Il signor Morkov, angelo custode dei grandi velocisti

16.01.2022
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Preferisci che si parli di te come del campione olimpico della madison o del miglior ultimo uomo del gruppo? Morkov ha gli occhi laser al pari di Viviani. Impiega un secondo a farci la radiografia ed elaborare la risposta, come quando in pista o nei finali di corsa si deve scegliere il varco ed entrarci senza rallentare.

«Nessuna differenza – dice – mi piacciono entrambi i ruoli. Bello vincere con la squadra, bella la medaglia d’oro. Se ci pensate, la madison è simile a uno sprint su strada, devi essere capace di prendere tempo e misure. Trovare la via più breve fino alla riga».

Quarta tappa del Tour 2021, Cavendish torna a vincere. C’è lo zampino di Morkov
Tour 2021, Cavendish torna a vincere. C’è lo zampino di Morkov

Solo quattro per sé

Michael Morkov ha 36 anni ed è nato a Kokkedal, comune 30 chilometri a nord di Copenhagen. Pochi capelli rasati, le guance scavate. E dato che si presenta all’appuntamento in bermuda, saltano all’occhio le gambe svenate e i quadricipiti già tonici.

Passò professionista nel 2009 con la Saxo Bank, come accadeva in quegli anni ai danesi più forti, ed è rimasto nel gruppo di Riis fino al 2015. Poi si è sparato due anni alla Katusha e a partire dal 2018 è approdato alla Quick Step in cui quell’anno correvano Viviani e Gaviria.

Squadra di velocisti in cui il danese si è trasformato nel miglior leadout del mondo. Le vittorie di Morkov su strada sono rare come quadrifogli: appena quattro, fra cui la tappa di Caceres alla Vuelta del 2013, per niente facile, quando precedette Richeze, Cancellara e Farrar. Ma se si volessero contare le vittorie sommate dai velocisti che Morkov ha pilotato, allora i numeri sarebbero parecchio superiori: un numero imprecisato fra 40 e 50.

Cavendish vince la quarta tappa al Tour 2021, era stanco: grande lavoro di Morkov, che arriva secondo
Cavendish vince la 4ª tappa al Tour, Morkov arriva secondo
Si può fare una classifica dei velocisti più forti con cui hai lavorato?

Difficile (sorride, ndr), tutti hanno la loro personalità. Quello che cambia per me è la distanza cui devo lasciarli.

Quando Viviani è passato alla Cofidis ha provato a costruirsi un treno, poi si è arreso al fatto che non aveva te…

Sono stato triste quando Elia se ne è andato. Oltre al rapporto di lavoro, siamo diventati amici. Avrei continuato volentieri a lavorare con lui.

E’ facile adattarsi al nuovo velocista?

Serve del tempo, anche se in realtà ci si può adattare in fretta. La prima volata che feci con Jakobsen ad esempio fu a Scheldeprijs nel 2018 e la vincemmo subito. Era giovanissimo e mi seguiva. Ma di solito prima di potersi giocare una volata, servono più corse per adattarsi. Fabio e Cavendish sono molto diversi tra loro.

In cosa consiste la differenza?

Dipende dal tipo di sprint, da come si muove il gruppo e da come si muove il velocista nel gruppo. Jakobsen al top è uno dei migliori, Mark ha dimostrato di esserlo ancora.

Come è fatto l’ultimo uomo di un velocista.

Negli anni ho visto che i vecchi sprinter, quando sentono di non essere più vincenti, provano a cambiare pelle, ma non sanno come si fa. L’unico che si è convertito bene è stato Lombardi, che veniva anche lui dalla pista ed era molto furbo.

Qual è la dote principale che bisogna avere?

Bisogna leggere la corsa. Non mi fisso sulle distanze, dipende da come il velocista si sente quel giorno. Posso lasciarlo ai 200 metri o anche prima. E a volte, se lui non ha la percezione esatta, deve fidarsi del suo ultimo uomo e partire comunque quando io mi sposto.

Come hai fatto a ritrovare il colpo di pedale della pista dopo il Tour de France?

Per prima cosa ho riposato per una settimana. Poi ho lavorato tanto dietro il derny per ritrovare la velocità di gambe. Sono uscito dal Tour con una grande forma, la miglior preparazione possibile.

Nel 2019, Viviani vince Amburgo per la terza volta: Morkov ultimo uomo super
Nel 2019, Viviani vince Amburgo per la terza volta
Ricordi tutti gli sprint che hai pilotato?

Tutti, tranne quelli che ho perso (ride, ndr).

Sei più orgoglioso di qualcuno in particolare?

E’ difficile da dire, forse la prima che mi viene in mente è la 13ª dell’ultimo Tour a Carcassonne. Perché vincessimo, doveva andare tutto alla perfezione. Mark era stanco, nel lanciarlo dovevo essere super graduale. E alla fine abbiamo fatto primo e secondo. E poi una con Viviani…

Quale?

La Prudential Ride di Londra nel 2019. All’ultima curva eravamo indietro, poi ho trovato un varco ed Elia si è attaccato alla mia ruota, ha rimontato e ha saltato Bennett. 

La volata di Londra vinta nel 2019 da Viviani, che Morkov mette fra le più belle
La volata di Londra vinta nel 2019 da Viviani
C’è qualche vantaggio se l’ultimo uomo e il velocista vengono entrambi dalla pista?

Di sicuro con Elia e Mark ci si capisce al volo ed entrambi hanno l’esperienza della pista. Hanno una migliore tecnica per muoversi nel gruppo.

Il prossimo Tour partirà dalla Danimarca…

Il prologo si svolge a 5 chilometri da casa mia, sarà fantastico essere al Tour. La seconda tappa invece è speciale, perché si finisce dopo il Pont du Grand Belt, che è lungo 17 chilometri e un po’ sale. Se c’è vento, il finale diventa duro. L’arrivo c’è 3 chilometri dopo il ponte, difficile prevedere come finirà. Ho in testa la 10ª tappa del Tour 2020 che finiva ugualmente dopo un ponte a Ile de Re e che vincemmo con Bennett. Questi sono il genere di ragionamenti che mi piace fare quando ci si avvicina a una corsa. Una delle cose che mi piace di più…

Cioni: «Per Elia volate di rimessa». Vedremo un nuovo Viviani?

10.01.2022
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Dopo cinque anni e quattro stagioni Elia Viviani torna alla Ineos Grenadiers. Un periodo nel quale il talento veronese è cambiato moltissimo. E’ maturato, è definitivamente diventato un grandissimo e adesso si appresta ad affrontare questa sua maturità nel miglior modo possibile e nel team forse più forte.

In questi giorni si trova in Spagna per allenarsi con il team. E con lui c’è anche un indaffaratissimo Cioni. Si lavora a tutta e su ogni fronte.

Nel 2019 Viviani conquista gli europei ad Alkmaar, una delle vittorie di maggior peso su strada
Nel 2019 Viviani conquista gli europei ad Alkmaar, una delle vittorie di maggior peso su strada

Prima volta con Cioni

Per questo ritorno Viviani sarà affidato in tutto e per tutto alle cure di Dario David Cioni, preparatore e direttore sportivo della corazzata inglese.

«Ai tempi della Sky – dice Cioni – Elia non era uno dei miei corridori, non lo allenavo io. Siamo contenti che abbia scelto di tornare da noi, è un atleta molto importante. Da quando ha lasciato la nostra squadra ha avuto un grande cambiamento, soprattutto con la Quick-Step, dove ha vinto molto e speriamo possa vincere ancora».

«Anche se Elia era in altre squadre ci siamo sempre salutati e il distacco con lui non è mai stato completo. In passato ho potuto ammirare la sua professionalità. Aveva vinto in altre squadre dopo di noi e ha vinto anche in pista. Lo abbiamo preso con qualche anno in più e quindi è anche più esperto».

Con la Sky al Giro 2015 l’imperiosa volata di Genova, vinta “per distacco”
Con la Sky al Giro 2015 l’imperiosa volata di Genova, vinta “per distacco”

Da Sky a Ineos

Viviani mancava dal gruppo di Sir Brailsford da quattro stagioni, che corridore troverà quindi il tecnico toscano dopo questo lasso di tempo? Ci sono dei punti sui quali Cioni sta lavorando con Elia, magari per coprire delle “lacune”?

«Numericamente non si può dire quanto sia cambiato e poi conta relativamente adesso, quello si vedrà alle corse. Anche perché per il momento abbiamo lavorato molto sulla base. Abbiamo pensato ad accumulare chilometri e non abbiamo fatto ancora qualità. Tra l’altro con il fatto che l’Argentina è saltata (Vuelta San Juan, ndr) stiamo valutando dove debutterà.

«Lacune io poi non ne vedo. Ma anche queste eventualmente le valuteremo dopo le prime corse. Lì sapremo in cosa andrà meglio e in cosa andrà peggio e di conseguenza potremo aggiustare il tiro».

«La stagione di Viviani sarà comunque finalizzata alla strada principalmente e a fine anno si lavorerà anche per la pista.

«L’obiettivo è sempre quello di migliorare lo spunto massimo, ma è chiaro che sarà chiamato più spesso a fare delle volate di rimessa che non con il treno. E questo sarà un lavoro che sarà integrato anche con la parte in pista, insieme a Villa. Come di fatto già accade con Filippo (Ganna, ndr)».

Il passato di Viviani in una foto: la Quick, a destra, e lui stesso con la Cofidis, al centro
Il passato di Viviani in una foto: la Quick, a destra, e lui stesso con la Cofidis, al centro

Volate “fai da te”?

Cioni ci parla di volate di rimonta. L’idea del Viviani velocista col treno sfuma un po’. Ma non per una mancanza di programma, ma proprio per il modus operandi che vige alla Ineos. Lo stesso Tosatto ci aveva parlato di volate per Elia, ma anche della possibilità di essere al fianco di Hayter.

«Per Viviani – riprende Cioni – vale la regola che c’è per tutti gli altri. E cioè con tanti potenziali corridori molto forti in squadra diamo la leadership a chi ha più probabilità di vincere. Se in quel momento Elia avrà le carte per poter vincere una volata avrà anche il supporto della squadra.

«Ineos in questi anni ha mostrato che l’obiettivo è vincere corse, non solo le volate. E’ più difficile che da noi avrà un treno come magari poteva avere alla Cofidis, avrà invece delle situazioni in cui si potrà adattare».

Il riferimento di Cioni è chiaro. La Ineos va al Giro e al Tour con uomini di classifica e nel ciclismo moderno si è visto che difficilmente chi punta alla maglia rosa o gialla porta in squadra anche il treno per il velocista. Anzi, il più delle volte non porta neanche il velocista.

Viviani pertanto dovrà essere bravo a saltare da una ruota all’altra. O ad affidarsi ad un solo uomo, qualora la Ineos, come sembra, verrà in Italia con Carapaz

Mondiali di Roubaix 2021: ultimo giro, Viviani mette il portoghese Oliveira nel mirino. Lo divora in volata e diventa iridato nell’eliminazione
Mondiali di Roubaix 2021: ultimo giro, Viviani mette il portoghese Oliveira nel mirino. Lo divora in volata e diventa iridato nell’eliminazione

Ruolo in divenire

Viviani era stato alla Sky dal 2015 al 2017, poi due stagioni con la Quick-Step e due con la Cofidis, le più difficili, tra cadute e Covid. Solo nel finale della recente stagione, il re dell’omnium di Rio 2016 aveva ritrovato lo smalto che gli compete e infatti aveva dominato sia su strada che su pista.

Questo è un ritorno particolare. Forse Viviani stesso ha capito che dovrà abbandonare l’idea di un treno tutto suo, ma proprio per questo potremmo vederlo in altre vesti. Da buon pistard Viviani sa saltare da una ruota all’altra. E’ molto scaltro. E non saremmo stupiti di vederlo anche attaccare, magari con una fucilata nel finale. Tanto più dopo aver visto come è andata l’eliminazione di Roubaix.

Insomma ci si potrebbe staccare dallo stereotipo del Viviani velocista. Di certo siamo curiosi di vedere come andrà questa stagione, senza più i fidati Sabatini e Consonni.

«Di Viviani – conclude Cioni – mi piace la sua professionalità. Una professionalità che si riscontra un po’ in tutto, anche nel suo essere un capitano. Lui può essere un riferimento anche per i più giovani e tutti possono imparare da lui. Come ho detto, rispetto al Viviani dei tempi della Sky è più maturo e questo può essere un qualcosa in più. Ha colto delle vittorie importanti che ne fanno un leader».

Cofidis, WorldTour a rischio e qualche rimpianto di troppo

08.01.2022
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Una conferenza stampa in un ristorante di Parigi: così la Cofidis ha raccontato le attese per la nuova stagione. WorldTour maschile, continental femminile, sport paralimpico: si è parlato di tutto. Ma soprattutto della situazione dei professionisti che, allo stato attuale, rischiano di perdere il loro posto nel WorldTour a partire dal 2023.

Dietro all’Arkea

Il bilancio è traballante. Se infatti il piazzamento 2021 vede la squadra francese al 15° posto, passando al calcolo sugli ultimi due anni, sul quale si baserà il sistema delle promozioni e retrocessioni, si scende al 19°. Le differenze non sono enormi (Cofidis ha 8.287 punti, Arkéa-Samsic, 18ª e ultima virtualmente qualificata, ne ha 8.697). Stando così le cose però, nel 2023 la Cofidis sarà fuori dal WorldTour.

Prosegue la collaborazione tra Damiani e il team manager Vasseur
Prosegue la collaborazione tra Damiani e il team manager Vasseur

«Non voglio che entriamo in uno schema matematico – dice Vasseur a L’Equipe – mi rifiuto di chiedere ai miei corridori di iniziare le gare solo per prendere punti. Chiedo che abbiano un atteggiamento vincente e non ci saranno domande da porre. Se oggi ci troviamo in questa posizione è perché nel 2020 e nel 2021 i nostri leader non hanno risposto presente. Abbiamo l’obbligo dei risultati, ma anche quello di monitorare la nostra classifica per non scivolare troppo indietro. Ma non siamo gli unici in questa situazione. Dobbiamo sentirci sotto pressione. Vogliamo guadagnare un posto stabile nel World Tour con il gruppo maschile e quello femminile. Ora tocca ai corridori ottenere i punti. Non riesco a immaginare di trovarmi dopo il Giro di Lombardia a non aver soddisfatto i criteri sportivi per l’ammissione».

Viviani, luci e ombre

Il riferimento ai leader che sono mancati porta sin troppo facilmente a Viviani, ingaggiato con squilli di tromba purtroppo nel momento meno fortunato della sua carriera.

Il 28 marzo, Viviani ha vinto a Cholet. Per lui 5 vittorie nel 2021
Il 28 marzo, Viviani ha vinto a Cholet. Per lui 5 vittorie nel 2021

«In termini sportivi – conferma Vasseur – Elia Viviani è stato un fallimento. D’altra parte, penso che ci abbia fatto crescere. Ha vissuto in grandi formazioni e ha instillato nella squadra un modo di lavorare che ci ha fatto andare avanti. Quando recluti un corridore come lui, speri che prenda 3.000 punti in due anni e non 1.200. Ovviamente ci sono stati diversi fattori per questo. C’è stata la caduta al Tour Down Under 2020. Così abbiamo cambiato il suo programma e sono arrivati i quattro mesi di lockdown. Al via del Tour de France il peso non era a posto e le cose non hanno funzionato. Con la partenza di Elia ci mancano 1.500 punti. Ha comunque avuto un 2021 soddisfacente con cinque vittorie, ma ad un livello che non era il suo. Ma non voglio nemmeno lapidarlo, perché so che ha dato il 100 per cento dei suoi mezzi. Solo che i suoi mezzi non erano quelli che aveva alla Quick Step».

Correre ai ripari

Resta l’amaro in bocca, adesso. Per la necessità di rimboccarsi le maniche e far girare al meglio una squadra ricostruita in pochi mesi. E davanti alla rinascita di Viviani che ora porterà le sue volate alla Ineos.

«Ho sperato fino alla fine di tenerlo – dice Vasseur – e devo ammettere che Elia è stato professionista fino alla sua ultima gara. Ci ha provato, ma aveva raggiunto i suoi limiti. Il tappeto rosso che avevamo srotolato non ha funzionato come speravamo. C’è anche da dire che Fabio Sabatini, il suo ultimo uomo ufficiale, ha dimostrato di essere in declino e di non poterlo aiutare. La sfortuna contemporaneamente è di non essere riusciti a trattenere Laporte. Davvero una grande perdita. Dobbiamo solo riprenderci da questa situazione e trovare rapidamente alternative».

Le alternative sono Coquard e un altro italiano: Simone Consonni, promosso al grado di capitano. Poi Davide Cimolai e Villella, ingaggiato per le prove più impegnative. Il WorldTour sta diventando qualcosa da conquistare anche a suon di risultati. Certi scenari presto potrebbero cambiare.

Quale progetto per Viviani alla Ineos? Chiediamo a Tosatto

30.12.2021
5 min
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Quando Viviani lasciò la Quick Step per passare alla Cofidis, la sua più grande preoccupazione fu costruire un treno al livello di quello belga. Diventò una missione così assillante, cercando un nuovo Morkov che lo lanciasse, da far passare in secondo piano il fatto che il veronese non avesse la condizione sperata. L’insicurezza che da questo derivò, impedì al treno di compattarsi e diventare efficiente.

Nel 2019, Viviani vince Amburgo per la terza volta: qui con Morkov, ultimo uomo super
Nel 2019, Viviani vince Amburgo per la terza volta: qui con Morkov, ultimo uomo super

A Livigno con Tosatto

Al momento di firmare per la Ineos Grenadiers, la richiesta di un treno Viviani non l’ha neanche fatta trapelare e si è affidato al gruppo che i britannici gli costruiranno intorno. E dato che il suo direttore sportivo di riferimento sarà Tosatto, a lui ci siamo rivolti per capire in che modo sarà gestito Elia (che in apertura è ritratto al Giro d’Onore della Fci). Matteo si trova a Livigno, per l’ultimo scampolo di vacanza prima di ripartire.

«Quando torneremo a casa – ride – si metterà il numero e andremo a testa bassa fino a ottobre. Io comincio alla Valenciana, mentre la squadra aprirà il 2022 in Argentina, ma ci sarà Cookson, che prima andrà in Colombia per un ritiro con i colombiani. In Argentina ci sarà anche Cioni, perché ci saranno anche Elia e Filippo (Viviani e Ganna, ndr)».

Tosatto è diventato diesse del team britannico dopo aver smesso, diventandone un riferimento importante
Tosatto è diventato diesse del team britannico dopo aver smesso
Cosa pensi del ritorno di Elia in squadra?

Io penso che sia una bellissima notizia. Aveva già dimostrato con noi e poi alla Quick Step di essere forte e di poter essere un faro per i giovani e lo stesso Ganna. E’ maturo, è un bravo ragazzo e molto intelligente. Andò via perché non poteva fare i grandi Giri, però alla fine in quell’ultimo anno con noi vinse dieci corse. Rispetto ad allora, il quadro è leggermente diverso. Ora abbiamo dei ragazzi che lo possono aiutare e cui lui potrà dare un bel contributo di esperienza, a partire da Hayter. Sarà importante anche per lo stesso Filippo. Ha ritrovato un ambiente che già conosceva. Per quello che ho visto a Mallorca a dicembre, è molto contento e sereno.

Lasciò la Sky di Froome ancora al top e di Thomas. Ora per Elia ci sarà più spazio nei grandi Giri?

L’obiettivo suo e anche nostro è di essere al Giro d’Italia. Poi vediamo come andranno i primi mesi. Abbiamo valutato anche la Vuelta per preparare i mondiali, però col calendario che abbiamo impostato, agosto e settembre saranno due mesi importanti e si può preparare il mondiale bene lo stesso. Elia ha dimostrato che in un grande Giro sa vincere e aiutare. Ricordo l’anno che ha vinto la tappa al Tour e poi ha lavorato per Alaphilippe. E al Giro conosce le zone e può essere di aiuto anche per il leader.

Al Tour del 2019, Viviani vinse una tappa e aiutò Alaphilippe in giallo
Al Tour del 2019, Viviani vinse una tappa e aiutò Alaphilippe in giallo
Quindi l’obiettivo sarà partire bene?

Sarà importante riuscire a vincere presto. Se cominci bene, ti viene tutto facile. Invece se qualcosa comincia ad andare storto, ti viene di cambiare programma e non ne esci. Per cui Elia andrà in Argentina e al UAE Tour per fare bene. Poi l’obiettivo sarà arrivare bene alla Tirreno e alla Sanremo. Potrebbe essere l’uomo di punta o il riferimento per altri che cercheranno di fare bene.

Farà ancora pista?

Sicuramente sì, perché ha visto come negli ultimi anni sia stata per lui decisiva. Su questo ha l’appoggio totale dalla squadra, avendo anche un rapporto speciale con Pinarello. Poi non ci dimentichiamo che lui e Filippo sono due fari importantissimi per la nazionale e possono essere trascinatori dei giovani anche in squadra. Hanno affrontato Olimpiadi e mondiali. Possono spiegare ai nostri giovani come convivere con la grande pressione.

Si è pensato al treno o al nome dell’ultimo uomo?

E’ prematuro parlarne e non è stato un argomento troppo trattato. Bisognerà vedere chi verrà al Giro. Lo stesso Swift è nella lista ed è uno che con lui ha già corso. Si vedrà strada facendo chi saranno l’ultimo e il penultimo uomo. Non si è ancora parlato, però abbiamo qualcosa in serbo per lui.

Ai mondiali di Roubaix 2021, Viviani ha vinto la maglia iridata dell’eliminazione
Ai mondiali di Roubaix 2021, Viviani ha vinto la maglia iridata dell’eliminazione
Chi sarà il direttore di riferimento di Viviani? E il suo preparatore?

Come direttore ci sono io, come preparatore Cioni. Dario segue anche Filippo, è bravo e ci dedica tempo.

Filippo è stato davvero così importante nell’arrivo di Elia?

Non so dire nel dettaglio, so però che quando se ne parlava, Ganna ha detto che gli sarebbe piaciuto essere suo compagno di squadra. In più hanno lo stesso procuratore, Lombardi, e penso che questo abbia aiutato. Ho visto Filippo molto contento per questa decisione.

Ci eravamo detti che la tua missione l’anno scorso fosse rilanciare Moscon. Ti dispiace che sia andato via?

Un po’ sì, però io ho parlato molto con Gianni. Gli ho detto che l’ho conosciuto meglio e ho trovato una persona super. Dopo sei anni nello stesso club, magari vuole cambiare, anche per avere motivazioni diverse. Gli ho detto che per la sua carriera potrebbe essere molto importante. Abbiamo parlato da amici, non da direttore a corridore. E io sono contento che lui sia soddisfatto della nuova squadra, della possibilità di essere leader nelle corse in cui qui non poteva esserlo. Secondo me è stata la scelta giusta, per lui come persona.

La prima volta ad Amburgo in maglia Sky nel 2017
La prima volta ad Amburgo in maglia Sky nel 2017
Avete deciso chi sarà il vostro leader per il Giro?

Non è un mistero, penso che il nostro leader sarà Carapaz e con lui ci sarà anche Pidcock. Tom l’anno scorso è andato alla Vuelta e adesso vuole provare il Giro, ma intanto fa ciclocross e ha le classiche già in mente. Però gli piacciono le corse italiane e questo per noi è una cosa bella. Faremo una grande squadra per vincere il Giro. Oltre a Carapaz e Pidcock, ci sarà anche Geoghegan Hart che l’ha vinto a sorpresa nel 2020. Ad ora è così, poi nel training camp di gennaio rifiniremo anche i programmi.

Squadre e vaccino: alla Bike Exchange sono messi così

04.12.2021
4 min
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Quello che succede nella società civile lo vedi anche in gruppo. Da quando il Covid si è impossessato delle nostre vite, siamo tutti un po’ biologi e un po’ dottori, come quando dilagava il doping e in giro era pieno di ematologi. Perciò, mentre nelle strade c’è chi si batte nel difendere il proprio diritto a non vaccinarsi e chi cerca di spiegargli perché sia illogico, anche nelle squadre si sono vissuti dissidi analoghi. Con l’aggiunta dei tanti dubbi legati alle conseguenze che il vaccino avrebbe sulla carriera degli atleti. Le voci girano. E come ci sono mamme impaurite per la fertilità delle figlie, ce ne sono altre preoccupate per il rischio che il vaccino danneggi il cuore degli atleti.

Con Baroncini ai mondiali U23 di Leuven: Guardascione era parte della spedizione azzurra
Con Baroncini ai mondiali U23 di Leuven: Guardascione era parte della spedizione azzurra

Andiamo dal medico

Di solito davanti a dubbi di questo tipo ci si rivolge al medico e così abbiamo fatto, chiamando in causa Carlo Guardascione. Il dottore varesino della Bike Exchange è agli ultimi giorni di attività… borghese, perché a breve partirà con la squadra per il ritiro di Cambrils, in Spagna.

«I corridori – racconta – hanno vissuto e ancora vivono da quasi due anni nel sistema dei tamponi. Come tanti non hanno potuto lavorare, quindi sanno che cosa abbia significato l’arrivo del vaccino. Ci sono state resistenze ideologiche, ma in proporzione ho avuto più difficoltà a convincere i miei figli».

Qual è la situazione vaccinale della vostra squadra?

Il team femminile è vaccinato al 100 per cento con la doppia dose. Noi dello staff medico abbiamo tutti anche la terza dose. Mentre i maschi sono vaccinati al 95 per cento. Fanno eccezione uno dubbioso che fa resistenza, ma ovviamente non vi dico il nome. E uno che ha avuto il Covid ed è in quella finestra in cui può ancora aspettare. Fra il personale ci sono due no vax, ma sanno che per entrare nel magazzino serve il green pass, quindi vivono di tamponi.

Al Tour dello scorso anno, senza i vaccini, si viveva da un tampone all’altro
Al Tour dello scorso anno, senza i vaccini, si viveva da un tampone all’altro
Come farete in ritiro?

La società è stata chiara. In ritiro tutti i vaccinati verranno con un tampone rapido, che possiamo fargli noi o in una qualunque farmacia. Quelli non vaccinati avranno bisogno del tampone molecolare, che però sarà a carico loro.

Dicono che il vaccino possa favorire la miocardite.

Dicono tante cose, noi in quanto medici ci siamo informati e abbiamo avuto notizie più precise. Se prendi il Covid, hai un’elevatissima probabilità di prendere la miocardite. Succede perché la polmonite interstiziale può propagarsi e arrivare a lambire il cuore, provocando miocardite o pericardite. La miocardite da Covid può portare alla morte, ma si può anche curare. Un dilettante che seguo ha avuto il covid e la miocardite.

E’ guarito?

E’ stato fermo per tre mesi, ha fatto tutti gli esami ed è potuto ripartire.

Esiste anche la miocardite da vaccino?

Non ho avuto casi, ma si parla di un’incidenza di uno, due casi ogni 200.000 persone. E’ comunque meno pericolosa di quella da Covid e si cura con il cortisone.

I corridori hanno osservato qualche precauzione nel giorno del vaccino?

Di solito il giorno dell’iniezione e il successivo rimangono a riposo, giusto per evitare che si allenino casomai venisse un po’ di febbre.

Gli atleti non vaccinati sono costretti a ricorrere al tampone
Gli atleti non vaccinati sono costretti a ricorrere al tampone
E quelli che hanno avuto il Covid hanno ripreso facilmente?

Non esiste una regola uguale per tutti, può essere facile o molto complicato. Ne ho avuti quattro, tre completamente asintomatici, uno con un po’ di febbre. Alla fine hanno effettuato tutti gli esami previsti dall’ordinamento italiano, anche se qualcuno non era di qui, e al massimo avranno perso un mese di attività.

I corridori dovranno fare la terza dose?

Quando sarà il momento, senza dubbio. Una ragazza l’ha già prenotata per gennaio, visto che si sono vaccinati tutti fra luglio e agosto. Al massimo ci sarà qualcuno che chiederà di aspettare fine stagione.

Dopo la scuola di Tokyo, Consonni non ha più paura

03.12.2021
5 min
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Con l’addio di Elia Viviani il team Cofidis ha deciso di puntare su Simone Consonni, il “pesce pilota” che ha sempre scortato il velocista veneto in questi due anni. Ventisette anni compiuti da poco, il bergamasco sarà il nuovo uomo di punta della squadra francese. Un ruolo che è arrivato a ricoprire dopo anni di gavetta e di esperienza in gruppo, prima con la maglia dell’UAE Team Emirates e poi della squadra francese.

L’Olimpiade di Tokyo e poi i mondiali di Roubaix lo hanno incoronato definitivamente per quanto riguarda il parquet. Ora Simone cerca di ritagliarsi un posto tra i grandi anche su strada e lo farà dal 2022.

Simone Consonni dovrà prendere le misure con il suo nuovo ruolo in squadra
Consonni dovrà adattarsi al nuovo ruolo
Ciao Simone, intanto come stai?

Bene, giro come una trottola: eventi, premiazioni… Sono più incasinato adesso di quando corro in bici. Almeno quando corro devo concentrarmi solo su quello, ora invece sono sballottato ovunque.

Eventi doverosi per chi vince.

Sì sì, per questo non mi lamento. Diciamo che sono contento di essere così richiesto.

Dopo l’addio di Elia Viviani sarai tu la punta della Cofidis, com’è arrivata questa decisione?

Al Giro d’Italia andavo forte e la squadra aveva iniziato a parlarmi di rinnovo, mi sono confrontato con Elia e lui mi ha detto: «Se la squadra vuole puntare su di te, è giusto che ti prendi la tua occasione».

Elia Viviani, SImone Consonni, mondiali Berlino 2020
Elia Viviani e Simone Consonni hanno corso insieme anche su pista nella madison. Qui ai mondiali di Berlino 2020
Elia Viviani, SImone Consonni, mondiali Berlino 2020
Elia Viviani, Simone Consonni, mondiali Berlino 2020
Come sono stati questi due anni al suo fianco?

Non si è vinto quanto si sperava, questo non si può nascondere. Nell’ultima parte di stagione, dopo le Olimpiadi, avevamo iniziato a trovare un equilibrio e un’intesa.

In questi due anni sei stato sempre al suo fianco, era un ruolo che ti piaceva?

Personalmente sì, devo essere onesto. Con Elia sono stati due anni bellissimi dal punto di vista umano, con un rapporto che è continuato anche su pista. Fare l’ultimo uomo mi piaceva, Elia è esigente ma sempre gentile e disponibile.

Ora passi dall’altra parte, le aspettative sono alte, ti senti pronto?

Guarda, se sono sopravvissuto al mese di Tokyo – dice ridendo – posso sopravvivere a tutto. E’ un ruolo nuovo ma che mi sono meritato. E’ l’età giusta per mettersi in proprio, a 27 anni si sono allineati i tasselli e sono pronto per questa nuova esperienza.

I successi su pista quanto ti hanno fatto maturare?

L’Olimpiade come responsabilità e tensione mi ha fatto fare il salto di mentalità. Lì è il cronometro che conta e lui non mente mai…

Per Simone Consonni quest’anno gli impegni su strada aumenteranno per provare a fare il salto di qualtà
Simone Consonni questa stagione aumenterà i giorni di gara su strada
Che stagione sarà?

L’obiettivo realistico è quello di trovare il feeling con la vittoria, cosa che non ho su strada, avendo vinto una sola corsa in cinque anni. Partirò dalle cosiddette gare minori (esordio il primo febbraio al Saudi Tour) anche se il parterre ormai è di primo livello ovunque.

Per le gare WorldTour hai qualche focus?

Sicuramente il grande evento su cui punterò è il Giro d’Italia. Nella prima parte di stagione correrò la Milano-Sanremo, il Fiandre e la Tirreno-Adriatico.

In pista hai trovato la tua disciplina, su strada hai dei percorsi su cui pensi di far bene?

Non sono il classico velocista di pura potenza, mi piacciono gli arrivi mossi, come quello di Stradella al Giro del 2021 dove sono arrivato secondo (foto di apertura). In quel caso sono partito ai 600 metri per prendermi la seconda piazza.

Qual è la cosa che cambierà di più?

Sarà tutto diverso, prima partivo per fare una volata con picchi di potenza minori e più costanti e alla fine, ai 150 metri mi fermavo. Ora devo cambiare mood. Una cosa che mi ha sempre fatto arrabbiare era chi mi diceva: «Già che sei in gruppo perché non fai le volate?». C’è un’enorme differenza tra vincere e far vincere.

Simone non vuole comunque rinunciare alla pista soprattutto quest’anno che correrà da campione olimpico e iridato
Simone non vuole comunque rinunciare alla pista
Cosa ha spinto la Cofidis a credere che tu possa saper vincere?

La mia crescita e il fatto che in questi due anni comunque sono sempre stato costante. E’ una scommessa sia per loro che per me, hanno dato fiducia ad un buon corridore che con l’impegno e la passione è arrivato ad alti livelli. Non ho il motore dei fuoriclasse e dei giovani campioni emergenti, non mi monto la testa, ma so che valgo ed è giunto il momento di provarci.

Per questi obiettivi però dovrai trascorrere più tempo con la squadra ma senza trascurare la pista.

Non essendoci le Olimpiadi come quest’anno avrò meno giorni di corsa con la nazionale. Infatti la prima parte di stagione farò solamente un mini ritiro a fine anno. Con la squadra da qui all’inizio delle corse faremo due ritiri: il primo dal 9 al 17 dicembre in Spagna, il secondo dal 7 al 20 gennaio sempre in Spagna.

Dal punto di vista della personalità e del carisma ti senti pronto?

Ho l’età giusta per prendermi le mie responsabilità, anche quando ero in UAE mi era stato dato dello spazio, ma non ero pronto. Come personalità direi che il banco di prova dell’Olimpiade basta e avanza, ho fatto il mio mese di prova come detto prima.

Non resta allora che augurarti buona fortuna, ci vedremo alle corse…

Grazie, a presto!

6 Giorni Rotterdam

Martinello: «Le Sei Giorni hanno bisogno di un rilancio»

12.11.2021
4 min
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Silvio Martinello è il detentore italiano del primato di successi nelle Sei Giorni, ben 28 su 99 corse, fra il 1989 e il 2002. Ha quindi vissuto l’ultima epopea dei grandi eventi in pista, delle serate che univano sport e mondanità perché il mondo delle 6 Giorni è qualcosa che va al di là del puro aspetto agonistico, spesso non era neanche quello principale: andare a una serata della Sei Giorni di Milano, cenare al tavolo guardando una gara dopo l’altra aveva un gusto simile a quello di una serata al Lido di Parigi…

Le cose sono da allora profondamente cambiate: la prossima settimana si disputa la Sei Giorni di Gand che forse è quella più prestigiosa rimasta in calendario, un’espressione del bel tempo che fu e in queste giornate il cuore di Martinello per certi versi sanguina, proprio pensando al passato: «Il circo delle Sei Giorni come lo conoscevamo è in grande difficoltà, direi in agonia e la causa affonda ai tempi del ciclismo malato: a cavallo del secolo l’epicentro dell’attività era la Germania, con le prove di Dortmund, Monaco, Berlino, Stoccarda. Lo scandalo doping che coinvolse la Telekom diede una frenata terribile all’intero ciclismo tedesco, che non si è più ripreso e anche il mondo delle 6 Giorni ne ha risentito, perdendo i suoi riferimenti».

Martinello e Villa (qui a Sydney 2000): nelle Sei Giorni hanno collezionato ben 16 vittorie in coppia
Martinello e Villa (qui a Sydney 2000): nelle Sei Giorni hanno collezionato ben 16 vittorie in coppia
Quali sono state le ripercussioni?

La mancanza di credibilità del ciclismo ha fatto scappare gli sponsor e gli organizzatori sono rimasti a corto di fondi: allestire una Sei Giorni è molto oneroso, non si tratta solo di pensare ai corridori, ma c’è tutto il contorno da curare, dove investire per avere un ritorno economico, dal catering agli spettacoli d’intrattenimento alternati alle gare. Se non hai fondi sufficienti non puoi fare niente.

Eppure una formula come quella in voga ai tuoi tempi avrebbe ancora riscontri, almeno in una società libera dal Covid…

Sicuramente, ma va considerato anche il fatto che perdurando la crisi delle Sei Giorni, vengono meno i personaggi ed è sempre più difficile coinvolgere i campioni della strada come avveniva ai miei tempi e prima, quando i Moser, i Saronni, i Gimondi non facevano mancare la loro presenza. Io spero che non sia una crisi irreversibile, anche se di appuntamenti importanti ne sono rimasti davvero pochi.

Viviani Keisse Gand 2018
Viviani insieme a Keisse a Gand nel 2018: la gara belga scatterà martedì ed è ormai la più famosa
Viviani Keisse Gand 2018
Viviani insieme a Keisse a Gand nel 2018: la gara belga scatterà martedì ed è ormai la più famosa
La televisione non potrebbe essere un veicolo per rilanciarle?

Anzi, secondo me è stata un danno e spiego il perché: in nome dell’audience televisiva i programmi delle Sei Giorni sono stati disegnati a suo uso e consumo, dimenticando che si trattava di gare di resistenza. Non dico che dovessero avere i regolamenti di una volta, nei quali un ciclista della coppia doveva sempre essere in azione, ma i programmi di gara erano più ricchi e diluiti nelle giornate, dalla mattina alla sera. Ora si concentra tutto quando c’è la Tv, è un’altra cosa che toglie fascino alla competizione. Poi c’è un’altra cosa…

Quale?

La Sei Giorni è una corsa che devi seguire dal vivo perché accade sempre qualcosa, magari non in testa alla corsa. Quando ho fatto il telecronista per Raisport ho capito quanto sia difficile cogliere da fuori ogni aspetto di una gara ciclistica, in una 6 Giorni è impossibile. Devo però dire che Eurosport ha il merito di seguire le poche gare rimaste, dà un contributo importante del quale gliene va dato atto.

Che tipo di gare erano quelle che disputavi tu?

Erano gare di resistenza pura. Ti trovavi a disputare una madison di 90 minuti, oppure una corsa di 100 chilometri e stavi in pista per ore. Si finiva quasi sempre alle 3 del mattino salvo alla domenica che gareggiavi solo al pomeriggio. Le gare a eliminazione erano sempre le più amate dal pubblico. Era un altro mondo, che rimpiango molto. Ora di quel mondo l’unica Sei Giorni rimasta è proprio quella di Gand, che fa leva su una sua cultura.

6 Giorni Milano 2004
Il parterre dell’ultima Sei Giorni di MIlano nel 2004, caratterizzato da un grande ristorante
6 Giorni Milano 2004
Il parterre dell’ultima Sei Giorni di MIlano nel 2004, caratterizzato da un grande ristorante
Che cosa bisognerebbe fare per rilanciarle?

Andrebbero innanzitutto ripensate, in base al ciclismo attuale. I rapporti che si usano oggi ad esempio erano impensabili un tempo. Io penso che se ben strutturate possano ancora avere un futuro richiamare anche grandi nomi. Pensate un momento a che cosa significherebbe avere il ritorno della Sei Giorni a Milano, con Viviani e Ganna: sarebbe un richiamo eccezionale, che andrebbe anche oltre i confini del ciclismo. Ma questo non basterebbe ancora: io credo che il movimento abbia anche bisogno di ricreare quel mondo di specialisti come erano un tempo Sercu, Pijnen, Fritz, Thurau, vedette che sapevano come coinvolgere il pubblico.

Non dimenticando che le Sei Giorni non sono solo un evento sportivo…

No, sono anche molto di più: gli organizzatori guadagnano soprattutto con l’indotto, dalle cene al merchandising, in Germania e nel Nord Europa in genere scorrono veri fiumi di birra. In Italia a Milano erano un appuntamento mondano quasi come andare alla Scala. Anche questo è un aspetto da considerare se si vuole rilanciare questo bellissimo mondo.

Dalla F10 alla Dogma F, Viviani torna su una Pinarello

01.11.2021
5 min
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L’ultima volta che su strada abbiamo visto Elia Viviani in sella ad una Pinarello è stata al Gp Beghelli del 2017 (nella foto di apertura). Elia arrivò terzo. Quella fu anche l’ultima gara con l’allora Team Sky, gruppo presso il quale tornerà a far parte nella prossima stagione, chiaramente con i colori della Ineos Grenadiers.

Ma alla corte di sir Brailsford non solo troverà vecchi compagni, ma anche le bici Pinarello. All’epoca aveva la F10, l’anno prossimo avrà la Dogma F. La prima era una bici con freni tradizionali, la seconda con freni a disco. Nel mezzo quattro anni (forse un po’ meno) di tecnologie.

Feeling invariato

Viviani è molto sensibile in quanto a tecnica. Avverte cambiamenti di pochissimi millimetri, capisce meglio e prima di altri il comportamento delle ruote delle quali, ci dicono, abbia un’attenzione maniacale. Come riuscirà a metterlo in sella Matteo Cornacchione? Cosa troverà di diverso da quella “vecchia” Dogma F10?

Partiamo dalle geometrie, la prima cosa che guarda un professionista. Queste non cambiano molto, per non dire che sono identiche, almeno per quel che concerne la parte centrale e posteriore della bici. Ci sono invece delle piccole variazioni sull’avantreno. Ma è normale, si passa da un freno normale ad uno a disco e questo richiede altri materiali, altre forze in campo. Il tubo di sterzo si alza di qualche millimetro a parità di misure (rispetto alla F8, ricordiamolo) ma il rake della forcella e tutto il restano non varia.

Tutto questo dovrebbe assicurare una certa continuità di feeling con la Pinarello che lo aspetta. E quando un pro’ “riconosce” i suoi angoli è già a metà dell’opera. Anche la fibra utilizzata è la stessa, la Toray 1100, ma con tecnologia aerospaziale, e chiaramente con forme dei tubi differenti. Forme più grandi e affusolate, dettate da aerodinamica e integrazione.

Sarà interessante vedere le scelte che farà Elia. Il nuovo Shimano Dura Ace consente di montare anche il 54-42
Sarà interessante vedere le scelte che farà Elia. Il nuovo Shimano Dura Ace consente di montare anche il 54-42

Componentistica nuova

Quello che invece cambia e neanche poco è la componentistica. Partiamo da quella strettamente legata alla guida: il manubrio.

Nella vecchia F10 Viviani utilizzava un manubrio “semintegrato”. O meglio un set (attacco + manubrio) tradizionale, ma con lo stem appunto oversize, cioè grande e dalle forme aerodinamiche. Un attacco e un manubrio in alluminio di Pro’ (il Vibe Sprint). L’attacco era da 140 millimetri e la piega da 420. La sella (Fi’zi:k Arione 00) era a 74 centimetri.

Stavolta invece dovrebbe avere il manubrio integrato di Most. Ma queste (sella e manubrio) sono scelte del tutto personali. E di sicuro prima Viviani vorrà provare tutto il materiale che ha a disposizione, visto che c’è anche quello di Pro.

Grossi passi avanti riguardo alla frenata. Rispetto al 2017 la bici di Elia sarà completamente diversa
Grossi passi avanti riguardo alla frenata. Rispetto al 2017 la bici di Elia sarà completamente diversa

Occhio alla frenata

Un passaggio che potrebbe “accusare” Elia riguarda proprio l’impianto frenante. Nella F10 aveva il rim brake, nella Dogma F quello a disco. Ma più che altro potrebbe farsi sentire la differenza fra il sistema Campagnolo che utilizzava alla Cofidis e quello Shimano. La frenata del gruppo italiano è davvero racing. Molto potente, ma anche “rude”, quella del gruppo giapponese è più “fluida” e progressiva.

Ma con le sue doti, il veronese non dovrebbe metterci molto ad adattarsi, anche perché il nuovo Dura Ace Di2 è stato ulteriormente migliorato proprio nella sua progressività, nella certezza di avere pastiglie che non toccano mai il disco e nel “fading”, cioè l’affaticamento (il surriscaldamento) delle guaine in frenata. Perché è da lì che partono i “guai” in termini di alte temperature. Ma in tal senso Shimano ha una conoscenza dalla Mtb (Dh inclusa) pressoché infinito. E alcuni dettami del nuovo impianto frenante vengono da lì.

Le nuove Shimano Dura-Ace C60, questo profilo di sicuro piacerà a Viviani
Le nuove Shimano Dura-Ace C60, questo profilo di sicuro piacerà a Viviani

Ruote, ampia scelta

E qui Viviani trova un piccolo paradiso. In Ineos come più volte abbiamo detto potrà avere la gamma Shimano, ma anche le Lightweight e Princeton. Ai recenti mondiali su pista, ci hanno detto che su questo componente Elia ha una sensibilità enorme.

Una ruota che va bene su una bici, non è detto che la senta allo stesso modo su un’altra: questo in pista in cui l’anello è sempre uguale, figuriamoci su strada e su percorsi differenti.

Sulla Pinarello F10 Elia usava spesso il set Shimano Dura Ace C50, ma a volte si era visto anche un cerchio da 75 millimetri al posteriore. Il set da 60 millimetri sembra fatto apposta per lui. Sarà davvero curioso vedere quali saranno le sue scelte e soprattutto perché? Di certo il connubio atleta + bici tutto made in Italy (per non dire Made in Veneto) ci affascina non poco.

Altra differenza: all’epoca in Sky si utilizzavano i tubolari. Quasi tutti avevano i 23 millimetri, ma Elia già era per i 25 millimetri. Stavolta invece viste anche le tendenze che già da questa stagione si sono viste in Sky dovrebbe utilizzare tubeless Continental (magari anche da 28 millimetri) viste le sezioni maggiorate delle nuove ruote Dura Ace.

Da Cavendish a Pozzovivo, tutti quelli in attesa di contratto

29.10.2021
5 min
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Probabilmente a breve firmeranno, ma certo fa un certo effetto rendersi conto che certi corridori che (ciascuno nel suo ambito) hanno fatto la storia, non abbiano ancora firmato il contratto per la prossima stagione. Anche se lo hanno annunciato. Anche se la stretta di mano li ha mandati sereni in vacanza. L’Equipe di oggi si è messa a ragionare sui corridori in cerca di sistemazione, ma la verità è che il computo complessivo è ben più cospicuo. Quello che stupisce è appunto la caratura dei personaggi. I francesi a dire il vero hanno inserito nel mazzo anche Valverde, che tuttavia ha rinnovato con Movistar, annunciando anche che il 2022 sarà la sua ultima stagione in gruppo.

Cavendish in sospeso

E’ ancora in attesa di sapere qualcosa Mark Cavendish, con 156 vittorie da professionista e il record eguagliato di 34 tappe al Tour de France, con tanto di toccante abbraccio con Eddy Merckx. Lo scorso anno il suo arrivo alla Deceuninck-Quick Step fu coperto da uno sponsor portato in dote e probabilmente nessuno poteva aspettarsi che il velocista abulico delle ultime stagioni ritrovasse la verve per vincere 10 corse, fra qui 4 tappe al Tour. Ovviamente adesso gli è venuta voglia di continuare con lo squadrone belga, ma il prolungamento tarda a essere ufficializzato perché le nuove pretese di Mark avrebbero complicato le discussioni.

Thomas avrebbe lasciato la Ineos, ma finirà col restare a… casa
Thomas avrebbe lasciato la Ineos, ma finirà col restare a… casa

Si è ragionato parecchio, ad esempio, sul post carriera del corridore, che vorrebbe assicurarsi un posto nello staff della squadra.

«Vuole rimanere coinvolto con noi – ha detto Patrick Lefevere – e questo mi sembra abbastanza negoziabile».

Tuttavia il grande capo ha anche precisato che al Tour del 2022 il suo velocista di punta sarà Fabio Jakobsen e che Cavendish non lo accompagnerà. A Cavendish i conti tornano? Se è vero, come ci disse Petacchi salutandone il ritorno al top, che la vera differenza nelle motivazioni per Mark la fa proprio la Grande Boucle, sapere in partenza che non vi prenderà parte gli permetterà di lavorare bene? Forse sì. D’altra parte non doveva andare neppure quest’anno, poi i guai di Bennett e le relative tensioni con la squadra, gli hanno permesso di vivere il lieto fine che pochi si aspettavano. Forse neppure lui.

Thomas non si muove

Ancora oltre la Manica, ma questa volta con un gallese che il Tour de France l’ha vinto: Geraint Thomas. La sua situazione si dovrebbe definire a breve, dopo che lo stesso corridore aveva ventilato l’eventualità di cambiare maglia. E la Ineos, dato che “G” non ha concluso per infortuni e cadute il Giro del 2020 e l’ultimo Tour, aveva detto che non avrebbe contrastato le eventuali offerte che avesse ricevuto.

Alla Ineos Grenadiers approda anche Viviani, contratto da firmare e tante belle prospettive
Alla Ineos Grenadiers approda anche Viviani, contratto da firmare e tante belle prospettive

Thomas è stato così avvicinato dalla Cofidis, poi dalla Qhubeka NextHash sulla cui sopravvivenza in attività si nutre più di qualche dubbio. Finirà probabilmente che il vincitore del Tour 2018 rimarrà alla Ineos, ricordando che la sua vittoria al Romandia 2021 lo aveva segnalato nuovamente tra i più forti in gruppo.

La sensazione, parlando di lui con Adriano Malori nelle scorse settimane, è tuttavia che sia arrivato al limite della sopportazione della ferrea disciplina che ha consentito a tanti corridori di quel team di raggiungere i risultati più importanti. Probabilmente in quel gruppo tutti lo sanno, come sanno anche che potrebbe essere rischioso incentrare tutto su Bernal e Carapaz e sfidare apertamente Pogacar e Roglic: meglio avere qualche alternativa.

La rincorsa di Viviani

Poi c’è Viviani, anche se sappiamo che andrà alla Ineos Grenadiers e anche lui ce l’ha confermato qualche settimana fa prima del Giro del Veneto. Ma mai come questa volta il suo contratto è stato laborioso da siglare.

Dopo un anno e mezzo senza vincere, Elia ha vissuto una piccola rinascita dopo le Olimpiadi, con quattro vittorie in Francia e finalmente il mondiale dell’eliminazione di recente a Roubaix.

Mark Padun, rivelazione al Delfinato 2021, rimane al Team Bahrain Victorious?
Mark Padun, rivelazione al Delfinato 2021, rimane al Team Bahrain Victorious?

Le prime voci lo avevano visto all’Astana, ma in quella fase della stagione Vinokourov non aveva ancora riavuto il potere di firma. Poi alla Deceuninck-Quick Step, dove Lefevere non era però parso davvero convinto. Si era parlato persino di Eolo-Kometa, ricordate? Il contratto con la Ineos è quasi un ritorno a casa. Alla corte di Brailsford, Viviani ha vinto le Olimpiadi e se ne andò perché in quel Team Sky non c’era tanto posto per i velocisti, avendo in Froome e Thomas le star indiscusse del Tour. Bernal e Carapaz, come già detto per Thomas, non danno forse le stesse garanzie, per cui Viviani sarà il velocista di punta (fintanto che Ethan Hayter salirà un altro scalino) e avrà accesso a tutte le gare più importanti in calendario.

In ansia per Pozzo

Questi i più grandi, anche se rimangono per il momento senza contratto anche Omar Fraile, 31 anni, campione spagnolo e Mark Padun, 25 anni, rivelazione dell’ultimo Delfinato e poi interprete di una Vuelta abbastanza anonima.

Ha appena trovato… casa Davide Villella (team WorldTour, annuncio prossima settimana), mentre fa fatica a trovare sistemazione un veterano come Rojas. In cerca di sistemazione Liam Bertazzo, iridato del quartetto. E tornando sul fronte dei veterani, siamo un po’ in apprensione per Domenico Pozzovivo: anche lui probabilmente continuerebbe alla Qhubeka-Nexthash, ma è davvero difficile riuscire a capire se il team andrà avanti.

La scadenza, per loro come per tutti, era quella di fine ottobre, ma pagando una penale ogni giorno il termine si può far slittare. Anche se prima o poi l’Uci dovrà avere in mano tutta la documentazione necessaria…