E se fosse Cataldo il regista giusto per Ciccone?

09.11.2021
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«Vado con un altro abruzzese – sorride Dario Cataldo – direi un passaggio naturale. Con Giulio ci stiamo inseguendo da anni. Suggerivo di prenderlo prima che passasse, ma poche persone in gruppo sanno fidarsi dell’esperienza dei corridori. Poi l’ho segnalato quando era alla Bardiani, ma ancora niente. Ora si è concretizzato ed è come se il cerchio si fosse chiuso».

Dario Cataldo, abruzzese classe 1985, parla così di Giulio Ciccone, anche lui abruzzese, ma del 1994. In quei nove anni c’è il mondo, compreso il fatto che uno dei primi direttori sportivi di Ciccone fu Michele Cataldo, padre di Dario. E’ una storia di storie che si intrecciano e che alla Trek-Segafredo vedrà dal prossimo anno i due con la stessa maglia, come mai successo prima.

Cataldo è andato alla Movistar nel 2020 dopo 5 anni all’Astana con Aru e Nibali
Cataldo è andato alla Movistar nel 2020 dopo 5 anni all’Astana con Aru e Nibali

Eppure non è stato un passaggio facile, perché a un certo punto della storia il nome di Dario era fra quelli in cerca di squadra e nonostante il suo procuratore Manuel Quinziato si stesse dando un gran da fare, per la fatidica firma c’è stato da aspettare novembre. Tanto avanti.

Qualcosa di buono

Ne avevamo parlato a settembre, nei giorni della Vuelta per la quale non era stato convocato, avendo così il primo sentore del fatto che la Movistar non lo avrebbe confermato. Avevamo parlato dell’attitudine dei team nel far firmare ragazzini di primo pelo, quasi… drogati dall’ansia di trovare il nuovo Evenepoel soffiandolo a qualcun altro.

«Che non fosse una bella situazione ne ero consapevole – racconta – perché arrivi a ottobre e non hai ancora chiuso… Però avevo fiducia di aver seminato bene e mi chiedevo perché mai non dovesse venire fuori qualcosa di buono. Con Trek-Segafredo si parlava da giugno, ma ho firmato solo un paio di giorni fa. Resta però che questa situazione dei giovani sta cambiando la direzione delle squadre».

E’ anche difficile immaginare il modo per cambiarlo…

Ho riflettuto tanto sulle persone che gestiscono le squadre e su come certe volte commettano degli errori grossolani. Pochi sanno vedere le cose come stanno ed è singolare che nel prendere certe decisioni non si senta il parere dei corridori, che correndo accanto tutto il tempo, potrebbero dare indicazioni molto precise.

Che valutazione daresti a questo punto di Ciccone?

E’ certo che abbia tanto potenziale, difficile dire quale sia il terreno migliore su cui possa esprimersi. Sul fronte delle corse a tappe conta tanto la gestione sua e di chi gli sta intorno e dietro, perché per restare a galla per tre settimane devi fare tutto nel miglior modo possibile. Giulio è tanto istintivo, si butta nelle mischie. Questo nelle classiche può essere un’arma vincente, nei Giri un po’ meno.

Ti ricorda qualcuno?

Mi ricorda Vincenzo (Nibali, ndr), che all’inizio era così. Capace di inventarsi le classiche e nei Giri un mix di motore e fantasia. Chissà che Giulio non possa percorrere quella strada…

Invece della tua strada cosa diciamo?

Ho fatto 15 anni di professionismo, sempre in squadre WorldTour. Ho sempre fatto il massimo, qualche volta ho provato a fare la mia corsa e non sempre è andata bene. Ho corso accanto a grandi corridori, per cui è capitato che qualche possibilità mi sia stata preclusa.

Nel 2015 ha scortato Aru fino alla vittoria della Vuelta
Nel 2015 ha scortato Aru fino alla vittoria della Vuelta
Che cosa intendevi poco fa dicendo di aver seminato bene?

Penso di essere un corridore che riesce a mantenere la serietà in gruppo, non sono uno che fa cavolate. Cerco di rispettare i compiti che ricevo e non c’è mai stato motivo di mettere in discussione il mio impegno e la mia serietà. Perché sono uno di cui ci si può fidare, che ha sempre fatto la vita del corridore…

Un po’ come Bennati, con cui ti sei incrociato per un anno alla Liquigas e che ha corso con la Movistar e prima ancora nel gruppo Trek?

Bennati è sempre riuscito a fare squadra. Sa cosa vuol dire lavorare per un leader e sa esserlo a sua volta. E’ sempre stato rispettoso del lavoro altrui e per questo ha sempre avuto la stima del gruppo. Sono certo che sarà un ottimo cittì.

Prima l’orgoglio e poi il corpo: la ripresa di Ciccone

19.10.2021
4 min
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Puoi fare tutti i programmi che vuoi, certe volte la cosa migliore è fermarsi e prendersi il tempo che serve perché tutto torni a posto. E’ il motivo per cui in estate si è fermato Giovanni Visconti ed è il motivo per cui ha dovuto farlo anche Giulio Ciccone, nell’anno in cui avrebbe dovuto lasciare i primi segni importanti. Causa di tutto è stata la caduta della Vuelta, che sembrava cosa di poco conto e invece ha innescato reazioni imprevedibili.

«Il problema più evidente – ha spiegato il medico della squadra, Gaetano Daniele – nell’immediato sembrava il trauma contusivo al ginocchio destro e la ferita profonda, nella parte interna, causata dal dente di una corona, a cui si sono aggiunti altre contusioni, in particolare alla spalla destra. Gli accertamenti svolti in Italia hanno però evidenziato un trauma distorsivo, con conseguente risentimento a carico del legamento collaterale mediale. Un problema che, di fatto, ha imposto riposo assoluto per quasi tre settimane».

Il giorno prima di fermarsi, Ciccone era arrivato 5° a El Barraco, primo del gruppo dei migliori
Il giorno prima di fermarsi, Ciccone era arrivato 5° a El Barraco, primo del gruppo dei migliori

Punto e a capo

Punto e a capo, per questo la stagione si è fermata alla 16ª tappa della Vuelta, la prima corsa a tappe in cui sarebbe stato leader della Trek-Segafredo. Per lui, oltre al riposo, il programma alternativo alle corse ha visto trattamenti fisioterapici e una blanda ripresa degli allenamenti che da un lato hanno subito acceso le speranze di un ritorno alla piena efficienza, ma dall’altro hanno fatto propendere per la chiusura anticipata.

«Prima di pensare al 2022 – ha commentato l’abruzzese – il mio obiettivo è ristabilirmi completamente e conto di completare questa fase prima dell’inizio dell’off season, a novembre. Seguirà un lavoro più di testa, di programmazione e analisi, per rimettere insieme i pezzi della stagione conclusa e fissare i traguardi di quella nuova. Ho avuto la conferma di essere cresciuto, di aver fatto passi in avanti, ma soprattutto di avere ancora margine. Ho compreso meglio i miei punti deboli, sui quali devo lavorare, e quelli di forza, sui quali devo insistere».

Sfortuna anche a Tokyo per Ciccone, caduto e costretto al cambio di bici
Sfortuna anche a Tokyo per Ciccone, caduto e costretto al cambio di bici

Un nuovo inizio

L’anno prossimo sarà più importante di quello appena concluso e sulle spalle di Giulio, al netto delle tutele che gli si vorranno concedere, la partenza di Nibali e l’assenza di un grande leader per le corse a tappe, potrebbe fare di lui il riferimento del team Trek-Segafredo.

«Per preparare il Giro e la Vuelta – ha detto – c’è stato un grande lavoro di squadra, del quale vado orgoglioso e felice. In primis con Josu, il mio preparatore, e poi con lo staff medico. C’è stato un lavoro di analisi e comprensione per capire dove indirizzare la crescita. Questa sarà la mia forza, il mio stimolo più grande. Non ho chiuso la stagione solo con performance deludenti. Di questo siamo convinti. Sarà il nuovo punto partenza».

Un anno importante

Eppure nell’ambiente, in questo mondo che ha perso la capacità di aspettare, serpeggiano da un po’ voci di sfiducia su un ragazzo che non può fare altro che piegare il capo e promettere di rifarsi. I suoi dati non sono deludenti, i risultati sì, ma sono legati a episodi incontestabili. L’allenamento fatto male puoi coprirlo con una scusa, ma certe cadute come fai a negarle?

Quarto nel tappone di Cortina al Giro d’Italia, Ciccone con ottime sensazioni anche sul Giau
Quarto nel tappone di Cortina al Giro d’Italia, Ciccone con ottime sensazioni anche sul Giau

«E’ stata comunque una stagione importante – ha spiegato il coach Josu Larrazabal – perché il lavoro di analisi delle performance indica che ci sono stati progressi. Non siamo alla ricerca di alibi per la mancanza di risultati, un’analisi lucida e obiettiva deve tenere conto di tutti gli elementi. Al Catalogna ha avuto un problema alla schiena causato da un’infiammazione al ginocchio. Al Giro d’Italia, la caduta e l’infezione. Poi la trasferta a Tokyo, con la caduta. Infine la rincorsa della condizione alla Vuelta e un’altra caduta. Però sono emersi dei segnali positivi. Non vittorie né punti UCI, ma indicazioni fondamentali per un corridore che ancora non ha espresso il suo massimo potenziale. Ha imparato la gestione di un Giro come uomo di classifica ed è migliorato a cronometro, grazie all’aiuto di Trek. Questi sono dati misurabili che ci aiutano a comprendere la stagione e segnano il punto di ripartenza per il 2022».

Con le dita incrociate perché le cose prendano il corso voluto e sperando che la iella iniziata con il Covid nel 2020 si decida a lasciarlo in pace. I 27 anni bussano alla porta, l’età giusta per venire fuori e dimostrare che i margini ci sono e la sua non è una traiettoria in fase di stallo. Conoscendo il suo spirito, in questo momento di ripresa e riassetto, il dolore più grande gli arriva dall’orgoglio.

Da Vingegaard a Ciccone, rivelazioni e delusioni del 2021

17.10.2021
7 min
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Quante volte ai tempi della scuola abbiamo temuto le pagelle? Il più classico dei «è bravo ma non si applica» funziona anche per i ciclisti? No, non siamo professori, sappiamo bene che tutti si applicano molto bene. Chi con fatica, chi senza. Alla fine di una stagione tuttavia non ci sono promossi né bocciati. Vogliamo solo fare un piccolo rendiconto della stagione 2021 tra le sorprese e le delusioni, analizzandone tre per parte.

Capiamo quanto una selezione di questo tipo possa far alzare il dito ricordando nomi come Van Aert, Ganna, Van der Poel, Cavendish, Alaphilippe… chi manca? Ma restringiamo il campo a sei casi specifici. Perché si sa, la ruota gira e se le sorprese saranno chiamate a riconfermarsi nelle prossime annate, le cosiddette delusioni avranno uno stimolo in più per rilanciarsi.

Il Vingegaard che nessuno si aspettava ha messo alla frusta Pogacar sulle salite del Tour: qui sul Mont Ventoux
Il Vingegaard che nessuno si aspettava ha messo alla frusta Pogacar sulle salite del Tour: qui sul Mont Ventoux

Sorpresa Vingegaard

La nostra disamina parte dalla Danimarca, patria di Jonas Vingegaard, scalatore che va molto forte anche a cronometro (foto in apertura). Il giovane talento della Jumbo-Visma – compirà 25 anni il prossimo 10 dicembre – è stato senza dubbio la sorpresa principale del 2021 grazie al secondo posto al Tour de France dietro a re Pogacar (a 5’20”) e davanti al futuro oro olimpico Carapaz. Già nel 2019 e quasi nell’indifferenza generale, il ragazzo di Hillerslev aveva conquistato una tappa al Tour de Pologne, perdendo la maglia di leader all’ultimo giorno per una crisi in montagna.

Quest’anno ha disputato una primavera da protagonista. Vittoria nella quinta tappa del UAE Tour in cima a Jebel Jais (davanti, guarda un po’, a Pogacar), poi due frazioni e classifica generale alla Coppi e Bartali ed infine seconda piazza al Giro dei Paesi Baschi dietro al suo compagno Roglic. Dopo il Delfinato (secondo all’ultima tappa), si è schierato al via del Tour come gregario di Roglic e ne ha preso il posto dopo la caduta, essendo già arrivato al quinto posto dopo a Le Grand Bornard. Tenendo conto che nel 2022 il Tour partirà dalla Danimarca (con tre tappe), chissà se Vingegaard vorrà confermarsi (e migliorarsi) o se correrà come luogotenente. Però il Giro per lui potrebbe essere un bel banco di prova per un ulteriore salto di qualità.

Il vincitore del Giro 2020 ha corso un Lombardia anonimo, chiudendo così la stagione
Il vincitore del Giro 2020 ha corso un Lombardia anonimo, chiudendo così la stagione

Delusione Tao

Per le note negative partiamo dal trionfatore del Giro dell’anno passato, Tao Geoghagan Hart. Classe 1995, quest’anno il corridore della Ineos Grenadiers ha steccato, come se avesse pagato più del dovuto la fatica e la vittoria della corsa rosa, posticipata causa Covid proprio a dodici mesi fa. Difficile capire cosa abbia condizionato la stagione del londinese. I secondi posti di tappa rispettivamente al Tour des Alpes Maritimes (a febbraio) e al Delfinato (a giugno) sono gli unici suoi squilli. Troppo poco per un ragazzo che ha i numeri per fare di più. Molto di più.

Dalla vittoria di San Giacomo al Giro, per Mader è iniziata una grandissima stagione: il talento non tradisce
Dalla vittoria di San Giacomo al Giro, per Mader è iniziata una grandissima stagione

Rivelazione Mader

La seconda sorpresa è rappresentata dallo svizzero Gino Mader. Il 24enne della Bahrain-Victorius doveva solo rispettare le aspettative che c’erano su di lui fin da under 23 (nel 2018 terzo posto all’Avenir con due tappe e quarta piazza al mondiale). E in questo 2021 ci è riuscito ampiamente.

A metà marzo suo malgrado sale agli onori della cronaca per essere stato cannibalizzato da Roglic a 30 metri dall’arrivo nella penultima tappa della Parigi-Nizza (conclusa in decima posizione). Il 13 maggio però, a distanza di due mesi, si prende una rivincita personale trionfando nella sesta tappa del Giro d’Italia in vetta a San Giacomo (la montagna che sovrasta Ascoli Piceno) al termine di una lunghissima fuga. Gino si prende la maglia azzurra di miglior scalatore e diventa così il secondo corridore della storia con questo nome di battesimo – dopo Bartali – a vincere una frazione alla corsa rosa. Lascia il Giro per la caduta di Montalcino, ma trenta giorni dopo il successo ascolano domina ad Andermatt, nell’ultima tappa del Tour de Suisse.

Mader mette i titoli di coda alla propria stagione destando impressione alla Vuelta, chiusa al quinto posto nella generale. Piazzamento che vale doppio considerando che ha corso la gara spagnola in appoggio a Jack Haig. Il talentuoso elvetico ora sa che può ritagliarsi un ruolo di guastafeste nei grandi Giri. Lo aspettiamo.

Landa, un ottimo inizio di Giro (qui nel giorno di Sestola), poi dalla caduta il suo 2021 è stato un lungo inseguire
Landa, un ottimo inizio di Giro (qui nel giorno di Sestola), poi dalla caduta il suo 2021 è stato un lungo inseguire

Landa al buio

Restando in casa Bahrain Victorious, ci concentriamo su Mikel Landa, che ha vissuto l’ennesima annata di pochi alti e tanti bassi, con una bella dose di sfortuna. Il suo obiettivo primario era il Giro d’Italia, con premesse nulla affatto malvagie. Sesto posto a Laigueglia, terzo a Larciano, terzo nella generale della Tirreno-Adriatico e ottavo al Paesi Baschi, dietro gente di peso che preparava il Tour. Ma alla quinta tappa del Giro, a 5 chilometri dal traguardo di Cattolica, cade rovinosamente ed è obbligato ad abbandonare la corsa. Prepara la seconda parte di stagione, Vuelta in primis, vincendo la generale di Burgos davanti ad Aru. 

La prima settimana della grande corsa spagnola sembra benaugurante, ma la condizione è un fuoco fatuo. Ogni giorno perde posizioni e minuti fino a ritirarsi alla 17ª frazione. Anonima la partecipazione al Giro di Croazia a cavallo di europeo e Lombardia, entrambi non conclusi. Al netto degli imprevisti, nel 2022 dovrà rispondere “presente” all’appello dei grandi Giri. Non può farsi trovare impreparato. 

La vittoria di Taco Van der Hoorn a Canale, tappa del Giro, ha aperto il grande 2021 della Intermarchè
intermarche
La vittoria di Taco Van der Hoorn a Canale, tappa del Giro, ha aperto il grande 2021 della Intermarchè

Intermarché dilagante

La terza ed ultima palma di rivelazione stagionale l’assegniamo ad una formazione intera: la Intermarchè-Wanty-Gobert. Il team belga ha una importante colonia italiana (Riccardo Minali, Lorenzo Rota, Andrea Pasqualon, Simone Petilli) e ha esordito quest’anno nel WorldTour.

Ha mantenuto fede allo spirito battagliero che l’aveva contraddistinta nelle annate precedenti, specialmente nelle gare del Nord. Nove successi totali, fra cui brillano le perle di Taco Van der Hoorn (terza tappa al Giro d’Italia e al Benelux Tour) e di Rein Taaramae (terza frazione alla Vuelta). Proprio nella corsa spagnola l’esperto estone ed il suo compagno norvegese Odd Christian Eiking (che passerà alla EF Education Nippo) hanno vestito la maglia rossa di leader in due momenti diversi rispettivamente per due e sette giorni.

Merita una doverosa menzione anche il 21enne Biniam Ghirmay Hailu, che ad agosto è arrivato dalla Delko per arricchire il roster a disposizione di Valerio Piva. Il fenomeno eritreo a settembre ha mostrato il suo valore prima con i colori sociali vincendo la Classic Grand Besancon Doubs e poi con quelli della sua nazionale conquistando la medaglia d’argento ai mondiali U23 alle spalle dell’azzurro Baroncini.

Nel 2022 la squadra belga cercherà di ripetersi e crediamo che alcune gioie potrebbero arrivare dall’ormai veterano Andrea Pasqualon (33 anni, da cinque alla Intermarchè) e dal ventiseienne Lorenzo Rota, quest’anno entrambi autori di ottime prestazioni e tante top ten. Il cerchio rosso su alcune gare ce lo hanno già fatto.

Giro 2021 sfortunato, caduta nella tappa di Sega di Ala al Giro e poi la stagione di Ciccone non è più decollata
Giro 2021 sfortunato, caduta nella tappa di Sega di Ala al Giro e poi la stagione di Ciccone non è più decollata

Ciccone, sfortuna nera

Lo stesso discorso fatto in precedenza per Landa si può fare per Giulio Ciccone. Anche lui non ha mantenuto le attese per un motivo o l’altro, ma con la sfortuna sempre fra i piedi. Dopo un 2019 magico (vittoria a Ponte di Legno al Giro, maglia azzurra di miglior scalatore e poi due giorni in maglia gialla al Tour) e il 2020 limitato dal coronavirus, dallo scalatore della Trek-Segafredo ci si aspettava uno step successivo. Così non è stato.

Va detto per la verità che quest’anno l’abruzzese per metà ha dovuto inseguire la condizione migliore e per l’altra metà combattere con la sfortuna: un loop dal quale è difficile uscire. Lui ci ha provato. Al Giro d’Italia non era al top ma quando sembrava aver trovato la forma giusta (In generale era distante 50” dal podio), è arrivata la caduta giù dal Passo San Valentino alla 17a tappa (con arrivo a Sega di Ala) che ha compromesso tutto. Il campionato italiano di Imola ne è stato la riprova. Quando si si sono mossi Colbrelli e Masnada per rientrare sulla fuga, Giulio era dietro di pochi secondi, ma non è riuscito a saltarci dentro.

A Tokyo non ha lasciato il segno. In vista della Vuelta, alla quale è partito con i gradi di capitano, ha provato nuovamente ad uscire da quel circolo vizioso. La top ten nella generale sarebbe stata alla sua portata ma ad inizio della 16ª tappa (dopo che aveva fatto 5° il giorno prima) ha saggiato ancora la durezza dell’asfalto ed è stato costretto a ritirarsi. Escluse fratture, la ripresa ha richiesto e ancora richiede applicazioni e terapie, per cui l’abruzzese ha dovuto chiudere la stagione in anticipo. La speranza ovviamente è quello di ritrovarlo presto con la solita grinta e più forte del 2019.

A Cordoba va a segno Cort, ma Trentin batte un colpo

26.08.2021
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Cordoba è una delle perle dell’Andalusia: case bianche con porte e finestre colorate di giallo e un passato glorioso testimoniato dalle tante diverse architetture ne fanno un vero gioiello del Sud della Spagna. E la Mezquita ne è il suo simbolo. Il suo riassunto. Questa struttura al centro della città mescola l’architettura islamica con quella cristiana. In qualche modo quindi Cordoba è stata abituata alle invasioni, solo che di solito venivano dall’Italia (i romani) o da oriente (i saraceni), e non dalla Danimarca! E sì perché oggi l’ha spuntata, con merito, quel Magnus Cort Nielsen che tanto era piaciuto ieri a Riccardo Magrini, il quale bisogna dirlo, ci aveva visto lungo.

Il danese ha faticato un po’ sull’ultimo Gpm, ma poi ha tenuto, è rimasto col gruppo (orfano dei velocisti puri) e ha scaricato a terra tutti i suoi cavalli. Vincendo così la sua terza tappa alla Vuelta (le altre nel 2020 e nel 2016).

Ciccone e la sua grinta

Tuttavia questa tappa qualcosa ha detto. Ha detto che l’Italia, seppur a fatica, vuole esserci. Chi per un obiettivo chi per un altro i nostri ci hanno provato. Giulio Ciccone, ha deciso di battere un colpo. Bardet era avanti e ha colto l’occasione di riprenderlo per tentare di fare come i saraceni e conquistare Cordoba. Ci era quasi riuscito, ma lui Bardet e i compagni di fuga, non avevano fatto i conti con il gruppo.

La BikeExchange e la UAE, rispettivamente per Matthews (terzo) e Trentin (quarto), hanno chiuso un gap che a quattro chilometri dal termine sembrava incolmabile. Ma degli scalatori come loro nulla potevano contro i pesi massimi. Cicco sta cercando di portare qualcosa a casa in questa sua prima occasione da leader. Ma non è facile ed è giusto che ci provi in queste occasioni. Infatti, per ora almeno, in salita non ha possibilità contro Roglic e company. E stando in classifica (è 12°) non ha spazio per andare in fuga.

«E’ stato un attacco ponderato perché potevano esserci chance. E così è stato: lo dimostra il fatto che dietro si sono dannati per riprenderci. Con un pizzico di fortuna poteva finire diversamente, ma allo stesso tempo sono contento perché ho ritrovato un po’ di fiducia e sensazioni migliori».

Lo sprint con Cort e Bagioli al centro e Trentin sulla destra che molla nel finale
Trentin sulla destra che molla nel finale dello sprint

Trentin, un passo per volta

E poi c’è Matteo Trentin. Il trentino è in crescita e questa è la notizia più bella.

«Le sensazioni sono buone, il risultato meno – dice Trentin – Oggi ci è stato chi è stato più bravo di noi. La EF ha fatto un capolavoro nel finale. Sono partiti fortissimo e con un tempismo eccezionale. Una volata da manuale che infatti ha tagliato fuori la BikeExchange. Io mi sono rialzato perché vedevo che tanto non riuscivo a passare Matthews e dietro c’era il buco».

Certo che non è facile per Trentin lottare con gente che forse ha più fondo e già almeno un grande Giro nelle gambe. Lui però non cerca scuse.

«No, no… mi sono allenato per questo obiettivo e il non aver fatto grandi Giri non incide. Questo era il programma. Oggi volevo vincere. Era una buona occasione. Una tappa dura nel finale e infatti davanti eravamo rimasti 50 corridori di cui 48 scalatori (il riferimento ai due mancanti è a lui stesso e a Matthews, ndr), segno la gamba è buona.

«Che voto mi dò sin qui? Beh, senza voto direi. Alla fine ho avuto solo due tappe veramente adatte a me. In una ho fatto ottavo e ho preso la volata dalla quarantesima posizione, e in una ho fatto quarto. Oggi in particolare, poteva essere buona, per questo ho messo la squadra a tirare. Però non era quello che volevo sin qui. Ma sono fiducioso, la condizione è in crescita e la gamba c’è. Sto correndo questa Vuelta pensando alla gara stessa, ma anche all’europeo (al quale Matteo tiene tantissimo, ndr) e al mondiale che c’è subito dopo. C’è da tenere un po’ di più in qualche tappa intermedia per migliorare ancora. Poi in quelle dure per davvero chiaramente si mettono i remi in barca. E nelle altre si prova a fare qualcosa».

Lo spirito è quello giusto, la determinazione non manca. Da qui all’Europeo ci sono altre due settimane abbondanti per riempire la gamba.

A Cordoba, Bagioli (Deceunick-Quick Step) è secondo al colpo di reni
A Cordoba, Bagioli (Deceunick-Quick Step) è secondo al colpo di reni

Bagioli, che corridore!

Ma se Ciccone ci provava per far vedere che era tra i grandi e Trentin per uscire dal lungo periodo difficile e battere un colpo in ottica iridata, Andrea Bagioli ci ha provato e basta. Per lui la situazione è molto più leggera. Che dire: bravo, bravissimo. Un combattente, una classe come pochi. Viene da mordersi le unghie per quella caduta al Laigueglia. Che stagione ci avrebbe regalato? Cosa avrebbe combinato al Giro? L’età è dalla sua e avrà tutto il tempo, a partire da questa Vuelta, per provarci ancora.

La cosa bella di questo ragazzo è che va forte un po’ su tutti i terreni. E il fatto che si butti in volata (e sia veloce) è fondamentale per il ciclismo moderno. Oggi ha perso al colpo di reni contro un atleta che è ben più maturo di lui e soprattutto che ha ben altra stazza. E non è poco.

Ciccone, missione leader. Da oggi tutto sulla Vuelta

11.08.2021
4 min
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Senza un attimo di sosta dalla vigilia del Giro, passando per la Route d’Occitanie, i campionati italiani, la Sardegna, le Olimpiadi e San Sebastian, Giulio Ciccone ha riempito un’altra valigia ed è partito proprio oggi per la Vuelta España dove sarà leader della Trek-Segafredo. Per la prima volta in carriera. E’ singolare parlare delle vigilie, perché ti danno la misura del coinvolgimento nel progetto.

«Ogni volta che parto con la squadra – dice – sono sempre felice. Mi diverto, è il mio gruppo. Alla partenza per Tokyo c’erano più ansia e tensione. Un altro gruppo. A livello di sensazioni, le Olimpiadi sono state la corsa che ho sentito di più. Forse al livello della partenza del primo Tour de France dal Belgio».

Brambilla dice che avere la fiducia della squadra sarà un’arma in più.

Con Brambilla faccio coppia fissa dai primi tempi. Ha preparato la valigia anche per me? Perché la mia è vuota (ride, ndr). Comunque è davvero bravo ed è vero che è la prima volta che parto da leader, ma la vivrò come le altre esperienze. La gestione della squadra sarà sempre la stessa. Leader o non leader, non serve mettersi altro peso addosso.

Ancora Brambilla dice che è impossibile tenerti fermo, al massimo si può provare a guidarti. Ha parlato del Giro…

L’ultimo Giro è quello che mi ha insegnato di più. La prima volta che mi sono ritrovato in classifica, in cui ho commesso qualche errore e da cui poi sono tornato a casa. Da tutto a niente in un colpo solo. Però è anche vero che tanti attacchi li ho fatti perché non toccava a me fare classifica. Avevo carta bianca.

Quindi alla Vuelta sarà diverso?

Direi di sì, ma ci sarà da capire la situazione. E’ dura stare coperti alla Vuelta, per il percorso e per come corrono. Il terzo giorno ci sarà già l’arrivo in salita, per questo mi piace la Vuelta. Le tappe non sono lunghissime, quindi sarà una corsa esplosiva.

Grande emozione al primo Tour, alla partenza da Bruxelles: Tokyo è stato qualcosa di simile
Grande emozione al primo Tour, alla partenza da Bruxelles: Tokyo è stato qualcosa di simile
Hai studiato il percorso?

Non nei dettagli, ma lo farò. Quello che ho fatto è stato ragionare con il mio preparatore sul tipo di sforzi che andremo a fare, adattando la preparazione. Non ho mai fatto la Vuelta, non conosco le strade, ma lo stesso è bene sapere a cosa si va incontro. E di certo ci arrivo meglio che al Giro, dove la preparazione è stata un po’ rimediata per i problemi della vigilia.

Un pensiero per volta, oppure un occhio agli europei successivi lo dai?

Un pensiero per volta, tutto sulla Vuelta. La stagione è stata super tirata, non ho mai mollato. La Vuelta e poi si tira una linea. Avevo già parlato con Cassani e mi aveva fatto capire che non rientro nei piani per europei e mondiali, che hanno percorsi veloci per le mie caratteristiche. Per cui posso farmi tranquillamente da parte.

Come hai vissuto la situazione di Cassani?

Sono sorpreso per tutto quello che ho letto negli ultimi giorni, perché là sembrava che si andasse tutti d’amore e d’accordo. In corsa siamo stati uniti e Davide era sereno, non ho mai visto comportamenti strani. Nelle riunioni con lui e Amadio non ci sono mai stati punti di attrito. Anche a Tokyo con il presidente nessun problema.

Giro sfortunato, il dolore alla schiena si fa sentire: a Sega di Ala giorno durissimo
Giro sfortunato, il dolore alla schiena si fa sentire: a Sega di Ala giorno durissimo
Poi è venuto fuori il discorso del rientro in Italia.

Sapevo che ognuno avesse il suo programma, davvero non sapevo di Davide e quando dovesse tornare. L’unica volta che l’ho visto davvero giù, un paio d’ore in cui non ha parlato con nessuno, è stato dopo la corsa. Ma avevamo tutti il muso lungo. E’ stata una mazzata per tutti, ci credevamo davvero…

Invece parlando di futuro, senza Nibali sarai il leader della Trek per i Giri… Che cosa te ne pare?

Grossi colpi di mercato non ci sono nell’aria, anche se la conferma di Mollema è una bella cosa. Ma mi conoscete, si può fare tutto. Si fa un programma. Si concordano gli obiettivi e poi si lavora. Una cosa per volta, per favore. Adesso mi gioco tutto sulla Vuelta.

Brambilla, una valigia per due: per Ciccone e per sé

10.08.2021
5 min
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Oggi il tampone e domani si parte. Gianluca Brambilla ha la valigia pronta, la Vuelta sarà il sedicesimo grande Giro della carriera da professionista iniziata nel 2010. E come al solito il lombardo che ormai va considerato veneto a tutti gli effetti andrà in corsa con due obiettivi: vincere una tappa e aiutare il capitano della Trek-Segafredo, che in questo caso sarà Giulio Ciccone. A casa è caldo come in ogni angolo d’Italia, ma la prospettiva spagnola è ben più calda. Si parte da Burgos, poi si andrà nel torrido sud spagnolo, per il quale alcuni corridori hanno impostato una preparazione mirata.

«Credo molto in Giulio – dice – e sono curioso perché per lui sarà la prima volta vera da capitano. Lo conosco bene e mi piace perché è bianco o nero. Se sta bene, non si tira indietro. Se sta male, non cerca scuse. Gli ho detto di non farsi mai cambiare e di non diventare come quelli che hanno sempre il pretesto pronto. Sono in camera con lui da un bel pezzo, l’ho visto crescere…».

Al Tour des Alpes Maritimes e du Var di febbraio, per Brambilla tappa e maglia
Al Tour des Alpes Maritimes e du Var di febbraio, per Brambilla tappa e maglia

Consigli giusti

Si fa una risata. Ciccone aveva 16 anni quando lui passò professionista, ma a vederli accanto non è che la differenza sia così evidente.

«Anche io mi vedo giovane allo specchio – scherza – nonostante i sei anni di differenza. Mi danno 22 anni, a lui ne danno di più. Perciò lo vivo come un mio coetaneo e non gli do i consigli del vecchio, ma quelli che mi vengono dall’esperienza. Perciò non gli consiglio di mettersi la maglia di lana, ma dopo gli arrivi quando piove, magari glielo dico di coprirsi. Lui è esuberante, anche se certe cose le sa anche da sé. Anzi, forse ne sa anche più di me».

Ha diviso la camera al Giro con Ciccone e così sarà alla Vuelta. La valigia è già chiusa
Ha diviso la camera al Giro con Ciccone e così sarà alla Vuelta. La valigia è già chiusa
Quali uomini lo scorteranno?

Abbiamo Elissonde che ha tanta esperienza, ha fatto Tour e Olimpiadi e dovrebbe avere una bella gamba. Ci sarà il giovane Lopez, che sta andando forte e alla Vuelta imparerà lezioni importanti. C’è Antonio Nibali, che ha esperienza e ci sarà Quinn Simmos, un ragazzo interessante cui cercherò di dare i miei consigli, perché vuole strafare. Nella corsa di una settimana ti salvi, in una di tre non ti salvi. E poi avremo Reijnen e Kirsch, che sono forti in pianura. Abbiamo una bella squadra uniforme.

Ti aspettavi che Antonio lasciasse il fratello Vincenzo?

Si sapeva che avrebbero potuto dividersi e ne sono contento. Essere il fratello di uno così è difficile, mentre dall’anno prossimo Antonio dovrà iniziare a costruirsi in autonomia. Intendiamoci, noi che lo viviamo sappiamo che ha la sua personalità, mentre da fuori si poteva pensare che fosse semplicemente il fratello di Nibali. Potrà ritagliarsi un bello spazio.

Al Giro 2021 sullo Zoncolan, la salita su cui si mise in evidenza da neopro’, prima di fare valigia verso il WorldTour
Sullo Zoncolan, in cui si mise in evidenza da neopro’, poi fece valigia verso il WorldTour
Come arrivi alla Vuelta?

Ho cercato di arrivarci preparato, che serve sia per provare a vincere, sia per aiutare Giulio. Poi si vedrà se avrò la possibilità di giocarmi la mia carta o da un certo punto in poi si resterà tutti attorno al capitano.

Che cosa gli è mancato finora per essere leader?

Tempo e fortuna. Tempo perché quando nel 2019 ha vinto la classifica dei Gpm non era in classifica, ma si è difeso bene per tutto il tempo. Quest’anno invece gli è mancata la fortuna, di quella caduta avrebbe fatto volentieri a meno. E poi forse è anche un fatto di fiducia. Ora sa che la squadra lo porta come capitano unico e la differenza si vedrà.

Gli manca anche un po’ di lucidità?

Al Giro ha commesso qualche errore tattico, ma ha imparato da tutti e da tutti i consigli che ha ricevuto. E’ super esuberante e il carattere non si può cambiare, allora va gestito.

Ha aiutato Ciccone (4° all’arrivo) nella tappa di Cortina, piazzandosi poi 20°
Ha aiutato Ciccone (4° all’arrivo) nella tappa di Cortina, piazzandosi poi 20°
Con quali direttori sportivi andrete in Spagna?

Con Popovych che è super navigato e con Gregory Rast, che mi piace molto per il modo che ha di guidarci alla radio. Parla sempre chiaro, dice le cose giuste e ti fa restare lucido anche nei finali, quando sei già a tutta. C’era lui in ammiraglia a inizio stagione quando ho vinto tappa e maglia al Tour des Alpes Maritimes in Francia e c’era anche a San Sebastian.

Hai già segnato di rosso una tappa?

Ho dato una rapida occhiata al percorso, ma nei prossimi tre giorni prima della partenza, lo prenderò dalla valigia e farò le crocette accanto alle tappe più adatte. E poi tutto dipenderà dalle condizioni della classifica e dalla condizione. Senza le gambe, ne hai da far crocette…

Intervento al setto nasale: l’esempio di Ciccone

14.07.2021
3 min
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Giulio Ciccone a febbraio ha subito un intervento per correggere una deviazione al setto nasale, problema che lo ha sempre accompagnato, ma che il corridore abruzzese ha deciso di sistemare solamente all’inizio di questa stagione. Parliamo di tutto quello che è stato il percorso di Giulio con Emilio Magni, medico della Trek-Segafredo, il quale ha seguito l’atleta anche durante il periodo di positività al Covid19.

Da stamattina, Ciccone è in Sardegna alla Settimana Italiana, preparandosi per Tokyo
Da stamattina, Ciccone è in Sardegna alla Settimana Italiana, preparandosi per Tokyo
Può spiegarci meglio il problema di Ciccone?

Certamente, l’atleta soffriva di una deviazione del setto nasale, un problema osseo. Tutti abbiamo il setto nasale deviato – specifica il dottor Magni – non esiste la perfezione. Solitamente non è un problema, in alcuni casi però lo può diventare e quindi bisogna ricorrere a degli interventi. 

Perché lo può diventare?

Alla deviazione del setto nasale si collega l’ipertrofia dei turbinati, una patologia diversa che ha origini multiple (batterica, allergica, dovuta all’inquinamento) solitamente le due patologie si accompagnano l’una con l’altra.

E’ una patologia grave che può influenzare la prestazione dell’atleta?

Nello specifico la problematica non è così grave dal punto di vista sportivo, poiché in corsa il corridore respira a bocca aperta e quindi riesce a soddisfare la richiesta di ossigeno del corpo. Le difficoltà sono prevalentemente nella vita di tutti i giorni, diventa difficile dormire o anche un semplice raffreddore può risultare molto più fastidioso.

Il cerotto sul naso in corsa resta uno dei rimedi più utilizzati
Il cerotto sul naso in corsa resta uno dei rimedi più utilizzati
Quindi non c’era così tanta urgenza nel sistemare questo piccolo difetto?

No, è bene poi ricordare che per un ciclista questo tipo di interventi sono complicati: non da un punto di vista medico, ma del tempo clinico di cui necessitano.

Ci sono altri modi di affrontare la situazione?

Intervenire chirurgicamente è l’ultima cosa da fare, prima ci sono delle cure alternative. La più valida è quella termale, dove con dei bagni caldi si cerca di tenere sempre pulite le cavità nasali. Nel caso poi si decida di intervenire chirurgicamente, bisogna considerare almeno 2-3 giorni di ospedalizzazione più la convalescenza. Non si può fare sempre, si ha una finestra di una ventina di giorni all’anno per eseguire questa operazione.

Giulio nell’agosto del 2020 ha avuto il Covid, con la sua patologia è stato più impattante?

Va specificato che il Covid fatto da Ciccone era già abbastanza invasivo di suo, non è stato blando. E’ rimasto positivo per 7-8 giorni, se poi a questo si aggiunge la convalescenza direi che è rimasto fermo quasi 3 settimane. Certamente la malattia è stata accentuata dal problema che aveva il corridore, così in un successivo momento si è deciso di cogliere l’occasione e si è fatta questa operazione.

Dopo l’intervento al naso, Ciccone ha migliorato anche il recupero: il Giro lo ha mostrato
Dopo l’intervento al naso, Ciccone ha migliorato anche il recupero: il Giro lo ha mostrato
I problemi legati al sonno possono influenzare negativamente il riposo ed il recupero in una corsa a tappe?

Assolutamente, un sonno tranquillo e senza interruzioni è fondamentale per il recupero delle energie.  Banalmente il difetto di Giulio non gli permetteva di dormire sereno in tutte le posizioni.

Quindi questa operazione ha influenzato in minima parte le sue prestazioni?

Ora, come si è visto al Giro, riesce a riposare meglio e qualche miglioramento sulle prestazioni lo ha avuto. Non tutto è merito di questa operazione ovviamente, ma si può dire che in parte ha influito.

Cassani, cinque nomi: le ragioni delle scelte

01.07.2021
5 min
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Davide Cassani l’idea dei nomi da dare se l’era fatta al Giro d’Italia. E se un nodo restava da sciogliere era legato al nome di Vincenzo Nibali. Ma sono state le parole del siciliano, le sue sensazioni e le prestazioni in crescendo fra il campionato italiano e le prime tappe del Tour a spazzare via gli ultimi dubbi. A quel punto, pur potendo aspettare fino al 5 luglio, Cassani ha preferito dare un nome alle sue scelte, per consentire agli atleti di lavorare nel modo giusto. Spazzando via l’ultima incertezza e impostando al meglio i 30 giorni che li dividevano dalla gara olimpica.

Nibali si è conquistato il posto soffrendo al Giro e costruendo la condizione per le settimane successive
Nibali si è conquistato il posto soffrendo al Giro e costruendo la condizione per le settimane successive
Ma non è stato facile, giusto?

Alla fine certe scelte sono da mal di testa, trovarne cinque è sempre complicato, perché si tratta di lasciare a casa qualcuno che poteva meritare. I cinque hanno dimostrato di stare bene e a Nibali ho lasciato la porta aperta. Ha dimostrato di volerlo a tutti i costi, si è impegnato come non mai. E alla fine mi sono basato sulla fiducia nel corridore e la sensazione che sarà una presenza utile. Mi dispiace invece per Ulissi, Formolo, Masnada e Cattaneo, ma ripeto cinque sono proprio pochi.

Perché a un certo punto è venuta fuori un’intervista in cui sembrava avresti lasciato a casa Vincenzo?

Lo vorrei sapere anche io da dove è venuta fuori. Mi sembra di sognare. Ho detto che Nibali va a Tokyo, se se lo merita. Anche a lui ho sempre detto così, sapendo che mancava un mese ancora. Non ho capito il perché di quell’intervista, ma sono sereno. E lo conferma il fatto che anche Vincenzo non ha detto nulla.

Caruso c’era già a Rio 2016, ma dopo il suo Giro straordinario ha strappato il biglietto per il Giappone
Caruso c’era già a Rio 2016, ma dopo il suo Giro straordinario ha strappato il biglietto per il Giappone
Perché Nibali a Tokyo?

Non voglio portare non un cognome o un corridore per riconoscenza, ma perché sarà utile alla causa azzurra. Gli ho detto che era normale non andare forte al Giro dopo quelle due cadute. E se anche non sarà lì per vincere, avrà la possibilità di parlare e di dare le sue indicazioni. Credo di aver messo insieme una squadra che funziona. Mi sarebbe piaciuto aspettare di più, ma ho preferito dare prima i nomi per quello che dicevamo prima. Per dargli il tempo di prepararsi sereni.

Immagini mai il film della corsa?

Tutti i giorni e ogni giorno penso a come gestire le varie situazioni. Abbiamo una squadra diversa da quella di Rio, dove c’era un solo capitano e anche per questo ho fatto le mie scelte. Ora dovremo decidere come correre. Gli avversari arriveranno dal Tour e non solo. I colombiani saranno forti, i belgi, gli sloveni, gli spagnoli. Se a Rio eravamo tra i favoriti, a Tokyo non lo saremo. Per cui dovremo essere anche capace di interpretare le situazioni con ragazzi che a modo loro potranno essere risolutivi.

Voleva una tappa al Giro e Bettiol ha così lanciato un segnale a Cassani: Bettiol fra le prime scelte
Voleva una tappa al Giro e Bettiol ha così lanciato un segnale a Cassani: Bettiol fra le prime scelte
Credi che la ruggine fra Nibali e Ciccone sia superata?

Non ne ho dubbi. Sono due ragazzi intelligenti e quando si indossa la maglia azzurra, le difficoltà si spianano tutte.

Moscon ha fatto un bel Giro, ma di base ha lavorato…

Gianni sa fare tutto. Sa aiutare, è veloce e con la maglia azzurra si è sempre superato. Ho sempre avuto tanta fiducia in lui e so che si sta preparando benissimo. Sta crescendo, è cresciuto. A Lugano non aveva gli avversari del Tour, ma ha vinto. Abbiamo un rapporto particolare di fiducia reciproca e sono sicuro che a Tokyo avrò il Moscon vecchia maniera.

Moscon è uno di quelli su cui il cittì conta: «Lo conosco bene»
Moscon è uno di quelli su cui il cittì conta: «Lo conosco bene»
Quando si parte?

Il 17 luglio. Saremo fuori Tokyo, speriamo che le misure restrittive siano un po’ meno estreme. Decideremo i percorsi di allenamento il giorno prima, li comunicheremo e potremo andare. Ma del resto non staremo là tanto tempo. Arriveremo, faremo due allenamenti sul percorso e poi sarà tempo di correre. Piuttosto, siete ancora a Livigno?

Ciccone ha mostrato al Giro una grande condizione. E’ veloce e scaltro: un’arma importante
Ciccone ha mostrato al Giro una grande condizione. E’ veloce e scaltro: un’arma importante
Sì Davide, che bel fresco…

Allora ho da chiedervi una cosa: ieri ha piovuto?

Al mattino c’era il sole, ma verso l’ora di pranzo è venuto giù il mondo. Perché?

Allora ho capito. Ho sentito Ciccone e alle sei e mezza era ancora in bici. Doveva fare sei ore ed è uscito quando ha smesso di piovere. Sono in contatto con tutti. Speriamo per Vincenzo che al Tour si diano una calmata. E poi sono convinto che andremo a fare un bel lavoro.

Ciccone in Francia, puntando su tricolori, Olimpiadi e Vuelta

11.06.2021
5 min
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L’ultima volta che l’abbiamo visto, Ciccone si stava rialzando a fatica dopo l’arrivo di Sega di Ala al Giro d’Italia. La caduta in cui era rimasto coinvolto stava iniziando a presentare il conto. Per cui se in sella e a caldo gli era riuscito di stringere i denti e arrivare al traguardo, sia pure a 7’58” da Daniel Martin (foto di apertura), quel breve tempo seduto per terra aveva dato all’adrenalina il tempo di scendere e anche il gesto più semplice sembrava impossibile. Lo avevano aiutato a vestirsi il dottor Magni e Paolo Barbieri, l’addetto stampa della Trek-Segafredo, accompagnandolo con lo sguardo mentre dolorante scendeva in bici verso i pullman fermi ai piedi della salita.

«Quella notte – racconta sul lettino dei massaggi alla Route d’Occitanie da cui ha ripreso a correre – ho avuto dissenteria e febbre alta. Non so se sia stato legato alla caduta o alla somma delle cose. Mi sono svegliato il giorno dopo che ero morto, ma lo stesso ho provato a vestirmi per andare alla partenza. I pullman erano a un chilometro dal foglio firma e nel fare avanti e indietro ho capito che non ce l’avrei mai fatta ad arrivare a Stradella. E a quel punto ho alzato bandiera bianca».

A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa
A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa

Bene sul Giau

Da allora, mentre smaltiva i postumi della botta alla mano e alla schiena, l’abruzzese ha fatto i conti con cinque giorni di virus intestinale che l’hanno debilitato. Poi finalmente le cose hanno ricominciato a girare in un verso accettabile, al punto da preparare la valigia e ricominciare a correre. Sembra una vita, ma il Giro è finito da meno di due settimane.

«All’inizio sono stato a casa dei miei in Abruzzo – racconta – perché dovevo andare a Roma per le visite olimpiche al Coni, poi sono tornato a Monaco. I primi 3-4 giorni in bici sono stati brutti, avevo sensazioni pesanti. Poi sono arrivati i primi segnali positivi. Pensare che mi sono nuovamente dovuto ritirare dal Giro mi fa girare le scatole, perché quest’anno è stato davvero inaspettato. L’anno scorso avevo avuto il Covid, ci stava e anzi sarebbe stato un miracolo se l’avessi finito. Quest’anno stavo bene, l’avevo preparato bene, non ero stanco. La condizione reggeva, l’avevo visto sul Giau. E’ stata davvero una mazzata, anche se essere a quel punto ancora con ottime gambe resta una bella cosa che mi dà tranquillità per il futuro».

Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal
Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal

Nibali e Tokyo

Come capita spesso nel ciclismo, è la strada più che i corridori a cambiare i piani. Il programma iniziale per la Trek era infatti che Ciccone fosse d’appoggio per Nibali, mentre la Vuelta sarebbe stata il suo primo banco di prova come leader in un grande Giro.

«Ma non parliamo al passato – sorride – il programma non cambia. Vincenzo ha avuto addosso la sfortuna da prima del Giro e anche durante. Ha pagato tutto insieme e per lui che ha vinto tutto, è più difficile essere lì e non riuscire a risollevarsi. Il momento non è facile, ma non dimentico che l’anno scorso il progetto Tokyo era nato attorno a lui e secondo me merita ancora quella maglia, anche se capire dai media come siano le cose è sempre difficile. Le Olimpiadi, per le quali ho fatto anche il vaccino, sono un obiettivo anche per me, se ne ragionava dal 2019. Adesso il discorso è arrivare bene al campionato italiano, questa corsa serve per non buttare giù la condizione del Giro. Poi valuteremo in che modo arrivare in Spagna».

Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau
Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau

Ma Remco vale

Il 2021 ha rimesso parzialmente le cose a posto e Ciccone si è ripreso il suo nella scala gerarchica del gruppo, dopo che il 2020 aveva fatto vacillare le certezze di tanti sotto i colpi dei giovanissimi.

«Ma lo stesso – riflette – quei supergiovani restano dei fenomeni. L’età media in cui si è competitivi si è abbassata di tanto. Noi da junior andavano al mare, loro fanno già la vita dei professionisti. Anche Evenepoel tutto sommato non è uscito affatto male dal Giro, anche se si è ritirato. Non ha preso schiaffi, considerato da dove veniva e l’incidente che aveva alle spalle, è andato anche forte. Non puoi andare alla partenza del Giro d’Italia dopo 10 mesi senza corse e pensare di giocartelo. Non so come e perché abbiano fatto i loro programmi, ma Remco resta un grande corridore».

Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame
Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame

Dal Tourmalet a Imola

La prima tappa in Occitanie l’ha vinta Vendrame, cui evidentemente portiamo fortuna, dato che con bici.PRO aveva in qualche modo annunciato la vittoria del Giro e l’altra sera ci aveva raccontato dei suoi piani per l’Occitanie. Giulio ha concluso nel gruppo a 4 secondi dal veneto e guarda già avanti.

«Lo sapete come sono – ride – se sto bene, non resto a guardare. Correre per fare ritmo non appartiene al mio dna e qui ci sono le salite. C’è anche il Tourmalet… Ho ancora il buon sapore di alcuni giorni del Giro. Quello in Abruzzo è un gran ricordo, quello di San Giacomo è stato il migliore. Perché nella valle ho sprecato tanto, ma sulla salita finale ho risposto io a tutti gli attacchi di Bernal. Il Giro mi ha dato tante indicazioni. Posso essere lì con loro e nel mezzo ho gestito bene una crisi a Montalcino. Ora perciò guardiamo ai prossimi giorni e poi al campionato italiano che mi ingolosisce tanto. Gli acciacchi del Giro mi hanno un po’ rallentato, pensiamo a ritrovare il colpo di pedale e poi ne parliamo…».