Velo cittì: le certezze delle veterane e i primi passi tra le giovani

13.05.2025
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Marco Velo in questo momento si trova al Giro d’Italia, che ieri ha goduto del giorno di riposo aggiuntivo derivato dalla partenza in Albania. La carovana è tornata nel nostro Paese e ognuno ha avuto il suo bel da fare. Il neo cittì della nazionale femminile si trova alla Corsa Rosa come regolatore di percorso. Da qualche anno svolge questo ruolo per RCS Sport & Events e nonostante il grosso incarico della Federazione i suoi impegni non sono cambiati. Sicuramente il bresciano saprà trovare il giusto equilibrio per dirigere la nazionale femminile, ruolo ereditato da Paolo Sangalli a sua volta passato nel WorldTour con la Lidl-Trek (i due sono insieme a Elisa Longo Borghini alle Olimpiadi di Parigi nella foto di apertura). 

I primi impegni di stagione hanno evidenziato come Elisa Longo Borghini sia ancora il faro del movimento azzurro
I primi impegni di stagione hanno evidenziato come Elisa Longo Borghini sia ancora il faro del movimento azzurro

Nuove misure

Il ruolo di tecnico si addice a Marco Velo, che fino al 2024 è stato il responsabile delle cronometro azzurre per ogni categoria. E’ chiaro che rispetto al precedente incarico la mole di lavoro sia maggiore, la gestione della nazionale femminile parte dalle juniores e arriva fino alle elite. Inoltre quest’anno sta prendendo sempre più piede la categoria U23, che prima non esisteva e piano piano è stata introdotta. 

«Il ruolo non è nuovo – racconta Velo ai margini del Giro – mentre l’ambiente un pochino lo è. Le ragazze elite le conosco meglio rispetto alle juniores per ragioni di visibilità. Gestivo le loro cronometro, vero, ma la supervisione di Sangalli e il suo parere erano fondamentali. Ora ho iniziato a seguire molto di più il movimento e sono partito proprio dalle piccole. Sono stato a qualche gara per gettare le basi di un rapporto sia con le atlete che con le squadre. Per quanto riguarda le elite sono stato a Sanremo e Strade Bianche, mentre ho seguito in televisione tutta la Campagna del Nord».

Un’altra conferma per il cittì Velo è arrivata da Elisa Balsamo, capace di vincere di correre da protagonista le Classiche
Un’altra conferma per il cittì Velo è arrivata da Elisa Balsamo, capace di vincere di correre da protagonista le Classiche
Come mai non seguire le Classiche sul posto?

Ho fatto una valutazione personale. Andare alle gare vuol dire avere dei costi di viaggio e soggiorno. Siamo nell’anno post olimpico e come accade spesso la Federazione deve stare attenta alle uscite. La cosa che ho notato anche a Sanremo e Strade Bianche è che comunque anche se sono in gara devo guardare la corsa dal tablet. Sei lì, ma non puoi vedere la fasi salienti e capire come si svolge la gara. 

La stessa cosa hai fatto in questi giorni in cui Vuelta Femenina e Giro corrispondevano?

Esattamente. Per fortuna il ciclismo femminile è cresciuto parecchio in ogni aspetto e in televisione si vedono tante gare. Mi ritengo un tecnico “vecchia scuola” che non ama andare alla partenza o dopo gli arrivi a parlare con le ragazze. Preferisco lasciarle concentrate e parlare a mente fredda. Inoltre c’è un altro aspetto…

Nonostante l’assenza di vittoria di tappa alla recente Vuelta Espana Femenina Letizia Paternoster ha vestito la maglia rossa
Nonostante l’assenza di vittoria di tappa alla recente Vuelta Espana Femenina Letizia Paternoster ha vestito la maglia rossa
Quale?

Abito vicino a Montichiari. Di conseguenza posso andare spesso al velodromo quando le ragazze si allenano e sappiamo tutti che le principali figure del ciclismo femminile gareggiano sia su strada che su pista. Con Bragato c’è un’ottima collaborazione e questo aspetto aiuta molto. 

Vero che le elite le conosci di più, ma serve comunque creare un gruppo?

A mondiali ed europei mi vedevo spesso con lo “zoccolo duro” del movimento: Silvia Persico, Elisa Longo Borghini, Elena Cecchini, Marta Cavalli. Per messaggio e via telefono sono in contatto continuo. Sicuramente il tutto andrà a intensificarsi quando ci avvicineremo a mondiali ed europei. 

Il ruolo con RCS Sport ha permesso negli anni a Velo di visionare i corridori sul campo, qui con Lorenzo Milesi al Giro 2024
Il ruolo con RCS Sport ha permesso negli anni a Velo di visionare i corridori sul campo, qui con Lorenzo Milesi al Giro 2024
Alla Vuelta mancavano le ragazze del cosiddetto blocco azzurro, cosa hai visto dalle altre?

Mi ha fatto piacere che Letizia Paternoster sia riuscita a indossare la maglia rossa. Anche Trinca Colonel e Borghesi si sono mosse bene. Avrò la fortuna di seguire dal vivo il Giro Women vista la mia collaborazione con RCS, quindi i prossimi mesi saranno fondamentali per avere un quadro d’insieme.

Quanto le senatrici ti hanno aiutato a entrare in questo mondo?

Molto. Cecchini, Longo Borghini, Guazzini e anche Silvia Persico mi hanno dato tante informazioni. Poi sta a me filtrarle e capire come muovermi in questa categoria. 

Qual è stata la difficoltà maggiore?

Con la categoria juniores è servito tanto l’essere sul campo. Anche alla riunioni pre gara mi sono presentato e ho detto ai tecnici di contattarmi per qualsiasi cosa. Del ciclismo femminile ho capito come le parole debbano essere pesate e che serve precisione. Sono molto attente ai dettagli e sono focalizzate su ciò che viene detto. 

Hai già programmato dei ritiri?

Con le elite non ne abbiamo in programma, sempre per la questione della gestione dei costi. Ho preferito cercare di fare qualcosa per le juniores, la volontà è quella di portarle in altura prima del mondiale in modo da dare maggiore continuità di lavoro.

Anche perché la categoria U23 cresce sempre più.

Esatto. Da quest’anno il Tour de l’Avenir Femmes aumenta i giorni di corsa che diventeranno gli stessi dei ragazzi. Inoltre il 2025 è il primo anno in cui ci sarà il mondiale riservato a questa categoria. Prima la categoria elite includeva tutte all’interno della corsa veniva premiata la migliore under 23. Anche da questo punto di vista ho un grande supporto dalla Federazione, specialmente nella figura di Amadio. 

La Colnago V5Rs di Longo Borghini: «Una bici che mi segue»

30.04.2025
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LIEGI (Belgio) – E’ stato un colpo di fulmine. Salire su questa bici è stato come un colpo di fulmine. Perché è reattiva, ti segue. Inizia così l’intervista a Elisa Longo Borghini che ci parla della sua nuova Colnago V5Rs.

Vi avevamo già detto di questa nuova perla del brand lombardo. Lo avevamo fatto da un punto di vista strettamente tecnico, della struttura, della costruzione… Ora passiamo all’atleta. Il riscontro della professionista è sempre qualcosa in più. L’atleta che sul mezzo ci lavora, ci gareggia, ci vince. Sensibilità che solo chi corre ad un certo livello può avere, tanto più che ha seguito l’evoluzione del mezzo, passando dalla Colnago V4Rs appunto alla V5.

La Colnago V5Rs di Elisa Longo Borghini
La Colnago V5Rs di Elisa Longo Borghini
Elisa, siamo partiti dalla reattività, come hai detto. Hai avvertito subito la differenza rispetto al precedente modello?

Sì, quando sono salita sul V5Rs ho detto: «Ok, questa è la mia bici. Non che il V4 non mi piacesse, anzi. Era una bicicletta con la quale ho avuto subito un buon feeling, ma il V5 è stato per me amore a prima vista.

Bello quando è così…

E’ veramente una bici leggera perché comunque è montata con le ruote Enve 4.5. E grazie anche alla mia misura di telaio, abbastanza piccola, è proprio al limite del peso imposto dall’UCI (6,8 chili, ndr). E’ veloce e in salita, come ho detto, è reattiva. Quando rilancio dopo le curve è una bici che mi segue, che viene con me. Per questo la sento mia e per questo mi piace tanto.

Questo è importante anche per il feeling in discesa. Immaginiamo tu sia più tranquilla…

Chiaramente avere una bici che comandi tu e che non ti porti lei dove vuole fa una grande differenza. In discesa sento che la posso mettere dove voglio io, la posso portare dove voglio io. Poi magari mi ribalterò alla prima curva! Però è veramente una delle biciclette migliori che io abbia mai usato.

Qual è il tuo setup preferito?

Il mio setup prevede le ruote Enve 4.5 quindi con profilo da 45 millimetri e i rapporti 11-34 al posteriore e 54-36 all’anteriore.

La soluzione 54-36 è un bel salto: 15 denti…

Sì, però con Shimano è una cosa che si può fare. In più i nostri meccanici hanno lavorato abbastanza su questo aspetto. Anche a casa ho fatto parecchie prove. E’ una soluzione che funziona, ovviamente bisogna avere una certa sensibilità nella cambiata, però, ripeto, con gli aggiustamenti da parte dei meccanici e la giusta sensibilità da parte dell’atleta si può fare.

Quali sono questi aggiustamenti oltre al “dente di cane”?

La regolazione elettronica e la corretta messa in posa dell’intero cambio stesso.

Restiamo in tema di rapporti, Elisa. Sei passata da Sram a Shimano: altri ingranaggi, altri sviluppi metrici. Come ti sei trovata?

Nel complesso mi sono trovata molto meglio con Shimano, non perché lo Sram non fosse un bel gruppo, anzi… In sei anni che l’ho utilizzato è sempre andato bene. Però Shimano ti dà la possibilità di giocare un pochino di più sulle scelte, di avere sempre le scale perfette per ogni gara. Come dicevo per le corone, io adesso posso montare il 54 e il 36, cosa che con Sram non era possibile. Ero legata al 41 se volevo una corona da 54. Sram infatti fa 50-37, 52-39, 54-41.

Tra Longo Borghini la Colnago V5Rs subito un grande feeling (foto Instagram)
Tra Longo Borghini la Colnago V5Rs subito un grande feeling (foto Instagram)
Chiarissima…

La cosa che forse mi manca un pochino di Sram è il 10, che Shimano non fa. Però alla fine con il 54 davanti sono arrivata ad un ottimo compromesso. Prima usavo quasi sempre la soluzione con il 52 davanti, adesso ho il 54: due denti in più, pertanto siamo lì. Il 52×10 mi tornava utile nelle discese veloci. Il vantaggio attuale è che con il 54, in generale, non solo in discesa, posso tenere la catena più dritta.

Invece in quanto ad ergonomia delle leve e alla cambiata?

Eh – sospira e sorride Elisa – questo all’inizio non è stato semplice. Anzi, direi che è stato un po’ un trauma! Anche nell’ultima Amstel Gold Race mi è capitato di aver fatto una cambiata come se avessi ancora Sram, pensando di aver messo il 36. Morale: mi sono accorta in cima al Cauberg di averlo fatto, e per ben due volte, con il 54. Ho detto: «Wow, vabbè almeno le gambe vanno bene!».

Se ti può consolare, Davide Formolo più o meno per lo stesso motivo fece il Giau con la corona grande!

Sì, ma non ho la stessa forza di Formolo! E’ stata una mia sciocchezza, ma può succedere dopo tanti anni… Specie quando sei un po’ annebbiata.

Passiamo alle tue misure, Elisa. Nel passaggio dalla Colnago V4Rs alla V5Rs, hai ritoccato qualcosina?

E’ cambiato veramente poco perché i due telai hanno le stesse geometrie. Il V5 è 2-3 millimetri più lungo nelle misure maggiori, io in tal senso sono stata fortunata. C’erano 1-2 millimetri di differenza quindi è tutto rimasto come sul V4, per così poco non si è toccato nulla.

Quindi anche le specifiche?

Sì, tutto uguale: pedivelle da 170 millimetri e attacco manubrio da 125. Stessi spessori sotto al manubrio. Idem l’arretramento della sella. Sella che cambiando squadra è nuova: ho scelto la Fizik Antares ed è posta ad un’altezza, come sempre, di 70 centimetri.

Capitolo gomme…

La copertura che uso di più è il tubeless Continental Gran Prix 5000 TT da 28 millimetri, che di suo è già abbastanza grande (il 28 Continental corrisponde a un 29 delle altre marche, ndr) e sulle Enve, con canale interno largo, sembra ancora più cicciotto. In effetti, osservando anche le gomme delle altre, ho notato anch’io che sembra più grande di un 28 millimetri. Fino all’anno scorso usavo il 28 Pirelli e noto la differenza. Non solo, ma stando a casa con Jacopo (Mosca, il marito in forza alla Lidl-Trek, ndr) noto che il Continental 28 sembra più grosso.

Passando da Pirelli a Continental: le tue pressioni di riferimento sono cambiate?

Chiaramente a dettare le pressioni sono il meteo e la corsa, cioè pavé o non pavé, sterrato… Però rispetto a prima uso delle pressioni molto più basse. Viaggio a 3,8 davanti e 4 dietro. A volte anche 3,6 e 3,8. E devo dire che mi sto trovando molto bene.

Il sogno di Le Court. L’incubo di Elisa, messa ko dal caldo

28.04.2025
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LIEGI (Belgio) – Non senza un pizzico di sorpresa, tra le donne è stata la Liegi di Kimberley Le Court Pienaar. Atleta importante, anche perché una Doyenne altrimenti non la vinci, ma certo non era sul taccuino delle favorite. Più di qualche ragazza arrivata staccata chiedeva: «Chi ha vinto?» e una volta conosciuta la risposta scattava una smorfia di incredulità.

La gara femminile si è accesa nel finale. La Redoute è stata meno decisiva di quel che si potesse immaginare. Almeno vista da fuori, perché nelle gambe delle atlete ha fatto sfracelli. Poi si èdeciso tutto in uno sprint a quattro.

Stremata e affranta, Longo Borghini all’arrivo ha chiesto le fosse gettata dell’acqua su collo e spalle
Stremata e affranta, Longo Borghini all’arrivo ha chiesto le fosse gettata dell’acqua su collo e spalle

Liegi stregata

E’ proprio da qui che partiamo il nostro racconto, o meglio quello di Elisa Longo Borghini. La capitana del UAE Team ADQ ha ceduto, un po’ come Remco se vogliamo. Per noi è stata una sorpresa, per le sue compagne no. Intendiamo sul momento, quando dal maxischermo sull’arrivo di Liegi l’abbiamo vista perdere terreno.

Erika Magnaldi infatti ci ha detto che Elisa aveva anticipato di non sentirsi bene e per questo le aveva lasciato carta bianca. «Solo che io – spiega Erika – dovevo svolgere un altro ruolo e nella fase centrale della corsa ho sprecato un bel po’ di energie, che poi non ritornano».

Si attende Elisa, passano i minuti, quasi 8. Poi eccola spuntare, stremata. China il capo sulla bici. Parla sottovoce. Si abbraccia con Erika Magnaldi, che è lì ad aspettarla.

Si avvicina la massaggiatrice e le porge qualcosa di liquido da mandare giù. Elisa invece chiede che le si versi dell’acqua sulla schiena. «E’ stato semplicemente un bruttissimo giorno… per avere un bruttissimo giorno», sospira. La lasciamo respirare un po’.

Mauritius, che colpo!

Intanto poche centinaia di metri dietro va in scena il podio. Per le Mauritius di Le Court è una giornata storica e lei lo rimarca con orgoglio.

«Non ci credo – dice commossa l’atleta della AG Insurance-Soudal – è un grande momento per il mio Paese (le Mauritius, ndr). Ad un certo punto sono stata staccata, ma sono riuscita a recuperare, anche grazie alle mie compagne e a Julie Van de Velde, formidabile. Questo dimostra che in gara non bisogna mai arrendersi.

«Sulla Roche-aux-Faucons ho ritrovato improvvisamente le gambe e il ritmo, che sono riuscita a mantenere fino in cima. Sono riuscita a superare Demi Vollering e Puck Pieterse. Ho iniziato a pensare a qualcosa di grande quando ho visto le altre fare fatica sulla Roche-aux-Faucons. Il caldo? No, era una giornata piacevole, ma so che in tante lo hanno sentito».

Longo Borghini in difficoltà sulla Redoute, ma non stava bene già da qualche chilometro
Longo Borghini in difficoltà sulla Redoute, ma non stava bene già da qualche chilometro

«Sembravano 40 gradi»

E’ proprio da qui che ci riallacciamo a Elisa Longo Borghini: quella bottiglietta d’acqua sulla schiena non era affatto casuale. Le facciamo notare del caldo.

«Non lo so – spiega – non mi sono sentita bene. Da metà corsa in poi ho iniziato ad avere caldo, a non sentirmi per niente bene. Le temperature non erano altissime, però io ho sofferto come se ci fossero 40 gradi. Non me lo spiego, semplicemente questo».

In effetti la campionessa italiana veniva da ottime gare, quindi è stata una giornata che non ci si aspettava. Magnaldi aveva detto che probabilmente Elisa aveva patito il caldo. Ma più che il caldo, ipotizziamo, lo sbalzo termico. Negli ultimi due giorni la temperatura è salita di parecchio, passando dagli 11-12 gradi piovosi della Freccia ai 20-21 assolati della Liegi.

«Stavo benissimo fino al giorno prima – riprende Longo Borghini – e non me lo spiego, ripeto. Purtroppo le giornate no nel ciclismo esistono e a volte succedono anche nei giorni in cui vorresti che tutto andasse bene. Da metà corsa in poi, quando non mi sono sentita bene, non aveva senso far lavorare le mie compagne per me. Quindi le ho lasciate andare».

In questa giornata poco brillante per la UAE Adq c’è a aggiungere la frattura del gomito per Silvia Persico, richiamata per la Liegi e caduta nelle prime ore di gara.

Brava Trinca

Ma per una giornata storta, come si dice, ce n’è un’altra che è andata dritta. O quantomeno bene, fatte le dovute proporzioni. E questa nota positiva porta il nome di Monica Trinca Colonel.
Alla presentazione delle squadre, Anna Trevisi, una delle migliori gregarie in assoluto del gruppo, ce lo aveva detto: «Corriamo per Trinca. Sta bene. E’ forte». Ed eccola finire ottava. Prima delle italiane.

«In realtà – racconta l’atleta della Liv AlUla Jayco – sono sorpresa per il risultato perché mi sono sentita bene per almeno due orette. Ultimamente soffro sempre nelle parti iniziali di gara, poi però sul finale ci sono sempre, quindi comunque sono soddisfatta.

«E’ stata una corsa strana per me: mi sono staccata praticamente su tutte le salite, ma poi rientravo bene ed eravamo sempre meno. E’ stata una lotta continua. Questo denota più che altro che sono un diesel, quindi ci impiego un po’ di tempo per ingranare. La cosa bella di questa stagione? Che sto crescendo tanto e senza accorgermene. La squadra poi non mi mette pressione. Qui sto bene e sono più che contenta. Anna ha detto che potevo stare con le grandi? Vabbé, sono parole grosse le sue! Però sì, in futuro spero di essere tra le top».

La “prima” della Magnaldi. Col permesso della “Longo”

27.04.2025
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L’ha atteso a lungo, quel momento, quando ha potuto alzare le braccia come liberandosi da un fardello. Erica Magnaldi aveva già iniziato tardi la sua carriera ciclistica, provenendo dal mondo amatoriale, aveva fatto la trafila, era approdata nel WorldTour alla UAE nel 2022. Ci era andata tante volte vicina, ma solo a Chambery ha finalmente assaporato il gusto della vittoria, sette anni dopo la tappa del Tour de l’Ardeche, quando tutto stava praticamente iniziando.

La fuga vincente a Chambery, dov’era stata seconda nel ’23 e terza nel ’24 (foto Vaucolour)
La fuga vincente a Chambery, dov’era stata seconda nel ’23 e terza nel ’24 (foto Vaucolour)

Non è un caso se la vittoria è arrivata proprio a Chambery, tanto è vero che la cuneese aveva segnato in rosso la data della classica transalpina: «E’ una prova che mi si attaglia perfettamente, tanto è vero che nelle altre due volte che ho partecipato sono sempre andata sul podio, diciamo anzi che con questa vittoria ho completato la collezione… Era un obiettivo, uno dei tanti posti in questa stagione, contenta che sia stato centrato».

Come ti sei avvicinata, anche dal punto di vista psicologico visto che ritenevi la gara un passaggio nodale nella tua stagione?

Ero molto fiduciosa perché avevo visto nelle prove precedenti che le gambe giravano bene, che la condizione c’era. Ho vissuto una buona preparazione invernale che comincia a dare i suoi frutti. Alla vigilia il team aveva posto me come leader della squadra insieme a Greta Marturano e la corsa si è messa bene. Abbiamo controllato la gara nella prima parte e quando si è fatta più dura la naturale selezione ha portato a rimanere davanti in 5, tra cui sia io che Greta. Era la situazione tattica ideale e devo dirle grazie perché è stata fondamentale nella gestione della corsa fino al mio attacco, che mi ha permesso di arrivare da sola.

Il podio della classica francese con la cuneese fra Mitterwallner e Curinier (foto Vaucolour)
Il podio della classica francese con la cuneese fra Mitterwallner e Curinier (foto Vaucolour)
Prima dell’inizio della stagione si parlava molto del tuo ruolo in squadra come principale aiutante di Elisa Longo Borghini e da quel che si è visto, il ruolo ti ha calzato a pennello…

Lavorare per Elisa è un onore, ma devo dire che è lei stessa che ci tiene che tutte le compagne abbiano il loro spazio ed è la prima a dire che non sono solo il suo luogotenente. Questo vale per tutte, bisogna essere pronte a lavorare per lei che è il nostro capitano e una delle più forti al mondo, ma anche saper prendersi la propria responsabilità quando lei non c’è. E’ chiaro che la gara di Chambery aveva un livello più basso rispetto alle prove WorldTour, ma sono stata contenta di provarci e ancor più di riuscirci. Ho ripagato la fiducia.

Ora si prospetta per te la lunga trasferta in Spagna a cominciare dalla Vuelta. Con che ruolo andrai?

Dipende molto dalle scelte della squadra e dall’eventuale presenza di Elisa, che inizialmente non aveva in programma la Vuelta anche perché è attesa da Giro e Tour, ma potrebbe essere chiamata a farla perché abbiamo alcune compagne infortunate. Nel caso ci sia dipenderà da che cosa vorrà fare, ma per quanto mi riguarda, anche se mancasse Elisa non penso che punterò alla classifica, preferirei avere più libertà di movimento e poter correre in maniera aggressiva, cercando una vittoria di tappa. Magari cercare una fuga com’è avvenuto al Giro dello scorso anno.

La collaborazione con la Longo Borghini (qui dopo la Freccia Vallone) è solidissima e fondamentale per entrambe
La collaborazione con la Longo Borghini (qui dopo la Freccia Vallone) è solidissima e fondamentale per entrambe
Poi avrai l’Itzulia e la Vuelta a Burgos, più brevi…

Mi piacciono molto. La gara basca l’affronto con curiosità non avendola mai corsa prima ma sapendo che è molto dura, proprio come piace a me. Alla Vuelta a Burgos spero di ripetere le prestazioni di due anni fa, quando finii seconda nella tappa finale di Lagunas de Neila, traguardo che tra l’altro sarà quest’anno alla Vuelta Espana. Vedremo con quale condizione ci arriverò dopo la dura campagna delle Ardenne. I ruoli verranno stabiliti di volta in volta.

Magnaldi è ora attesa dal maggio iberico, a cominciare dalla Vuelta con un ruolo da scoprire via via
Magnaldi è ora attesa dal maggio iberico, a cominciare dalla Vuelta con un ruolo da scoprire via via
Gli appuntamenti con la nazionale sono ancora lontani nel tempo, ma è chiaro che non capita spesso che sia europei che mondiali propongano percorsi durissimi, tipici per scalatori. Senti il richiamo?

Mi piacerebbe essere in azzurro, questo è chiaro, per dare una mano a Elisa che sarebbe la capitana e una delle candidate alla vittoria considerando i tracciati. Il nostro feeling che si va costruendo in squadra sarebbe utilissimo. Ma parliamo di eventi ancora lontani, con il cittì non ho avuto modo di parlarne anche perché è ancora presto. Vedremo in che forma sarò per quel periodo, che cosa avverrà in estate. Per ora lascio tutto nel cassetto, insieme agli altri sogni…

Uno da tirarne fuori?

Mah, mi piacerebbe riassaporare quella gioia provata a Chambery, si dice sempre che quando riesci a sbloccarti, poi diventa tutto più facile. Vediamo intanto di far capitare l’occasione, ovunque sia…

Pieterse, la biker che ha conquistato la Freccia Vallone

23.04.2025
5 min
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HUY (Belgio) – Spunta persino un raggio di sole quando sta per arrivare la Freccia Vallone femminile. A bordo strada la folla è calorosa come per gli uomini poco prima. Tutti già si fregano le mani per Lotte Kopecky, eroina belga. Invece, quando inizia il Muro d’Huy, l’iridata perde posizioni. Sta per vincere Demi Vollering, la rivale olandese, e invece chi ti spunta? Puck Pieterse, che è sempre olandese… ma non è Vollering, la rivale delle rivali per i belgi.

In tutto questo non va dimenticata la nostra numero uno indiscussa, Elisa Longo Borghini. Terza, di nuovo sul podio alla Freccia. Se abbiamo ben capito, quando ha tagliato il traguardo, mentre ancora il fiatone si impossessava dei suoi polmoni, per radio ha sussurrato alle ragazze: “Sorry”. Ed è arrivata terza. Come diceva Totò: “Signori si nasce”.

Al colpo di reni, Longo Borghini precede Niewiadoma
Al colpo di reni, Longo Borghini precede Niewiadoma

Una biker sul Muro

Ma veniamo alla protagonista di giornata. L’atleta della Fenix-Deceuninck non solo ha vinto, ma ha rilanciato con forza un tema che per l’assalto ai Muri circolava persino fra gli uomini, secondo cui biker e ciclocrossisti fossero favoriti da questo segmento così ripido.

Pensate che Remco Evenepoel aveva detto alla vigilia: «Non dobbiamo portare Thibau Nys in carrozza sotto al Muro». E in tantissimi davano per favorito, o comunque rivale numero uno di Pogacar, Tom Pidcock.

«Se sono stupita della vittoria di Pieterse? – spiega Elisa Longo Borghini – Fino a un certo punto. Sì, era più un’outsider, ma questi sforzi di tre minuti, perché tanto dura il Muro, sono molto adatti a chi fa cross o mtb».

E Puck Pieterse non si tira indietro. «In effetti le mie abilità di biker mi hanno aiutato sul Muro. Mi hanno aiutato su certe pendenze e anche a rilanciare la bici. A noi capita spesso di avere a che fare con sforzi violenti e salite così ripide. E’ stato uno sforzo in cui mi sono trovata bene, ma è anche vero che oggi mi sentivo particolarmente in forma. Stamattina mi è stato chiesto quale salita in mountain bike potessi paragonare al Mur de Huy. Ho pensato a una salita molto dura della Coppa del Mondo di Leogang. Mi sono detta: “Faccio finta di essere lì”».

Rivalità “orange”

Pieterse è una ciclista alla Pidcock, se vogliamo: una biker che poi è arrivata alla strada. E che va fortissimo anche nel ciclocross. Ma soprattutto è iridata in carica nella mtb.

«Oggi sono davvero felice. E’ il mio secondo successo su strada (aveva vinto una tappa al Tour de France Femmes, ndr) – ha detto Pieterse – come ripeto stavo bene. Sono partita con grande tranquillità. E lo sono stata per tutta la corsa. La tattica? Era semplice. Aspettare il passaggio finale sul Muro. Devo dire che sono state brave le mie compagne a mantenermi sempre coperta.

«Ho anche rivisto le ultime dieci edizioni. E in più ho ricevuto consigli da Annemiek Van Vleuten. In realtà quando le ho chiesto qualcosa mi ha riempito di dati e analisi. In pratica mi ha mandato un libro!». Lei forse ci credeva eccome.

Qualche giornalista olandese la incalza con il duello interno con Demi Vollering, ma Puck non fa una piega. «Con Demi non c’è una rivalità specifica. Ho pensato a prenderle la ruota, aspettavo che accelerasse di più ma non lo ha fatto. A quel punto, quando l’ho affiancata, ho pensato a dare tutto. E’ davvero incredibile questa vittoria».

Sara Casasola (seconda da sinistra) sotto al podio con le compagne. Tra queste si riconosce Ceylin Alvarado (terza da sinistra)
Sara Casasola (seconda da sinistra) sotto al podio con le compagne. Tra queste si riconosce Ceylin Alvarado (terza da sinistra)

Lo zampino di Casasola

Ma in tutto ciò c’è anche un bel pezzetto d’Italia, e questo pezzetto si chiama Sara Casasola. L’italiana è compagna di Pieterse e ha disputato un’ottima Freccia. Tra l’altro, pur lavorando per la capitana, è arrivata 19ª: non male per chi era all’esordio in queste gare.

«Direi che è andata molto bene – racconta Sara mentre si gusta il podio con le sue compagne – Puck ha vinto, quindi meglio di così! Che ce l’aspettassimo magari no, ma eravamo fiduciose, perché già all’Amstel era salita sul podio e aveva dimostrato una buona condizione. E poi come squadra abbiamo corso bene. Siamo sempre state davanti e compatte. Io dovevo cercare di coprire un po’ le fughe, ma non c’è stato poi questo gran movimento. Per il resto, dovevo assistere un po’ nel posizionamento Puck e infatti l’ho portata davanti all’imbocco del Muro d’Huy.
«Ogni tanto le parlavo e ogni volta mi rispondeva: “Bene, bene”. Ma Puck, quando è così davanti, vuol dire che ha davvero la gamba».

Anche con Sara si parla del discorso delle fuoristradiste su questo percorso, visto che anche lei è una specialista del ciclocross.

«Diciamo che siamo una squadra quasi completamente di crossiste. La multidisciplina paga, a quanto pare. Sicuramente sono nella squadra giusta per fare questo. In generale mi trovo bene in Belgio. Il discorso degli sforzi esplosivi è giusto».

Sara sta davvero assumendo una mentalità belga. Alle prime gare classiche si trova a suo agio, non teme il maltempo, passa dalla bici da cross a quella da strada con grande naturalezza.

«Sono le prime volte che faccio delle classiche vere e proprie qua in Belgio. La squadra mi sta dando molta fiducia, mi ha messo in calendario molte gare importanti. Sto imparando molto, correndo sia il cross che la strada ad alto livello. Certo, bisogna trovare un equilibrio. A fine Ardenne riposerò un po’. Faccio ancora un po’ fatica con le posizioni alle alte velocità, ma so che stiamo facendo il lavoro giusto».

Brabante, rientra anche la Longo, 12 giorni dopo la caduta

18.04.2025
5 min
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«Sto bene. Certamente meglio del 6 aprile». Elisa Longo Borghini parla dal lettino dei massaggi. Domani (oggi, ndr) tornerà in gruppo alla Freccia del Brabante. Non ne poteva più di aspettare, vista la fantastica condizione con cui è arrivata al Nord. E alla fine, seguito alla lettera il protocollo per la commozione cerebrale, ha convinto la squadra a tornare in gara. Sono passati 12 giorni dalla caduta. Un altro ritorno importante, al pari di Remco Evenepoel, sia pure con una storia diversa.

Il 6 aprile, in corsa per vincere il Fiandre, dopo soli 35 chilometri, la campionessa italiana è caduta. Vederla immobile per terra è durato un secolo: una di quelle scene da scacciare presto dagli occhi. Poi si è rialzata. Si è scossa la polvere di dosso ed è salita in bici. C’era con lei Silvia Persico e probabilmente anche lei non vede l’ora di dimenticare. Perché dopo un breve tratto di strada, Elisa si è fermata ed è salita in ammiraglia.

«In realtà ricordo poco o niente – sussurra – cose che sono tornate a galla durante la settimana successiva. Ricordo di aver frenato, la ruota davanti è scivolata sul ghiaino del ciglio della strada, sono caduta e ho battuto la testa sul cordolo. Ricordo che mi hanno passato la bici di scorta. So che c’era con me Silvia, poi più nulla».

La Dwars door Vlaandern ha detto che in salita era lei la più forte: da qui la frustrazione di aver… saltato il Fiandre
La Dwars door Vlaandern ha detto che in salita era lei la più forte: da qui la frustrazione di aver… saltato il Fiandre

Due giorni in Belgio

L’ospedale di Gand. Gli esami neurologici e la diagnosi di concussion hanno fatto scattare il protocollo UCI sotto la supervisione di Nele Beeckmans, responsabile medico del UAE Team Adq. Da lì tutto si è svolto secondo uno schema che la piemontese ha potuto solo accettare e applicare, sperando di lasciarsi presto tutto alle spalle.

«E’ difficile da spiegare – ragiona – all’inizio ero piuttosto confusa, non ricordo molto. L’indomani ero abbastanza abbattuta, perché sentivo che fisicamente stavo bene. Sono rimasta per due giorni in Belgio: uno in ospedale e uno in una camera di hotel presa dalla squadra, in cui finalmente ho potuto riposare e ho iniziato a riprendermi. Non mi preoccupavo più di tanto, ma quando sono arrivata a casa, ho iniziato a pensare e non erano pensieri troppo positivi».

La ripresa degli allenamenti di Longo Borghini a casa è stata graduale: prima sui rulli e poi su strada (immagine Instagram)
La ripresa degli allenamenti di Longo Borghini a casa è stata graduale: prima sui rulli e poi su strada (immagine Instagram)

Il mercoledi sui rulli

Aveva vinto la Dwars door Vlaanderen, staccandole tutte di ruota. Visto l’esito del Fiandre, in cui nessuna è riuscita a fare la differenza sul Qwaremont, consentendo a una incredula Kopecky di vincerlo in volata, la frustrazione è cresciuta. Nello scambio di messaggi di quei giorni si coglieva la fatica di restare ferma, mentre il suo mondo andava avanti. Non avrebbe dovuto fare la Roubaix, ma l’esito del Fiandre ha avuto per giorni il senso della beffa.

«Ho seguito il protocollo, d’intesa con la dottoressa della squadra – racconta Elisa, nuovamente allegra – finché il mercoledì ho ricominciato con 45 minuti di rulli. Giovedì ho fatto un’ora e un’ora. Venerdì ho fatto tre ore su strada e ho dovuto fornire dei feedback sui cambi di luce e la risposta alla velocità. Sabato ho fatto tre ore e mezza e ho incontrato anche Sobrero. Nella ripresa non ho avuto problemi, ma è stata graduale. Se picchi la testa, serve attenzione. E’ un problema più subdolo, non te ne accorgi. Gli esami rilevano eventuali sanguinamenti, ma non dicono come reagisce il cervello, per cui non avrebbe senso ripartire con la fretta di tornare. Per fortuna quando la condizione è buona, con due giorni di pausa non perdi molto».

Il ritorno in gara alla Freccia del Brabante è stato concordato con il preparatore Slongo e il medico del UAE Team Adq
Il ritorno in gara alla Freccia del Brabante è stato concordato con il preparatore Slongo e il medico del UAE Team Adq

Test al Brabante

E’ stato suo marito a capire che fosse prossimo il momento del rientro. Al momento della caduta, Jacopo Mosca era in ritiro a Sierra Nevada e mentre risaliva verso il monte ha iniziato a ricevere un quantitativo sospetto di messaggi, diventando il tramite fra il mondo esterno e l’ospedale di Gand.

«Quando ho iniziato nuovamente a lamentarmi di tutto – sorride adesso Longo Borghini – Jacopo ha capito che fossi ormai pronta per tornare. Se scivoli a 50 all’ora e ti gratti tutta, fa male, ma puoi anche ripartire e andare avanti conciata come sei. Con la testa invece non si scherza. Coi giorni però, uscendo su strada, mi sono accorta di stare bene e ho cominciato a spingere. Così ho parlato con Slongo (il suo allenatore, ndr) e Slongo ha parlato con la squadra, facendo l’ipotesi di rientrare alla Freccia del Brabante. La dottoressa ha dato il suo okay, perciò eccomi qua. Non ho grandi attese, se non capire come sto. Non per il risultato e nemmeno per la squadra, sarò focalizzata soltanto su me stessa, per fare il punto in vista delle Ardenne e del seguito della stagione. L’unico modo per saperlo è provarci. Per cui per altri aggiornamenti, bisognerà aspettare che finisca la corsa».

Lo scorso anno, la Freccia del Brabante fu un’altra perla di Longo Borghini dopo la vittoria del Fiandre
Lo scorso anno, la Freccia del Brabante fu un’altra perla di Longo Borghini dopo la vittoria del Fiandre

La Freccia del Brabante Women partirà stamattina alle 11,25 dalla piazza del mercato di Lennik e si concluderà attorno alle 14,35 e 125,7 chilometri a Overijse. Lo scorso anno vinse proprio lei, dieci giorni dopo aver vinto il Fiandre, staccando di 41 secondi Demi Vollering. Ci sono tutti i parametri per poter dare la miglior valutazione di se stessa. Ovviamente Elisa morde il freno, non è fatta per essere malata. Nulla esclude che possa nuovamente giocarsela, però mai come questa volta la prudenza è d’obbligo.

Nuova V5Rs, genesi della Colnago più leggera di sempre

16.04.2025
6 min
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DESENZANO DEL GARDA – Colnago V5Rs toglie i veli e si presenta in modo ufficiale alla stampa internazionale. Rispetto alla V4Rs, la nuova bici di Pogacar e compagni al UAE Team Emirates ha subìto una cura dimagrante non banale e porta con sé un concetto di analisi della rigidità diverso dalla concorrenza. Se messa a confronto con la V4Rs è meno rigida durante una valutazione statica. Invece, lo è molto di più quando si analizza il valore durante la pedalata, nel corso della fase dinamica.

La nuova Colnago, che debutterà domenica all’Amstel Gold Race, è il risultato perfetto di un’equazione. Aerodinamica (grazie ad un drag paragonabile ad una aero concept) e leggera. E’ capace di trasmettere un buon feeling in ottica comfort, rigida in salita e durante gli sprint. Eccola nel dettaglio.

Anche la nostra Longo Borghini ha in dotazione la V5Rs (foto Colnago)
Anche la nostra Longo Borghini ha in dotazione la V5Rs (foto Colnago)

Parola a Davide Fumagalli, responsabile R&D Colnago

La richiesta di una nuova bicicletta è arrivata dal team, in un normale processo di evoluzione legato alla V4Rs. La squadra non ha chiesto in maniera perentoria una bici più leggera (anche se è la Colnago più leggera di sempre), quanto piuttosto, una bici con performance complete.

«Nel caso della Y1Rs – spiega Davide Fumagalli, responsabile di ricerca e sviluppo – il team ha espresso la volontà di una bici super veloce. Per quanto concerne la nuova V5Rs, le richieste sono rimaste su un delta piuttosto ampio. E’ cambiato il carbonio: la sua laminazione e l’intero processo costruttivo. A parità di taglia c’è un risparmio di 150 grammi, se messa a confronto con la V4 è costruita in cinque parti diverse. Il triangolo principale è un monoblocco, mentre il carro posteriore è diviso in quattro sezioni. Per la V5 utilizziamo dei mandrini interni che permettono di lavorare il carbonio in modo estremamente preciso, a tutto vantaggio di riduzione del peso e cura del prodotto finito.

«Abbiamo adottato dei modelli evoluti di CFD, in parte mutuati dal progetto Y1Rs – conclude Fumagalli – con geometrie dalle differenze minime rispetto alla V4Rs, per cui abbiamo creato un doppio rake della forcella in base alle taglie. E’ unico il supporto per il deragliatore, che può essere rimosso e supporta corone fino a 55 denti».

Davide Fumagalli è il responsabile ricerca e sviluppo di Colnago (foto Nicola Vettorello-Colnago)
Davide Fumagalli è il responsabile ricerca e sviluppo di Colnago (foto Nicola Vettorello-Colnago)

Le particolarità della V5Rs

Il rinnovato processo di costruzione permette di stabilizzare le fibre che, non si muovono e non cambiano direzione nelle fasi di cottura del carbonio. La scatola del movimento centrale adotta delle calotte esterne filettate ed è larga 68 millimetri. Tutta l’area frontale della V5Rs è stata ridotta del 13%. E’ da considerare anche un reggisella completamente ridisegnato (disponibile con arretramento zero, oppure 1,5 centimetri).

Rispetto ai normali canoni sono stati rialzati i foderi posteriori ed il punto di transizione del tubo verticale, verso la scatola del movimento, ha un raggio ottimizzato. La parte inferiore della scatola centrale è il naturale ingresso della batteria Shimano Di2, poi alloggiata nel profilato obliquo.

La bici tradotta in numeri

Il valore dichiarato alla bilancia è di 685 grammi, telaio non verniciato nella taglia 48,5 (342 per la forcella). Il peso totale di telaio/forcella passa da 1.173 grammi a 1.027. 32 millimetri di larghezza, la capacità di forcella e carro posteriore per il passaggio degli pneumatici.

Sette taglie: 42 e 45,5, 48,5 e 51, 53 e 55, 57. Dalla taglia 42 alla 51 il rake della forcella è di 47, dalla 53 alla 57 è di 43 millimetri. L’unico valore in comune a tutte le taglie è la lunghezza del carro posteriore di 408 millimetri. A parità di misura, in un ipotetico confronto con la V4Rs, la nuova Colnago presenta degli angoli di sterzo e piantone più dritti/verticali, a favore di un avanzamento della posizione del ciclista verso l’avantreno.

Allestimenti e prezzi

Quattro combinazioni cromatiche, spiccano le due Team Replica UAE-XRG e UAE-ADQ, la colorazione nera con scritta “quasi” olografica e la World Champion. Sono sette gli allestimenti disponibili. Allestimento completo Campagnolo SR Wireless e ruote Bora Ultra WTO a 15.400 euro.

Tre allestimenti prevedono la trasmissione Shimano Dura Ace, a 15.900, 14.350 e 12.600 euro, rispettivamente con ruote Enve SES 4.5, Shimano C50 e Vision SC45.

Il pacchetto con Sram Red e ruote Vision SC45 (quello in test e sul quale svilupperemo una prova completa) ha un listino di 11.800 euro. Si passa a due allestimenti Ultegra Di2 e Sram Force, entrambi con Vision SC45 e 10.800 euro di listino. Tutte le Colnago V5Rs menzionate hanno il manubrio integrato full carbon Colnago CC.01.

Colnago

Longo fuori, Fiandre a Kopecky: finale giocato alla grande

07.04.2025
4 min
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OUDENAARDE (Belgio) – Cominciamo col dire che Longo Borghini sta bene. Sarebbe potuta stare meglio, magari a quest’ora sarebbe da qualche parte a festeggiare il terzo Fiandre, invece ai brindisi si è dedicata Lotte Kopecky. Elisa ha passato la notte in osservazione all’ospedale di Gand. La caduta l’ha sorpresa al chilometro 35, assieme a Lorena Wiebes, Marthe Truyen, Letizia Borghesi e Christina Schweinberger. Lei si è rialzata, come fanno sempre i corridori. Silvia Persico ha provato a riportarla in gruppo, ma a un certo punto si sono fermate di nuovo e la campionessa italiana, grande favorita per il Fiandre, ha abbandonato la corsa. Ed è così nato il terzo successo di Lotte Kopecky.

«Questa è una vittoria che ricorderò a lungo – dice la campionessa del mondo – più ci avvicinavamo e più sognavo di vincerlo con questa maglia indosso. Ero nervosa per lo sprint? Avevo fiducia nel mio spunto. Sapevo che Liane Lippert è veloce, ma non sapevo quasi nulla di Pauline Ferrand-Prévot. Mi aspettavo un attacco da parte di Kasia Niewiadoma, ma non è mai arrivato. Quindi ho creduto nel mio sprint e ci ho dato dentro».

Prima del via. per Longo Borghini il solito rituale di autografi e selfie
Prima del via. per Longo Borghini il solito rituale di autografi e selfie

Vento contro, zero attacchi

La campionessa del mondo del Team SD Worx-Protime ha regolato allo sprint il gruppetto di quattro con cui è sopravvissuta alla serie dei muri, in una corsa dura che ha visto l’arrivo di sole 87 ragazze. Distanza di 168,9 chilometri con 1.324 metri di dislivello, corsi a 38,304 di media.

«In realtà non sono rimasta troppo sorpresa – ha detto dopo l’arrivo – che nessuna abbia provato ad andare da sola sul Paterberg. Il vento non era favorevole, per cui potevi pure attaccare, ma con tre corridori forti che inseguono insieme, non sarebbe stata la mossa più intelligente. Io mi sono sentita bene per tutta la salita, ma affrontare uno sprint del genere è sempre rischioso. Quando Anna Van der Breggen mi ha detto che ero quella con le gambe migliori, ho trovato grande sicurezza. Per cui, si è trattato solo di sopravvivere al Qwaremont e poi al Paterberg».

Con la Longo fuori dai giochi, Borghesi è stata la miglor azzurra: sesta
Con la Longo fuori dai giochi, Borghesi è stata la miglor azzurra: sesta

I dubbi dopo Waregem

Kopecky non era la favorita del Fiandre, perché il ruolo spettava a Elisa Longo Borghini. Scendendo dal pullman per andare alla firma, la piemontese ci aveva detto di essere molto concentrata e di aver ben recuperato lo sforzo di Waregem. Peccato che poi tanta condizione sia finita su quel lembo di asfalto in cui Elisa è rimasta per istanti lunghissimi in posizione fetale.

«Solo sul Berendries – ha detto Kopecky – ho notato che Longo Borghini non c’era. Dall’ammiraglia mi hanno confermato che prima è caduta e poi si è dovuta fermare, spero davvero che stia bene. Mi sembra logico, avendola vista vincere a quel modo, che avessi dei dubbi dopo la Dwars door Vlaanderen. Però ho imparato a non farmi condizionare da certe sensazioni. L’anno scorso il Fiandre non fu la mia gara migliore, ma una settimana dopo vinsi la Roubaix. Avrei potuto farmi prendere dal panico, invece ho semplicemente accettato che non fosse andata bene, magari perché non avevo recuperato bene dagli allenamenti dei giorni precedenti. Quindi era importante riposarmi per essere più fresca possibile alla partenza del Fiandre. E ha funzionato».

Sopravvivere al Qwaremont e al Paterberg per giocarsi il Fiandre: Kopecky c’è riuscita
Sopravvivere al Qwaremont e al Paterberg per giocarsi il Fiandre: Kopecky c’è riuscita

Il podio con Pogacar

Quel gesto col bicipite (foto di apertura) non è passato inosservato e Lotte ha spiegato che risale al team building fatto lo scorso inverno in Lapponia. Era il gesto per quando si spostavano con le motoslitte e dovevano segnalare la necessità di accelerare. Un’espressione scherzosa. Poi ha ammesso di aver molto gradito il podio tutto iridato assieme a Pogacar.

«E’ speciale condividere il podio con Tadej – ha ammesso – soprattutto perché siamo entrambi campioni del mondo. Mi rendo conto di quanto sia stato unico. Di solito non appendo le foto in casa, ma questa volta guarderò le immagini migliori, per vedere se tra loro c’è un bello scatto di questo podio. Tadej è una persona molto rispettosa e mi ha fatto i complimenti. Io invece volevo sapere come ha vinto il suo Fiandre, se allo sprint o da solo. Anche se avevo pochi dubbi che avesse vinto arrivando da solo».

Sarà perché siamo in Belgio, dove il ciclismo è più prossimo a una fede che a uno sport. Sta di fatto che quando Lotte Kopecky ha tagliato il traguardo, il boato del pubblico è stato probabilmente superiore a quello per la vittoria di Pogacar. Entrambi primi al Fiandre, entrambi campioni del mondo. Lei belga, lui no.

UAE Team Adq, tutti per la Longo: domani si combatte

05.04.2025
5 min
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Un ideale dialogo a distanza fra Elisa Longo Borghini e la sua compagna Sofia Bertizzolo, che arriva al Giro delle Fiandre con un bel crescendo di forma. Nel UAE Team Adq si fanno i piani per assecondare la campionessa italiana, dopo che a Waregem la piemontese ha fatto sfoggio di una grande condizione.

«Sono arrivata con un buon morale dopo la Dwars door Vlaanderen – dice Longo Borghini – avevo bisogno di alcune conferme della mia condizione e penso di averle avute. Mentre ero da sola in testa, ho pensato alla frase detta dopo la Sanremo. Nel momento in cui sono rimasta da sola, mi sono detta: “Questa volta non mi prendono. Devo arrivare a Waregem e devo arrivarci per prima, perché me lo merito e perché il mio team se lo merita”. Quindi non ho pensato neppure per un secondo che mi sarebbero venuti a prendere.

«Però so che domani sarà un’altra gara, molto più difficile. Avrò il numero uno sulla schiena. E’ una gara in cui evitare di spendere troppa energia, specialmente all’inizio. Devi avere la squadra intorno, devi essere attento in ogni sezione, anche all’inizio della gara, perché una caduta o un guasto meccanico può costarti la corsa. E’ una gara lunga per noi donne, quindi la resistenza è qualcosa che bisogna avere».

Bertizzolo, 27 anni, correrà il Fiandre in appoggio a Longo Borghini
Bertizzolo, 27 anni, correrà il Fiandre in appoggio a Longo Borghini

L’incognita Kopecky

Sofia Bertizzolo ha 27 anni e nel 2019, quando ne aveva 22, si piazzò quarta nel Fiandre vinto da Marta Bastianelli e conquistò la gara delle under 23. A Oetingen a metà marzo è arrivata seconda dietro Julie De Wilde, dopo il quinto posto di inizio anno in Australia.

«Il Fiandre sarà sicuramente una gara diversa – spiega la veneta – perché la lista di partenti sarà diversa. Le atlete che hanno fatto fatica a Waregem probabilmente faranno fatica anche al Fiandre, perché il livello di quattro giorni fa non può cambiare troppo radicalmente, a meno che qualcuna non abbia avuto un problema. Elisa è sicuramente in uno stato di forma fantastico. Non voglio sbilanciarmi, ma Lotte Kopecky non sembra al livello dell’anno scorso. Però andrà sicuramente forte, perché sappiamo che è un corridore di classe che in queste gare c’è nata. E’ belga, queste corse le sa fare. Eravamo curiosi di vederla l’altro giorno. Sapevamo che voleva assolutamente provare la gamba su qualsiasi salita e così ha fatto finché non si è staccata. Ma non ci dimentichiamo che Waregem era la terza gara che faceva».

Kopecky si è messa alla prova sugli strappi della Gand e di Waregem, ma non sembra ancora al top
Kopecky si è messa alla prova sugli strappi della Gand e di Waregem, ma non sembra ancora al top

Scontro fra squadre

Lo scenario del Fiandre sarà certamente ben più complesso rispetto alla gara di Waregem, su un percorso ben più selettivo anche rispetto alla Gand-Wevelgem. La Longo lo sa bene, ma non ha paura. La vittoria di Waregem è stata, a suo dire, una prova di sana “ignoranza”: una di quelle situazioni di battaglia e polvere che tanto le piace.

«Abbiamo una squadra che mi può aiutare nelle diverse fasi di gara – spiega – l’obiettivo è stare unite e tenermi al coperto, fino a che non si accenderà la corsa. Non sono convinta che le avversarie saranno contente di farmi fare la mia mossa, so che dovrò combattere duro perché il campo delle partenti sarà qualificato. La Canyon-Sram è una squadra molto forte. Penso che Marianne Vos sarà di nuovo in condizione. Van der Breggen tornerà dall’altura, quindi sarà sicuramente forte. Ci sono diverse squadre che possono dire la loro e non lasciarmi andare da sola. Avrò bisogno di correre in modo intelligente, ma anche di seguire il mio istinto».

Dopo Strade Bianche e Trofeo Binda, al Fiandre torna in gara Anna Van der Breggen
Dopo Strade Bianche e Trofeo Binda, al Fiandre torna in gara Anna Van der Breggen

L’effetto Longo Borghini

Ci sarà Silvia Persico, al rientro dopo la caduta del Trofeo Binda. Ci sarà Eleonora Gasparrini, sfortunata alla Sanremo. Poi ci saranno Elynor Backstedt ed Elizabeth Holden. Sull’ammiraglia le guideranno Cristina San Emetrio e Alejandro Gonzalez Tablas: un gruppo di atlete di alto livello, schierate per supportare una delle leader più forti al mondo.

«Ci sono stati tanti cambiamenti – dice Bertizzolo – tanti miglioramenti. Sicuramente Elisa fa bene sia a livello sportivo che a livello personale. E’ arrivata con la coscienza di essere un’atleta matura con degli obiettivi chiari e questo rende più semplice e più chiaro il lavoro di tutti. Ci sono meno dubbi, che sono stati forse il grande problema dell’anno scorso. Avevamo due o tre semi leader comunque forti, che nell’anno olimpico non erano al livello che serviva. Invece quest’anno abbiamo una leader di altissimo livello e questo premia anche le altre. Il ciclismo è bello perché è uno sport tattico e avere una leader di primo livello concede più chance anche alle altre. La storia del ciclismo è piena di indecisioni di cui hanno approfittati anche degli outsider. Io sarò a disposizione. La condizione è cresciuta molto negli ultimi dieci giorni, con il passare delle corse, anche perché rimango una che ha bisogno di correre prima di arrivare alla miglior versione di me».

La vittoria di Waregem ha dato a Longo Borghini le conferme che cercava
La vittoria di Waregem ha dato a Longo Borghini le conferme che cercava

Il peso della storia

L’ultimo pensiero di Elisa Longo Borghini, l’ultima risposta di questo incontro virtuale, è rivolto alle ragazze che hanno percorso le stesse strade tanti anni fa, quando il ciclismo femminile non aveva la dignità di oggi. La sua capacità di vedere un filo fra storie tanto diverse le rende merito ed è conferma del suo spessore.

«Sentiamo molto l’attenzione dei media – dice – per questa nuova fase. Il ciclismo femminile ha sempre avuto delle bellissime corse. Ho sentito tanto parlare della prima Milano-Sanremo, ma non era la prima Milano-Sanremo. E’ stata semplicemente la reintroduzione della Milano-Sanremo, perché è stata corsa per tanti anni e ci sono state tante ragazze di spessore che l’hanno vinto. C’è stata solo un’italiana (Sara Felloni, ndr) che ha vinto quella corsa, di cui ovviamente nessuno si ricorda, però c’è stata. A me piace sempre guardare indietro e sono molto grata alle donne che hanno corso prima di noi, magari lavorando, magari non avendo uno stipendio. Se siamo qua adesso e abbiamo tutta questa attenzione, è anche grazie a tutte le ragazze che si sono spese per noi negli anni passati e hanno cercato di rendere questo ciclismo un posto migliore. Noi stiamo semplicemente beneficiando di quello che loro hanno fatto prima nell’ombra».