Prima la testa e poi le gambe, la Lidl-Trek cerca il vero Bagioli

15.06.2025
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Andrea Bagioli da quando è passato professionista nel 2020, ad appena ventuno anni, ha fatto vedere di essere un corridore capace di correre con la testa del gruppo. La Soudal-Quick Step aveva visto in lui un talento, la Lidl-Trek ci ha voluto investire con l’idea di farne un oggetto prezioso del suo panorama in costruzione. Il biglietto da visita con il quale Bagioli si era presentato nel suo nuovo team americano, a fine 2023, era di tutto rispetto: terzo alla Coppa Bernocchi, primo al Gran Piemonte e secondo al Giro di Lombardia alle spalle di Pogacar. 

Lo scorso anno il passaggio a vuoto è stato evidente e dopo un riposo necessario si è ripresentato al via della nuova stagione con l’obiettivo di far vedere quanto vale il “vero” Bagioli

Il primo anno con la Lidl-Trek per Bagioli è stato difficile, alla costante ricerca di se stesso
Il primo anno con la Lidl-Trek per Bagioli è stato difficile, alla costante ricerca di se stesso

Nuovi meccanismi

La novità del 2025 è stata la partenza dall’Australia con il Santos Tour Down Under per ritrovare la condizione e il giusto feeling con le corse dopo una stagione finita anzitempo. Il risultato ha fatto intravedere una possibile ripresa. La stagione è poi proseguita con qualche altro buon piazzamento e il terzo posto al GP Indurain. Ma la vera scossa è arrivata alla Liegi-Bastogne-Liegi e grazie a un sesto posto che ci ha fatto rivedere Bagioli in testa al gruppo anche nelle Classiche. 

Il suo riferimento in squadra è Adriano Baffi, i due venerdì erano insieme in Svizzera all’Aargau e oggi hanno iniziato il Tour de Suisse. Insieme al diesse della Lidl-Trek cerchiamo di capire quali siano le aspettative reali intorno a Bagioli

«E’ arrivato da noi come un ragazzino giovane e di belle speranze – dice Baffi – e si è trovato in una squadra con impostazioni e sistemi diversi a quelli a cui era abituato. Nel 2024 ha pagato lo scotto della nuova avventura. Quest’anno è entrato maggiormente nei meccanismi e ha dimostrato di poterlo fare».

Questa stagione è iniziata con un altro piglio e altri risultati, qui al GP Indurain dove è arrivato terzo
Questa stagione è iniziata con un altro piglio e altri risultati, qui al GP Indurain dove è arrivato terzo
Cos’è cambiato?

Lo vedo più aperto con noi del team e questo ci permette di poterlo supportare laddove si riesce a fare, lo scorso anno era chiuso ma si tratta anche di costruire un rapporto. Non ci conosceva e lui arrivava da una realtà totalmente differente. 

E’ servito del tempo per ambientarsi?

Non era logico che quelle del 2024 fossero le sue prestazioni, i numeri che ha fatto registrare e che ha tuttora sono ben diversi. L’unica risposta possibile era che ha sofferto il cambio squadra. 

Ora che ci lavori da più di un anno che corridore pensi possa essere?

Con le dovute proporzioni direi un Bettini, ha le sue stesse qualità atletiche. Chiaro che stiamo parlando di due corridori diversi a livello di risultati. Però Bagioli ha una buona resistenza in salita ed è rapido e queste qualità escono maggiormente con il passare dei chilometri. 

I risultati migliori per Bagioli sono arrivati quando ha corso lontano dai riflettori, come alla Liegi dove è arrivato sesto ed era in appoggio a Ciccone e Nys
I risultati migliori per Bagioli sono arrivati quando ha corso lontano dai riflettori, come alla Liegi dove è arrivato sesto ed era in appoggio a Ciccone e Nys
Gli serviva trovare la fiducia?

Noi un corridore come Bagioli lo aspettiamo sempre, le qualità le ha. Nel ciclismo di oggi non è facile ottenere i risultati che uno dovrebbe o potrebbe avere. Ci sono tante cose che influenzano una prestazione ma alla fine la strada mette al primo posto il valore dell’atleta. 

Qual è il vero valore di Bagioli?

Può fare di più, ma quel di più vorrebbe dire vincere la Liegi. Il passo da fare non è semplice, lui si allena bene e ora sta facendo vedere buone cose. In base ai valori che ha penso che arriverà il momento in cui riuscirà a tirarli fuori. Il secondo posto nella tappa finale del Giro di Slovenia e gli altri piazzamenti ci dicono qualcosa. Forse quello che può rappresentare il suo vero valore è il sesto posto di quest’anno alla Liegi. 

All’ultima tappa del Giro di Slovenia un secondo posto alle spalle di Ivo Oliveira, un altro passo verso il grande obiettivo: la vittoria
All’ultima tappa del Giro di Slovenia un secondo posto alle spalle di Ivo Oliveira, un altro passo verso il grande obiettivo: la vittoria
Bisogna cercare di vincere…

Credo che Bagioli sia un corridore in grado di vincere due o tre corse in una stagione e parlo anche di gare importanti. Ma il passo deve farlo lui, noi possiamo supportarlo ma poi in bici ci sale lui. Nel ciclismo c’è chi vince e chi è un buon corridore e Bagioli sta cercando di capire dove può collocarsi. 

In Slovenia acuto di Tsarenko. Ora pronto al grande passo

09.06.2025
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«Avrei puntato alla classifica anche qui, ma ieri ho commesso un grosso errore e sono andato in crisi così ho perso terreno ed è già tanto che sono riuscito a chiudere la tappa col gruppo dei velocisti. Vediamo ora quel che si può fare…». Venerdì sera, la voce di Kyrylo Tsarenko dalla Slovenia sembra un po’ giù di corda al telefono, ma riparlare di questa sua sfolgorante prima parte di stagione gli dà nuova verve. Il giorno dopo l’ucraino della Solution Tech-Vini Fantini, 24 anni, è un’altra persona e infatti porta a casa un’altra vittoria, in solitudine, che sicuramente catalizzerà su di sé le attenzioni di qualche grosso team.

Tsarenko è arrivato in Italia nel 2021, trovando l’ambiente giusto per emergere (foto team)
Tsarenko è arrivato in Italia nel 2021, trovando l’ambiente giusto per emergere (foto team)

Un 2025 superiore alle aspettative

Ormai Tsarenko possiamo considerarlo un italiano acquisito, visto che da molti anni risiede in Emilia e ha anche acquisito un po’ di cadenza locale. Il suo 2025 è stato finora davvero ricco, con 4 vittorie e non si può davvero dire che siano successi di poco conto considerando che si è aggiudicato prove del circuito Pro, quello immediatamente inferiore al WorldTour.

«Non posso proprio lamentarmi – spiega – di come siano andate le cose finora. Sono rimasto sorpreso anch’io dal mio rendimento così elevato, non mi aspettavo di fare così tanti risultati di peso. Soprattutto in Cina, al Tour of Hainan, ho sentito che andavo davvero forte e infatti, dopo aver vinto la terza tappa, abbiamo corso per portare a casa il trofeo finale».

La vittoria in Cina gli ha dato la consapevolezza di poter puntare alla classifica (foto organizzatori)
La vittoria in Cina gli ha dato la consapevolezza di poter puntare alla classifica (foto organizzatori)

L’ucraino è uomo da classifica

Quella vittoria gli ha dato una nuova consapevolezza: «Ora so che posso far bene anche nelle corse a tappe, per questo mi dispiaceva quel che è successo in Slovenia, perché senza quel disastro alla seconda tappa potevo anche giocarmela. Tutti dicevano che la corsa slovena era troppo dura ma non è così, è abbordabile. Con la condizione adatta posso essere competitivo anche in prove del genere».

La sua vittoria più importante di quest’anno? «Sicuramente quella in Cina, con tutto il rispetto per le altre proprio perché mi ha dato una nuova consapevolezza. Lì non credevo che sarei stato così competitivo al punto di poter vincere la classifica finale, oltretutto era una gara con una buona partecipazione, anche se non era certo una corsa da WorldTour».

Il successo a Baoting, battendo il rumeno Raileanu, è valso a Tsarenko la vittoria al Tour of Hainan (foto organizzatori)
Il successo a Baoting, battendo il rumeno Raileanu, è valso a Tsarenko la vittoria al Tour of Hainan (foto organizzatori)

Al De Gasperi, rivincita sul passato

Prima di partire per la Slovenia, il corridore del Team Solution Tech-Vini Fantini aveva portato a casa il Trofeo Alcide De Gasperi mettendo la sua firma anche nel calendario italiano: «Potrà sembrare strano ma a quella gara tenevo particolarmente. L’avevo già affrontata due anni fa e quell’ottavo posto mi era rimasto un po’ sul gozzo. Volevo vedere quant’ero migliorato in questo frattempo e la dimostrazione c’è stata.

«Lì ho avuto un grande supporto da Lorenzo Quartucci, trovandoci insieme nel gruppetto di testa di una quindicina di corridori mi ha permesso di attaccare nel finale rompendo i cambi degli inseguitori, permettendomi di arrivare al traguardo senza il timore di essere ripreso. Ora ho una nuova consapevolezza, posso anche inventare azioni per scompaginare la corsa».

Il corridore di Kropyvnytskyi sul podio del De Gasperi, tra Jasch (GER) e Cretti (foto team)
Il corridore di Kropyvnytskyi sul podio del De Gasperi, tra Jasch (GER) e Cretti (foto team)

Un grande team all’orizzonte?

Tutte queste prove hanno messo il suo nome tra i più citati in sede di ciclomercato: «Io non me ne voglio preoccupare, c’è il mio procuratore che ci pensa, ma so che molti team si stanno interessando e cominciano a contattarlo. Io devo solamente continuare su questa strada, fare il mio lavoro e attendere notizie. Ho 24 anni, il salto di qualità c’è stato, è il momento giusto per il grande salto».

Il che significa che forse dovrà anche lasciare il nostro Paese: «E questo mi dispiacerebbe molto perché in Italia sto davvero bene, ormai è la mia seconda casa, poi mi piacciono molto le corse italiane, mi ispirano. Molti criticano queste prove, quelle non inserite nel massimo circuito professionistico, pensano non siano di elevato livello, ma non è così. A mio avviso sono tutte belle corse, da vivere».

Finora Tsarenko ha colto 4 successi. Ora punta ad allungare la lista tra Appennino e Gippingen
Finora Tsarenko ha colto 4 successi. Ora punta ad allungare la lista tra Appennino e Gippingen

I punti, responsabilità di tutti

Torniamo allo Slovenia, gara di livello più elevato di altre se non altro perché per alcuni è già un test verso il Tour de France: «Effettivamente la partecipazione è più di qualità rispetto alle altre e per questo averci messo la firma ha un valore diverso. Però non è che sminuisca le precedenti, anzi: se guardate bene le startlist, in fin dei conti anche una Coppi e Bartali non ha nulla da invidiare. Cambia magari il livello dei velocisti, in Slovenia c’era gente come Groenewegen, ma per il resto eravamo lì…».

Le sue vittorie hanno dato nuovo respiro al team nella famelica corsa ai punti per il ranking: «Questo mi fa particolarmente piacere perché tutti noi sentiamo questo peso, questa esigenza. La squadra ha bisogno di punti per restare al livello Professional e poter contribuire al raggiungimento del traguardo è importante. Ora però non voglio fermarmi, arrivano prove come il Giro dell’Appennino e la gara svizzera di Gippingen che sono nelle mie corde. Io voglio far bene soprattutto in quelle corse che esaltano le mie caratteristiche. Per lanciare ulteriori segnali…».

L’urlo di Covi, ripartito dopo due anni di dolore…

04.06.2025
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In 32 giorni di gara, Alessandro Covi ha finora ottenuto 2 vittorie e 9 top 10. Numeri da primattore, ma si era capito sin dall’inizio dell’anno, da quel 4° posto al GP Castellon quand’eravamo ancora a gennaio che questo è un Covi diverso, più maturo, più voglioso di assumersi certe responsabilità. Il piemontese di Borgomanero è quasi sorpreso nel vedere tanta attenzione su di lui, soprattutto per la considerazione di come questi risultati lo proiettino fra gli italiani più in vista della stagione, quasi come un paladino della faticosa rinascita del ciclismo tricolore.

Il corridore della UAE è in questi giorni in Slovenia e oggi inizierà la sua fatica in una corsa a tappe, l’ennesima della sua stagione. Nell’interrogarlo alla vigilia della corsa la prima domanda verte su che cosa è cambiato per averlo portato a questa costanza ad alto livello e la sua risposta è all’insegna della semplicità.

Finora Covi ha conquistato già due vittorie, in Spagna e al Giro d’Abruzzo, con 9 Top 10
Finora Covi ha conquistato già due vittorie, in Spagna e al Giro d’Abruzzo, con 9 Top 10

«Non ho avuto grossi problemi finora, mi sono potuto preparare con calma come non era avvenuto nelle ultime due stagioni. Nel 2023 ho avuto la mononucleosi, poi problemi vari ai tendini l’anno scorso, quando mi ero ripreso ecco arrivare il covid. Insomma, non ho avuto pace. Salvo un piccolo problema a inizio anno, risolto abbastanza in fretta, ho trovato continuità con gli allenamenti e questo ha portato al Covi attuale».

C’è stato un momento in questa stagione nel quale hai sentito che era scattato qualcosa in te?

Io direi che dobbiamo risalire al luglio dell’anno scorso, al trauma cranico che aveva sugellato quel brutto periodo. Da lì mi sono messo in testa che avevo bisogno di tempo per me stesso, per avere una base di allenamento di almeno un mese. Dovevo ripartire, ma con calma, resettare tutto. Per innanzitutto star bene fisicamente, poi tornare a fare buone performance. Ho sempre creduto però che questo è il mio livello e anzi penso di poter crescere ancora tanto.

Per Covi due anni di forti difficoltà, con una sequela di malanni e incidenti che avevano minato il suo morale
Per Covi due anni di forti difficoltà, con una sequela di malanni e incidenti che avevano minato il suo morale
L’impressione è che il calendario scelto dalla UAE per te ti si addica in questa fase della tua carriera…

Sì, diciamo che appunto dopo due anni molto duri, fisicamente ma a livello psicologico soprattutto, serviva un calendario un po’ più soft, dove potevo ritrovare il ritmo, la fiducia in me stesso. Sapevo che era solo questione di tempo e soprattutto che doveva terminare il periodo di sfortuna. Facendo questo calendario fatto di brevi corse a tappe, ho ritrovato serenità e costanza di rendimento e sono arrivati dei buoni risultati.

Che effetto ha fatto vedere il Giro d’Italia da lontano, tu che hai vinto la tappa nel 2022?

Non è stato facile. Quando ho visto la presentazione mi ricordo che ero a casa, a Monaco. E non essere lì mi è dispiaciuto molto, poi ovviamente penso che comunque in quei giorni sono andato a correre in Ungheria, ho colto un buon risultato, quindi posso essere contento, ma un palcoscenico come quello della corsa rosa, per un italiano, è unico e manca tantissimo. In questo momento della mia carriera era comunque la scelta giusta da fare.

In Norvegia il corridore di Borgomanero ha corso in supporto del leader Christen
In Norvegia il corridore di Borgomanero ha corso in supporto del leader Christen
Tu hai colto ultimamente il secondo posto in Ungheria e l’undicesimo posto domenica al Giro di Norvegia, due corse diverse come caratteristiche…

Sì, in Ungheria, dopo la caduta di Torres, mi sono ritrovato come leader della squadra e credo di aver finalizzato bene il lavoro di tutti. In Norvegia invece correvo a supporto di Jan Christen che ha fatto podio. In entrambe le occasioni ho dimostrato comunque di star bene di condizione e sono riuscito ad aiutare bene Ian nella tappa decisiva per la classifica. Invece in Ungheria ero riuscito a cogliere un buon risultato per me.

Tu eri andato molto bene anche nel 2022, avevi vinto due volte in Spagna e la tappa al Giro d’Italia. Tra queste due stagioni quale preferisci?

E’ facile la risposta. Per un italiano vincere una tappa al Giro vale quasi una carriera, tanti non ci riescono, è qualcosa che mi porto dentro. Ora voglio che quelle emozioni si ripetano, lavoro per questo.

Alessandro sul Passo Fedaia: quella fuga vittoriosa al Giro d’Italia 2022 resta la perla della sua carriera. Per ora…
Alessandro sul Passo Fedaia: quella fuga vittoriosa al Giro d’Italia 2022 resta la perla della sua carriera. Per ora…
Nel team come stanno interpretando questi risultati?

Penso che è quello che cercava il team da me in questa stagione, questo tipo di calendario è stato studiato perché mi ritrovassi. Il morale si era un po’ perso in questi ultimi due anni, l’obiettivo era raccogliere più punti possibile. Penso che stia dando le risposte che ci si aspettavano da me.

Al Giro di Slovenia, con che prospettive ti presenti tu e si presenta il team?

Qua abbiamo Molano per le volate nelle tappe pianeggianti, poi Grosschartner curerà la classifica, ma in caso di arrivi ristretti, se la gara viene fuori un po’ nervosa, magari possiamo giocarci la tappa io e Morgado. Diciamo che fungeremo un po’ da battitori liberi.

In previsione per l’estate non ci sono né Tour né Vuelta, ma classiche del WT e altre corse a tappe
In previsione per l’estate non ci sono né Tour né Vuelta, ma classiche del WT e altre corse a tappe
Nel proseguo di questa stagione, all’orizzonte per te che cosa c’è? Magari un grande giro o la possibilità di una convocazione in maglia azzurra per una prova titolata?

I Grandi Giri quest’anno non sono in programma, proprio per tener fede a quel processo di rinascita. Avrò altre gare in calendario sempre più o meno simili a quelle che ho avuto finora, con gare WT a San Sebastian, Amburgo, poi in Cina a ottobre. All’azzurro come potrei non pensarci? Lo faccio da quando sono passato professionista e quindi sarebbe solo un onore. So che Villa mi segue e ogni tanto mi scrive. Se pensa che possa essere d’aiuto in qualche modo, a me farebbe solo piacere.

Aleotti: il rinnovo, Guangxi e il futuro con la Red Bull-Bora

06.10.2024
5 min
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Nel momento in cui chiamiamo, Giovanni Aleotti è nel bel mezzo dei preparativi della valigia per il Giro dell’Emilia (corso ieri). E’ stato strano pensare al corridore di Mirandola che fa i bagagli per la corsa di casa, ma così impone il ritmo della Red Bull-Bora hansgrohe. Saranno più impegnativi i preparativi per l’ultima corsa dell’anno, il Tour of Guangxi in Cina. Aleotti ci aveva detto che gli sarebbe piaciuto andare a correre l’ultima corsa WorldTour dell’anno, magari con obiettivi maggiori. Per ora il biglietto con il suo nome è pronto, i gradi che metterà sulle spalle della sua divisa saranno da decidere nei prossimi giorni. 

«Non so chi ci sarà con me in Cina – ha detto – o almeno in maniera ufficiale. Sicuramente le forze rimaste in corpo saranno contate, d’altronde la stagione è stata bella lunga. Io stesso ho messo insieme parecchi giorni di gara (ad ora 77, compreso il Giro dell’Emilia, ndr) e tanti ritiri. Per la prima volta in carriera ho partecipato a due grandi corse a tappe: il Giro e la Vuelta. E’ stata una stagione positiva, nella quale mi sono ritrovato. Proprio a voi lo scorso anno, in Cina, dissi che il 2023 fu la peggior stagione in assoluto. Tanto da definirla non classificabile».

Cattaneo e Aleotti erano entrambi nella lista di Bennati, dopo la Vuelta sono arrivate le decisioni del cittì
Cattaneo e Aleotti erano entrambi nella lista di Bennati, dopo la Vuelta sono arrivate le decisioni del cittì

Fiducia ritrovata

Invece ora la voce dall’altra parte del telefono suona felice e decisa. Aleotti ha trovato di nuovo la fiducia nei propri mezzi e anche la vittoria: al Giro di Slovenia. Un 2024 che lo ha portato nell’orbita della maglia azzurra. La convocazione per Zurigo alla fine non è arrivata, ma essere preso in considerazione fa sempre piacere.

«Penso che partecipare a un mondiale – prosegue Aleotti – sia il sogno di ogni ciclista. Il numero di atleti è limitato e qualcuno deve rimanere fuori. La scelta di Bennati l’ho presa con il giusto piglio. Lui mi ha spiegato le sue scelte e io mi sono sentito di ringraziarlo per avermi preso in considerazione. Anche essere parte di quella lista era un obiettivo, vista la stagione scorsa. E’ chiaro che partecipare mi avrebbe fatto piacere, ma il cittì prende le sue decisioni. Non sono sempre facili e io le rispetto».

Prima e dopo la Vuelta Aleotti ha parlato con il cittì Bennati che però ha preferito altri nomi per Zurigo
Prima e dopo la Vuelta Aleotti ha parlato con il cittì Bennati che però ha preferito altri nomi per Zurigo
Torniamo alla Red Bull-Bora, Gasparotto ci ha detto che i capitani ti vogliono ovunque, si fidano ciecamente di te. 

Lo ringrazio per le parole. Io cerco di essere sempre onesto con me stesso, riconosco i miei limiti e so dove posso arrivare al momento. In una corsa di tre settimane cerco di dare il mio supporto, anche perché sono consapevole di non essere allo stesso livello dei capitani

Come si crea questa fiducia con i leader?

Attraverso delle belle relazioni che si coltivano durante tutto l’anno. Sono qui da molto tempo, tra l’altro ho appena rinnovato per altri due anni, ho incontrato tutti i leader e legato con loro. Sono una persona in grado di adattarsi a diverse situazioni, ma sono stato tanto fortunato perché Roglic, Vlasov, Martinez e Hindley sono prima amici che capitani. Nel momento in cui devi spenderti per qualcuno lo fai con maggior impegno se ci stai bene insieme. 

Aleotti ha corso due grandi corse a tappe nel 2024: la prima è stata il Giro in appoggio a Martinez
Aleotti ha corso due grandi corse a tappe nel 2024: la prima è stata il Giro in appoggio a Martinez
Hai detto di voler continuità, che cosa intendi?

Questa squadra è il posto giusto per crescere e per il mio futuro. Sicuramente è solida grazie a Red Bull e Bora. Allo stesso modo tale situazione crea una concorrenza maggiore. Tanti investimenti permettono di prendere molti corridori forti. Io sono dell’idea che ci si guadagni il posto su strada e con le prestazioni. 

E tu ne hai fatte in questi anni.

Quando ho avuto l’occasione me la sono presa, al contrario quando c’è stato da lavorare mi sono messo a disposizione completa. In una squadra del genere è difficile pensare di andare alla Giro, al Tour o alla Vuelta e pensare di fare il capitano. Come detto per prima cosa, sento di dover essere onesto con me stesso, ora non sono al loro livello. 

Alla Vuelta, invece, Aleotti ha supportato Roglic nella conquista della sua quarta maglia rossa
Alla Vuelta, invece, Aleotti ha supportato Roglic nella conquista della sua quarta maglia rossa
Cosa ti manca? Pensi potrà mai arrivare?

E’ difficile prevedere una crescita, non ho l’arroganza di dire «sì». Cercherò di impegnarmi e saranno la strada e il tempo a confermare o smentire. 

Sei qui dal 2021, l’ambiente è cambiato tanto…

Ho vissuto il cambio d’identità. Quando sono arrivato c’era ancora Sagan e la squadra puntava tanto sui velocisti. Poi negli anni c’è stato lo switch e siamo passati alla formazione che conoscete, in grado di vincere un Giro e una Vuelta. Sono anche orgoglioso di dire che ero presente in entrambe le squadre.

Un anno dopo Aleotti tornerà in Cina con motivazioni e ambizioni diverse
Un anno dopo Aleotti tornerà in Cina con motivazioni e ambizioni diverse
Pensi ci possa essere spazio per un ragazzo che cresce dall’interno?

Il team porta vanti bene i progetti e valorizza il lavoro per i capitani. Non sapremo in futuro quale ruolo potrò ricoprire. Ora ho dei limiti ma non è facile capire quali sono, in un anno possono cambiare tante cose. Si matura e si cresce. Punto ad arrivare ad una certa età in cui i miei valori si stabilizzeranno, ora mi sento in una fase ascendente. Sono giovane, ho appena compiuto 25 anni. Dopo due stagioni difficili, mi godo anche la fiducia ritrovata. 

Dovuta a cosa?

Al lavoro fatto con il mio nuovo preparatore, Paolo Artuso. Non che prima mi trovassi male, ma Paolo mi ha preso quando avevo il morale a terra. Ci ha creduto lui prima che lo facessi io. A dicembre 2023 mi diceva che avremmo puntato al Giro di Slovenia. Ora mi sento ritrovato, riesco a vedere i frutti del mio lavoro e tutto diventa più semplice. Ho voglia di fare bene in Cina, staccare e godermi la pausa e da dicembre ripartire. Penso che inizierò in un modo ancora migliore rispetto allo scorso inverno, mentalmente mi sento sereno e fiducioso. 

Lo zampino di Artuso nel nuovo Aleotti: le origini del cambiamento

18.06.2024
6 min
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Sentire Giovanni Aleotti che all’indomani della vittoria allo Slovenia ha riconosciuto una parte del merito a Paolo Artuso, suo nuovo preparatore, ci ha fatto venire voglia di chiamarlo. La stagione galoppa verso i campionati nazionali e verso il Tour, in cui la Bora-Hansgrohe per giunta cambierà veste e nome. Artuso è atteso dalla call del martedì in cui il team tedesco farà la programmazione per la seconda parte di stagione. Ed è così che veniamo a sapere che Aleotti fa già parte della lunga lista per la Vuelta: la scelta definitiva dipende da come andranno le cose al Tour de France.

Buongiorno Paolo, come mai hai cominciato a lavorare con Aleotti?

In Bora si fa sempre un mini camp ad ottobre a Solden, in cui si va a mixare un po’ di team building con qualche attività extra ciclistica. In mezzo a tutto questo si inserisce qualche riunione di performance e lì avevo iniziato a parlare con lui. E così abbiamo fatto il passaggio da Sylwester Szmyd che lo allenava prima. All’interno di un gruppo come il nostro, ogni tanto facciamo degli spostamenti… tattici. Magari quando uno è con lo stesso allenatore da tre-quattro anni, andiamo alla ricerca di nuovi stimoli. Più a livello mentale che metodologico. In Bora c’è una condivisione di tutto, compreso quel che riguarda gli allenamenti.

Lavorate tutti allo stesso modo?

Non nei dettagli, però lo scheletro dell’allenamento è lo stesso per tutti. Poi si fanno delle modifiche individuali all’interno dello stesso schema. C’è una condivisione totale, di conseguenza tutti sono al corrente di tutto e penso che a livello di performance sia un punto di forza della squadra.

Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe dal 2023. In precedenza lavorava alla Bahrain
Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe dal 2023. In precedenza lavorava alla Bahrain
Quali sono state le modifiche necessarie per Giovanni?

Più che modifiche, abbiamo riflettuto sul fatto che l’anno scorso avesse avuto problemi. Durante l’inverno non era stato costante per vari problemi di salute, per cui abbiamo deciso di dare una progressione del carico molto lieve. Se premi un po’ più forte sull’acceleratore, le difese immunitarie si abbassano ed è più probabile che l’atleta si ammali. Se entri dentro a questo vortice, poi diventa anche difficile essere costanti nella prestazione. Perciò abbiamo iniziato con più calma, con dei carichi di lavoro più bassi a novembre e dicembre, per poi aprire un po’ il gas a gennaio. In più, abbiamo cercato di evitare il freddo al 100 per cento.

Giovanni è più cagionevole di altri atleti?

Secondo me no. Ma quando hai un atleta in scadenza di contratto, che l’anno precedente è andato bene ma non come ci si aspettava, si cerca di essere iper prudenti. Si cerca di fare un bel calendario di gare e un buon piano di altura, come quello che abbiamo fatto. Finora Aleotti ha fatto due blocchi di altura, uno a febbraio e uno ad aprile, quindi un avvicinamento assolutamente tradizionale al Giro d’Italia. Poi siamo stati attenti a un po’ di cose, più nei dettagli.

Ad esempio?

Quest’anno ha fatto la Valenciana, da cui doveva andare diretto in altura. Solo che lo abbiamo fatto dormire per due notti in basso e poi siamo saliti: dopo la corsa, non abbiamo voluto stressare il sistema immunitario. Questi piccoli accorgimenti, abbinati al fatto che a livello di professionalità Giovanni è una macchina da guerra, ha fatto sì che le cose abbiano funzionato.

Aleotti ha preparato il Giro con due ritiri in altura: a febbraio e aprile (foto Matthis Paul)
Aleotti ha preparato il Giro con due ritiri in altura: a febbraio e aprile (foto Matthis Paul)
Ti sei fatto un’idea di cosa possa valere Aleotti in prospettiva di carriera?

E’ ancora giovane, non è ancora arrivato al suo massimo. Ha un consumo d’ossigeno molto alto, quindi vuol dire che il motore c’è. A livello di durabilità, anche dopo 8 ore di allenamento, è ancora performante. Ha dimostrato un bel recupero nell’arco delle corse a tappe. Quello un po’ fa parte del suo DNA, ma anche a livello di preparazione abbiamo cercato di fare una base più ampia.

In che modo?

Abbiamo lavorato in maniera più polarizzata per 7-8 settimane, per poi iniziare successivamente a introdurre la soglia. Abbiamo iniziato a dicembre. Prima fai una base puramente aerobica, con qualche stimolo del consumo d’ossigeno. Fai la base lavorando tanto alla famosa Z2, per aumentare un po’ la densità mitocondriale, ma al contempo vai a dare qualche stimolo del VO2 anche in inverno, però su durate molto brevi. Così aumenti un po’ l’efficienza mitocondriale, cioè praticamente la respirazione. Fatta questa grande base, grazie alla quale devi durare nei 20-30 minuti alla soglia, vai anche a cambiare l’allenamento. Passi ai lavori di soglia e media soglia, ma per farlo c’è bisogno appunto di quella grande base.

Era la prima volta che Giovanni lavorava così?

No, con Szmyd l’ha sempre fatto, perché “Silvestro” è bravo: sa cosa fa. L’unica cosa è che l’anno scorso sono stati entrambi sfortunati per la mancanza di costanza dovuta ai problemi di salute. Sono stati sempre a rincorrere. A volte ti va bene e riesci a riagguantare il gruppo davanti, a volte invece ti ammali ancora. Bisognerebbe la possibilità di fermarsi e ripartire come se si fosse a dicembre, ma non sempre è possibile. E poi ha preso anche il Covid, c’era poco da fare.

Aleotti ha un alto consumo di ossigeno che lo rende potenzialmente adatto ai Giri
Aleotti ha un alto consumo di ossigeno che lo rende potenzialmente adatto ai Giri
Fra i grossi passi avanti, Aleotti ha parlato anche di fiducia nel lavoro.

La testa va dietro al fisico. Noi ci sentiamo praticamente tutti i giorni, con un messaggio o una chiamata. Cerco di dargli dei feedback giornalieri su quello che ha fatto e in base a questo aggiustiamo i giorni successivi. Quindi penso che anche a livello mentale si senta seguito e questo porta fiducia. 

In che modo lo hai fatto allenare fra il Giro e lo Slovenia?

C’erano 14 giorni. E’ arrivato a casa dal Giro gli ho fatto fare 4 giorni di riposo, in cui se voleva era libero di fare una sgambatina di un’oretta. Poi abbiamo lavorato su doppiette e non su triplette, perché dopo il Giro d’Italia di certo hai fatto abbastanza ore. Gli ho dato uno stimolo di fat-max (esercizio utile per l’ottimizzazione del consumo dei grassi, ndr), uno stimolo piccolissimo di VO2. Quindi ha recuperato e poi gli ho fatto fare uno stimolo di soglia alta e una mezza distanza di quattro ore. Poi siamo andati in scarico. Ha fatto quattro allenamenti in due settimane, il resto è stato tutto scarico.

Invece tra lo Slovenia e il campionato italiano di domenica prossima?

Ci sono sei giorni da gestire. Quindi due giorni di scarico post Slovenia. Quindi lavoreremo mercoledì (domani, dnr), magari con tre orette tranquille. Giovedì un po’ di intensità e basta. Dopo il Giro d’Italia, il campionato italiano è sempre un terno al lotto, anche perché lo correrà da solo. Non c’è una tattica di squadra, devi essere al posto giusto nel momento giusto. E poi servono le gambe. Lui magari ci arriva già in calando, ma sta bene. Servirà avere anche un po’ di fortuna.

Il Giro d’Italia ha dato una bella prova di solidità dell’emiliano, uscito in buone condizioni
Il Giro d’Italia ha dato una bella prova di solidità dell’emiliano, uscito in buone condizioni
Poi farà una settimana di stacco prima del finale…

Gli ho raccomandato di fare una settimana di riposo e un’altra settimana tranquillo, quindi verranno fuori 10-12 giorni di scarico che è più che sufficiente. Poi andrà in altura. Per scelta, non facciamo una cosa di squadra, per lasciarli più tranquilli. Gli daremo un supporto, stiamo ragionando di mandarli ad Andorra in 3-4, ma senza allenatore e direttore, altrimenti si sentono intrappolati. Saranno liberi di gestirsi gli orari e questo a livello mentale secondo me funziona di più.

A lui piacerebbe fare la Vuelta.

E’ nella lista. Se dovesse farla, l’avvicinamento perfetto in testa mia sarebbe l’altura, poi scende e va a fare la Vuelta a Burgos e magari anche San Sebastian che c’è subito dopo. E da lì dritto alla Vuelta, con il finale con qualche classica italiana. Ma queste sono scelte che spettano ai direttori sportivi. Ha detto anche che gli piacerebbe tornare in Cina, ma in quel caso non faremmo l’Australia a gennaio. Fare troppi voli intercontinentali ravvicinati non è per lui e finirebbe la stagione troppo aventi per ricominciare a correre così presto. In Giovannino ci credo davvero. Avevo detto a dicembre che avremmo vinto lo Slovenia, ricordate che ne avevamo parlato anche al Giro? Non era matematica, ma lavorando bene sarebbe stato possibile. 

In Slovenia si rivede Pozzovivo, che promette un gran finale

18.06.2024
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Tra le pieghe del Giro di Slovenia si annida anche la storia di un quarantunenne che a dispetto della sua età e di tanti piccoli/grandi problemi alla vigilia, come vedremo, è arrivato a sfiorare il podio finale. Ma d’altronde chi conosce Domenico Pozzovivo non si sorprende di certo, visto tutto quel che ha fatto in vent’anni di carriera.

Per lui ogni corsa, da quando ha annunciato a fine stagione il ritiro definitivo, è diventata una passerella, ma non è nel carattere del lucano affrontare le gare in maniera superficiale, anzi. E’ stato così anche in Slovenia, dove ci sono stati anche momenti che lo hanno profondamente toccato.

«Siamo passati anche per Skofja Loka, dove vinsi nel 2012 – racconta – e non nascondo che quando è successo mi sono venuti tanti pensieri. Non posso negare che queste settimane siano particolari, ogni corsa si vela di sensazioni malinconiche. Non è detto che sia una cosa negativa, è solo una carrellata di emozioni che mi investe».

Pozzovivo ha chiuso lo Slovenia al 4° posto, a pari tempo con Pellizzari, a 26″ dal vincitore Aleotti
Pozzovivo ha chiuso lo Slovenia al 4° posto, a pari tempo con Pellizzari, a 26″ dal vincitore Aleotti
Da che cosa dipende?

Quando hai alle spalle vent’anni di carriera, affrontando tante corse più volte nella tua vita, è normale che sia così. Ci tengo a sottolineare che non è nausea da bici, voglia di finire, saturazione. Niente di tutto questo. E’ la consapevolezza che il tempo scorre e che è arrivato il momento di girare pagina, di chiudere una parentesi grandiosa e sofferta, piena di bene e di male, che ha contraddistinto la mia vita sin da quand’ero adolescente. Per un ultraquarantenne non è cosa da poco.

Come sei arrivato al Giro di Slovenia?

Con tanti dubbi, soprattutto perché già il finale del Giro d’Italia non era stato semplice. La particolarità è che l’ho finito con addosso il Covid, che per la terza volta mi ha colpito e sempre nello stesso periodo. Diciamo anzi che ho fatto appena in tempo a finire la corsa. Poi sono stati dieci giorni a soffrire per la tosse con addirittura un principio di polmonite. Pensavo a un certo punto di non esserci, ma mi sarebbe spiaciuto proprio perché non avrò un’altra occasione. Poi all’immediata vigilia con il mio team della VF Group Bardiani abbiamo deciso di partire nonostante tutto.

Il lucano davanti alla maglia gialla Aleotti. In Slovenia il corridore della Bardiani è stato protagonista nelle tappe finali
Il lucano davanti alla maglia gialla Aleotti. In Slovenia il corridore della Bardiani è stato protagonista nelle tappe finali
Non era certo lo spirito migliore…

Le prime due tappe per fortuna non avevano grandi influenze sulla classifica e ho potuto viaggiare di conserva, rimanendo nel gruppo. Quelle due tappe mi hanno restituito un po’ di brillantezza e nelle tappe successive ho potuto lottare con i migliori. Già dalla frazione di Nova Gorica ho visto che potevo fare qualcosa d’interessante.

Lo Slovenia è arrivato due settimane dopo il Giro. Dopo una grande corsa a tappe ci si divide sempre tra chi dice che fare un’altra corsa a tappe è controindicato e chi invece lo ritiene utile. Tu a quale schieramento appartieni?

Io sono sempre stato uno di quelli che usciva dalla corsa rosa con un’ottima gamba da sfruttare, ad esempio al Giro di Svizzera dove ho vinto una tappa nel 2017 e dove, quando ho corso, non sono mai uscito dai primi 10. La differenza secondo me dipende dal tempo dopo: il Delfinato arriva troppo a ridosso del Giro, è chiaro che lì non sei ancora riuscito a recuperare, fisicamente ma anche mentalmente. Ma la settimana successiva è già utile, la forma a quel punto emerge. Poi molto fa anche l’esperienza: nei primi anni avevo sensazioni altalenanti, poi sono andato sempre meglio.

Sono concetti assoluti o dipende molto dall’individuo?

Le caratteristiche del singolo corridore pesano sempre, ma parlando nel tempo con i compagni delle varie squadre, ho riscontrato che il principio di base è quello, la prima settimana è difficile, ma dopo si emerge. Il discorso legato al Delfinato è subordinato alla sua lunghezza: non parliamo di una corsa a tappe breve, ma quando si tratta di prove di 7-8 giorni, è un impegno diverso dal punto di vista organico, quindi richiede qualche accortezza in più.

Che livello era la corsa slovena?

Molto buona, c’erano squadre WorldTour e altri corridori che venivano dal Giro. Si andava sempre molto forte, è una corsa che è molto cresciuta e che mette alla prova chi gareggia.

A Roma, il suo addio da corridore al Giro d’Italia chiuso nonostante tutto al 20° posto
A Roma, il suo addio da corridore al Giro d’Italia chiuso nonostante tutto al 20° posto
Ti vedremo ai tricolori?

Sarà la mia ultima apparizione da corridore, voglio onorarli al meglio e gestirli bene, anche perché poi tirerò i remi in barca. Non avrebbe senso continuare senza impegni imprescindibili e proprio considerando quel che ho avuto alla fine del Giro. Gli altri anni non avevo mai tempo per recuperare, ora voglio staccare, riprendermi bene e cominciare a preparare la seconda parte di stagione.

Che cosa ti attendi?

Mi propongo di fare una bella chiusura, ritrovare la condizione che avevo due anni fa quando mi rammaricai molto di non aver potuto correre al Lombardia. Quest’anno non voglio mancare e prometto a tutti che sarà comunque una grande festa. Ci stiamo già pensando, soprattutto a qualcosa di gastronomico…

Salute, fiducia e nuovo allenatore: iniziata la svolta di Aleotti

17.06.2024
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Concluso il lavoro, Giovanni Aleotti ha rimesso le sue cose in macchina e ha preso l’autostrada. Quattro ore e mezza, più o meno, per arrivare da Novo Mesto a casa sua in Emilia. Nel bagagliaio, oltre alla bici, viaggiavano il trofeo del Giro di Slovenia, la sua vittoria più bella, e la maglia gialla di leader. Non è curioso che in questo periodo le maglie di classifica siano tutte gialle come l’oro? Ci eravamo lasciati dopo il Giro d’Italia parlando della ripartenza e indicando la corsa nel Paese di Pogacar e poi i campionati italiani come le prime opportunità raggiungibili e le cose finora sono andate esattamente così. Ora non resta che pedalare verso il campionato italiano, poi si potrà finalmente tirare un po’ il fiato.

La svolta nella giovane carriera dell’emiliano, professionista dal 2021 alla Bora-Hansgrohe, che al Giro ha aiutato Martinez a cogliere il secondo posto finale, c’è stata grazie a un inverno finalmente senza malanni e con l’inizio della collaborazione con Paolo Artuso. Se metti insieme gambe e fiducia, qualcosa di buono arriva di sicuro e così è stato.

«Il Giro al servizio di Dani Martinez – dice mentre l’auto ha da poco superato il confine – il fatto di essere lì presente tutte e tre le settimane in salita mi ha dato sicuramente consapevolezza e fiducia. Venire qua, sapendo di avere libertà e riuscire a dimostrare di saper vincere, mi fa sicuramente molto piacere. Penso di essere uscito bene dal Giro. Con Paolo abbiamo centrato il giusto carico di lavoro. Non distanze da sei ore, che magari mentalmente potevano buttarmi giù, ma quello che serviva per mantenere la freschezza. E alla fine sono arrivato al Giro di Slovenia che stavo bene…».

Sul traguardo di Nova Gorica, Aleotti si è lasciato dietro Narvaez e ha conquistato la maglia gialla
Sul traguardo di Nova Gorica, Aleotti si è lasciato dietro Narvaez e ha conquistato la maglia gialla
Hai passato a casa questo periodo di recupero oppure sei andato da qualche parte al fresco?

Sono stato a casa. Mi sono allenato e poi sono venuto qua in macchina con Paolo.

Quanto è stato importante il cambio di allenatore?

Venivo da un anno complicato, ci si mette un attimo a perdere un po’ la fiducia. Perciò aver trovato una persona che mi abbia sempre spinto a crederci e a migliorarmi è stato certamente molto importante. Lo devo ringraziare perché penso che in questa stagione, dalla Valenciana alla Tirreno, al Giro e poi qua allo Slovenia, mi abbia veramente fatto fare uno step rispetto agli altri anni. Alla fine direi che sia stata soprattutto una questione di consistenza nel lavoro e il fatto che da dicembre io abbia potuto lavorare bene senza nessun intoppo. Rispetto all’anno scorso, sicuramente questo è stato un fattore. Poi è stato fondamentale anche il lavoro fatto con il nuovo nutrizionista della squadra. Queste cose messe insieme, un anno in più di esperienza e poi ovviamente anche la testa hanno fatto la differenza.

E’ davvero la vittoria più importante della tua carriera come hai detto nelle interviste dopo l’arrivo?

Direi di sì, senza nulla togliere al Tour of Sibiu. Lo Slovenia è una bella corsa e c’era anche una bella start list, tra chi veniva dal Gro e chi invece la faceva come ultima corsa prima del Tour. Penso a Pello Bilbao, come pure a Pellizzari e Mohoric. Quindi questo sicuramente mi dà fiducia.

La vittoria diventa un buon viatico sulla strada dei campionati italiani?

Sicuramente la condizione c’è e a questo punto anche la motivazione. Mi attende l’ultima settimana di allenamento prima di staccare. Cercheremo di fare il massimo, il campionato italiano è sempre una corsa difficile, una lotteria, quindi bisogna essere anche intelligenti e fortunati. Però sicuramente ci arrivo motivato. Il fatto di staccare è una necessità fisica prima che mentale, penso di averne bisogno. Non ho mai avuto veramente un momento di recupero da quest’inverno e poi preparando il Giro. Quindi penso che riposare un po’ serva per essere competitivo nella seconda parte della stagione. Starò fermo per una settimana e poi ricomincerò.

Al Giro d’Italia, Aleotti ha lavorato soprattutto nei finali per il compagno Martinez
Al Giro d’Italia, Aleotti ha lavorato soprattutto nei finali per il compagno Martinez
Ti è mai pesato essere indicato ancora come un incompiuto, anche se i motivi dei tuoi ritardi sono spesso stati problemi fisici?

Sicuramente si vuole sempre fare il massimo. Il livello a cui siamo adesso è talmente alto, che anche una sola settimana storta può condizionare l’esito delle corse successive. Io sapevo quello che mi stava succedendo e credo sia stato importante concentrarmi sul tornare a stare bene e lavorare con consistenza. Come ci eravamo detti a Roma, al Giro avevo un compito un po’ diverso rispetto agli altri anni quando dovevo lavorare nella parte centrale della corsa. Quest’anno, essendo migliorato sulle salite, la squadra aveva bisogno di me nel finale e quindi per me è stato sia il modo di essere d’aiuto a Martinez, ma anche di misurarmi. Standogli vicino il più possibile ho capito qualcosa in più sulle mie capacità. E se quello mi ha dato fiducia, tornare a casa, allenarmi e venire qua per vincere sicuramente mi dà molta consapevolezza. Il prossimo passo sarà farmi trovare pronto per gli obiettivi che avrò nella seconda parte di stagione.

Quanto è stata complicata l’ultima tappa?

Diciamo che è esplosa da lontano e ce lo potevamo aspettare. Però ci siamo concentrati sulla gestione, perché è un attimo farsi prendere dal momento e fare cose sbagliate, sprecare energie. Invece sull’ultima salita abbiamo messo tutto a posto. Lo strappo era duro e io stavo bene e la squadra mi ha messo nelle condizioni di tenere la corsa fino a quell’ultimo momento.

Novo, Mesto, ultima tappa: la vittoria è conquistata
Novo, Mesto, ultima tappa: la vittoria è conquistata
Come ti trovi nei panni del leader?

Avendo fatto il Giro con Martinez, ma anche tante corse con Vlasov, ho imparato a riconoscere quando è il momento di fare la chiamata in radio perché la squadra intervenga. E poi abbiamo anche dei direttori sportivi molto preparati. Qui c’era Eisel che sicuramente ha tanta esperienza: è importante avere una persona che dalla macchina trasmette molta calma anche nei momenti in cui è si rischia di farsi prendere dall’agitazione.

Il viaggio continua, destinazione Emilia e poi il campionato italiano. Aleotti conquistò la maglia tricolore nel 2020 fra gli U23 a Zola Predosa, vicino casa. Quest’anno il traguardo è dall’altra parte dell’Appennino, sulle strade di Alfredo Martini. Sarà una lotteria, ma tenere duro con la vittoria negli occhi e grandi sensazioni nelle gambe questa volta non sarà davvero un problema.

Mader nel dolore di Pellaud. E la storia di una bici

24.06.2023
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Lubiana. Partenza della quarta tappa del Giro di Slovenia. Facce funeree nella zona dello start e non potrebbe essere altrimenti. La scomparsa di Gino Mader è arrivata come un tornado non solo nella carovana, ma nel cuore di tutti. Per qualcuno però, nello specifico Simon Pellaud, ha un significato maggiore, perché con Gino c’era tantissimo in comune, pezzi interi di vita, battute, risate. Quando condividi qualcosa d’importante, è come se te lo strappassero via.

Simon è un professionista, correre è il suo lavoro e anche se chi lo conosce (nel team in primis, affranto e vedremo il perché) capirebbe se non se la sentisse di partire, è lì, in sella alla sua bici. Le labbra strette in una smorfia. Il pensiero che vaga lontano, la voglia di lasciare un segno, fare qualcosa per ricordare l’amico scomparso lontano, troppo lontano per assisterlo.

La Tudor ha sofferto per la scomparsa di Mader come se fosse stato un proprio corridore
La Tudor ha sofferto per la scomparsa di Mader come se fosse stato un proprio corridore

Un gesto simbolico

La tappa parte e Pellaud si avvicina a Zana, leader della classifica: «Filippo, voglio andare in fuga per qualche chilometro, devo fare una cosa per Gino…». Il veneto dà naturalmente il suo benestare, Pellaud parte e nessuno lo segue. Le immagini della Tv riprendono la sua azione. Pellaud è uno che alle fughe è abituato, al Giro d’Italia dello scorso anno attaccava un giorno sì e l’altro pure, ma questa non è come le altre.

E’ in quei pochi ma importanti chilometri che Simon lascia defluire tutte le emozioni. Indica la fascetta di lutto al braccio, fa con le mani il gesto del cuore e indica il cielo pronunciando poche parole che nessuno sente. Almeno nessuno qui… Poi si lascia riassorbire dal gruppo, in tanti lo abbracciano cogliendo il suo dolore.

Pellaud è andato in fuga e indica il segno del lutto al braccio. Sul viso il dolore per la perdita dell’amico
Pellaud è andato in fuga e indica il segno del lutto al braccio. Sul viso il dolore per la perdita dell’amico

Le gambe c’erano, la testa no…

«Non c’era niente che avesse a che fare con lo sport – racconta il corridore elvetico della Tudor – non ho pensato neanche a come stavo, perché le gambe c’erano, ma la testa assolutamente no e non so neanche come ho fatto a finire quella tappa. Ho sentito l’ispirazione per salutare Gino a modo mio, era qualcosa fra me e lui.

«In quei minuti di fuga non potrei neanche dire se stavo pensando qualcosa di particolare, diciamo che mi sono passati davanti agli occhi tanti momenti condivisi insieme. Forse solo in quel momento mi sono un po’ riavuto, quando il giorno prima i diesse ci hanno chiamato per darci la notizia è stato un terribile schiaffo in faccia, che non dimenticherò mai».

Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport lo svizzero fa il segno del cuore dedicato a Mader
Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport lo svizzero fa il segno del cuore dedicato a Mader

L’amicizia nata in trasferta

Le storie ciclistiche di Simon e Gino si erano intersecate nel 2018, al team Iam Excelsior, squadra continental svizzera. Mader vi sostò poco, passando l’anno successivo all’NTT Dimension Data, ma bastò quella stagione per legarli in una profonda amicizia. «Abbiamo corso molto insieme, il che significa condividere camere d’albergo, le emozioni e le paure prima della gara, le gioie o le delusioni del dopo e in mezzo tante chiacchiere e soprattutto la storia di una bici…».

Nel raccontare quest’episodio si percepisce fortemente l’emozione legata al ricordo dell’amico che non c’è più: «Un giorno Gino mi confida che ha deciso di comprare l’ultimo modello di Specialissima della Bianchi: “Ho chiesto al team di aiutarmi, la spesa è ingente, ma è un investimento per il mondiale di Innsbruck, è una bici migliore, ma mi dà le prestazioni che voglio”. Il team acconsente e Gino la compra, ci si allena, va in Austria e al mondiale finisce ai piedi del podio.

«L’anno successivo, quando torno in Europa dalla mia Colombia (Pellaud è sempre rimasto molto legato alle sue radici familiari colombiane e affronta parte della sua preparazione invernale oltre Atlantico, ndr) Gino ha già firmato per il team WorldTour. Mi chiama e mi dice se voglio quella bici: “Gino, costa troppo, non posso permettermela”. “Voglio che ce l’abbia tu, come segno della nostra amicizia” e me la dà a un prezzo stracciato, assurdo per la qualità di quella bici. Con quella l’anno successivo ho vinto la classifica degli scalatori al Romandia, ho trionfato alla Fleche Ardennaise, sono finito secondo ai campionati nazionali».

L’abbraccio fra i due amici dopo il mondiale di Innsbruck, con Mader sulla sua Bianchi
L’abbraccio fra i due amici dopo il mondiale di Innsbruck, con Mader sulla sua Bianchi

Un legame indissolubile

«Ma non è il valore dei risultati, è il significato di quella bici, di quel gesto che mi è caro, è il segno della sua generosità, di chi era davvero Gino. Quella bici ce l’ho ancora e niente me ne potrà separare».

Nel ripensare a chi era Gino, non è facile trovare le giuste parole per descriverlo: «Viveva un po’ nella sua dimensione, sembrava quasi assente, ma era il suo modo per affrontare il mestiere. Era sempre concentratissimo su quel che faceva e soprattutto viveva la sua attività in maniera sempre tranquilla, tirando fuori il sorriso anche nei momenti difficili. Era il tipico svizzero tedesco, ferreo e determinato in quel che faceva, convinto delle sue idee».

Pellaud si è poi lasciato riassorbire. Ha chiuso lo Slovenia al 43° posto
Pellaud si è poi lasciato riassorbire. Ha chiuso lo Slovenia al 43° posto

Il viaggio in Cina

«Porto con me i ricordi della bellissima trasferta vissuta insieme al Tour of Hainan in Cina, sempre nel 2018, quando perse la vittoria finale per appena 2 secondi contro Masnada. Era comunque felice perché entrambi avevamo vinto una tappa, avevamo condiviso qualcosa di raro come sempre è una trasferta cinese, sono ricordi che resteranno sempre».

L’indomani della terribile notizia, era evidente come in casa Tudor la si vivesse con un trasporto enorme e la risposta la dà lo stesso Simon: «C’era la possibilità che a fine stagione arrivasse qui, sarebbe voluto venire per fare il leader, per puntare a quei grandi traguardi per i quali era ormai maturo. Avevamo ancora tanta strada da fare insieme, tornando a vestire la stessa maglia, ma il destino ha voluto altrimenti e non ho potuto neanche condividere la sua ultima corsa…».

Il segreto per durare è nell’umiltà: parola di Ulissi

21.06.2023
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In un giorno di maggio, per la precisione nel giorno della partenza del Giro da Napoli, ragionando con Diego Ulissi venne fuori un concetto su cui nei giorni successivi avremmo ragionato a lungo.

«Non ce ne sono poi molti di corridori italiani con il mio palmares – disse il toscano – eppure sembra che nessuno se ne accorga e si parli sempre di altri».

Diego Ulissi compirà 34 anni il 15 luglio. E’ alto 1,75 e pesa 63 chili. In carriera ha centrato 45 vittorie
Diego Ulissi compirà 34 anni il 15 luglio. E’ alto 1,75 e pesa 63 chili. In carriera ha centrato 45 vittorie

L’umiltà vincente

Non era una richiesta di popolarità: chi conosce Diego sa quanto sia felice lontano dai riflettori. Ma di certo testimoniava l’andazzo di questo ciclismo che si stupisce per i piccoli gesti dei più giovani e magari dà per scontata la solidità degli atleti più maturi. Spesso questo crea problemi, nella misura in cui l’esaltazione prematura fa saltare la verticalità dei rapporti e l’anzianità che un tempo “faceva grado” viene da alcuni tollerata con fatica.

«Le carriere si sono accorciate – commenta – è inutile girarci intorno e io non voglio nemmeno andare avanti chissà quanto. Sono il primo a dire che in un futuro anche molto vicino, prima di quello che si pensi, potrei dire basta. Sono passato giovane, di anni ne ho fatti, mi sono preso le mie soddisfazioni e andare avanti a oltranza lo troverei patetico. Verrà il giorno in cui vorrò mettermi a sedere a godermi i sacrifici che ho fatto in questi anni. E intanto mi muovo in questo gruppo in cui vedo molta anarchia e mancanza di umiltà, che in teoria dovrebbe essere la base di tutto. Insomma, se il futuro è questo, un po’ mi preoccupa, diciamo così».

Al Tour of Oman, per Ulissi anche una soddisfazione personale a Yitti Hills
Al Tour of Oman, per Ulissi anche una soddisfazione personale a Yitti Hills

La sfida tricolore

Pochi giorni fa, il livornese che vive a Lugano con sua moglie e le due bambine, ha sfiorato il successo al Giro di Slovenia, che in passato ha già vinto per due volte. Si è piazzato terzo a 23 secondi da Zana: un distacco in apparenza esiguo, ma difficile da colmare. Per cui a questo punto, dopo aver corso le classiche in appoggio a Pogacar e il Giro per Almeida, non resta che il campionato italiano e poi si potrà tirare un po’ il fiato.

«La verità – sorride – è che in Slovenia Zana era superiore a tutti. Io ero lì alla pari con gli altri, però il terzo giorno ho picchiato una bella botta e mi sono fatto male alle costole. Ne sto pagando ancora il conto e di sicuro l’ho pagato nei giorni successivi. Il campionato italiano capita in un periodo di buona forma, ho le gambe buone però sono anche stanco. Onestamente ho voglia di tirare il fiato. Perciò andrò sicuramente in Trentino per fare bene, anche se partirò il giorno prima. Non credo serva andare a vedere il percorso con troppo anticipo. So che è impegnativo e poi avrò tempo di impararlo girandoci sopra in corsa».

Al Giro Ulissi ha corso in appoggio per Almeida: il portoghese gli va a genio per l’interpretazione di gara (foto UAE Team Emirates)
Al Giro Ulissi ha corso in appoggio per Almeida: il portoghese gli va a genio per l’interpretazione di gara (foto UAE Team Emirates)

Il Giro con Almeida

La corsa rosa è andata bene, anche se rispetto al Diego Ulissi capace di vincere otto tappe negli anni scorsi, quello visto quest’anno è stato più un uomo squadra, votato alla causa di Almeida. Una sola fuga “vera” nel giorno del Bondone e poi sempre nei ranghi, come da richiesta.

«Stare sempre vicino a Joao – spiega – è stato parecchio dispendioso, non c’è mai stata una tappa in cui abbia potuto tirare il fiato, magari fare gruppetto e risparmiarmi. Niente di tutto questo. Però alla fine è andata benissimo così, perché ho sentito belle sensazioni per tutto il tempo. Sono stato di grande aiuto e di questo sono contento, perché abbiamo ottenuto un grande risultato. Allo Slovenia ho dimostrato di avere ancora una buona gamba. Per sabato servirà anche fortuna, perché partiamo solo in quattro (con lui ci saranno Trentin, Formolo e Covi, ndr) e non sarà una gara semplice da gestire».

Al Giro di Slovenia il terzo posto finale è venuto sullo slancio della buonacondizione di Ulisssi al Giro d’Italia
Al Giro di Slovenia il terzo posto finale è venuto sullo slancio della buonacondizione di Ulisssi al Giro d’Italia

Tre talenti di casa

In questa fase di riposo, che come abbiamo visto autorizza i primi bilanci, la curiosità è capire come ci si muova e che cosa abbia notato nei tre giovani talenti di casa UAE Team Emirates, che stanno monopolizzando il ciclismo: da Pogacar ad Ayuso, passando per Almeida.

«Sono felicissimo della carriera che ho fatto – conferma Ulissi – le mie 45 vittorie non sono poche, ho le 8 tappe del Giro, l’Emilia, la Milano-Torino e anche Montreal. Continuerò a divertirmi e andar forte fino a che ne avrò voglia. La squadra è felicissima di me, anche perché sono qui da una vita, da sempre (Diego divenne professionista nel 2010 nell’allora Lampre, che negli anni è diventata UAE Emirates, ndr).  Quanto ai nostri giovani, Pogacar è su un pianeta a sé. E’ irraggiungibile, è un fenomeno: quello che fa lui, al momento non lo fa nessuno. Può vincere i grandi Giri, come pure il Fiandre, la Sanremo e il Lombardia. Ayuso sta crescendo alla grande. Già l’anno scorso ha ottenuto un grande podio alla volta e nonostante quest’anno sia partito in ritardo per dei problemi fisici, ci ha messo davvero poco per vincere gare importanti. E poi c’è Almeida, che mi piace molto per come interpreta la gara. Penso che abbia ampi margini di crescita e può davvero arrivare a vincere un grande Giro. Cosa dire? Per fortuna ce li abbiamo tutti noi…».

Oltre a Ulissi e Covi, qui sopra, nella UAE Emirates dei tricolori ci saranno anche Trentin e Formolo
Oltre a Ulissi e Covi, qui sopra, nella UAE Emirates dei tricolori ci saranno anche Trentin e Formolo

Un’estate al mare

Dice di aver parlato con Bennati di un eventuale impegno ai mondiali, che fatti ad agosto scombussolano un po’ la sua routine. Dice che comunque quest’anno non farà il Polonia, ma dopo agosto il suo programma sarà prevalentemente popolato di classiche. E poi, questa volta con gli occhi che luccicano, aggiunge che dopo il campionato italiano se ne andrà al mare di casa sua, giù a Donoratico.

«La montagna è bella – ride come un bambino – ma io sono un uomo di mare e preferisco riposarmi nei posti in cui sono nato, che ci posso fare?».

Se la ride, le vacanze sono nel mirino. Genuino, schietto, riservato e fortissimo come sempre. Ciao Diego, ci vediamo sabato sul percorso tricolore di Comano Terme.