Tanta fatica, neanche una crisi. Il Giro di Aleotti per Sagan

03.06.2021
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Nessun piazzamento fra i primi, sicuramente tanta fatica, eppure della presenza di Giovanni Aleotti al Giro d’Italia ci siamo accorti tutti. Lo abbiamo visto tirare. Lavorare per Buchmann sulle salite e per Sagan fino alla vittoria di Foligno. E nella tappa all’Alpe di Mera, la penultima di montagna, lo abbiamo visto andare in fuga: la qual cosa per un neoprofessionista è un gran bel segnale. Non vai in fuga a tre giorni dalla fine del Giro, se non hai gambe buone e un bel recupero.

Giovanni è a casa ormai da lunedì, la fatica sta allentando la presa. «Perché poi – spiega – quando entri nel ciclo, la senti meno. Sono stato per qualche giorno tranquillo e la prossima settimana ricomincerò ad allenarmi sul serio, pensando alla prossima corsa, che saranno i campionati italiani. Ma dal Giro sono uscito bene. E considerato che neanche dovevo farlo, sono soddisfatto».

A Cortina, un bel po’ di fatica, ma Aleotti è arrivato assieme a Fabbro Sagan e Oss
A Cortina, un bel po’ di fatica, ma Aleotti è arrivato assieme a Fabbro Sagan e Oss
Sei mai stato inquieto al riguardo?

Sapevo che mi veniva offerta una grande opportunità, per cui ero impaziente di mettermi in mostra.

Come cambiano le sensazioni e la percezione della fatica, se sei abituato al massimo a corse di 10 giorni?

Tre settimane sono tante. Dopo i primi 10 giorni ero ancora brillante, era la durata massima mai fatta. Sono arrivato fresco al primo riposo, poi ovviamente si è fatto tutto più faticoso. La terza settimana è stata impegnativa, ma non ho avuto una giornata negativa. Mi sono gestito bene.

Avere chiaro il compito di lavorare per un leader agevola oppure pesa?

E’ stimolante, soprattutto se parliamo di Sagan. Noi lavoriamo e lui vince: sono cose che ti ripagano. Tutti abbiamo dato il 110 per cento, anche perché eravamo un bel gruppo. Parlavamo quasi tutti italiano, per cui mi sono trovato molto bene anche con compagni come Oss, Benedetti, Bodnar e Fabbro, con cui ho diviso la stanza.

Neanche una giornata negativa, possibile?

Magari progressivamente ho perso la freschezza dei primi 10 giorni, però stavo bene. La fuga all’Alpe di Mera l’ho presa pur sapendo che nel finale si sarebbero mossi gli uomini di classifica. Nella prima parte del Giro ho tirato per Buchmann, poi per Sagan. Nella terza settimana abbiamo avuto più spazio per giocare le nostre carte. Giornate nere no, ma forse quella per Sega di Ala è stata la più dura.

Con Sagan e Benedetti, lavorando per lo slovacco e la sua maglia ciclamino
Con Sagan e Benedetti, lavorando per lo slovacco e la sua maglia ciclamino
Come mai?

Perché è venuta dopo il secondo riposo, quindi la stanchezza iniziava a farsi sentire. Ero un po’ fiacco e ci si è messo anche il primo caldo, dopo che sulle Dolomiti avevamo corso con il freddo.

Hai sempre mangiato bene, dormito bene… come è andato il recupero con il passare delle tappe?

L’appetito non mi è mai mancato. Sono riuscito a fare tutto quello che ci dicevano, non è cambiato poi molto nelle abitudini e questo mi fa ben sperare in vista del futuro. Magari ci sono state notti in cui ho dormito di più e altre meno, ma a volte dipende anche dal fatto che cambiamo sempre hotel e magari capita la camera troppo calda oppure rumorosa…

Si dice che un grande Giro dia una super condizione…

Questo lo vedremo nei prossimi giorni. Sono uscito dal Giro con lo stesso peso, non sono dimagrito. Anzi c’è stato qualche giorno in cui ero più stanco che in altri e magari trattenevo qualche liquido di troppo.

Difficile seguire la routine per 21 tappe?

Anche quella era nuova. Sveglia, controllo del peso, poi si andava nel camion cucina per la colazione, con porridge o pasta. Dopo un’ora di saliva sul pullman, si andava alla partenza e si faceva il meeting prima di partire.

Sega di Ala è stato un giorno difficile: ma visto quanta gente?
Sega di Ala è stato un giorno difficile: ma visto quanta gente?
Come è stato correre con il pubblico sulle strade?

Bello, davvero bello. A Torino, la presentazione delle squadre è parsa surreale. Un posto stupendo, grandi scenografie e pochissima gente: vera atmosfera Covid. Ma quando siano arrivati sulle prime salite, abbiamo cominciato a vedere tanta gente. A Sega di Ala erano davvero in tanti. Ho fatto fatica, ma è stato bellissimo.

Come arriverai agli italiani: altura o cosa?

Ci pensiamo la settimana prossima, perché non ho ancora un programma. Ma posso prepararmi anche a casa. La maglia italiana si assegnerà a Imola, quasi le mie strade.

L’anno scorso su quelle strade avrebbe potuto correre anche lui i mondiali under 23, poi annullati per la pandemia. Il buon lavoro avviato dal Cycling Team Friuli sta seguendo il giusto cammino, i 22 anni sono un bel biglietto da visita per le prossime stagioni. In attesa di conoscere il suo programma, l’idea di un Giro senza giornate storte è un bel pensiero da coltivare nell’immaginare le prossime stagioni.

Aleotti stanco, Battistella stremato: i due volti della fatica

10.05.2021
4 min
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Volti diversi al traguardo, mentre la gente si va concentrando verso il palco. A differenza di ieri, questa volta accanto alle transenne c’è un discreto schieramento di poliziotti che impediscono ai tifosi di assieparsi alle transenne. Ma alla fine, quando si tratta di applaudire il vincitore e la maglia rosa, qualcuno riesce a sfuggire al controllo e altri semplicemente escono nel giardino di casa. Come i proprietari e gli ospiti della villetta col prato che per sorte si trova proprio davanti al palco e battono le mani con i volti raggianti. E’ il Giro d’Italia, ragazzi, difficile restare indifferenti.

E mentre Ganna entra ed esce per indossare la rosa e poi la bianca, sul traguardo passano a distanza di 4 minuti uno dall’altro Aleotti e Battistella, due dei giovani italiani su cui si concentrano tante attese. Il primo arriva stanco per aver fatto egregiamente il proprio lavoro per Sagan. Il secondo arriva stremato, con la rassegnazione e la rabbia di chi non è riuscito a fare un bel niente.

Cimolai è arrivato secondo, una beffa lunga solo 4 secondi
Cimolai è arrivato secondo, una beffa lunga solo 4 secondi

Aspettando Sestola

Aleotti ha tirato per due salite, facendo quello che Sagan in qualche modo stamattina aveva anticipato. Anche se alla fine la missione è riuscita solo a metà e fra i velocisti importanti che sono riusciti a fare fuori si contano soltanto le… teste di Merlier, Nizzolo ed Ewan. Sul rettilineo, Peter è stato anticipato da Cimolai e si è lasciato dietro, fra gli altri, Viviani e anche Gaviria.

«Stavo bene – dice Aleotti, con gli aloni bianchi di sale sui pantaloncini – era chiara l’intenzione di staccare i velocisti e arrivare con Peter. E’ quello che ho fatto sulle salite, cercando di dare il massimo. Erano veloci. Si stava meglio a ruota. Però penso di aver fatto un bel lavoro»

L’entusiasmo dei vent’anni e la sorpresa per un Giro… conquistato in extremis possono trasformarsi in un boomerang? Giovanni sorride, con la serenità di chi sta davvero bene.

«Ieri – dice – è stata una giornata facile, oggi avevamo del lavoro da fare, quindi è stato più impegnativo. Giorno per giorno ci saranno tappe più o meno dure e domani non sarà proprio una passeggiata. Vedro tutti i volti della fatica, ne sono certo. Conosco il versante di Sestola. E’ diverso, molto impegnativo. Ripido. Sono 3,5 chilometri molto duri. Poi c’è una discesina e alla fine si sale ancora».

Sulla terza salita si è spenta la luce e Battistella è scivolato nelle retrovie
Sulla terza salita si è spenta la luce e Battistella è scivolato nelle retrovie

Dieta forzata

Battistella è magro come un chiodo. D’accordo che non lo incontravamo da un po’, ma davvero è tiratissimo. Anche se non si tratta chiaramente di un bel segno.

«Mi è tornata la gastrite – dice tirando fuori il problema di cui ci aveva parlato il 19 aprile – la crono è andata bene, poi devo aver preso un caffè di troppo e si è rimesso in moto tutto. Quando c’è da fare 5-6 ore, non vado avanti. Il dottore dice che non possiamo farci nulla, che lo stomaco ha bisogno dei suoi tempi. Solo che io nel frattempo non posso mangiare. Non posso mangiare tanto come terapia, associata a tutto il protocollo che speravo di essermi lasciato alle spalle. E non posso mangiare perché, se lo faccio, mi si blocca lo stomaco e finisco come oggi. La luce si è spenta sulla terza salita e a quel punto non aveva più senso andare a tutta. Non mangio e non assorbo niente. E così facendo, ho perso 2 chili dalla Freccia Vallone ad oggi. Speriamo che migliori».

Quando se ne va, la strada è ormai sgombra. I pullman sono a un paio di chilometri verso la campagna. Se questo è l’andazzo, domani la scena sarà simile. Aleotti magari dovrà lavorare per Buchmann o Fabbro. Battistella invece su quell’ultima salita rischierà di vedere le streghe. E alla fine i loro volti saranno gli stessi di oggi…

P.S. A margine della storia di Aleotti e Battistella, annotiamo le parole di un Cimolai decisamente amareggiato.

«Non avevamo i distacchi giusti – dice il friulano arrivato secondo – e io neppure sapevo che ci fosse ancora davanti Van der Hoorn. Per fortuna non ho alzato le braccia, non avrei mai voluto essere ricordato come uno di quei corridori. Sto bene, ma avrei preferito fare secondo battuto da Sagan o da Viviani, che per aver lasciato vincere uno a quel modo. Non mi capitano tante occasioni di vincere, fra sei giorni divento papà. Sarebbe stato un giorno perfetto. La morale? Siamo stati dei polli!».

Aleotti: il sorriso, l’altura, l’entusiasmo, il Giro

05.05.2021
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Giovanni Aleotti sarà al Giro d’Italia. Il neoprofessionista della BoraHansgrohe è un altro figlio di quel vivaio che è il Cycling Team Friuli di Roberto Bressan. Della sua presenza alla corsa rosa l’emiliano ha saputo strada facendo. Una bella “sorpresa” quindi e per questo Aleotti, che già era super preciso da dilettante, ha cercato di fare le cose ancora meglio.

Come molti suoi colleghi ha preparato la corsa in altura, sulle strade di Sierra Nevada, nel Sud della Spagna.

L’hotel di Aleotti e Buchmann era situato a quota 2.350 metri
L’hotel di Aleotti e Buchmann era situato a quota 2.350 metri

Grandi stimoli

Tante ore di sella, questo è stato il leitmotiv di Aleotti lassù. Vita monastica tra sella e recupero. 

«Abbiamo fatto spesso sei ore – dice Aleotti – La mattina ci spostavamo in macchina, scendevamo ai piedi della salita e ogni volta per tornare in albergo c’erano da fare 25 chilometri di ascesa. Spostandoci in macchina, tra il caricare e scaricare le bici, cambiarci… non si partiva mai molto presto, non alle 9 come a casa insomma, e di conseguenza si finiva anche tardi. Alla fine si stava fuori tutto il giorno e si rientrava all’ora di cena o quasi».

Aleotti era a Sierra Nevada con Emanuel Buchmann, il leader designato della Bora al Giro. I due hanno fatto vita parallela lassù, anche se il tedesco si è trattenuto qualche giorno in più.

«Sono molto soddisfatto del lavoro svolto – riprende Giovanni – Non mi sarei mai aspettato di essere già al Giro. Se me lo avessero detto solo qualche settimana fa li avrei presi per pazzi. Invece la squadra mi dà questa opportunità, da neopro’… significa che hanno fiducia in me. Buchmann sarà il nostro capitano. Lui ha già fatto quarto ad un Tour e ha ottenuto vittorie importanti. L’umore è buono, io sono tranquillo, ma credo che al ridosso del via sarò un po’ emozionato. Il percorso di avvicinamento è stato fatto bene con Szmyd, il mio preparatore: Tirreno, Paesi Baschi e poi di nuovo a Sierra Nevada dove ero venuto già a febbraio. E per questo sono anche sereno».

Ogni giorno per tornare in albergo doveva fare 25 chilometri di salita
Ogni giorno per tornare in albergo doveva fare 25 chilometri di salita

Quantità, ma anche qualità

Ma come si lavora in ritiro, specie se si è giovani? Si deve essere più accorti? O al contrario si può spingere di più?

«Io credo – spiega Aleotti – che non ci siano grandi differenze in base all’età. Le cose da fare sono quelle più o meno per tutti. Abbiamo fatto molte uscite lunghe. I primi giorni sono stati un po’ più facili, bisognava adattarsi, poi si facevano blocchi di tre giorni, due di lavoro e uno di scarico. Il primo giorno di lavoro era più intenso, particolarmente intenso direi… E il secondo era di endurance, quindi un lungo più lento senza specifici. Considerate che, anche in virtù del rientro in salita, la media oraria era bassa, al di sotto dei 30 all’ora. I nostri lunghi quindi non superavano i 180 chilometri».

Per quel che riguarda i lavori specifici, Aleotti parla di un percorso iniziato già a gennaio. Con l’avvicinarsi del Giro è aumentata la qualità. Giovanni ha lavorato più sull’intensità, sul ritmo gara e su qualche lavoro lattacido.

«Molti lavori li abbiamo fatti in salita. Sono quegli specifici che rifiniscono la condizione in vista dell’obiettivo clou. Che lavori? Forza, anche ad alta intensità, 30” fuori soglia, interval training…».

Aleotti nella crono della Tirreno. Prima del Giro e dopo il ritiro ha usato questa bici a casa
Aleotti nella crono della Tirreno. Prima del Giro e dopo il ritiro ha usato questa bici a casa

Poca crono, tanta salita

«La bici da crono? No, io non l’ho portata in ritiro, ma l’ho usata quando sono tornato a casa. Di solito ci esco nel giorno di scarico, anche per utilizzare altri muscoli, variare un po’. Ma chiaramente ci faccio anche degli specifici se devo appunto lavorare a crono».

Aleotti è giovane, ma già parla da esperto. Quando gli chiediamo dei lavori svolti lui ci rammenta anche che bisogna andarci piano quando si è in quota. L’altura infatti già di suo pone il fisico sotto stress, fa consumare di più, specie alle quote a cui soggiornavano lui e Buchmann.

«A 2.350 metri devi andarci piano con certi carichi di lavoro. Il rischio di finirsi, come si dice in gergo, è elevato. Non ci vuole molto ad andare in over training. Io credo di aver trovato il giusto bilanciamento e infatti negli ultimi due o tre giorni di ritiro ho avvertito un cambio in positivo, mi sono sentito molto bene».

Il riso, uno dei pasti a base di carboidrati più usato dagli atleti
Il riso, uno dei pasti a base di carboidrati più usato dagli atleti

Il peso, i dettagli

Due settimane abbondanti in quota possono portarti alle stelle, specie se ci si arriva con una condizione già buona e se la testa è propensa a fare certi sforzi e a “sopportare”, ammesso che questo termine sia giusto, un determinato regime di vita. Sveglia presto, colazione, allenamento, doccia, massaggio, cena, letto.

«A me piace stare in ritiro – dice Aleotti – c’è un bell’ambiente, è stimolante. Non speravo finisse presto, né avevo la fretta di tornare a casa. Alla fine sono giovane, non ho famiglia e figli che mi aspettano. Mi piace stare in giro, conoscere posti nuovi.

«L’alimentazione? Le solite cose: riso, pasta, tonno, pollo, verdure… a cena. A pranzo ci si fermava per un panino in basso, “a valle”. Si tornava su e si cercava di recuperare, anche grazie all’aiuto del massaggiatore. Qualche volta abbiamo fatto degli esercizi di stretching per agevolare il recupero. Per quel che riguarda il peso, un po’ è l’altura stessa che ti asciuga, ma non siamo venuti qui per perdere peso, quello è un percorso che parte da più lontano e poi si presuppone che in un ritiro a ridosso del Giro il peso sia già okay».

Aleotti alla Strade Bianche: prima, durante e dopo

08.03.2021
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Giovanni Aleotti e la Strade Bianche: prima, durante e dopo. Puoi essere stato il miglior under 23 d’Italia e aver quasi vinto il Tour de l’Avenir, ma quando attacchi il numero in una gara WorldTour così dura, ricomincia tutto da capo. Ecco come l’ha vissuta l’emiliano della Bora-Hansgrohe, guardato a vista da Oss.

Nella ricognizione del giovedì, per provare ruote e rapporti
Nella ricognizione del giovedì, per provare ruote e rapporti

Prima: le domande

Giovanni arriva a Siena, per la precisione a Monteriggioni, dopo un periodo di 20 giorni in altura a Sierra Nevada con cinque compagni, fra cui appunto Daniel Oss e Matteo Fabbro. Si sono allenati forte per qualità e quantità agli ordini di Sylwester Szmyd, cercando di essere pronti per la corsa toscana. Il debutto stagionale invece c’è stato al Tour de la Provence di metà febbraio.

«Che cosa so della Strade Bianche? Che è impegnativa – dice nella serata del giovedì – non c’è un metro di pianura e bisogna prendere gli sterrati davanti. Ho corso su queste strade una tappa del Giro U23 e arrivai 9°. Monte Sante Marie è lungo, mi sono divertito a provare il percorso. E’ stato bello. Stamattina abbiamo pedalato per 3 ore e fatto tutte le prove prova di gomme e pressioni, anche pensando alle discese, dove si dovranno seguire le traiettorie degli altri.

«Userò i copertoncini da 28 millimetri, quelli con la spalla nera. Mi sono trovato bene sia sugli strappi in asfalto, sia sullo sterrato. Quanto ai rapporti, con il 39 non sono andato affatto male, anche sulle pendenze sopra al 10 per cento. Dietro invece avrò il 30. Vediamo cosa monteranno gli altri. E’ la prima corsa importante».

Con De Marchi alla partenza, in un misto di curiosità e attesa
Con De Marchi alla partenza, in un misto di curiosità e attesa

Mattina: la calma

Aleotti si trattiene per qualche intervista dopo la firma di partenza all’interno della Fortezza Medicea di Siena. Mentre si scambia qualche parola, lo raggiunge Alessandro De Marchi, con la nuova divisa della Israel Start Up Nation.

Dice di stare bene, che la pioggia notturna porterà via un po’ di polvere dal percorso e questo è un bene. Poi si avvia verso l’ammiraglia, ci sono ancora un paio di cose da fare prima della partenza. Un’occhiata alla bici conferma la scelta dei copertoncini e dei rapporti.

Durante: il controllo

Giovanni Aleotti, dorsale 71, raggiunge il traguardo di Siena 7’48” dopo Mathieu Van der Poel. E’ stato fino all’ultimo chilometro nel gruppo di Valverde, poi ha finito il suo lavoro e si è fatto da parte.

«Ho fatto gran parte della corsa – racconta – in ottima compagnia, con Van Avermaet e Almeida. Stavo molto bene. Sante Marie si è rivelato molto impegnativo, ma l’avevo capito. Peccato che nel settore prima, quello di Asciano, Konrad abbia avuto qualche problema e ci siamo fermati per aspettarlo e quando siamo rientrati ai piedi di Sante Marie, appunto, eravamo a tutta. Come pensavo, non è stata una corsa molto polverosa. Stiamo parlando di un livello altissimo, credo si sia capito anche guardandola in televisione. Tanto che la difficoltà principale è stata quella di alimentarsi bene, avendo tanti settori di fila e sempre a tutta».

In via Santa Caterina, col suo passo, dopo aver tirato per i compagni
In via Santa Caterina, col suo passo

Dopo: la soddisfazione

Quattordicesimo il giorno dopo a Larciano, Aleotti ha dimostrato di aver ben recuperato la Strade Bianche e il suo bilancio finale lascia ottime prospettive.

«E’ stata dura, durissima – dice – ma bellissima come corsa. Sono stato fortunato, non ho mai avuto problemi, forature né cadute. Sono sempre riuscito a prendere gli strappi davanti restando accanto a Oss e Burghardt, che sono espertissimi. Sono anche contento alla fine della prestazione. Chiaramente non mi aspettavo di essere davanti coi primi, ma sono arrivato con il secondo gruppo inseguitore che alla fine si giocava la 18esima posizione con Mollema, Van Avermaet, Bardet, Valverde, Bettiol, Formolo e altri. Per cui ho tirato l’imbocco ai miei tre compagni (Konrad, Buchmann e Oss, ndr) e poi mi sono spostato all’ultimo chilometro. Fino a Piazza del Campo sono salito tranquillo. Insomma, l’ho finita e sono anche soddisfatto. Ho lo spirito giusto per affrontare la Tirreno-Adriatico».

La risposta di Reverberi: in due anni si vede tutto

20.01.2021
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La pubblicazione del pezzo su Umberto Orsini non è passata inosservata. Quando un corridore di belle speranze smette di correre a 26 anni, si tende tutti a simpatizzare per lui e sui social i commenti si sono moltiplicati. C’è chi ha sostenuto che il ragazzo non fosse pronto per passare e chi invece ha puntato il dito verso il team. Chiamato direttamente in causa, Roberto Reverberi ha cercato di spiegare le sue ragioni, ma come spesso accade in determinate piazze, il dibattito si è fermato ai prevedibili commenti non sempre concilianti. Ma visto che il caso di Orsini non è isolato, questa volta abbiamo pensato di partire proprio da lui.

Nel 2017 da U23, Pessot vince la Carpatian Couriers Race, Pogacar miglior giovane
Nel 2017 Pessot vince la Carpatian Couriers Race, Pogacar miglior giovane

«Non è detto – spiega il figlio di Bruno Reverberi – che il contratto sia sempre biennale. Un corridore come Battaglin, che avevamo visto andare molto forte già da stagista, ha avuto subito un triennale. In assoluto però, quelli buoni li vedi già al primo impatto, perché lanciano segnali interessanti. Penso a Modolo, che al primo anno arrivò 3° nella volata di San Benedetto alla Tirreno e 4° alla Sanremo. Penso a Colbrelli, 2° alla Bernocchi al primo anno e vincitore in una tappa del Giro di Padania. Il problema di Orsini è che non era molto concentrato e probabilmente non faceva la vita da atleta come avrebbe dovuto».

Altri 2 nomi

Rispetto al 2020 però, all’appello in casa Reverberi mancano però anche Francesco Romano, Alessandro Pessot e Marco Benfatto. Se l’ultimo ha comunque 33 anni e nelle gambe 6 stagioni nel professionismo, i primi due sono stati lasciati liberi alla conclusione della seconda, ricordando che il 2020 è stato condizionato pesantemente dal Covid.

«Per come la vedo io – dice Reverberi – erano corridori in forse anche dalla stagione precedente, però avevano un contratto biennale ed era giusto dargli una possibilità. Nel fare certe valutazioni, ci basiamo anche su quello che dicono i compagni, per cui un corridore come Savini è rimasto, per quello che di buono ha lasciato intravedere. Il problema con Romano è che non si è mai inserito nel nostro modo di correre, faceva un po’ il furbino. Al Giro d’Italia non è neanche andato male, ma ricordo il giorno in Romagna in cui ha dato tutto per fare un traguardo volante e poi si è staccato dalla fuga, facendoci fare davvero una bella figura…

«I corridori devono anche integrarsi nella squadra – prosegue Reverberi – ad esempio abbiamo lasciato andare Canola e Pasqualon perché correvano per i fatti loro. Pessot aveva problemi anche ad andare in discesa e poi parlava poco. Se fossero così forti, perché non li avremmo tenuti? Quando fai passare quelli di seconda fascia, si deve mettere in conto la possibilità che smettano. D’altra parte, dove sono quelli che noi abbiamo lasciato liberi e che poi hanno sfondato?».

Tour de Langkawi 2019, Pessot a disposizione della squadra nel primo anno da pro’
Langkawi 2019, Pessot a disposizione della squadra

Quali fasce?

Qui il discorso tuttavia rischia di diventare scivoloso. Un po’ perché Pasqualon ha fatto e sta facendo un’ottima carriera e poi perché, giusto ieri, Raimondo Scimone ci ha spiegato le difficoltà di ricollocare un corridore lasciato a piedi dalla squadra precedente.

Quando Alessandro Pessot passò professionista, di lui si diceva che sarebbe diventato un novello De Marchi. Potente, forte a crono, coraggioso, amante delle fughe. Nel 2017, aveva vinto il Carpathia Couriers Race da U23, battendo un giovanissimo Pogacar. Non era un corridore di prima fascia, come ha detto Reverberi, ma potrebbe ancora diventare un eccellente uomo squadra.

Una raccomandata

«A settembre – dice il friulano – ho ricevuto una raccomandata con cui mi comunicavano che non sarei stato confermato. Senza altre spiegazioni. Capisco che la squadra abbia bisogno di visibilità e questa viene dalle fughe. Capisco anche che il 2020 non sia stato il mio anno migliore, come non lo è stato per molti altri. Ma posso dire di aver sempre dato il massimo, in allenamento e in corsa, senza essere seguito come al CTF Lab con cui continuo a prepararmi. In questi due anni ho anche avuto dei problemi e ho colto l’occasione sapendo che il tempo era poco. De Marchi e Fabbro mi avevano avvertito che non si può stare ad aspettare perché è facile perdere il treno. Posso aver commesso qualche errore, credo sia normale quando cerchi di imparare un mestiere, ma non ho rimpianti con me stesso, a parte quello di aver corso soltanto 25 giorni nel 2020. Qualche giorno in più mi avrebbe aiutato a trovare la condizione e a migliorare l’esperienza. Quanto ai problemi in discesa, confermo che sul bagnato non sono mai stato un drago, ma anche che ho avuto problemi a trovare il giusto feeling con i materiali. Non solo io, anche altri compagni. Tanto che quest’anno oltre alle biciclette sono state cambiate anche le gomme».

Francesco Romano ha corso il Giro d’Italia 2020: è nato nel 1997
Francesco Romano ha corso il Giro d’Italia 2020: è nato nel 1997

Romano, 23 anni

Francesco Romano, dal canto suo, si ritrova di nuovo nella Palazzago in cui corse fino ai 21 anni, avendone ora 23. Passato dopo il secondo anno da U23, il siciliano ha raccontato di essere diventato professionista troppo presto e che un ragazzino come lui non aveva ancora le armi per difendersi.

Due anni e via

Ma il punto è proprio questo. Che cosa si chiede ad un neoprofessionista oltre all’impegno e al garantire una buona immagine alla squadra? Che sia già in grado di vincere? Oppure che si faccia vedere? E se si prende un corridore così giovane, non avrebbe più senso proseguire nell’investimento e costruirlo nella sua professionalità? I corridori che non fanno la vita potrebbero semplicemente essere demotivati? E se così fosse, non sarebbe utile mettergli accanto qualcuno che non vanifichi gli stipendi mese dopo mese?

A ben guardare anche De Marchi era una seconda fascia e come lui Ballan. Per loro fortuna tuttavia, quando passarono professionisti, il tempo non era scandito a ritmo di social.

Neopro’ precoci e giovani a piedi: Scimone perché?

19.01.2021
4 min
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Raimondo Scimone era il procuratore (e ottimo amico) di Michele Scarponi e lo è oggi, fra gli altri, per De Marchi, Fabbro, Pozzovivo e Aleotti. Nelle squadre, degli U23 come dei professionisti, quelli che fanno il suo lavoro godono di reputazioni piuttosto diverse. C’è chi li vede come dei commercianti di uomini e ne sta alla larga e chi invece se li tiene stretti, per averne il favore e i corridori migliori. Scimone non è di quelli super invadenti e forse proprio la sua discrezione ne ha fatto il riferimento per il Cycling Team Friuli.

«E questo – dice – è una grande soddisfazione. Serve rispetto per gente che guida corridori da trent’anni, come può essere Bressan, che ne sa sicuramente più di me. Non avrebbe senso che entrassi in ambiti che non sono miei e forse questo ha costruito la fiducia. Al punto che a volte sono loro a chiedere la mia presenza nelle riunioni tecniche, per permettermi di conoscere meglio i corridori».

Ci siamo rivolti a Scimone per avere un’altra opinione sulla tendenza di far passare corridori giovanissimi, col rischio di vederli sparire altrettanto precocemente.

Matteo Fabbro
Matteo Fabbro e Giovanni Aleotti, entrambi corridori di Scimone, entrambi alla Bora-Hansgrohe
Matteo Fabbro
Fabbro e Aleotti, entrambi atleti di Scimone
Come funziona il passaggio di un corridore poco noto o molto giovane?

Ci sono due dinamiche basate sulla reciproca conoscenza. La prima: il team manager conosce il corridore e lo prende. La seconda: il team manager non lo conosce e si fida del suo agente. In entrambi i casi parleranno i risultati di quei primi due anni.

Se invece il corridore è più conosciuto?

Si cerca di scegliere fra le squadre WorldTour che fanno le loro proposte. Per quelli buoni spesso ci sono più due anni per far vedere qualcosa e c’è anche maggiore indulgenza da parte dei team

Che cosa succede nelle professional alla fine dei due anni?

Tirano una riga e decidono, dato che ognuno è padrone in casa sua. Due anni sembrano tanto, ma possono essere anche poco se ad esempio uno dei due è stato falsato dal Covid. In certi casi, fra prendere un neopro’ tutto da costruire e tenersi un corridore che ha già fatto esperienza, io sceglierei il secondo. Anche perché la differenza di costi non è enorme.

Di quanti soldi parliamo?

In una professional, da lavoratore dipendente, si passa da 26.849 euro lordi a 32.102. Questo per il 2020, per come indicato nell’accordo paritario.

Come ti regoli davanti al corridore molto giovane che riceve un’offerta: batti il ferro finché è caldo o suggerisci di aspettare?

La seconda. Se si guarda alla mia storia, uno dei corridori più precoci è stato proprio Aleotti, che ha comunque fatto 3 anni da U23. In giro si vedono forzature, che a mio parere servono per tenere il passo delle WorldTour, che hanno battezzato la tendenza di far passare il fenomeno molto giovane. La differenza è che certe squadre hanno gli osservatori, il vivaio e gli allenatori che li fanno passare quando li reputano pronti. Anche su Evenepoel si è fatta una valutazione. Non dobbiamo confondere i veri fenomeni con la tendenza di accaparrarsi dei possibili talenti prima degli altri.

Cosa succede al ragazzo lasciato libero dopo i primi due anni?

E’ difficile da ricollocare. Oggi c’è l’estrema difficoltà della pandemia che ha ridotto gli organici e poi c’è il discorso tecnico: se è stato lasciato a piedi dalla tale squadra, perché dovremmo prenderlo noi? Per cui, dopo aver provato con tutte le professional, gli interlocutori diventano le continental, che vedono in questi ragazzi degli elementi di esperienza subito pronti per correre tra i professionisti. Spendendo una cifra inferiore al minimo della squadra professional. Il guaio è che c’è sovraffollamento e non tutte le continental fanno attività tra i professionisti.

Davide Bais, Mattia Bais, Rovereto 2020
I fratelli Bais sono entrambi pro’: Mattia alla Androni, Davide alla Eolo
Davide Bais, Mattia Bais, Rovereto 2020
I fratelli Bais, Mattia alla Androni, Davide alla Eolo
Pensi che quelli… buoni siano ancora in gruppo o qualcuno abbia smesso prima?

Sicuramente qualche stortura si è verificata, ma secondo me nessun buon talento è andato perso. Non sempre i ragazzi hanno la capacità di tenere la concentrazione e magari i due anni non bastano. Possiamo aver perso qualche buon corridore, ma del resto i team manager possono fare quel che ritengono più giusto.

Due anni sono pochi?

No, credo che siano abbastanza giusti. Se un corridore esplode deve avere la possibilità di essere valorizzato. Anche noi passiamo da una prima fase da amici, a quella in cui, essendo riconosciuto il loro valore, abbiamo un ritorno anche noi.

E’ possibile che tanti corridori vengano fatti passare per accrescere le vostre percentuali?

Nel mio contratto c’è un allegato in cui si scrive che al di sotto di certe cifre, non ci sono compensi da versare. Così nella prima fase posso fare da talent scout e creare il legame con l’atleta. Non so se alcuni colleghi si muovano diversamente.

Quanto corridori hai?

Una ventina, compresi quelli che l’anno scorso erano juniores e ora sono U23. Avrei preferito non rivolgermi a ragazzi così giovani, ma visto che lo fanno tutti e che qualcuno si spinge fino agli allievi, ho dovuto adeguarmi. Però se mantieni un’etica, è anche divertente. Sei una sorta di fratello maggiore che lavora per immaginare il ragazzo, anni dopo, nel gruppo che conta. Devi avere un buon rapporto con le famiglie, dato che per un po’ hai a che fare con un minorenne. Non devi sembrare uno che punta ai soldi ed è meglio stare alla larga dalle famiglie che puntano soltanto a quelli.

Sylvester Szmyd, Vincenzo Nibali, Ivan Basso, Giro d'Italia 2010

Su Aleotti e Fabbro, l’occhio di Silvestro

27.12.2020
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Come immagine del profilo su WhatsApp, Sylwester Szmyd ha Gatto Silvestro che da sempre è il suo soprannome. Quando il gruppo ti affibbia un nomignolo così, significa che ti ha accettato e ti vuol bene. Per questo anche dopo aver smesso, Silvestro si tiene stretto quel gatto e i ricordi connessi. Nella foto di apertura è sul Montegrappa al Giro del 2010, con Nibali e Basso, prima che Vincenzo vinca la sua prima tappa nella corsa rosa.

Il nome del polacco era saltato fuori qualche giorno fa parlando con Giovanni Aleotti, ultimo acquisto della Bora-Hansgrohe. Il bolognese, appena tornato dal primo ritiro in Germania, ci aveva raccontato di essere finito per la preparazione proprio… tra le mani di Silvestro. Così, con il pretesto di scambiarci gli auguri di Natale e rinverdire qualche ricordo, siamo idealmente volati fino a casa sua in Polonia.

«Qui il Natale è doppio – dice Szmyd – non come in Italia, che si festeggia soltanto il 25. Il giorno di Santo Stefano è la stessa storia. Siamo a casa con tutti i familiari, le strade sono piene di gente. Qualcuno con la mascherina, qualcuno no. Ci sarà coprifuoco soltanto la notte del 31 dicembre, fino alle 6 del mattino. E per il resto… Buon Natale anche a voi!».

Giovanni Aleotti, Mortirolo, Giro d'Italia U23 2020 (foto Fulgenzi)
Giovanni Aleotti, un calo inaspettato sul Mortirolo al Giro U23 del 2020 (foto Fulgenzi)
Giovanni Aleotti, Mortirolo, Giro d'Italia U23 2020 (foto Fulgenzi)
Per Aleotti, sul Mortirolo, un calo inatteso (foto Fulgenzi)

Sylwester “Silvestro” Szmyd, professionista dal 2001 al 2016 con varie squadre tra cui la Mercatone Uno dell’ultimo Pantani e la Liquigas di Basso e Nibali, fa parte dello staff del team tedesco dal 2018. Inizialmente era il vice di Patxi Vila per quanto riguardava Peter Sagan. Poi gli sono stati affidati anche altri corridori e, avendo fatto il corso Uci da tecnico quando ancora correva, ha assunto anche il ruolo di direttore sportivo. Quando infine il basco ha lasciato la squadra, Silvestro ha preso in mano Sagan e si è impossessato della seconda ammiraglia, dato che nelle gare WorldTour a bordo della prima viaggiano i due tecnici più importanti.

«Seguirli in corsa – dice – è la cosa migliore, non serve che guardi i file di allenamento. Li vedo prima della gara, li sento durante, li vedo dopo. So come stanno e come andranno. Magari non posso essere presente a tutte le corse, per il rischio di non occuparmi bene di quelli che sono a casa, però di certo esserci è un valore aggiunto».

Il dossier Aleotti

Di Aleotti ha studiato prima il dossier composto da ordini di arrivo e file di allenamenti e corse. Silvestro ha considerato il secondo posto al Tour de l’Avenir del 2019 e ha osservato i dati dell’ultima tappa al Giro d’Italia U23 del 2020, in cui Giovanni non è proprio riuscito a sbloccarsi, perdendo il podio. Poi lo ha incontrato e finalmente è riuscito a dirgli quale idea si sia fatto.

«Nessuna idea – sorride Silvestro – ho deciso di non decidere. E’ difficile capire di che tipo di corridore si tratti. Dai numeri e da quello che ho capito, sarebbe sbagliato chiuderlo nel discorso dei grandi Giri. Ho pensato a Nibali che, a un certo punto, dalla Fassa Bortolo arrivò alla Liquigas».

Che cosa c’entra Vincenzo?

Credevamo tutti che fosse un corridore da classiche e per quello si allenava. Nel 2010 venne sul Teide con Basso, Kreuziger, Pellizotti e il sottoscritto. Noi eravamo su per Giro e Tour, Vincenzo per le Ardenne. In Belgio non andò bene e tornò a casa sua, al mare. Finché gli chiesero di venire al Giro, con pochissimo preavviso. Lui non voleva, ma cedette. E alla fine, se non fosse stato nella Liquigas, avrebbe potuto vincerlo. E il bello è che alla vigilia ci scherzavamo. Dove vai nelle corse a tappe, tu che sei uno da classiche? Invece quell’anno arrivò terzo al Giro e vinse la Vuelta. Aleotti è lo stesso. Nel senso che è presto dire per cosa sia fatto.

Matteo Fabbro, Rafal Majka, Giro d'Italia 2020
Ottimo Giro per Matteo Fabbro, atteso ora alla conferma
Matteo Fabbro, Rafal Majka, Giro d'Italia 2020
Ottimo Giro 2020 per Matteo Fabbro
Quindi cosa farete con lui?

Lavoreremo per il Giro d’Italia, sempre che la squadra decida di portarlo. Ovviamente non andrà a fare il leader e dopo il primo anno vedremo quali risposte ci avrà dato. Non voglio farmi ora un’idea, non voglio limitarlo. Cercherò di lavorare con lui in base alle gare che andrà a fare, perché migliori. Abbiamo tempo per scoprirlo.

Nei giorni scorsi abbiamo parlato della scelta di mettere subito Cunego sui Giri

Perfetto, sono stato accanto a Damiano dal 2004 al 2008. Se non si fosse pensato di indirizzarlo sui Giri, magari avrebbe vinto chissà quante Liegi.

Il dossier Fabbro

Sul friulano c’è da mediare fra gli slanci di stima infinita da parte dei suoi tecnici al CT Friuli, con Bressan e Boscolo in testa, e i riscontri dopo il primo Giro d’Italia da vero protagonista al terzo anno di professionismo e finalmente nel giusto ambiente.

«Matteo – dice Silvestro – è uno di quelli che mi dà le maggiori soddisfazioni. Aveva un solo anno di contratto, si è fidato totalmente ed è venuto fuori. Credo non dovesse neanche fare il Giro, invece il Covid ha fatto cambiare i piani e lui ha sfruttato benissimo l’occasione. Si fida, lavora bene, è onesto. E’ un ragazzo serio, a me piace.

Dove potrà arrivare?

E’ presto anche per lui. Non va male a crono, ma per ora direi che al Giro d’Italia non potrebbe essere il leader. Questo almeno penso io. Farà bene quello che gli dicono, magari lo vedo fare la classifica alla Tirreno o al Romandia.

Escludi sviluppi?

Per i livelli più alti bisogna aspettarlo, perché il 2020 è stato il primo anno così bene. E’ migliorato in salita, sta con i migliori scalatori. Ma gli direi che invece di fare 8° in classifica, punterei piuttosto a vincere tre tappe. L’importante è che vada di nuovo forte al Giro e si valorizzi al massimo.

Vogliamo dire qualcosa su Sagan?

Meglio aprire un altro capitolo, ci sono cose da dire…

Peter Sagan Giro 2020

Sagan e Aleotti, quali scelte tecniche per il 2021?

15.12.2020
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In questi giorni i vari team stanno effettuando il primo raduno, Covid permettendo, per provare il materiale nuovo e prendere le misure ai nuovi arrivati. Abbiamo curiosato all’interno del Team Bora Hansgrohe per capire si ci sono novità per Sagan, Aleotti e compagni per il 2021.

Peter, nessun cambiamento

Per carpire come si sono approcciati alla nuova stagione i corridori della Bora Hansgrohe abbiamo parlato con i tecnici di Specialized, che rifornisce il team tedesco. Ovviamente la nostra attenzione è ricaduta su Peter Sagan. In che modo il campione slovacco si è presentato al primo raduno? In realtà ci è stato detto che per Sagan non ci sono novità tecniche e le misure della sua bicicletta sono rimaste le stesse del 2020.
La nostra curiosità ci ha portato a chiedere se Sagan ha qualche problema di posizionamento, visto la sua pedalata non proprio perfetta. In effetti è emerso che ha il bacino che tende a ruotare e per questo motivo si affida a dei chiropratici sparsi per l’europa che lo rimettono in sesto. Sempre per questo motivo, lo vediamo spesso fare esercizi di core stability.

Sagan è convinto che questo tipo di esercizi faccia la differenza e sia una delle sue armi vincenti in sella. Inoltre, la sua muscolatura possente e particolare, gli conferisce quella pedalata un po’ aperta che è ben visibile quando è in azione.

Peter Sagan ha una pedalata particolare per via della sua muscolatura
Peter Sagna ha una pedalata leggermente aperta per via della sua muscolatura possente

Le nuove scelte di Aleotti

Per capire come cambia l’approccio con il bike fitting abbiamo chiesto informazioni anche su Giovanni Aleotti di cui abbiamo parlato in un articolo precedente. Il neoprofessionista emiliano, che a 21 anni si troverà a dover gareggiare fra i grandi del ciclismo ha delle misure un po’ particolari. Da quanto ci è stato detto da Specialized, il ragazzo di Mirandola ha un busto lungo con un cavallo corto.

Giovanni Aleotti è pronto per la nuova stagione con la sua Tarmac
Giovanni Aleotti è pronto per la prima stagione tra i professionisti con la sua Tarmac

La sua misura di telaio ideale sarebbe un 53, ma siccome il marchio americano produce il 52 e il 54, c’è stato bisogno di fare una scelta fra queste due misure. Per ora è stata scelta la strada del telaio 54 e un attacco manubrio da 130 millimetri con un’angolazione di 6 gradi a scendere. In futuro si potrebbe pensare di fargli provare un telaio più compatto, taglia 52, ma con un attacco da 140 millimetri. Vedremo che scelta farà il giovane Aleotti.

La Specialized Tarmac SL 7 sarà la bici per il 2021
La Specialized Tarmac SL 7 sarà la bicicletta del Team Bora Hansgrohe per il 2021

Tutti sul Tarmac

Infine, abbiamo chiesto se Sagan preferisce usare il Venge o il Tarmac, ma da Specialized ci hanno comunicato che stanno puntando a far pedalare tutti con il Tarmac SL 7 in quanto è una bicicletta completa, aerodinamica e molto leggera. Proprio per questo motivo Specialized ha deciso che il Venge andrà a sparire, facendo una scelta che è un po’ in contro tendenza rispetto alle ultime tendenze di mercato.

Giovanni Aleotti, Trofeo San Vendemiano 2020 (foto Riccardo Scanferla)

Aleotti, sguardi dal primo ritiro Bora

14.12.2020
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Quando giusto una settimana fa, Giovanni Aleotti ha varcato le porte dell’albergo in Baviera in cui si stava radunando la Bora-Hansgrohe, ha provato un sussulto. Era appena entrato nel paese dei balocchi. Durante il viaggio in auto, Matteo Fabbro lo aveva riempito di consigli e indicazioni, ma probabilmente l’emiliano non era preparato per la grandezza in cui di colpo si è trovato immerso. Per il più giovane dei quattro italiani dello squadrone tedesco, campione italiano degli under 23 (in apertura a San Vendemiano nella foto Scanferla), è iniziato così il 7 dicembre il viaggio nel professionismo, previsto inizialmente con la maglia arancio della CCC.

Peter Sagan, Specialized, 2020
Specialized è partner di fiducia della Bora-Hansgrohe. Qui, Peter Sagan
Peter Sagan, Specialized, 2020
Per Sagan un’altra stagione nel segno di Specialized
Che ritiro è stato?

Per loro che ne hanno già fatti tanti, il solito ritiro per il materiale, le misure, gli sponsor, le foto. Cose normali, insomma. Per me è stato ritrovarmi in una dimensione gigantesca a cercare di capire tutto, riconoscere tutti. Come il primo giorno di scuola. Solo che invece di ragionare sulle facce della singola classe, c’era tutto il liceo. Bellissimo.

Impatto positivo?

Con tutti, corridori, staff. Davvero.

Che effetto ti ha fatto incontrare Sagan?

Lo avevo già visto in corsa alla Milano-Torino, in agosto. Lui quarto, io più indietro (58°, ndr). Ma sapere di vestire la stessa maglia fa un certo effetto. Quando lui ha cominciato a vincere le corse importanti, io cominciavo a pensare che il ciclismo potesse essere un bel posto in cui cercare fortuna. Per cui l’ho sempre considerato il mio mito. Considerato che ha appena 30 anni, capisco quanta strada abbia fatto e quanto sia forte. Spero di poter imparare molto da lui.

Daniel Oss, Bora Hansgrohe 2020
Quattro gli italiani del team: Oss (nella foto), Benedetti, Fabbro e Aleotti
Daniel Oss, Bora Hansgrohe 2020
Daniel Oss uno dei quattro italiani della Bora
Siete andati in bici?

No, al massimo qualche pedalata sui rulli con Specialized e Retul per mettere a punto la posizione. E per fortuna che Fabbro aveva già la bici di allenamento e abbiamo dovuto portare giù soltanto la mia, altrimenti fra valigie e rulli non so se ci stavamo.

Valigie e rulli?

Due valigie a testa piene di abbigliamento. Materiale tecnico e un rullo Wahoo dello sponsor, che spero serva soltanto quando piove e non come nella scorsa primavera.

Davvero il paese dei balocchi…

Quando ti danno la bici nuova è sempre bello, ti viene voglia di tornare a casa e usarla. Abbiamo fatto il posizionamento senza cambiare troppo e in questi ultimi due giorni l’ho usata in allenamento. Prima volta con i freni a disco e devo dire che su strada bagnata la frenata è perfetta come su asciutto. Vengo da una Pinarello F12, ma devo dire che ho nuovamente in mano una gran bici.

Retul, posizionamento, Bora Hansgrohe 2020
Il sistema Retul, acquisito da Specialized, per il posizionamento in sella
Retul, posizionamento, Bora Hansgrohe 2020
Il posizionamento con sistema Retul
L’inglese è la lingua ufficiale?

Devo dire che aver fatto il Liceo Linguistico adesso torna davvero utile.

A quale preparatore sei stato assegnato?

Sono con Sylvester Szmyd. Me lo ricordo al Giro d’Italia insieme a Basso. Mi sto trovando molto bene con lui già da quando ho ripreso a novembre. Abbiamo tutti la testa alla prossima stagione.

Giovanni Aleotti, Gran Piemonte 2020
Per Aleotti, sforzi veri al Gran Piemonte dopo la ripresa a Extra Giro
Giovanni Aleotti, Gran Piemonte 2020
Al Gran Piemonte, dopo la ripartenza a Extra Giro
Intanto oggi si parte di nuovo, giusto?

Visto che non si farà il classico ritiro di dicembre e che a casa è un freddo cane, parto con Fabbro e Scaroni. Andiamo a Sestri Levante fino al 22 dicembre. Scaroni conosce il posto e ha prenotato. Così Fabbro continuerà a darmi i suoi consigli e piano piano mi abituerò alla nuova bici, in attesa del ritiro di gennaio.