La Eolo-Kometa cerca sponsor: caro Basso, cosa c’è?

27.05.2023
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LONGARONE – Gli ultimi tre anni tra le professional e ieri la Eolo-Kometa ha diffuso un comunicato in cui si annuncia la ricerca di un primo nome che le permetta di crescere. La squadra avrebbe i mezzi per mantenere lo stesso livello, si legge, ma l’obiettivo è diventare più grandi. Sembra di leggere gli annunci attraverso cui negli ultimi anni Patrick Lefevere e Jonathan Vaughters hanno trovato gli attuali sponsor: una strategia di cui abbiamo parlato direttamente con Ivan Basso, che in questi giorni del Giro è in fermento proprio per dare alla sua squadra il futuro che ai suoi occhi merita.

Luca Spada con sua moglie Tiziana. Fra le attività di famiglia, anche Dinamo: azienda che produce integratori
Luca Spada con sua moglie Tiziana. Fra le attività di famiglia, anche Dinamo: azienda che produce integratori

Mercoledì sera al Giro è tornato Luca Spada. Nel luglio del 2021, il signor Eolo ha venduto il 75 per cento della sua azienda a Partners Group, il fondo che oggi è chiamato a rinnovare la sponsorizzazione del team. I dati in termini di ritorno di immagine sono entusiasmanti, ma ormai non si tratta più di una partita fra poche teste, quanto di un’operazione che dovrà necessariamente tenere conto di tutti gli azionisti. Se Eolo avrà voglia di crederci, la squadra sarà disposta a tenere le porte aperte. Altrimenti si seguiranno altre direzioni.

Come nasce questo comunicato?

In questi tre anni, che sono sei contando anche i tre come continental, questa squadra ha costantemente vissuto un processo di crescita, valutando e rivalutando alcuni corridori. Credo che le due vittorie di tappa al Giro (quella di Fortunato nel 2020 e quella di Bais quest’anno, ndr) siano le ciliegine sulla torta, ma non ci sono solo quelle. Bais nello specifico è un corridore che si è rivalutato molto. Albanese si è rigenerato e come lui anche Fortunato. In questo Giro d’Italia abbiano raggiunto 10 piazzamenti nei dieci, una presenza costante che nasce da un metodo di lavoro.

La Eolo-Kometa ha corso un ottimo Giro, vincendo una tappa e piazzandosi spesso: Basso ne è orgoglioso
La Eolo-Kometa ha corso un ottimo Giro: Basso ne è orgoglioso
Quale ragionamento ha fatto scattare tutto questo?

Abbiamo degli ottimi giovani, due sono attualmente fra i primi dieci alla Corsa della Pace. E allora ritengo che questa squadra debba avere un budget che la allinei alle migliori professional europee, per ambire a seguire il percorso di altre che ci hanno preceduto. La Bora, ad esempio: era una continental, è diventata professional e poi WorldTour. E’ un percorso fisiologico che secondo me, con costanza e determinazione, è alla nostra portata.

Perché quel comunicato?

I nostri sponsor continuano a darci fiducia. Con alcuni abbiamo contratti pluriennali, con altri stiamo cercando di rinnovare. Però è chiaro che ne cerchiamo di nuovi e il modo migliore è quello di dirlo. Grazie all’arrivo di nuovi investitori sappiamo di poter fare un ulteriore salto di qualità per il quale ci sentiamo pronti. Non sarò più io a pregarli, chi non vuole starci deve sapere che possiamo andare avanti ugualmente.

Alla partenza da Longarone, Basso ha salutato Ryder Hesjedal, re del Giro 2012
Alla partenza da Longarone, Basso ha salutato Ryder Hesjedal, re del Giro 2012
La struttura che c’è dietro era già nata per qualcosa di più grande?

Ogni anno abbiamo cercato di capire quali fossero le aree su cui investire. Avevamo un budget e di volta in volta abbiamo deciso come distribuirlo per crescere come struttura. Quest’anno ad esempio abbiamo speso decine di migliaia di euro nei ritiri in altura sul Teide, che per me sono stati per anni un cruccio. Non ero mai riuscito a farli e invece quest’anno ci siamo riusciti. Abbiamo ingaggiato Ellena ed è anche giusto che Zanatta, con cui lavoro da anni (i due sono insieme in apertura, ndr) e che ha in mano la responsabilità della direzione sportiva, possa guadagnare per quello che vale. 

Hai parlato della Bora, che è diventata WorldTour con l’arrivo di Sagan. Avere più budget permetterebbe di ingaggiare qualche corridore di nome?

Chiaro, questo è uno degli obiettivi, ma noi abbiamo anche atleti di valore che senza il budget necessario, saremmo costretti a cedere. “Juanpe Lopez”, che l’anno scorso è stato in maglia rosa, era nostro ed è andato alla Trek-Segafredo perché non potevamo tenerlo. Vogliamo continuare a investire sui giovani.

Durante questo Giro, Davide Bais ha conquistato la tappa di Campo Imperatore
Durante questo Giro, Davide Bais ha conquistato la tappa di Campo Imperatore
Può bastare per crescere a certi livelli?

Abbiamo due atleti, Piganzoli e Tercero, due corridori molto simili che sono costantemente tra i migliori d’Europa. Se abbiamo la bravura e la pazienza di tirar fuori il loro talento, in due o tre anni avremo sicuramente corridori di un certo valore. Fra due anni, Piganzoli potrebbe essere un novello Zana e magari potrebbe vincere una tappa al Giro.

Quindi dietro la ricerca dello sponsor c’è in realtà la volontà di raccontare bene quello che avete costruito?

Abbiamo questa ambizione e siamo convinti che se questo messaggio viene amplificato, si riesce a catturare l’attenzione di qualcuno cui possiamo spiegare che cosa stiamo facendo. Quello sarebbe già un interessante primo passo. E chissà che dai contatti che verranno fuori, non nasca qualcosa di importante…

Piganzoli in Ungheria: una top 10 tra i campioni

18.05.2023
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Davide Piganzoli rientra dal Giro di Ungheria con una top 10 in classifica generale. Un risultato che arriva in una corsa da tempo molto gettonata tra i giovani corridori. Non dimenticando, tuttavia, che il livello in corsa è davvero molto alto, tra i partecipanti quest’anno c’era anche Bernal. Il corridore della Eolo-Kometa, classe 2002, è alla prima stagione tra i grandi. 

«Sto bene – attacca Piganzoli – sono tornato dall’Ungheria da qualche giorno e mi sto godendo il Giro. Ora mi alleno per qualche giorno a casa e poi partirò insieme a Marino (Amadori, ndr) per l’Orlen Nation Grand Prix in Polonia».

Durante l’inverno Piganzoli non ha modificato la sua preparazione rispetto allo scorso anno (foto Instagram)
Durante l’inverno Piganzoli non ha modificato la sua preparazione rispetto allo scorso anno (foto Instagram)

Un piccolo stop

Il valtellinese non correva da un mese, dal GP Indurain, una caduta lo aveva messo fuori gioco. Il Giro di Ungheria era la sua prima gara dopo un periodo di recupero, il risultato è positivo, ed ha lasciato nell’animo di Piganzoli tanto buon umore. 

«Dopo la caduta in Spagna – riprende – mi sono allenato poco, ma quando mi sono ripreso sono riuscito a farlo nel migliore dei modi. Avevo qualche dubbio sulla mia condizione prima di correre, d’altronde mancavo dalle gare da un mese. I primi due giorni ho pensato a salvare la pelle, le squadre dei velocisti la facevano da padrone. I corridori presenti erano tutti di primo livello, basti pensare che degli sprinter presenti molti faranno il Tour de France. Nella seconda tappa sono finito a terra, per fortuna non ho subito infortuni particolari e mi sono rimesso in bici subito. Rientrando anche in gruppo prima dell’arrivo, così da non perdere secondi preziosi». 

Per Piganzoli anche qualche battuta con Bernal riguardo le cadute di entrambi, il colombiano è andato a terra durante la prima tappa
Per Piganzoli anche qualche battuta con Bernal riguardo le cadute di entrambi

Accanto ai campioni

Il Giro di Ungheria rappresentava per Piganzoli la terza corsa a tappe della stagione. La prima è stata l’Istrian Spring Trophy, poi è arrivata la Settimana Internazionale Coppi e Bartali e infine l’Ungheria. Un crescendo di difficoltà, sia di percorsi che di avversari. 

«Effettivamente – racconta – trovarsi a correre accanto a Hirschi e Bernal fa uno strano effetto. Soprattutto se considerate che Egan lo guardavo vincere il Giro ed il Tour, nelle tappe ungheresi, invece, ero pronto a stargli a ruota. Ho avuto anche modo di parlare con lui, prima del via della terza tappa. Nelle due frazioni precedenti siamo caduti entrambi e scherzavamo sui vari bendaggi.

«Nella terza e quarta tappa i ritmi si sono alzati – dice Piganzoli – complice il percorso più duro. Devo ammettere che mi sono sentito bene, anche se quando i pezzi forti scattavano un po’ ne risentivo. Ma stiamo lavorando per migliorare anche questo aspetto, d’altronde sono solamente pochi mesi che sono professionista».

Anche Piganzoli è caduto, nella seconda tappa, ma non ha perso tempo dai primi
Anche Piganzoli è caduto, nella seconda tappa, ma non ha perso tempo dai primi

La top 10 finale

La classifica generale del Giro di Ungheria si è disegnata nella quarta frazione. Che si è rivelata anche l’ultima vista la neutralizzazione della quinta a causa del maltempo. L’arrivo di Dobogoko era in salita e per di più dopo 200 chilometri. Un ulteriore banco di prova per Piganzoli, che però ha risposto bene. 

«Quella tappa mi ha fatto entrare nella top 10 finale – racconta soddisfatto – visto che mi sono piazzato nono sull’arrivo. E’ stata una frazione davvero difficile, sia per la distanza (206 chilometri, ndr) sia per l’arrivo in salita. Un’ascesa non difficile ma di una decina di chilometri alla quale si arrivava dopo uno strappo di cinque minuti fatto a tutta. Una grande differenza rispetto allo scorso anno è il fatto che anche ai piedi della salita si arriva a cannone. La lotta per le migliori posizioni è serratissima.

«Il gruppo – ricorda – si è ridotto fino a venticinque corridori ed io sono riuscito a rimanere sempre tra i primi. Mi è capitato più volte di sentire mal di gambe, l’anno scorso forse avrei mollato, ma quest’anno no. Fa tutto parte dell’apprendimento, diciamo che c’è uno stimolo particolare nel fare sempre di più. Un’altra cosa che posso dire è che la distanza si fa sentire, un conto è fare una salita dopo tre ore di corsa, un altro è farla dopo quattro ore e mezza».

Il classe 2002 è stato uno dei primi a credere nel progetto Eolo-Kometa (foto Instagram)
Il classe 2002 è stato uno dei primi a credere nel progetto Eolo-Kometa (foto Instagram)

Prossimi impegni

Piganzoli, come detto all’inizio, ora si prepara per correre con la nazionale under 23 in Polonia. Ma quali saranno i suoi prossimi impegni con i professionisti, e come si preparerà? Il valtellinese, come raccontato dallo stesso Ivan Basso, non ha mai fatto ritiri in altura da under 23, quest’anno sono in programma?

«A livello di preparazione – chiude – rispetto allo scorso anno non è cambiato molto, il metodo usato ha funzionato prima e va bene anche ora. I ritiri in altura non li ho ancora inseriti, complice anche la caduta che mi ha fatto rimanere fermo per un po’. Ora correrò in Polonia, poi dovrei fare il Giro di Slovenia e quello d’Austria. A luglio, probabilmente, inserirò il primo ritiro in altura, in quel mese dovrei essere più tranquillo a livello di calendario».

Davide Bais da sogno. Campo Imperatore è suo

12.05.2023
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CAMPO IMPERATORE – Uno scatto secco. Uno solo. Come il manuale del buon ciclista impone e Davide Bais ha vinto la sua prima gara da professionista. Il corridore della Eolo-Kometa conquista il prestigioso traguardo di Campo Imperatore.

Prendersi un arrivo in quota al Giro d’Italia è qualcosa che non capita molto spesso. «Quando Petilli è scattato e Davide è rientrato bene, ha capito di avere buone gambe e lì ci ha davvero creduto», ci racconta Stefano Zanatta direttore sportivo della Eolo-Kometa. Anche se lui era nell’ammiraglia dietro al gruppo, ha avuto sempre la situazione sotto controllo.

I tre protagonisti della fuga di giornata: Karel Vacek, Simone Petilli e Davide Bais, ormai sulle rampe del Gran Sasso
I tre protagonisti della fuga di giornata: Karel Vacek, Simone Petilli e Davide Bais, ormai sulle rampe del Gran Sasso

Tre chilometri

La tappa scorre via nel cuore dell’Abruzzo. Il gruppo lascia fare e il distacco dilaga. Si può andare all’arrivo dunque. La scalata finale si fa man mano più intensa, sia per la tensione della gara, sia per la pendenza.

«E’ una grande gioia per me – racconta in maglia blu, Davide Bais – sull’ultima salita ho tenuto duro agli attacchi, soprattutto quelli di Simone Petilli. Sapevo che non dovevo mollare perché ero il più veloce. Gli ultimi tre chilometri sono stati i più duri e i più belli per me».

E Davide Bais se l’è giocata bene. Ha gestito ottimamente nervi ed energie. Ai 300 metri è partito e ha immediatamente aperto un gap. I massaggiatori della Eolo, dietro l’arrivo hanno iniziato subito ad abbracciarsi.

Gruppo sornione, la fuga va e Davide Bais ne approfitta
Gruppo sornione, la fuga va e Davide Bais ne approfitta

Fratelli al Giro

Intanto nelle stanze del vecchio hotel di Campo Imperatore, quello che tenne prigioniero Mussolini, i corridori si radunano alla spicciolata. Si scaldano sotto ai “funghi”. Qualcuno fa i rulli. E tra coloro che si cambiano, c’è anche Mattia Bais, fratello di Davide. Entrambi altro prodotto del Cycling Team Friuli.

Mattia è il ritratto della felicità. «Ho saputo ai due chilometri che Davide aveva vinto. Ho iniziato a festeggiare come se avessi vinto io. Gli altri in gruppo mi guardavano…

«Oggi dovevamo provarci io o lui. E’ entrato lui e va bene così. E’ un giorno importante per Davide, per me, per la squadra».

«Stare qui al Giro con mio fratello – replica Davide in conferenza stampa – è davvero bello: ci si aiuta, ci si confronta. E statene certi che presto anche lui si farà vedere. Siamo due corridori simili, due attaccanti. Le differenze? Due anni di età, qualche centimetro di statura e io che sono più disordinato!».

Zanatta, la strategia

E dire che tra le tante tappe forse questa era quella meno cercata dagli Eolo-Kometa. In effetti hanno speso parecchio in questa prima fase di Giro con Albanese, con Gavazzi e con lo stesso Davide Bais, già in fuga. 

«E’ una vittoria importantissima – spiega Zanatta – per la nostra squadra. E’ dall’inizio del Giro che siamo protagonisti. Abbiamo speso tanto e oggi non dovevamo cercare la fuga per forza. Anche perché credevamo che la corsa l’avrebbero fatta i team degli uomini di classifica».

Invece succede che gli uomini di classifica oggi non ne vogliono sapere. E quando iniziano gli scatti per andare in fuga i ragazzi della Eolo dovevano giusto buttarci un’occhio. Cosa che ha fatto Davide Bais.

«E’ andata proprio così – dice Zanatta – ma dico anche che siamo stati fortunati. Quando abbiamo visto che erano arrivati a 12′ a quel punto è cambiata la fuga stessa: si poteva arrivare. Ed è stata tutta un’altra gestione». 

Come dice Zanatta è cambiata la fuga. A quel punto si è trattato di far stare tranquillo il ragazzo. Anche perché era un bel po’, dalle categorie giovanili, che Davide non vinceva. Poteva emozionarsi

«Abbiamo cercato – conclude Zanatta – di non fargli pesare il fatto che si sarebbe giocato una tappa del Giro. Gli abbiamo detto di ragionare chilometro per chilometro, di mangiare, di bere… Solo nel finale gli abbiamo detto di tenere sott’occhio soprattutto Petilli, per noi il più forte. Anche se ai piedi di Rocca Calascio temevamo ancora il gruppo. Se un team degli uomini di classifica si fosse messo a tirare con decisione, sarebbero potuti rientrare. La scalata finale, nel suo insieme era di oltre 40 chilometri».

Ma non è successo. I tre davanti sono andati forte. E l’epilogo lo conosciamo.

Un Fortunato in crescita, in marcia dalle Asturie sull’Italia

30.04.2023
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Il tono di voce non è più quello del ragazzino felice per aver pescato il jolly. Lorenzo Fortunato ha terminato le premiazioni alla Vuelta Asturias e ora sta facendo rotta verso l’albergo. Stasera cenerà con la squadra e poi tornerà a casa.

Mancano sei giorni al Giro d’Italia. Anche nel 2021, il bolognese passò da qui e arrivò tredicesimo, per poi vincere sullo Zoncolan. Questa volta se ne va con una vittoria di tappa e la classifica finale nello zaino e lo stesso avvicinamento alla corsa rosa cambia di sapore. Non è tanto per la vittoria, fa capire Lorenzo, quando semmai per la consapevolezza che il buon lavoro svolto finora sta dando buoni frutti.

«Sono contento – ammette quando gli chiediamo se si senta finalmente più leggero – ma vi dico che prima non mi sentivo così pesante. Vincere è stato un’ottima cosa per me e per la Eolo-Kometa, perché mi dà fiducia. Conferma il fatto che si è lavorato bene. Al Tour of the Alps ci eravamo mossi nel modo giusto. Prima o poi torna tutto ed è da tutto l’anno che stavano facendo bene».

Il duello tra Fortunato ed Einer Rubio ha animato la Vuelta Asturias
Il duello tra Fortunato ed Einer Rubio ha animato la Vuelta Asturias

Vittoria e prudenza

Ieri è ventuta la vittoria di tappa a Cangas del Narcea, con la lucidità di chi vuole alzare le braccia, ma non vuole rischiare un solo grammo più del necessario, per non compromettere il Giro. Sull’Alto de Acebo, Fortunato ha sferrato il primo attacco, prima con Einer Rubio e poi restando da solo. Il margine di 45 secondi era tranquillizzante, ma c’era ancora da fare la discesa verso l’arrivo, con tutte le possibili insidie del caso e in testa la maledetta serie di cadute dello scorso anno. Poco importa perciò che al traguardo i 45 secondi siano diventati 30. Sono bastati per alzare le braccia al cielo e ritrovare la vittoria che mancava dal 16 giugno 2021, quando si prese il Monte Grappa e la classifica finale della Adriatica Ionica Race.

«Sono molto contento – ha detto ieri – sull’ultima salita ho cercato di andare a tavoletta per lasciarmi tutti alle spalle e non dover rischiare in discesa, visto che il Giro è alle porte e voglio fare bene lì. E’ stato incredibile riuscire ad andare da solo e vincere. Ora è il momento di difendere il primato in classifica generale, ma sono molto tranquillo perché tutti i miei compagni e la squadra hanno dimostrato di essere molto forti».

Ieri a Cangas del Narcea, la vittoria di Fortunato e la maglia di leader
Ieri a Cangas del Narcea, la vittoria di Fortunatoe la maglia di leader

Tour of the Alps e Teide

Oggi si è trattato di controllare Einer Rubio per impedirgli di essere troppo minaccioso, con quel sottile piano di vincere la tappa con Vincenzo Albanese, invece anticipato a Oviedo da Pelayo Sanchez della Burgos BH.

«Sono stati tre giorni importanti – prosegue Albanese – e ora in testa abbiamo il Giro. La squadra ha girato bene, abbiamo tirato tutto il giorno. Abbiamo tenuto la fuga vicina, ma purtroppo alla fine siano stati anticipati (Albanese è arrivato secondo a 17”, ndr). Arrivo a Pescara con due vittorie, una tappa e la generale, ma per fare il bilancio di questa primavera aspetterò fine maggio. La differenza di avvicinamento rispetto allo scorso anno è il fatto che quest’anno sono passato attraverso il Tour of the Alps e un blocco di altura in più sul Teide. Sono arrivato a queste corse un po’ più leggero dello scorso anno e questo mi ha facilitato in salita. In tutti gli sport, il livello si è alzato, perciò bisogna cercare di migliorare ogni anno. Non bisogna sentirsi mai arrivati. Io ho cercato di migliorare, sapevo di poterlo fare in alcune cose e l’ho fatto. Ma adesso penserò già a cosa poter migliorare ancora per il futuro».

Einer Rubio sarà al Giro. Il secondo posto finale dà valore alla vittoria di tappa al UAE Tour
Einer Rubio sarà al Giro. Il secondo posto finale dà valore alla vittoria di tappa al UAE Tour

Si punta alle tappe

Quello che forse ci si aspettava, come detto all’inizio, è che la vittoria fosse un momento di sblocco. Invece Fortunato da questo punto di vista resta in equilibrio, senza lasciarsi andare a grossi slanci.

«Lo scorso anno – dice – non è stato difficile come magari si sarebbe potuto pensare da fuori. Vi dico la verità: io sono sempre migliorato. Dal 2021 al 2022 ho fatto un saltino e poi ne ho fatto un altro quest’anno. Magari per la stampa non è stato così. Per me il 2022 è stato un anno buio per le cadute e non per i risultati. Per quelli sono sempre rimasto sereno, perché sapevo che stavo lavorando bene. E con lo stesso spirito vado al Giro. Proverò a partire più tranquillo, dato che saranno decisive la seconda e la terza settimana. Non guardo la classifica, ma guarderò le tappe. Se poi il piazzamento verrà di conseguenza, tanto meglio. Il primo anno ho vinto una tappa e sono arrivato 16°. L’anno scorso guardavo alla classifica e sono arrivato 15°, perciò voglio correre tranquillo. Guarderò le tappe e se nell’ultima settimana sarò lì davanti, allora la imposterò in modo diverso».

Nella tappa finale di Oviedo, Vincenzo Albanese ha colto il secondo posto: il 4° del 2023
Nella tappa finale di Oviedo, Vincenzo Albanese ha colto il secondo posto: il 4° del 2023

Recupero e relax

Da qui alla partenza del Giro, ci sarà da recuperare. Stasera cena con i compagni, poi se ne starà tranquillo con Veronica. Ceneranno a casa, perché di cene al ristorante ne ha fatte e ne farà sin troppe. Le prime tappe a suo dire permettono di ambientarsi in modo graduale.

«Dopo la crono – spiega – ci sono due giornate intermedie, per cui magari quando arriviamo a Pescara facciamo un bell’allenamento con la squadra, ma per muovere le gambe. Ho corso e fatto altura sul Teide, devo solo recuperare. Saremo in Abruzzo da mercoledì e sabato finalmente si parte…».

Dopo 5 mesi di stop, Albanese è già in caccia

12.04.2023
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Se arrivi a metà aprile e nelle gambe non hai neanche un chilometro di gara, qualche preoccupazione sotto sotto la provi se non sei più che avvezzo al ciclismo che conta. Vincenzo Albanese si è presentato al via del Giro di Sicilia con una marea di dubbi, eppure, parlandoci nelle ore di immediata vigilia della partenza, si percepiva nel suo tono di voce non la paura, ma la voglia di spaccare tutto. Alla fine la tappa iniziale, da Marsala ad Agrigento ha prodotto un secondo posto che è figlio proprio di quella grande carica. Un podio che riannoda il filo con la passata stagione.

Vincenzo aveva una straordinaria voglia di salire in sella e vedere la bandierina dello start abbassarsi, proprio per mettere fine a un’astinenza troppo lunga.

«Cinque mesi senza gare – afferma il toscano dalle origini salernitane – sono davvero tanti. Tutto è nato il 20 gennaio, quando sono caduto in allenamento, da lì è scaturita una serie di problemi. Innanzitutto un’infiammazione ai testicoli, poi a un ginocchio, senza dimenticare che mi ero tagliato il viso e hanno dovuto mettere dei punti. Sono stato fermo 2 settimane, quando poi ho ripreso la bici, è tornata l’infiammazione al ginocchio… Stavo perdendo la pazienza».

La prima tappa del Giro di Sicilia è stata la corsa di esordio di Albanese nel 2023 (foto Maurizio Borserini)
La prima tappa del Giro di Sicilia è stata la corsa di esordio di Albanese nel 2023 (foto Maurizio Borserini)
Tutto colpa della caduta? L’infiammazione ai testicoli ti ha costretto a un cambio di posizione in sella?

Per fortuna no, non ho dovuto cambiare misure, anche perché la causa non era la posizione. Ho dovuto ricominciare con calma, vedendo intanto che i compagni passavano da una gara all’altra, ma tutto questo non ha fatto altro che darmi una carica ulteriore.

In che condizioni sei?

Potrà sembrare strano, ma mi sento davvero bene, come raramente è capitato. La preparazione poi è andata senza intoppi, ho fatto due proficue settimane di altura. Sono arrivato in Sicilia con sensazioni ottime che la strada ha subito confermato. Certamente non correre per tanto tempo pesa, non posso negarlo, serve l’abitudine, ma gli obiettivi principali della stagione sono ancora lontani.

Il corridore della Eolo-Kometa è stato protagonista di un 2022 brillantissimo, con il ritorno al successo in Francia
Il corridore della Eolo-Kometa è stato protagonista di un 2022 brillantissimo, con il ritorno al successo in Francia
Facciamo un passo indietro, che ne dici del tuo 2022?

E’ stato un anno molto buono, non solo per la vittoria in Francia al Tour du Limousin (foto di apertura), ma perché ho mantenuto una buona condizione per oltre 7 mesi e non è da tutti. In 72 giorni di gara sono finito nella top 10 in 33 occasioni, significa andare davvero forte considerando il livello medio. Purtroppo alcuni imprevisti hanno un po’ ostacolato l’andamento dell’annata, ho saltato alcune gare importanti altrimenti si poteva essere anche più felici. Oltretutto non ho fatto a tempo a finire il Giro di Croazia a inizio ottobre che mi sono preso il Covid, finendo anche prima del previsto.

Spesso nel ciclismo si guardano solo le vittorie, ma essere così tante volte nei quartieri alti della classifica ha un significato…

Eccome, intanto perché al team Eolo-Kometa serve, considerando che sono punti per il ranking. Poi perché, come dicevo, essere in prima fila per tanto tempo è difficile, questo ciclismo non ti regala niente. Noi ci dobbiamo accontentare, non siamo fenomeni, di quelli ce ne sono abbastanza…

Per Albanese un inizio 2023 difficile, una caduta in allenamento gli ha fatto perdere tutto l’inizio stagione
Per Albanese un inizio 2023 difficile, una caduta in allenamento gli ha fatto perdere tutto l’inizio stagione
A questo proposito, in base alle tue esperienze in corsa e a quello che hai visto in questo avvio di stagione, è vero che nel gruppo si respira ormai un complesso d’inferiorità nei confronti dei vari Pogacar, Van Der Poel, Van Aert e compagnia?

Sì, è la realtà perché quando sei in corsa ti accorgi che la differenza è netta. Non dipende solo dall’enorme talento di quei 5-6 corridori che dominano la scena, sono anche le squadre che grazie a loro prendono un po’ il sopravvento, così vedi che nel gruppo ci sono 2-3 team che dominano. So però che non sarà così per sempre, dopo qualche anno i rapporti di forza cambiano di nuovo ed emergono altre squadre. Ma il fatto che negli ordini di arrivo davanti ci sono sempre gli stessi alla fine fa capire che sono di un’altra categoria.

Al prossimo Giro d’Italia vedi anche tu Roglic e Evenepoel unici candidati alla maglia rosa?

Non si può mai dire con certezza, in tre settimane incidono tanti fattori, ma sicuramente partono in pole position, non solo loro ma i loro team di supporto. Sono di un altro pianeta, poi avranno anche bisogno di fortuna.

Questo è il terzo anno alla Eolo Kometa: «Perdere l’attività con il team mi è pesato tanto»
Questo è il terzo anno alla Eolo Kometa: «Perdere l’attività con il team mi è pesato tanto»
Tu al Giro che cosa vuoi fare?

L’imperativo è fare bene, come lo scorso anno, ma magari raccogliendo qualcosa in più in termini di tappe. Per me centrarne almeno una è primario. Dopo il Sicilia andrò alla Vuelta a Asturias e poi dritto verso la corsa rosa, senza altra altura, solo preparazione per aumentare la “fame” di corse e di successi.

Dopo il secondo posto di Agrigento sei pronto a riprovarci?

Certamente, l’arrivo di Termini Imerese è ideale per le mie caratteristiche ma anche nella tappa finale di Giarre, anche se l’altimetria è severa, penso di provarci. Non lo nascondo, farei volentieri a cambio di tanti piazzamenti con almeno una vittoria in più dello scorso anno, soprattutto se di buono spessore.

Come si gestiscono i fratelli in squadra, parola a Zanatta

03.04.2023
5 min
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Essere fratelli nella stessa squadra: il ciclismo, ma lo sport in generale, più volte ha proposto questa situazione. Ci sono punti di forza e altri meno, specie se tra i due c’è un corridore di primissimo piano e uno che va decisamente meno. Senza tornare ai tempi di Serse e Fausto Coppi, abbiamo analizzato questo aspetto con Stefano Zanatta.

Il direttore sportivo della Eolo-Kometa, oggi si ritrova i fratelli Bais, Davide e Mattia (in apertura foto Borserini), ma in passato ha avuto a che fare con i Sagan, Jurai e Peter, e chiaramente un po’ di esperienza in merito ce l’ha.

Zanatta (con Basso, a sinistra) in riunione sul bus prima di una corsa
Zanatta (con Basso, a sinistra) in riunione sul bus prima di una corsa
Stefano, dai Sagan in cui cera un “centro di gravità”, ai fratelli Bais…

Chiaramente tutto è diverso, Peter… era Peter: un gigante. Fu lui ai tempi della Liquigas a volere il fratello in squadra. Dopo le prime vittorie quando gli chiedemmo di prolungare il contratto, lui chiese però di ingaggiare Jurai. Peter era così, voleva aiutarlo, era il suo lato umano.

Dicevamo che Peter era un super corridore, il fratello ben più normale: come si gestiva questo rapporto?

Togliendo i ritiri, che Peter amava fare in California, per il resto facevano vita a sé. Avevano preso un appartamento a Cima d’Olmo e conducevano la loro vita. E non sempre correvano insieme. 

Quando erano alle corse condividevano la stanza?

Raramente. Peter era in camera molto spesso con Da Dalto, Oss o chi altro c’era… In squadra erano considerati due corridori, non due fratelli. Ed è quel che succede con i Bais. Quel che cambia per noi, in meglio, quando si ha a che fare con due fratelli è la logistica: organizzare le partenze è più facile! Se fanno la stessa gara c’è un solo aereo, un solo transfer. 

Era il 2011 e Jurai Sagan, raggiungeva il fratello Peter alla Liquigas, dove uno dei diesse era Zanatta. I due hanno sempre corso insieme
Era il 2011 e Jurai Sagan, raggiungeva il fratello Peter alla Liquigas, dove uno dei diesse era Zanatta
E’ chiaro…

Di certo noi non abbiamo preso Mattia per fare compagnia a Davide. Loro vivono insieme, a volte si allenano insieme, condividono molto. E Mattia, che è più esperto (ha un paio di anni di più, ndr) dà qualche consiglio a Davide.

A proposito di prendere Mattia. Ricordiamo una frase di Ivan Basso a bordo strada di una Tirreno. Mattia era ancora con l’Androni e ci fece: «Mattia Bais, per adesso è con loro, ma magari lo prenderemo»: è stato di parola…

Eh sì. Mattia è arrivato un po’ tardi questo inverno, all’ultimo minuto direi. Lui si è liberato dalla Drone Hopper per quel che è successo alla squadra (la chiusura del team, ndr). A noi anche si è liberato un posto. Il suo profilo era buono per il nostro team, visto che Mattia è un attaccante, un coraggioso. Inoltre aveva già vinto due volte il premio delle fughe al Giro… Ci è sembrato utile alla nostra causa e lo abbiamo ingaggiato.

E come sono i rapporti tra loro? Tu che sei diesse come li vedi? Si ha la sensazione di uno più forte dell’altro?

In questo caso hanno caratteri e caratteristiche simili. Sono generosi e altruisti. A volte l’ambizione è provare a fare di più. E’ uno sprone a vicenda, ma sempre per la squadra. Alla Tirreno per esempio c’era da dare una mano a Davide per la fuga e anche Mattia ci si è buttato, senza pensarci troppo. Anche se un filo di agonismo c’è. Quello buono, del tipo: «Se c’è riuscito lui, ci posso riuscire anche io». Sono “rivali” per certi aspetti e questo è stimolante.

Davide (classe 1998) e Mattia (classe 1996) alla sua ruota, in fuga insieme durante l’ultima Tirreno
Davide (classe 1998) e Mattia (classe 1996) alla sua ruota, in fuga insieme durante l’ultima Tirreno
Se magari arriva qualche rimprovero, qualche ramanzina da parte del team c’è chi veste i panni dell’avvocato difensore?

Beh, non è che vada proprio così. Sono professionisti, non si fanno ramanzine: piuttosto si analizzano eventuali errori dopo una gara. Se invece c’è qualcosa di più serio, si parla a tutta la squadra, tanto quello che ha sbagliato lo sa che ci si riferisce a lui, ma il monito vale per tutti. Quindi direi di no: nessun avvocato difensore.

Insomma prima sono professionisti e poi fratelli. Jurai si sentiva mai in obbligo nei confronti di Peter?

No, non mi è sembrato almeno. E neanche noi ci sentivamo in obbligo di farlo con Peter. Anche perché erano molto diversi. Poi è chiaro, se avessimo avuto i fratelli Schleck, che potevano vincere ovunque e grandi corse, magari le cose sarebbero potute andare diversamente. Ripeto: erano considerati due atleti distinti del team, così come i fratelli Bais oggi alla Eolo-Kometa.

Prima hai accennato a quel filo di sana rivalità: a casa si aiutano? Si allenano insieme?

Direi di sì, ma anche in questo caso ci sono delle differenze. Mattia e Davide hanno due preparatori differenti. Sono entrambi due coach del team, ma sono in due distinti gruppi di lavoro. Quando è arrivato Mattia infatti, la divisione era già fatta ed è finito con il coach che aveva il posto libero. Pertanto molto spesso fanno lavori specifici differenti. Magari uno esce alle dieci e l’altro alle nove. Uno deve fare la distanza e l’altro tre ore di specifici. Di buono c’è che in quella zona (il Trentino, ndr) ci sono altri corridori e capita ogni tanto che escano tutti insieme. Per dire il loro programma: in questi giorni Mattia è sul Teide e Davide alle corse.

Eolo-Kometa e Malta: che potenziale insieme!

31.03.2023
4 min
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Malta ed il team EOLO KOMETA: un rapporto di partnership e di sponsorizzazione avviato giusto l’anno scorso, alla vigilia della partenza del Giro d’Italia dall’Ungheria, che prosegue e si arricchisce di spunti e nuove “attivazioni”. Su tutte, il primo ritiro stagionale che la formazione di Alberto Contador e Ivan Basso ha svolto nell’arcipelago maltese sul finire dell’anno scorso. Un primo test – ben riuscito – per dare il via ad un programma sempre più fitto ed intenso di iniziative rivolte a mettere in evidenza e a promuovere Malta come una nuova ed interessante “bike destination”.

«Difficile immaginare che un luogo così piccolo possa regalare così tante cose diverse tutte insieme – dichiarano dalla squadra – e proprio questa è la sensazione che abbiamo provato un po’ tutti lasciando Malta dopo una settimana passata a vivere le isole… quell’inevitabile tristezza che ti sale dentro quando stai partendo da un posto che ti è entrato nel cuore. Abbiamo trascorso una settimana senza fiato, circondati da luoghi così belli da toglierci il respiro».

I corridori della Eolo-Kometa e Ivan Basso hanno passato dei giorni ad allenarsi sulle strade dell’isola di Gozo
I corridori della Eolo-Kometa e Ivan Basso hanno passato dei giorni ad allenarsi sulle strade dell’isola di Gozo

Perfetta per l’outdoor

Racconti e ricordi di un ritiro fatto con un gruppo di atleti della squadra, arrivati sull’isola a pedalare ma anche a guardare, osservare, farsi circondare da storia e bellezza. E a scoprire che Malta è perfetta perché è sempre capace di darti quello che le chiedi. Strade su cui andare in bicicletta, buone per il professionista che deve allenarsi per una stagione impegnativa, come per il cicloamatore. Sentieri su cui pedalare con la Mtb, a scoprire angoli sorprendenti e mescolare il rumore del vento con quello del cuore che batte in gola… e con un mare meraviglioso dai colori inaspettati, spiagge sabbiose, silenzi e serenità. E poi la storia, l’arte, il passato di un luogo che ha visto l’avvicendarsi di popoli e persone. L’accoglienza della gente, sincera e senza secondi fini, tipica di chi è contento di accoglierti in casa sua.

Visit Malta è sponsor del team professional di Ivan Basso ed Alberto Contador
Visit Malta è sponsor del team professional di Ivan Basso ed Alberto Contador

«Abbiamo pedalato molto sull’isola – ha dichiarato Vincenzo Albanese – e io mi sono reso conto di quanto sia rigenerante fare fatica in mezzo alla bellezza. In modo particolare, mi ha colpito molto l’isola di Gozo: ci tornerei anche adesso, ma per fare un po’ di vacanza».

«Passeggiare nella natura – ha ribattuto Lorenzo Fortunato – ecco una cosa che mi piace fare e che faccio appena posso. I miei giorni a Malta sono stati pieni di cose, di cose diverse: i chilometri in bici, certo, ma anche quei paesaggi che mi invogliavano a mettermi a camminare per poi perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Malta è uno di quei posti in cui viene voglia di tornare, appena sei partito».

Malta è un’isola relativamente piccola che somma caratteristiche geografiche di estrema varietà (foto Visit Malta)
Malta è un’isola relativamente piccola che somma caratteristiche geografiche di estrema varietà (foto Visit Malta)

Ideale.. tutto l’anno

«E’ proprio adesso, in primavera che l’arcipelago dà il meglio di sé – ci confida Ester Tamasi, il Direttore di VisitMalta Italia – con un clima che è davvero piacevole. A Malta per tutto l’anno si respira sempre tanta energia che aiuta a rigenerarsi per staccare dalla routine. Le cose da fare a Malta sono davvero tantissime. A me, ad esempio, piace moltissimo passeggiare per la capitale Valletta (nella foto di apertura). Ogni volta che torno è più splendente della volta precedente, con il suo mix di storia e modernità. La città è piccola, ma molto curata, pulita e nonostante le sue dimensioni trasmette un grande senso di solennità. Tanti gli scorci scenografici sui monumenti e sui panorami. Amo molto perdermi tra i vicoli meno esplorati di Valletta e scoprire ogni volta angoli nuovi. E poi praticare lo sport all’aria aperta, come la bicicletta: e Malta per questo è perfetta. Il sole che caratterizza Malta è un invito a praticare qualsiasi attività sportiva all’aperto, e la natura è sempre rigogliosa oltre ad offrire una tavolozza di colori straordinari ed emozionanti: il verde dei campi, il blu del mare, il giallo del sole».

Visit Malta

Eolo-Kometa

Le fughe della Sanremo: l’esperienza di Tonelli e Maestri

22.03.2023
6 min
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Nella fuga della Milano Sanremo si sono ritrovati gomito a gomito due atleti che di esperienza, nell’anticipare il gruppo, e non solo, ne hanno tanta. Si tratta di Mirco Maestri e di Alessandro Tonelli, due corridori che di chilometri in testa alla corsa ne hanno messi tanti nelle gambe. I due ora si trovano rispettivamente alla Eolo-Kometa ed alla Green Project-Bardiani, ma in precedenza hanno condiviso la stessa maglia della formazione di Reverberi.

Maestri (davanti) e Tonelli (dietro) avevano già condiviso una fuga alla Sanremo in maglia Bardiani, era il 2019
Maestri (davanti) e Tonelli (dietro) avevano già condiviso una fuga alla Sanremo in maglia Bardiani, era il 2019

Maglie diverse, stessa situazione

Maestri e Tonelli, insieme agli altri sette corridori, si sono sciroppati 259 chilometri di fuga alla Sanremo. Una giornata in avanscoperta ma con le ore contate, una specie di “bomba ad orologeria” pronta ad esplodere. Insieme a loro scopriamo come si gestiscono e cosa si fa in una fuga così particolare come quella della Classicissima di Primavera. 

«L’avevo fatta in fuga dal 2016 al 2019 – attacca Maestri – poi per motivi diversi negli ultimi anni prima non ho partecipato e poi, l’anno scorso, ho corso in gruppo a sostegno di un mio compagno. Devo dire che una Sanremo dove la fuga prende solamente tre minuti non me la ricordo, eppure siamo andati forte, ma da dietro non ci hanno lasciato spazio. Nel 2016, per esempio, eravamo in undici e siamo arrivati a più di dieci minuti di vantaggio. Rispetto alle edizioni precedenti quest’anno abbiamo anche fatto fatica a portare via il gruppetto degli attaccanti. Infatti, io e Alessandro (Tonelli, ndr) ci siamo avvantaggiati subito ed abbiamo aspettato l’arrivo degli altri.

«Si è trattata di una mossa di esperienza – gli fa eco l’amico Tonelli – abbiamo preso quei quindici secondi sul gruppo che ci hanno fatto comodo. Una volta che il gruppo ha rallentato noi ci siamo fermati, letteralmente, ad aspettare i contrattaccanti. Quest’anno, rispetto alle edizioni precedenti, la fuga è andata via con tanta difficoltà anche a causa del cambio di percorso. Con la partenza da Abbiategrasso i primi 30 chilometri erano completamente differenti e c’era un po’ di timore».

Nella Sanremo 2022, Tonelli insieme a Rivi è arrivato fino al Poggio in fuga
Nella Sanremo 2022, Tonelli insieme a Rivi è arrivato fino al Poggio in fuga

La gestione

Quella della Sanremo sembra una fuga scontata, dove il gruppo ti tiene nel mirino e con due pedalate, nel momento clou, ti riprende. Ma dal racconto di Maestri e Tonelli non pare proprio così, anzi.

«La Sanremo – spiega Paperino Maestri – è una corsa nella quale non si sa mai. In gruppo diventa molto più stressante rispetto al correrla in avanscoperta, devi sempre limare e anche a tanti chilometri dall’arrivo sale lo stress. Alla fine vengono fuori due corse completamente differenti. Vi faccio un esempio: sul Turchino noi davanti andiamo forte ma non a tutta, mentre in gruppo si apre di più il gas. Questo perché la discesa che porta a Genova è insidiosa e in mezzo al gruppo si rischia e non poco (anche quest’anno, infatti sia in salita che in discesa ci sono state due cadute, nella prima è stato coinvolto Alaphilippe, ndr).

«Poi una volta arrivati sul mare inizia un’altra corsa, in fuga si va a tutta e cerchi di prendere più vantaggio possibile. La speranza è quella di arrivare sul mare con 5 minuti di vantaggio, così sei abbastanza sicuro che vieni ripreso a metà Cipressa, per cercare di rimanere agganciato ed arrivare nel finale davanti. A me non è mai successo, a Tonelli, fortunato lui – dice ridendo – sì, anzi lui è stato ripreso sul Poggio l’anno scorso!». 

«Non è così semplice – replica il corridore della Green Project – siamo consapevoli del fatto che verremo ripresi, ma per motivi diversi conviene andare avanti. Io preferisco anticipare perché sono consapevole che riesco a gestire meglio lo sforzo se lo affronto con più costanza. Nel 2018, l’ultimo anno che l’ho fatta in gruppo, sono arrivato dopo la Cipressa che ero finito. In questi anni sono riuscito a gestirmi bene, tant’è che sono arrivato fin sul Poggio lo scorso anno. A Mirco devo una fuga fino a lì, ci ha provato, ma non è mai riuscito».

Quest’anno i fuggitivi non sono mai andati oltre i tre minuti di vantaggio
I fuggitivi non sono mai andati oltre i tre minuti di vantaggio

Anticipare e “sperare”

Quella della Sanremo non sarà una fuga di anticipo come quella della Roubaix, in cui dal gruppo in avanscoperta può uscire il vincitore della corsa. Tuttavia anticipare il gruppo può portare i suoi frutti.

«Ormai – dice il corridore della Eolo – anticipare e fregare il gruppo è diventato difficilissimo. Qualche anno fa non c’era tutta questa conoscenza anticipata delle condizioni di gara, il vento era la più grande incognita e tu andavi in fuga sperando giocasse a tuo favore. Perché, se lo hai alle spalle, è tutto un altro programma. Sai che il gruppo non può guadagnare troppo tempo nel breve periodo. Negli ultimi anni, ormai, si sa tutto prima, anche la direzione del vento quando si arriva sul mare. Io quando vado in avanscoperta non penso mai al fatto che sia un’operazione “suicida”, ma credo sempre di poter fregare il gruppo. Altrimenti, se non parti convinto di testa, è meglio che stai indietro».

La Sanremo in gruppo si vive con più nervosismo, lo sa bene Alaphilippe caduto sulla salita del Turchino
La Sanremo in gruppo si vive con più nervosismo, lo sa bene Alaphilippe caduto sulla salita del Turchino

L’avviso di Mosca

La Trek Segafredo è una delle squadre che si è incaricata in primis di gestire l’inseguimento. Uno dei volti che appariva sempre nelle prime posizioni del gruppo era quello di Mosca, mai fuori dai primi dieci fino ai Capi. Insomma, per il corridore piemontese più di 200 chilometri ad inseguire. 

«Parlavo con lui prima del via – spiega Tonelli – e mantenere la fuga sotto controllo era parte del programma. L’anno scorso sono andato così tanto avanti, perché abbiamo giocato bene le nostre carte e sfruttato il vento a favore una volta arrivati sul mare. Quest’anno c’era ancora una volta il vento a favore, ma dietro hanno tirato costantemente in quattro e non siamo riusciti a prendere vantaggio. In fuga devi giocare sull’esperienza, è un braccio di ferro psicologico, non di forza bruta.

«Se vedi che il gruppo fin da subito ti tiene a tre minuti tu stai lì e gestisci lo sforzo. Poi nelle zone favorevoli, come il passaggio da Genova dove il gruppo si ferma, dai gas e provi a guadagnare tempo. Nel ciclismo moderno non ci sono più grandi occasioni per i fuggitivi della prima ora. Anche alla Tirreno negli ultimi anni sarà arrivata una sola volta la fuga al traguardo. Ma due corridori esperti come noi due non si fanno demoralizzare e ci proveranno sempre».

Mosca e la Trek si sono sobbarcati gran parte dell’inseguimento, così da tenere la corsa il più chiusa possibile
Mosca e la Trek si sono sobbarcati gran parte dell’inseguimento, così da tenere la corsa il più chiusa possibile

I pitstop

Una cosa che si nota in una gara da quasi 300 chilometri sono i continui pitstop, soprattutto nella prima parte di corsa. I corridori del gruppo si fermano spesso per i propri bisogni e hanno più tempo per gestirsi. In fuga, invece, il tempo e lo spazio sono contati. Sabato, alla Classicissima, il giovane francese della Tudor: Aloi Charrin, ha fatto un piccolo scatto per avvantaggiarsi e fermarsi

«E’ un’abilità anche quella – dice Maestri- io nel 2019, alla Tirreno, quando ho vinto la maglia della classifica a punti, ho imparato a fare i bisogni mentre sono in bici. Non è semplice, però ti lanci, fai e perdi molto meno tempo che a fermarti. Alla Sanremo, però, il ragazzo della Tudor non era capace e la situazione stava diventando un’agonia. Così gli abbiamo detto di fermarsi e che lo avremmo aspettato. Diciamo che fermarsi sul Turchino non è stata la mossa migliore, ma alla fine cambia poco scendere da 3 minuti a 2’30”. Tanto il gruppo non aveva intenzione di riprenderci a 150 chilometri dall’arrivo».

Saliamo sul Teide alla ruota di Lorenzo Fortunato

19.02.2023
6 min
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La vetta più alta di Spagna. Con i suoi 3.715 metri, il Teide è il parco nazionale più visitato in Europa e nel mondo il secondo per numero di visitatori. Un vulcano attualmente attivo che si trova sull’isola di Tenerife, nell’arcipelago delle Canarie. Tra i turisti che ogni anno arrivano per apprezzare le sue bellezze e particolarità spicca un’alta percentuale di ciclisti, professionisti e non. Lorenzo Fortunato è tra questi, per lui è stata la prima volta e ad ascoltare le sue parole, ogni giorno è stata una scoperta di un posto magnifico e a misura di ciclista. Passeggiate mattutine nel silenzio assordante della natura incontaminata, paesaggi lunari e un rispetto del ciclista che rende questa esperienza ancora più speciale. 

A condividere il periodo in altura pre stagionale c’era Francesco Gavazzi, che durante i suoi sedici anni di professionismo non aveva mai messo le ruote sui pendii del vulcano spagnolo. Partiamo per il nostro viaggio e facciamoci trasportare dalle parole di Fortunato nel contesto unico del Teide.

Com’è andata la tua preparazione invernale?

Bene, sono soddisfatto. Ho fatto prima il ritiro con la squadra, poi due settimane in altura sul Teide. Per me è la prima volta in altura a inizio stagione. Spero di partire bene. Ho davanti un mese intenso perché dopo l’Andalucia correrò Gran Camino, Laigueglia e Tirreno-Adriatico. Poi rifiato un po’ e preparo il Giro d’Italia

Prima volta in altura pre stagionale e prima volta sul Teide. Portaci là…

Non è come la Sierra Nevada o come l’Etna. Sul Teide sei in cima al vulcano e lo vedi proprio. Arrivi giù e sei al mare. A me è piaciuto molto. La mattina era un momento speciale. La natura incontaminata. Andavo sempre a fare la passeggiata a digiuno prima della colazione. Questo non tanto perché desse particolari vantaggi, ma perché mi piaceva. Una cosa che mi ha colpito molto era l’assenza totale dei rumori alla mattina presto. Poi durante la giornata si anima e si affolla di turisti e traffico per poi alle sette di sera svuotarsi nuovamente. 

Un’esperienza unica…

Oltre che per l’aspetto altura, ciclismo e allenamenti. Ci sono persone che pagano per andare anche solo un giorno mentre noi avevamo la fortuna di starci due settimane. Mi è piaciuto molto.

Dove alloggiavi?

Ero proprio in cima, al Parador. Era davvero freddissimo sia la notte che la mattina. Fino a che non usciva il sole. 

Tutto sommato un clima piacevole?

Faceva parecchio freddo, la notte scendeva sotto lo zero. Poi quando usciva il sole e si scaldava si toccavano i 20 gradi. Più avanti è ancora più caldo. Poi dipende, la prima settimana che siamo arrivati era caldo. Poi c’è stata una perturbazione e all’ombra magari c’erano 2 gradi mentre al sole 15. 

Parlaci del panorama, cosa ti ha colpito?

Il contesto naturale è qualcosa di unico. Paesaggi lunari dovuti alle rocce lasciate dalle colate laviche. Il mare sullo sfondo e le strade bellissime.

Come hai impostato il ritiro dal punto di vista degli allenamenti?

Come tutte le alture, sono partito tranquillo per poi incrementare. Anche perché venivo dal blocco di allenamenti del ritiro. I primi giorni sono rimasto su nell’altopiano e riuscivo a fare 2-3 ore. Poi invece gli altri giorni scendevo, facevo le mie ore giù e infine risalivo su in hotel. La prassi di allenamento era sempre quella, più salivi più andavi tranquillo controllando il cuore anziché i watt, mentre sotto si spingeva come a casa. 

Che tipo di salite sono quelle che portano alla vetta?

Quelle principali sono lunghe ma regolari. Se si vogliono salite dure bisogna cercare strade secondarie, dove le pendenze sono paragonabili a quelle dello Zoncolan

Un altro aspetto oltre al clima che spinge i ciclisti al pellegrinaggio verso le Canarie è il rispetto verso il ciclista. Hai notato questa cosa?

Come traffico e come rispetto per il ciclista hanno una cultura totalmente differente. Quelli che ci suonavano quando stavamo in coppia in strade larghe, erano solo turisti italiani

Curioso ma non difficile da credere…Gli altri automobilisti come si comportavano?

Quando arrivava un locale, ci stava dietro e provocava file chilometriche dietro di noi. A quel punto eravamo noi i primi a fare segno di passare. Stava dietro senza suonare e ti ringraziava quando ti sorpassava. C’è la regola del metro e mezzo, come da noi, a differenza che lì la rispettano veramente e finché non c’è il posto per sorpassare non lo fanno. Poi ovvio, gli incidenti capitano ovunque. Quando sono tornato in Italia devo ammettere che ero impaurito nelle prime uscite. Non ero più abituato. Poi è vero che in Spagna ci sono tante strade con una densità minore di macchine. Da noi è tutto più concentrato. Non deve essere una scusa, ma le strade in Italia sono anche più strette.

Eri solo sul Teide?

No, c’erano Francesco Gavazzi e il nostro massaggiatore Carmine Magliaro

In cima al Teide Fortunato e Gavazzi alloggiavano con il massaggiatore Magliaro
In cima al Teide Fortunato e Gavazzi alloggiavano con il massaggiatore Magliaro
Gavazzi come te non c’era mai stato sul Teide…

In tutti i suoi anni da professionista non c’era mai stato. Prima di smettere di correre ha detto: «Dobbiamo andarci», su consiglio anche del nostro massaggiatore. Il suo sacrificio vale doppio. Con i bimbi a casa, lontano dalla famiglia è stato via per il ritiro in Spagna, corse a Maiorca e poi è venuto diretto sul Teide. Si è fatto un mese e via da casa e non deve essere stato facile. 

Sei soddisfatto della tua preparazione invernale?

Devo dire che è stato un buon inverno. Sono riuscito ad allenarmi al caldo e in altura. Credo di avere fatto tutto nella direzione giusta. Vediamo come va l’esordio per avere un primo riscontro, però devo dire che arrivo un po’ più pronto alle corse rispetto agli altri anni. 

Quindi è un arrivederci con il Teide?

Sicuramente lo terrò di nuovo in considerazione. Non l’avevo mai fatto e devo dire che mi ha soddisfatto. Approvato! Questo tipo di preparazione ti permette a dicembre di dedicarti un po’ di più alla palestra con la certezza che poi per gennaio e febbraio si va al caldo per allenarsi nel migliore dei modi. Questo ti da un po’ più di tranquillità.