Girmay fa la storia. Un eritreo vince la Gand-Wevelgem

27.03.2022
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Un giorno storico. Un africano, Biniam Girmay, vince in Belgio. E’ un’altra conferma che il ciclismo sta cambiando. Anche se in questo pezzetto di storia si corre praticamente solo in Europa, il mondo del pedale sta iniziando a vedere i suoi frutti di quella globalizzazione iniziata ormai una quindicina di anni fa quando si parlava di ProTour.

Il Team Qhubeka, che in Italia prosegue con la continental, i mondiali in Ruanda nel 2025, l’argento dello stesso Girmay a Leuven tra gli under 23 lo scorso anno… anche il Continente Nero vuol banchettare al ciclismo dei grandi.

Giornata “calda” in Belgio e ritmi altissimi tra muri, tratto sterrati e pavè
Giornata “calda” in Belgio e ritmi altissimi tra muri, tratto sterrati e pavè

A Gand è storia 

Gand-Wevelgem. Cielo azzurro, un po’ di vento, sole e tanto pubblico sulle strade. I muri, i tratti in pavè. Tutti come al solito aspettano il re di casa, Wout Van Aert. Ma dalla sequenza finale dei muri esce un quartetto insidioso. Ci sono dentro Laporte, che forse blocca la corsa veramente in quanto compagno di Van Aert che dietro non tira ma continua ad essere inspiegabilmente marcato. C’è l’altro belga super atteso, Jasper Stuyven della Trek-Segafredo, e ci sono Dries Van Gestel della Total Energies e Biniam Girmay, della Intermarché Wanty Gobert.

La rincorsa del gruppo è forse tardiva, mentre loro quattro vanno d’amore e d’accordo fino agli 800 metri dal traguardo. 

Lì Girmay è un gatto. Resta in quarta ruota, non si muove. Segue gli zig-zag del gruppo. La fuoriuscita di Kragh Andersen costringe i quattro a non calare troppo il ritmo. Ai 200 metri, con un rapporto piuttosto agile, l’eritreo scarta e scatta. Esce dal trenino, si sposta alle transenne e vola via. Prende cinque metri che non saranno più chiusi. La Gand-Wevelgem numero 84 è sua. 

Pasqualon in testa al gruppo. Andrea ha controllato la corsa e ha diretto la Intermarché Wanty Gobert
Pasqualon in testa al gruppo. Andrea ha controllato la corsa e ha diretto la Intermarché Wanty Gobert

Pasqualon, capitano e amico

Un “quasi monumento” è suo. Oggi si è scritta la storia. Non è una vittoria comune. Girmay in qualche modo è un pioniere. Un pioniere che però sapeva cosa stava facendo. La consapevolezza in questo atleta c’è tutta. Anche se ha solo 21 anni.

«Che giornata – racconta Andrea Pasqualon compagno e capitano di Girmay – nel finale dietro controllavo per Kristoff, nel caso li avessimo ripresi, ma “Benny” dava sicurezza. Il nostro attacco era stato pianificato e la corsa è andata davvero secondo i nostri programmi.

«In precedenza quando avevo provato anche io ed eravamo una ventina di corridori gliel’ho detto: Benny, io o te, ma oggi dobbiamo cercare di vincere, perché la gamba c’è se siamo qui con i migliori al mondo. Poi non essendoci dentro Van Aert dietro hanno chiuso.

«A quel punto gli ho detto di tenere duro all’ultimo passaggio sul Kemmel e se possibile di anticipare. Così ha fatto e adesso ci ritroviamo con questa bella vittoria in tasca».

Parla da veterano, da capitano Pasqualon. E’ lui a tutti gli effetti il “road capitan” della Intermerché e i compagni lo seguono. Specie Girmay. I due sono stati compagni di stanza più volte e anche ieri sera.

«Tra noi due c’è un feeling particolare – riprende Pasqualon – Lo vedevo che aveva un gran gamba. Per radio gli ho detto solo di stare tranquillo e che dietro non stavano tirando forte (almeno all’inizio dell’assalto finale, ndr). Poi quando gli hanno comunicato che avevano quasi 40” forse si è anche tranquillizzato. Magari, in quel tentativo precedente, quando gli detto che eravamo coi più forti al mondo e poi si è ritrovato in fuga nel finale, si è anche caricato».

Sui muri Girmay ha mostrato un’ottima gamba
Sui muri Girmay ha mostrato un’ottima gamba

Il vento che cambia 

All’arrivo sono abbracci, sinceri. Pasqualon, Kristoff e Girmay. La squadra di Piva ha la giusta alchimia. Valerio ce lo disse in tempi non sospetti che Girmay stava andando forte. Ancora una volta aveva ragione.

Proprio in queste ore i suoi colleghi si stavano giocando il titolo continentale in Egitto. E il suo connazionale Natnael Tesfatsion faceva quarto al Gp Industria e Commercio a Larciano, lottando con Nibali, Ulissi (che ha vinto) e tanti altri campioni. Insomma, per l’Africa si è aperta una nuova strada ufficialmente.

E Girmay lo sa bene: «Questa vittoria – ha detto – la dedico al ciclismo africano, credo e spero potrà cambiare molte cose per me e per gli altri ciclisti africani.

«Il pavé? Non era molto confortevole, meglio sui muri!». Vedremo dove porterà e come si svilupperà.

«E’ un ragazzo bravissimo e serio – racconta Alex Carera, il suo manager – si sapeva che stava bene. Ha una grande voglia di arrivare. Ama il ciclismo e la sua famiglia. Pensate che ha già una bambina di due anni. In Africa vive in quota e laggiù non sempre è facile comunicare con lui, mentre quando è in Europa, vive a San Marino».

L’Italia è un po’ la Patria che lo ha adottato, anche se non ci vive ufficialmente. A maggio lo vedremo sulle strade del Giro d’Italia. Prima però dovrebbe tornare in Africa, salvo cambiamenti. «Doveva tornare questa settimana – ha aggiunto Carera – ma a questo punto non so se farà anche il Fiandre».

Pasqualon: «A Sanremo tre punte per la Intermarché»

17.03.2022
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«La mia Sanremo ideale? Pasqualon che vince in volata». Milano-Sanremo in vista, i velocisti affilano le lame. Soprattutto e velocisti dotati di fondo come Andrea Pasqualon. Il corridore della Intermarché Wanty Gobert ha disputato una buona Tirreno-Adriatico tutto sommato.

Caduto in Algarve, sta superando un piccolo problema al ginocchio. Due piccole ferite, due “buchi” che hanno impiegato un po’ più del dovuto per rimarginarsi, ma che per stessa ammissione del veneto non gli hanno dato problemi.

Il vicentino ha tenuto spesso duro durante la Tirreno. Non è mai arrivato col gruppetto dei velocisti nelle tappe dure
Il vicentino ha tenuto spesso duro durante la Tirreno. Non è mai arrivato col gruppetto dei velocisti nelle tappe dure

Fatica alla Tirreno 

Andrea Pasqualon ha lavorato come voleva: un grosso volume alla Tirreno e lame affilate alla Milano-Torino. In quest’ultima corsa ha affinato la condizione. Vediamo quindi come si prepara un velocista alla Classicissima.

«Ho svolto un bel lavoro sin qui per la Sanremo… Sicuramente il lavoro della Tirreno ci servirà sicuramente per la Sanremo. E servirà soprattutto per un corridore delle mie caratteristiche, che tiene ed è veloce. La Sanremo esige sicuramente un grande ritmo e con un livello di corridori del calibro che abbiamo avuto alla Tirreno (e alla Milano-Torino, ndr) sicuramente questo ritmo è stato fatto».

La Tirreno, così come la Parigi-Nizza, resta centrale per affrontare con la miglior gamba possibile la Sanremo.

«Il tempo, anche se è stato freddo, ci ha aiutato, non abbiamo preso acqua e questa è la cosa fondamentale in ottica Sanremo».

Pasqualon scherza con Girmay. Ieri tutte e tre le punte (anche Kristoff) della Intermarché erano alla Milano-Torino
Pasqualon scherza con Girmay. Ieri tutte e tre le punte (anche Kristoff) della Intermarché erano alla Milano-Torino

Nuovo avvicinamento

E’ cambiato un po’ il calendario. Una volta la corsa dei Due Mari finiva al martedì e il sabato c’era la Sanremo. Quest’anno invece la corsa è finita prima (domenica) e nel mezzo c’è stata la Milano-Torino.

Una volta si coglieva anche l’occasione di sfruttare la tappa lunga della Tirreno per fare la distanza in vista dei 300 chilometri della Classicissima. Si allungava dopo la corsa. Adesso invece non si fa quasi più, e semmai si cerca di partire prima, non di allungare dopo.

«Le distanze delle tappe – spiega Pasqualon – della Tirreno sono state giuste pensando alla Sanremo, abbiamo fatto frazioni anche intorno ai 220 chilometri, pertanto non abbiamo bisogno di fare molto più lavoro. E poi le tappe erano anche abbastanza dure, sempre con un bel po’ di dislivello. Anzi, semmai il problema è riuscire a recuperare bene perché alla Sanremo bisogna veramente arrivare con tutte le energie possibili».

«C’è questa tendenza di fare una grande distanza qualche giorno prima della Milano-Sanremo e magari qualcuno farà qualcosa prima del via della Milano-Torino, però io penso che dopo una settimana di Tirreno, non serve “buttar dentro” altro.

«La Tirreno-Adriatico è una corsa tosta e da parte mia ho cercato sempre non di stare nell’ultimo gruppetto, quello dei velocisti, ma di rimanere con i migliori 40-50. Per esempio ho fatto così anche nel giorno di Fermo, che non era proprio una tappa per me. Tutto questo appunto per cercare di fare più qualità e più fatica possibili. Proprio per  vivere in modo più rilassato questa settimana, Milano-Torino a parte».

Kristoff (a destra) terzo alla Milano-Torino di ieri, antipasto della Classicissima
Kristoff (a destra) terzo alla Milano-Torino di ieri, antipasto della Classicissima

Tre punte in Liguria

La Intermarché Wanty Gobert sta crescendo. Pasqualon sta bene, Kristoff ha vinto e più volte i ragazzi di Valerio Piva hanno dimostrato di non sfigurare nei confronti degli squadroni. Anche ieri alla Milano-Torino è stato protagonista in volata, terzo alle spalle di Cavendish e Bouhanni.

«Alla Milano-Sanremo – spiega Pasqualon – abbiamo diverse pedine da giocare. Saremo una  una squadra che sicuramente non aspetterà il finale. Vogliamo, e abbiamo, la possibilità anche di muoverci prima. Vedremo… Perché oltre a me e Kristoff c’è Girmay, l’altro velocista che si è ben comportato alla Parigi-Nizza. Per noi superare il Poggio resta il momento cruciale».

Per superare il Poggio oggi non è sufficiente che le gambe siano al massimo. Anche la bici e tutto il resto deve essere al top. In Intermarché le nuove Cube Litening C:68X sembrano dare responsi molto buoni e in particolare piacciono le ruote Newmen con canale più largo.

«A livello di materiali siamo ben messi – dice Pasqualon – adesso un po’ tutti stiamo usando i tubeless che è davvero più scorrevole. Per quanto riguarda i rapporti: il 54 di sicuro, ma forse anche un 55 ci potrà stare. Bisognerà valutare bene come sarà il vento in finale. In ogni caso, oggi servono rapporti davvero lunghi perché altrimenti non si riesce neanche più a stare al passo. Bisogna guardare ad ogni minimo particolare».

Intermarché al Giro per la classifica di “Pozzo” e per le tappe

09.03.2022
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L’anno scorso sono stati tra i più attivi al Giro d’Italia. Hanno attaccato, hanno vinto una tappa con Taco Van der Hoorn e quest’anno come si comporteranno i ragazzi di Valerio Piva? Alla Intermarché Wanty Gobert, infatti, è arrivato all’ultimo secondo (per non dire ai tempi supplementari) Domenico Pozzovivo.

“Pozzo” è un corridore importante e non ha nascosto la sua voglia di fare classifica nella corsa rosa. Dove potrà arrivare dunque? Cosa può dargli la squadra? Per adesso sta correndo alla Tirreno-Adriatico. E lo scorso giorno lo abbiamo visto alla Strade Bianche, con la bici da crono già pronta in caso di ritiro. Cosa più che plausibile su un percorso del genere per uno scalatore super puro come lui. Il lucano non voleva perdere neanche un secondo di allenamento.

Valerio Piva (classe 1958) è alla Intermarché Wanty Gobert dal 2021
Valerio Piva (classe 1958) è alla Intermarché Wanty Gobert dal 2021
Valerio, come cambiano i vostri piani con l’arrivo di Pozzovivo?

Cambiano in meglio! Abbiamo un corridore che è un leader e lo sarà anche al Giro. Lui e Lorenzo Rota proveranno a fare classifica. Quello di Domenico è un inserimento importante. E’ un tipo di corridore che non avevamo e va a completare il nostro organico. Ci può dare una grossa mano, può fare risultato e, cosa molto importante, ha grande esperienza.

E quale potrebbe essere un obiettivo concreto al Giro?

Una top 10 nella generale credo possa essere alla portata e un buon obiettivo per noi.

Cambierà il vostro modo di correre?

Credo proprio di no! Le caratteristiche della nostra squadra sono quelle di cercare una vittoria di tappa. Di certo non posso sacrificare tutti i giorni, tutti gli uomini per ottenere un decimo posto. E questo Domenico lo sa bene. Con lui, come ho detto, ma anche con Rota e Girmay possiamo fare bene, cercare qualche tappa. Certamente Pozzovivo sarà sostenuto dal team, ma bisogna anche essere realisti: non abbiamo Pogacar che vince quasi certamente il Giro e gli si mette a disposizione l’intero team. E poi dipenderà anche dagli avversari, da come si muoveranno, dalla corsa…

Come sta andando il suo inserimento?

Ci stiamo conoscendo adesso. Sono quattro giorni in pratica che ce l’ho sottomano. Però “Pozzo” è un vero professionista. Ha passato un inverno anomalo perché si è allenato come se avesse una squadra pur senza contratto. Non ha mai mollato. Ha fatto i suoi ritiri, l’altura. E infatti si è presentato in buone condizioni.

Anche se qualcuno aveva già più giorni di corsa nelle gambe…

Sì, ma stava bene. Non era così indietro. Certo, su alcune cose ancora doveva trovare il feeling giusto. Per esempio la bici da crono l’ha usata una sola volta prima di Camaiore. E di certo non è stata la sua miglior crono della carriera. Ma è stato fatto tutto così all’ultimo minuto e di fretta che ci sarà tempo per sistemare le cose. Però è motivato e anche ieri mi ha detto di aver avuto buone sensazioni in corsa.

E con Rota in particolare come va?

E’ la prima corsa che fanno da compagni di squadra. Non credo si conoscessero molto. Ma non penso che tra loro ci saranno problemi, almeno da quello che ho visto. Domenico sa bene come ci si comporta in un team nuovo… Noi non abbiamo un solo leader. Da noi tutti hanno le possibilità. Se ci sarà da dare una mano la darà anche Pozzovivo, così come Rota,

No, no, ma noi intendevamo il contrario: quanto l’esperienza di Pozzovivo potrà essere una risorsa per Lorenzo…

Ah, di sicuro tanto. Lorenzo non ha ancora fatto tutto quello che ha fatto Domenico. Lo potrà aiutare nel suo percorso. Uno serio come lui ha molto da insegnare, a Lorenzo come a tutta la Intermarché.

A proposito di serietà, sappiamo che Domenico ama avere tutto sotto controllo. Vi ha chiesto di vedere qualche tappa?

Ah beh… non credo che Pozzovivo debba vedere ancora qualche tappa o qualche salita: a parte quelle in Ungheria ormai le conosce tutte! Se ci sarà la possibilità, e lui vorrà vedere qualcosa in particolare, cercheremo di accontentarlo. Ma vediamo. Abbiamo una riunione tecnica sul Giro proprio prima della Sanremo. Poi lui tornerà anche in altura. E’ tutto in divenire. Intanto vediamo come va questa Tirreno, è qui che ha iniziato davvero con me.

Nalini Ergo Shield Jacket: uno scudo per l’inverno

09.02.2022
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Pedalare ed allenarsi in inverno è complicato ed il materiale tecnico deve essere di primo livello. L’esercizio fisico fa produrre calore al nostro corpo anche alle temperature più rigide, per questo diventa fondamentale la traspirabilità del vestiario. Tuttavia, non bisogna dimenticarsi di proteggersi dalle basse temperature e da tutte le condizioni meteorologiche. Nalini, nella stagione 2022 vestirà due squadre WorldTour: Team DSM e Intermarché Wanty Gobert Materiaux.

Grazie agli anni di lavoro con i pro’, il brand lombardo ha perfezionato e implementato i propri prodotti e nella sua nuova collezione autunno-inverno della linea Ergo, il top di gamma, presenta la Ergo Shield Jacket.

La Ergo Shield Jacket grazie al tessuto termico a tre strati protegge e crea una barriera agli agenti climatici
La Ergo Shield Jacket grazie al tessuto termico a tre strati protegge e crea una barriera agli agenti climatici.

Uno scudo per l’inverno

Shield in inglese vuol dire appunto scudo e la giacca di Nalini è stata progettata proprio per creare una barriera contro il clima invernale.

La membrana esterna è idrorepellente ed antivento, la traspirabilità è garantita da due aperture, regolabili con zip, poste sotto le ascelle. La scelta di questo metodo di aerazione permette di regolare la temperatura interna senza dover aprire la giacca evitando così spiacevoli sbalzi termici.

Dettagli tecnici

La Ergo Shield Jacket è dotata di due flap posteriori, in zona scapolare, che permettono la fuoriuscita del calore. La zip di chiusura è totalmente apribile con all’interno una membrana antivento per una maggiore protezione.

Le tasche sono in totale sei: cinque posteriori ed una anteriore. Le tasche posteriori sono su due livelli, le classiche tre e due aperture superiori. Sono dotate di una membrana 3D che permette di scaricare la pioggia in eccesso.

Le estremità delle maniche sono idrorepellenti e antimacchia, invece, il fondo della giacca ha un elastico grippante per non perdere la vestibilità durante la pedalata.

Il range di temperatura consigliato per l’utilizzo è tra i meno 2 e i 5 gradi, è inoltre dotata di dettagli rinfrangenti per garantire maggiore visibilità al ciclista.

Il prezzo è di 229 euro.

Nalini

Riccardo Minali entra in Alé: un’occasione da cogliere al volo

21.01.2022
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Vi ricordate di Riccardo Minali, il giovane velocista e promessa del ciclismo azzurro, fino al 2021 professionista con la Intermarché Wanty Gobert?

Il veronese, in apertura con Alessia Piccolo, ha chiuso la propria attività di corridore lo scorso 31 dicembre per entrare in un’altra squadra, certamente diversa da un team WorldTour, tuttavia ugualmente competitiva e strutturata per vincere gare diverse. Quelle che si corrono tutti i giorni, sette giorni su sette, nel mercato dell’abbigliamento cycling. Minali infatti indosserà la maglia di Alé Cycling, il brand veronese, fondato nel 2014, che ha ufficializzato la “new entry” aziendale che merita di essere raccontata.

Riccardo si è allenato fino a pochi giorni fa, poi ha accettato la provvidenziale offerta di Alé Cycling
Riccardo si è allenato fino a pochi giorni fa, poi ha accettato la provvidenziale offerta di Alé Cycling

Una lunga storia

Minali è diventato professionista nel 2017 con l’Astana dopo 14 vittorie da U23 con il Team Colpack. Conclusi i due anni nel team kazako, è passato nella Israel Cycling Academy, poi una stagione alla Nippo-Delko e il 2021 con la Intermarché-Wanty-Gobert, vincendo in questi cinque anni due tappe al Tour de Langkawi e ottenendo diversi piazzamenti. Riccardo conosce molto bene Alé; per i trascorsi agonistici, per il rapporto di amicizia con Alessia Piccolo e con la famiglia Zecchetto, sia perché suo padre Nicola, velocista da 50 vittorie, lavora invece in DMT.

«Mi viene da sorridere – ci ha confidato Minali, che abbiamo intervistato in sede – se penso che una delle vittorie da juniores più belle l’ho colta proprio davanti a questo stabilimento. E sul palco mi fecero indossare una maglia Alé… Forse una delle prime prodotte, considerando che vinsi proprio quando il marchio era appena partito».

Riccardo Minali nel laboratorio di sartoria per testare in prima persona i prodotti Alé
Riccardo Minali nel laboratorio di sartoria per testare in prima persona i prodotti Alé
Riccardo, cosa significa questo ingresso in Alé? 

Per me significa davvero tantissimo. Alessia Piccolo, che di Alé è la general manager, mi ha letteralmente dato questa importante carta da giocare. In pochi giorni sono sceso dalla bicicletta e sono entrato nel mondo del lavoro. Mi ritengo fortunato, perché ci entro dalla porta principale, andando a rappresentare uno dei marchi leader al mondo per quanto riguarda la produzione di abbigliamento per il ciclismo.

Quale sarà il tuo ruolo?

Qui viene il bello… Alessia ha una grandissima energia, che oggi vuole ancor di più trasmettere all’azienda andando a riorganizzare alcune attività. Ringiovanendo alcune funzioni e soprattutto costruendo un gruppo competente, appassionato e con tanta voglia di far bene. In questo momento mi sto muovendo a tutto tondo. Affianco gli agenti nei negozi, partecipo alle riunioni con i creativi (bellissima quella di lunedì scorso di presentazione della prossima collezione PR.S…), tengo i rapporti con i team e di conseguenza con i corridori che forniamo.

Riccardo Minali con papà Nicola e mamma Monica dopo la vittoria al Gp Fiera del Riso 2015 (foto Scanferla)
Minali con papà Nicola e mamma Monica al Gp Fiera del Riso 2015 (foto Scanferla)
Che cosa pensi di portare in azienda?

Ho il vantaggio di avere tanta voglia di imparare. Ho l’esperienza del corridore, so cosa vuol dire e soprattutto quanto sia fondamentale vestirsi bene in bicicletta. Alessia mi sta dando moltissima fiducia e vede un’azienda in costante trasformazione. Quello che farò sarà dare il massimo, inserirmi in fretta, e ripagare questa fiducia che mi oggi stimola moltissimo.

Se dovessi definire due caratteristiche essenziali dei prodotti Alé, che cosa ti salta subito in mente?

Solo tre? Battute a parte rispondo di getto dicendo la vestibilità, la qualità dei materiali unitamente all’attenzione maniacale al confezionamento del capo. In pratica… la collezione Klimatik!

Spiegaci meglio…

La vestibilità di Alé è proverbiale. Fidatevi di uno che fino ad oggi sulla bicicletta ci ha praticamente vissuto, avendo pedalato tutti i giorni ininterrottamente dai 6 ai 26 anni. Non conosco un corridore dei team WorldTour con i quali collaboriamo (quest’anno BikeExchange, Bahrain Victorious e Groupama FDJ, ndr) che si sia mai lamentato dei nostri capi. E l’abbigliamento indossato dai pro’ è esattamente lo stesso che l’azienda propone a tutti gli amatori e dunque alla propria clientela nel mondo. I materiali poi sono a dir poco eccezionali: confezionati in Italia da mani espertissime, con esperienza più che trentennale, e spesso abbinati a quelle grafiche originali che da sempre distinguono con evidenza Alé dal resto del gruppo.

Riccardo ha visitato tutti i reparti della sede di Alé per prendere confidenza con il nuovo incarico
Riccardo ha visitato tutti i reparti della sede di Alé per prendere confidenza con il nuovo incarico
E perché Klimatik?

Perché Klimatik è la collezione Alé che preferisco. Una vera e propria icona. Il top secondo me per chi deve vincere il freddo anche nelle giornate più difficili. Torno a dire, fidatevi di uno che l’anno scorso in occasione della tappa con arrivo a Cortina d’Ampezzo quasi non finiva il Giro d’Italia per via di un abbigliamento non all’altezza.

E allora, in bocca al lupo Riccardo per questo tuo nuovo percorso. Da adesso in poi, proprio come nella tua carriera ciclistica, serviranno tanta forza e molta testa: qualità alle quali andranno aggiunti quegli “ingredienti magici” nei quali Alé fermamente crede e che si chiamano passione e cuore.

Nalini veste il team Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux

18.01.2022
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Dopo aver comunicato ai primi di dicembre la partnership con il Team DSM, nei giorni scorsi Moa Sport ha ufficializzato la collaborazione con un altro team WorldTour. Si tratta della Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux al secondo anno nel massimo circuito del ciclismo mondiale che vestirà completi firmati Nalini.

Nalini, un brand di riferimento

Jean-François Boulart, general manager della formazione belga, non ha nascosto la sua soddisfazione per il nuovo partner tecnico.

«Sono lieto di questa nuova partnership – ha detto – Moa Sport, di cui il marchio Nalini è punta di diamante, è un punto di riferimento iconico nel mondo del ciclismo. Ha già vestito e continua a vestire molti grandi campioni. Condividiamo gli stessi valori non solo professionali e siamo mossi dal desiderio costante di migliorare. I loro designer – ha aggiunto – hanno disegnato per noi un outfit elegante ed essenziale, mantenendo i colori che consentono a Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux di distinguersi in gara. Aspetto solo di vederli per la prima volta in azione!».

Andrea Pasqualon è uno dei tre corridori italiani del team Intermarchè Wanty insieme a Lorenzo Rota e Simone Petilli
Pasqualon è uno dei tre italiani del team insieme a Rota e Petilli

La nuova divisa

La nuova divisa conferma i colori tradizionali che hanno reso facilmente riconoscibile in gruppo i corridori del team belga. Le maniche di colore giallo fluo e blu navy si fondono perfettamente con il bianco che domina il busto. Qui troviamo gli sponsor principali che danno il nome alla squadra:  Intermarché, Wanty e Gobert Matériaux. Sempre sul busto ecco apparire una novità per la stagione 2022. Si tratta della Vini Zabù, realtà italiana da quest’anno sponsor del team.

Restando alla maglia, nella parte alta ecco i loghi dei partner tecnici della stagione 2022: Cube, DMT, Force e naturalmente Nalini il cui logo è presente anche sul retro della maglia e sui pantaloncini.

Dal momento che in squadra sono presenti anche diversi campioni nazionali, le maglie del norvegese Sven Erik Bystrøm, del sudafricano Louis Meintjes, dell’ungherese Barnabás Peák e dell’estone Rein Taaramäe, richiamano i titoli nazionali conquistati in carriera. La divisa di Alexander Kristoff presenta invece un richiamo al titolo di campione europeo conquistato ad Herning nel 2017.

La foto ufficiale di presentazione della nuova divisa firmata da Nalini
Presentazione della nuova divisa firmata da Nalini

Legati al territorio

La Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux è ambasciatrice della Regione Vallone il cui logo è presente sulla maglia e sui pantaloncini. Quello del legame con la propria terra è un aspetto che ha voluto rimarcare Claudio Mantovani, titolare di Moa Sport.

«Iniziamo con entusiasmo – ha detto – questa partnership con la squadra Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux. Un team che è cresciuto molto negli ultimi anni, pur mantenendo un forte legame con il territorio. E’ una realtà importantissima del ciclismo e questa fedeltà alle proprie origini, alle radici, ci trova assolutamente in linea nei principi e negli sforzi che anche la nostra azienda porta avanti in maniera concreta. Nalini produce infatti quasi totalmente ancora in Italia, rappresentando una realtà lavorativa di primaria importanza. Ci auguriamo che questo sodalizio, che ci vede così simili e vicini nei valori, sia fruttuoso per noi e per il ciclismo in generale».

Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert, quella che sta per iniziare sarà la sua seconda stagione
Piva 2021
Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dal 2021

Tanta Italia

Nalini andrà a vestire una formazione che presenta al suo interno una forte matrice italiana. Nella Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux ricopre con successo il ruolo di direttore sportivo Valerio Piva. Sono italiani alcuni atleti della squadra. Si tratta di Andrea Pasqualon, Lorenzo Rota e Simone Petilli. Con loro l’obiettivo è di ripetere quanto fatto di buono nel 2021 a partire dalla vittoria di tappa al Giro d’Italia ottenuta da Taco Van der Horn.

Nalini

L’anno esplosivo della Intermarché-Wanty. Un viaggio con Piva

28.12.2021
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La Intermarchè-Wanty Gobert è stata la “Cenerentola” del WorldTour in questa stagione 2021. Entrata quasi in punta di piedi, la squadra belga si è saputa difendere alla grande… tra le grandi. E una certa fetta di merito è sicuramente anche di Valerio Piva, diesse di lungo corso.

Piva era stato in squadre di livello mondiale come la T-Mobile e la BMC e ha saputo mettere la sua esperienza al servizio anche di questo “giovane” team.

Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Valerio, archiviate un buon 2021…

Siamo contenti, se mi avessero detto ad inizio stagione che sarebbe andata così ci avrei messo la firma. Chiaramente non è stato facile ma ci abbiamo creduto. E dire che l’inizio non è stato buonissimo.

Perché?

Soprattutto nelle classiche delle pietre ci aspettavamo qualcosa di più. Le cose sono iniziate ad andare meglio dalle Ardenne in poi e al Giro d’Italia è definitivamente cambiata la fisionomia del gruppo e della stagione. La vittoria di Taco Van der Hoorn ha inciso molto. Da lì in poi, e soprattutto a fine stagione, siamo sempre stati presenti e protagonisti.

Cosa non ha funzionato nelle classiche delle pietre?

Non abbiamo raccolto quello che speravamo. Non che volessimo vincere il Fiandre e la Roubaix, ma volevamo far vedere di più. Essere più protagonisti, entrare in qualche fuga importante. Poi chiaramente siamo consapevoli che non avevamo le qualità umane ed atletiche per poter primeggiare. Il nostro leader era Thomas De Gendt che ha avuto qualche problema alla Tirreno. E lo stesso Danny Van Poppel ci ha messo un bel po’ a riprendersi.
Potevamo avere più fortuna nella prima classica, l’Het Nieuwsblad: ne avevamo quattro in fuga e ci aspettavamo una buona volata da Pasqualon, ma una caduta ha compromesso tutto e abbiamo perso un’ottima occasione per partire con il piede giusto… Insomma, tra malattie e sfortune non abbiamo raccolto molto all’inizio.

Però nelle Ardenne già è andata meglio…

Abbiamo fatto un’ottima Freccia con Quinten Hermans. E siamo stati protagonisti alla Liegi con Vliegen e Rota. Noi sappiamo che per essere nel vivo dobbiamo anticipare, anche se penso che il prossimo anno con Rota possiamo iniziare a giocarcela diversamente. Lorenzo ha dimostrato di esserci. A San Sebastian sarebbe arrivato coi primi se non gli fosse caduto davanti Honorè. E anche alla Tre Valli Varesine è andato molto bene. Io mi aspetto tanto da lui nella prossima stagione.

Hai detto che al Giro è cambiato il vento. Come mai? Avete aggiustato il tiro voi direttori o è stato un qualcosa che è venuto da solo?

No, ci abbiamo lavorato. Sin dall’inizio della stagione abbiamo posto degli obiettivi ed abbiamo parlato con i corridori. Per esempio alla vigilia della Freccia del Brabante, mentre era in ritiro in altura, mi ha chiamato proprio Taco. Mi chiese cosa ne pensassi di lui al Giro. Io gli dissi che non avevamo un leader per la classifica generale. E che una volta aiutati Pasqualon e Minali per le volate avremmo dovuto anticipare, attaccare. E in questo lui è stato molto serio. In passato già avevo corso così con altri team. Avevamo visto bene le tappe dove poter fare qualcosa. Vincere alla terza frazione ti salva e ti rende tranquillo per il resto della corsa. Infatti poi tutti hanno provato e i ragazzi hanno corso con lo spirito giusto.

E si è visto, avete corso con cognizione di causa, non siete venuti in Italia a “portare a spasso” la bici…

Sono occasioni che noi non possiamo lasciarci sfuggire. Non abbiamo l’uomo di classifica e neanche il velocista che poteva vincere. Magari quest’anno con Thijssen e qualche altro giovane cambierà qualcosa e potremmo correre per vincere le volate. Così come con Kristoff avremo qualche opportunità in più nelle classiche. Le correremo in un altro modo o quanto meno con altre gerarchie.

Valerio, portaci nel metodo Wanty. Avete dei preparatori vostri o lasciate fare ai corridori? Come vi organizzate?

Abbiamo un gruppo di allenatori già buono, che è stato anche potenziato. Il nostro capo performance è Aike Visbeek, l’ex diesse di Dumoulin quando l’olandese vinse il Giro d’Italia. È lui che fa i programmi dei ragazzi. Chiaramente ci riuniamo tutti quanti. Già per questa stagione ci siamo incontrati tre volte. E a breve riprenderemo il tutto nel ritiro di gennaio. C’è Frederik Veuchelen, ex corridore della Wanty. C’è Ioannis Tamouridis, un greco che lavorava alla Seg. In più ci appoggiamo ad un gruppo tra Belgio e Olanda che si chiama Cycling Lab. Poi qualche ragazzo ha l’allenatore personale ma noi chiediamo a tutti i nostri atleti di utilizzare Training Peaks, così che possano essere sempre controllati dai nostri preparatori. Per il resto ogni direttore sportivo ha i suoi 6-7 corridori di riferimento. Abbiamo una nutrizionista che fa parte dell’università di Gand. Siamo andati in galleria del vento e in pista per migliorare posizioni e materiali.

Tutto questo lo facevate anche in passato o da questa stagione?

Da questa stagione, da quando siamo diventati una WorldTour. Chiaro che essendo arrivato tutto di colpo non si poteva fare tutto insieme. Abbiamo iniziato con le cose indispensabili e man mano stiamo facendo sempre qualcosa di più. Per esempio lo scorso anno abbiamo fatto dei ritiri solo in alcuni momenti chiave della stagione, quest’anno cercheremo di farne qualcuno in più. Dobbiamo utilizzare al meglio il budget che abbiamo a disposizione che non è certo lo stesso di Ineos, UAE o Jumbo.

Cosa ti aspetti dal 2022? Sarai contento se…

Ah, ah – ride Piva – Sarò contento se faremo meglio di quest’anno! L’obiettivo, con 18-20 squadre, è quello di restare nel WorldTour. Noi la licenza l’abbiamo acquistata dalla CCC, ma vogliamo mantenerla. E dal prossimo anno per mantenerla bisognerà fare i punti per restare in classifica. Quest’anno siamo stati quattordicesimi, ma per restare nel WorldTour contano i punteggi degli ultimi tre anni, pertanto bisognerà fare ancora meglio.

Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Una sfida non facile…

No, non è facile ma con Kristoff qualche ambizione in più ce l’abbiamo. Come ripeto, da Rota mi aspetto molto. E c’è Ghirmay. Lui può essere la sorpresa del prossimo anno, è già arrivato secondo al mondiale, ha vinto e ci crediamo molto. Per me è un talento.

La Wanty ha riscosso molta simpatia in Italia per il modo con cui ha interpretato il Giro. E per voi in squadra è stata una sorpresa la corsa rosa?

Vi dico questo, il Belgio è forse la nazione numero uno al mondo per il ciclismo. Lo è per i team, ha tre WorldTour, ma anche per i tifosi. Qui ogni giorno c’è il ciclismo alla TV. Per esempio mentre sto parlando con voi stanno dando un cross. Quindi su una squadra come la nostra c’è molta attesa. Il Giro è molto seguito in Belgio, non dico come il Tour, che te lo danno dalla sera alla mattina, ma neanche è il “brutto anatroccolo”. Non potevamo non essere pronti. Per quel che riguarda l’Italia c’è sempre molto interesse. Pensiamo al cibo, ai vini, alla moda… e poi al Giro ha vinto Merckx in passato. Tra Italia e Belgio c’è un legame stretto.

«Io – aggiunge Piva – Al prossimo Giro ci sarò. Da italiano ci metto del mio per far sì che la squadra possa andare forte».

Col Toscana e la Sabatini ecco le classiche italiane d’autunno

15.09.2021
4 min
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Con il Giro di Toscana, partito da pochi minuti si apre la serie delle gare italiane. Gare che hanno fatto la storia, che incidevano moltissimo per la definizione delle nazionali che i cittì avrebbero schierato poi al mondiale. Le gare della tradizione: del riscatto per alcuni, del “sorriso” per altri che tutto sommato la loro stagione l’avevano fatta e anche bene. L’atmosfera è unica, soprattutto per i corridori italiani.

Quest’anno, le prime due della lista sono il Giro di Toscana, appunto, e la Coppa Sabatini. E a presentarcele è Andrea Pasqualon. Il portacolori della Intermarché-Wanty Gobert ha vinto a Peccioli nel 2017 (foto in apertura, ndr) e ha fatto bene al Toscana l’anno scorso: chi meglio di lui può guidarci in questo viaggio?

Pasqualon in azione a Peccioli l’anno scorso. Questo tratto arriva poco dopo il tornante che dà inizio alla salita finale
Pasqualon in azione a Peccioli l’anno scorso. Questo tratto arriva poco dopo il tornante che dà inizio alla salita finale

Sabatini: occhio al tornante finale

«La Coppa Sabatini – spiega Pasqualon – è una gara che mi piace molto. E’ adattissima alle mie caratteristiche con quel chilometro finale in salita. E’ per corridori veloci, ma che tengono in salita. Poi sarà che arriva in un periodo della stagione in cui di solito sono abbastanza in forma e mi risulta “facile” andare bene.

«La gara prevede due circuiti sostanzialmente. Recentemente hanno introdotto uno strappo molto impegnativo anche nel primo, che in passato era più facile. Immagino lo abbiano fatto su richiesta di Cassani, per rendere la corsa un po’ più dura. E credo proprio che si farà sentire nel finale.

«Poi si entra nel circuito finale. Questo è caratterizzato dalla salita che porta all’arrivo (che nei vari passaggi continua un po’, il traguardo infatti non è proprio in cima). Il punto chiave? La curva che porta al chilometro finale dove inizia la salita. E’ importante avere una squadra che ti porti in buona posizione per questo tornante a sinistra che arriva dopo un bel rettilineo. Se lì resti indietro sprechi molto per risalire e non hai abbastanza energie per la volata dove è importantissimo scegliere il momento giusto».

La selezione per le nazionali alza il livello. Qui l’esordio di Colbrelli con la maglia di campione europeo al Toscana (con Cassani)
La selezione per le nazionali alza il livello. Qui l’esordio di Colbrelli con la maglia di campione europeo al Toscana (con Cassani)

Livello alto

Prima Pasqualon ha detto che gli riesce facile, ma quando ce lo ha detto sorrideva anche. Ci ha spiegato che è un facile relativo, soprattutto quest’anno che al via ci sono molte squadre World-Tour.

«Se si va a vedere l’albo d’oro di queste gare vengono i brividi ed anche quest’anno il livello è molto alto – racconta Pasqualon – La Deceuninck-Quick Step ho visto che ha uno squadrone e lo stesso la Bahrain Victorious che sarà tutta per Colbrelli. La corsa, in generale è molto nervosa quindi avere una buona squadra sarà importante».

Dire “Colbrelli” di questi tempi è come dire Leuven, il mondiale. Queste gare sono molto importanti ai fini della nazionale che vedremo in Belgio. Colbrelli ci punta forte e la Sabatini, visto il percorso belga, è un banco di prova ideale… anche per guadagnarsi il posto.

«Io ho parlato con Cassani – spiega Pasqualon – ma nulla più. E’ giusto che segua da vicino queste gare per fare la sua nazionale. Da parte mia farò di tutto per farmi trovare pronto. Se dovesse chiamarmi sarebbe un qualcosa di speciale, ma bisogna meritarselo».

Il Monte Serra è la palestra della Vini Zabù, la cui sede non è distante da questo valico

Il Giro di Toscana

Da Peccioli, ci spostiamo a Pontedera, una ventina di chilometri più a Nord. In realtà sarebbe il contrario visto che a Pontedera si corre oggi e a Peccioli domani, ma insomma la zona è quella.

«Il Giro di Toscana – dice Pasqualon – è senza dubbio più duro della Coppa Sabatini. Io per esempio sarò di aiuto alla squadra oggi, mentre sarò leader a Peccioli. Il punto chiave è il Monte Serra. E’ una salita vera. Fatta due volte diventa dura. Ma un Colbrelli in forma di questi tempi può tenerla bene. Di solito arrivano sempre in tre-quattro davanti e un gruppetto dietro. Il Serra è ad una ventina di chilometri dal termine, cinque dei quali sono in discesa. Un Evenepoel che scappa potresti non riprenderlo più. L’arrivo poi è largo. C’è una sola curva verso destra, ma non è vicinissima.

«Dove è più importante la squadra tra queste due gare? In entrambe le corse. Ma oggi la squadra è sempre fondamentale. Ti permette di stare di più tranquillo e di spendere molto meno».

Christian Eiking Odd, la fuga che aprì gli occhi del gruppo

31.08.2021
4 min
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La sesta tappa dell’Österreich-Rundfahrt (Giro d’Austria) del 2018 fu un vero e proprio calvario. Dopo i primi chilometri totalmente piatti, percorsi a furia di scatti e tentativi di fuga, cominciò la prima salita che scollinava a Schanzsattel di circa 7,5 chilometri con pendenza media al 6 per cento. Dopo vari tentativi a inizio salita, la prima fuga prese spazio a seguito di un’azione, forzata in particolare dal kazako Alexey Lutsenko, che insieme allo sloveno Mohoric (unico a tenere il suo ritmo) fecero il vuoto, iniziando una lunga cavalcata a due. Dietro però il gruppo si scompose in moltissime parti. Tra i primi inseguitori rimanemmo in cinque.

Il norvegese è esploso durante la Vuelta Espana, vestendo la maglia rossa di leader della classifica generale
Il norvegese è esploso durante la Vuelta Espana, vestendo la maglia rossa di leader della classifica generale

I corridori in fuga

Oltre al sottoscritto, in maglia Bardiani-Csf, nel gruppo degli inseguitori c’erano Angel Madrazo che correva per il team Delko Marseille. Lachlan Morton del team Dimension Data. Il campionissimo belga Wout Van Aert che allora correva ancora per il team Vérandas Willems-Crelan e udite, udite… l’attuale maglia rossa della Vuelta a Espana: Christian Eiking Odd, in forza alla Wanty-Groupe Gobert.

Eiking Odd nella corsa di casa (Artic Race of Norway del 2019), dove ha sempre ben figurato
Eiking Odd nella corsa di casa (Artic Race of Norway del 2019), dove ha sempre ben figurato

Giornata dura

Il percorso ci metteva a dura prova. La resistenza vacillava un po’ per tutti, specialmente dopo le prime durissime tappe. A tenere unito il “gruppetto” pensò proprio Eiking Odd, il quale pedalava con estrema facilità, specialmente nei tratti più difficoltosi. Al punto che sull’ultima salita di Kreuzwirt di 11 chilometri, per cercare di ridurre il distacco dai due fuggitivi, si mise in testa a fare il ritmo, riuscendo quasi a riportarci su Mohoric e Lutsenko.

Purtroppo non riuscimmo a riprendere i due fuggitivi, anche perché il ritmo imposto da Eiking Odd ci mise tutti in difficoltà e lui non trovò collaborazione da parte nostra. Tra crampi e caldo asfissiante, aspettavamo tutti con ansia la discesa per poter recuperare qualche energia. Fu talmente forte il forcing del norvegese che riuscì a staccare Van Aert, che successivamente non riuscì più a riprenderci.

E’ anche un ottimo discesista, oltre che un bravissimo scalatore. Foto del Giro di Toscana 2019
E’ anche un ottimo discesista, oltre che un bravissimo scalatore. Foto del Giro di Toscana 2019

Strappate micidiali

Tutti abbiamo avuto l’impressione che il norvegese aveva una marcia in più. Persino Roberto Reverberi in ammiraglia disse di prestare particolare attenzione «al corridore della Wanty». Ricordo particolarmente alcuni frangenti di corsa in cui per tenerlo a bada eravamo costretti a lanciare qualche grido, tendando di fargli capire che se avesse continuato a “strappare” (come si dice in gergo ciclistico), avrebbe dovuto proseguire da solo. Non gli conveniva per due semplici motivi: mancavano tanti chilometri e tra una salita e l’altra c’erano dei tratti in pianura in cui la presenza di Van Aert giovava a noi tutti.

Adesso l’intero team Intermarché Wanty Gobert lavora per lui alla Vuelta
Adesso l’intero team Intermarché Wanty Gobert lavora per lui alla Vuelta

Vittoria andata, ma che classe

Per la vittoria di tappa non ci fu nulla da fare, però ci rendemmo conto che tra noi c’era un corridore che avrebbe potuto dire la sua nel mondo dei grandi. Nessun dubbio. Aveva la stoffa e lo si percepiva dal modo in cui pedalava, dalla compostezza in bici e dalla lucidità mentale con cui affrontò l’ultima discesa che portava allo strappo conclusivo di Wenigzell. Proprio su quell’ultima asperità Eiking Odd, alzatosi sui pedali, ci lasciò tutti seduti in preda ai crampi. Mentre lui andò a prendersi la terza posizione e la consapevolezza di poter competere un giorno tra i grandi.