Attenti a Marion Bunel, che segue le orme della “Longo”

25.09.2024
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Ha una composizione particolare, la nazionale francese che sabato prenderà il via nella prova femminile dei mondiali. C’è Juliette Labous capitana della squadra, c’è Cédrine Kerbaol da tenere in considerazione su un percorso con tanta salita, c’è l’olimpionica di mtb Pauline Ferrand-Prevot che proprio in quest’occasione si riavvicina alla strada dove passerà il resto della sua carriera. Tra le “bleuses ”c’è anche Marion Bunel, l’unica Under 23, uno degli elementi più in evidenza in questo scorcio di stagione.

Marion ha vinto l’Avenir con 2’11” su Holmgren (CAN) e 5’11” su Vadillo (ESP, foto Pham Vam Suu)
Marion ha vinto l’Avenir con 2’11” su Holmgren (CAN) e 5’11” su Vadillo (ESP, foto Pham Vam Suu)

Già, perché parliamo della vincitrice del Tour de l’Avenir che subito prima aveva corso il Tour Femmes e subito dopo si è dimostrata già pronta per la categoria assoluta conquistando la piazza d’onore al Tour de l’Ardeche. Non sono gli unici risultati della sua stagione ma sono abbastanza per aver catalizzato su di lei anche l’attenzione di molti team WorldTour, che vedono nella diciannovenne di Bernay un prospetto di sicuro avvenire.

Qual è la tua storia di ciclista, come hai iniziato?

E’ una storia di famiglia che risale addirittura ai miei bisnonni che erano commercianti di biciclette in una cittadina della Normandia. Poi c’è stata mia nonna che ha conosciuto mio nonno ciclista e insieme hanno avuto mio padre che andava in bicicletta anche lui da quando aveva 13 anni e che mi ha trasmesso questa passione già quando avevo 5 anni. Avrei potuto non dedicarmi alla bici?

Insieme alla sua famiglia, qui all’Alpe d’Huez dopo la tappa del Tour (foto LP/Laurent Derouet)

Insieme alla sua famiglia, qui all’Alpe d’Huez dopo la tappa del Tour (foto LP/Laurent Derouet)
Quest’anno hai avuto grandi miglioramenti, secondo te a che cosa sono dovuti?

Sicuramente la mia squadra mi ha aiutato a imparare molto, soprattutto nelle diverse gare del calendario professionistico. Mi hanno offerto anche ciò che era veramente necessario per poter progredire. Di mio posso dire di averci messo una crescita mentale, un approccio diverso alle gare, ho una forte motivazione a emergere e questo significa che sono molto più rigorosa negli allenamenti, faccio attenzione ai dettagli.

Quanto è importante poter correre contro le più forti al mondo e non seguire un calendario limitato alla tua categoria?

E’ un sogno correre contro le più grandi, ma è anche l’obiettivo. Fin da quando ero molto piccola, ho sognato di gareggiare nelle gare più importanti, contro ragazze più grandi. E’ chiaro che si tratta di qualcosa di eccezionale, ma è importante per crescere, abituarsi a un livello sempre maggiore, credo che la chiave per la mia crescita sia lì.

Per Marion Bunel, l’Avenir è stata una cavalcata trionfale, con due tappe e il sigillo in terra italiana
Per Marion Bunel, l’Avenir è stata una cavalcata trionfale, con due tappe e il sigillo in terra italiana
Nella tua vittoria al Tour de l’Avenir, quanto è stata importante l’esperienza accumulata al Tour de France femmes?

Il Tour de France prima dell’Avenir mi ha fatto acquisire molto ritmo, mi ha dato la condizione giusta anche perché il livello della competizione era molto differente. Tanto che nell’Avenir non ho sofferto affatto, ero a mio agio. La settimana del Tour de France è stata davvero molto intensa, molto veloce, con lunghe distanze. Mi sono avvicinata alla Grande Boucle con una preparazione ottimale, anche se avevo margini di miglioramento e sono riuscita a progredire durante tutto il suo evolversi e questo ha fatto sì che non iniziassi la corsa successiva stanca, ma al contrario avevo trovato una buona condizione.

Sai che in Italia sei indicata come esempio da seguire per una giovane che per emergere si confronta con le più forti, che differenze trovi tra le gare nazionali che disputi e quelle internazionali?

Forse la composizione del gruppo. Correre a livello internazionale ti permette davvero di competere con ragazze che provengono da tutto il mondo. E’ un altro approccio, il livello è giocoforza più alto, devi metterci tutta te stessa per emergere e corri sempre ai tuoi limiti. In termini di strategia di gara non è ancora proprio la stessa cosa, gli attacchi sono più studiati, devi calcolare bene come muoverti. Correre a livello nazionale, ti fa trovare ragazze con le quali ci si abitua a correre più spesso, ci si conosce. Le gare diventano un po’ più scontate. Non è facile trovare una risposta esauriente, io credo che siano importanti entrambe per evolversi.

Marion quest’anno ha conquistato 4 vittorie e ben 13 Top 10. Al Tour è stata terza fra le giovani
Marion quest’anno ha conquistato 4 vittorie e ben 13 Top 10. Al Tour è stata terza fra le giovani
E’ stata più difficile la vittoria nell’Avenir o il 2° posto nell’Ardèche?

Forse la vittoria, perché ho dovuto scavare profondamente dentro di me per trovarla. Ma avevo così tanta motivazione riguardo alla corsa ed era qualcosa che desideravo così tanto che non mi rendevo conto che ci voleva molto impegno. Mi sembrava naturale. All’Ardèche ho fatto gli stessi sforzi, ho dato il meglio di me ma non è bastato per vincere.

Quali sono le tue caratteristiche, i percorsi che preferisci?

Le gare di alta montagna che richiedono sforzi superiori ai 10 minuti. Mi piace molto la montagna, soprattutto l’alta montagna, le Alpi. Ecco perché alla fine il Tour de France, l’Avenir, sono le mie corse ideali.

Marion ama le montagne, soprattutto quelle lunghe, con alti wattaggi anche dopo i 10 minuti di scalata
Marion ama le montagne, soprattutto quelle lunghe, con alti wattaggi anche dopo i 10 minuti di scalata
Con i tuoi risultati sicuramente i team WorldTour vorrebbero ingaggiarti, come mai continui la tua carriera nell’equipe Saint Michel-Mavic-Auber 93 WE che è una squadra continental?

Devo a loro se quest’anno mi hanno dato la possibilità di raggiungere un livello ancora più alto. Hanno tutto per me, mi hanno regalato davvero un anno eccezionale, quindi li ringrazio enormemente per questo. Era il luogo ideale per imparare, per iniziare le prime gare. E poi ho potuto, grazie a loro, correre nelle gare più grandi. Ho fatto il Tour durante il mio primo anno, è qualcosa di eccezionale e  questo è ciò che mi ha permesso di acquisire forza durante tutto l’anno, per vedere fino a che punto sono capace di arrivare. L’anno prossimo continuerò su questa strada, poi vedremo.

Ti dispiace che ai mondiali non ci sia una corsa specifica per le U23?

Sì, sì, sicuramente. Poi so che è qualcosa in programmazione dal prossimo anno. Ma è chiaro che il ciclismo femminile ha fatto così tanti progressi negli ultimi anni che è vero che sicuramente sarebbe stato un miglioramento che non sarebbe costato molto. Io credo che se siamo state in grado di dar vita a un’Avenir di qualità, poteva esserci anche un mondiale a noi riservato. Vorrà dire che correrò contro le più forti al mondo, non è per me una novità e non mi spaventa.

La sua crescita quest’anno è stata prepotente, ma per approdare al WT vuole attendere
La sua crescita quest’anno è stata prepotente, ma per approdare al WT vuole attendere
C’è una ciclista alla quale ti ispiri?

Assolutamente ed è una vostra connazionale, Elisa Longo Borghini. Il suo modo di correre coraggioso ma anche attento, il suo brio, la sua capacità di vincere dappertutto sono per me un riferimento.

Qual è il tuo sogno?

Onestamente, sarebbe essere campionessa del mondo e vincere il Tour. Sono sogni, ma chi sa mai che non si avverino presto…

Velo lancia il team relay, e sugli U23 ha qualcosa da dire

24.09.2024
6 min
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ZURIGO (Svizzera) – I campionati del mondo per le prove contro il tempo termineranno ufficialmente domani con il mixed team relay. Una prova difficile, resa ancor più tosta dal percorso e dal livello molto alto dei contendenti all’oro. Dopo il successo dell’europeo gli azzurri si approcciano ad un’altra sfida nei panni della favorita. Dell’ossatura che ha dominato in Belgio rimangono i soli Affini e Cattaneo, gli altri quattro interpreti cambieranno. Nel trio maschile ai due alfieri d’oro si aggiunge Filippo Ganna. Per le tre ragazze, invece, il terzetto si compone dell’esperta Longo Borghini, affiancata da Soraya Paladin e Gaia Realini

«La gara – attacca subito a parlare il cittì Marco Velo – è parecchio dura. Direi un po’ insolita per una cronometro, soprattutto a squadre. Somiglia più a una cronoscalata, credo che in tre il percorso sia abbastanza proibitivo. Non tanto per la salita, che comunque va a snaturare quello che è il gesto di una cronometro, ma per le tante discese e i diversi tratti pericolosi. Le squadre incontreranno parecchie strade strette, quindi non si riuscirà a lanciare bene il terzetto. Detto questo siamo qua per lottare e provare a far bene, non lo nego, ho tre corridori uomini e tre atlete donne che sono di altissimo livello».

Un percorso del genere ha creato qualche difficoltà in più nel comporre le due squadre?

Non è un percorso ideale a Ganna o Affini, però sono fiducioso della loro condizione che è super (in apertura insieme a Marco Velo, foto Federciclismo / Maurizio Borserini). Mi piacerebbe rimarcare anche la voglia di due ragazzi come loro di mettersi a disposizione e nel prendere parte a questa gara. Quando ho iniziato a pensare ai vari nomi da includere nella lista dei papabili non ho ricevuto riscontri positivi dagli altri atleti. Soprattutto quando non ero sicuro della presenza di Pippo (Ganna, ndr) e della condizione di Edoardo (Affini, ndr). Ma nel team relay conta tanto lo spirito di squadra, i tre ragazzi sono dei fratelli mancati, sarà questo il nostro plus. 

Al loro si aggiunge Cattaneo.

Su di lui c’è poco da dire. Insieme a tutti gli altri è un super atleta che è in grado di fare molto bene domani. In salita alla Vuelta, quando si metteva a tirare, rimanevano agganciati in pochi alle sue ruote. Questo è un buon segno, significa che sta andando forte. 

Il team femminile ha delle caratteristiche atletiche praticamente perfette per questa prova.

Credo che le ragazze siano fortissime su questo tipo di percorso, La scelta di portare Realini è sicuramente dipesa dal tipo di percorso. Mi è piaciuta tanto la sua reazione alla chiamata, era molto felice e motivata nel mettersi alla prova. Longo Borghini e Paladin saranno due ottime pedine per un team relay impegnativo ma sul quale sono fiducioso. 

Facciamo un salto a ieri, concentrandoci sulla cronometro under 23, come giudichi i risultati? 

La scelta è ricaduta su Bryan Olivo e Andrea Raccagni Noviero. Penso che il primo non abbia fatto una super prova, si aspettava qualcosa in più, però usciva da un periodo lungo di stop. Mentre Raccagni Noviero è andato forte, considerando il percorso non adatto alle sue caratteristiche. Sono contento perché ha fatto una buona prova, fino all’ultimo intermedio era a 30 secondi da Romeo.

Noi avevamo in casa il campione iridato under 23, Milesi. Come mai non ha difeso il titolo?

E’ stato preso in considerazione, chiaramente, ma mi ha detto che non voleva partecipare al mondiale perché non ha usato la bici da crono ultimamente e non se la sentiva.

Sia Olivo che Raccagni Noviero hanno disputato poche cronometro durante la stagione, per motivi diversi. 

Sugli under 23 c’è un po’ di difficoltà nel mettere insieme tante prove contro il tempo. In Italia se ne corrono poche, ce n’è stata una, seppur breve, al Giro Next Gen. Da questo punto di vista dobbiamo imparare da Paesi stranieri nei quali, sia tra gli juniores che tra gli under 23, in qualsiasi tipo di corsa a tappe c’è comunque inserita una cronometro. Perché, alla fine, se si vuole crescere a livello di risultati serve curare questa disciplina, altrimenti non porti a casa nulla. 

Raccagni Noviero corre in un devo team, lì cambia qualcosa?

La fortuna è che le squadre development dei professionisti hanno una mentalità diversa, quindi forniscono a questi ragazzi le bici da crono. In questo modo le usano per allenarsi almeno un paio di volte durante la settimana. Guidare una bici da cronometro non è la stessa cosa di guidare quella da strada, serve allenare il gesto.

Grace Brown, un altro oro e la scelta di dire addio

23.09.2024
5 min
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ZURIGO (Svizzera) – A un certo punto della conferenza stampa, a Grace Brown vengono gli occhi lucidi. La disamina della crono vinta con 16 secondi su Demi Vollering è durata il tempo di un battito di ciglia, poi il discorso si sposta sul suo annuncio (fatto alla fine di giugno) del ritiro a fine stagione. Manca ormai poco. E dopo la vittoria alla Liegi e l’oro olimpico della crono, sembra davvero strano che alla fine del 2024 l’australiana mollerà tutto.

«Non sapevo esattamente come sarebbero state le mie energie dopo le Olimpiadi di Parigi – racconta l’australiana che come Evenepoel ha doppiato a Zurigo l’oro di Parigi – però mi sono concessa lo spazio per cambiare aria un po’ e non stressarmi troppo per il campionato del mondo. Quando sono tornata ad allenarmi e ho iniziato a finalizzare i miei allenamenti su questo evento, sono rimasta piacevolmente sorpresa di sentirmi ancora forte in bici. Sono arrivata qui sicura di poter fare qualcosa».

Veloce in pianura, potente in salita, accorta in discesa: così Grace Brown ha vinto il mondiale crono
Veloce in pianura, potente in salita, accorta in discesa: così Grace Brown ha vinto il mondiale crono

Le gare contate

Siamo curiosi. Come ci si rapporta con la fatica, sapendo di essere agli ultimi fuochi? Si ha la tentazione di lasciarla andare oppure la si tiene stretta facendosela amica? Lei ascolta, annuisce col sorriso e spiega. Non c’è una gran folla attorno, le parole arrivano bene anche senza il microfono. La stanza ha il soffitto come un alveare, le grandi vetrate guardano verso il lago.

«Sono sicura che questa consapevolezza – prova a spiegare – mi sia di aiuto, perché non ho un’alternativa con cui confrontarmi mentalmente. So che questa è la mia ultima stagione e forse questo mi ha dato l’energia mentale necessaria per puntare tutto su di me e concentrarmi al 100 per cento. Quest’anno mi sono chiesta quale sarebbe stato il risultato se avessi puntato tutto su questi due grandissimi obiettivi. E ora che li ho raggiunti, sento di aver raggiunto il mio massimo potenziale e finalmente so cosa significa».

Oro nella crono di Parigi, davanti a Henderson e Dygert, il magico 2024 di Grace Brown è proseguito con la crono olimpica
Oro nella crono di Parigi, davanti a Henderson e Dygert, il magico 2024 di Grace Brown è proseguito con la crono olimpica

Una scelta di vita

Quando però il discorso si sposta sul lato emotivo della faccenda, allora la voce sorridente di Grace cambia tono. Si capisce quanto sia doloroso lasciarsi tutto alle spalle e allo stesso tempo quanto sia pesante passare dei mesi via da casa. Forse solo ora si percepisce davvero la distanza fra l’Australia e l’Europa. Quante persone ti hanno chiesto di fare un altro anno? E cosa pensi quando te lo chiedono?

«Credo di aver perso il conto – sorride – probabilmente più di mille. Ma sì, sarebbe bello, ovviamente, continuare a fare sport. Mi piacerebbe continuare a dare il mio contributo allo sport e continuare a contribuire al ciclismo e all’entusiasmo per il ciclismo femminile, che è una parte importante di tutto questo. Sono sicura che l’anno prossimo, quando guarderò le gare, mi dispiacerà non essere più presente.

Ad aprile, nella sua ultima primavera da corridore, Grace Brown ha battuto Longo Borghini alla Liegi
Ad aprile, nella sua ultima primavera da corridore, Grace Brown ha battuto Longo Borghini alla Liegi

«Però il motivo per cui ho scelto di mollare non è perché mi sono disamorata del ciclismo. Lo faccio perché la vita che ho messo da parte in Australia negli ultimi sei e più anni mi sta riportando indietro ed è più forte del mio amore per il ciclismo. Per questo smetterò. I risultati di quest’anno sono sempre stati i miei obiettivi e mi sono preparata per raggiungerli, quindi non mi faranno cambiare idea all’improvviso».

Ancora due

Ci sono amore e malinconia. Poi si capisce che forse proprio aver raggiunto certi risultati potrebbe essere stato la molla per voltare pagina e cercare le stesse soddisfazioni in una vita un po’ più normale.

«Probabilmente qui in Europa – spiega – non ci si rende conto di cosa significhi lavorare nel ciclismo per un’atleta australiana. Credo che anche molte delle mie compagne e delle mie avversarie non capiscano davvero i sacrifici che ho fatto. Ho un marito, ma è in Australia. Ciò che rende perfetto il fatto di smettere e tornare a casa è la presenza della mia famiglia e dei miei amici. Non so, mi sento bene quando torno lì e francamente conto i giorni. Non passa giorno senza che riceva abbracci e si faccia qualche piccola festa, ma la testa è ancora alla bici. Mercoledì farò la staffetta con questa squadra e non vedo l’ora. Non l’ho fatta negli ultimi anni solo perché veniva prima della crono individuale. Invece quest’anno ho alzato la mano e non vedo l’ora di correre. Penso che abbiamo una squadra forte e spero di poter competere anche lì per la medaglia d’oro.

Il miglior tempo e la hot seat: il mondiale crono era un obiettivo e Grace Brown lo ha centrato (foto Zurich 2024)
Il miglior tempo e la hot seat: il mondiale crono era un obiettivo e Grace Brown lo ha centrato (foto Zurich 2024)

«E poi, ovviamente, resta la gara su strada di sabato prossimo. La nostra squadra è davvero forte. Non abbiamo un favorito assoluto, ma credo che se sapremo essere intelligenti dal punto di vista tattico, potremo avere buone possibilità».

Detto da una che alla Liegi ha tenuto duro su tutte le cotes e poi ha battuto in volata la nostra Longo Borghini, suona vagamente minaccioso. Non offenderti Grace, oggi siamo tutti con te e con le tue emozioni, ma sabato si farà tutti il tifo per la Longo.

Nazionale per Zurigo: gruppo in condizione al servizio della Longo

19.09.2024
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C’è stato un verbo nel racconto della squadra di Parigi che a Paolo Sangalli non è andato giù. Lo dice subito, ridendo a denti stretti. E’ il verbo scricchiolare, che avevamo usato per descrivere il suo ragionamento sulla presenza di alcune atlete piuttosto di altre nella nazionale delle Olimpiadi. E ora che si va verso il mondiale e che le scelte sono state fatte in modo più netto, la differenza salta subito agli occhi. Alle atlete non si può dire nulla, il loro impegno è stato per tutto l’anno sotto gli occhi di tutti. Sul modo in cui vengono gestite invece si potrebbe aprire lo stesso file da anni sul tavolo parlando degli uomini. Nelle squadre straniere non sempre le italiane vengono tenute nella considerazione che ci aspetteremmo. E quest’anno in qualche caso tutto ciò è parso ancora più evidente.

«E’ il motivo per cui non ci sono under 23 nel gruppo – spiega il cittì delle donne – perché non hanno dimostrato di essere all’altezza. Al Tour de l’Avenir avrebbero potuto dimostrarlo, parlo di Francesca Barale ad esempio. Però ci sono state scelte diverse, che ho rispettato come adesso lei rispetta la mia scelta e me lo ha anche detto. Andare a tirare al Tour de France è sempre un lavoro pesante e lo capisco. Però a quell’età, quando hai un’opportunità di confrontarti con le pari età, dovresti coglierla. Anche perché chi ha vinto il Tour de l’Avenir (Marion Bunel, ndr) aveva fatto anche il Tour de France, arrivando molto avanti e dimostrando di aver trovato una grande condizione».

Nazionale per la Longo

Andremo in Svizzera con una nazionale per certi versi inedita e votata alla causa di Elisa Longo Borghini, che dopo il lungo periodo di riposo post olimpico è tornata in gruppo giusto ieri con il secondo posto al Grand Prix de Wallonie.

Il cittì ammette che gli sarebbe piaciuto avere anche altri nomi. Marta Cavalli, ad esempio. Oppure Bertizzolo o Persico al top. Ma visto che la prima non corre da tempo e le altre due non hanno la condizione sperata, si è scelto di lasciare spazio alle altre. Quindi, in rigoroso ordine alfabetico: Arzuffi, Balsamo, Longo Borghini, Malcotti, Magnaldi, Paladin e Realini.

Percorso e squadra per Longo Borghini, ti aspetti che si possa arrivare da soli oppure siamo aperti a tutto?

C’è uno zampellotto nel finale che può anche fare la differenza, dipende anche dalla situazione di gara. Logico che con una squadra così, andremo a fare una gara dura. Per le caratteristiche delle ragazze, non abbiamo alternative: tenteremo di arrivare alla fine con il minor numero di corridori. Mi preoccupano Kopecky e Vollering, oltre a Niewiadoma e magari anche Ludwig, anche se ultimamente non ha brillato. Però nella gara di un giorno può essere pericolosa…

Giusto per non usare più la parola scricchiolare, ti ha colpito che alcuni nomi molto attesi alla fine non siano venuti fuori?

Alcune ragazze hanno avuto stagioni storte. Prendiamo Silvia Persico. Lei resta disponibilissima, si era anche pensato che potesse fare il team relay, però dopo il Tour non è più stata al livello che speravamo. Tour che dal mio punto di vista poteva benissimo non fare, arrivando meglio magari al Romandia e ritrovandosi oggi nelle sette della nazionale per Zurigo. Ha avuto un anno no, dovrà resettarsi e ripartire. Stessa storia per Bertizzolo, che avrei voluto sia alle Olimpiade che qua, ma si è infortunata. Lei è uno di quei corridori che ti dice: «Guarda, non sono in condizione. Non vengo in nazionale solo per mettere la maglia e partire». Quindi è un’atleta onesta, come poi lo sono tutte.

Che mondiale ti aspetti?

Lo vedo più come una Liegi che come una tappa alpina. Andiamo con le armi che abbiamo ed è giusto che sia stato selezionato chi ha dimostrato di essere in condizione. Alice Arzuffi, ad esempio, mancava da tanto dal giro azzurro, però è stata determinante al Tour. Ha lavorato tantissimo anche al Giro, quindi va assolutamente premiata. Ha fatto un un percorso per arrivare bene sino a qui, quindi sono davvero contento per lei e sono sicuro che darà il suo contributo. Stesso discorso che vale per Barbara Malcotti e anche per Elisa Balsamo, che per una volta correrà solo in appoggio dell’altra Elisa.

Il 2024 di Persico è nato sotto una cattiva stella. Non fare il cross è stato un guaio
Il 2024 di Persico è nato sotto una cattiva stella. Non fare il cross è stato un guaio
Forse dalla lista manca Eleonora Gasparrini, terza agli europei e prima a Stoccarda…

Dal mio punto di vista il percorso è duro per lei. Ha trovato la condizione, preparando l’europeo. E’ stata brava, a Zurigo avrebbe potuto fare il lavoro che secondo me farà Elisa Balsamo. Però visto il livello delle under 23, il percorso per la “Gaspa” sarebbe troppo duro.

Longo Borghini era uscita a pezzi da Parigi, come la senti?

Tanto motivata, ha voglia di riscatto. Prima di Parigi arrivava da un Giro logorante. Ieri ha fatto seconda al Wallonie, quindi ha già dato un segnale. Da qui in avanti recupererà e il 25 settembre farà il team relay, che tra l’altro si corre sul circuito finale, quindi è adattissima a lei. Farà una prova generale. Arriverà su il 23, io parto stasera con le ragazze della nazionale crono. Ormai ci siamo, fra poco si comincia.

Realini non ha paura: al Tour de France, la prova decisiva

28.08.2024
4 min
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Settima al Giro, ma soprattutto quinta al Tour de France Femmes, Gaia Realini si è trovata sparata da zero a cento in quella mischia immensa con un ruolo del tutto inaspettato. Stando a quanto le era stato detto, della classifica si sarebbero occupate Elisa Longo Borghini e Shirin Van Anrooy. Quando però la defezione della piemontese dopo le Olimpiadi è diventata ufficiale, la squadra l’ha chiamata e le ha passato il testimone: la classifica sarebbe toccata a lei.

In questi giorni l’abruzzese della Lidl-Trek si sta allenando, cercando da un lato di recuperare del tutto e dall’altro di arrivare pronta al Tour de Romandie (6-8 settembre), che sarà l’anticamera dei mondiali di Zurigo cui le piacerebbe prendere parte.

«Come è stato il Tour?», sorride con quella punta di ironia che basta più di mille risposte. «E’ stato duro, devo dire la verità, ma anche bellissimo. Non avevo mai vissuto un’atmosfera del genere. Soprattutto le prime tappe, fra l’Olanda e il Belgio che sono la patria della bici. E poi sull’Alpe d’Huez. Era la prima partecipazione, non sono in grado di fare confronti. Ma se guardo al Giro e alla Vuelta, il Tour de France è stato molto più grande e molto più duro».

Eppure quando nell’ultima tappa, Gaia si è ritrovata a darsi cambi con Kasia Niewiadoma ed Evita Muzic sull’Alpe d’Huez (foto di apertura) non sembrava la ragazzina che davanti a una simile sfida avrebbe potuto bloccarsi.

Senza Longo Borghini e con Van Anrooij non brillantissima, Realini si è ritrovata leader della Lidl-Trek
Senza Longo Borghini e con Van Anrooij non brillantissima, Realini si è ritrovata leader della Lidl-Trek
Le tue colleghe hanno parlato di nervosismo e tappe lunghe.

Ogni giorno erano più di 160 chilometri e confermo che il gruppo era nervoso, forse perché il Tour è la corsa più attesa e tutti vogliono farlo bene. Anche il livello delle atlete era molto alto. Basti pensare che Kasia Niewiadoma e Demi Vollering hanno saltato il Giro d’Italia per arrivare pronte in Francia e andavano davvero fortissimo. Per me all’inizio non erano un problema, non avrei dovuto fare io la classifica. L’avevo presa come una prima partecipazione, in cui avrei potuto guardarmi intorno e prendere le misure.

Invece?

Invece la squadra mi ha dato il ruolo che sarebbe stato di Elisa Longo Borghini e a quel punto non mi sono tirata indietro. All’inizio magari un po’ la cosa mi ha colpito, però poi sono stata contenta che mi abbiano dato il ruolo e la fiducia. Dato che Elisa il prossimo anno ci abbandonerà, ho iniziato a prendermi le mie responsabilità e a fare da me. La squadra mi è stata molto vicina, è bastato che i direttori dicessero che sarei stata una delle leader e il meccanismo è stato perfetto.

Che leader hai scoperto di essere?

Sono una leader silenziosa, non sono una che pretende e detta regole. Ho visto che le compagne non hanno avuto problemi ad aiutarmi. Ho avuto vicina per tutto il tempo Lizzie Deignan e mi è sembrato che mi abbia avvolto in una coperta. Pure essendo una campionissima, è stata la mia matrioska: dov’era lei, c’ero anche io. In certi casi non serviva neanche parlare. Per fare un esempio, un giorno ho pensato che potesse avere sete e le ho preso una borraccia, scoprendo che lei aveva appena fatto la stessa cosa per me.

Non stai parlando di una gregaria qualsiasi, il suo palmares è notevole…

Infatti accanto a lei mi sentivo come una ragazzina e pensavo a come si sentisse a dover accudire una bambina di 23 anni. A volte mi parla da mamma, si capisce che lo sia davvero. Abbiamo condiviso la stanza al Giro e poi al Tour. Mi piace il suo modo di fare perché non mi fa sentire la mancanza della mia vera mamma.

Sfinita sull’Alpe d’Huez, Realini alla fine ha pagato 30″ rispetto a Niewiadoma
Sfinita sull’Alpe d’Huez, Realini alla fine ha pagato 30″ rispetto a Niewiadoma
Che cosa ti ha lasciato questo Tour de France?

Sicuramente non nego di dover crescere e imparare tanto. Chi è arrivato davanti ha più anni e più esperienza di me. Ma guardando e correndo, ho imparato tanto. E magari facendo degli altri passi di avvicinamento, potrei pensare che un giorno anche io potrò salire sul gradino più alto di quel podio.

Quindi fra una settimana si va al Romandia, poi il sogno è andare ai mondiali?

Esatto. Mi piacerebbe davvero molto ricevere la chiamata di Sangalli.

Tour Femmes, analisi e considerazioni con Longo Borghini

26.08.2024
6 min
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Non capita praticamente mai che in una grande corsa non sia presente Elisa Longo Borghini. La campionessa della Lidl-Trek è stata costretta a saltare il Tour de France Femmes a causa di una caduta in allenamento. Morale: ha visto e vissuto la Grande Boucle da casa, proprio come un’appassionata qualunque.

Ma questa situazione le ha posto la corsa e le sue abituali colleghe sotto un altro punto di vista. Un punto di vista che cercheremo di capire insieme.

Dopo le Olimpiadi, Elisa è così rientrata in corsa a Plouay, di fatto facendo solo tre allenamenti dopo Parigi. Ma questa sosta potrebbe avere un risvolto positivo in quanto ad energie recuperate in vista del finale di stagione.

La regina del Giro Women, Elisa Longo Borghini, stavolta è stata opinionista d’eccezione
La regina del Giro Women, Elisa Longo Borghini, stavolta è stata opinionista d’eccezione
Elisa, prima di entrare nel giudizio della corsa, come è stato vedere il Tour da casa?

Devo ammettere che non è stato facile. Ho passato cinque giorni tra il letto e il divano e mi sentivo anche sciocca perché mi sono autoeliminata in allenamento, quasi mi vergognavo per questo. Mi dicevo: “Mamma mia dovrei essere lì e invece sono sul letto da sola”. Di contro posso dire che io sono una vera appassionata, una fan del ciclismo. Mi collegavo già due minuti prima della diretta e chiudevo solo dopo che era finita del tutto la trasmissione. Però spero proprio di non dover più vedere le corse dalla tv.

Da fuori come percepisci la corsa? Conoscendo atlete e più o meno i movimenti del gruppo, riesci a vedere qualcosa in anteprima?

Un po’ sì, posso intuire, ma come chiunque: sai chi sono le leader e vedi come la loro squadra corre. Una cosa però che è diversa è che spesso dalla tv ci si fa un’idea che poi non è quella vera. Non corrisponde a quello che voleva il team. Per esempio, quando sono arrivata a Plouay e ho parlato con le ragazze del Tour mi sono accorta che ci sono state alcune dinamiche diverse da quello che avevo capito io dalla tv. In qualche caso invece sì: riesco ad anticipare qualcosina: “Ora attacca questa atleta”, ma perché so come si muovono.

Passiamo alla corsa. Ci sono due momenti chiave, almeno per noi. Il primo è la caduta di Vollering e l’attacco di Niewiadoma e della sua Canyon-Sram. Cosa ne pensi?

Io sono sicura che “Kasia”, per come la conosco, non volesse prendere la maglia gialla in quel modo. Ma credo che in generale bisognerebbe ridefinire il concetto di forte.

Cioè?

Forte non è solo chi è più potente fisicamente, ma chi legge la corsa, chi sa guidare bene, chi sa stare in gruppo e nel posto giusto al momento giusto. Chiaramente in tutto ciò serve anche un pizzico di fortuna e quindi no: non sono rimasta stupita dall’azione della Canyon-Sram. Loro hanno approfittato di una situazione del genere. Ci sta che in certi momenti tiri dritto e non ti fermi quando una rivale cade.

Gliela faranno scontare in gruppo in qualche modo?

Non penso, anche perché dopo l’arrivo le due ragazze si sono chiarite. Di certo d’ora in poi vedremo una Demi Vollering ancora più combattiva.

E poi c’è l’altro momento chiave: la tappa finale sull’Alpe d’Huez (ma anche con Glandon prima). Ci si aspettava una Vollering devastante e invece… Ti immaginavi una Vollering più forte o una Niewiadoma meno in palla?

Mi aspettavo gambe stanche un po’ per tutte… che di fatto ho visto. Mi aspettavo una Katarzyna Niewiadoma molto determinata: la maglia di leader ti dà energie ulteriori e cerchi di salvarla in ogni modo. Ho grande rispetto per lei, siamo amiche per certi versi, e vederla lottare in quel modo sull’Alpe mi ha emozionato. Demi anche ha lottato, ma è stata sfavorita nella valle prima dell’Alpe. Lì ha tirato solo lei e di conseguenza sull’Alpe non era al cento per cento.

Sull’Alpe azione di gambe e testa per Vollering che vince ma non basta
Sull’Alpe azione di gambe e testa per Vollering che vince ma non basta
E questo è il vero punto chiave di questa ultima tappa: visti i distacchi e i valori in campo, perché non attendere l’Alpe per attaccare  Niewiadoma? Per noi Vollering il Tour lo ha perso nella valle e non sull’Alpe…

Vero, sono d’accordo. Brand, Realini, Kerbaol… dietro (dove c’era anche  Niewiadoma, ndr) avevano un’obiettivo comune: cercare di rientrare per vincere la tappa. E questo ha giocato a sfavore di Vollering che da sola non ha più guadagnato. Se avesse aspettato l’Alpe probabilmente avrebbe il Tour Femmes. Ma con i se e con i ma… non si va da nessuna parte.

Perché secondo te Vollering non ha atteso? In fin dei conti non doveva recuperare tantissimo…

Forse Demi non si sentiva sicura. Ha visto una Niewiadoma comunque molto solida: magari ha pensato che sull’Alpe non sarebbe riuscita a fare la differenza e così ha tentato il colpaccio. Se fosse così, ha fatto bene come ha fatto. Ma dalla tv è facile giudicare.

Però magari chi era in ammiraglia, poteva gestirla in altro modo…

Questo andrebbe chiesto a loro.

E invece passiamo alle tue colleghe: chi ti ha colpito in positivo?

Charlotte Kool: ha vinto due tappe davanti a Wiebes. Alla prima le hanno detto che era stata fortunata perché Lorena aveva avuto un problema col cambio. Ma il giorno dopo, in un confronto alla pari, l’ha battuta di nuovo e bene. Davvero un ottimo spunto per lei.

Grandiosa tenuta della polacca, che le consente di vincere la Grande Boucle per 4″
Grandiosa tenuta della polacca, che le consente di vincere la Grande Boucle per 4″
Vero…

Poi mi è piaciuta molto la mia compagna Lucinda Brand. Ha corso in modo egregio e ha mostrato una gamba che forse non aveva da quando vinse una tappa al Giro nel 2017. Nell’ultima frazione ha lavorato sodo, è andata in fuga e alla fine è arrivata decima. E poi, chiaramente, mi è piaciuta Niewiadoma: per come ha gestito la gara, per come ha difeso la maglia e per come ha reagito alla pressione.

E invece da chi ti aspettavi qualcosa in più?

Diciamo che mi è dispiaciuto per Juliette Labous. So che ci teneva tantissimo a questo Tour Femmes e probabilmente aveva ambizioni maggiori. Credo le sia mancata un po’ di freschezza.

Elisa, ora che il vostro livello prestativo cresce, credi sia possibile fare Giro Women e Tour Femmes ad alti livelli? Al netto che quest’anno c’erano di mezzo le Olimpiadi a complicare le cose?

Secondo me sì: è una sfida possibile. Le gare sono di otto giorni ciascuna. Sono entrambe dure e corse a ritmi infernali e ne esci sfinita. Ma senza Olimpiadi c’è il giusto recupero, quindi per me è possibile. Fisicamente è possibile. Mentalmente è un’altra cosa. Quanta pressione senti? Quanta ne riesci a sopportare, a gestire e a smaltire? 

Sangalli su Parigi, viaggio in una squadra nata in salita

08.08.2024
5 min
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Tornato da Parigi con il nono posto di Elisa Longo Borghini nella gara su strada delle donne, Paolo Sangalli sta preparando valigia e appunti per il Tour de l’Avenir delle U23. Poi da lì sarà la volta di un ritiro in altura con le ragazze del mondiale, il campionato europeo e appunto la trasferta a Zurigo di fine settembre che chiuderà la stagione azzurra. Eppure c’è rimasta qualcosa in testa su Parigi. Non tanto per la prova della “Longo”, che ha fatto quel che ha potuto e alla fine s’è presa tutto sulle spalle, scusandosi per il risultato opaco. Quanto piuttosto per la scelta delle altre azzurre, che avrebbe avuto a nostro avviso un senso durante l’ultimo inverno, ma che i risultati della stagione avrebbero potuto mettere in discussione. Si sono portati i nomi o le migliori atlete a disposizione?

«A Parigi – dice il cittì azzurro – abbiamo fatto quello che ci eravamo proposti, a prescindere dalla giornata storta di Elisa. Avevamo impostato la gara perché prendesse meno aria possibile nei primi 110 chilometri e di fatto non ha mai messo fuori la testa. Pensavo che Silvia Persico (foto di apertura, ndr) tenesse di più, ma è rimasta attardata nella stessa caduta a 50 chilometri dall’arrivo che ha bloccato la Wiebes. Su quel circuito anche 20 secondi erano impossibili da recuperare. Volevamo fare come la Faulkner, ma non sempre le cose vanno bene. Parlando con loro ci siamo detti che abbiamo fatto il percorso ideale di avvicinamento e forse aver chiuso il Giro d’Italia all’ultimo metro dell’ultima tappa ha contribuito al fatto che Elisa sia arrivata a Parigi più stanca di quel che si pensava».

Nelle corse dure, Longo Borghini è la più solida. A Parigi un giorno nero
Nelle corse dure, Longo Borghini è la più solida. A Parigi un giorno nero
Non si può dare la croce addosso a lei, infatti. Corre troppo. Classiche, Vuelta, Giro di Svizzera, Giro d’Italia, Olimpiadi, adesso il Tour e Plouay e poi il mondiale…

Questo è il ciclismo femminile su strada di adesso. Anche la Kopecky è arrivata tirata, perché se fosse stata quella che conosciamo, l’oro lo avrebbe vinto lei. Non le scappava nessuno. La Vos è un’atleta che conosciamo benissimo, è arrivata dopo un mese e mezzo che non correva e ha preso l’argento. Le olandesi forse avrebbero dovuto correre tutte per la Wiebes, ma la caduta ha cambiato tutto.

Quanto è stato difficile fare questa squadra? Hai mai pensato di cambiare le tue scelte?

Ma no, perché a quel punto il cambiamento era possibile solo con un certificato medico. Avrei potuto farlo in caso di caduta o di Covid. Ma l’Olimpiade è anche una sintesi degli ultimi anni. E se andate a vedere, tre su quattro delle azzurre venivano da risultati a livello mondiale e io voglio in squadra gente che è capace di arrivarci.

Balsamo ha amato il percorso di Parigi al primo sguardo, ma le sue condizioni erano lontane dal meglio
Balsamo ha amato il percorso di Parigi al primo sguardo, ma le sue condizioni erano lontane dal meglio
Non dovrebbero avere però anche la condizione con cui sono arrivate a quei risultati? Persico da un po’ non è quella del bronzo di Wollongong e forse Elisa Balsamo dopo il ritiro al Giro non era una carta da rischiare…

Con la Persico abbiamo fatto un percorso per arrivare a Parigi nella massima condizione. Poi dopo il Giro, ha avuto il Covid. Una con cui sostituirla poteva essere la Bertizzolo, ma era out anche lei per la stessa caduta della Balsamo. Chi avrei dovuto portare?

Forse Soraya Paladin avrebbe garantito una base di lavoro di alto livello?

Credo che avrebbe potuto fare quello che ha fatto la Persico, magari qualcosa in più. E’ logico che con il senno di poi si può dire qualsiasi cosa, ma negli ultimi anni i risultati hanno parlato chiaramente. Persico avrebbe dovuto fare il Giro in progressione, poi invece è stata male. Aveva investito su quella corsa gli ultimi quattro mesi e siamo andati avanti. I segnali erano buoni e se non fosse rimasta intruppata in quella caduta, ci sarebbe stata un giro per dare una mano alla Longo. Perché su questo siamo d’accordo: in una gara così, l’unica che poteva arrivare davanti era la Longo.

Soraya Paladin, già azzurra a Tokyo, avrebbe rinforzato il team azzurro?
Soraya Paladin, già azzurra a Tokyo, avrebbe rinforzato il team azzurro?
Oppure una Balsamo al 100 per cento….

Che avrebbe fatto come la Wiebes, anche lei penalizzata dalla caduta. Alla fine lei puntava proprio alla vittoria. Balsamo ha fatto il massimo per la situazione che aveva. E comunque io sono uno molto deciso nelle cose e purtroppo non ho avuto neanche la scelta di Sofia Bertizzolo perché quella maledetta caduta in Spagna ha coinvolto sia lei sia Elisa Balsamo. Quanto alla Paladin, è una ragazza che considero molto ed è infatti già nei piani per il mondiale.

Si volta pagina?

Si volta pagina, lo sport è così. Siamo andati via da Parigi con un nono posto, dopo che Elisa veniva da due medaglie. Ma ugualmente, il primo bronzo venne per la caduta di Van Vleuten in discesa, sono cose che capitano. Le corse vanno così, ma non tolgono nulla allo spessore di Longo Borghini che per le grandi classiche è il corridore italiano di riferimento. Lei non ci sarà per gli europei, perché la lascio recuperare, ma per i mondiali conto di averla nuovamente al massimo.

Elena Cecchini è entrata nella fuga di giornata, come lo scorso anno ai mondiali di Glasgow
Elena Cecchini è entrata nella fuga di giornata, come lo scorso anno ai mondiali di Glasgow

Ci sono punti che scricchiolano, ma la posizione è condivisibile. Le Olimpiadi possono essere la sintesi dei risultati del triennio (in questo caso) precedente, ma a patto che gli atleti coinvolti abbiano lo stesso livello e forse il 2024 ha detto cose differenti. Almeno per i mondiali dovremmo averle tutte al meglio, sperando nel frattempo che Silvia Persico ritrovi lo smalto che a Wollongong nel 2022 la portò a tanto così dal vincere il mondiale.

Longo Borghini a Parigi: per Slongo sono finiti gli zuccheri

08.08.2024
7 min
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Paolo Slongo risponde da casa. Il suo impiego in questa fase dell’anno è blando. Alla Lidl-Trek infatti ha solo corridori da seguire e la sua occupazione principale è allenare Elisa Longo Borghini. I frutti si sono visti, il Giro d’Italia è solo l’ultimo in ordine cronologico. Quello che però ha colpito è stato il passaggio a vuoto di Elisa alle Olimpiadi. Nel volgere di un giro del circuito di Montmartre, la piemontese è passata dallo sferrare un attacco allo spegnersi di colpo. Che cosa è successo?

Di ipotesi ne abbiamo fatte tante. La prima è la possibilità che la “Longo” fosse obiettivamente stanca, dopo un Giro che l’ha impegnata fino all’ultimo chilometro dell’ultimo giorno. La seconda, che si somma alla prima, è che l’intervallo troppo lungo tra fine Giro e la gara olimpica non sia stato utile per il mantenimento della condizione. La terza, croce del ciclismo femminile di questi tempi, è che come tutte le atlete di valore, anche Longo Borghini è chiamata da anni a fare gli straordinari. E così dopo le classiche è venuta la Vuelta, poi il Giro di Svizzera, il Giro d’Italia, quindi le Olimpiadi e adesso il Tour, poi Plouay infine i mondiali.

Elisa Longo Borghini ha finalmente vinto il Giro d’Italia, vestendo la rosa dall’inizio alla fine
Elisa Longo Borghini ha finalmente vinto il Giro d’Italia, vestendo la rosa dall’inizio alla fine

Slongo ha il polso diretto della situazione e a sua volta gestì l’avvicinamento perfetto di Nibali alle Olimpiadi di Rio. Il siciliano arrivò fortissimo, ancorché sfortunato, dopo aver vinto il Giro e avero corso un Tour da comprimario. Proviamo pertanto a entrare con Paolo nella pianificazione della stagione di una top rider come Elisa Longo Borghini. Perché lei è fortissima e sorride, ma il serbatoio rischia ugualmente di svuotarsi.

Caro Paolo, è possibile che il Giro sia costato ad Elisa più di quanto si potesse prevedere?

Sicuramente il Giro d’Italia è costato e la cronometro che ha fatto all’Olimpiade va analizzata su due binari. Il primo binario è che a livello prestativo, per i wattaggi che ha espresso, è stata in linea con quelli della crono vinta al Giro d’Italia, ma li ha tenuti più a lungo, viste le diverse distanze. E poi però c’è il binario legato al percorso. I tanti cambi di direzione e le cadute di altre atlete hanno fatto sì che facesse le curve molto piano. Di conseguenza, oltre alla curva, c’erano da fare tutti i rilanci. Quindi probabilmente la prestazione in termini di wattaggio non si è tradotta nel tempo che ci aspettavamo.

Mentre su strada?

Alla strada è arrivata un po’ tirata. Non stanchissima, però comunque aveva lavorato anche i giorni prima a Parigi e c’era un po’ di caldo. Quindi è arrivata alla gara senza la sicurezza che ha di solito. Però comunque la corsa si era impostata bene, probabilmente là c’è stato un problema.

La crono di Longo Borghini ha mostrato valori migliori che al Giro, ma la resa non è stata la stessa
La crono di Longo Borghini ha mostrato valori migliori che al Giro, ma la resa non è stata la stessa
Di che tipo?

A mio avviso, anche avendone parlato con lei dopo la gara, può esserci stato un problema di alimentazione. Nel senso che anche non essendo al 100 per cento, Elisa non si può staccare a quel modo. Le si è proprio spenta la luce, come ha detto anche lei. Era caldo e so che gli organizzatori avevano previsto solo pochi punti per il rifornimento. Quindi probabilmente per una somma di fattori, le cose sono andate così.

Secondo te non c’è troppo lavoro nei programmi di Elisa? Giro, Olimpiadi, Tour…

In realtà, già parlando con la squadra durante l’inverno, al Tour si andrà per dare una mano. L’appuntamento di Elisa era il Giro, in Francia semmai punterà a qualche tappa che le si addice. Poi vedranno i direttori che sono là. Sicuramente sarà un una cosa strana per lei, che io ho vissuto già con Nibali.

In che senso?

L’atleta che è abituato ad essere sempre davanti, fa fatica a mollare o gli sembra brutto. Però il punto di partenza è quello di non fare classifica. Dopo il Tour andrà a Plouay (25 agosto) e poi avrà un grosso periodo di stacco che la porterà al mondiale (28 settembre). Con l’idea di arrivarci senza correre.

C’era il sentore dopo il Giro che ne fosse uscita più provata di altre volte?

E’ normale che quando fai classifica sia così. Però quello che è successo a Parigi non dipende da affaticamento, quanto dalla chiusura del… rubinetto del glicogeno. Era comunque difficile andare a medaglia, però Elisa sarebbe stata comunque protagonista sino in fondo.

Un giro prima di staccarsi, Longo Borghini attaccava: il calo di zuccheri spiegherebbe il cedimento
Un giro prima di staccarsi, Longo Borghini attaccava: il calo di zuccheri spiegherebbe il cedimento
Perché si cade in simili errori?

Per un insieme di cose. Come dicevo, c’erano pochi punti dove gli organizzatori lasciavano la disponibilità di fare il fornimento. Tra questi, c’era lo scollinamento delle salite, dove andavano a tutta e non prendevano da mangiare. Erano dei posti obbligati e questo ha fatto sì che a mio avviso Elisa non sia riuscita ad alimentarsi e bere come doveva.

Hai fatto il paragone con Vincenzo e ci sta: col fatto che vanno forte dappertutto, certi atleti sono condannati a essere sempre sulla corda.

Quest’anno Elisa ha vinto il suo primo Giro e prima aveva vinto il Fiandre. E’ l’italiana di riferimento quindi tutti si aspettano qualcosa e questa cosa ce l’hanno in comune. Però non è sempre possibile, non puoi sempre accontentare tutti. Non puoi esserci sempre, bisogna fare delle scelte come abbiamo iniziato a fare. Con Vincenzo dichiaravi che a certe gare non facevi classifica o non saresti stato competitivo, per esserlo poi in quelle cui puntavi.

Ecco il punto. Nell’anno di Rio, anche se poi cadde, Nibali andò al Tour e non fece classifica. Elisa invece ha fatto il Giro lottando fino all’ultimo giorno.

E ha tenuto la maglia dal primo all’ultimo giorno. E’ stata una corsa usurante, ma la condizione successiva non era male, però non era neanche quella del Giro. E’ sempre una transizione, la gestione del recupero e il ritorno alla condizione.

Dopo l’arrivo della prova su strada, Balsamo e le altre azzurre sono andate a rincuorare Elisa
Dopo l’arrivo della prova su strada, Balsamo e le altre azzurre sono andate a rincuorare Elisa
Sapendo che c’erano le Olimpiadi, non poteva essere il caso di non lottare per il Giro e puntare invece sul Tour?

E’ una domanda un po’ strana da fare ora… Diciamo che il Giro era un obiettivo che interessava alla squadra, ma anche a Elisa. Era una cosa dichiarata, anche se non si può mai sapere come vanno le cose. Lo stesso discorso vale per Evenepoel. Ha fatto il Tour e ha vinto l’Olimpiade, quindi non è una regola fissa che nel Grande Giro prima della gara importante non si debba tenere duro. Si individua un periodo e cerchi di andare forte in quel periodo. Arrivi al top per il Giro e cerchi di andare forte anche dopo due settimane alle Olimpiadi. Non è facile, molto meno che parlarne dopo.

Hai parlato di Evenepoel, la differenza è che il Tour è finito una settimana prima delle Olimpiadi. Sarebbe cambiato qualcosa per Elisa, che invece ha avuto due settimane dopo il Giro?

Sì, sicuro. Dopo un Grande Giro la condizione ce l’hai e se resti concentrato, più vicina e meglio è. Remco è stato avvantaggiato sotto questo aspetto.

Lefevere ha detto che al team cambia poco che Evenepoel vinca le Olimpiadi, alla Lidl-Trek cambiava qualcosa che Longo Borghini vincesse?

Diciamo che il Giro era un obiettivo della squadra e di Elisa. Le Olimpiadi sono più dell’atleta e della nazionale, sapendo che non è matematico andarci e vincere. Perciò quello che puoi fare è individuare un periodo in cui trovare e tenere la forma e poi prendo quello che viene. Visto il percorso di Parigi, Elisa sarebbe arrivata in finale con le prime. E a quel punto, scappata la Faulkner, sarebbe arrivata quinta. Alle Olimpiadi fra quinta e nona cambia poco o niente. E’ stato strano vederla spegnersi di colpo a quel modo, ma non perché non ne avesse più, ma solo perché ha avuto una crisi di zuccheri. Tant’è vero che poco prima aveva provato anche ad attaccare. Fino a un certo punto stava bene, poi, come succede, finisci il carburante. Quello buono, il glicogeno, gli zuccheri, i carboidrati.

Elisa Longo Borghini ha preparato la campagna del Nord, vittoria del Fiandre inclusa, sul Teide
Elisa Longo Borghini ha preparato la campagna del Nord, vittoria del Fiandre inclusa, sul Teide
Come si recupera freschezza dopo il Tour andando verso il mondiale?

Sicuramente farà una settimana di stacco mentale e dalla bici. Poi secondo me non perdi tutto quello che avevi prima e gradualmente ritorni al tuo livello. Dovrebbe andare ad Andorra a fare un richiamo di lavoro in altura e arrivare al mondiale senza gare. Tante volte se cambi l’altura, è anche stimolante. Non fai le stesse strade, gli stessi percorsi. Lei è stata tante volte a Sestriere, più di una volta al San Pellegrino e siamo stati una volta sul Teide. Credo che dopo un così lungo periodo di recupero, a Zurigo saremo di nuovo competitivi.

Longo Borghini, peccato: il giorno storto nel giorno sbagliato

04.08.2024
5 min
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PARIGI (Francia) – Elisa Longo Borghini è la personificazione della delusione. Come tutti i più grandi, in ogni sport, punta sempre al massimo. E quando non lo raggiunge, come è successo a Parigi, il colpo è duro da digerire. Era arrivata in Francia con ben altre ambizioni e magari con l’idea di tentare il colpo grosso, dato che di medaglie olimpiche già ne aveva, ma mancava la più preziosa. Non lo dice, ma lo si intuisce guardandola negli occhi. Lo intuiscono anche alcune rivali che, passandole accanto, la consolano. E le ricordano il grande Giro d’Italia che ha fatto. Lei ringrazia, ma per il momento non può essere sufficiente per farle passare la tristezza.

Elisa, che cosa è successo?

Mi dispiace tantissimo. Non è il risultato che volevo, non è il risultato che speravo. E’ andata malissimo. Non ho scuse e non le cerco. Semplicemente, le gambe non andavano. L’avevo immaginato già nella prima parte, naturalmente ci ho provato lo stesso. Poi a un certo punto mi sono spenta in un attimo. Chiedo scusa a tutti. Ai tifosi che mi hanno seguito da casa, ai tanti italiani che c’erano sul percorso. Li ho visti, li ho sentiti, ho percepito il loro incitamento. In generale, è stata una bella corsa e con una bella atmosfera. Ma in questo momento passa tutto in secondo piano perché sono molto delusa.

Pensi che se la gara si fosse sviluppata in modo diverso avresti avuto più possibilità?

Non è questione né di sfortuna né delle avversarie, che sono state brave. Faulkner ha vinto e si è meritata la vittoria. La responsabilità sta solo nelle mie gambe. Non c’erano, tutto qua. E mi dispiace tantissimo perché avrei voluto onorare in ben altro modo una manifestazione importante come le Olimpiadi, la maglia azzurra e l’Italia, che meritava un altro risultato.

Le azzurre al via: Persico, Longo Borghini, Cecchini, Balsamo
Le azzurre al via: Persico, Longo Borghini, Cecchini, Balsamo
Sei comunque nona in una prova olimpica, pur in una giornata no. Non sei troppo severa con te stessa?

Il punto non è il risultato. Potevo essere quarta o ventesima. Mi dispiace non essere stata al meglio, perché questo significa non avere onorato la maglia che indossavo. Tutto sommato penso che abbiamo fatto la gara giusta e che ci siamo mosse tutte bene. Anzi, ringrazio le mie compagne di squadra per il lavoro fatto. Ognuna di noi ha dato ciò che aveva oggi, purtroppo non è bastato. Non so veramente cosa dire, né penso che si debba cercare chissà quale spiegazione, perché ho percepito chiaramente di essermi spenta. Un metro prima c’ero, un metro dopo non c’ero più.

E adesso? La stagione non è finita e ci sono ancora appuntamenti importanti da onorare. Dove magari cercare il riscatto.

Adesso andrò a casa e inizierò a pensare al Tour de France. Non c’è un attimo di riposo e forse è meglio. Questa è una botta che fa male e che continuerà a farmi male, ma non posso permettere che condizioni il resto della stagione, perché c’è ancora tanto da pedalare.

Emotivamente gli ultimi chilometri quanto sono stati difficili?

Negli ultimi chilometri non vedevo nulla. Dal punto di vista emotivo sono stati molto difficili. Cercavo di remare fino all’arrivo, non sapevo più nemmeno dov’ero. Non sono riuscita a godermi il percorso. Ma ringrazio ancora una volta i tifosi che c’erano sul percorso. Se sono riuscita ad arrivare sul traguardo è grazie a loro, che hanno continuato a incitarmi soprattutto negli ultimi chilometri, quando ormai era chiaro che non sarei arrivata da nessuna parte.

Sei riuscita a sentirli?

Sì tanto che un altro motivo di dispiacere è non essere riuscita a dare il meglio di me stessa in un contesto così bello. Oggi l’atmosfera era veramente speciale. Purtroppo capita, lo so, è già capitato, ma ogni volta è sempre molto dura da accettare.

Per Sangalli si tratta delle prime Olimpiadi da cittì azzurro, dopo quelle da collaboratore di Salvoldi
Per Sangalli si tratta delle prime Olimpiadi da cittì azzurro, dopo quelle da collaboratore di Salvoldi

Un black-out inatteso

Stremata, Elisa lascia la spianata del Trocadero e non alza nemmeno lo sguardo alla Torre Eiffel. Segno ulteriore che avrebbe voluto guardarla dal podio. La parola passa quindi al commissario tecnico Paolo Sangalli e alla sua analisi.

«Siamo stati protagonisti – dice – fino al momento in cui Elisa si è spenta. Può capitare nello sport e purtroppo è capitato oggi a lei. Fino a quel momento si era mossa bene. Era nel gruppo giusto, per quelle che sono le sue caratteristiche e le sue capacità. Non tutte le giornate sono uguali».

E il 4 agosto 2024 a Parigi era una giornata meno uguale delle altre. Peccato.