Manubri stretti e attacchi manubrio (che vanno in pensione)

22.02.2022
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Nelle scorse settimane abbiamo affrontato il discorso dei manubri più stretti. Abbiamo sentito corridori e costruttori, stavolta sentiamo anche cosa ci dicono i meccanici. Perché c’è un’altra cosa che in teoria merita una considerazione, vale a dire la lunghezza degli attacchi manubrio.

C’è una relazione effettiva tra il restringersi delle pieghe e la lunghezza dell’attacco? In teoria sì, perché per mantenere gli stessi angoli d’inclinazione del busto, la stessa distanza fra le leve e la punta della sella, questi attacchi dovrebbero allungarsi un po’. In teoria… Perché la realtà è ben diversa. E il discorso dell’attacco semmai riguarda più la tipologia del manubrio che non la sua larghezza.

Il manubrio integrato Vision Team SL è uno dei componenti più ricercati in casa Bahrain Victorious
Il manubrio integrato Vision Team SL è uno dei componenti più ricercati in casa Bahrain Victorious

Demarin della Bahrain

E questa nostra osservazione è condivisa da Massimo Demarin, meccanico della Bahrain Victorious. «Vero – afferma – in teoria con le pieghe più strette, per mantenere le stesse misure bisognerebbe allungare l’attacco, ma che io ricordi non ci sono stati atleti nel nostro team che hanno cambiato la loro misura dell’attacco per questa motivazione.

«Semmai, i più giovani vanno alla ricerca del manubrio largo solo 40 centimetri centro-centro e vogliono anche queste leve ruotate verso l’interno. Che dire… si adattano»

Così come, spiega Demarin si adattano al manubrio integrato, che in casa Bahrain utilizzano tutti, all’infuori di Dylan Teuns

In questo team, il brand di riferimento per attacchi e manubri è Vision, la cui piega ha un avanzamento. Non è posta a 90° rispetto all’attacco. Anche chi non lo usava negli anni precedenti, sembra non aver cambiato la misura del suo attacco.

«No, perché alla fine questo offset è di circa 4 millimetri e ridurre l’attacco di un centimetro sarebbe troppo. I ragazzi sono bravi a trovare un compromesso».

In casa Astana c’è il manubrio integrato Wilier Filante, come la bici
In casa Astana c’è il manubrio integrato Wilier Filante, come la bici

Tosello dell’Astana

Gabriele Tosello, dell’Astana Qazaqstan ci dice proprio che: «La misura dell’attacco manubrio, non è cambiata per la sua larghezza quanto per il fatto che è integrato.

«Questa tipologia di piega è quella che va per la maggiore. Oggi all’interno di questo “blocco” passa tutto il cablaggio, anche quando si utilizza ancora il vecchio due pezzi. Noi abbiamo tutto made in Wilier e nel caso non dovessimo arrivare del tutto a certe misure, Fsa-Vision ci può fornire dei prodotti compatibili la misura richiesta».

Tosello dice che con l’integrato, specie per chi arriva da altri marchi, può esserci qualche differenza sulla profondità. In tal caso si interviene anche sull’attacco.

«Sulla base di questo ragionamento, qualche attacco l’ho cambiato – dice Tosello – ma parliamo di 5 corridori su una rosa di 30. Lo stesso Nibali è passato da un 120 millimetri ad un 110.

«E’ invece vero che si ha la tendenza a cercare pieghe più strette, però le richieste da parte dei corridori ci sono arrivate un po’ tardi e cercheremo di accontentarli al più presto. Per ora circa il 30% ci ha fatto richiesta di un manubrio da 40 centimetri centro-centro».

Il manubrio integrato di Most della Ineos Grenadiers, ci sono due versioni: il Talon Aero 1k Di2 (in foto) e il Talon Ultra Light
Il manubrio integrato di Most della Ineos Grenadiers, ci sono due versioni: il Talon Aero 1k Di2 (in foto) e il Talon Ultra Light

Cornacchione della Ineos

Il discorso appassiona anche Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos-Grenadiers.

«Noi lavoriamo con la linea Most di Pinarello – dice – e per fortuna adesso abbiamo le misure “tonde”, 120, 130, 140… Un anno abbiamo avuto anche quelle intermedie, tipo le 125, 135… ma c’erano troppe pieghe. Ognuna con sei misure: era un bel caos. Ad un certo punto il team ha deciso di fare solo le misure “tonde”. 

«In squadra solo Adam Yates, che è piccolo, usa l’attacco da 140, altrimenti sono tutti sul 120-130, segno che si trovano bene con le misure delle bici. Yates invece ha voluto il telaio super piccolo e ha questa misura. Il che è un po’ paradossale se pensiamo che un gigante come Ganna ha un attacco da 130.

«Ormai i nostri corridori hanno tutti l’integrato. E devo dire che esteticamente mi piace molto. Non ci sono fili esterni e vi passano tutti i cablaggi. Tutto è molto pulito. Anche la messa del nastro con quello “scalino” termina para alla piega. Su 30 atleti solo Luke Rowe ha preferito restare fedele al doppio pezzo».

«Sul fatto della misura più stretta – prosegue Cornacchione – devo dire che anche i nostri hanno iniziato a dare uno sguardo, però la guida non è la stessa. In una corsa come l’UAE Tour può anche andare bene, ma in una tappa dei Paesi Baschi? Per dirne una…

«I nostri corridori per ora non hanno cambiato le larghezze ideali per le loro spalle, tuttavia è stato fatto qualche test in pista per verificarne i vantaggi. Qualcuno ha provato, i più giovani soprattutto. Chi è pro’ da 3-4 anni è rimasto fedele alla sua misura».

Yates con la sua bici piccola, “cade” molto in avanti con le spalle con l’attacco da 140 millimetri
Yates con la sua bici piccola, “cade” molto in avanti con le spalle con l’attacco da 140 millimetri

Attacchi classici addio

Ciò che emerge alla fine sono due elementi in particolare. Il primo: più che un cambio delle misure degli attacchi manubri in base a quelle delle piega, si assiste ad un abbandono dell’attacco tradizionale a vantaggio dei manubri integrati. Il secondo: i corridori si adattano molto più di quel che sembra, specie se devono utilizzare prodotti che li possono favorire… Anche se questo vantaggio molto spesso è psicologico e per assurdo certe scelte potrebbero penalizzarli.

Un manubrio integrato concede meno regolazioni. Questo vuol dire che tocca al corridore adattarsi.

La domanda allora è quanto guadagnano in termini di psicologici e quanto poi “perdono” in termini di biomeccanica? Insomma un corridore con spalle larghe che monta una piega da 38 centimetri centro-centro (perché ci sono state anche queste richieste) sarà certamente più aerodinamico, ma sarà altrettanto efficiente nella respirazione? E quanto potrà guidare bene?

A crono, dove i numeri sono ben più tangibili questo aspetto è “più superato”, con la bici da strada siamo un passo indietro. Alessandro Mariano, biomeccanico di grido, ce lo aveva detto: «Non avete idea di quanto incida l’aspetto psicologico da parte degli atleti».

Cross, strada e MTB: Pidcock sull’asse di equilibrio

21.02.2022
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Sul traguardo dei mondiali di cross di Fayetteville, Tom Pidcock c’è passato come Superman e per fortuna non ha trovato un giudice zelante che l’ha squalificato per la posizione irregolare. Sul cross per fortuna brilla la goliardìa del fuoristrada e in America certe cose piacciono parecchio: il povero giudice lo avrebbero passato per le armi.

Campione del mondo di cross, juniores ed elite. Vincitore della Roubaix juniores e U23. Vincitore del Giro d’Italia U23. Campione olimpico di mountain bike. Primo nella Freccia del Brabante e secondo all’Amstel nel primo anno da pro’.

Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada
Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada

Amore cross

In nome del cross, Pidcock ha vissuto un inverno da nomade. La famiglia nel Nord del Regno Unito e la residenza ad Andorra, ha trascorso le vacanze di Natale in Belgio, raggiunto dai familiari. E la notte del 31 dicembre, è andato a letto presto, dato che l’indomani avrebbe corso a Baal.

Ma ora che la stagione su strada lo richiama all’ordine e che non tornerà in Gran Bretagna prima di ottobre, il britannico del Team Ineos Grenadiers ha iniziato a collegare i vari puntini della sua carriera.

«Ho bisogno del cross – dice – per avere obiettivi vicini e per la mia impazienza di raggiungerli rapidamente. Troverei insopportabile allenarmi tutto l’inverno pensando alla stagione su strada. Allo stesso tempo, bisogna usare la testa. I brevi sforzi del cross sono sicuramente utili in prospettiva delle classiche, perché si raggiungono intensità altissime, ma il pericolo è di fare troppo. La strada e i lavori necessari per avere la giusta base devi comunque considerarli. Serve pianificazione. Per questo mi limito a 11-12 gare di ciclocross durante il mio inverno».

In azione a Namur, dove Pidcock ha chiuso secondo dietro Vanthourenhout
In aziona a Namur, dove Pidcock ha chiuso secondo dietro Vanthourenhout

Impazienza e raziocinio

L’impazienza è una molla particolare. Da un lato si sposa con la fretta di arrivare dei talenti più giovani come Evenepoel e Pogacar (lo sloveno è del 1998, Pidcock del 1999, Remco del 2000), dall’altra è evidente come nella squadra britannica facciano di tutto perché Tom non bruci le tappe.

«Almeno fino alle Olimpiadi del 2024 – dice – andrò avanti anche con la mountain bike. Voglio difendere il mio titolo a Parigi e partecipare anche alla prova su strada. La mia grande ambizione è diventare campione del mondo in tutte e tre le discipline, il che significa che c’è molto lavoro da fare! Vincere da giovani è più facile che vincere coi grandi. Durante la scorsa stagione, la prima da professionista, ho dovuto abituarmi a questa idea, sia nel cross che su strada. Ho avuto molti problemi a lottare per il secondo posto e mi è servito per fare il cambio di mentalità. Mi ci è voluto un po’ per capire che anche i migliori corridori non vincono tutto».

All’Algarve un debutto sotto tono per Pidcock (76° nella crono) che si è ritirato nell’ultima tappa
All’Algarve un debutto sotto tono per Pidcock (76° nella crono) che si è ritirato nell’ultima tappa

I Giri fra due anni

Per questo, l’asticella resta a un’altezza ragionevole. Pur avendo vinto il Giro d’Italia U23 nel 2020 con grande facilità, Pidcock sta alla larga da tentativi prematuri.

«Un giorno mi piacerebbe dedicarmi a un grande Giro – dice – e muovermi verso questo obiettivo con allenamenti in quota sul Teide, lavori sulla potenza inseriti in un simile quadro, ma per ora è presto. Non vogliamo saltare nessun passaggio nel mio processo di sviluppo. La classifica generale di un Giro può diventare un obiettivo fra due o tre stagioni, quando avrò 25 o 26 anni. Per ora punto sulle classiche, al modo di correrle in quella maniera spettacolare che sta piacendo così tanto alla gente. Ma non è escluso che pensi di tanto in tanto a corse di una settimana».

Bernal si commuove: da oggi comincia la corsa più dura

07.02.2022
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E’ un Egan Bernal visibilmente commosso quello che ringrazia lo staff sanitario della Clinica Universitaria La Sabana in cui è stato ricoverato in fin di vita e dalla quale è uscito ieri dopo 13 giorni e una serie impressionante di interventi. La foto di apertura lo ritrae a casa fra i suoi cari, lo staff Ineos Grenadiers rimasto ad assisterlo e alle sue spalle c’è Brandon Rivera, caduto a sua volta pochi giorni dopo l’amico. Guardate la posa di Egan, non sembra bloccato come in certi casi.

«La Clinica Universitaria La Sabana – recita l’ultimo dei bollettini che ci arrivavano quotidianamente – in qualità di centro sanitario accademico che punta all’eccellenza, al servizio e alla promozione della vita, comunica al pubblico che il paziente Egan Bernal Gomez ha completato due settimane nella nostra struttura, riuscendo a superare un trauma ad alta energia.

La prima immagine di un Bernal vigile e vispo, circolata pochi giorni fa (foto La Sabana)
La prima immagine di un Bernal vigile e vispo, circolata pochi giorni fa (foto La Sabana)

«In questo momento, il paziente è nella terza fase del trauma, pronto per iniziare il suo percorso riabilitativo. Non ha complicazioni e tutte le sue ferite sono stabili e in via di guarigione.

«Per quanto sopra, siamo lieti di comunicare che oggi il paziente è stato dimesso, per continuare il suo percorso riabilitativo in regime ambulatoriale presso la nostra struttura, la prima Clinica accreditata in Colombia in riabilitazione, dal 2015, dall’ente internazionale Commission on Accreditation delle Strutture Riabilitative (CARF).

«Oggi diamo più significato e forza alle parole che portiamo nella nostra Istituzione come missione. Con orgoglio e speranza iniziamo una nuova tappa insieme al nostro atleta».

Paura e gratitudine

Ricordiamo tutti il giorno dell’incidente, ne abbiamo fornito ricostruzione e abbiamo iniziato a tratteggiare il suo recupero. E certo rileggendo l’andamento del decorso di Egan ci saremmo aspettati tutti un cammino ben più complicato. Probabilmente però la bravura dei chirurghi e il suo fisico gli hanno permesso di assorbire il trauma e di smaltirlo.

In piedi fra i chirurghi che lo hanno operato: la riduzione chirurgica delle fratture ha ridotto i tempi (foto La Sabana)
In piedi fra i chirurghi che lo hanno operato (foto La Sabana)

«In questi giorni- dice Bernal rivolgendosi al personale della clinica – ho sentito grande dolore, però almeno ho sentito qualcosa. Quello che ricordo è che un secondo mi stavo preparando per il Tour de France, ho battuto gli occhi e il secondo successivo stavo lottando per la mia vita. La verità è che ho dato sempre tutto per essere un professionista e lo stesso è stato per voi, ma in maniera differente. E devo dirvi grazie per avermi permesso di avere una seconda opportunità. Per me è come tornare a nascere. E… niente, spero un giorno di tornare forte in qualche modo, anche se sarà qualcosa di piccolo».

I prossimi passi

In Colombia ovviamente la notizia dell’uscita di Bernal dalla clinica ha avuto grande risalto ed ha messo in moto una serie di interviste ai medici che lo hanno seguito nel recupero.

«Il processo per tornare ad essere il ciclista di prima – ha affermato il medico specializzato Gustavo Castro – seguirà una pianificazione complessa e ampia. La prima è la riabilitazione, la seconda sarà la fase di riqualificazione e la terza sarà l’allenamento. Il vantaggio è che le fratture sono state stabilizzate chirurgicamente, il che permetterà di iniziare un rapido recupero per iniziare a muoversi più velocemente. Lo scopo è che i tessuti e l’osso possano aderire bene, che abbiano di nuovo la struttura di prima e ci vorranno circa sei mesi».

Foto ricordo con gli infermieri e i terapisti di neurochirurgia (foto La Sabana)
Foto ricordo con gli infermieri e i terapisti di neurochirurgia (foto La Sabana)

Un lavoro complesso

Bernal è entrato nella Clinica de la Sabana il 24 gennaio, dopo essere finito contro un autobus mentre si allenava sulla bicicletta da cronometro, riportando fratture multiple.

«Dopo che i tessuti saranno funzionali – ha proseguito Castro – e le ossa, i tendini e i legamenti saranno normali, dovremo lavorare su forza, coordinazione e potenza. Oltre che sulla mobilità articolare, così come sulla coordinazione neuromuscolare. Egan ha al suo fianco un team di professionisti altamente competenti e questa è la chiave». 

I campioni sono speciali

Un parere molto interessante è infine arrivato da Fredy Abella, medico molto riconosciuto in ambito sportivo per aver curato per molti anni Nairo Quintana.

Con sua madre Flor Marina (a sinistra), la compagna Maria Fernanda e il primario della clinica (foto La Sabana)
Con sua madre Flor Marina (a sinistra), la compagna Maria Fernanda e il primario della clinica (foto La Sabana)

«Questo trattamento deve essere completo – dice – non si tratta solo di curare le fratture, ma si dovrà lavorare sulla parte biomeccanica, avere un gruppo specializzato per recuperare rapidamente il paziente. La Clinica Universidad de la Sabana è il centro di riabilitazione più completo in questo settore del Paese ed è l’ideale per quello che Bernal dovrà affrontare. Bisogna sapere, prima di tutto, come sono andati i trattamenti per la frattura, come è risultato l’allineamento della colonna vertebrale, conoscere il lavoro che verrà fatto per recuperare il problema muscolare. I processi degli atleti ad alte prestazioni sono molto speciali».

A noi resta la paura nella voce di Egan e il suo essere tornato nuovamente quasi come un bambino in cerca di rassicurazioni. Ma l’uomo è duro, ha vinto un Tour e nella vita ha dovuto soffrire per raggiungere ognuno dei suoi traguardi. Pensiamo spesso in questo periodo alla storia di Pantani e alla sua ripresa. I campioni sono diavoli, non si arrendono mai. Da oggi la corsa di Egan sarò sempre in salita e non conoscerà soste.

Tosatto, il dopo Bernal è da disegnare. Ma Carapaz vede ancora rosa

05.02.2022
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Matteo Tosatto è indaffaratissimo nel seguire i suoi corridori. Anche se la stagione è appena iniziata, il tecnico veneto è già nel pieno della “mischia”. L’incidente di Bernal ha scosso il mondo del ciclismo, ma ancora di più ha scosso la sua squadra, la Ineos-Grenadiers. Il colombiano era l’uomo per il Tour e di fatto uno degli uomini simbolo, tanto più che Sir Brailsford gli aveva fatto firmare un contratto molto importante sia per durata che per ingaggio.

Ma senza allargarci troppo restiamo su questa stagione. Come inciderà questo incidente nei programmi della corazzata inglese? In tanti già danno Richard Carapaz dirottato dal Giro al Tour. La verità è che il discorso è ben più complesso.

Tosatto 2021
Matteo Tosatto è uno dei diesse del team inglese dal 2017
Tosatto 2021
Matteo Tosatto è uno dei diesse del team inglese dal 2017

Vicini a Bernal

«Come cambia la nostra situazione… Cambia che per ora non possiamo far altro che stringerci attorno ad Egan e dargli tutto il supporto necessario perché torni al meglio e recuperi in fretta – spiega Tosatto – Una riunione in questo senso ancora dobbiamo farla. Per ora l’incidente è ancora troppo “fresco” per affrontare il discorso dei programmi corali».

«Piuttosto pensiamo alle corse e a quel che c’è da fare adesso. L’unica cosa che sin qui è cambiata nei programmi è che Egan è stato tolto dalla lista per la Parigi-Nizza, il suo primo obiettivo stagionale, e dalle altre gare di questa prima parte dell’anno».

La Ineos-Grenadiers si stringe attorno a Bernal. Ecco Carapaz (in basso a sinistra) con i suoi compagni a Besseges (foto Instagram)
La Ineos-Grenadiers si stringe attorno a Bernal. Ecco Carapaz (in basso a sinistra) con i suoi compagni a Besseges (foto Instagram)

Carapaz al Giro

Tosatto chiaramente non ha la possibilità, e forse neanche può, scoprire tutte le carte in tavola. Il discorso di Bernal è pesantissimo. Se pensiamo che possono esserci dei dubbi circa il suo futuro, figuriamoci se adesso il problema è individuare questa o quella corsa.

Però di fatto, è un “quid” che esiste. E alla fine la voce più succulenta, la domanda che tutti si fanno è come sarà gestito Carapaz.

«Con Carapaz – riprende Tosatto – ancora non abbiamo parlato. Per ora Richard resta focalizzato sulla sua prima parte di stagione e sul suo programma di gare che avevamo stabilito. E su questo continuiamo, pensando alla sua condizione. Qui siamo tutti dispiaciuti. Poi sarà che tutti eravamo sparsi tra ritiri, Sud America, gare… che quasi non c’è stato il tempo per rendersi conto davvero di quanto sia successo».

Un Giro con solo 26 chilometri di cronometro però è un’occasione ghiottissima per l’ex maglia rosa e attuale campione olimpico…

«Sì, sì, ma infatti Richard lo sa bene e ha già detto ad inizio stagione che quello sarebbe stato il suo obiettivo ed è concentrato su quello. Dire adesso che lo togliamo dal Giro per metterlo al Tour mi sembra inutile e prematuro. Di certo è un bel Giro per lui e per il momento tutto resta confermato».

E’ vero poi che su certe decisioni contano, sponsor, questioni di marketing e non ci sono solo scelte tecniche, ma se conosciamo un po’ Carapaz, abbiamo visto che l’ecuadoriano è molto ambizioso. Lui ha voglia di vincere. Al Tour sa bene che con Pogacar e Roglic il compito sarebbe più arduo. Non impossibile, sia chiaro…

Carlos Rodriguez sugli sterrati della Valenciana. Lo spagnolo, classe 2001, è un vero talento
Carlos Rodriguez sugli sterrati della Valenciana. Lo spagnolo, classe 2001, è un vero talento

Quanti campioni nel mazzo

In casa Ineos-Grenadiers i campioni non mancano. Oltre a Carapaz e Bernal c’è un certo Geraint Thomas e con lui Geoghegan Hart, Porte, Adam Yates… Senza contare che nel momento in cui decidessero di cambiare strategia e di venire in Italia per le tappe avrebbero cacciatori del calibro di Viviani, Ganna, Kwiatkowski

E a proposito di Porte e Yates: loro due erano già inseriti nella lista del Giro. Magari potrebbero assegnargli un altro ruolo, senza scombussolare troppo i piani del team. In fin dei conti non sarebbe la prima volta che in Ineos si ritrovano a cambiare le carte sul momento. Il Giro di Tao ne è la riprova. E in ammiraglia guarda caso c’era proprio Tosatto.

«Di corridori ne abbiamo molti, vedremo… Ganna è partito bene, idem Viviani e anche Carlos Rodriguez.

Su Rodriguez incalziamo Tosatto: «Matteo, questo è un corridore vero. Lo abbiamo visto all’Avenir l’anno scorso»…

«Crediamo molto in questo giovane. Lo vogliamo far crescere senza stress. 

«Vederlo al Giro? Forse è un po’ presto. E’ vero però che vogliamo fargli fare un grande Giro quest’anno. Non credo che possa andare al Tour come primo “assaggio”, ma visto che è spagnolo pensavamo di più alla Vuelta, tanto più che arriva a fine stagione e sarà maturato un altro po’ per quel periodo. Una Vuelta da correre in appoggio a qualche capitano. Io comunque sono dell’idea che far fare i grandi Giri a dei giovani, senza bruciare le tappe, sia sempre una buona idea».

Gli scalatori come scelgono le ruote ? Ce lo spiega Filippo Rinaldi

03.02.2022
4 min
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Dopo aver scoperto come scelgono i manubri i velocisti ci siamo chiesti: come sceglierà le ruote uno scalatore? Risponde Filippo Rinaldi, fondatore di Pippowheels, una voce di grande esperienza e di grandi conoscenze tecniche. La storia e lo studio dei prodotti negli anni hanno portato a determinate scelte, che come avremo modo di vedere, non sempre tendono all’efficienza o alla comodità.

Negli anni 90 e primi anni 2000 le ruote erano in alluminio e per alleggerire il peso si usavano profili minimi
Negli anni 90 e primi anni 2000 le ruote erano in alluminio e per alleggerire il peso si usavano profili minimi

Gli scalatori del passato

«C’è da fare una premessa fondamentale – ci dice Filippo Rinaldi – anni fa le ruote erano assemblate dai meccanici e quindi c’era una maggior possibilità di variazione. I raggi, per esempio, erano 20,24,28 o 32 ed il numero da montare sulla ruota era una scelta del corridore. Gli scalatori preferivano ruote da 20 raggi all’anteriore e di 24 al posteriore intrecciate in seconda. La scelta era dovuta al fatto che sulla ruota posteriore si scarica la potenza e quindi serve una ruota più rigida.

«Ora come ora il mercato non offre particolari scelte, le ruote vengono studiate ed assemblate in laboratorio. I corridori non possono più apportare modifiche, anche se hanno una vasta possibilità di scelta».

Molti scalatori tra cui Yates usano tubeless per questioni di marketing
Molti scalatori tra cui Yates usano tubeless per questioni di marketing
La scelta di base qual è?

Ovviamente la leggerezza, lo scalatore sceglie sempre la ruota più leggera. Gli aspetti che fanno maggiormente la differenza sono il cerchio e la scelta del copertoncino. Un risparmio di 15 grammi su questa parte della ruota incide tre volte di più rispetto ad elementi statici.

Partendo dal copertone, gli scalatori non usano il tubeless…

Esattamente, per il momento la tecnologia non offre un prodotto leggero come il tubolare, anche perché i cerchi del tubeless pesano di più e questo fa già la differenza.

Romain Bardet ruote nuove Shimano
Con l’avvento delle ruote in carbonio i corridori posso usare profili maggiori a parità di peso
Romain Bardet ruote nuove Shimano
Con l’avvento delle ruote in carbonio i corridori posso usare profili maggiori a parità di peso
Però i cerchi degli scalatori una volta erano con profili da 20 millimetri, ora sono da 50 millimetri.

E’ una questione di tecnologia e di sviluppo. Prima i cerchi erano in alluminio, una lega di peso maggiore rispetto al carbonio. Di conseguenza gli scalatori tendevano ad alleggerire il più possibile il cerchio. Il carbonio permette di creare prodotti con lo stesso peso e si sa che un cerchio più alto offre una maggiore efficienza aerodinamica, che nell’economia della corsa offre maggiori vantaggi.

Prima i copertoni erano anche da 19 millimetri, ora la tendenza è quella di usare quelli da 25.

Anche qui per un discorso di studio e sviluppo. Si è visto che il 25 millimetri offre un’ottima scorrevolezza in proporzione alle pressioni di gonfiaggio. Sono dell’idea che usando copertoni più larghi e di conseguenza cerchi più larghi e rigidi tra un po’ di tempo torneremo a vedere profili più bassi: 30-35 millimetri.

I freni a disco

Un altro grande cambiamento è avvenuto con i freni a disco, anche se in particolari occasioni qualcuno tende a non usarli. Al Giro di Lombardia, vinto da Pogacar, lo sloveno ha usato freni tradizionali, come nelle tappe più impegnative del Tour de France.

Carapaz (Ineos) e Pogacar (UAE Team Emirates) montano ruote con freni tradizionali mentre Vingegaard (Jumbo-Visma) usa i freni a disco
Carapaz (Ineos) e Pogacar (UAE) montano ruote con freni tradizionali mentre Vingegaard (Jumbo) usa i freni a disco

«Quella dei freni a disco è una scelta principalmente dettata dal mercato – continua Filippo – i pro’ sono la vetrina per sponsorizzare nuovi prodotti e quindi alcune squadre usano quel che il produttore vuole. Il team Jumbo-Visma aveva pubblicato uno studio nel quale diceva che il guadagno aerodinamico dei freni a disco era più importante di quello legato al peso dei freni tradizionali. Dichiarazione vera a metà, infatti Ineos e Pinarello, che sono più restii al passaggio, hanno sempre usato i freni tradizionali».

Il freno a disco ha cambiato il tipo di incrocio dei raggi?

Sì. Su ruote che montano freni a disco, i raggi hanno bisogno di una maggiore rigidità. Questo perché usando incroci in seconda e spostando il peso della frenata sul mozzo si aveva l’effetto, pinzando i freni, che il cerchio continuasse a girare. Si è dunque adoperato l’intreccio tangente, per avere una maggiore rigidità dei raggi e riuscire così a trasferire prontamente l’effetto della frenata su tutta la ruota.

La Colombia e il dramma di Bernal. Parla il primo tecnico

30.01.2022
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«I dirigenti della Ineos – dice Andrea Bianco da Tocancipà, Colombia – si sono latinizzati forse troppo. Il team è pieno di corridori sudamericani e anche loro hanno preso le brutte abitudini di quaggiù. Quando ci si allena in Colombia, va bene avere l’ammiraglia dietro e anche la moto, che passa gratis ai pedaggi e non lascia i corridori scoperti. Ma l’auto serve soprattutto davanti. Qua la gente è indolente, Bernal poteva davvero morire…».

Parla l’italiano che guidò Egan nelle sue avventure internazionali in mountain bike, tecnico dell’allora nazionale colombiana del fuoristrada. Veneziano di Jesolo, trapiantato da quelle parti da oltre vent’anni. Il ristorante Maria Piazzetta con cui paga i suoi conti si trova a Tocancipà, 40 chilometri a nord di Bogotà sulla via per Tunja, a 5 chilometri dal punto dell’incidente di Bernal.

Foto di gruppo nel ristorante di Bianco (a sinistra), Alberati, Rivera, Bernal e la ex compagna Xiomara
Foto di gruppo nel ristorante di Bianco (a sinistra), Alberati, Rivera, Bernal e la ex compagna Xiomara

Strade pericolose

Gli incidenti di cui parla Bianco hanno coinvolto anche Santiago Botero, ex professionista, che tre giorni fa si è fratturato l’anca, e Brandon Rivera, che quel giorno era in allenamento con Bernal. Anche il piccolo Julian Esteban Gomez, il bimbo divenuto celebre per le sue lacrime mentre Egan vinceva il Tour, nel luglio scorso è stato travolto da un camion mentre si allenava. Aveva solo 13 anni.

«L’autostrada dove è avvenuto l’incidente – racconta Bianco – ha una corsia di emergenza su cui abitualmente passano i ciclisti. Non si dovrebbe, ma è così. Solo che ci trovi i contadini che tornano a casa a piedi e anche gli autobus. Non ci sono fermate prefissate, basta fare un cenno. Le indagini sono in corso, ma quello che si dice è che l’autista abbia superato senza rendersi conto della velocità di Egan e poi si sia fermato. E lui evidentemente aveva la testa giù, sennò in bici è un gatto e lo avrebbe schivato. Su quella strada gli incidenti sono frequenti».

I corridori della Ineos Grenadiers erano in Colombia per allenarsi…

Qui non ci sono mai grossi sbalzi di temperatura e in questa sorta di blando inverno, le belle giornate sono ideali per pedalare approfittando ovviamente anche della quota. Me li trovo sempre in giro. Prima Egan e Brandon Rivera, cui a volte si aggregava Oscar Sevilla. Papà Bernal è sempre con loro sulla moto.

Sulla moto?

Egan lo ha ingaggiato e lo paga perché lo accompagni. La moto è comoda, perché su quella strada ci sono i caselli e la moto non deve fermarsi, mentre l’auto perde sempre quei 30 secondi che poi ti costringono a superare gli altri mezzi. E Egan quel giorno stava facendo distanza sulla bici da crono e la macchina probabilmente era rimasta in coda al casello.

Come l’hai saputo?

Dai social. Quando su Instagram ha iniziato a girare la notizia, ho pensato che l’autobus si fosse immesso, invece su quel tratto di strada non ci sono vie laterali, appena due stradine industriali in cui però non passa mai nessuno…

I corridori del Team Ineos Grenadires erano in Colombia per un ritiro in altura (foto Twitter)
I corridori del Team Ineos Grenadires erano in Colombia per un ritiro in altura (foto Twitter)
Cosa si dice in Colombia dell’incidente?

Si parla di “fatalità”. Anche Pidcock ha confermato che è difficile allenarsi su strada con la bici da crono. C’è un portale con 25.000 follower in cui quasi tutti parlano apertamente di un errore di Egan. Si chiedono perché non fosse ad allenarsi in pista. Comunque sia, per quello che ha rischiato, siamo fortunati che sia ancora vivo.

Errore di distrazione?

Non ci sono rientranze dove gli autobus possano fermarsi, per cui accostano nella corsia di emergenza e il più delle volte invadono anche la corsia di marcia. Ti superano, accostano e ripartono. Lo fanno continuamente, solo che stavolta è andata male al miglior ciclista della Colombia.

La gente crede che tornerà forte?

I tifosi sperano sempre, poi ci saranno da fare valutazioni. Mentalmente, Egan è ossessivo, quasi non sembra colombiano. Se dipenderà dalla sua determinazione, non c’è dubbio che tornerà. Poi però c’è la parte fisiologica e lì c’è da capire. Quando Pantani si ruppe la gamba, era la gamba e basta. Qui il quadro è complesso. Viste le tante fratture, i dubbi ci sono.

Stava lavorando per il Tour…

Negli ultimi tempi la sua motivazione non era più uscire dalla povertà. Forse è meno forte di Pogacar, ma facendo una bella preparazione, chi poteva dire come sarebbe finita? Potevano succedere tante cose, guardate quel che è capitato proprio a lui. Bisognerà capire come andranno le prossime settimane e vedere anche cosa vorrà fare la squadra.

Ecco una delle poche immagini dell’incidente di Egan Bernal: è il 24 gennaio 2022 (foto Twitter)
Una delle poche immagini dell’incidente di Bernal: è il 24 gennaio (foto Twitter)
I telegiornali ne parlano spesso?

E’ la notizia che c’è sempre, ma qui succedono tanti di quei fatti legati alla sicurezza, che anche Egan Bernal sta passando in secondo piano. E’ vivo, si può passare oltre. Qua è tutto molto più veloce che in Italia.

Cosa sai della clinica in cui è ricoverato?

Una struttura privata che funziona molto bene. Ci sono medici preparati, che sono stati richiamati e lo hanno operato anche di notte. Il vantaggio di essere Egan. Ora è cosciente, vediamo quando andrà a casa. E speriamo di poterlo rivedere presto sano e sulla sua bici…

Ieri mattina la Clinica Universitaria la Sabana ha rilasciato un altro bollettino e lo ha accompagnato con una utile infografica che vi proponiamo e che riassume gli step del trattamento di Egan.

«Ho avuto avuto il 95% di possibilità di diventare paraplegico – ha scritto lui su Twitter (foto di apertura) – e quasi di perdere la vita facendo ciò che amo di più. Oggi voglio ringraziare Dio, la Clinica Sabana e tutti i suoi specialisti perché stanno facendo l’impossibile, la mia famiglia, Maria Fernanda Motas (la sua compagna, ndr) e tutti voi…».

Dieci del mattino, shock dalla Colombia. Incidente a Bernal

25.01.2022
4 min
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Una normale giornata di allenamento si è trasformata in un incubo per Egan Bernal, che si è schiantato sul retro di un autobus della compagnia Alianza.

Il colombiano stava lavorando sulla bici da cronometro, ma si è trovato faccia a faccia con l’autobus intercomunale, che si era fermato per far scendere un passeggero.

Erano le 10,01 del mattino di ieri, sulla strada che congiunge Bogotá a Tunja, nella regione di Cundinamarca. Egan, che le prime immagini ritraggono a terra, è stato portato d’urgenza in ambulanza alla Clinica Sabana de Chía. La Polizia intervenuta sul posto ha riferito che il corridore non ha “osservato la manovra compiuta dal veicolo tipo bus e si è scontrato contro il retro di esso”.

Bernal era uscito per allenarsi con i compagni di squadra della Ineos Grenadiers, che sono in Colombia dalla scorsa settimana. Del gruppo facevano parte Brandon Rivera, Andrei Amador, Richard Carapaz, Omar Fraile e Daniel Martinez.

Proprio la crono era il fronte di maggiore attenzione per la sfida al Tour (foto Ineos Grenadiers)
Proprio la crono era il fronte di maggiore attenzione per la sfida al Tour (foto Ineos Grenadiers)

Il giro del mondo

La notizia dell’incidente ha fatto il giro del mondo tramite i vari social, prima che la stessa squadra britannica emettesse il primo bollettino. Stando ai vari bollettini della clinica, il quadro è piuttosto complicato. Il corridore ha riportato una frattura diafisaria del femore e della rotula destra, lesione avvenuta a metà dell’osso. E’ stato operato e gli è stato posizionato un chiodo intramidollare per fissare l’osso.

Inoltre, a causa del forte colpo, Egan ha un polmone perforato con perdita d’aria, che ha costretto i medici a curarlo per il pneumotorace e per fermare l’emorragia dalla cavità toracica.

Come se non bastasse, il vincitore dell’ultimo Giro d’Italia ha manifestato una frattura della quinta e sesta vertebra toracica e una non scomposta del rachide cervicale, lesioni importanti quando si parla di un atleta di alte prestazioni.

Per questo, stando alle notizie raccolte dal quotidiano El Tiempo di Bogotà, in serata Egan è stato sottoposto ad un altro intervento di riparazione della colonna vertebrale, al fine di stabilizzare la frattura delle vertebre toraciche da T3 a T8, mantenendo intatta l’integrità neurologica e preservando la funzionalità dei segmenti coinvolti. In seguito a tutto ciò pare che l’atleta abbia risposto a stimoli elettrici.

Bernal non si è accorto della fermata dell’autobus, per cui l’impatto è stato di notevole violenza (foto Twitter)
Bernal non si è accorto della fermata dell’autobus, per cui l’impatto è stato di notevole violenza (foto Twitter)

Equipe interdisciplinare

Il referto medico spiega che Egan è stato portato in sala operatoria da un’equipe interdisciplinare di chirurgia generale, traumatologia e neurochirurgia.

Francisco Camacho, chirurgo ortopedico, ha affermato che sebbene il ciclista potrebbe poggiare presto la gamba destra, la sua disabilità potrebbe durare dai tre ai sei mesi, a seconda dell’evoluzione.

Dopo l’intervento, Camacho ha affermato che Bernal dovrà essere gestito in maniera globale con un programma interdisciplinare che includa una riabilitazione con obiettivi specifici per tornare presto alla sua attività sportiva.

«La cura della frattura dopo l’incidente – ha detto – e un buon trattamento sono essenziali. La fisioterapia durante il recupero aiuterà a ritrovare forza e mobilità nella gamba».

Juan Guillermo, Direttore Generale della Clinica Unversitaria rilascia il comunicato numero 2 dal ricovero di Bernal

Nessun programma

Il programma di Egan prevedeva il debutto al Tour de la Provence, corsa francese che si svolgerà dall’11 al 14 febbraio. Poi avrebbe preso parte al UAE Tour, prima prova WorldTour dell’anno, dal 20 al 26. Di qui avrebbe gareggiato alla Parigi-Nizza vinta nel 2019. Il resto del calendario era da definire, vedeva il Tour al centro dell’anno e non prevedeva la difesa della maglia rosa. Ora è tutto sospeso, come in un brutto sogno.

«Aspetteremo la sua progressiva evoluzione nelle prossime 72 ore in Terapia Intensiva – dice Juan Guillermo, Direttore Generale della Clinica Unversitaria – e che risponda alla gestione che è stata stabilita per questo trauma ad alta energia. Allo stesso modo, iniziamo immediatamente il percorso riabilitativo per ottenere i migliori risultati possibili con il nostro paziente. Ci uniamo alla sua famiglia e alla preoccupazione di tutto il popolo colombiano».

Garmin e Tacx, ecco i team per il 2022!

24.01.2022
4 min
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Garmin e Tacx hanno recentemente annunciato le sponsorizzazioni tecniche per la stagione 2022. Restando al solo ciclismo saranno oltre 15 le squadre ad essere interessate. A queste si andranno ad aggiungere centinaia di atleti professionisti appartenenti a discipline fra loro diverse come corsa e triathlon.
A dare il benvenuto a tutti gli atleti è stata Susan Lyman, vicepresidente del global consumer marketing di Garmin.

«Siamo onorati – ha detto – del fatto che così tanti tra i migliori team e atleti del mondo abbiano scelto Garmin e Tacx per allenarsi, competere e godere ogni giorno delle proprie avventure sportive. Dall’uso dei nostri smartwatch ai ciclocomputer GPS, dagli strumenti per la sicurezza a quelli per l’allenamento. I nostri prodotti saranno a disposizione di questi corridori, ciclisti e triatleti che potranno utilizzare uno dei più forti ecosistemi presenti sul mercato. E noi non vediamo l’ora di contribuire ai loro successi».

La Quick Step-Alpha Vinyl entra nel mondo Garmin nella stagione 2022
La Quick Step-Alpha Vinyl entra nel mondo Garmin nella stagione 2022

Le novità team 2022

Ci saranno due nuovi team che nel 2022 potranno usufruire del meglio della tecnologia Garmin e Tacx: Quick Step-Alpha Vinyl e Ineos Grenadiers. La formazione del campione del mondo Julian Alaphilippe fino ad oggi aveva lavorato esclusivamente con Tacx. Mentre il team del campione olimpico Filippo Ganna aveva punto contare sul supporto tecnologico di Garmin. Lo stesso Ganna ha voluto commentare con queste parole l’opportunità di poter finalmente avvalersi anche dei prodotti Tacx.

«Lavorare con i prodotti Garmin è fantastico – ha spiegato – perché forniscono dati eccezionalmente chiari, vari e accurati che noi atleti utilizziamo per capire il livello della nostra performance. Sono entusiasta di aggiungere quest’anno i prodotti Tacx al mio allenamento e vedere come possono aiutarmi a migliorare ancora di più».

Garmin Edge 1030 Plus
Tra i prodotti che Garmin metterà a disposizione dei team ci sarà anche ciclocomputer Edge 1030 Plus
Garmin Edge 1030 Plus
Tra i prodotti che Garmin metterà a disposizione dei team ci sarà anche ciclocomputer Edge 1030 Plus

L’elenco completo

L’elenco delle squadre che nel 2022 potranno contare sul supporto di Garmin e Tacx è completato da Jumbo-Visma, Astana Qazaqstan Team, Canyon CLLCTV XCO, Canyon//Sram Racing, CST PostNL Bafang MTB Racing team, Cube Action Ream, Lotto Soudal, NXTG By Experza, Rocacorba Collective, Scott-Sram MTB Racing Team, Team SD Worx, Team Total Energies, Trek Factory Racing. Garmin continuerà a sponsorizzare la Groupama-FDJ Cycling Team e il Movistar Team a livello maschile e femminile.

Il meglio di Garmin e Tacx

Tutti i team e gli atleti sponsorizzati potranno avvalersi del meglio della tecnologia Garmin come i ciclocomputer della serie Edge, tra cui gli Edge 530, Edge 830 e Edge 1030 Plus. Questi prodotti oltre alla navigazione GPS, offrono ai ciclisti dati sulle performance e metriche avanzate sugli allenamenti.

Tacx metterà a disposizione il rullo NEO 2T Smart che misura i dati con un errore massimo dell’1% e presenta caratteristiche uniche come il road feel, la simulazione della discesa e l’inerzia dinamica. Così da rendere l’allenamento indoor il più possibile simile all’esperienza outdoor. Completano l’offerta Garmin e Tacx l’orologio Forerunner 945, la luce integrata Varia RTL515, la bilancia Index S2 Smart Scale e i portaborracce Ciro bottle cages.

Le squadre avranno a disposizione il rullo Tacx Neo Smart 2T Smart, il meglio della gamma per gli allenamenti indoor
Le squadre avranno a disposizione il rullo Tacx Neo Smart 2T Smart, il meglio della gamma per gli allenamenti indoor

Sicurezza e performance

Carsten Jeppesen, responsabile dei partner tecnici e delle relazioni ciclistiche della Ineos Grenadiers, ha sintetizzato al meglio l’importanza di poter disporre del meglio di Garmin e Tacx.

«Condividiamo il desiderio di innovare continuamente – ha spiegato – e ci affidiamo ai prodotti Garmin per monitorare i nostri sforzi mentre ci alleniamo e corriamo su strada, con un’attenzione particolare alla sicurezza. Siamo entusiasti di espandere la nostra sponsorizzazione, aggiungendo alle unità Edge e le luci Varia, anche cardiofrequenzimetri, smartwatch ed il sistema di allenamento indoor Tacx. Siamo entusiasti di vedere cosa possiamo realizzare insieme nei prossimi anni».

Garmin

Dennis, bordata alla Ineos e “guerra” a Pogacar

22.01.2022
4 min
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Chissà come l’avranno presa alla Ineos Grenadiers ascoltando le parole pronunciate da Rohan Dennis durante la presentazione della Jumbo Visma in cui l’australiano è approdato da quest’anno. A rileggerle anche a distanza di giorni, non devono essere suonate proprio bene.

«Quando ero con Ineos – ha detto – mi sono reso conto che stavano copiando la Jumbo Visma sotto parecchi aspetti. Così ho pensato: perché dovrei rimanere in una squadra che sta copiando quella dall’altra parte della barricata? Perché non entrare a far parte dell’originale ed essere davanti anziché inseguire?».

Questo è il lungo video della presentazione virtuale della Jumbo Visma. L’intervista a Dennis inizia a 59’55”

Jumbo in testa

Dennis non è entrato nei dettagli, ma le sue parole hanno fatto pensare di certo agli investimenti tecnici del team, alla querelle sull’uso dei chetoni e hanno soprattutto ispirato una riflessione sul come vada il mondo del ciclismo. Quando il Team Sky arrivò con i suoi tanti soldi, fece subito la differenza anche nelle metodologie di lavoro e per anni non c’è stato spazio per altro. L’avvento di Jumbo-Visma e UAE Team Emirates, i soli due colossi che per potenzialità hanno la capacità di contrastare l’impero britannico, ha stabilito equilibri diversi. Gli investimenti hanno portato nuovi studi e, sia pure coperti da grande riservatezza, questi hanno fatto decollare le prestazioni degli atleti coinvolti.

«In questo sport – ha confermato Dennis – di solito ci sono una o due squadre che spingono seriamente per guadagnare quello 0,5-1 per cento di vantaggio che permette di vincere le corse e al momento la squadra in testa è proprio la Jumbo».

Con Roglic, Dumoulin e Vingegaard nel primo ritiro c’era anche Laporte, a sinistra
Roglic, Dumoulin e Vingegaard: Tom al Giro, gli altri due al Tour

Due anni in giallo

L’australiano, la cui storia è passata sia pure per un anno (il 2011) nella continental della Rabobank da cui anni dopo sarebbe nata la Jumbo Visma, non è nuovo a cambiamenti improvvisi, soprattutto dopo la chiusura della BMC in cui dal 2014 al 2018 sembrava aver trovato la giusta gratificazione. E’ durato nove mesi al Team Bahrain Merida vincendo da… isolato il mondiale crono di Harrogate e due anni con la Ineos Grenadiers, scrivendo le bellissime pagine del Giro 2020 vinto con Tao Geoghegan Hart. Ora è passato al… nemico olandese e per i prossimi due anni lavorerà per Roglic, Dumoulin e Vingegaard, potendo coltivare contemporaneamente la passione per la crono (sul podio di Tokyo, è stato terzo dietro Roglic e Dumoulin, entrambi atleti Jumbo Visma). Merijn Zeeman, tecnico del team lo ha definito un acquisto da sogno.

«Ma io – ha sorriso – cerco di non dare ascolto a queste etichette che si trasformano in pressione. Però mi fanno capire la mia importanza per il team. Non sono venuto qui per divertirmi, ma per fare il mio lavoro. Raggiungere delle prestazioni, quello che più mi piace. Ho lavorato per tutta la mia carriera da professionista e anche prima per arrivare a questo punto. Il mio obiettivo è sempre stato essere uno dei più forti al mondo. E fondamentalmente ho voluto trasferirmi alla Jumbo Visma perché tecnicamente è una squadra migliore. Sembra davvero una grande struttura».

Buona la prima

E l’inizio è stato dei migliori. Il 12 gennaio a Ballarat, Dennis ha conquistato il titolo australiano della cronometro (foto Jumbo Visma in apertura), battendo Durbridge e adesso proseguirà la sua preparazione in Australia, alla larga dai contagi che hanno costretto la nuova squadra a sospendere il ritiro in Spagna. Tornerà in Europa per l’inizio delle corse che lo riguardano, con il mirino sul Tour de France e più in avanti sui mondiali della crono che si svolgeranno proprio in Australia.

«Il Tour è un grande obiettivo – ha detto – un circus in cui voglio entrare con la squadra che potenzialmente potrebbe vincerlo. Voglio aiutarli a battere Tadej. Il ragazzo mi piace (ride, ndr), ma adesso è… il nemico!».