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I lavori massimali di Rota: 12 fiammate da fermo…

17.02.2023
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Già la scorsa estate Lorenzo Rota ci aveva detto che avrebbe dovuto incrementare i lavori più esplosivi, quelli che migliorano lo spunto veloce. E’ passato un intero inverno di preparazione e il corridore della  Intermarché-Wanty-Gobert a quanto pare è stato di parola. L’obiettivo è essere più forte in volata e sulle sparate. Tipo quelle che possono esserci su una Redoute…

Il lombardo ci sta dando sotto e ci spiega dunque come sta lavorando. Dopo le prime vittorie da pro’ in estate e dopo essere stato il miglior italiano nel ranking UCI, la sua stagione è ripartita con dei buoni piazzamenti. L’ultimo dei quali ieri alla Vuelta a Andalucia, sesto dietro ad uno scatenato Pogacar.

Lorenzo Rota (classe 1995) quest’inverno ha incrementato i lavori su forza ed esplosività anche in bici (foto Instagram)
Lorenzo Rota (classe 1995) quest’inverno ha incrementato i lavori su forza ed esplosività anche in bici (foto Instagram)
Lorenzo, quanto hai incrementato questo genere di lavori in questa fase della tua carriera durante l’inverno?

Praticamente da 0 a 100. Scherzo, ma era un lavoro che sostanzialmente non avevo più fatto da due anni a questa parte. Ho iniziato un po’ già la scorsa estate e l’ho inserito stabilmente nella preparazione invernale. Anche se nella prima volata dell’anno i risultati non si sono visti! Eravamo cinque in fuga e ho fatto penultimo del gruppetto. Però è stata una volata anomala: più “di posizione” che di gambe. Abbiamo un po’ pasticciato io e il mio compagno, ho sbagliato l’ultima curva e ho preso un tombino durante lo sprint.

Però sesto al debutto nonostante non sia ancora al top e con tutti questi inconvenienti, non è male…

Sì, sì… infatti sono fiducioso.

Quante volte fai questo genere di lavoro in una settimana?

Viene inserito una volta ogni 7-8 giorni. In altura lo facevo almeno una volta a settimana. E’ un lavoro che ho fatto parecchio, anche in altura appunto, soprattutto per cercare di non perdere la forza. Mi sono confrontato a lungo col mio preparatore Luca Quinti e con quelli della squadra: anche loro mi hanno suggerito di incrementare questa tipologia di lavoro. Però vorrei anche aggiungere che il mio focus è, e resta, quello di non perdere efficacia in salita. Viste le corse a me adatte, devo tenere bene su salite mediamente lunghe.

La volata dell’italiano persa contro Zana è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da lì Lorenzo ha ripreso a fare certi specifici
La volata dell’italiano persa contro Zana è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da lì Lorenzo ha ripreso a fare certi specifici
Hai anche pubblicato sui tuoi social quella che è una partenza da fermo, o comunque da velocità super bassa…

Sì, era una partenza da fermo in salita con quasi il massimo rapporto. La pendenza della salita era del 4%-5%, quindi non durissima. Cercavo di stare al massimo per 15”-20” in quel caso ne avevo fatte 12 recuperando 3′, pedalando pianissimo. Anche perché ero in altura e recuperare non è facile. In realtà queste 12 ripetute le avevo suddivise in tre serie da quattro volate, con recupero completo tra una serie e l’altra. In questo modo mi concentro meglio sulla volata. Devo dire che è un lavoro molto a livello muscolare, veramente duro. Soprattutto per me che non sono un velocista e non ci sono abituato. 

Che wattaggi raggiungi?

Non è facile dare un numero preciso. Sul picco arrivo sui 900-950 watt, poi dipende molto anche dalla strada. Meno la pendenza è dura, più è facile far salire il picco. Si “libera” la potenza. Ma i watt sono relativi, quel che conta è la potenza.

Restando su questo genere di lavori di forza, di velocità, di esplosività… hai fatto anche altri specifici?

Ho inserito sempre delle volate, anche nella distanza. E le facevo soprattutto a fine allenamento. E’ un modo per adattarsi a questo tipo di sforzo, immaginando di doverle fare nei finali di corsa e così dopo cinque ore le faccio quasi sempre.

Quindi non c’è proprio un giorno specifico per le volate?

Nel giorno dello specifico, faccio le partenze da fermo che vi dicevo, mentre negli altri giorni faccio le volate “normali”. Lo specifico cerco di farlo col muscolo fresco e quindi dopo il giorno di scarico. Magari, non so, ho una tripletta, quindi faccio un giorno di volate, un giorno di forza e un giorno di distanza. 

Una delle partenze da fermo fatte in altura. Rota è stato a lungo in Colombia (immagine a video)
Una delle partenze da fermo fatte in altura. Rota è stato a lungo in Colombia (immagine a video)
In questo contesto di aumento di forza hai rivisto anche la parte di palestra?

Quest’inverno ne ho fatta un po’, ma non tanta, perché insieme al mio preparatore abbiamo visto  che tendevo a mettere troppo massa. Pertanto, abbiamo cercato di ridurre al minimo le ripetute. E sentivo di essere più esplosivo.

In un così breve lasso di tempo come l’inverno di un ciclista (un mese e mezzo), come si si fa a capire che si sta mettendo su massa?

E’ abbastanza semplice e si vede anche dalla bilancia. E comunque basta fare la plicometria: se la percentuale di massa grassa resta la stessa e il peso aumenta, vuol dire che stai mettendo su massa. Poi ci sarebbero anche degli esami specifici (una dexa, ndr). Con quella vedi praticamente tutta la composizione corporea. Però è una cosa che vedi anche a occhio nudo. Se mi rivedo in una foto a dicembre, noto che a livello muscolare ero molto più grosso.

E sul fronte alimentare, hai ritocchi da fare, qualcosa prima di questi allenamenti?

Avendo lavorato tendenzialmente in altura, la mia alimentazione era mirata soprattutto a non svuotarmi, anche perché si tratta di lavori con cui spendi molto. Quindi c’era sempre un buon apporto di glucosio, per il resto tutto molto standard.

Anche per il 2023 Nalini veste Girmay e compagni

09.01.2023
4 min
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Per il secondo anno di fila sarà Nalini a vestire la Intermarché-Circus-Wanty. Il team belga è stato una delle rivelazioni della passata stagione grazie anche alle vittorie di Biniam Girmay, capace di vincere nel 2022 la Gent-Wevelgem e una tappa al Giro d’Italia

Nel corso della nuova stagione, ormai prossima a iniziare, vedremo nuovamente in gruppo i colori giallo neon, blu scuro e bianco che da sempre contraddistinguono la formazione belga. Rispetto allo scorso anno qualcosa però è cambiato. I colori sono stati infatti armonizzati in un design moderno e sofisticato.

La nuova maglia

Essendo lo sponsor principale del team, il marchio Intermarché occupa un posto di assoluto rilievo sulla nuova maglia. Per la prima volta lo troviamo però anche sulla salopette, esattamente sul retro. Circus, che occupava questo posto dal 2017, ora si sposta al centro della maglia, sopra il logo di Wanty.

Il colore bianco, predominante sulle spalle e sulla parte superiore della schiena, offre un’adeguata visibilità a ciascun sponsor. Tra questi spicca Wallonie, a testimonianza del forte legame del team con la regione del Belgio dove la squadra ha la sua sede.

Sul petto troviamo invece i loghi dei partner tecnici: Cube, Bryton, Nalini e Ford Steveny. Accanto a loro due nuovi “compagni di viaggio” come Uvex e Gaerne che forniranno alla squadra rispettivamente caschi, occhiali e scarpe. 

I lati della salopette rimangono invariati, con la presenza di Bière des Amis 0.0% sulla gamba destra e Vini Zabù sulla gamba sinistra, a portare un tocco di Italia. Il logo del Groupe Gobert Matériaux, che sponsorizza la squadra di Jean-François Bourlart dal 2001, rimane visibile sia sul davanti che sul retro della maglia.

Una delle sorprese del 2022 è stato Girmay che ha vinto prima la Gent-Wevelgem e poi una tappa al Giro
Una delle sorprese del 2022 è stato Girmay che ha vinto prima la Gent-Wevelgem e poi una tappa al Giro

Omaggio ai campioni

L’organico della formazione 2023 della Intermarché-Circus-Wanty è ricco di campioni che nella loro carriera hanno saputo vincere titoli nazionali ma anche titoli mondiali. 

Biniam Girmay e Rein Taaramae, gli attuali campioni nazionali a cronometro rispettivamente di Eritrea e Estonia, indosseranno un body personalizzato in tutte le prove a cronometro a cui parteciperanno.

Il nuovo kit prodotto da Nalini rende inoltre omaggio agli ex campioni delle corse su strada. Le strisce arcobaleno decoreranno le maniche dell’ex campione del mondo Rui Costa, così come le sulle maglie di Sven Erik Bystrøm (Norvegia), Louis Meintjes (Sudafrica) e Rein Taaramäe (Estonia) troveremo dei richiami alle rispettive bandiere nazionali. 

Uno dei giovani da tenere d’occhio è Gerben Thijssen, al Tour de Pologne ha vinto la sua prima corsa WorldTour
Uno dei giovani da tenere d’occhio è Gerben Thijssen, al Tour de Pologne ha vinto la sua prima corsa WorldTour

Il pensiero degli atleti

Tutti i ragazzi della Intermarché-Circus-Wanty hanno espresso la massima soddisfazione per la nuova divisa che li accompagnerà nella nuova stagione. Per tutti loro ha parlato il belga Gerben Thijssen, capace di vincere lo scorso anno una tappa al Tour de Pologne.

«Sono lieto – ha detto – di poter ammirare i nostri colori tradizionali su questo nuovo design originale e gioioso. Ogni anno continuiamo a fare passi avanti nel design, così come a livello di performance. La collaborazione con partner come Nalini, che non trascura nessun dettaglio, ci aiuta a spingerci in avanti. Ogni atleta del team riceverà un kit personalizzato e su misura. Nel 2022, grazie all’interazione con i nostri velocisti, tra cui Alexander Kristoff, si è arrivati allo sviluppo di un body più performante.

«Sappiamo che sono attualmente in cantiere altri nuovi progetti per migliorare la nostra aerodinamica e la nostra sicurezza su strada. I colori vivaci del kit giocano un ruolo essenziale per la nostra visibilità sulle strade e ci permettono di distinguerci nel gruppo in ogni occasione!».

Concludiamo con le parole di Claudio Mantovani, titolare del brand Nalini: «Per il 2023 riconfermiamo senza riserve il nostro supporto al team Intermarché-Circus-Wanty che, durante tutto il 2022, è stato per noi una rivelazione a dir poco sorprendente. Nel suo secondo anno World Tour, il team ha ottenuto ben 24 vittorie e non possiamo che provare un moto di orgoglio per il talento e la perseveranza dimostrati in gara, nonché per i valori che ci uniscono come la forte connessione al territorio e alle proprie radici. Esattamente come Nalini che da oltre 50 anni produce in Italia abbigliamento per il ciclismo».

Nalini

Rota si confessa e prenota un inverno di volate

07.10.2022
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Lorenzo Rota sarà al via del Giro di Lombardia, ma a completo supporto di Domenico Pozzovivo. Il corridore bergamasco avrebbe dovuto correre con i gradi di capitano, ma si è beccato una brutta influenza che gli ha impedito di mantenere alta la condizione. I primi sintomi al Giro dell’Emilia, poi il ritiro alla Tre Valli Varesine. Un paio di giorni per effettuare i tamponi ed escludere l’infezione da Covid, quattro chiacchiere con la squadra, la consapevolezza di avere in “Pozzo” la solita certezza, quindi la decisione.

Lorenzo Rota ha 27 anni ed è pro’ dal 2016. Prima dell’Intermarché, è stato con Bardiani e Vini Zabù
Lorenzo Rota ha 27 anni ed è pro’ dal 2016. Prima dell’Intermarché, è stato con Bardiani e Vini Zabù

Quasi otto

Meglio così, altrimenti la sua stagione rischiava di finire a Wollongong, sul camper della nazionale. Lì, con la testa piena di rimorsi, incassata tra il palmo delle mani e il volto disperato per l’occasione persa, aveva solo una spia luminosa che ronzava nella mente: il Lombardia. Del resto quest’anno si parte dalla sua (per motivi di origini) Bergamo e arriva nella “sua” (perché quell’arrivo gli piace assai) Como.

«Mi dispiace  – ha detto il corridore della Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux – perché con la partenza nella mia città ci tenevo particolarmente ad essere protagonista, soprattutto dopo il mondiale. Quella è la mia distanza ideale, le salite del finale come Civiglio e San Fermo, si adattano alle mie caratteristiche. La mia annata è stata comunque positiva. Se dovessi darmi un voto? Tra il sette e mezzo e l’otto».

Fra Pozzovivo e Petilli, nel 2022 Rota ha conquistato il Sazka Tour
Fra Pozzovivo e Petilli, nel 2022 Rota ha conquistato il Sazka Tour

Lezioni da imparare

Una stagione in cui Rota ha seminato moltissimo e ha raccolto poco, se non il successo finale al Sazka Tour in Repubblica Ceca e un successo di tappa nella stessa corsa. Le occasioni, quelle ghiotte, se le era create mica in corse di secondo livello. Secondo nella tappa del Giro con arrivo a Genova. Secondo al campionato italiano. Fuori dalle medaglie mondiali quando a qualche centinaio di metri dal traguardo assaporava il dolce sapore che può avere un metallo. Secondo al Giro di Toscana. Oldani, Zana, il gruppo dei big, Hirschi gli avversari che lo hanno beffato. E da cui, forse, c’è qualcosa da imparare per il futuro. Lorenzo lo sa e con la voce ancora rauca si sforza di guardare all’inverno e alla prossima stagione. 

«Non ho mai corso per stare davanti a giocarmi le vittorie – ammette – quindi non mi sono mai dedicato molto alle volate. Primo mea culpa. Detto questo, viste le performance di quest’anno lavorerò duro su questo fondamentale. Ci sarà da curare sia l’aspetto tecnico e atletico, sia quello strategico. Confido anche che da queste occasioni il bagaglio della mia esperienza possa essere più ricco».

Il mea culpa più grosso del mondiale è per Rota non aver ascoltato Bennati e aver lasciato la ruota di Evenepoel
Il mea culpa più grosso del mondiale è per Rota non aver ascoltato Bennati e aver lasciato la ruota di Evenepoel

La ruota di Remco 

A questo punto, il bergamasco riavvolge il rullino dei ricordi e prosegue con le “penitenze” sportive, tornando alle consegne ricevute in Australia e parzialmente disattese.

«Al mondiale – confessa – ho commesso due errori: non rimanere appiccicato ad Evenepoel quando è scattato (era un tratto interlocutorio, che ho sottovalutato) e non attaccare ai piedi della salita in vista dell’arrivo per non dovermela giocare in volata. Ho aspettato lo scollinamento, ma era tardi ed una volta giunti sul rettilineo finale, ho visto i fantasmi del Giro di Toscana, quando Hirschi mi ha fatto passare avanti e mi ha messo in una condizione di svantaggio. Non volevo commettere lo stesso errore, ho aspettato, ma tutti sappiamo come è andata a finire. Sulle altre occasioni penso che siano dinamiche di corsa da rispettare, che fanno parte del gioco. Un conto è parlare seduti sul divano, un altro farlo in sella alla bicicletta dopo 6-7 ore di corsa. E poi ci sono gli avversari. Oldani, ad esempio, è più veloce di me, la sconfitta va accettata».

Secondo al Toscana, costretto da Hirschi a una volata scomoda
Secondo al Toscana, costretto da Hirschi a una volata scomoda

Mas e Pogacar

E se partire da Bergamo a fari spenti contribuisse a morigerare il suo correre così spadaccino, che potrebbe essere una delle cause di questi successi mancati proprio sul più bello? 

«Se ho gambe – spiega – mi piace ravvivare la corsa, non subirla. Anche al Lombardia avrei magari potuto pensare ad un attacco da lontano fossi stato al top. Tutto però dipende dalla condizione e dai ritmi di corsa».

Forse lui a Como avrà già tirato i remi in barca, godendosi il lungolago come si fa al termine di un duro allenamento e sperando di vedere Pozzovivo tra i big. Se così non fosse, chi sono i suoi reali favoriti? «Mas – risponde secco – e poi Pogacar». 

Ad Alberobello non tutti ridevano. Rota secondo e deluso

27.06.2022
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E poi c’è Lorenzo Rota. Torniamo al campionato italiano di ieri. Sul podio di Alberobello Lorenzo aveva la mano sul cuore al momento dell’inno. A tratti i suoi occhi erano chiusi, come quelli di Filippo Zana. Grande, anzi enorme, sportività… per aver vissuto quel momento con tanta partecipazione, ma dentro di lui l’umore era decisamente provato.

Il corridore della Intermarché Wanty Gobert è arrivato secondo. Ancora una volta battuto in uno sprint ridotto. Nella giostra dei pronostici al via il suo nome non cadeva certo nel vuoto, ma ci si aspettava di più gente veloce come Nizzolo o Albanese. Invece ancora una volta Lorenzo ha sfiorato il colpaccio e ha dimostrato che la squadra diretta da Valerio Piva è una WorldTour vera.

Zana ride, Battistella è (quasi) impassibile, Rota (a sinistra) invece è deluso
Premiazioni tricolori: Rota (classe 1995) con la mano sul petto

La teoria di Visconti

«Mi dispiace – ha commentato ancora una volta Visconti – okay, sono contento perché ha vinto Zana con il quale ero compagno di squadra fino a qualche mese fa, ma questo ragazzo corre bene. Lorenzo sa leggere la corsa».

Visconti lo chiama e gli fa un cenno di assenso. Rota scuote il capo. «Arriva, arriva… stai tranquillo che arriva», gli dice Giovanni riferendosi alla vittoria.

«Non so cosa dire – commenta sconsolato, Rota – sono veramente deluso. E’ due anni che la sto cercando questa vittoria, ma a quanto pare non arriva. Anche se eravamo solo in due, Petilli ed io, abbiamo cercato di fare la corsa dura. E… non lo so. Non so cosa dire. 

«Posso solo dire di aver dato il meglio di me stesso. Come sempre. Ma non è bastato: sono stato ancora secondo».

Rota (qui in corsa ieri) a San Sebastian cadde nell’ultima curva in discesa. Al Giro ha perso per mezza ruota e la stessa cosa è avvenuta ieri
A San Sebastian cadde nell’ultima curva in discesa. Al Giro ha perso per me ruota e la stessa cosa è avvenuta ieri

Rota deluso

Rota è un ragazzo solare. Sempre molto disponibile. Anche dopo il secondo posto a Genova, al Giro, battuto da Oldani, non si è affranto. Una pacca sulla spalla a chi era stato più veloce di lui e via verso il giorno successivo.

Con Lorenzo proviamo ad analizzare la corsa per capire se ha sbagliato qualcosa ed eventualmente cosa. Ma a mente calda e col morale sotto i tacchi non è facile.

«Non lo so – riprende Rota – do sempre il massimo, tiro fuori tutto quello che ho. Cerco di concludere ogni corsa senza rimpianti e con le gambe finite. Anche oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto così. Ma a quanto pare trovo sempre qualcuno più forte di me. Al Giro ho perso per mezza ruota, oggi la stessa storia.

«Ci puntavo a questo italiano, certo, ma c’erano tanti atleti forti. Poi noi siamo partiti in due. Abbiamo perso Pasqualon alla vigilia. Volevamo una corsa dura, ma in due non è facile farla. Io e Petilli abbiamo fatto il massimo. E alla fine è arrivato questo secondo posto. Però, vi dico la verità, questo proprio brucia».

Rota (classe 1995) ha un contratto con la Intermarché fino al 2024, prolungato quest’anno proprio per i suoi buoni piazzamenti
Rota (classe 1995) ha un contratto con la Intermarché fino al 2024, prolungato quest’anno proprio per i suoi buoni piazzamenti

Vacanza e altura

In questi casi più che mai bisogna cercare di voltare pagina e andare avanti. Lorenzo sin qui ha messo nel sacco 43 giorni di corsa. Tanti ma non tantissimi. La stagione quindi per lui non è finita.

«Adesso voglio andare in vacanza – dice Rota – perché sono stanchissimo e non ce la faccio più. Poi di certo andrò in altura e vediamo cosa riserverà il resto della stagione». Magari nei piani c’è la Vuelta. Che potrebbe essere perfetta proprio per preparare il mondiale. In fin dei conti è arrivato davanti.

Prima di recarsi all’antidoping, Lorenzo è raggiunto anche dalla sua famiglia. L’abbraccio della mamma, forse lo fa crollare ancora un po’ di più. Si nasconde nel tendone. Sono momenti delicati.

Anche Valerio Piva, il suo direttore sportivo, si avvicina. Gli dà una pacca sulla spalla. Non è certo questo il momento di analizzare la volata. Se fosse partito 20 metri dopo, se avesse tirato un briciolo in meno. Tanti se che servono a poco in senso assoluto e a nulla in quei frangenti.

«Ci abbiamo provato», allarga le braccia Piva. E se ne va anche lui.

Pozzovivo ed il fuoco della passione che riscalda l’Intermarché

20.05.2022
5 min
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Domenico Pozzovivo è stato uno dei protagonisti di questa prima metà di Giro d’Italia, e pensare che fino all’ultimo ha rischiato di non trovare una squadra. La complicata situazione della Qhubeka-Nexthash rischiava di lasciare a piedi il miglior italiano in classifica generale, per ora, nella Corsa Rosa. 

Il “Pozzo” la squadra l’ha trovata e, a chi nutriva dubbi sulle sue possibilità di essere ancora competitivo, ha risposto in silenzio, pedalata dopo pedalata. La sua squadra è diventata l’Intermarché-Wanty-Gobert, nella quale ha trovato Valerio Piva, uno che di corridori ne ha visti tanti. Valerio ci risponde dall’hotel dopo l’arrivo di Reggio Emilia, la sua voce è pacata ma frettolosa, di cose da fare ce ne sono ancora tante.

Domenico Pozzovivo è arrivato all’Intermarché a stagione già iniziata (foto Facebook Intermarché Wanty Gobert)
Domenico Pozzovivo è arrivato all’Intermarché a stagione già iniziata (foto Facebook Intermarché Wanty Gobert)
Valerio, quando è maturata la decisione di prendere Pozzovivo?

Già alla fine della scorsa stagione avevamo guardato di rinforzare la squadra nel settore degli scalatori. A parte Meintjes non avevamo corridori che potessero competere in una grande corsa a tappe. Ormai gli scalatori sono estremamente difficili da trovare ed avevamo perso un po’ le speranze.

Poi le vicissitudini della Qhubeka hanno “liberato” Domenico…

Lui ci credeva davvero molto di poter continuare a correre con loro, ha sperato fino all’ultimo che la squadra si facesse. Appena si è chiusa la porta, noi ci siamo inseriti e lo abbiamo portato alla Intermarché.

E’ arrivato a stagione già iniziata, che corridore hai trovato?

Ha fatto un inverno preparandosi alla grande, ha lavorato sodo e quando è arrivato da noi era già pronto per correre. Vista la buona condizione pensavamo di farlo debuttare già in Oman, ma per problemi burocratici è slittato tutto alla Ruta del Sol. Poi lo abbiamo portato alla Tirreno ed al Giro di Sicilia ed in tutte e due le corse è andato forte. Alla Tirreno purtroppo nella tappa del Carpegna ha perso qualche secondo in discesa a causa del problema al braccio, altrimenti avrebbe chiuso nei primi dieci della generale. 

Già alla Tirreno Domenico si era già mostrato avanti di condizione
Già alla Tirreno Domenico si era già mostrato avanti di condizione
Da prima del Giro ha detto di sentirsi bene e che lotterà per la top 10…

Lui ci crede molto ed abbiamo una buona squadra pronta a supportarlo: Hirt, che è ancora in classifica, Taaramae, Rota… Nessun corridore può essere sicuro al cento per cento, le insidie sono dietro l’angolo. Sicuramente il morale è alto, sull’Etna e poi al Blockhaus si è fatto vedere e sta bene, tuttavia le insidie sono dietro l’angolo.

Qual è la prima cosa che ti ha detto appena vi siete incontrati?

Mi ha detto che lui si diverte e che vuole provare a fare il corridore ad alto livello, fino a quando riesce ad essere competitivo si diverte ed è questo che lo tiene davanti: la passione, oltre alle sue qualità, chiaro. Penso che gli incidenti che ha subìto abbiano un po’ stoppato il suo obiettivo finale, ha il fuoco dentro che lo spinge a dare il mille per cento, sempre.

Domenico è nel tuo gruppo di allenamento?

Sì, nella suddivisione dei corridori è entrato nel mio gruppo, da gennaio lo seguo su Training Peaks, la piattaforma cui ci appoggiamo per gestire e monitorare gli allenamenti. Invece l’ho conosciuto per la prima volta al Trofeo Laigueglia. 

Pozzovivo ha tirato la volata al Girmay nella tappa di Jesi che ha portato la vittoria al corridore eritreo
Pozzovivo ha tirato la volata al Girmay nella tappa di Jesi che ha portato la vittoria al corridore eritreo
E’ stato difficile allenarlo a distanza per i primi mesi?

No, assolutamente no. Domenico è un corridore di esperienza e con una conoscenza tecnica incredibile. Si conosce molto bene e sa gestirsi ancor meglio, ad un corridore come lui c’è poco da insegnare.

Quanto è importante la sua esperienza in corsa?

Tanto, “Pozzo” conosce praticamente tutte le salite del Giro, con lui non serve neanche fare la ricognizione sul posto, basta fargli vedere qualche filmato prima della partenza. Anzi, a volte è lui che ci fornisce qualche informazione in più.

Per i compagni avere in squadra un bagaglio di esperienza così è importante…

Lo avete visto nella tappa vinta da Girmay, è stata una volata atipica, in un gruppetto ristretto con corridori che non sono prettamente velocisti. L’esperienza di Domenico ha permesso a “Biny” di lanciare lo sprint e di anticipare tutti. Anche nella tappa di Cuneo Domenico sarebbe stato importante per Girmay…

D’ora in avanti l’Intermarché sarà a completa disposizione del corridore lucano
D’ora in avanti l’Intermarché sarà a completa disposizione del corridore lucano
Cosa separa Domenico dalla top 10?

Oltre a tutto quello che è sotto il nostro controllo, direi se stesso. Fino ad ora non ho visto corridori che lo possono impensierire, le salite dei giorni scorsi, in particolare il Blockhaus hanno già fatto vedere chi non potrà vincere il Giro… 

Però dai, anche Domenico avrà qualche difettuccio…

Non è sempre facile dargli una mano, spesso corre troppo nel retro del gruppo. Chiaramente lui non è un lottatore da posizione e di conseguenza non prende rischi inutili, soprattutto visti gli incidenti subiti. Però correndo in quelle posizioni rischia di prendere un ventaglio o di approcciare una salita troppo indietro e queste cose potrebbero metterlo in difficoltà. Cerchiamo sempre di stargli vicino e di dargli supporto, ora lo faremo ancora meglio perché con il ritiro di Girmay la squadra sarà tutta per lui.

Tubeless e non solo, ficchiamo il naso nel camion Intermarché

04.05.2022
6 min
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Una foratura. Una vite spezzata. Una perdita d’aria. Sono gli incubi di qualsiasi ciclista e meccanico che lotta tutti i giorni con la cura del dettaglio per conquistare la vittoria. Un caos di variabili che trovano la soluzione nel perfetto equilibrio della prevenzione tecnica. Effetto Mariposa e Intermarché-Wanty-Gobert consolidano la partnership tecnica per il 2022 e proseguono il cammino iniziato un anno fa. 

Inconvenienti che non hanno ostacolato Girmay alla Gand-Wevelgem o impedito il secondo posto di Hermans a Liegi. Una buona dose di fortuna, certo. Ma dietro alla dea bendata c’è sempre una preparazione solida e basata sulla qualità. Ed è proprio nel dettaglio del piccolo componente, come fosse un battito d’ali di farfalla, che l’azienda svizzera cura i prodotti e fornisce il materiale tecnico alla squadra World Tour belga. Scopriamo questo rapporto insieme ad Alberto De Gioannini, Presidente e titolare di Effetto Mariposa.

Invisibili ma determinanti

I prodotti che Effetto Mariposa fornisce al team belga sono la valvola Caffélatex Tubeless Valve per la conversione tubeless, il sigillante Caffélatex e il sigillante Végétalex. Infine il Caffélatex Tubeless Strip, un nastro para-nipples tubeless molto leggero, che rende le conversioni tubeless rapide e facili. I meccanici utilizzano anche Giustaforza, la prima chiave dinamometrica sviluppata espressamente per il ciclismo, un’icona per il marchio svizzero, ideata e progettata proprio da De Gioannini. 

Prodotti che si celano nei camion officina, oppure all’interno delle ruote in mezzo al gruppo. Per questo sono nati sull’input dell’Intermarché gli adesivi da posizionare in corrispondenza delle valvole.

«Ci hanno detto – racconta De Gioannini – che è un peccato che i nostri prodotti per loro natura si nascondano, perché essendo dentro le ruote non si vedono. Così proprio il team ci ha richiesto gli adesivi e abbiamo deciso di crearli per avere un ulteriore elemento di visibilità. Una cosa più unica che rara che un team ti dia questa possibilità». 

I prodotti di Effetto Mariposa hanno uno scomparto nel camion officina della Intermarché-Wanty
I prodotti di Effetto Mariposa hanno uno scomparto nel camion officina della Intermarché-Wanty

L’importanza del WorldTour

Comunicare la qualità dei prodotti attraverso canali social e pubblicità non è cosa semplice. Inoltre la partnership tra Effetto Mariposa e Intermarché-Wanty-Gobert è nata in modo spontaneo dopo una richiesta esplicita del team. 

Da queste comunicazioni e prestazioni si è trovato un punto di incontro di cui hanno beneficiato entrambe le parti, come spiega De Gioannini:« E’ un’ottima legittimazione della qualità del prodotto. E’ chiaro che in gara i prodotti vengono portati al limite dell’utilizzo. Per cui se funzionano bene per un professionista, a maggior ragione non avranno problemi nell’utilizzo pratico per un appassionato. 

«Contrariamente a quanto succede nel Motorsport – prosegue – quando il marchio si legittima, i prodotti utilizzati a livello agonistico non sono gli stessi che vengono commercializzati per gli appassionati. Nel caso della bicicletta invece no. Il prodotto che noi forniamo al team è di serie e di produzione ed è quello che gli utenti possono comprare. Chiaramente se il team chiede qualcosa di più, siamo ben contenti di fornirlo e di passarlo il prima possibile alla produzione».

I meccanici collaborano con i loro feedback. Lui è Siemons Kobe, nelle Ardenne con Mario Ghyselinck
I meccanici collaborano con i loro feedback. Lui è Siemons Kobe, nelle Ardenne con Mario Ghyselinck

L’importanza dei feedback

Tra i benefici che si hanno nel supportare tecnicamente un team WorldTour ci sono sicuramente i feedback che i professionisti della bici e della brugola sono in grado di dare testando i materiali. 

«Mikey Von Kruiningen – prosegue De Gioannini – è il responsabile dei meccanici ed è contento e soddisfatto. Ci hanno detto che Caffélatex per loro è una garanzia per arrivare al traguardo. Metà del successo e dell’affidabilità deriva anche dallo strip per conversione tubeless. Non ci hanno segnalato problemi. Hanno iniziato a testare e utilizzare il Végétalex, per il momento non in corsa perché preferiscono testarlo ulteriormente. Ci sono stati commenti positivi».

Ci sono altri team che bussano alla porta? «Ad alcuni – prosegue – vendiamo sigillanti. Ovviamente non diciamo nulla perché hanno contratti con case di pneumatici e dovrebbero servirsi dei loro prodotti. E perché, non essendo loro partner tecnici, è bene mantenere rispettosamente l’anonimato. Per quanto riguarda i team ufficiali, l’unica squadra è Intermarché e siamo felici così, perché i feedback che ci offrono sono sufficienti per lo sviluppo dei prodotti».

Tubeless sulle ruote di tutti

Una delle svolte tecniche che sta coprendo a macchia d’olio il panorama dei pro’ è l’avvento dei tubeless per le bici da strada. Sulla bocca di tutti rimbalza questa parola in lungo e in largo. Cosa pensa De Gioannini di questo avvento tecnico, lui che è stato il precursore del primo lattice sintetico (Caffélatex) per uso ciclistico sul mercato?

«Il tubeless stradale per molti anni è stato in animazione sospesa – risponde – perché c’era la tecnologia, però non utilizzandolo a livello professionistico non ha mai preso piede. Gli appassionati tendono a copiare le scelte tecniche, giustamente, dei corridori di alto livello. L’altro limite era che correndo con sezione di pneumatici ridotti intorno ai 25 millimetri, effettivamente il tubeless non offriva vantaggi, a causa del ridotto volume d’aria. Non c’era un interesse a gonfiare a pressioni più basse. Ora che si utilizzano sempre di più gli pneumatici da 28 millimetri o anche di più a seconda del tipo di terreno e di gara, è chiaro che il tubeless ha molto di più da offrire sotto moltissimi aspetti. Oltretutto con i dati che sono usciti alla resistenza al rotolamento, il tubeless sembra offrire quello che una volta era ad appannaggio del tubolare».

Dove sono gli italiani al Nord? Ne parliamo con Pozzovivo

23.04.2022
5 min
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Il primo italiano della Freccia Vallone è stato Domenico Pozzovivo, che ha 39 anni e corre con la Intermarché-Wanty-Gobert, esattamente come Pasqualon, miglior italiano alla Roubaix, che ne ha 34. Si è piazzato 15° a 7 secondi da Dylan Teuns, ma se fosse stato appena più avanti, sarebbe entrato nei primi 10, per quel gioco di distanze sul Muro d’Huy di cui ha parlato tanto bene ieri Enrico Gasparotto. E’ vero che secondo s’è piazzato Valverde che ne ha 42, però nel bilancio del ciclismo italiano, che immette nel professionismo decide di corridori ogni anno, qualcosa non torna.

«Non è come sembra – dice Pozzovivo, in apertura nella foto IntermarchéWG – abbiamo buoni prospetti, mi viene in mente Bagioli che però corre in una squadra in cui è difficile trovare spazio. Quest’anno tanti hanno avuto problemi di salute, però è evidente che le cose stiano cambiando. Gli uomini che lottavano per i Giri e magari venivano qua con il freno tirato per non compromettere il loro avvicinamento stanno diventando dei bravi limatori. Vengono a prendersi dei rischi e questo rende tutto più complicato».

La Intermarché-Wanty ha anticipato la ricognizione della Liegi al giovedì (foto @cyclingmedia_agency)
La Intermarché-Wanty ha anticipato la ricognizione della Liegi al giovedì (foto @cyclingmedia_agency)

Ricognizione in anticipo

La Intermarché-Wanty-Gobert, che l’ha accolto quando la Qhubeka ha alzato bandiera bianca, ha fatto giovedì la ricognizione sul percorso della Liegi. Gli allenatori hanno considerato che essendoci stata la Roubaix domenica scorsa (e non l’Amstel come d’abitudine) e nessuno dei corridori qui presenti l’abbia corsa, la Freccia Vallone è stata un bell’allenamento robusto. Con la ricognizione il giorno dopo, si è aggiunto un altro lavoro importante, lasciando poi il tempo per recuperare fino alla Liegi.

Pozzovivo ci raggiunge dopo massaggi e trattamento osteopatico. Ha un bel colorito dato dall’altura dell’Etna e lo sguardo di quando le cose iniziano a girare nel modo giusto.

«Nella mia carriera – dice – ho sempre fatto avvicinamenti diversi alla Liegi. Mercoledì invece per la Freccia sono partito con l’idea di arrivare salvo al traguardo. E’ stata anche la raccomandazione di mia moglie. La battuta di arresto alla fine del Giro di Sicilia mi aveva lasciato qualche dubbio, mi sarebbe piaciuto uscirne con un bel piazzamento. Invece in corsa mi sono sentito meglio. Sapevo che sul Muro avrei potuto fare qualcosa del genere. Ci ho provato, ma siamo arrivati ai piedi dell’ultima scalata ancora in tanti e di riflesso la situazione era caotica. Se l’ha pagata Pogacar, che è rimasto indietro e si è seduto (arrivando 12°, ndr), mi dico che tanto male non sono andato. Però è vero, se fossi stato più avanti, magari sarei entrato nei dieci, ma ormai è fatta».

Pozzovivo in evidenza alla Tirreno nella tappa di Fermo, la condizione cresce
In evidenza alla Tirreno nella tappa di Fermo,la condizione cresce
Non è più tempo di aspettare i giovani, così pare: dove sono allora?

Non sono tradizionalista. Ormai si ragiona in termini di carriere più brevi e la gradualità, che un tempo era la regola, è andata a farsi benedire. Quando ero giovane io, si puntava a una carriera di 15 anni, perciò nelle prime due stagioni da pro’, neanche ti portavano a fare i grandi Giri.

Ma non sempre buttarli dentro è garanzia di risultato…

Iniziando a lavorare da subito con cognizione di causa e con il misuratore di potenza, anche da molto giovane puoi arrivare alla grande prestazione. Più che sul fisico, mi concentrerei sull’aspetto mentale. Se fisicamente puoi avere il livello necessario, mentalmente non credo che tu sia ancora pronto. E’ un ciclismo che richiede sempre di più, per cui escludo a vent’anni si possa già essere strutturati come serve. Quindi semmai vedo il rischio che qualcuno possa bruciarsi.

Una volta ci pensavano i corridori più maturi, dando i consigli giusti…

Io sto cercando di rimodularli. Ma in ogni caso racconto a tutti i giovani che vogliono ascoltarmi la necessità della dedizione da mettere alla base del lavoro, che poi è ciò che mi riesce meglio. Da parte mia ho cercato di evolvermi sul piano della preparazione e dell’alimentazione.

Esiste un consiglio della vecchia saggezza che va ancora bene?

Ad esempio il fatto che la stagione buona la costruisci d’inverno. Staccare è una necessità, in questo ciclismo che non si fermerebbe mai. Però staccare senza eccedere con lo svago, perché poi diventa difficile recuperare.

Pozzovivo è uscito dalla Tirreno con uno step di condizione in più
Pozzovivo è uscito dalla Tirreno con uno step di condizione in più
Va bene che corridori forti da dilettanti vengano subito messi a confronto con i più forti?

E’ un nuovo mood da apprendere. Se vuoi diventare uno importante nel futuro, devi provare i tuoi limiti contro i più forti. Una volta veniva facile dire al giovane che doveva andare in fuga, oggi invece ti ritrovi con il corridore maturo mandato in avanscoperta e il ragazzino che fa il leader.

Come si fa a farsela andar bene?

Bisogna essere realisti e molto elastici mentalmente, non è un caso che questa situazione stia mettendo alla prova soprattutto i corridori più abitudinari, che non sono ancora riusciti ad adeguarsi. Tanti hanno smesso proprio per questo.

Valverde fa eccezione?

Valverde mi fa sfigurare (ride, ndr). Le sue prestazioni sono fuori dal normale ed è un fenomeno perché riesce ad andare ancora così forte. Io penso invece di non avere tantissimo da inventarmi. Cerco lo spazio quando c’è e per il resto serve tanta pazienza.

Che cosa ti aspetti dalla Liegi?

Sogno di entrare nella top 10 (Pozzovivo è stato due volte 5°, nel 2014 e nel 2018, ndr). Però mi piaceva di più l’arrivo di Ans, perché lì me la potevo giocare.

Alla Freccia Vallone voleva solo non cadere, avendo l’obiettivo Liegi e poi il Giro d’Italia
Alla Freccia Vallone voleva solo non cadere, avendo l’obiettivo Liegi e poi il Giro d’Italia
Come stai?

Ora bene. Ho fatto un bel blocco di lavoro sull’Etna, che mi ha permesso di riprendere bene dopo lo step già fatto alla Tirreno. E in questa squadra si sta bene, perché è una WorldTour che ha mantenuto i rapporti umani della professional.

E se fossi di nuovo tu il migliore degli italiani?

La mattina della Liegi e nonostante abbia 39 anni, si parte ancora con i brividi per l’emozione. Ci sarà vento, per questo l’aver tolto la Cote de Forges ha eliminato un tratto di controllo, troppo esposta per fare la differenza. Credo che l’intenzione di ASO sia sempre stata ridurre la distanza fra la Redoute e la Roche aux Faucouns e così facendo hanno di nuovo rimesso la Redoute al centro del villaggio. Prima, quando era a 45 chilometri dall’arrivo era come il Capo Berta alla Sanremo.

Pasqualon e l’emozione della prima Roubaix a 34 anni

22.04.2022
5 min
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Il primo italiano ad entrare nel velodromo di Roubaix domenica è stato Andrea Pasqualon che ha tagliato il traguardo in 19ª posizione. La curiosità è che l’atleta della Intermarché-Wanty-Gobert all’età di 34 anni era alla sua prima apparizione alla classica delle pietre. Il veneto se ne intende di debutti “tardivi“, avendo debuttato lo scorso anno al Giro d’Italia. Nel sentirlo si potrebbe dire che la gioia non l’abbia ancora smaltita, anche se qualche rimpianto ce l’ha. Una cosa è sicura: l’anno prossimo alla partenza da Compiègne ci vorrà essere, la Roubaix gli è entrata nel cuore e nelle gambe.

Per Pasqualon, in quarta posizione, questa è stata la prima Parigi-Roubaix
Per Pasqualon, in seconda posizione, questa è stata la prima Parigi-Roubaix

Un debutto tardivo

«Ero sicuramente uno dei debuttanti più vecchi – dice ridendo Andrea, che ci risponde da casa – è stata un’esperienza fantastica, volevo tanto farla. Un corridore, almeno una volta in carriera dovrebbe fare una corsa del genere. Io l’ho sempre tralasciata perché con la squadra si preferiva farmi correre anche nelle Ardenne e quindi diventava difficile riuscire ad inserirla nel calendario. Quest’anno, complice il cambio di calendario, si è pensato di andarci. Scelta non fu mai più azzeccata di questa».

Pasqualon ha già disputato ben 30 giorni di gara da inizio stagione, con belle prestazioni nelle classiche del Nord
Pasqualon ha già disputato ben 30 giorni di gara da inizio stagione, con belle prestazioni nelle classiche del Nord

L’avvicinamento

Quando si debutta a 34 anni nella classica più caotica di tutte, si gioca anche con l’esperienza maturata in anni di corsa. Per questo Pasqualon non si è mai scomposto ed ha vissuto i giorni di vigilia con serenità.

«Nei giorni precedenti alla gara – riprende – non ero agitato, al contrario di quanto si possa immaginare. Anche i miei compagni erano stupiti, Kristoff continuava a chiedermi come mai non avvertissi tensione o agitazione. La risposta, se vogliamo, sta nell’ingenuità della prima volta. Non avendola mai corsa, arrivavo senza un metro di paragone e questo mi ha tenuto all’oscuro di tutto. Anche la mattina della partenza non ero teso, la piazza era piena di gente, ma devo dire che al Fiandre l’effetto ottico è maggiore».

Per lui una discreta dose di fortuna, nessuna caduta e soltanto due salti di catena
Per lui una discreta dose di fortuna, nessuna caduta e soltanto due salti di catena

L’importanza della ricognizione

Le pietre della Roubaix Andrea le aveva già assaggiate il giovedì, durante la ricognizione pre-gara. Con la squadra avevano deciso di ispezionare tutti e 30 i tratti di pavé, per prendere dimestichezza e appuntarsi nella mente i momenti cruciali.

«La ricognizione è stata fondamentale – spiega – io avevo il compito di inserirmi nelle fughe e di rimanere davanti. Così quando dopo 40 chilometri il gruppo si è spezzato a causa dei ventagli, mi sono trovato in testa ed ho affrontato i primi tratti con più “tranquillità”, anche se eravamo comunque un gruppo di 30-35 corridori. Durante la ricognizione del giovedì, mi ero già giocato il jolly nel tratto numero 4 riprendendo la bici al volo evitando la caduta. Una volta in corsa, me ne sono ricordato e l’ho affrontato con maggiore attenzione e nelle prime posizioni, evitando le numerose cadute».

Qualche rimpianto

Il racconto del passista della Intermarché continua spedito anche se dal tono di voce si percepisce un leggero tocco di amaro.

«Se proprio devo essere sincero – racconta con trasporto Andrea – qualche rimpianto ce l’ho. Nel tratto di pavé dove ha attaccato Van Aert, eravamo in una ventina nel gruppetto, io ero a metà e sono rimasto un po’ sorpreso. In realtà non ce ne siamo resi conto, si è creato un buco di cento metri ed all’uscita del tratto di pavé ormai erano andati. E’ una corsa dove devi essere attento al mille per cento e non puoi perdere neanche un centimetro da chi ti precede. La condizione c’era, arrivavo da un periodo di corse intenso e sapevo di stare bene. Quell’attimo di indecisione mi è costato la top ten che sentivo di poter raggiungere».

Pasqualon ha solcato per la prima volta il magico velodromo di Roubaix
Pasqualon ha solcato per la prima volta il magico velodromo di Roubaix

Considerazioni sparse

Con il senno di poi verrebbe da chiedersi cosa sarebbe successo se Andrea si fosse cimentato prima in questa gara, anche se lui stesso spegne un po’ l’entusiasmo.

«Me lo sono chiesto anche io – ci confessa – però devo dire una cosa. Ora, a 34 anni, ho una considerazione diversa delle mie potenzialità e maggiore consapevolezza. Se l’avessi fatta anni fa magari sarei rimbalzato sulle pietre e le avrei odiate. Una cosa che ti rimane dentro, a livello di emozione, è la gente a bordo strada. In certi tratti come Mons en Pévelè o Carrefour de l’Arbre era davvero vicina, qualcosa di davvero emozionante. Certamente un ostacolo in più, basti vedere la caduta di Lampaert. Però è fantastico, sembra di stare su un tratto alpino o dolomitico, dove un imbuto di gente ti accoglie con colori e profumi incredibili».

Dalla sua voce si percepiscono la grinta e l’emozione che questa gara gli ha donato, come quella di entrare per la prima volta nel velodromo. Pieno di polvere e stremato, ma con la gioia e la volontà di volerci riprovare, ormai stregato dalla magia delle pietre. 

Il corridore della Intermarché è rimasto stupito dal pubblico e dal calore dei tifosi sui settori di pavé
Il corridore della Intermarché è rimasto stupito dal pubblico e dal calore dei tifosi sui settori di pavé

Ora famiglia, poi ritiro

«In questi giorni – conclude – sono stato praticamente fermo fino a ieri (mercoledì, ndr) ho fatto giusto qualche sgambata con gli amici, un recupero attivo. Invece, da giovedì a martedì starò completamente fermo. Tra gennaio e aprile ho già fatto 30 giorni di corsa. Ora stacco, mi godo la famiglia e poi si va in altura 4 settimane per iniziare a preparare il Tour. Le prime due settimane starò da solo, mentre le altre 2 arriverà la squadra che con me farà la Grande Boucle».

Girmay fa la storia. Un eritreo vince la Gand-Wevelgem

27.03.2022
4 min
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Un giorno storico. Un africano, Biniam Girmay, vince in Belgio. E’ un’altra conferma che il ciclismo sta cambiando. Anche se in questo pezzetto di storia si corre praticamente solo in Europa, il mondo del pedale sta iniziando a vedere i suoi frutti di quella globalizzazione iniziata ormai una quindicina di anni fa quando si parlava di ProTour.

Il Team Qhubeka, che in Italia prosegue con la continental, i mondiali in Ruanda nel 2025, l’argento dello stesso Girmay a Leuven tra gli under 23 lo scorso anno… anche il Continente Nero vuol banchettare al ciclismo dei grandi.

Giornata “calda” in Belgio e ritmi altissimi tra muri, tratto sterrati e pavè
Giornata “calda” in Belgio e ritmi altissimi tra muri, tratto sterrati e pavè

A Gand è storia 

Gand-Wevelgem. Cielo azzurro, un po’ di vento, sole e tanto pubblico sulle strade. I muri, i tratti in pavè. Tutti come al solito aspettano il re di casa, Wout Van Aert. Ma dalla sequenza finale dei muri esce un quartetto insidioso. Ci sono dentro Laporte, che forse blocca la corsa veramente in quanto compagno di Van Aert che dietro non tira ma continua ad essere inspiegabilmente marcato. C’è l’altro belga super atteso, Jasper Stuyven della Trek-Segafredo, e ci sono Dries Van Gestel della Total Energies e Biniam Girmay, della Intermarché Wanty Gobert.

La rincorsa del gruppo è forse tardiva, mentre loro quattro vanno d’amore e d’accordo fino agli 800 metri dal traguardo. 

Lì Girmay è un gatto. Resta in quarta ruota, non si muove. Segue gli zig-zag del gruppo. La fuoriuscita di Kragh Andersen costringe i quattro a non calare troppo il ritmo. Ai 200 metri, con un rapporto piuttosto agile, l’eritreo scarta e scatta. Esce dal trenino, si sposta alle transenne e vola via. Prende cinque metri che non saranno più chiusi. La Gand-Wevelgem numero 84 è sua. 

Pasqualon in testa al gruppo. Andrea ha controllato la corsa e ha diretto la Intermarché Wanty Gobert
Pasqualon in testa al gruppo. Andrea ha controllato la corsa e ha diretto la Intermarché Wanty Gobert

Pasqualon, capitano e amico

Un “quasi monumento” è suo. Oggi si è scritta la storia. Non è una vittoria comune. Girmay in qualche modo è un pioniere. Un pioniere che però sapeva cosa stava facendo. La consapevolezza in questo atleta c’è tutta. Anche se ha solo 21 anni.

«Che giornata – racconta Andrea Pasqualon compagno e capitano di Girmay – nel finale dietro controllavo per Kristoff, nel caso li avessimo ripresi, ma “Benny” dava sicurezza. Il nostro attacco era stato pianificato e la corsa è andata davvero secondo i nostri programmi.

«In precedenza quando avevo provato anche io ed eravamo una ventina di corridori gliel’ho detto: Benny, io o te, ma oggi dobbiamo cercare di vincere, perché la gamba c’è se siamo qui con i migliori al mondo. Poi non essendoci dentro Van Aert dietro hanno chiuso.

«A quel punto gli ho detto di tenere duro all’ultimo passaggio sul Kemmel e se possibile di anticipare. Così ha fatto e adesso ci ritroviamo con questa bella vittoria in tasca».

Parla da veterano, da capitano Pasqualon. E’ lui a tutti gli effetti il “road capitan” della Intermerché e i compagni lo seguono. Specie Girmay. I due sono stati compagni di stanza più volte e anche ieri sera.

«Tra noi due c’è un feeling particolare – riprende Pasqualon – Lo vedevo che aveva un gran gamba. Per radio gli ho detto solo di stare tranquillo e che dietro non stavano tirando forte (almeno all’inizio dell’assalto finale, ndr). Poi quando gli hanno comunicato che avevano quasi 40” forse si è anche tranquillizzato. Magari, in quel tentativo precedente, quando gli detto che eravamo coi più forti al mondo e poi si è ritrovato in fuga nel finale, si è anche caricato».

Sui muri Girmay ha mostrato un’ottima gamba
Sui muri Girmay ha mostrato un’ottima gamba

Il vento che cambia 

All’arrivo sono abbracci, sinceri. Pasqualon, Kristoff e Girmay. La squadra di Piva ha la giusta alchimia. Valerio ce lo disse in tempi non sospetti che Girmay stava andando forte. Ancora una volta aveva ragione.

Proprio in queste ore i suoi colleghi si stavano giocando il titolo continentale in Egitto. E il suo connazionale Natnael Tesfatsion faceva quarto al Gp Industria e Commercio a Larciano, lottando con Nibali, Ulissi (che ha vinto) e tanti altri campioni. Insomma, per l’Africa si è aperta una nuova strada ufficialmente.

E Girmay lo sa bene: «Questa vittoria – ha detto – la dedico al ciclismo africano, credo e spero potrà cambiare molte cose per me e per gli altri ciclisti africani.

«Il pavé? Non era molto confortevole, meglio sui muri!». Vedremo dove porterà e come si svilupperà.

«E’ un ragazzo bravissimo e serio – racconta Alex Carera, il suo manager – si sapeva che stava bene. Ha una grande voglia di arrivare. Ama il ciclismo e la sua famiglia. Pensate che ha già una bambina di due anni. In Africa vive in quota e laggiù non sempre è facile comunicare con lui, mentre quando è in Europa, vive a San Marino».

L’Italia è un po’ la Patria che lo ha adottato, anche se non ci vive ufficialmente. A maggio lo vedremo sulle strade del Giro d’Italia. Prima però dovrebbe tornare in Africa, salvo cambiamenti. «Doveva tornare questa settimana – ha aggiunto Carera – ma a questo punto non so se farà anche il Fiandre».