Il giorno di Felline: tifosi, ricordi, previsioni e la pista

30.10.2022
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Una domenica in sella con Fabio Felline. Grande festa e sole splendente ad Almese, in provincia di Torino, per il ritorno della pedalata con il trentaduenne dell’Astana Qazaqstan Team, al quale hanno partecipato anche Umberto Marengo della Drone Hopper-Androni e il campione italiano paralimpico di ciclocross 2022 Fabrizio Topatigh. A margine della IX Fellinata, i cui proventi sono stati donati in beneficienza alla Fondazione Scarponi e alla Fondazione 160cm per la ricerca sulla sclerosi multipla, abbiamo chiacchierato a tutto tondo con Fabio.

La Fellinata è tornata oggi dopo due anni di stop per la pandemia (foto Umberto Zollo)
La Fellinata è tornata oggi dopo due anni di stop per la pandemia (foto Umberto Zollo)
Che effetto fa riabbracciare gli appassionati delle due ruote dopo due anni di pandemia?

Devo ringraziare l’Associazione Sul Tornante, perché senza il loro supporto sarebbe stato impossibile fare la Fellinata: hanno fatto un bellissimo lavoro.

Dalla strada alla pista, perché il 12 e il 20 novembre ti vedremo fare da cicerone al Motovelodromo Fausto Coppi: com’è nata l’idea?

Vorrei evitare quello che è successo a me: quando sono passato pro’, non avevo un riferimento, ero l’unico piemontese. Se a quell’età avessi avuto un altro Felline che usciva con me e mi diceva cosa stavo sbagliando, magari avrei avuto una spinta in più. Non voglio essere un maestro, ma voglio essere avvicinabile e aiutare qualche ragazzino volenteroso che da grande vuol fare il ciclista. Quanti non hanno mai girato in pista? Il velodromo può essere una bella alternativa per tanti allenamenti in autunno ed è un’esperienza da provare.

Felline, il figlio Edoardo e la compagna Nicoletta nel Motovelodromo di Torino, dove girerà il 12 e il 20 novembre con chi vorrà provare
Felline, il figlio Edoardo e la compagna Nicoletta nel Motovelodromo di Torino, dove girerà il 12 e il 20 novembre con chi vorrà provare
Il tuo supporter più scatenato è il piccolo Edoardo: com’è fare il papà-ciclista?

E’ bello, ma se lo vuoi far bene diventa tutto più impegnativo. In vita mia non ho mai fatto un riposino, ma ora quando lo fa lui, mi metto giù anch’io a volte. Sono cambiati totalmente i ritmi e a volte mi stupisco di me stesso, perché prima mi lamentavo, mentre adesso mi sembra di avere molte più energie per fare più cose.

Il gadget che ha rubato il cuore dei partecipanti è stata la borraccia con il pappagallo Frankie, nel nome di Michele Scarponi: ci spieghi questa scelta?

Io e Michele siamo sempre stati avversari, ma il suo modo di essere, la sua voglia di attaccar bottone e i suoi sorrisi mi hanno conquistato. C’era un rapporto di stima e rispetto tra noi e, quando è mancato, è venuta a mancare una figura simbolo. Non solo per me, ma parlo per tutto il gruppo. Mi fa molto piacere che sia venuto a pedalare con noi suo fratello Marco, che ha molto a cuore il tema della sicurezza stradale per noi ciclisti.

Felline sul palco con Marco Scarponi e Umberto Marengo. A sinistra, il nostro Alberto Dolfin (foto Umberto Zollo)
Felline sul palco con Marco Scarponi e Umberto Marengo (foto Umberto Zollo)
Quant’è cambiato il ciclismo rispetto a quando sei passato pro’?

Le dirigenze odierne hanno capito che il ferro bisogna batterlo finché è caldo, come si fa in altri sport. Non so se sia giusto o sbagliato, ma penso a quanto poco mi allenavo, a quanto tanto andavo forte da ragazzino e tutto il tempo che ho buttato via.

Ce lo spieghi meglio?

Quando sono passato pro’, sembrava un reato che l’avessi fatto troppo giovane e avevo persino ricevuto una multa dalla Federazione italiana. Oggi c’è l’esaltazione per i giovani fenomeni, mentre i veterani vengono accantonati fin troppo in fretta. E’ una contraddizione, perché i vecchi di oggi erano quei corridori a cui si chiedeva di aspettare per maturare con calma. Se hai vent’anni e vai forte, ti fanno anche provare a vincere il Tour: guardiamo cosa è successo con Pogacar: una volta si sarebbe temuto di bruciarlo.

C’è una controindicazione?

Non sappiamo se i giovani campioni resteranno meno sulla cresta dell’onda, ma penso che non ci saranno più corridori come Valverde o Nibali che vincono per così tante stagioni. Se a 20 anni fai 6,5 watt per chilo, fai la vita da super-atleta, è inevitabile che tu non possa farlo per più di un decennio.

Hai qualche rimpianto sulla tua carriera?

Da giovane mi veniva tutto facile. Mi fa effetto pensare che il misuratore di potenza l’ho preso dopo 3 o 4 anni che ero pro’, quando avevo 23 anni mi dicevano che era presto per tutto, mentre io magari mi sentivo nel giusto. Non si può sapere, certo avessi avuto meno sfiga, con la toxoplasmosi a 27 anni, che mi ha fatto perdere un anno e mezzo nel periodo in cui il ciclismo stava cambiando di più. Mi sono ritrovato a ripartire con la sensazione di aver perso il treno e dopo è arrivata anche la pandemia. Poi, se guardo i numeri, vado più forte del 2016, ma è cambiato il modo di correre e anche le mie prospettive, così ho scelto di provare a diventare un uomo-squadra e un gran lavoratore piuttosto che provare a fare il campioncino, perché dopo i 30 anni non hai più la seconda chance. Anche se il mestiere di gregario è difficile da giudicare.

La Fellinata si è svolta ad Almese, in provincia di Torino, con il patrocinio della Fondazione Scarponi (foto Umberto Zollo)
La Fellinata si è svolta ad Almese, in provincia di Torino, con il patrocinio della Fondazione Scarponi (foto Umberto Zollo)
Perché?

Tu puoi andare anche forte, ma se poi i capitani per cui lavori non vanno, il tuo lavoro è abbastanza inutile. Quest’anno dal Giro ho avuto un ottimo riscontro e se Vincenzo (Nibali, ndr) andava forte e io ero con lui, avendo gli occhi puntati, risaltava molto. Nel 2021, invece, Vlasov era meno mediatico, ma sentivo di andare comunque forte. Al di là delle tue capacità, il lavoro di gregariato viene valorizzato in base a quanto si mette in luce il capitano.

Il tuo sogno?

Ci sono andato così tante volte vicino che, non voglio dire una classica che sembra il sogno possibile, ma dico vincere una tappa in un grande Giro. Penso sia fattibile.

Sapete quanti italiani sono arrivati a Nizza? Uno solo: Felline…

16.03.2022
4 min
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Unico baluardo italiano sul traguardo di Nizza. Fabio Felline è stato il solo corridore del nostro Paese a concludere la tremenda corsa a tappe francese di inizio stagione, resa ancor più impervia dal meteo e dall’epidemia scatenatasi in gruppo. Sono appena 59 i temerari che l’hanno portata a termine. E così ieri abbiamo chiesto al trentunenne torinese dell’Astana Qazaqstan Team di raccontarci le insidie della Parigi-Nizza e le sue aspettative per le prossime uscite prima di rimettersi in sella questa mattina nella corsa che arriva proprio a casa sua, ovvero la Milano-Torino, che da quest’anno ritrova la sua collocazione tradizionale in primavera dopo che nelle ultime stagioni aveva preceduto il Lombardia a ottobre.

Fabio, come stai?

Per il momento bene e ho fatto un giretto tranquillo vicino all’hotel della squadra a Milano. Sono in camera da solo, visto quello che è successo alla Parigi-Nizza, dove sono stato l’unico della squadra a portarla a termine.

Dopo il Covid di febbraio, Felline è tornato in gruppo al Trofeo Laigueglia
Dopo il Covid di febbraio, Felline è tornato in gruppo al Trofeo Laigueglia
Che cosa è successo?

Questa volta, anche dopo aver visto l’esito dei tamponi, possiamo dire che il Covid non c’entra. E’ stato qualcosa di fulminante, qualche bronchite o tracheite che si è sparsa in gruppo. Non sono un medico, ma visto che dopo due anni in cui mettiamo le mascherine magari il nostro fisico è meno abituato ai virus che circolano già normalmente, può darsi che le difese immunitarie di noi corridori siano più basse. Una serie di coincidenze sfortunate. Anche il meteo ci ha messo del suo, perché anche quando c’era il sole, il vento era molto freddo. E forse per paura di ventagli, in genere ci si vestiva poco e si era pronti a partire a tutta già dal via.

Dunque, ha ragione Warren Barguil a dire che che la Tirreno-Adriatico è più dura altimetricamente, ma la Parigi-Nizza più stressante?

Beh, in realtà da giovedì a domenica abbiamo fatto quattro tappe con, in serie, 3.300 poi 3.000, poi ancora 3.300 e infine 2.300 metri di dislivello. Il percorso era bello duro, poi senza dubbio lo stress c’è. Si è visto con il fatto che tutte le squadre siano state decimate in corso d’opera, non solo l’Astana. Nessuno dei big della classifica ha avuto problemi di salute che io sappia, però credo che in molti, magari non avendo ambizioni, abbiano deciso di evitare un giorno extra di fatiche la domenica.

E del tuo inizio di stagione di rincorsa che ci dici?

Non è stato semplice perché ho fatto il Covid a febbraio, restando positivo per una quindicina di giorni e questo mi ha fatto saltare tutto il mese. A marzo, ho corso soltanto due giorni in Francia e poi ho fatto il Laigueglia prima della Parigi-Nizza.

Nella sesta tappa della Parigi-Nizza, Felline con Gilbert, all’ultimo anno da pro’
Nella sesta tappa della Parigi-Nizza, Felline con Gilbert, all’ultimo anno da pro’
Un bilancio della tua corsa?

Ho sofferto come un cane i primi tre giorni. Non ero in corsa e non riuscivo proprio ad esserlo, perché sentivo le gambe vuote. Poi gli ultimi tre giorni sono rinato: dalla tappa più lunga alle ultime 2 frazioni, in cui direi che sono riuscito a togliermi qualche soddisfazione. Credo che sia stato normale che non fossi al top dopo il Covid e non tutti siamo dei mostri come Pogacar. Ho sentito di altri colleghi che hanno avuto i miei stessi problemi a riprendersi dopo lo stop. Mi ero stupito delle buone sensazioni al Laigueglia, ma lì era una giornata secca, mentre in una gara a tappe la fatica si fa sentire.

Come ti presenti alla Milano-Torino?

La vivo come un passaggio nella settimana della Milano-Sanremo. Sono contento di farla, perché è la gara di casa e la prendo con lo stesso spirito di quando c’era Superga, anche se stavolta sarà per velocisti. Gli ultimi 50 chilometri li conosco a memoria.

Non ci fai nemmeno un pensierino?

C’è Gazzoli candidato per la volata. E’ giovane e forte, come ha già dimostrato in Algarve, dunque, se si arriverà allo sprint, lo farà lui. Se, invece, succederà qualcosa prima, io ci sono. 

E per la Classicissima?

Per la Sanremo l’obiettivo è innanzitutto star bene, visto il periodo, e poi onorarla al meglio. E’ la corsa dei sogni, non mi nascondo, in cui però bisogna arrivare benissimo. Io farò il possibile e sognare non guasta mai

Parigi-Nizza, partenza della 3ª tappa a Vierzon: Felline verso il via
Parigi-Nizza, partenza della 3ª tappa a Vierzon: Felline verso il via
Chi vedi favorito per sabato?

Il più forte di tutti è senza dubbio Wout Van Aert, perché può aspettare la volata o provare a staccare tutti in salita. Poi Pogacar ha dimostrato che può scombinare qualunque pronostico, è un dato di fatto. Ganna è un fenomeno, ma sia in salita sia in volata si deve difendere, per cui dovrà inventare qualcosa. 

Quali sono poi i tuoi piani?

E’ stato tutto stravolto dal Covid di febbraio. In teoria dopo la Sanremo dovevo riposare, mentre a questo punto dovrei andare in Belgio e poi forse in ritiro sul Teide. E’ tutto ancora da definire però, perché non posso stare 8 settimane via su 9 prima del Giro d’Italia, per cui decideremo strada facendo cosa fare. 

Felline cerca continuità e l’occasione per sbloccarsi

09.12.2021
6 min
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Il 2022 è ormai alle porte e Fabio Felline non vede l’ora di scoprire che cosa ha in serbo l’anno nuovo. Dopo averci portato alla scoperta della tappa del Giro sulle sue colline e all’inizio della preparazione a Calpe, il trentunenne dell’Astana Qazaqstan Team ci ha raccontato le sue ambizioni per la nuova stagione e ripercorso quella passata.

Quali sono state le ultime cose che hai fatto prima di partire per la presentazione in Kazakhstan?

Sono andato a fare un test, a provare delle scarpe e a controllare la posizione. Da più di 15 anni ormai ho un rapporto stretto con Mariano (il biomeccanico Alessandro Mariano, ndr), per cui quando c’è qualche modifica da fare, chiedo sempre prima il benestare a lui. 

Come è stato il tuo autunno?

Ho fatto quattro settimane di stacco e poi ho ripreso verso fine novembre. Con il nostro piccolo Edoardo non è che abbiamo fatto vacanza vera e propria, però qualche gita ce la siamo concessa. Ora però sono ripartito e qui in ritiro comincerò a capire quali saranno i programmi concreti.

Che ne pensi del ritorno di Nibali all’Astana? 

Con Vincenzo non avevo mai corso, ma senza dubbio è una bella motivazione averlo in squadra. Non posso dire che è il mio migliore amico, perché non abbiamo mai lavorato insieme in tutti questi anni, per cui sarà tutto da conoscere e da scoprire. Nella lista dei grandi campioni del ciclismo del nuovo millennio, dopo Alberto Contador e Fabian Cancellara, avrò l’opportunità di lavorare con un altro grande di quest’epoca.

Riavvolgendo il nastro di quest’anno: sei soddisfatto del 2021 e cosa chiedi al 2022?

Mi piacerebbe tornare a vincere come è successo nel 2020. Negli ultimi due anni sento di essere andato sempre forte, ovvio che non basta mai, però oggettivamente sono soddisfatto. 

La preparazione è ripresa: in questi giorni Fabio conoscerà i programmi 2022
La preparazione è ripresa: in questi giorni Felline conoscerà i programmi 2022 (foto Instagram)
La tappa della Tirreno-Adriatico chiusa al quarto posto dietro ai fenomeni Van der Poel, Pogacar e Van Aert è stato uno dei momenti più belli?

Sicuramente, però quello che mi è dispiaciuto è che per come andavo, soprattutto in quel periodo lì, non ho raccolto quanto avrei potuto. Faccio il mea culpa, perché ci sono stati dei periodi in cui avrei potuto vincere però, per un motivo o per un altro, non ho mai concluso nulla. Mi auguro di avere la stessa gamba, se non anche migliore e di riuscire a concretizzare con maggiore continuità.

Dove e come dipenderà dalla squadra?

Non ho ancora idea di preciso perché dobbiamo ancora definire tutto. E’ inevitabile che la mia posizione sia cambiata rispetto al passato, non sono più il Fabio Felline di 25 anni alla Trek, che faceva il jolly o il battitore libero, scegliendo di correre a sensazione. C’è un tempo per tutto, il prossimo anno compirò 32 anni: so di essere un uomo squadra e più una garanzia come bravo lavoratore che come vincente. E’ ovvio che, come ho detto, vorrei tornare alla vittoria, però il ciclismo è un lavoro e non si può sempre fare ciò che si vuole. Al Giro di quest’anno ad esempio avrei potuto giocarmi qualche tappa, però c’era un obiettivo classifica con Vlasov e per cui le mie chance sono state ovviamente di meno. L’obiettivo è andare sempre forte, perché così le cose vengono di conseguenza.

Classe 1990 come Colbrelli (qui al Fiandre 2017), Felline cerca di sbloccarsi come Sonny
Classe 1990 come Colbrelli (qui al Fiandre 2017), Felline cerca di sbloccarsi come Sonny
Come si torna a vincere dopo qualche periodo a secco?

Basta qualche situazione favorevole e la ruota gira, come sempre accade. Prendo come esempio Sonny (Colbrelli, ndr) perché siamo cresciuti insieme e fino all’anno scorso eravamo magari visti sullo stesso piano. Tutto è partito da qualcosa, non è arrivato a caso. Se non avesse preso fiducia al Romandia con la tappa vinta, magari non si sarebbe attivato tutto il circolo virtuoso col Delfinato, il campionato italiano, quello europeo e poi il trionfo di Roubaix. Quando vinci, sei più sereno, sei più appagato e non hai più nulla da perdere. Si creano delle situazioni mentali che ti fanno fare uno step ulteriore. Al Giro 2020, ad esempio, sono andato forte come non mai anche perché ero galvanizzato dall’aver vinto il Memorial Pantani a fine agosto.

Tra Sobrero e Ganna, sembra che qualcosa si muova nel ciclismo piemontese, sei d’accordo?

Loro sono due fenomeni, però il problema è che alle loro spalle c’è il buio totale.

Per quale ragione secondo te?

C’è una mentalità del cavolo. Le strade non invogliano ad andare in bici, ci sono sempre più rischi, per cui già per quella ragione un genitore, a meno che non abbia una passione reale, perché dovrebbe portare il figlio a pedalare? Poi l’altra cosa me l’ha fatta notare proprio Sobrero. Mi ha detto che quando lui era allievo o juniores, c’ero io come professionista. Vedendo che ce l’avevo fatta io, lui si è detto: «Devo farcela anch’io». Il problema è che ci sono pochissimi modelli a cui ispirarsi, basti pensare che quando sono passato pro’ io, davanti a me non c’era nessuno, l’unico era Sergio Barbero che aveva smesso 10 anni prima. E ancora prima, negli anni Novanta per ispirarsi bisognava ricordare Italo Zilioli. 

Fabio Felline, Memorial Pantani 2020
La vittoria al Memorial Pantani 2020 ha dato a Felline morale per il Giro d’Italia
Fabio Felline, Memorial Pantani 2020
La vittoria al Memorial Pantani 2020 gli ha dato morale per il Giro dello stesso anno
Dunque non sei così ottimista nemmeno per il futuro?

No e mi dispiace perché, a meno che non spunti fuori qualcuno, manca il ricambio generazionale ed è facile che per un po’ di tempo mancherà dietro a loro due. Ganna e Sobrero sono due fari, ma non bastano. Adesso ho perso il giro del ciclismo giovanile e non vorrei dire una cavolata, ma non ho sentito di allievi o juniores piemontesi che spopolano a livello nazionale per cui il timore è che debbano passare altri 10 anni per tirare fuori altri professionisti di ottimo livello.

Eppure, è una regione che pullula di appassionati delle due ruote, come lo spieghi?

Manca un vivaio in Piemonte. Quando ero piccolino, vedevo molte meno persone in bici, ma quelli che incrociavo correvano tutti, mentre adesso vedi tanta gente che ha comprato la bici, che si è avvicinata al ciclismo più tardi e purtroppo non è quello che fa il ricambio generazionale. Ci vorrebbe di nuovo maggiore cultura del nostro sport che negli anni si è un po’ persa.

Torino chiama, Felline risponde: «E’ peggio di una Liegi»

30.11.2021
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Una tappa sulle colline di Fabio Felline. Sabato 21 maggio 2022, il Giro d’Italia farà un bel regalo agli appassionati di ciclismo di Torino e dintorni. Già, perché dopo aver disegnato la cronometro che ha aperto l’edizione 2021 nel pieno centro del capoluogo piemontese, con l’apoteosi rosa di Filippo Ganna, questa volta gli organizzatori si sono sbizzarriti. Ecco pronto un inedito circuito tutto sali e scendi con alcuni passaggi tratti dalla classica più antica che esista: la Milano-Torino.

La Maddalena e Superga

La 14ª frazione, che arriverà verso la fine della seconda settimana, potrebbe davvero fare sfracelli. Propone un dislivello di 3.600 metri concentrato in appena 153 chilometri. L’unica pianura prevista è all’inizio, nei 10 iniziali. Dopodiché i corridori dovranno arrampicarsi per tre volte sul Colle della Maddalena (il punto più alto della collina torinese coi suoi 715 metri) e per due a Superga sfiorandò la Basilica, tristemente nota anche per il disastro aereo che costò la vita ai giocatori del Grande Torino il 4 maggio 1949.

Nel finale, ancora lo strappo di Santa Brigida, prima di dirigersi verso il traguardo che sarà di fronte alla Gran Madre al termine del rettilineo di corso Moncalieri. Proprio come accaduto sia in occasione della crono inaugurale di quest’anno sia nella passerella conclusiva del 2016. Quella volta Giacomo Nizzolo venne declassato dai giudici e la vittoria fu assegnata al tedesco Nikias Arndt.

Per Felline il 2022 sarà la terza stagione con l’Astana
Per Felline il 2022 sarà la terza stagione con l’Astana

Fra Giro e Tour

Quel Giro se lo aggiudicò Vincenzo Nibali, che quest’anno tornerà all’Astana e sarà uno dei capitani della formazione in cui Felline corre dal 2020. Il trentunenne torinese non sa ancora che cosa l’aspetti nella terza stagione con la squadra kazaka e lo scoprirà soltanto a partire dalla settimana prossima. Dopo la presentazione ufficiale in Kazakhstan, volerà infatti a Calpe per cominciare la preparazione e stilare i programmi.

«Non so ancora dire se farò Giro, Tour o Vuelta tra i grandi Giri – comincia a raccontare – parlando con lo staff però, devo ammettere che, dopo due anni in cui il focus principale è stato sul Giro, ho espresso il mio desiderio di correre soprattutto il Tour. Non perché preferisca l’uno o l’altro, ma perché sono alla ricerca di nuovi stimoli. Con la Grande Boucle, a parte il 2019 che l’ho conclusa, non ho avuto un gran rapporto sin qui. Mi ricordo ancora di quando nel 2017 mi dovetti ritirare perché avevo scoperto di avere la toxoplasmosi. Se invece la priorità sarà il Giro, sarò prontissimo a un’altra avventura rosa».

Il Giro arriverà alla Basilica di Superga scalando il versante Bric del Duca e non da Pino Torinese
Il Giro arriverà alla Basilica di Superga scalando il versante Bric del Duca e non da Pino Torinese

Largo alle fughe

Anche perché riguardo a quella tappa che si diceva in precedenza, praticamente quelle pagine del Garibaldi potrebbe disegnarle lui.

«Non l’ho disegnata io questa tappa – sorride – perché l’avrei fatta un po’ meno dura rispetto a quella scelta dagli organizzatori. Però penso che quella lì è una un’occasione per andare in fuga per molti corridori, anche perché il giorno dopo c’è il tappone di montagna che finisce a Cogne. Come spesso accade, anche questa volta i big potrebbero lasciare via libera, almeno sulla carta. E’ anche vero però che quel dislivello lì di 3.600 metri in così pochi chilometri può fare veramente male: se un big è in palla, c’è terreno per far veramente danno ai rivali».

Le strade di casa

Fabio pensa al Tour, ma quella tappa così speciale lo stuzzica proprio: «Abito lì sotto le faccio sempre quelle salite. Forse la strada che conosco meno è quella che all’inizio da Santena porta alla collina, mentre tutte le altre le faccio almeno una volta alla settimana quando sono ad allenarmi a Torino. Questa sì che si può dire che sia la tappa di casa e sarebbe uno degli elementi più affascinanti se dovessi partecipare al Giro».

Nel 2014 in maglia Trek sulla salita di Superga, che aveva già affrontato in corsa nel 2012 a 22 anni
Nel 2014 in maglia Trek sulla salita di Superga, che aveva già affrontato in corsa nel 2012 a 22 anni

Peggio della Liegi

E facendo volare il pensiero a quest’eventualità, ipotizza i vari scenari: «Fosse una corsa di un giorno come una classica, direi che è proibitiva per me. Ma nel contesto di un grande Giro è diverso e può capitare di trovarsi nelle condizioni ottimali per fare bene. Comunque questa è peggio di una Liegi, sono salite vere: lo chiamano con un altro nome, ma il Bric del Duca sarebbe Sassi-Superga, quella della Milano-Torino e tutti hanno visto almeno in tv che con quelle pendenze così dure non si scherza. Pensare che bisogna farlo due volte e tre la Maddalena, più gli ultimi strappi finali... Se ti trovi nella fuga giusta, può diventare davvero una giornata stimolante. Come detto però, bisognerà vedere anche chi porterà l’Astana come uomo di classifica per il Giro, se Nibali o Lopez oppure entrambi e quindi magari può darsi che la tattica di squadra imponga una corsa più accorta».

Potendo contare su un Cicerone così per quella tappa c’è da star certi che, se Fabio sarà al via della Corsa Rosa, ne vedremo delle belle. 

Amadori: «Rivedremo in nazionale Tiberi e Piccolo»

11.11.2021
5 min
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Marino Amadori resta al comando degli under 23. Avendo sulle spalle 11 anni da professionista, 10 anni da direttore sportivo e 17 da tecnico federale (fra donne e under 23), poco di quello che gli succede attorno lo scuote. Basta sapersi adeguare, fare al meglio il proprio mestiere e il resto viene da sé. Così, reduce anche lui dalla due giorni organizzativa di Milano e ancor prima dalla vittoria iridata con Baroncini (foto di apertura), inizia a stendere il lenzuolo della prossima annata chiedendosi se poi sia davvero cambiato il mondo.

«E’ stata una cosa buona – dice – con un’impostazione molto organizzata fra noi tecnici. Si era fatto qualcosa di simile in passato, ma mai con tutti i settori presenti. Per l’attività non è cambiato nulla, abbiamo parlato dei programmi che vorremmo fare e adesso aspettiamo la valutazione del Consiglio federale».

Tiberi 2019
Antonio Tiberi è stato iridato juniores a cronometro nel 2019, non era a Bruges per scelte ormai abbandonate
Tiberi 2019
Il laziale Tiberi, iridato juniores a crono nel 2019, non era a Bruges per scelte ormai abbandonate

Tiberi e i mondiali

Ai mondiali, alla vigilia della crono, ci eravamo confrontati con Marino sul tema affrontato in un editoriale: perché Tiberi non era stato convocato per la cronometro under 23? Seppure ci fossimo trovati d’accordo sul principio della valorizzazione del giovane talento e sul bene che gli avrebbe fatto riassaporare l’adrenalina di un mondiale, dopo aver vinto quello da junior nel 2019, Amadori aveva lasciato capire che la politica di non convocare atleti professionisti era stata adottata dall’alto e a quella si era attenuto. Mentre Amadio, poco distante ma ancora non nel pieno delle sue funzioni, aveva precisato che, volendo, Amadori avrebbe potuto convocarlo. Si era in piena transizione, ora le cose seguono un corso diverso.

Felline fu convocato ai mondiali U23 del 2012, ma non la visse troppo bene
Felline fu convocato ai mondiali U23 del 2012, ma non la visse troppo bene
Oggi convocheresti Tiberi?

Amadio è propenso a questa strada. La categoria Uci riguarda atleti dai 18 ai 22 anni, senza riferimenti allo status contrattuale. Potendo fare il mondiale, anche noi andremo alla partenza con la squadra più attrezzata. Prima non era così scontato. Per cui valuteremo il percorso e gli atleti che avremo a disposizione. Però non c’è nulla di scontato. Ricordate Felline?

Mondiali under 23 di Limburgo 2012…

Esatto, il professionista io l’ho convocato. Aveva vinto il Memorial Pantani la settimana prima, ma venne su quasi infastidito perché voleva correre il mondiale dei pro’ e non fece proprio una gran corsa. Questo per dire che se anche prendi un corridore di un certo livello, bisogna che sia motivato. Il nome non basta.

La collaborazione fra Amadori e Salvoldi proverà a invertire la tendenza di bruciare le tappe
La collaborazione fra Amadori e Salvoldi proverà a invertire la tendenza di bruciare le tappe
Il fatto che si valuti la fascia d’età ti permette di selezionare anche quelli che da juniores vanno tra i pro’. Cosa pensi di questa tendenza?

Non è il massimo. La gente non capisce che di Remco Evenepoel c’è solo lui. Questo qui non è uno junior che andava forte. E’ uno che ha vinto tutte le tappe del Lunigiana e tutte le gare a tappe cui ha partecipato nel 2018. Che ha vinto gli europei strada e crono e poi i mondiali strada e crono. Ora mi dite quanti di quelli che stanno passando direttamente professionisti hanno avuto risultati appena simili? Per crescere c’è bisogno di salire un gradino alla volta.

Ora gli juniores sono stati affidati a Salvoldi, ci sarà collaborazione con lui per cercare di raddrizzare la cultura di squadre, atleti e famiglie?

Sicuramente sarà il primo punto, ma è qualcosa che si faceva anche prima.

Si parla molto del pool di esperti che faranno da supporto trasversale ai tecnici federali.

Confermo, daranno consigli e aggiornamenti al settore che si rivolgerà a loro. Sono più aggiornati di noi su metodologie e sistemi e ci terranno aggiornati su aspetti grazie ai quali guadagnare i piccoli margini per fare la differenza.

In che modo sarà strutturata la stagione internazionale degli under 23?

Sostanzialmente ruoterà attorno alla Coppa delle Nazioni, anche se ha solo 4 tappe, ai Giochi del Mediterraneo in Algeria a luglio, gli europei ad Anadia in Portogallo e i mondiali in Australia.

E le crono le seguirà Velo.

Con la massima collaborazione, provando a inserire elementi giovani perché facciano esperienza. Valuteremo i nomi. Ci sono under 23 che hanno fatto bene da juniores, sui quali bisognerà lavorare per tenerli nel giro della nazionale. E’ importantissimo per corridori come Tiberi, Milan e lo stesso Piccolo sapere che il filo con la maglia azzurra non si interrompe. Anche perché alcuni passano tanto presto e poi rischiano di perdere contatto.

In questo c’è il vero elemento di novità…

E’ il nostro indirizzo. Non escludo di convocare presto Piccolo e credo che saranno esperienze utili ad esempio anche a uno come Verre, che è passato secondo me troppo presto. Capisco il discorso economico, ma nel professionismo bisogna pensare a lungo termine. Noi cercheremo di stare vicini ai nostri ragazzi.

Felline 2021

Felline: «I giovani devono imparare il rispetto»

17.09.2021
5 min
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È il detentore e quello che ha vinto più volte il Memorial Marco Pantani, ma sabato 18 settembre – giorno della gara intitolata all’indimenticato Pirata, giunta alla 18esima edizione – Fabio Felline non sarà al via.

Il 31enne torinese dell’Astana-Premier Tech è impegnato al Tour de Slovaquie (fino al 19) e in questo finale di stagione ha dovuto fare delle scelte di calendario per ritrovare il giusto colpo di pedale. A scapito anche delle gare italiane, compresa quella romagnola (199 km da Castrocaro Terme a Cesenatico) che ha vinto nel 2012 e l’anno scorso.

La gara organizzata dal Gs Emilia è stata l’occasione per sentire Felline dopo che a fine maggio era diventato padre del piccolo Edoardo e dopo un’estate piuttosto tranquilla dal punto di vista agonistico.

Fabio, iniziamo dal Memorial Pantani. Puoi descrivercelo?

Il percorso è quello classico col circuito comprendente la salita di Montevecchio (5 km, 369 metri di dislivello, pendenza media del 7 per cento e massima del 15, ndr) come punto decisivo per fare un po’ di selezione. Poi ci sono una serie di mangia e bevi e ancora lo strappo di Longiano (al 6 per cento, ndr) che tuttavia non credo possa fare ulteriori grosse differenze anche perché mancano circa 40 chilometri al traguardo. Il finale prevede un circuito cittadino di 5 chilometri da ripetere 4 volte.

Felline Pantani 2012
Il primo successo di Felline al memorial Pantani, all’estrema sinistra la sua volata vincente, era il 2012
Felline Pantani 2012
Il primo successo di Felline al memorial Pantani, all’estrema sinistra la sua volata vincente, era il 2012
Tracciato adatto a ruote veloci che tengono bene in salita proprio come te. Una tua previsione?

Innanzitutto bisogna dire che sarà importante non consumare troppe energie nella fase centrale. I passisti veloci dovranno fare attenzione ad eventuali forcing di chi è più scalatore di loro. Detto questo, solitamente è sempre arrivato un gruppo ristretto e uomini come Colbrelli e Trentin, per dirne due che hanno certe caratteristiche e che arrivano dagli Europei con una grande gamba, possono vincere.

Ti spiace non poter correre il Pantani?

Sì anche se forse non sarei stato competitivo come avrei voluto. Personalmente tornare alle gare che ho già vinto penso sia un’arma a doppio taglio perché ti aspetti sempre qualcosa in più. Con la squadra ho dovuto decidere e abbiamo preferito andare in Slovacchia per fare quel volume che una gara a tappe sa darti.

Felline Pantani 2020
Otto anni dopo Fabio Felline torna a primeggiare al memorial Pantani, unico a realizzare la doppietta
Felline Pantani 2020
Otto anni dopo Fabio Felline torna a primeggiare al memorial Pantani, unico a realizzare la doppietta
Dopo un buona prima parte di stagione (quarto posto nella tappa pazza di Castelfidardo alla Tirreno e stesso risultato nella prima al Tour of the Alps) come sei arrivato a dover rivedere il tuo calendario?

Fino al Giro d’Italia avevamo un programma ben definito e con l’arrivo del figlio avevo chiesto alla squadra una breve periodo meno intenso. Però, senza fare alcuna polemica, tra gare saltate ed una programmazione non ottimale, sono tornato in corsa solo ad agosto all’Arctic Race in Norvegia. Ero nella lista per fare la Vuelta ma il team ha fatto altre scelte. A quel punto sono andato a Plouay e mi sono ammalato e non sono nemmeno riuscito a fare il Benelux Tour. Infine ho fatto dieci giorni in altura per presentarmi al meglio per il finale.

Tu sei in scadenza con l’Astana, com’è tua situazione contrattuale? Resti o cambi aria?

Sono in attesa di sapere le ultime novità ma so che ero uno degli uomini che volevano riconfermare. Anzi in questo senso avevamo già fatto un pre-accordo però devo ancora mettere nero su bianco.

Felline Savio 2012
Felline con Gianni Savio: la sua esperienza all’Androni si è rivelata una scuola fondamentale
Felline Savio 2012
Felline con Gianni Savio: la sua esperienza all’Androni si è rivelata una scuola fondamentale
Allora queste ultime gare stagionali sono un ulteriore stimolo per mettersi in mostra e far sciogliere eventuali dubbi sulla riconferma.

Assolutamente sì. Nel calendario italiano ci sono ancora tante corse benché alcune realisticamente non siano troppo adatte alle mie caratteristiche. Però l’importante è andare forte e dimostrarlo.

La nascita del figlio ti ha cambiato la vita?

Se intendi in bici, ovvero prendere dei rischi, no. Non ho avuto dei blocchi. Già da qualche tempo ero più mentalizzato nel non dover per forza osare più del dovuto in volata o in discesa, ad esempio. Devo dire però che ha accresciuto il senso di responsabilità mio e della mia compagna.

Fabio sei diventato prof molto giovane, con una sola stagione negli under 23. Nel 2010 a vent’anni sei stato buttato nella mischia al Tour de France. Cosa pensi di questa tendenza che vuole molti giovani a passare presto?

Ripensandoci, il mio problema fu quello di passare giovane in un ambiente con la mentalità vecchia per certe cose. Correre quel Tour fu una grande esperienza perché imparai tante cose dai senatori del gruppo. Disputai solo otto tappe poi mi promisero di correre il Giro l’anno dopo che partiva proprio da Torino. Non lo corsi e ci rimasi male. Mi sentivo come in un frullatore. Solo dagli anni con Savio (corse con la Androni nel biennio 2012-13, ndr) in poi sono cresciuto veramente e in Trek (nelle successive sei stagioni, ndr) ho fatto un ulteriore salto di qualità. Questo per dire che ci vuole tempo per diventare un vero professionista.

Felline gruppo 2021
Oggi Felline è considerato fra i più esperti del gruppo e ai giovani non le manda a dire…
Felline gruppo 2021
Oggi Felline è considerato fra i più esperti del gruppo e ai giovani non le manda a dire…
L’aspetto psicologico è fondamentale…

Sì, adesso c’è molto più stress sui giovani. Ho sempre detto che se un ragazzo ha i numeri tra i professionisti prima o poi si vedranno ma dipende a che prezzo. Se ti chiedono risultati subito e non li fai, rischi di essere considerato non all’altezza, viceversa se li fai rischi che te ne chiedano sempre di più e di arrivare a 26 anni già spremuto psicofisicamente. Io dico che ci vuole pazienza con i giovani ma vorrei consigliare una cosa.

Quale?

Mi piacerebbe che nelle categorie giovanili insegnassero il rispetto verso chi è più vecchio ed esperto. Quando sono passato io c’erano ancora grandi corridori come Cancellara o Armstrong e non mi sarei mai permesso di buttarmi in una curva in mezzo a loro con spavalderia. Oggi stare in gruppo è difficile. Ti ritrovi molti neopro o giovani che non guardano queste cose e risultano piuttosto irriverenti senza trarne vantaggio o senza avere certi numeri per esserlo. In gruppo ci sono ancora gregari che sono professionisti da tantissimi anni, che magari non hanno mai vinto o fatto piazzamenti e non posso vedere che certi giovani manchino di rispetto a loro. Forse in questo senso manca un vero leader come in passato.

Battistella Arctic Race 2021

Dall’Arctic Race arriva un nuovo Battistella

14.08.2021
4 min
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E’ dovuto andare fino al Circolo Polare Artico, per scoprire una parte di se stesso. Erano ormai un paio d’anni che da Samuele Battistella ci si attendeva un segnale, una dimostrazione che quel titolo mondiale U23 arrivato nel 2019 non era stato casuale, ma anzi il primo segno di una carriera importante. All’Arctic Race, gara in 4 tappe disputata in Norvegia, Battistella ha chiuso con un 4° posto che vale molto di più per come è maturato, per come il corridore veneto si è comportato, per come soprattutto ha saputo gestire la sua squadra, l’Astana per la prima volta tutta stretta intorno a lui.

Inizialmente, almeno a suo dire, le cose non dovevano andare così: «Io pensavo di cercare un’occasione per vincere magari una tappa, invece con il 5° posto nella prima frazione ho visto che avevo la gamba e alla sera si è deciso di spostare le responsabilità su di me».

Battistella 2021
Una stagione tutta a inseguire la forma, quella di Battistella, qui al Giro d’Italia chiuso all’82° posto
Battistella 2021
Una stagione tutta a inseguire la forma, quella di Battistella, qui al Giro d’Italia chiuso all’82° posto

Una sfida al… caldo della Norvegia

Quando parla della gara norvegese, è particolare l’approccio che il giovane veneto ha mostrato: «Mi incuriosiva molto correre da quelle parti, pensavo anche a dare un’occhiata ai paesaggi che attraversavamo, non capita spesso di superare il Circolo Polare Artico. Quel che mi ha colpito di più però è stato il clima: salvo la pioggia del primo giorno, abbiamo sempre trovato temperature intorno ai 25°, lì certo non te le aspetti…».

Ma torniamo alla gara: «Quando mi hanno detto che avrebbero corso per me è stata una bella sensazione, ma sapevo anche che ci dovevo mettere molto del mio per meritarmi tanta fiducia. La gamba però girava bene e alla fine ho chiuso 4° nella frazione più dura e sono rimasto sempre con i migliori, anche nell’ultima tappa».

Arctic Race 2021
L’Arctic Race of Norway è andata a Hermans (BEL), davanti a Eiking (NOR) e Lafay (FRA). Battistella ha chiuso 4° a 20″
Arctic Race 2021
L’Arctic Race of Norway è andata a Hermans (BEL), davanti a Eiking (NOR) e Lafay (FRA). Battistella ha chiuso 4° a 20″

Ma non è finita qui…

Un piazzamento il suo che raddrizza un po’ una stagione che non era nata sotto i migliori auspici: «Tra un incidente e l’altro non sono mai riuscito ad andare come volevo per tutta la primavera, diciamo che ora comincio a raccogliere i frutti del lavoro, molto più tardi di quanto avrei voluto, ma almeno la stagione è ancora lunga e posso avere altre occasioni, tra Plouay e il BinckBank Tour, ad esempio».

Quando hai solo 23 anni, tutto ha un sapore nuovo, quando ne hai 31, l’esperienza ti porta a giudicare in maniera diversa. Fabio Felline ha preso Battistella sotto la sua ala, lo ha per così dire pilotato in corsa, anche se poi a ben guardare non ce n’era neanche tanto bisogno: «Non mi ha sorpreso più di tanto, doveva solo stare bene, sapevo che poteva gestire la corsa con autorità come ha fatto. Correndoci insieme ti accorgi subito che ha non solo talento, ma “quell’imprinting vincente”, lo si è visto quando la squadra si è votata per lui: la cosa lo ha stimolato, non spaventato».

Felline Adriatica 2021
Fabio Felline, 16° in classifica finale, ha corso in supporto a Battistella, trovandolo molto maturato
Fabio Felline, 16° in classifica finale, ha corso in supporto a Battistella, trovandolo molto maturato
Fabio Felline, 16° in classifica finale, ha corso in supporto a Battistella, trovandolo molto maturato

Da Felline un gran bel giudizio

Si sente, parlando di lui, che Felline ha una grande considerazione del giovane: «Sa il fatto suo anche caratterialmente: al Giro d’Italia si è messo a disposizione della squadra svolgendo ogni compito, in Norvegia si è fatto sentire quando serviva, si vede che sa interpretare il ruolo di capitano e che sa prendersi le sue responsabilità. Di qualità ne ha a iosa, si vede, ora che sta bene deve solo sfruttare le sue potenzialità».

Parole che, dette da un corridore che ha sicuramente molto prestigio in virtù di quello che ha fatto hanno un peso. Da parte sua Felline, parlando di se stesso, è molto sincero: «Se avessi dovuto fare la Vuelta mi sarei preparato diversamente, considerando invece il programma che mi aspetta ho scelto di lavorare con più calma, quindi in Norvegia non ero certo al massimo e mettermi a disposizione di Samuele, guidarlo anche con qualche parola mi è sembrata la cosa migliore. La gara era molto veloce, basti pensare che la media peggiore nei quattro giorni è stata di 43,5. Potevo finire più avanti in classifica, ma a che cosa sarebbe servito?».

Mastro Della Vedova, profeta del ciclismo piemontese

08.07.2021
6 min
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E’ il momento d’oro del ciclismo piemontese. Negli ultimi mesi sono fioccati i sigilli dei talenti di questa regione, in cui brilla la stella di Filippo Ganna, trascinatore del movimento insieme a Elisa Longo Borghini tra le donne. Alle spalle dei due assi che macinano successi già da qualche stagione, sono arrivate le zampate di Matteo Sobrero, al primo titolo tricolore assoluto nella cronometro di Faenza e quelle di Francesca Barale, figlia di Florido, capace di indossare la seconda maglia di campionessa italiana nel giro di sette mesi tra le junior. Dopo la prova su strada della scorsa annata, ecco quella nella gara contro le lancette a fine giugno.

Per farci raccontare qualche retroscena, abbiamo chiesto a chi di talenti piemontesi se ne intende come Marco Della Vedova, ex pro’ salito in ammiraglia. E’ stato lui a plasmare alcuni dei campioni sopracitati. L’abbiamo raggiunto mentre è al lavoro con Rcs Sport per studiare il percorso di due classiche d’autunno come la Milano-Torino e il Giro del Piemonte.

Marco, che ne pensi di questi campioni tuoi conterranei che hai visto crescere sin da ragazzini?

Sono felicissimo perché davvero li ho seguiti da vicino nella loro crescita, a parte Elisa Longo Borghini, con cui avevo fatto soltanto qualche test quando era esordiente. Anche lei comunque, l’ho vista sfrecciare tante volte sin da piccolina davanti a casa mia, perché siamo originari di due paesi vicini: io sono di Mergozzo e lei di Ornavasso, per cui ci divide soltanto il fiume Toce.

C’è un risultato che ti sta a cuore nello specifico?

Quello di Sobrero, perché è uno dei pochi corridori per cui penso di averci messo un po’ del mio. I vari Felline, Alafaci, Ganna e Piccolo sono tutti corridori che avevano già un certo pedigree, per cui era più facile farli andar piano che forte. Sobrero, invece, arrivava senza grandi exploit tra gli allievi, per cui l’abbiamo preso quasi per scommessa attraverso un mio amico sponsor, Donini, un po’ anche perché il papà faceva il vino. 

Un Ganna in erba, nel 2014, prima del passaggio fra gli under 23 (foto Scanferla)
Un Ganna in erba, nel 2014, prima del passaggio fra gli under 23 (foto Scanferla)
E poi?

E’ cresciuto e gli ho messo subito in testa la crono perché ho visto che andava forte in salita. Durante il primo anno da junior, nella Crono Sbirro, a Biella, aveva fatto una prova strepitosa, arrivando a 20” da Ganna, che non era in super forma in quel momento. Però è stata una gara che ci ha dato fiducia per proseguire su questa strada. Anche perché prima di partire non andava bene la bici da crono e così gliene ho data una che avevo di riserva e che in passato aveva utilizzato Felline. 

Come avete costruito questa maglia tricolore?

Matteo è cresciuto avendo davanti Ganna e Affini, per cui essendo un corridore di 60 chili da junior faceva un po’ fatica, però ci ha sempre creduto. Tant’è vero che il secondo anno ha vinto il Giro del Veneto proprio con una cronometro.

Ci sono margini per vederlo crescere ancora?

La cronometro non è la sua specialità al 100 per cento, però se il percorso è mosso come quella degli italiani, gli si addice. Poi lui è molto bravo a guidare la bici, davvero un funambolo: si butta dentro e sa quello che fa. E’ ovvio che Ganna, essendo un metro e 90, fa più fatica, anche se pure lui è migliorato parecchio nel controllo del mezzo.

Da junior Sobrero, piemontese di Alba, aveva già un’ottima predisposizione per le crono: qui nel 2014 (foto Scanferla)
Da junior Sobrero, piemontese di Alba, aveva già un’ottima predisposizione per le crono: qui nel 2014 (foto Scanferla)
Filippo lo segui ancora da vicino?

Adesso ci vediamo un po’ meno, anche perché lui è di base in Svizzera e al giorno d’oggi i corridori passano davvero pochissimo tempo a casa. Però quando è qui, ci incrociamo e due parole le scambiamo sempre. Siamo in contatto, non quotidianamente come quando era uno junior, ma il rapporto tra di noi è sempre ottimo.

Come lo vedi in ottica olimpica?

Sono convinto che abbia delle ottime possibilità, sia nella crono sia nell’inseguimento. In pista ha dei compagni non proprio alla sua altezza, ma penso che sarebbe difficile trovarli su scala mondiale visto il livello che ha raggiunto. Però basta che gli diano quei quattro cambi giusti e possono portare a casa tutti insieme qualcosa di eccezionale. So che il ct Marco Villa li sta motivando al massimo e che i ragazzi ci credono, per cui si può ambire a molto.

E su strada?

Non bisogna lasciarsi influenzare dal risultato di Faenza: quando prende una sberla, Filippo ne dà una più forte. L’ha sempre fatto anche da junior e lo si è visto anche quest’anno al Giro d’Italia che, dopo aver preso due scoppole nelle gare di preparazione, ne ha rifiliate due agli altri quando più contava nella Corsa Rosa. La sconfitta al campionato italiano sarà uno stimolo per l’Olimpiade. Ovviamente non è il percorso cucito su di lui, però se la giocherà. Se fosse stato un tracciato tutto piatto, sarebbe stato iper favorito, ma Pippo al 100 per cento è una “carogna” e in salita va come un treno: già da junior volava.

Prima del campionato italiano di Faenza, la piemontese Francesca Barale ha vinto la Euganissima Flandres (foto Scanferla)
Prima del campionato italiano di Faenza, la piemontese Francesca Barale ha vinto la Euganissima Flandres (foto Scanferla)
Dove può migliorare ancora?

Il prossimo step, dopo le Olimpiadi, per me è di puntare alla Milano-Sanremo e alle classiche del Belgio per crescere ancora. E’ nella squadra giusta e ha davanti 5 o 6 anni in cui può fare classiche o anche brevi corse a tappe non troppo dure, magari lasciando un po’ da parte il lavoro a crono per qualche tempo.

Anche tra le donne si parla tanto piemontese…

Non conosco tanto bene Elisa Balsamo, che speriamo ci faccia sognare a Tokyo. Mentre, grazie anche al papà che sento ogni giorno, seguo da vicino Francesca Barale. E’ una diciottenne molto seria, che è cresciuta un passo alla volta, ma soprattutto che ha una passione incredibile. Quando hai questa voglia di far fatica e di arrivare in alto, puoi davvero fare grandi cose e io ci scommetterei al buio su di lei. Ai miei ragazzi dico sempre: se date 100 alla bici, ricevete 100. La “Baralina” è così e ha un futuro radioso davanti perché va forte su tutti i terreni, diciamo che il Dna aiuta visti il papà e il nonno che correvano. Potrebbe raccogliere il testimone di Elisa Longo Borghini, intanto però godiamoci questo momento d’oro per il ciclismo piemontese e per il Verbano Cusio Ossola.

Fabio, Nicoletta, Edoardo e nonno Gianni: storie di Giro

30.05.2021
4 min
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Figlio del Giro d’Italia. Non c’è vittoria che tenga per Fabio Felline: «L’evento più importante della mia vita è la nascita di Edoardo». E come dare torto al trentunenne torinese dell’Astana-Premier Tech che venerdì pomeriggio, dopo aver sfidato le pendenze terribili dell’Alpe di Mera, si è fiondato giù in picchiata e, dopo aver avuto l’autorizzazione della squadra, si è recato in macchina all’ospedale dove l’aspettava la sua compagna Nicoletta Savio e il nascituro voglioso di uscire prima che terminasse la 104ª edizione della Corsa Rosa. 

Felline ha corso con l’Androni nel 2012 e 2013, qui dopo la vittoria di Gatteo alla Coppi e Bartali 2013
Felline ha corso con l’Androni nel 2012 e 2013, qui dopo la vittoria di Gatteo alla Coppi e Bartali 2013

Di buon mattino

Alle 5,17 di ieri mattina, ecco il nuovo arrivato. Fiocco azzurro, ma le sfumature rosa del Giro ci sono tutte.

«E’ stato un qualcosa di stupendo, davvero bellissimo – racconta ancora molto emozionato Fabio – Edoardo ha anticipato di qualche giorno la data prevista, già giovedì notte Nicoletta era stata ricoverata per delle contrazioni, ma tutto era sotto controllo. Poi, dopo la tappa dell’Alpe di Mera, mi ha confermato che era questione di ore e così dopo l’arrivo sono partito in direzione Torino. Sono stato lì dalle 3,30 di notte e ho assistito al parto, è stato speciale».

Insomma dopo aver scortato Aleksandr Vlasov per tre settimane era arrivato il momento di tagliare un altro traguardo, senza dubbio il più emozionante che un uomo possa raggiungere.

Dopo l’Alpe di Mera, è rientrato a casa e all’alba di ieri ha visto nascere suo figlio Edoardo
Dopo l’Alpe di Mera, è rientrato a casa e all’alba di ieri ha visto nascere suo figlio Edoardo

Un Giro strano

A marzo, dopo la grande prova alla Tirreno-Adriatico, Fabio ci aveva svelato della paternità imminente e che il primogenito sarebbe nato nel periodo immediatamente successivo al Giro d’Italia. Come il papà sfreccia in bici, anche Edoardo, evidentemente, andava di fretta.

«Se fosse nato un giorno dopo, avrei completato il mio compito per la squadra al 100 per cento nell’ultima tappa di montagna, ma credo comunque di aver fatto tutto il possibile. In generale – aggiunge Fabio – sono contento del lavoro svolto, anche se mi è mancato non avere ambizioni personali per inseguire il risultato di squadra come concordato. In fin dei conti poi, non siamo arrivati così lontani dal podio che era il nostro obiettivo ed era alla portata. Peccato aver avuto un po’ di sfortuna, come la mantellina che blocca la ruota nella tappa di Cortina o altre vicissitudini».

Da ieri le priorità sono aggiornate: «Adesso mi concentro sulla cosa più importante che è mio figlio, poi penserò alle prossime gare che, se tutto procederà per il meglio, saranno il Giro di Slovenia e poi il campionato italiano».

Nicoletta (a sinistra) e Fabio in un’immagine del 2018: i due sono molto discreti (immagine da Facebook)
Nicoletta (a sinistra) e Fabio in un’immagine del 2018: i due sono molto discreti (immagine da Facebook)

Nonno Gianni

C’è un’altra persona “in Giro” che non vede l’ora di conoscere e tenere in braccio Edoardo. E’ nonno Gianni Savio, team manager dell’Androni Giocattoli-Sidermec, che attende l’ultima fatica odierna prima di scoprire il suo nuovo ruolo familiare: «Fabio mi ha mandato subito foto e video già di primissima mattina, è stato molto emozionante diventare nonno mentre il Giro d’Italia era nel mio Piemonte. Per la nostra squadra l’obiettivo era di salire sul podio finale di Milano in una delle speciali classifiche e l’abbiamo centrato, perché oggi Simon Pellaud verrà premiato per il primo posto nella graduatoria relativa al numero di chilometri in fuga: 783. Un capitano non può abbandonare la nave, per cui dovevo seguire i miei ragazzi dall’ammiraglia e andrò a conoscere Edoardo soltanto stasera dopo la cronometro finale».

Tra nonno e papà, il futuro di Edoardo su due ruote sembra già delineato, ma Gianni con un sorriso aggiunge: «Lasciamo che vada dove lo porterà il cuore, altrimenti si rischia l’effetto contrario».