Ulissi e il suo record: sempre vincente da 14 anni

07.12.2023
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La notizia lo ha colto abbastanza di sorpresa. Diego Ulissi è il ciclista in attività con la maggior costanza di successi nel corso degli anni: il toscano vince almeno una gara da ben 14 stagioni. Alle sue spalle in questa speciale classifica, due mammasantissima dello sprint come il norvegese Kristoff (13) e il francese Démare (12). Un titolo di merito non da poco per il corridore del UAE Team Emirates, che ha da poco ripreso la preparazione per presentarsi già tirato a lucido per il primo ritiro prestagionale.

Proprio sul ruolo dei suoi “contendenti” al record, Ulissi mette l’accento: «Sapevo lo scorso anno che io e Sagan condividevamo questo piccolo privilegio, ma poi sinceramente non ci ho più pensato. Fa piacere, soprattutto precedendo due campioni dello sprint che indubbiamente hanno più occasioni di me per vincere. Io, per le mie caratteristiche, devo sempre costruirmi i successi e non è mai facile».

Ulissi davanti a Kristoff. Compagni alla Uae dal 2018 al 2021, ora rivali per un primato statistico
Ulissi davanti a Kristoff. Compagni alla Uae dal 2018 al 2021, ora rivali per un primato statistico
Che cosa rappresenta questo record?

Credo che sia la miglior dimostrazione della mia costanza di rendimento, cosa non semplice se spalmata su 14 anni nei quali il ciclismo è molto cambiato. Vale ancor di più considerando che io sono un passista-scalatore, che riesce a vincere quando la corsa si mette in un certo modo. Se si fa selezione, si rimane in pochi a lottare per la vittoria. Inoltre non sono un capitano unico, spesso devo anche lavorare per gli altri e questo significa che bisogna sfruttare le occasioni che la stagione ti pone davanti.

Proviamo a ripercorrere alcune tappe di questo record, iniziando naturalmente dalla prima vittoria: il Gran Premio Industria e Commercio a Prato del 2010.

La prima vittoria non si può certamente scordare, nella mia mente è come se la gara si fosse corsa ieri. Anche perché alla fine rimanemmo in tre a giocarci il successo e battei un uomo che ha segnato la prima parte della mia carriera: Michele Scarponi. A fine stagione diventammo compagni di team e fra noi si instaurò subito un profondo feeling, che dalla vita quotidiana si trasferì ben presto anche nelle corse. Infatti mi volle con lui al Giro nonostante la mia giovane età e lo ripagai vincendo per la prima volta alla corsa rosa.

Il primo successo dei 46 di Ulissi, a Prato battendo Scarponi e Proni
Il primo successo dei 46 di Ulissi, a Prato battendo Scarponi e Proni
Quella vittoria, nella tappa di Tirano, arrivò per il declassamento di Giovanni Visconti. Quel successo ha un sapore diverso per questo motivo?

No, perché dovrebbe? Intanto fui bravo ad essere lì a giocarmi la vittoria, in una frazione dove era praticamente scritto che la fuga sarebbe arrivata al traguardo. Era la tappa più lunga di quel Giro e i big pensavano alla classifica, volevano rifiatare un giorno in vista di quelli che sarebbero stati decisivi. La selezione fu continua, rimanemmo io, Visconti e Lastras, ossia ero con due corridori sulla carta più veloci. Giovanni sbagliò a impostare lo sprint, tutto qui…

E’ stata la prima ma non l’unica…

In totale ne ho portate a casa ben 8, un bel bottino. Ricordo in particolare quelle del 2014, quando vinsi a Viggiano battendo un gruppo abbastanza folto con Evans che mi arrivò a 1” e ripetendomi tre giorni più tardi a Montecopiolo superando in uno sprint a due il croato Kiserlovski. Erano vere battaglie quelle, diciamo che nell’ideale classifica delle mie vittorie, quelle sono entrambe piuttosto in alto.

La vittoria di Viggiano al Giro, particolarmente amata dal corridore di Donoratico
La vittoria di Viggiano al Giro, particolarmente amata dal corridore di Donoratico
Non sei stato parimenti fortunato negli altri grandi Giri.

Non ho avuto molte occasioni, considerando che la Vuelta l’ho disputata solo nel 2013 e il Tour nel 2017. Curiosamente però entrambe le volte sono arrivato a un passo dal successo di tappa. In Spagna fui secondo alla frazione di Alto de Naranco, ma quel giorno c’era un Joaquim Rodriguez davvero indomabile, che vinse per 11”. In Francia avevo indovinato la fuga vincente, ma fu bravo Bauke Mollema ad anticipare tutti. Fu un’occasione persa. Se mi riguardo indietro non ho grandi rammarichi nella mia carriera, ma quella volta mi dispiacque un po’…

Pochi ci badano, eppure le gare che fungono da test generale per le Olimpiadi hanno sempre un valore particolare e tu ti aggiudicasti quella di Tokyo nel 2019. Eppure ai Giochi non ci sei andato…

Lo so, ma non posso dire nulla di negativo sulle scelte che fece Cassani. Partiamo dal 2019, da quella bellissima trasferta, dove corremmo davvero bene tanto è vero che vinsi battendo Formolo. L’anno dopo doveva essere l’anno olimpico, è chiaro che nella convocazione ci speravo tanto e anche con ambizioni, ma fu l’anno del Covid, con tutta l’attività rivoluzionata. Per me fu un anno davvero eccezionale, con 5 vittorie tra cui la classifica del Giro del Lussemburgo e altre due tappe al Giro. A fine stagione ero numero 8 del ranking Uci.

Con Cassani il toscano ha sempre avuto un rapporto franco e sincero. Con il cittì vinse la preolimpica 2019
Con Cassani il toscano ha sempre avuto un rapporto franco e sincero. Con il cittì vinse la preolimpica 2019
E poi?

Poi d’inverno mi scoprirono la miocardite, fui costretto a fermarmi a lungo e quando ripresi, ritrovai la forma molto tardi. Cassani fu onesto con me, non poteva aspettarmi. D’altronde abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, non per niente ho potuto correre ben 5 mondiali.

In totale le vittorie sono 46, spalmate su 14 anni di attività. Quanto è cambiato il ciclismo nel frattempo?

Moltissimo e per certi versi aggiungere nuove “perle” è sempre più difficile. Intanto perché se da una parte il calendario si è gonfiato, dall’altro anche le squadre sono più numerose e più ricche internamente. I giorni di gara non sono poi tantissimi e fra questi emergono poche occasioni per puntare al risultato pieno. Bisogna essere bravi a farsi trovare pronti per sfruttare l’opportunità. Se devo guardarmi indietro, diciamo che ho saputo ragionare bene.

La tappa della Vuelta 2013: Ulissi vince lo sprint per il secondo posto, Rodriguez ormai è già arrivato… (foto Wikipedia)
La tappa della Vuelta 2013: Ulissi vince lo sprint per il secondo posto, Rodriguez ormai è già arrivato… (foto Wikipedia)
Ora ti aspetta un’altra stagione, proverai ad allungare la serie?

Se l’occasione capita, spero di esserci, si lavora per quello ma certamente non è un’idea fissa. A me interessa onorare l’impegno che ho con il mio team, ormai sono alla soglia dei 35 anni e voglio dimostrare che sono ancora competitivo, utile alla squadra sia come supporto che come leader quando toccherà a me. Ci proverò, questo è certo…

La squadra, il Giro, l’economia, la Valtellina: parla il signor Kometa

07.12.2023
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Fra Roma e il lago Balaton, nella cui zona sorge lo stabilimento Kometa in Ungheria, ci sono mille chilometri abbondanti, ma la voce di Giacomo Pedranzini arriva squillante come dalla stanza accanto. L’Amministratore Delegato della società di famiglia sta facendo rientro in Italia, in uno dei tanti viaggi che gli permettono di riconnettersi con la Valtellina e la sua famiglia.

«L’azienda ha sede in Ungheria – spiega – ma è di proprietà della mia famiglia, la famiglia Pedranzini Ernesto, che era nostro padre e ha trascorso la sua vita a Bormio. Siamo agricoltori e allevatori di montagna, così siamo nati e cresciuti e continuiamo ancora oggi questa attività, grazie ai miei fratelli più giovani, a cui sono sempre grato. Continuiamo a fare agricoltura di montagna nell’alpeggio sulla Malga dei Forni, sopra Santa Caterina Valfurva. Il mio collegamento con la Valtellina nasce da lì. Le nostre origini e le nostre attività sono ancora in Valtellina».

Kometa è sin dall’inizio uno dei nomi più fedeli di Basso e Contador. Negli anni il rapporto si è evoluto e dalla continental dei primi tempi, si è arrivati alla collaborazione con Eolo e a breve con Polti. Giacomo Pedranzini è il responsabile dell’azienda, che si dedica all’allevamento e alla trasformazione di carni suine. E data l’attenzione per l’alimentazione sana, l’abbinamento con lo sport e in particolare il ciclismo è stato quasi una conseguenza naturale. Ora che il Giro torna a Livigno e vi rimarrà per tre giorni (arrivo sul Mottolino, giorno di riposo e la ripartenza), farsi raccontare il suo ciclismo e la sua Valtellina ci è parso molto interessante.

Giacomo Pedranzini ha 58 anni ed è l’Amministratore Delegato di Kometa, che dal 1994 opera in Ungheria
Giacomo Pedranzini ha 58 anni ed è l’Amministratore Delegato di Kometa, che dal 1994 opera in Ungheria
Perché il ciclismo?

Perché ha delle sintonie con i valori dell’azienda. E’ una scuola di vita che riteniamo possa essere utile anche per le nuove generazioni. Il contatto con Ivan Basso risale ormai a otto anni fa. Aveva smesso di correre da uno o due anni ed era consapevole che non sarebbe stato facile mettere in piedi una squadra di vertice. Così mi presentò un progetto in cui parlava anche di sport rivolto anche al sociale, soprattutto ai giovani. E a me piacque l’idea di formare giovani uomini oltre che giovani atleti.

La squadra nel frattempo è cresciuta…

Migliora ogni anno. Partecipiamo stabilmente al Giro d’Italia e ad altre competizioni di RCS, quindi gli obiettivi rimangono sempre gli stessi. Però chiaramente ci aspettiamo che oltre alla squadra cresca anche la nostra capacità di comunicare col pubblico. Abbiamo esitato prima di unirci a questo progetto. Quello che ha fatto scoccare la scintilla è stata l’idea di poter trasmettere i valori di Kometa, che sono anche alla base dell’ideale di Honest Food di cui siamo promotori e che oggi è rappresentato da un’Associazione senza scopo di lucro, nata lo scorso settembre a Milano.

Di cosa si occupa?

Riteniamo che il comparto alimentare necessiti di un ripensamento in tutte le sue componenti. E’ necessario ritrovare prima di tutto equilibrio e buon senso all’interno della filiera, per produrre cibo buono e salubre ad un prezzo ragionevole. Sono i tre cardini che si possono raggiungere attraverso la giusta distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare. Oggi soffriamo dell’abbandono delle aree svantaggiate, per esempio nell’agricoltura. E tutto questo ha portato ad alcune distorsioni nei prezzi. Per troppi anni ci siamo focalizzati sulla crescita dei volumi a prezzi sempre più bassi, invece di concentrarci sulla qualità. Questa certamente ha un costo, però il cibo non può essere un lusso.

La partenza del Giro d’Italia da Budapest nel 2022 è stato per Kometa un’operazione molto importante (foto Rcs Sport)
La partenza del Giro d’Italia da Budapest nel 2022 è stato per Kometa un’operazione molto importante (foto Rcs Sport)
La presenza di Basso e Contador è funzionale al messaggio?

La possibilità di comunicare attraverso l’immagine di due grandi campioni come loro è stata il fattore che ci ha fatto prendere la decisione. La grande partenza del Giro dall’Ungheria, con il nostro nome e un atleta ungherese in squadra, è stata una delle azioni che ha dato più risonanza. Siamo presenti alle corse. Facciamo promozione nei nostri punti vendita, in cui il consumatore trova l’oggettistica della squadra. In più per il 2024 ci siamo legati a una nuova agenzia, Luca Vitale e Associati, con cui inizieremo varie azioni di comunicazione.

Che rapporto c’è tra Giacomo Pedranzini e il ciclismo?

Per estrema onestà, devo dire che in famiglia non siamo mai stati dei grandissimi sportivi. Il nostro sport era aiutare il papà e la mamma nell’azienda agricola, il nostro trekking era camminare dietro alle mucche. Però gli sport di fatica ci sono sempre piaciuti, perché richiedono grande persistenza e grande resistenza, anche mentale. 

Crede che il ciclismo sia un valido veicolo promozionale per la sua azienda?

Questa domanda è importante, ma prima di rispondere ne faccio io un’altra. Come mai Lidl, una delle più grandi catene della distribuzione a livello mondiale, è subentrata a Segafredo? Non vogliamo paragonarci a loro né avere la presunzione di tenere in piedi le sorti del ciclismo, però continuiamo perché ci dispiacerebbe che uno sport che ha fatto parte della storia e della cultura del nostro Paese, diventasse l’ultima ruota del carro. Quando mio padre voleva richiamarci all’ordine, diceva sempre un proverbio: «Le parole volano, l’esempio trascina». E allora noi proviamo, in questo caso con Polti, a dare un piccolo esempio di perseveranza e determinazione. Sperando poi che aziende più importanti e più grandi di noi vengano a darci man forte per riportare il ciclismo italiano sul gradino che gli compete nel palcoscenico internazionale.

Anche Polti (nella foto Franco e sua figlia Francesca) è un’azienda di famiglia, con grande esperienza nel ciclismo
Anche Polti (nella foto Franco e sua figlia Francesca) è un’azienda di famiglia, con grande esperienza nel ciclismo
Francesca Polti ci ha raccontato di aver trovato subito delle sintonie aziendali con voi, lo conferma?

Certamente, perché anche Polti è un’azienda di famiglia. Hanno una bella storia. L’affinità è prima di tutto umana e di storia imprenditoriale. Loro sapranno apportare la loro grande esperienza nel mondo del ciclismo. Hanno vinto il Giro d’Italia, sono certo che papà Polti ci darà dei consigli molto preziosi.

Quante volte all’anno torna in Valtellina?

Almeno una al mese, diciamo così. Poi durante l’estate la mia famiglia, che per tutto l’anno è con me in Ungheria, si trasferisce molto volentieri in Italia.

Si ha la sensazione, ascoltandola, di avere davanti un ambasciatore del territorio.

Il collegamento con la Valtellina c’è sempre. Stiamo sperimentando con successo la collaborazione tra pubblico e privato. Il coinvolgimento del territorio, la presenza del Giro d’Italia e tutte le azioni in materia di cicloturismo sono legate al contributo della Provincia di Sondrio. Bisogna riconoscere a Pierluigi Negri la grande abilità di coordinare il privato con i consorzi turistici che rappresenta in Valtellina. L’amministrazione provinciale si muove sempre guardando a tutti gli aspetti. Quindi va bene sostenere lo sport, ma va guardato anche l’interesse economico del territorio. E oggi i dati dicono che le presenze estive hanno pareggiato l’indotto di quelle invernali e questo è un dato veramente importante. Penso che sia sufficiente per capire che grande importanza rivesta la promozione del ciclismo per la Valtellina.

Quanto sarebbe importante essere al via del prossimo Giro, viste le tappe in Valtellina?

Essendo una professional, ci dovremo sudare l’invito. Però siamo molto fiduciosi che quello che abbiamo fatto sui campi di gara, vincendo una tappa anche nell’ultima edizione con Davide Bais a Campo Imperatore, parli per noi. E come è successo in Ungheria, avere al via del Giro un valtellinese come Davide Piganzoli sarebbe motivo di orgoglio.

Piganzoli, valtellinese doc, sarebbe una presenza importante al prossimo Giro d’Italia (foto Instagram)
Piganzoli, valtellinese doc, sarebbe una presenza importante al prossimo Giro d’Italia (foto Instagram)

Parola al Presidente

Al riguardo chiudiamo con poche parole, ma molto chiare di Davide Menegola, Presidente della Provincia di Sondrio con delega al Turismo e Sindaco di Talamona, cui abbiamo chiesto di parlarci della collaborazione fra pubblico e privato.

«Il progetto legato al ciclismo – dice – sta portando grandi frutti a tutti gli operatori della provincia di Sondrio. Proprio il mese scorso abbiamo fatto un incontro che ha coinvolto la Provincia, il Consorzio BIM Adda, le Comunità Montane e il Parco Nazionale dello Stelvio, dove tutti hanno dato via libera al tavolo di lavoro sul cicloturismo. Tuttavia, mentre in precedenza si era ritenuto di approvarlo di anno in anno, questa volta abbiamo ritenuto di allungare il periodo e di sostenerlo per i prossimi tre anni, in modo che tutti possano lavorare con la prospettiva migliore per gli obiettivi che ci siamo prefissati».

Come dire che quando si fa sistema, il ciclismo diventa un potentissimo mezzo di comunicazione. In Valtellina l’hanno capito bene, basta andare a farsi un giro su quelle strade quando la neve si sarà sciolta. Il 10 gennaio il Team Polti-Kometa verrà presentato a Milano, per il ciclismo italiano si tratta di un’ottima notizia.

Umbria Bike & Run Show: evento ok, ora si guarda al futuro

07.12.2023
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La prima edizione di Umbria Bike & Run Show ha recentemente avuto luogo presso il quartiere fieristico Umbriafiere di Bastia Umbra, dal 1 al 3 dicembre. Questo nuovo evento, frutto della collaborazione tra Epta Confcommercio e Umbriacrossing, si è concentrato esclusivamente sul mondo della bicicletta e della corsa a piedi, presentando le più recenti tecnologie, prodotti e servizi legati a questi settori. La cerimonia inaugurale ha visto la partecipazione di Francesco Moser, Aldo Amoni (presidente di Epta Confcommercio), Donatella Tesei (presidente della Regione Umbria) e Paola Lungarotti (Sindaco di Bastia Umbra). 

Umbria Bike & Run Show si è rivelato un momento unico di celebrazione dello sport, unendo la passione per la bicicletta, la corsa, il fitness e il trekking in un unico evento. Durante i tre giorni di esposizione, il pubblico ha potuto confrontarsi con le più recenti innovazioni e tendenze dei vari settori, grazie a espositori provenienti da diverse parti d’Italia. Gli appassionati di corsa e ciclismo hanno avuto l’opportunità di provare e acquistare direttamente alcuni dei migliori prodotti tecnici presenti sul mercato.

All’Umbria Bike & Run Show erano presenti tanti espositori del mondo bici
All’Umbria Bike & Run Show erano presenti tanti espositori del mondo bici

Sport come stile di vita

L’evento ha ospitato diverse attività, tra cui tavole rotonde sulla promozione di uno stile di vita sano. Molto partecipata è stata la tavola rotonda “Lo sport come stile di vita”, presentata dalla Regione Umbria insieme a Epta. Con ospite d’eccezione lo chef Andrea Impero, del ristorante Elementi di Borgobrufa, neo stella Michelin, che ha presentato uno spuntino del benessere secondo le linee della dieta mediterranea. Molto partecipato l’approfondimento su “Oleoturismo ed Enoturismo in Bicicletta: la Grande Pedalata lungo la Fascia Olivata Assisi – Spoleto, una buona pratica di rete in Umbria”. Nell’occasione sono state presentate nuove progettualità lungo Le Strade dei Vini e dell’Olio Evo dell’Umbria.

Non solo biciclette, ma anche corsa a piedi, con una gara di 10 chilometri verso l’Invernalissima, con la relativa vista panoramica su Assisi. Nell’occasione il pubblico ha potuto fruire di lezioni di spinning, pilates e un Fitness Duathlon, insieme a consulenze per migliorare lo stile di corsa e per il recupero fisico.

Aperitivi e DJ set

Umbria Bike & Run Show ha offerto anche momenti di intrattenimento serale con DJ set e aperitivi, oltre ad aree ristoro con prodotti salutari ed energetici. Umbria Bike & Run Show è stata un’esperienza coinvolgente e informativa, che ha offerto una combinazione unica di sport, intrattenimento e novità nel settore, il tutto in un territorio affascinante da scoprire.

Senza dimenticare che l’appuntamento umbro è stato un’occasione unica per godersi un weekend in un territorio affascinante tra Perugia e Assisi, dove nel 2024 si svolgerà una tappa cruciale del Giro d’Italia, contribuendo a rendere l’evento ancora più speciale.

Umbria Bike&Run Show

Uijtdebroeks: il Giro e quei dettagli maniacali per la crono

02.12.2023
5 min
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Cian Uijtdebroeks sarà una delle stelle del prossimo Giro d’Italia. L’erede di Remco Evenepoel, così dicono in Belgio, quest’anno ha preso le misure ai grandi Giri con la Vuelta e ora vuole continuare questa sfida con le tre settimane.

Classe 2003, il corridore della Bora-Hansgrohe ha già le idee chiare. Molto chiare. Il suo grande obiettivo della prossima stagione è, come detto il Giro d’Italia, dove viene per fare bene. Non per fare esperienza.

«L’obiettivo per il prossimo anno è il Giro – ha detto Uijtdebroeks – ho fatto la Vuelta, il mio primo grande Giro, pochi mesi fa e l’ho chiusa all’ottavo posto. Quindi voglio fare meglio. Una top 10 o top 5 sono la mia ambizione».

Cian Uijtdebroeks alla serata in suo onore indetta dalla cittadinanza di Hannut qualche giorno fa (foto DH)
Cian Uijtdebroeks alla serata in suo onore indetta dalla cittadinanza di Hannut qualche giorno fa (foto DH)

Rotta sull’Italia

Il percorso della corsa rosa ben si adatta alle caratteristiche di Cian. Anche se è uno scalatore, il corridore di Hannut, nei pressi di Liegi, va molto bene a cronometro. E sappiamo che le tappe contro l’orologio al Giro 2024 saranno due. E anche piuttosto impegnative.

Cian dedica grande attenzione a questa specialità e ha sviluppato una certa sensibilità con i materiali, tanto da lamentarsi dopo la Chrono des Nations, nei confronti della fornitura tecnica.

Lui e Remco avevano la stessa bici, ma rendimenti diversi. Rendimenti che secondo fonti attendibili erano imputabili non solo alle gambe, ma anche ad alcuni accorgimenti tecnici.

E questo ci dice di un atleta con personalità. Con le idee chiare appunto. Non è un caso che in vista del Giro abbia chiesto alla squadra di partecipare al prossimo Catalunya. La corsa spagnola propone infatti salite lunghe e sul filo dei 2.000 metri, ideali in ottica di preparazione. Una mentalità figlia del ciclismo moderno. I ragazzi sono super focalizzati sin da subito.

Uijtdebroeks in effetti deve migliorare a crono, ma nonostante tutto va forte e la cura sin dalle categorie giovanili
Uijtdebroeks in effetti deve migliorare a crono, ma nonostante tutto va forte e la cura sin dalle categorie giovanili

La crono nei dettagli

E restando su questo tema, vale la pena insistere sul discorso crono. Al Giro ne sono previsti 68,7 chilometri e potrebbero essere decisivi. Cian ha ammesso di aver chiesto dei consigli proprio a Remco, e forse quella lamentela era arrivata proprio dopo un confronto col campione del mondo contro il tempo.

«Per la crono – ha detto Uijtdebroeks – chiedo consiglio a molte persone, anche a Remco. Durante qualche gara di tanto in tanto andavo da lui e ci parlavo. Remco è un vero specialista. E’ una questione di dettagli, ovviamente».

Ma c’è di più. Quel giorno alla Chrono des Nations oltre ad un guasto meccanico (la rottura di una leva del cambio), c’erano dei numeri che non lo soddisfacevano.

«Se devo venire qui – disse Cian ad Het Nieuwsblad – per imparare, che almeno le cose funzionino bene. Non voglio perdere tempo. Con i miei 65 chili, pedalo a quasi 400 watt di media per un’ora, ma tutto deve essere messo a punto. Dobbiamo migliorare soprattutto per quanto riguarda l’aerodinamica. Quest’inverno dovremo passare molto tempo in galleria del vento e in pista per ottenere finalmente una posizione più decente. Gente come Evenepoel o Ayuso hanno un coefficiente aerodinamico migliore del mio. Loro hanno un CdA di 1,5, io sono quasi a 2: perdo minuti solo per quello. E’ chiaro che la Bora deve lavorarci».

Dichiarazioni forti, specie per un ventenne e chiaramente il team non fu felicissimo di queste esternazioni. Da qui scattò (e forse c’è ancora) anche una serie di voci di mercato. Ma per ora Cian ha detto che onorerà il contratto col team tedesco che scadrà al termine della prossima stagione. In più con l’arrivo di Roglic magari la squadra sarà più incentivata a lavorare in questa direzione.

«Stiamo aggiustando la mia posizione sulla bici da cronometro e sto anche lavorando sul mio corpo in termini di flessibilità. Sto facendo esercizi di cui non avevo sentito parlare fino a poco tempo fa».

Cian tra i giganti. Eccolo alla Vuelta lottare in salita con Kuss e Ayuso
Cian tra i giganti. Eccolo alla Vuelta lottare in salita con Kuss e Ayuso

Liegi mon amour

Uijtdebroeks ha parlato durante una premiazione che il suo Comune, Hannut, ha voluto riservagli. In Belgio è così, il professionista di casa va onorato. Davanti al sindaco e a molti tifosi, sono finite sul banco anche le classiche.

«Sono contento di essere in Belgio – ha detto Cian – perché alla fine non ci sto molto. Anche in virtù delle mie caratteristiche fisiche, corro molto più in Spagna che qui. Non sono come Van Aert che fa molte classiche».

Abolens, la frazione di Uijtdebroeks, è in Vallonia, ma è proprio sul confine con le Fiandre (Cian è un perfetto bilingue). E’ all’interno di un triangolo da sogno per gli amanti del ciclismo. C’è Liegi a Sud Est, Huy a Sud. Leuven, sede dei mondiali 2021, a Nord Est. Tutte ad una manciata di chilometri.

«Mi piacerebbe fare la Liegi – ha proseguito Cian – pur sapendo che non potrò vincerla, in quanto verrò da un training camp in altura. Però sarebbe utile in chiave di preparazione per il Giro. E comunque sarebbe bellissimo correrla sulle strade di casa, tra i miei tifosi. In ogni caso conoscerò il mio programma preciso a fine dicembre».

Alto 1,84 per 65 chili, Uijtdebroeks vanta numeri da scalatore. Ha concluso la Vuelta in 8ª posizione a 8′ netti da Kuss
Alto 1,84 per 65 chili, Uijtdebroeks vanta numeri da scalatore. Ha concluso la Vuelta in 8ª posizione a 8′ netti da Kuss

Nel 2024 Giro e Vuelta?

E questo programma potrebbe riservare altre sorprese, come il secondo GT in stagione. Il prossimo anno Uijtdebroeks avrà 21 anni e potrebbe essere un passo enorme. Ma stupirsi ancora oggi delle performance dei giovani è forse sbagliato. In più parliamo di Giro e Vuelta. Nel mezzo ci sono quasi tre mesi. Tra gli uomini di classifica fece qualcosa di simile Thymen Arensman nel 2022, ma all’epoca dei fatti aveva un anno in più.

«Vorrei aspettare di vedere il percorso della Vuelta prima di decidere – ha concluso Uijtdebroeks – correre due grandi Giri in un anno potrebbe essere un’opzione, ma neanche voglio finirmi: sono giovane. Mentre per il Tour credo sia ancora un po’ presto. Immagino dovrò aspettare una stagione o due».

Il regno dei biker diventa tappa del Giro. Andiamo sul Mottolino

01.12.2023
4 min
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Tappa numero 15 del 107° Giro d’Italia, Manerba del Garda-Livigno. Anzi, Livigno (Mottolino). Quel nome nella parentesi cambia tutto. Forse anche il Giro d’Italia stesso.

Il Mottolino non è nuovo al mondo delle bici, anzi. E’ uno dei totem della mountain bike. E’ qui che appassionati di gravity, e non solo, di tutto il mondo vengono a pedalare o a percorrere in discesa le sue paraboliche. Questo è un vero bike park.

Eira + sterrato

Eppure, come detto, il prossimo Giro arriverà ai suoi 2.385 metri. Si salirà da Livigno appunto e di fatto si scalerà l’intero Passo Eira. Tutto meno una decina di metri, forse anche meno. Infatti una manciata di metri prima del cartello marrone che indica il passo, si svolta a destra e s’inizia a salire lungo una strada sterrata.

L’intera salita finale a quel punto misurerà 8,2 chilometri e vedrà pendenze anche del 18 per cento, su fondo sterrato. Dall’Eira al Mottolino mancheranno 1.850 metri al traguardo. Non ci sarà più un tornante, ma solo un paio di curve un po’ più strette. Poi di fatto sarà come un fendente, che tira forte verso il cielo, tra prati ampi, cime a perdita d’occhio e Livigno, che ora si vede e ora no, sulla destra.

“Ballero” biker

Davide Ballerini quassù è quasi di casa, come molti suoi colleghi di fatto, visto che in tantissimi e in tantissime passano qui tante settimane di ritiro e conoscono a menadito certe strade. Solo che il “Ballero” è anche un “biker mancato”.

Il comasco infatti non solo viene quassù in ritiro con la specialissima, ma quando può pedala in mtb. La usa moltissimo. E spesso anche con biker di vertice come Samuele Porro, pluricampione italiano marathon.

Davide si arriva sul Mottolino, ci hai girato in mountain bike?

Sì, sì… Quasi tutti gli anni ci vado, almeno un paio di volte, durante i ritiri estivi, solitamente. Questa estate infatti ho ripreso con una settimana di sola mtb e ci sono transitato spesso. E ogni tanto uso la parte del bike park, con le paraboliche e gli appoggi, per scendere a Livigno divertendomi.

Ballerini durante una delle sue uscite in mtb nella zona di Livigno e del Mottolino
Ballerini durante una delle sue uscite in mtb nella zona di Livigno e del Mottolino
Il Giro d’Italia chiaramente salirà sin lassù dal Passo Eira, che corsa ti aspetti quel giorno?

Sarà una tappa molto dura. Di fatto si salirà sin da Tirano, quindi arriveranno a Livigno dalla Forcola. E quella è una salita di almeno un’ora e un quarto. Breve discesa e poi si salirà verso Trepalle.

Trepalle, che è in cima a Passo Eira. Che salita è quest’ultima?

Non è difficilissima. E’ molto regolare, la sua pendenza è al 6-7 per cento. E’ una salita che in allenamento, al medio, si fa in una ventina di minuti. Poi in cima si gira a destra e si prende appunto il Mottolino, che è in sterrato. Io credo che dal bivio alla cima ci saranno altri 10 minuti di scalata.

E questo paio di chilometri finali come sono?

Non dico un muro, ma ci sono almeno un paio di tratti che superano il 15 per cento. Io l’ho fatta in mtb ed è tosta. In teoria ci si può andare anche con la bici da strada, ma è complicato. In più il fondo è rovinato. Ci passano molti camion che portano su materiale per il lavoro del bike park. Immagino che per il Giro la sistemeranno. D’inverno è una pista da sci.

Abbiamo visto che questo tratto finale è scoperto, senza alberi, ci sarà il rischio vento per te?

Non molto, perché in realtà la strada è coperta (dal monte stesso, ndr). Forse nel finale, che è più aperto, si potrebbe sentire. Semmai il vento si sentirà di più sulla Forcola. Di solito in quella valle il vento è a favore e potrebbe fare la differenza. Altrimenti se è contro, diventa dura.

Se l’Eira non richiede particolarità tecniche, che rapporti serviranno invece per questo tratto finale?

Bella domanda. Io lì ci sono passato solo in mtb, ma ad occhio e croce credo che un 40×32 servirà tutto.

E Museeuw ci parla di Van Aert: «Il Giro? Un rischio»

24.11.2023
5 min
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GAND (Belgio) – Metti una sera un vecchia Colnago con i colori della Mapei. «Bella – pensiamo noi – un classico. Una “botta” di puri anni ’90. Chissà di chi sarà?». Ebbene apparteneva al misterioso ospite di una delle super serate passate al velodromo Kuipke, per la Sei Giorni. Quando poi lo speaker ha dato le tre opzioni su chi fosse questo personaggio, vista quella bici non c’erano più dubbi. Il personaggio misterioso era Johann Museeuw.

Un’improbabile tutina gialla, un casco in testa e tre giri di pista tra due ali di folla già in delirio. Museeuw ha avuto due grandi eredi, Tom Boonen, prima, e Wout Van Aert, adesso. E avendo noi vissuto da vicino Boonen e ancora di più Van Aert è facile capire perché tanto calore anche per Johan.

«Ma quello è Museeuw!», pubblico in delirio e fuori gli smartphone
«Ma quello è Museeuw!», pubblico in delirio e fuori gli smartphone

Emozioni calde

Il campione belga è sempre sul pezzo. Tra l’altro gli facevamo le domande in francese e lui ci rispondeva in italiano. «Amo sempre l’Italia», ci ha detto Museeuw. Segno che tanti anni in Mapei qualcosa hanno lasciato… oltre alle bacheche piene di trofei s’intende!

«Dopo 25 anni ho rimesso piede su una pista. Il che è molto strano! Come è strana questa uniforme… che mi fa sudare tantissimo. La gente viene per la gara (la Sei Giorni di Gand, ndr), per divertirsi e per scoprire il personaggio misterioso. 

«Dopo tanti anni fa piacere questo calore del pubblico. Non è vero che un ex corridore non sente niente in certe situazioni».

Oggi il più applaudito in Belgio è Van Aert. Ormai lo abbiamo appurato nelle tante trasferte fatte in questa terra. 

«Beh – dice Museeuw – Wout è un grande corridore, ma non c’è solo lui in quanto a calore. Anche Remco Evenepoel è un atleta importantissimo e amato. In questo momento in Belgio abbiamo grandi corridori per il futuro. Meno male che voi non li avete e li abbiamo noi! Qui siamo a posto per i prossimi dieci anni».

Il tema di Van Aert al Giro d’Italia tiene banco in Belgio
Il tema di Van Aert al Giro d’Italia tiene banco in Belgio

Van Aert, rischio rosa

Con Museeuw abbiamo parlato proprio del corridore della Jumbo-Visma. In quei giorni Van Aert aveva detto di voler fare, e bene, il Giro d’Italia. Senza contare che aveva anche annunciato la sua assenza ai mondiali di cross seguita qualche giorno dopo anche da quella alla Sanremo. In Belgio non si parlava d’altro, almeno in ambito sportivo.

«L’idea della classifica al Giro – spiega perplesso Museeuw – per me è un po’ difficile per Van Aert. Quando puoi vincere il Fiandre o la Roubaix, puntare alla corsa rosa è molto rischioso. In classiche di quel genere lui ha nove possibilità su dieci di vincere, mentre di vincere il Giro ne ha cinque su dieci. Io non ho mai vinto la Sanremo, per esempio, ci ho provato, ho fatto tre volte secondo. Ma Sanremo e Giro sono due cose differenti. Se ho vinto il Fiandre, punto ancora al Fiandre».

Il discorso di Museeuw è chiaro: insistere laddove si può vincere. Ci sentiamo di dire che è anche un po’ una mentalità figlia di quegli anni. Anni in cui la specializzazione era massima, ma di certo non è da biasimare da un punto di vista prettamente tecnico.

Tour de France 2022, verso Hautacam, Van Aert resta da solo con Vingegaard e Pogacar. Quel giorno forse scatta qualcosa nella sua mente
Tour 2022, verso Hautacam, Van Aert resta da solo con Vingegaard e Pogacar. Quel giorno forse scatta qualcosa nella sua mente

Hautacam galeotto

L’idea di sacrificare troppo le classiche non convince dunque l’iridato di Lugano 1996.

«Se puoi vincere dalla Sanremo alla Liegi, passando per Fiandre e Roubaix, e forse tutti e cinque i monumenti, per me non devi cambiare le tue caratteristiche. Ma io sono vecchio!».

E’ voce più che comune che il tarlo della classifica sia entrato nella testa di Van Aert durante lo scorso Tour de France. In particolare quando verso Hautacam mise in difficoltà persino Pogacar, per di più dopo aver tirato come un folle per chilometri e giorni interi. Quel giorno Wout giunse terzo sul traguardo pirenaico.

«Che lui abbia fatto un Tour eccezionale è vero – prosegue Museeuw – Van Aert ha contribuito tantissimo al successo di Vingegaard, ma non vuol dire che può vincere il Giro o il Tour. E’ un’altra cosa fare classifica. Però è vero anche che ha un grande motore e vediamo a maggio cosa potrà fare. Per me comunque questa cosa è “pericolosa”».

Johan Museeuw (classe 1965) con la maglia iridata, oggi si gode il ciclismo da casa (foto Instagram)
Johan Museeuw (classe 1965) con la maglia iridata, oggi si gode il ciclismo da casa (foto Instagram)

Ciclismo e cappuccino

Museeuw è stato un campionissimo delle classiche. Specie quelle delle pietre. Tre Fiandre, tre Roubaix, un mondiale. Su 50 partenze nelle classiche monumento solo cinque ritiri. Lui è davvero il classico “fiammingone” e proprio per questo il ciclismo ce l’aveva e ce l’ha ancora dentro. Tanto è vero che segue moltissimo le corse. Ed è anche un accompagnatore cicloturistico: viene spesso in Italia.

«Cosa mi piace di questo ciclismo di oggi? Che vanno forte dall’inizio alla fine. Sono davvero dei fenomeni. E’ tutto un altro modo di correre rispetto a noi. Le gare sono divertenti.

«I corridori di oggi mi piacciono praticamente tutti. Okay i fenomeni, come Pogacar, Alaphilippe, Van der Poel, ma apprezzo anche i giovani corridori. Oggi i ragazzi hanno un bel carattere. E io seguo il ciclismo alla tv, con un cappuccino e un pezzo di torta… così è meno dura che pedalare!».

Woods non molla, anzi rilancia e pensa al Giro

24.11.2023
6 min
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Per un certo periodo, nel corso del ciclomercato, sono girate voci su una possibile fuoriuscita di Michael Woods dalla Israel Premier Tech. Il che sembrava strano considerando che il canadese è come il vino buono, migliora invecchiando. Anche nel 2023 è riuscito a mettere la sua firma risultando tra i più brillanti del suo team, conosciuto per essere quello che, fra WorldTour ed ex WT, ha l’età media più alta, in controtendenza rispetto al ciclismo attuale.

Le voci poi sono svanite nel tempo, la realtà è che Woods resta parte integrante del team, sicuramente scosso dagli ultimi accadimenti che hanno coinvolto il Paese come raccontava il nuovo acquisto Sheehan. Woods ora è in famiglia, dall’altra parte dell’Atlantico ad affrontare la primissima parte della preparazione in attesa del ritiro prestagionale di dicembre, prestandosi così a una chiacchierata a bocce ferme su quel che è stato e quel che verrà.

Il trionfo sul Puy de Dome al Tour de France, staccando Latour di 28″. Al Tour ha chiuso 48°
Il trionfo sul Puy de Dome al Tour de France, staccando Latour di 28″. Al Tour ha chiuso 48°
Come giudichi la tua ultima stagione?

Certamente è stato un successo. Ho ottenuto il risultato più importante della mia carriera vincendo una tappa al Tour de France. Non sarà stata la mia stagione migliore in quanto a costanza di risultati, ma sono rimasto piuttosto soddisfatto e questo mi ha dato la motivazione per la stagione a venire.

Che cosa ti ha lasciato la vittoria nella tappa del Puy de Dome?

Molta soddisfazione, anche sollievo. Dopo aver detto che volevo vincere una tappa del Tour da così tanto tempo, temevo che quel momento non sarebbe più arrivato. E alla fine mi ha lasciato molta motivazione. Ora ho un nuovo obiettivo, ovvero cercare di ottenere un’altra vittoria di tappa al Giro e completare la collezione di vittorie in tutti e tre i grandi Giri. Penso che sarebbe davvero speciale.

Michael Woods, Vuelta 2020
La vittoria a Villanueva alla Vuelta 2020. Ora Woods punta a completare la collezione di tappe nei grandi Giri
Michael Woods, Vuelta 2020
La vittoria a Villanueva alla Vuelta 2020. Ora Woods punta a completare la collezione di tappe nei grandi Giri
In questo periodo ti senti più competitivo nelle classiche in linea o nelle brevi corse a tappe?

Penso che il livello si sia alzato. Ci sono molti corridori ora nel World Tour che sono semplicemente incredibili. All’epoca di Valverde c’erano solo uno o due corridori dominanti, io sono arrivato vicino quando era alla fine della sua carriera. Quando ho iniziato a emergere, mi sentivo come se fossi un po’ più competitivo rispetto ai migliori. Oggi la situazione è diversa, ma ciò non significa che non ho ancora la possibilità di fare bene in queste gare e sono ancora piuttosto entusiasta per lottare con i più giovani negli anni a venire.

Hai chiuso con buoni risultati nelle corse italiane di fine stagione: ti aspettavi di più fra Emilia, Tre Valli Varesine e Lombardia?

Sono rimasto abbastanza soddisfatto dalle prime due prove, ma un po’ deluso dal Lombardia. Mi sono sentito davvero bene in queste classiche, come se fossi tornato al mio vecchio livello. Ma sfortunatamente al Lombardia ho sbagliato dal punto di vista dell’esecuzione sulla salita finale ed ero troppo indietro quando l’attacco ha iniziato a partire. Ho notato davvero come negli ultimi due, tre anni se non sei nella posizione perfetta, è quasi impossibile competere contro i migliori ciclisti del mondo. In passato potevi commettere un errore ed essere un po’ troppo indietro, ma rimediare. Il ritmo delle gare adesso è così inesorabile, così alto che se commetti un errore, finisci per pagarlo. E così ho finito per non far parte di quel primo gruppo, anche se sentivo di avere davvero le gambe per esserci.

Woods al Lombardia, chiuso al 12° posto perdendo sull’ultima salita il treno dei migliori
Woods al Lombardia, chiuso al 12° posto perdendo sull’ultima salita il treno dei migliori
Le corse delle Ardenne continuano ad essere un tuo obiettivo?

Sì, sicuramente. Sono davvero concentrato su di loro. Tuttavia, il grande obiettivo per me l’anno prossimo è il Giro d’Italia, dovrò essere al massimo della forma per l’avvio della corsa rosa.

Affronterai il quarto anno alla Israel: come ti trovi nel team e cosa rispondi a chi dice che ha un’età media troppo avanzata?

Sono davvero entusiasta di far parte di questa squadra per il quarto anno, per me è una famiglia che si prende cura di me e mi sento davvero privilegiato. Detto questo, la nostra età media è sicuramente una delle più alte nel gruppo e io con i miei 37 anni contribuisco sicuramente a questo. Ma penso di essere davvero fortunato a far parte di una squadra che non guarda a questo aspetto. Geraint Thomas ha dimostrato la scorsa stagione, come ho dimostrato anch’io al Tour, che puoi ancora essere al meglio nella tua carriera. Anche Alejandro Valverde ne è un ottimo esempio. E sono entusiasta di continuare a esplorare le mie capacità fino alla fine dei trent’anni. E chissà, forse anche oltre.

Per il canadese il 2024 sarà il quarto anno all’Israel. Team fra i più anziani, con 10 elementi sopra i 30 anni
Per il canadese il 2024 sarà il quarto anno all’Israel. Team fra i più anziani, con 10 elementi sopra i 30 anni
Hai 37 anni: sei d’accordo con chi dice che il ciclismo attuale renderà impossibile nel futuro continuare a correre a un’età simile?

No. Penso che sicuramente la tendenza stia andando verso i ciclisti più giovani. Penso che ora, con l’accesso alle informazioni migliori come tecnologia, coaching, nutrizione, diventare un giovane corridore di vertice stia diventando molto più semplice. Non è necessario passare anni di esperienza per raggiungere un livello superiore. Puoi semplicemente seguire qualcuno su Strava o farti seguire da un buon allenatore nei picchi di allenamento, puoi guardare tutte le gare online e imparare molto più velocemente di quanto potevi prima.

Al Giro d’Italia Woods manca dal 2018, quando sfiorò la vittoria a Caltagirone
Al Giro d’Italia Woods manca dal 2018, quando sfiorò la vittoria a Caltagirone
Tempi duri quindi per chi viene da un’altra cultura ciclistica…

Mah, penso che l’età abbia ancora un ruolo nello sport. Io stesso sto ancora imparando. Questo è uno sport in cui impari costantemente e, man mano che migliori, diventa più facile esibirsi a questo livello. Per quanto mi riguarda, fisiologicamente mi sto avvicinando al massimo delle mie capacità, ma sento ancora che sto migliorando mentalmente. Avere quell’esperienza che l’età porta con sé aiuta. È ancora uno sport di squadra e avere ragazzi che hanno solo anni di esperienza aiuta molto all’interno del team.

Se ti guardi indietro, hai qualche rammarico per un’occasione perduta?

Anche se ho avuto dei fallimenti nella mia carriera, ho avuto anche dei grandi successi. E certamente quei fallimenti, quegli errori che ho commesso, mi hanno reso un pilota e una persona migliore.

Pochi big al Giro? Opportunità per molti italiani

23.11.2023
6 min
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Sembra sia già iniziato il funerale del Giro d’Italia relativamente al parterre. Niente super campioni, tutti al Tour con l’aggravante delle Olimpiadi, per le quali la Grande Boucle sembra il viatico migliore. Noi non siamo del tutto d’accordo. Alla fine qualcuno di peso ci sarà.

Di certo non vedremo il campione uscente Roglic, che ha deciso di cambiare squadra proprio per giocarsi il tutto e per tutto in Francia. E molto probabilmente non vedremo neanche Vingegaard e Pogacar. Anche se qualche “micro-porticina” aperta lo sloveno l’ha lasciata. 

Ma se così fosse, si potrebbero aprire delle enormi occasioni per i corridori italiani. E’ vero, non abbiamo atleti pronti, ma c’è una buona schiera di corridori giovani e maturi (più un “vecchietto”) che può fare bene. Al netto dei loro programmi, che ancora non si conoscono, questi atleti hanno i numeri tecnici, fisici e mentali per farci sognare. E i più giovani hanno anche margini di crescita.

Ciccone viene dalla vittoria della maglia a pois al Tour. Un segnale positivo in vista del prossimo Giro
Ciccone viene dalla vittoria della maglia a pois al Tour. Un segnale positivo in vista del prossimo Giro

Ciccone, la svolta 

Seguendo il ranking UCI, il primo “corridore che ci viene in mente “papabile” è Giulio Ciccone. L’atleta della Lidl-Trek aveva detto di aver messo una pietra sopra sul discorso classifiche generali, però è anche vero che alcune cose sono cambiate.

E’ cambiato il suo preparatore e Cicco ha scoperto nuovi orizzonti. Ed è uscito bene dal Tour: per conquistare la maglia a pois bisognava spendere parecchio fino alla fine e Giulio ha tenuto botta.

In più lo scorso anno aveva preparato la corsa rosa al dettaglio, aveva dovuto dare forfait a pochi giorni dal via causa Covid. Magari vista la situazione potrebbe essere ingolosito da tutto ciò.

Ciccone potrebbe davvero avere l’occasione della vita e una volta in ballo sappiamo che l’abruzzese riesce a tirare fuori anche quello che non ha. Ricordiamo la sua determinazione nella crono di Combloux giusto all’ultimo Tour. Lottò come un leone sulla salita per prendersi i punti del Gpm. In quel tratto fu più veloce anche di Vingegaard. Certo, il danese aveva spinto per tutto il tempo e Cicco si era concentrato su quel settore, ma ricordiamoci come andava il danese. Quel giorno prima di parlare con noi, Cicco dovette recuperare diversi minuti dopo l’arrivo, tanto era il fiatone.

Frigo e Zana sono stati compagni di squadra nella nazionale U23 di Amadori. Lo scorso anno si sono anche ritrovati in fuga insieme verso Zoldo
Frigo e Zana sono stati compagni di squadra nella nazionale U23 di Amadori. Lo scorso anno si sono anche ritrovati in fuga insieme verso Zoldo

Zana e Frigo per sognare

Capitolo giovani. Ecco che si apre un fantastico mondo di speranze e sogni. Qui si va con pressione zero. Nessuno può e deve chiedere nulla ai nostri ragazzi, ma l’opportunità è ghiotta anche per loro. Possono fare esperienza ad alto livello, iniziare a prendersi certe responsabilità e a fare i conti con le tre settimane in veste da leader.

Chi sono questi ragazzi? Pensiamo a Filippo Zana e Marco Frigo.

Il corridore della Jayco-AlUla forse è un po’ più avanti rispetto a quello della Israel-Premier Tech. Primo perché Filippo ha un anno di più e poi perché ha più esperienza e più vittorie di peso, su tutti la tappa della Val di Zoldo giusto all’ultimo Giro, e il tricolore. Aver portato sulle spalle quella maglia per un anno ti fa crescere. Certo però che se verrà Simon Yates i giochi si complicheranno per lui.

Frigo probabilmente è più bravo a crono e questo conterà non poco nella prossima corsa rosa che di crono ne ha due. Marco sta crescendo con costanza ma certo pecca di esperienza e ci sono alcuni aspetti in cui deve migliorare, ma in quanto a motore non si discute. In più lui è da corse a tappe nella mente. Ce lo disse proprio durante il Giro: «Voglio provare a tenere, per vedere in ottica futura cosa potrò fare in classifica generale».

All’ultima Vuelta, Tiberi (in testa) ha avuto come compagno di stanza Caruso (alla sua ruota). Un duo di grande solidità
All’ultima Vuelta, Tiberi (in testa) ha avuto come compagno di stanza Caruso (alla sua ruota). Un duo di grande solidità

Tiberi-Caruso: concretezza totale

Chi invece a crono potrà fare molto bene è Antonio Tiberi. Il corridore della Bahrain-Victorious ha già alle spalle due Vuelta. Al Giro sarebbe un debuttante, ma certe strade e certe dinamiche di gruppo le conosce già.

E poi ha dalla sua una squadra che sa come affrontare determinate situazioni. Non solo, prima abbiamo detto un “vecchietto”, ci riferivamo a Damiano Caruso.

E qui passiamo al siciliano. Damiano potrebbe aspirare a grandi cose. Molto grandi. E’ l’ultimo italiano ad essere salito sul podio di un GT, secondo al Giro 2021. Va bene a crono. E’ una garanzia in salita e alla distanza. In 18 grandi Giri un solo ritiro. Corre spendendo meno energie degli altri e ha un cuore grosso così. Ma se le cose non dovessero andargli benissimo, potrebbe essere la vera arma in più proprio per Tiberi. 

Il duo Bahrain non va assolutamente dimenticato. Tutto il pacchetto, ammiraglia inclusa, è estremamente competitivo.

Cattaneo aspira ad una maglia azzurra per Parigi. La speranza per i tifosi italiani è che Remco non lo voglia al suo fianco al Tour
Cattaneo aspira ad una maglia azzurra per Parigi. La speranza per i tifosi italiani è che Remco non lo voglia al suo fianco al Tour

Cattaneo e le crono

E il discorso della concretezza vale anche per Mattia Cattaneo. Atleta di una serietà unica, il corridore della Soudal-Quick Step potrebbe sfruttare al top la sua forza nelle cronometro. Anche se la stessa crono potrebbe dirottarlo verso il Tour, perché Mattia ha enormi possibilità di correre la prova olimpica contro il tempo.

Tra quelli citati sin qui è il meno scalatore forse, ma è anche vero che il Giro che arriva non è impossibile. Con Remco che fa rotta sul Tour, Cattaneo potrebbe avere i suoi spazi. Ma dipenderà molto anche da come la squadra vorrà venire in Italia. Con il velocista? Con i cacciatori di tappe? Facciamo un po’ fatica, ma magari ci sbagliamo, ad immaginare che Lefevere gli metterà vicino dei gregari fissi. Un conto è trovare strada facendo compagni che si adattano, e un conto è averli già mentalizzati al via.

E’ anche vero però che Cattaneo non dà tutte queste garanzie in termini di classifica. Ma tutto sommato questo discorso vale anche gli altri ragazzi citati.

Parlare di classifica generale al Giro per Garofoli è forzato, ma se il corridore dell’Astana sta bene ha valori importanti
Parlare di classifica generale al Giro per Garofoli è forzato, ma se il corridore dell’Astana sta bene ha valori importanti

E gli altri

A tutti questi nomi ne possiamo aggiungere altri. Ne citiamo tre: Domenico Pozzovivo, Gianmarco Garofoli e Giulio Pellizzari.

“Pozzo” è sempre Pozzo, ma gli anni passano e ad oggi non ha ancora ufficialmente una squadra per il 2024. Se le gambe (e gli infortuni) seguissero la testa, forse in carriera non avrebbe vinto solo la Roubaix. Forse.

Gianmarco Garofoli: il talento non si discute, ma il terreno da recuperare dopo i problemi di salute è davvero grande. Ciò non toglie che lui, e tutti i gli altri, possano ritagliarsi spazi importanti. Dalla sua ha quel volpone di Giuseppe Martinelli.

Infine c’è Giulio Pellizzari. Questa è davvero una scommessa. Un gioco. Una piacevole suggestione. L’atleta della Green Project-Bardiani, secondo all’ultimo Tour de l’Avenir, non hai mai preso parte ad un grande Giro e neanche è detto ci sarà, ma vista la buona annata era giusto citarlo.

Buitrago fiuta il Tour: senza Pogacar, la “bianca” fa gola

22.11.2023
7 min
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A Bogotà oggi piove, ma ci sono 25 gradi. Buitrago è in città per passare qualche giorno in famiglia, di ritorno dal Giro de Rigo, la cicloturistica organizzata da Uran che ha visto al via anche Wout Van Aert. A breve però farà ritorno a La Ceja, regione di Antioquia, dove vive e si allena. Dice che quando esce non ha bisogno della scorta, ma un suo amico lo segue sempre con la moto, per tenergli gli indumenti e i rifornimenti. Il vincitore delle Tre Cime di Lavaredo trascorrerà l’inverno in Colombia e farà ritorno in Europa per il ritiro di gennaio. La voce arriva chiara, l’umore appare ottimo.

«Non avevo mai visto tanta gente tutta insieme – racconta – è stato un evento grandissimo. C’erano quasi seimila persone in bicicletta, una cosa bellissima. Tutti fan di ciclismo, di Rigo e dei campioni che c’erano. Ogni volta che torno in Colombia, mi rendo conto di quanto sia popolare questo sport. La gente si ricorda il nome, ti riconosce dalla maglia della squadra. Se ti fermi a prendere un caffè, vengono a farsi la foto. E’ bello perché quando ero piccolo lo facevo anche io. Andavo da Rigo oppure se capitava di incontrare Nairo. E adesso trovo bellissimo che lo chiedano a me. Non vorrà mica dire che sto diventando vecchio? ».

Domenica scorsa, Buitrago ha partecipato con altri 6.000 ciclisti al Giro de Rigo. Alla sua ruota, Van Aert e Uran
Domenica scorsa, Buitrago ha partecipato con altri 6.000 ciclisti al Giro de Rigo. Alla sua ruota, Van Aert e Uran

Il 2023 da incorniciare

Scoppia a ridere. Due chiacchiere sul Tour Colombia 2.1 che torna il prossimo anno e se la Bahrain Victorious non ci sarà, gli piacerebbe farlo con la nazionale. E poi il discorso va sulla stagione di questo ragazzo di 24 anni, che nel 2023 è arrivato terzo al Saudi Tour e poi alla Ruta del Sol. Terzo anche alla Liegi e poi primo alle Tre Cime al Giro d’Italia, dopo la vittoria del 2022 a Lavarone. La squadra se lo tiene stretto, con un contratto fino al 2026. E lui intanto cresce, sorride e sogna in grande.

«Questa stagione – dice – è stata più di quanto mi aspettassi. Volevo fare tante corse. Puntavo a fare classifica al Giro, non è andato come mi aspettavo, però ho vinto una tappa e fatto una buona classifica. Ho fatto la Vuelta di Spagna e anche qualche podio di tappa e questo per me è stato fantastico. Forse però il podio che non mi aspettavo è stato quello della Liegi. Praticamente sono arrivato in Belgio il sabato al mattino dal Tour of the Alps. Ero ancora stanco, non è stato semplice, per questo non mi aspettavo di andare così. Eppure alla fine la Liegi mi è piaciuta tantissimo. E’ una delle classiche che vedevo in tivù quando ero bambino e penso che un domani potrei anche lottare per vincerla, dato che sul podio ci sono già arrivato».

Lavarone meglio di Lavaredo

Numeri da scalatore: un metro e 74 per 59 chili, Buitrago è uno di quelli da cui ti aspetti il volo sulle grandi montagne. E il volo il colombiano l’ha spiccato il 25 maggio fra Longarone e le Tre Cime di Lavaredo, rimanendo allo scoperto per 126 dei 183 chilometri della tappa. Allo stesso modo, l’anno prima era stato in fuga per 158 chilometri verso Lavarone e aveva alzato le braccia al cielo per la sua prima vittoria al Giro d’Italia.

«Sono due storie diverse – racconta riflettendo – perché la vittoria dello scorso anno è arrivata nel momento giusto. Due giorni prima a Cogne avevo fatto secondo dietro Ciccone e per me era stato un duro colpo. Per cui vincere il martedì, andando in fuga con Van der Poel e anche Ciccone, è una vittoria che ricorderò per sempre. Le Tre Cime di Lavaredo sono molto famose per gli europei, ma io sono colombiano, per me non hanno un significato particolare. Ugualmente è stata una vittoria importante, perché il mio Giro non stava andando troppo bene, per cui vincere quella tappa è stato importante. Ma nel mio cuore viene prima quella dello scorso anno».

Ottavo sull’Angliru alla Vuelta, Buitrago nel finale ha staccato Mas e anche Ayuso
Ottavo sull’Angliru alla Vuelta, Buitrago nel finale ha staccato Mas e anche Ayuso

Il ciclismo colombiano

Nel ciclismo colombiano che ha perso lungo la strada i grossi nomi, per limiti di età e vicende di varia natura, Buitrago è forse il più promettente e soprattutto concreto. Lui lo sa, forse gli piace sentirselo dire, ma resta con i piedi per terra. Nel 2023 ha anche concluso la Vuelta piazzandosi al decimo posto, dopo che nel 2022 se ne era andato dalla Spagna dopo appena 10 tappe.

«Sono contento di come sta andando la mia carriera – dice – ogni anno vado più forte. Ogni anno rimango più a lungo e per più tappe con i migliori e questo mi piace tantissimo. All’inizio provavo a seguire il gruppo e mi staccavo, adesso sono capace di rimanere con i primi 10 di classifica e posso lottare per vincere la tappa. C’è una bella differenza. Intanto il ciclismo colombiano sta attraversando un momento opaco. Non siamo tanti nel WorldTour, rispetto a due anni fa. Per i nostri tifosi è brutto, perché negli anni scorsi abbiamo vinto il Tour de France, il Giro d’Italia e la Vuelta. Vincevamo praticamente tutto, mentre adesso sono arrivato gli sloveni, i danesi, i tedeschi, gente che dieci anni fa quasi non c’era. Insomma, è un periodo in cui vanno più forte gli altri e noi dobbiamo lavorare per riprenderci». 

Alla Vuelta per Buitrago la visita della compagna Tatiana, anche lei colombiana
Alla Vuelta per Buitrago la visita della compagna Tatiana, anche lei colombiana

Il progetto Tour

E così adesso è arrivato il momento di alzare l’asticella e in casa Bahrain Victorious probabilmente potrebbero anche scegliere di accontentarlo. I programmi sono in fase di scrittura proprio in questi giorni e saranno finalizzati durante il ritiro di dicembre ad Altea. Ma dato che Buitrago non sarà della partita, con lui i contatti sono già in fase più avanzata.

«Qualche giorno fa – spiega –  mi hanno chiamato dalla squadra per chiedermi che tipo di gare volessi fare nel 2024. E allora non ci ho girato troppo attorno e gli ho detto che mi piacerebbe andare al Tour. Avrò 25 anni, ho fatto il Giro e la Vuelta e in Francia finalmente si potrà lottare nuovamente per la maglia bianca, dato che Pogacar finalmente è diventato di un anno più grande. Credo che sia arrivato il momento. Al Giro dello scorso anno sono stato secondo nella classifica dei giovani, dietro “Juanpe” Lopez. Quest’anno sono arrivato sesto e poi alla Vuelta sono stato quarto. Voglio vedere come si corre al Tour».

Questa la foto sull’Alto de Letras che ha spinto Fondriest a lanciare la scommessa a Buitrago
Questa la foto sull’Alto de Letras che ha spinto Fondriest a lanciare la scommessa a Buitrago

La scommessa con Fondriest

L’ultima parola è per parlare di una battuta fatta lo scorso inverno da Maurizio Fondriest, il suo procuratore. Cominciò tutto da una sua foto pubblicata su Instagram, in cui era ritratto sulla cima dell’Alto de Letras, una salita vicino Manizales, che sale di quasi 3.700 metri per la distanza… mostruosa di 81 chilometri. Una di quelle scalate sudamericane che richiedono un giorno intero e che si fanno raramente e spesso quasi solo per sommessa.

«Infatti è stata proprio una scommessa – ridacchia -perché un giorno dissi a Maurizio che qui in Colombia c’è questa salita così lunga. Non è tutta costante, ci sono dei tratti in cui spiana, c’è anche una piccola discesa, però di base la strada sale sempre. E lui rispose che gli sarebbe piaciuto farla e sarebbe venuto al primo risultato positivo che avessi fatto. Magari un’altra tappa al Giro, avremmo deciso poi. E così quando ho fatto il podio della Liegi, mi ha chiamato e mi ha detto: “Mi sa che dovrò andare in Colombia per fare quella salita”. E dopo la tappa delle Tre Cime, ha preso la decisione e verrà giù a dicembre, si sta organizzando. Non è una salita che faccio spesso, è lontana da Bogotà e da Antioquia. Ho tantissime strade per allenarmi. Tornerò in Europa a gennaio, però magari una foto di Maurizio sull’Alto de Letras provo a mandarvela…».