logistica. A febbraio ero sul Teide, che è stata la carta della disperazione, pensando che magari fosse l’ultima volta. Ero su senza squadra e me la sono vissuta a metà tra turista e corridore, allenandomi e guardando i paesaggi.

Hai avuto momenti di sconforto?

E’ capitato, soprattutto se le cose non andavano. In bici facevo quello che dovevo fare, però è capitato di pensare che questa volta non avrei trovato squadra. Quando hai una certa età, la domanda che ti poni quando sei in difficoltà è chi te lo faccia fare. «Smetti, sei patetico», te lo dici da solo, mentre magari da giovane non lo fai. I momenti difficili ci sono in tutte le stagioni e a tutte l’età, la differenza è l’entusiasmo con cui le affronti. L’incoscienza del giovane è diversa dalla motivazione di uno che ha passato tante battaglie.

Con quale obiettivo parti per il Giro?

Sarebbe duro non dichiarare che voglio fare classifica. Ci devo arrivare con quella mentalità, per avere delle motivazioni più solide. Non è uguale partire all’avventura, tirando a campare.

Finora Pozzovivo ha corso Coppi e Bartali e Tour of the Alps, trascorrendo il resto del tempo in altura
Finora il lucano ha corso Coppi e Bartali e Tour of the Alps, trascorrendo il resto del tempo in altura
Quali risposte cercherai in questa settimana? Che cosa ti manca?

Essere di nuovo brillante, com’ero fino a due settimane fa. Ho corso al Tour of the Alps, la velocità di gambe l’ho fatta in corsa. Sono stati cinque giorni belli tirati, ho recuperato bene e ora serve semmai qualche richiamo. Quello che voglio è vedere attraverso i test che ci finalmente ci sono. Un grande Giro non ti perdona. Una volta si cresceva, si perdeva peso durante la corsa. Adesso con l’arrivo in salita il terzo giorno, devi arrivare subito a posto. Perciò quello che voglio è ritrovare la brillantezza e scacciare i cattivi pensieri. Lavorerò ancora, poi scenderò dall’Etna, farò una tappa nella casa di Cosenza. E poi andremo a vedere da vicino il Giro d’Italia… 

Pozzovivo, le ambizioni di un “giovane” quarantenne

23.03.2023
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RICCIONE – La forza di Pozzovivo è davvero quella di ripartire quasi da zero senza piangersi addosso e demoralizzarsi. Sotto il punto di vista morale, Domenico è un corridore indistruttibile a scapito degli evidenti segni che porta sul corpo.

E “Pozzo” non disdegna nemmeno la battuta quando gli ricordiamo che una delle ultime volte che lo avevamo visto erano le classiche italiane d’autunno. «Eh, bei tempi quelli in cui andavo forte in salita», ci dice sorridendo prima della nostra chiacchierata.

“Pozzo” si sta già ben integrando nella Israel-Premier Tech. La Coppi e Bartali gli serve anche per questo
“Pozzo” si sta già ben integrando nella Israel-Premier Tech. La Coppi e Bartali gli serve anche per questo

Salite romagnole

Nelle prime due tappe della Coppi e Bartali lo scalatore della Israel-Premier Tech ha dimostrato di avere sempre il solito feeling con la salita, anche se la forma migliore sta arrivando. Sull’arrivo ondulato di Longiano ha chiuso decimo, ovvero nel gruppo che inseguiva i sette fuggitivi, regolati dal californiano Sean Quinn della EF Education-Easy Post. Ora Pozzovivo è ottavo nella generale a meno di un minuto da Schmid (nuovo leader) e guarda avanti con fiducia.

«La prima tappa – racconta Domenico – è stata molto nervosa, con tanti sali e scendi, salite brevi ed esplosive. Personalmente mi è andata bene, perché sono riuscito ad arrivare nel primo gruppo inseguitore di Cavagna. Oggi invece (ieri per chi legge, ndr) c’erano pendenze in doppia cifra. In entrambe le tappe ero lì a battagliare con i migliori nei momenti cruciali. Nei prossimi giorni ci sarà ancora il terreno per fare qualcosa».

Sulle salite in doppia cifra attorno a Longiano, Pozzovivo non si è fatto trovare impreparato
Sulle salite in doppia cifra attorno a Longiano, Pozzovivo non si è fatto trovare impreparato

«La condizione non è male – continua – e comunque l’obiettivo, praticamente sempre quando metto il numero sulla schiena, è quello di fare classifica in queste gare. Alla vigilia della Coppi e Bartali avevo l’ambizione di fare una classifica dignitosa. Magari pensare di riuscire a centrare una top ten non sarebbe stato male. Ecco, qui a Longiano ce l’ho fatta e procediamo così».

Il ritorno

L’inverno incerto che ha vissuto Pozzovivo lo conosciamo. La delusione del mancato rinnovo con la Intermarché Circus Wanty è stata rimpiazzata dalla gioia dell’ingaggio con la Israel, con cui poteva iniziare a correre prima.

«Sarei dovuto rientrare alla Tirreno-Adriatico – spiega – ma sarebbe stato difficile farlo perché ci sono stati un paio di intoppi. Uno burocratico e uno di salute. Avevo preso la bronchite di rientro dal Teide e così ho dovuto stoppare improvvisamente quella che era già una buona condizione. Tuttavia mi sono rimesso in sesto abbastanza presto».

Generazioni a confronto. Marco Frigo e Domenico Pozzovivo hanno diciotto anni di differenza
Generazioni a confronto. Marco Frigo e Domenico Pozzovivo hanno diciotto anni di differenza

«Mi è dispiaciuto tanto non poter continuare con la mia vecchia squadra – prosegue nella sua analisi – anche perché mi è costato a livello tecnico. Ho dovuto passare un inverno in autogestione, senza sapere quando avrei iniziato a correre, qualora mi avesse chiamato qualche altra formazione. Mi ero posto fine febbraio come termine per iniziare a correre. Quella condizione che avevo trovato è servita a poco visto che ormai è roba di un mese e mezzo fa. Sono convinto però che quel lavoro mi tornerà utile qua alla Coppi e Bartali. Dopodiché inizierò a prepararmi per il Giro d’Italia».

Prossimi traguardi

Proprio la corsa rosa è casa sua. A maggio Pozzovivo sarà alla 17ª partecipazione: ininterrottamente presente dal 2010. Ma con quali reali obiettivi partirà, tenendo conto della sua carta d’identità?

«Non mi dispiacerebbe fare un Giro sulla falsariga di quello dell’anno scorso – dice con estrema serenità – con ottime prestazioni in salita. Anche lì punto a fare una top ten. Alla mia età, che saranno 41 anni il prossimo novembre, sarebbe notevole rispettare questo tipo di ambizioni. Durante la mia carriera sono sempre stato meticoloso ma forse il segreto e la difficoltà al tempo stesso è quella di non porsi delle abitudini. Bisogna sempre cambiare e tenersi aggiornato, stando al passo con i giovani che pongono l’asticella sempre più in alto. Se mi fossi arenato sulle prestazioni di 5-6 anni fa non sarei qua, perché non sarei competitivo per quello a cui ambisco».

Pozzovivo è sempre uno dei corridori più acclamati dal pubblico. E lui non si sottrae mai agli autografi
Pozzovivo è sempre uno dei corridori più acclamati dal pubblico. E lui non si sottrae mai agli autografi

«Ora gli obiettivi sono due: essere performante nelle gare a tappe più brevi – conclude – poi essere protagonista come l’anno scorso nelle ultime classiche della stagione. In particolare il Lombardia mi è rimasto sul gozzo per via della caduta che mi ha costretto al ritiro, ma cercherò di rifarmi. Ho firmato solo un anno di contratto, ma non escludo di poter correre anche nel 2024. Vediamo come sarà questa annata che è ancora tutta da correre».

L’amarezza di Hermans: il Covid non passa più

03.03.2023
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Nella carriera di Ben Hermans c’è un prima e un dopo. 36 anni, colonna dell’Israel Premier Tech dal 2018, vive dall’inizio dello scorso anno un autentico dramma, legato al covid. Parlare oggi di questa malattia riporta a tempi recenti, a un ciclismo assurdo, quello del 2020 vissuto praticamente in tre mesi, con tutte le gare ammassate su se stesse e vissute con la paura di avvicinarsi agli altri, di contrarre il maledetto virus.

In quei mesi, il belga se l’era cavata più che bene. Top 10 al Giro di Lombardia, un onorevole Tour de France lavorando per i compagni, l’anno dopo era andata ancora meglio, con vittorie al Giro dell’Appennino e al Giro di Norvegia e ben 19 Top 10 in 66 giorni di gara. Niente male per un ultratrentenne, ma poi tutto è cambiato.

Hermans, nato ad Hasselt l’8 giugno 1986, è professionista dal 2007, per lui 20 vittorie
Hermans, nato ad Hasselt l’8 giugno 1986, è professionista dal 2007, per lui 20 vittorie

Quella maledetta Valenciana…

Hermans era partito, a inizio 2022, per la Spagna correndo la Volta a la Comunitat Valenciana. Un’edizione con tanti problemi di gestione quando ancora la malattia viveva i suoi ultimi acuti. Molti vennero infettati, fra loro anche il belga. Ricovero in ospedale, cure, una ripresa lentissima e mai completata. Dopo 3 mesi, Hermans era ancora al palo: «Non è che senta ancora i sintomi veri della malattia – raccontava a Cyclinguptodate – ma sono alle prese con una stanchezza che sta diventando cronica e in queste condizioni allenarsi è molto difficile».

Sarebbe tornato in carovana solo a fine luglio, assommando appena 8 giorni di corsa senza alcuno squillo, anzi già il portarle a termine rappresentava un traguardo. Ripresa troppo veloce? A ben guardare e anche ascoltando la sua testimonianza, non si direbbe. A dir la verità però Hermans si era ripresentato in gara già alla Coppi & Bartali in marzo, una sola tappa e poi il ritiro.

Il covid ha colpito il corridore a inizio 2022. Sintomi lievi, ma pesanti strascichi presenti ancora oggi
Il covid ha colpito il corridore a inizio 2022. Sintomi lievi, ma pesanti strascichi presenti ancora oggi

Il problema della ripresa

D’altronde le esperienze accumulate portano ormai ad affermare come il Covid lasci in molti strascichi pesanti e molto dipende anche da come non solo viene affrontato nel pieno dell’infezione, ma anche dopo. Il dottor Roberto Corsetti sottolineava ad esempio, a proposito della tenuta a riposo di Sagan dopo che aveva contratto il covid, come «dopo l’evento infettivo, non è detto che tutto vada bene solo perché l’atleta non ha più la febbre. Il Covid ha portato la consapevolezza che dobbiamo stare attenti. Ci sta trasmettendo in forma ampliata delle conoscenze che avevamo già».

Corsetti raccontava il caso di una bambina impegnata nella ginnastica ritmica, che dopo aver contratto la malattia aveva un ecocardiogramma pulito, ma sotto sforzo aveva tante aritmie, causate chiaramente dal covid. Il problema della ripresa e dei postumi è da tempo argomento di discussione nell’ambiente scientifico e medico, ogni caso è a sé stante e ci si basa sulle esperienze.

Lo scorso anno il belga aveva corso in marzo alla Coppi & Bartali. Un rientro troppo anticipato
Lo scorso anno il belga aveva corso in marzo alla Coppi & Bartali. Un rientro troppo anticipato

Non funziona più niente…

Quelle di Hermans sono largamente esemplificative, ma bisogna anche andare oltre l’aspetto scientifico e guardare a quello umano, perché il belga si trova a un bivio della sua carriera. Quest’anno, in gara in un paio di corse d’un giorno e poi all’Uae Tour, non ha mai trovato il giusto colpo di pedale, ma il problema va ben oltre: «Non funziona più niente – ha confidato alle telecamere di Sporza – quel che una volta mi riusciva semplice, ora è un calvario. La salita di Jebel Jais ad esempio mi era sempre piaciuta, mi aveva visto protagonista, quest’anno non finiva mai e andavo sempre più indietro.

«Non riesco più a recuperare dagli sforzi – è stata la sua candida spiegazione – ho difficoltà a fare qualsiasi cosa. Ogni volta mi dico che migliorerà, sposto un po’ più avanti i miei obiettivi che poi non sono legati alle classifiche, ma semplicemente a sentirmi bene, a tornare quello di prima. Ma non accade mai. Mi sono ritrovato ad accontentarmi per il semplice fatto di aver concluso le prime tappe dell’Uae Tour senza soffrire troppo, diciamo che lo considero un primo passo».

Quest’anno Hermans ha fatto il suo esordio alla Marsellaise, finendo 78°
Quest’anno Hermans ha fatto il suo esordio alla Marsellaise, finendo 78°

Niente grandi giri

La squadra per ora non gli ha affidato mansioni, né un calendario di gare da seguire. Si va avanti a vista, con l’unica sicurezza di non affrontare alcun grande giro: «E come potrei? Che garanzie potrei dare? Spero di essere disponibile per qualche corsa di più giorni in primavera, di sicuro però non voglio chiudere la mia carriera così, non credo di meritarmelo».

Per Nizzolo ripetizioni di Sanremo, con “prof” Paolini

18.02.2023
5 min
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Con lo scoccare della mezzanotte siamo entrati nei trenta giorni che ci portano alla Milano-Sanremo, la Classicissima di Primavera si correrà il 18 marzo. C’è chi ha già iniziato a percorrere le strade della Liguria. Dove il mare accarezza dolcemente la costa, fermandosi a pochi metri dall’asfalto, teatro della battaglia ciclistica che andrà in atto. Giacomo Nizzolo, guidato dall’amico Luca Paolini ha già iniziato a visionare il percorso (i due sono insieme sulla Cipressa in apertura, foto Instagram/Nizzolo). Rispetto agli anni scorsi cambia solo la partenza, da Abbiategrasso, ma è sempre bene rinfrescarsi la memoria. 

La stagione di Nizzolo è iniziata dalla Vuelta a San Juan
La stagione di Nizzolo è iniziata dalla Vuelta a San Juan

Un amore da Milano a Sanremo

Il corridore della Israel Premier Tech, milanese di nascita come Paolini, la sente vicina a sé questa corsa. E un cerchio sul calendario, in data 18 marzo, Nizzolo lo ha fatto sicuramente.

«Ci tiene particolarmente alla Milano-Sanremo – conferma Paolini – si vede da come la prepara fin dall’inverno. Fare una ricognizione più di un mese prima (i due sono andati a visionare il percorso il 6 febbraio, ndr) è importante. Fa capire come nella testa di Nizzolo questo sia un obiettivo concreto. “Accendere il motore” e muovere le prime pedalate su quelle strade è utile per alzare la concentrazione e fare tutto nel migliore dei modi».

Il milanese della Israel Premier Tech ha preso le misure con le prime volate, per lui due piazzamenti nei primi tre in Argentina
Il milanese della Israel Premier Tech ha preso le misure con le prime volate, per lui due piazzamenti nei primi tre in Argentina
Una ricognizione anticipata, di cosa avete parlato?

Si è parlato davvero di tutto, anche di dove fare i bisogni. Nizzolo conosce bene queste strade, ma serviva fare un recap mentale e dare un occhio al passato.

Da dove siete partiti?

Da Loano, abbiamo fatto due volte la zona dei Capi e poi fino a Sanremo con Cipressa e Poggio. Non è un percorso difficile, la Sanremo è davvero semplice da questo punto di vista. 

La differenza la fanno i chilometri, quasi trecento…

E’ tutto amplificato. Le medie, soprattutto negli ultimi anni, sono elevatissime. Bisogna essere sereni di testa, su una distanza così ampia ogni cosa che fai ha un peso. Devi rischiare di perderla per poi vincerla, ci sono cose che non ha senso fare.

Vent’anni fa Paolini (sullo sfondo) aiutò Bettini a vincere la sua Milano-Sanremo
Vent’anni fa Paolini (sullo sfondo) aiutò Bettini a vincere la sua Milano-Sanremo
Per esempio?

Ricordo che quando correvo ero in Katusha, nel 2015, al mio ultimo anno da professionista, avevo detto alla squadra di non fare il rifornimento fisso a Ovada. Manca così tanto alla fine che si ha tutto il tempo di andare all’ammiraglia per prendere il necessario. Si toglie un pericolo e si evita stress inutile. 

Dove si inizia a fare la corsa?

Dai Capi, senza alcun dubbio. A Capo Berta, l’ultimo dei tre, si dividono i corridori veri dagli altri. La discesa è tortuosa e la velocità si alza tantissimo. Poi si attraversa Imperia, un passaggio tortuoso ed insidioso che tutti vogliono prendere in testa. 

Da quel momento tasche vuote e gambe piene.

Assolutamente. L’alimentazione bisogna curarla prima, dopo i Capi il tempo per mangiare non c’è. Se ti devi alimentare da Imperia in poi vuol dire che hai sbagliato qualcosa.

Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo ha chiuso la Sanremo dello scorso anno al 18° posto. Con una mano fratturata
Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo ha chiuso la Sanremo dello scorso anno al 18° posto. Con una mano fratturata
Quando capisci di stare bene?

Se un corridore è in condizione lo scopre andando avanti con i chilometri, se stai nelle prime posizione quando tutti accelerano vuol dire che la gamba è piena. 

E se invece non ci si sente al 100 per cento?

Un campione impara a gestirsi: nell’utilizzo dei rapporti, delle scie e tante piccole cose.  Nizzolo ne ha corse tante e l’esperienza ce l’ha, può giocare su questi dettagli.

Tu nei hai corse tante, hai imparato tanti segreti da condividere con Nizzolo.

Ho lottato contro tantissimi corridori: Freire, Bettini, Zabel, Sagan, CancellaraNon avevo il loro motore ed ho imparato a centellinare ogni singola energia. Sono arrivato terzo per due volte, ci sono cose che impari e ti tranquillizzano. Ma quello che ho detto a Giacomo potrò dirlo solo dopo la corsa (dice con una risata, ndr). 

La UAE Emirates l’anno scorso aveva una tattica dichiarata fin da Milano: forcing sulla Cipressa
La UAE Emirates l’anno scorso aveva una tattica dichiarata fin da Milano: forcing sulla Cipressa
In una corsa così semplice la carta da giocare è una sola…

Quando fai la tua mossa devi essere sicuro che sia quello il momento giusto. Non puoi permetterti di sbagliare i tempi d’azione.

Hai parlato di passato, la Cipressa è un passaggio importante, lo è sempre stato. 

Bettini aveva provato a fare il forcing sulla Cipressa e l’anno scorso ci ha provato la UAE. Sono dell’idea che Pogacar abbia solo preso le misure, nel 2022 sul Poggio ha sbagliato i tempi, ma ha imparato. Alla Sanremo ogni errore ti fa da insegnante per l’anno successivo. 

Quali altri punti avete visionato?

Ci siamo soffermati su quelli dove è più facile passare, considerando che ci sono dei tratti nei quali devi stare dietro. Non è un Fiandre o una Roubaix dove le strade sono strette e bisogna stare sempre nei primi dieci. Alla Sanremo stai bene se sei in trentesima posizione, quella è la posizione giusta. 

La Sanremo del 2022 ha rappresentato il rientro alle corse per VDP, terzo. Anche lui ha preso le misure per il 2023?
La Sanremo del 2022 ha rappresentato il rientro alle corse per VDP, che ha colto il terzo posto
Meteo permettendo…

Quella è l’unica incognita, le discese della Sanremo sono tortuose e di non facile lettura. E poi una pioggia continua per 300 chilometri contribuisce a scremare il gruppo. Molti corridori con l’acqua si autoeliminano, se hai una buona forza mentale fai la differenza. 

Hai nominato Pogacar, ma con tutti i campioni che girano un velocista come Nizzolo può dire la sua?

Giacomo è un corridore resistente, nel corso degli anni ha perso esplosività aumentando il fondo. Nel 2022 è scollinato con i primi ed è caduto in discesa, ha dimostrato di poter stare con loro. Poi ha un grande spunto veloce e dopo 300 chilometri potrà farlo valere.

Santa Madre “energy partner” della Israel PremierTech

02.02.2023
3 min
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Il marchio spagnolo Santa Madre, specializzato nel settore dell’integrazione alimentare sportiva, è distribuito commercialmente in Italia dalla reggiana Beltrami TSA. Da quest’anno sarà partner del team Israel Premier Tech per quanto riguarda la nutrizione degli atleti, sia in gara che in allenamento.

Santa Madre si distingue per essere una realtà caratterizzata da un forte focus scientifico per quanto riguarda lo sviluppo dei propri prodotti. Specializzandosi nella ideazione e nella realizzazione di integratori estremamente innovativi e ad alte prestazioni, in modo particolare per quanto si riferisce ai carboidrati e ai gel.

«Al giorno d’oggi – ha dichiarato David Bailey, il Performance Scientist del team Israel Premier Tech – i corridori consumano più di 100 grammi di carboidrati all’ora durante una corsa, che sia una classica oppure un’estenuante tappa del Giro d’Italia. I prodotti che Santa Madre ci mette a disposizione quest’anno sono sicuro ci daranno un grande vantaggio per poter fornire e reintegrare al meglio questi preziosi carboidrati durante lo svolgimento delle nostre competizioni».

«Il ciclismo moderno – ha aggiunto Gabriel Martins, il nutrizionista della formazione israeliana – è più intenso e più esplosivo che mai. La fase di recupero diventa importante per ottenere prestazioni di alto livello. Un elevato apporto di carboidrati non è mai stato così cruciale come lo è oggi. Una squadra sarà in grado di ottenere un vantaggio sui propri avversari se ha a disposizione prodotti ad alto contenuto di carboidrati immediatamente disponibili. E noi con Santa Madre abbiamo trovato esattamente quello che cercavamo…».

Per la prossima stagione Santa Madre sarà partner della Israel Premier Tech
Per la prossima stagione Santa Madre sarà partner della Israel Premier Tech

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Santa Madre è sinonimo di un team di persone altamente qualificate in grado di vantare una lunga esperienza nello sviluppo di prodotti e brand nel settore della nutrizione sportiva. La filosofia è quella di considerarsi un marchio di integratori alimentari progettati utilizzando esclusivamente alimenti funzionali, realizzati con cura come prodotti sostenibili, pensando all’ambiente, ed impiegando le risorse naturali in modo responsabile. Santa Madre progetta e realizza i propri prodotti sfruttando le risorse naturali ed evitando, per quanto possibile, composizioni artificiali. Tutto parte da quel sentimento di diffusa insicurezza che hanno i consumatori nei confronti degli integratori alimentari. In risposta a questa insicurezza Santa Madre ha sviluppato tutti i propri prodotti, orientati per un consumo pratico, efficiente e soprattutto sano. 

Beltrami TSA

Volate a San Juan: chi voleva il 58, chi sognava il 54

30.01.2023
6 min
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E’ nato tutto da un’osservazione intercettata nel gruppo alla Vuelta a San Juan, quando uno dei velocisti ha fatto un ragionamento su Nizzolo. Dato che Giacomo non ha un treno che lo lanci, questo il senso del discorso, per le volate ha scelto di usare una corona anteriore da 56. In questo modo farà le sue volate da solo, partendo da dietro e cercando di rimontare. Se la strada è piatta o tende a scendere, non avrà difficoltà a lanciarsi, come gli successe quando vinse a Verona al Giro del 2021. Se invece il finale ha continui rilanci e lui non può prendere velocità, rischia di rimanere chiuso nelle retrovie e di non arrivare neppure in zona podio. La volata di ieri si è svolta proprio secondo questo copione.

Lo stesso concetto sull’uso dei rapporti più lunghi del solito nelle volate lo aveva approfondito Viviani nei giorni successivi. E mentre ci accingevamo a parlarne con Nizzolo, dal box della squadra italiana ci è giunto il caso opposto. Gli azzurri in gara, essendo in Argentina per acquisire base e ritmo in vista degli europei su pista, hanno usato per tutto il tempo il 53. E Pinazzi, decimo nella volata della sesta tappa, a un certo punto avrebbe spinto volentieri qualcosa di più lungo.

Nizzolo ci ha spiegato il suo criterio di scelta dei rapporti, preparandosi per una tappa a San Juan
Nizzolo ci ha spiegato il suo criterio di scelta dei rapporti, preparandosi per una tappa a San Juan

La volata lunga

Giacomo lo troviamo nel box della Israel-Premier Tech mentre si prepara per la tappa. Le gambe infilate nella maglia e i due numeri dorsali da fissare con le spille. Ascolta il tema. Solleva lo sguardo in modo interlocutorio. E poi spiega.

«Qualcosa di vero c’è – dice – prediligo davvero le volate arrivando da dietro e poi di testa. Nel senso che mi piace lanciare lo sprint da dietro e poi comunque fare una volata lunga. Non sono un velocista che viene fuori negli ultimi 50 metri, non lo sono mai stato. Invece il discorso del 56 è nato tempo fa, ho iniziato a usarlo nel 2016, quando ci feci tutto l’anno, non solo le volate».

Nizzolo spiega che il 56 gli dà una pedalata più rotonda in pianura
Nizzolo spiega che il 56 gli dà una pedalata più rotonda in pianura
Quali vantaggi ti dà?

Credo che sia anche un discorso di rotondità della pedalata, mi trovo sostanzialmente bene così. E poi la mia qualità in volata non è certo la cadenza, ma è più la forza. Allora provo a sfruttare quel rapporto. Ma vi dico che molti corridori lo usano sempre di più. Addirittura c’è anche chi usa il 58.

Se avessi un treno sarebbe la stessa cosa?

Sì, perché come dicevo, è proprio un discorso di caratteristiche fisiche. Piuttosto che l’agilità, preferisco sfruttare la forza.

Ci sei arrivato per vari step? Ad esempio hai provato anche il 58?

Non ce l’ho, altrimenti lo userei. Chiederò se c’è la possibilità di averlo. In realtà tutti pensano che il 56 sia qualcosa di durissimo, ma non è così impossibile.

Nizzolo utilizza pedivelle da 172,5, anche con una corona anteriore più grande
Nizzolo utilizza pedivelle da 172,5, anche con una corona anteriore più grande
Si riesce sempre bene a lanciarsi nelle volate o si rischia di restare chiusi?

Direi di sì, anche perché comunque al massimo si può giocare coi rapporti dietro, se le volate salgono leggermente. Resta però il beneficio che mi dà durante la tappa. E’ chiaro che in volata mi dà qualcosa in più, per come interpreto lo sprint. Però lo trovo comodo anche durante il giorno.

Monti il 56 anche sulla bici da allenamento?

Esattamente. E anche a casa ritrovo le stesse sensazioni. E chiaro che qui le velocità sono più alte, per cui il 58 mi avrebbe fatto comodo. Ad esempio, il primo giorno avevo il 55 perché avevamo pensato che ci fosse vento e invece mi sono messo le mani nei capelli, perché ero proprio fuori cadenza. Lo stesso Morkov ha detto che anche lui era fuori cadenza e aveva il 56. Quindi figurate io che di solito ho anche meno cadenza di lui. 

Nella prima tappa a San Juan, che aveva qualche curva nel finale, Nizzolo si è piazzato al terzo posto
Nella prima tappa a San Juan, che aveva qualche curva nel finale, Nizzolo si è piazzato al terzo posto

Gli azzurri con il 53

E gli azzurri? I corridori di Villa, che a un certo punto è ripartito per seguire le ragazze a Montichari, lasciando la squadra a Mario Scirea, sono venuti in Argentina per fare la base e certo non per inchiodarsi le gambe. Al rientro infatti li attendono tre giorni a Montichiari prima di partire per gli europei di Grenchen. Per questo, il tecnico azzurro ha stabilito che tutti corressero con il 53. Ecco il motivo per cui nella volata della sesta tappa, Pinazzi ha chiuso al decimo posto con la sensazione che un paio di denti in più non ci sarebbero stati male.

«Sono giovane e siamo qui per fare la gamba – spiega il corridore di Parma – ma in effetti il 54 lo avrei girato bene. La sensazione è che sei lì che già frulli, vuoi buttare giù altri due denti e non puoi. Allora fai il massimo per stare lì con loro, ma quando poi raggiungono un’altra punta di velocità, tu rimani lì.

«Già a due chilometri dall’arrivo, quando si sono messi davanti i treni, io avevo già il rapporto massimo. Quindi potete già immaginare dopo, quando hanno aumentato ancora di più, quanto girassi le gambe. Allo sprint avevo 120-130 pedalate. Detto questo, poco male: fra gli U23 corro sempre con il 53, casomai dovessi passare, si potrebbe valutare diversamente».

Il salto fra i pro’

Il suo obiettivo è passare professionista, con la pista come valore aggiunto per le prestazioni ed il curriculum. L’anno scorso sono venute due vittorie, alla Vicenza-Bionde e a Misano, e il secondo al Circuito del Porto.

«Il primo passaggio – spiega – è far bene ai prossimi campionati europei su pista. E poi vorrei una bella stagione su strada, essendo all’ultimo anno da under 23. L’obiettivo è far bene, vincere tanto e passare. Ho cominciato la stagione così, un buon decimo posto, un piccolo grande risultato e speriamo di continuare così

Froome, il futuro è un grosso interrogativo

09.12.2022
3 min
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Un video sul proprio canale YouTube al momento di riprendere la preparazione e così Chris Froome ha spiegato i suoi obiettivi per il 2023.

«Combattere la generazione più giovane – recita il britannico, che in apertura è ritratto nella fuga dell’Alpe d’Huez all’ultimo Tour – sta diventando sempre più difficile. Ho ancora molta motivazione e sento di poter ancora ottenere qualcosa. Potrebbe non bastare per arrivare al livello di Pogacar o Vingegaard, perché il ciclismo è cambiato e anche il modo di correre. Tuttavia, vedo anche come stanno i più grandi, come Geraint Thomas sia comunque arrivato terzo al Tour. E come Alejandro Valverde e Vincenzo Nibali siano stati ancora in grado di vincere delle gare».

Calendario incerto

Il guaio del fare programmi alla vigilia del 2023 è che la Israel-Premier Tech non sa ancora dove correrà. E se lo sa, fa finta di non averlo capito. In quell’insolita geografia dei team dopo le prime promozioni e retrocessioni, il quadro deve ancora comporsi. L’UCI di fatto non ha ancora ratificato un bel niente. Per cui si dà per scontato che la Alpecin-Decuninck e la Arkea-Samsic siano salite nel WorldTour, mentre la Lotto-Dstny e la Israel dovranno correre tra le professional. La prima avrà tutti gli inviti, compresi i grandi Giri. La seconda parteciperà di diritto alle gare WorldTour in linea. E per il resto dovrà sperare negli inviti. Così, come nei giorni scorsi Fuglsang ci aveva raccontato la sua voglia di Giro, Froome butta lo sguardo sul Tour.

«E’ fastidioso – dice – cerco di prepararmi nel miglior modo possibile, sperando nello scenario migliore e cioè che siamo invitati alle gare più grandi. Se ciò non accadrà, troveremo un piano B. In ogni caso inizierò con il Tour Down Under a gennaio e poi vorrei concentrarmi sul Tour de France».

Thomas e Froome a lungo compagni sin dagli anni al Team Sky
Thomas e Froome a lungo compagni sin dagli anni al Team Sky

Il Covid e il cuore

La Grande Boucle come filo conduttore o un’ossessione, Froome non si rassegna e rincorre l’ombra di quel corridore filiforme che, prima dell’infortunio, piegò i rivali dal 2013 al 2017, con la sola interruzione di Nibali nel 2014.

«Invece l’anno scorso – spiega – ho preso il Covid e semplicemente non sono stato in grado di rimettermi in forma. Non mi sono mai sentito come se avessi energie da spendere. Sono andato alla Vuelta per ricostruire la forma, ma in realtà non è migliorata. Il Covid ha un forte impatto sul cuore. Non è paragonabile all’influenza, come molti pensano, soprattutto per i ciclisti professionisti. Di quelli con cui ho parlato in gruppo, molti soffrono ancora per i postumi del virus. I corridori si sentono stanchi, non raggiungono gli stessi livelli di forza, hanno frequenze cardiache diverse. E’ importante che la squadra ci abbia sottoposto a tutti i controlli medici necessari, solo per assicurarci che tutto sia a posto».

Marco Frigo è pronto a planare nel professionismo

23.11.2022
5 min
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Il finale di stagione per Marco Frigo è stato tutto tranne che fortunato, il veneto ha chiuso anzitempo il 2022 a causa di una frattura allo scafoide. La sua tenacia, però, gli ha fatto trovare subito le forze mentali per concentrarsi sul 2023. Quello che sta per iniziare è il primo anno da professionista di Frigo e la farà con la Israel Premier Tech. Frigo ha già avuto modo di assaporare il mondo dei grandi e qualche insegnamento lo ha già fatto suo. 

«Sono in Spagna – racconta al telefono – zona Alicante, principalmente per allenarmi in vista della nuova stagione. Qui abita il mio preparatore Ruben Plaza, con il quale collaboro già dallo scorso anno. Sto lavorando con lui da un paio di settimane in vista del ritiro di dicembre che avremo sempre in queste zone con la squadra». 

Al lavoro da un po’

Come detto il 2022 di Frigo è stato travagliato e particolarmente sfortunato visto che ha dovuto saltare sia il Giro d’Italia Under 23 che il Tour de l’Avenir. La sua voglia di ripartire era tanta ed allora è bastato un volo per riprendere a lavorare a testa bassa e con la ritrovata motivazione. 

«Diciamo che l’off season del mio 2022 è stato tra agosto e settembre, quindi ho iniziato la preparazione molto presto: ad ottobre. Di conseguenza sono venuto ad Alicante per gettare una bella base di lavoro più specifico. A casa avevo già iniziato a pedalare a ritmi più blandi da tre settimane. L’obiettivo di questo mese è arrivare al ritiro di squadra, che sarà dall’uno al dieci dicembre, in buona condizione».

La forma nella prima parte di stagione era buona, al Giro dell’Appennino solo una caduta lo ha escluso dai primi dieci
La forma nella prima parte di stagione era buona, al Giro dell’Appennino solo una caduta lo ha escluso dai primi dieci

Continuità

Frigo approda nel mondo dei grandi con la maglia della Israel Premier Tech, con la quale ha fatto un anno da under 23. Quello appena concluso per l’appunto.

«Il 2022 – ci dice –  mi ha permesso di conoscere lo staff e l’ambiente. Il mio preparatore, Ruben Plaza, come detto, me lo sto portando dallo scorso anno. Tutti questi dettagli mi permetteranno di rendere il gradino con i professionisti un po’ più basso. Sono estremamente contento di aver fatto questo tipo di lavoro. Già lo scorso anno ho avuto modo di mettermi in gioco con i professionisti. Prima al Gran Camino, poi con qualche gara in Belgio ed in Francia ed infine alla Vuelta a Burgos. Non posso certo dire di aver scoperto già tutto ma certe dinamiche penso di averle apprese. Sarà una doccia fredda ma non gelata».

Con la Israel Cycling Academy ha avuto modo di fare tante corse di livello medio-alto in tutta Europa
Con la Israel Cycling Academy ha avuto modo di fare tante corse di livello medio-alto in tutta Europa

La retrocessione

La Israel Premier Tech è retrocessa dal WorldTour alla fine di un percorso travagliato. Ma forse non tutti i mali vengono per nuocere, anche perché la formazione israeliana, come anticipato da Nizzolo, avrà modo di ottenere inviti alle corse WorldTour. Tuttavia, un calendario ridimensionato, potrebbe lasciare nel terreno lo spazio giusto per far germogliare il talento di questi giovani corridori. 

«Il fatto che la squadra non sia più WorldTour – riprende Frigo – a me non cambia nulla, io ho firmato con loro un triennale. E poi, alla fine, si tratta di andare forte sopra una bici e quello resterà l’obiettivo della preparazione invernale ed atletica. Se vai forte fai risultato, se non vai forte non fai risultato. L’obiettivo sarà quello di trovare spazio e di capire il proprio potenziale. Gli uomini di esperienza non mancheranno, nelle gare fatte lo scorso anno ho capito alcune cose. Quello su cui dovrò lavorare sono le distanze maggiori e la capacità di andare forte nell’ultima ora di gara. Le corse 2.1 e 1.1 oppure le 1.Pro saranno quelle più gettonate ma che saranno sicuramente un bel banco di prova per noi giovani. L’obiettivo è di ritagliarmi il mio spazio».

Figure di riferimento come Nizzolo saranno importanti per la crescita dei giovani
Figure di riferimento come Nizzolo saranno importanti per la crescita dei giovani

Piccoli passi

Marco Frigo passa professionista dopo 4 anni corsi negli under 23, un percorso netto e calibrato per entrare nel mondo dei grandi. I margini di crescita, a sua detta, ci sono ancora e vanno sfruttati. 

«Mi sono tenuto dei margini di miglioramento lavorando bene e imparando come si prepara un atleta professionista. Però sono convinto di poter migliorare ancora, già adesso sto iniziando ad aggiungere lavori mai fatti prima, come la doppia sessione: palestra e bici. Ho sempre dato il massimo ogni anno ma crescendo gradualmente. Io, su una salita di 20 minuti, vado forte come al mio primo anno da under. Solo che ora riesco a farlo al quinto o sesto giorno di una corsa a tappe o dopo molti più chilometri. Quando ero al primo anno ho vinto il campionato italiano perché andavo forte.

«Marco Frigo di 19 anni non avrebbe mai potuto avere un contratto con una WorldTour, sarebbe stato troppo. Ho fatto una crescita costante. Ed è quello che mi aspetto nei prossimi due anni, il mio campo lo conosco: le gare a tappe. Già dallo scorso anno mi sono concentrato particolarmente su questo percorso, ed un corridore con le mie caratteristiche deve passare con una base solida per non perdersi».