Ma che fine hanno fatto le ruote basse tra i pro’?

01.08.2021
6 min
Salva

Probabilmente è più elevata la possibilità di vedere un ufo che un corridore professionista utilizzare delle ruote basse o per meglio dire a basso profilo. E’ un paragone un po’ forzato ma neanche tanto. Questa tipologia di ruota era la sola che c’era fino ai primi anni ’90 (lenticolare esclusa) e adesso invece è praticamente sparita.

I team le hanno in dotazione, ma non c’è corridore che le voglia. Alcuni neanche in allenamento. Come mai?

Alla base di questa sparizione c’è senza dubbio l’evoluzione dei materiali. Il carbonio, il materiale che domina al 99,9 per cento anche nelle ruote, è sempre più leggero e più performante. Questo ha ridotto moltissimo le differenza di pesa fra una ruota bassa e una alta. Quei 400 e passa grammi di differenza ormai si notevolmente ridotta (spesso meno di 200 grammi). E il peso sulla ruota conta più che su altre parti della bici. Il rapporto, secondo l’ingegner Marco Pinotti, è di uno a tre. Un etto in più sulle ruote ne vale tre sul telaio. E’ l’effetto della massa rotante ad amplificarlo.

La bici moderna: telaio e componenti “aero”, ruote alte e freni a disco
La bici moderna: telaio e componenti “aero”, ruote alte e freni a disco

Peso giù, profili su

Contestualmente sono anche aumentate le velocità medie e si è investito moltissimo sull’aerodinamica. Gli studi, anche empirici e non solo in galleria del vento, hanno mostrato come un cerchio più alto e più largo (cosa che si è potuto fare con una certa facilità con i freni a disco) penetri meglio nell’aria. Un cerchio con tali caratteristiche crea meno turbolenze. Senza contare che la ruota, nel suo complesso, è anche più comoda.

«Io – spiega proprio Pinotti – oggi non avrei dubbi. Anche a fronte di una bici che pesa un chilo di più prenderei quella con le ruote più alte. Basta una pendenza del 5,5 per cento e una velocità di 20 chilometri orari per colmare questo gap. L’alleggerimento dei materiali di fatto ha tagliato fuori queste ruote. Potrei montarle giusto in una cronoscalata, ma una crono estrema.

«Oggi si riesce a stare sui 7 chili anche con le bici con freno a disco e una ruota a profilo medio (35-40 millimetri, ndr). Con i freni tradizionali proprio non hai problemi e anzi tocchi il limite dei 6,8 chili».

E in effetti oggi è considerata bassa una ruota da 35 millimetri. Sotto non se ne vedono. Se pensiamo che Bernal ha scalato il Giau con delle Shimano Dura Ace da 60 millimetri, si capisce bene l’intero discorso. E uno scalatore come è noto non ama portarsi dei grammi in più.

Il parere dello scalatore 

E noi abbiamo chiesto allo scalatore per eccellenza, Domenico Pozzovivo. Tra i primi ad usare il profilo differenziato anteriore e posteriore: 35 millimetri davanti e 50 millimetri dietro.

«Io non uso più le ruote basse e il motivo è semplice: si è esasperato il concetto di aerodinamica e dell’efficienza a certe velocità. Alte velocità che fa soffrire il profilo basso. E poi visti i pesi che senso avrebbe mettere dei piombi alle bici come una volta e perdere in aerodinamica? E poi quando ti abitui ad una certa ruota che è reattiva e rigida non torni indietro. Per me è anche un aiuto psicologico alle alte velocità».

Pozzovivo racconta che in allenamento a volte le usa, o quelle basse, o quelle a medio profilo.

«Beh, in corsa gareggiamo su asfalti che sono perfetti o quasi, in allenamento non è così e una ruota bassa è più comoda, tanto più per me con il mio problema al braccio.

«Se le monterei in una cronoscalata estrema tipo Plan de Corones? No, perché non avrei le sensazioni che vorrei: cioè una bici rigida e reattiva. Troppo diverse le sensazioni che ho quando si spinge. Sarà che quando mi alzo sui pedali sono tutto buttato in avanti e con la ruota bassa non sento la bici al top».

Infine “Pozzo” fa un paragone interessante con il passato. Le prime ruote alte facevano una sorta di effetto pendolo. Quando ti alzavi sui pedali all’inizio la bici quasi non si muoveva lateralmente, “era dura”, poi all’improvviso “cadeva”. «Vero questa sensazione c’era, a ben ricordare. Ma con i nuovi materiali questo effetto brusco non c’è più. Il movimento è più progressivo ed equilibrato».

Il parere del passista

A fare da contraltare a Pozzovivo abbiamo coinvolto il suo opposto, Fabio Sabatini, passistone veloce dai tantissimi watt.

«Oggi fai quasi fatica a vedere le ruote a medio profilo. Hanno ormai lo stesso peso delle altre ma con un’aerodinamica più efficiente e anche una migliore scorrevolezza (dovuto anche la fatto che il mozzo è “più vicino” al cerchio, ndr).

«Da passista poi non mi è mai capitato di rimpiangere quelle a basso profilo. Pensate che io non le uso neanche in allenamento. Un po’ lo ammetto anche per un fatto estetico! Ma soprattutto perché devo abituarmi a fare le volate e a spingere forti in certi momenti, quindi preferisco farlo con un determinato set che poi “riconosco” in gara. Senza contare che ti ci abitui nelle discese, fatto non secondario. Perché comunque quelle con il profilo alto sono un po’ più “complicate” da gestire. Quelle basse sicuramente pieghi di più… ma tanto non le usi».

Sabatini ricorda quando “il Nieri”, come dice lui da buon toscano, saldava i raggi delle ruote a basso profilo che erano destinate alla Parigi-Roubaix, proprio per renderle più rigide e al tempo stesso più robuste. Ma con l’alto profilo non si rischia un “eccesso di rigidità”, almeno per le corse sul pavè?

«No, io credo che a fare la differenza sia il copertone e non il cerchio. E oggi con una copertura da da 28 millimetri non hai problemi. Poi con l’arrivo del disco il basso profilo è scomparso del tutto, almeno per noi pro’ Le ultime che ho usato sono state le Mavic Ksyrium ai tempi della Liquigas e comunque erano già un po’ profilate, 32 millimetri. Sono passati 10 anni da allora. E poco dopo, in Quick Step, Specialized ci spingeva ad usare quelle con profili più alti».

Domenico l’invincibile, ripartito ancora una volta…

13.06.2021
6 min
Salva

Chiamatelo Highlander, ma Domenico Pozzovivo è davvero un invincibile. Ancora una volta il lucano ha vinto l’ennesima sfida con se stesso e con la sorte. Si è rialzato. Lo avevamo lasciato alla sesta tappa del Giro d’Italia. Se ne tornò a casa per una caduta rovinosa.

Il corridore della Qhubeka-Assos al Giro di Svizzera è stato il primo italiano, sesto, e ieri è stato autore di una cronometro stratosferica. E, come vedremo, poteva essere in lotta per il podio.

In salita, allo Svizzera, il lucano è sempre rimasto con i migliori
In salita, allo Svizzera, il lucano è sempre rimasto con i migliori
Domenico come è andata da quelle parti?

Bene dai. Certo, è stata una settimana di passione. Avevo un male terribile alle costole. Ma ci tenevo molto a venire qui. Anche se il gomito ancora non era a posto.

Al netto della caduta nella corsa rosa, il Giro di Svizzera era in programma?

Se proprio non era in programma era comunque un’ipotesi.

E quando hai deciso di esserci?

Eh è una storia lunga – e qui davvero ci sarebbe da mettersi a sedere con le mani sotto al mento ad ascoltare – Dopo la caduta del Giro avevo una prognosi di un mese. Impossibile poterci solo pensare. Avevo una sublussazione al muscolo della spalla. Qualche giorno dopo ho fatto un allenamento su strada con un braccio a mezzo servizio ed è stato anche un allenamento impegnativo, con dei lavori in salita. Ho sentito subito che la gamba era buona. Molto buona. La condizione del Giro non era sparita. La speranza era che potesse migliorare la condizione del gomito, come di fatto è andata. Quello che invece era anomalo era il dolore alle costole. 

Come mai?

Perché risentivano del grande incidente di quasi due anni fa: sono andato a toccare i punti dove c’era la frattura, avevo subito un trauma pneumotoracico e per questo il recupero era, anzi è, più lungo.

Come hai superato di fatto quella prognosi?

Dovevo stare a riposo totale, ma dopo due giorni ero già sui rulli. Tanto ormai ero esperto a pedalare sui rulli in quelle condizioni! – ci scherza persino su Pozzovivo – Dopo la prima visita, il medico mi disse che mi avrebbe rivisto dopo nove giorni. Era talmente gonfia, piena di acqua, che non ha potuto visitarmi. Nel week-end successivo, come detto, ho provato ad uscire su strada e mi sono accorto che la gamba era buona così ha iniziato a balenare in me l’idea di partire davvero per il Giro di Svizzera. Ne ho parlato con il diesse, ma senza dire nulla in giro. Il martedì successivo a quell’uscita il medico ha notato il miglioramento. Io nel frattempo avevo fatto del linfodrenaggio, in pratica vivevo in costante fisioterapia. E lui mi ha detto: allenati e vedrai che fra due settimane avrai meno dolore.

Complice la pioggia, nella frazione di Lachen il gruppo si è poi spezzato e Pozzovivo ha perso 2’15”
Complice la pioggia, nella frazione di Lachen il gruppo si è poi spezzato e Pozzovivo ha perso 2’15”
Mamma mia Pozzo, che dire: chapeau…

A quel punto ho deciso di andare sull’Etna, perché in Svizzera il tempo era brutto e soffrivo anche di più nelle mie condizioni, mentre laggiù era ottimo per allenarsi in vista dello Svizzera. Che poi anche in questo caso tutto è stato molto rocambolesco: sarei voluto andare sullo Stelvio, ma ancora era chiuso, in più avevo anche la prima dose del vaccino del Covid da fare. Lo avevo prenotato dopo il Giro convinto che tanto sarei stato libero. Quindi l’ho fatto al volo prima di andare sull’Etna.

Senti, ma tua moglie, la tua famiglia cosa ti dicono quando vedono che fai queste imprese al limite fra tenacia e “pazzia”?

Eh, sono talmente abituati che non mi dicono nulla. Sono contenti. Sanno quello che c’è dietro. Mia moglie con quel braccio inutilizzabile mi aiutava a fare tutto. Lei era sicura che avrei fatto lo Svizzera.

E sei anche andato forte…

A crono ero sicuro che non avrei avuto problemi: ero da solo. Semmai i problemi li ho avuti di più nella prima di cronometro. Quel giorno era bagnato e per non rischiare nulla nelle curve ho perso molto, mentre il resto dei numeri erano buoni. Peccato che nella seconda tappa in discesa c’è stata una frattura del gruppo e abbia perso 2’15”, ma anche in quel caso non ho voluto rischiare. Quello è il distacco che mi ha precluso il podio.

E ieri a crono, tra l’altro molto particolare con un passo da scalare e da riscendere, hai chiuso settimo…

Mah, un po’ me lo aspettavo di passare in cima coi primissimi e di perdere qualcosa discesa. Sì, sono andato bene. Immaginavo che andasse molto forte Uran: era tutta in quota e lui, colombiano, a quelle altezze va bene.

Che bici hai usato?

Quella da crono. Il 95% ha usato questa bici. Qualcuno ha fatto altre scelte. E’ stata particolare quella di Rui Costa: in salita ha usato quella da strada e in discesa quella da crono. Evidentemente si sentiva sicuro così.

E adesso che programmi hai?

Dopo lo Svizzera correrò al campionato italiano. Poi farò una pausa e proseguirò con il programma iniziale che non è cambiato e che prevedeva la Vuelta. A luglio andrò in altura. Lo Stelvio sarà la mia seconda casa e sono già pronti ad accogliermi! Poi cercherò di sistemare questi dolori e di ripristinare al meglio la mobilità del gomito. Prima dell’incidente al Giro andava abbastanza bene. Adesso in effetti sono un po’ troppo storto e mi fa male vedermi così.

Come è stato vedere il Giro dalla Tv?

Eh – sospira Pozzovivo – Stavolta è stata dura. Sapevo cosa valevo e il fatto di avere una buona forma ancora significa che avrei fatto bene. Le tappe del Giro le ho guardate tutte. Per fortuna che gli ultimi giorni del Giro sono coincisi con il ritiro sull’Etna e già avevo l’obiettivo dello Svizzera che è stato un buon diversivo. Mi è già successo altre volte di vivere una situazione così, ma questa volta ho un rimpianto in più. Ho subito altri due interventi durante l’inverno e dopo la Tirreno non mi ero mai espresso su livelli decenti, mentre al Giro stavo bene. Avevo lavorato tanto.

Nella crono di Andermatt Domenico ha chiuso al settimo posto a 1′ netto da Uran
Nella crono di Andermatt Domenico ha chiuso al settimo posto a 1′ netto da Uran
Cosa è successo di preciso al Giro?

Guarda è questo il rimpianto. Tutto è avvenuto in un momento di tranquillità. Sai, c’è una caduta perché c’è nervosismo in gruppo, okay… ma finire a terra per i fatti tuoi mentre risali il gruppo nei primi due chilometri di gara è difficile da accettare. Ero sulla destra, Caicedo si è toccato con un altro corridore e la sua bici mi è volata addosso. Una fatalità in una situazione di zero rischi.

Potevi salite sul podio?

Nei primi cinque sì, sul podio non penso. Anche se non mi piace fare calcoli a posteriori. Okay Bernal ha vinto, ma Damiano (Caruso, ndr) ha fatto una corsa incredibile e anche Yates. No, stare nella “top five” non era follia

Cosa salvi sin qui?

Che con la schiena va bene. Anche sotto sforzo quasi non ho avuto problemi, come invece mi era successo a marzo. Ho sempre fatto molti esercizi di postura. E poi salvo il feeling con le crono. Incrociamo le dita per la Vuelta!

Foglio firma chiuso. Ma Pozzovivo non c’è

14.05.2021
4 min
Salva

Alle 12:45 di stamattina quando si è chiuso il foglio firma mancava solo il nome di Domenico Pozzovivo, unico non partente dei 178 corridori rimasti in corsa sino a quel momento. Un’altra tegola per il lucano.

Non ce ne voglia Caleb Ewan, ma la news di oggi non è tanto la sua seconda vittoria quanto il ritiro dal Giro d’Italia dello scalatore della Qhubeka-Assos.  Questa mattina mestamente, ma con la dignità che lo contraddistingue, il “Pozzo” ha lasciato la carovana. Prima di congedarsi però ha spiegato il suo abbandono.

Domenico Pozzovivo, stamattina in hotel prima di lasciare il Giro
Domenico Pozzovivo, stamattina in hotel prima di lasciare il Giro

Avvicinamento difficile

Domenico ha raccolto le sue cose dal bus, ha salutato i compagni e prima del via della tappa sono venuti a prenderlo per riportarlo a casa. E dire che anche quest’anno aveva fatto di tutto e di più per esserci. Al termine della passata stagione si era nuovamente operato al gomito e un altro intervento lo aveva fatto dopo la Tirreno

«Sono triste. Mi dispiace dover lasciare il Giro. La mia forma era molto buona, la squadra stava facendo una bella corsa. È difficile arrendersi ma il mio gomito sinistro è davvero in cattive condizioni. Servono degli accertamenti per capire l’origine del dolore. Così è impossibile pedalare, non posso stare in bici».

Sesta tappa del Giro 2021: il gruppo sale verso Forca di Gualdo, “Pozzo” era già caduto
Sesta tappa del Giro 2021: il gruppo sale verso Forca di Gualdo, “Pozzo” era già caduto

Il calvario dei Sibillini

La fasciatura bianca domina la scena, se non fosse che i suoi occhi parlano altrettanto. Forse era la sua ultima occasione e finirla così, con la corsa più amata, dispiace. Ma certo non è a Pozzovivo che si può imputare un “ritiro facile”. Anche ieri ha lottato come un leone. 

Domenico era caduto nelle fasi iniziali della tappa (intorno al chilometro 10), quando c’era nervosismo in gruppo. La corsa poi, oltre ad essere dura di suo con tutta quella salita, è stata anche flagellata dal maltempo.

I Sibillini non gli sono stati amici. Vento, freddo e lui dietro al gruppo a lottare. Nella Piana di Castelluccio, sotto il forcing della Ineos-Grenadiers è iniziato il suo vero calvario, è rimasto nel gruppo con De Marchi e alla fine ha perso oltre 20′.

«Ieri penso di essere andato oltre i limiti per finire la tappa. Come ripeto ero in grande difficoltà a restare in bici. Speravo in un miracolo nella notte, ma non è accaduto. Sarà molto difficile nei prossimi giorni guardare gli altri corridori impegnati nelle tappe di montagna».

Pozzovivo (38 anni) era 15° Giro. E’ stato l’unico a non presentarsi al foglio firma di Notaresco
Pozzovivo (38 anni) era 15° Giro. E’ stato l’unico a non presentarsi al foglio firma di Notaresco

Non si molla

Ma Pozzo non molla. Magari già pensa al Tour de France, se la sua squadra deciderà di portarlo.

«Sarò comunque impegnato a recuperare molto velocemente – ha detto Domenico – voglio tornare con maggiori motivazioni di prima».

«Il nostro team medico – ha aggiunto il diesse Missaglia – ha lavorato tutta la notte per dargli la possibilità di ripartire questa mattina, ma alla fine è stato impossibile. Auguriamo a Domenico una pronta guarigione. Sappiamo tutti che è un combattente e incarna lo spirito di questa squadra. Noi non possiamo che augurarglielo con tutto il cuore».

E noi invece non ci stupiremmo se dovessimo vederlo in sella già al Giro di Svizzera e chiudere in qualche modo la sua prima parte di stagione rispettando così, più o meno, gli impegni che presumibilmente lo avrebbero visto prendere il via al Giro, appunto, e alla Vuelta. Ma queste sono solo congetture. Per ora… forza Pozzo.

Pozzovivo Dorelan

Pozzovivo: «Sempre meglio mangiare prima della salita»

13.05.2021
2 min
Salva

Abbiamo già avuto modo di trattare l’argomento dell’alimentazione in corsa, ma che cosa cambia quando c’è da affrontare un arrivo in salita? Anche in epoca recente ci sono stati casi di atleti costretti ad alzare bandiera bianca proprio a causa di problemi gastrici e quando ci si trova di fronte alle tappe più impegnative, i rischi in tal senso sono maggiori. Domenico Pozzovivo, uomo di grande esperienza, ha qualche piccola regola da seguire nella sua alimentazione.

«Io solitamente faccio fatica a ingerire cibi solidi naturali quando si tratta di ascese impegnative, cerco quindi di utilizzare le barrette, mangiandone una almeno 15’ prima che la salita inizi. Quando però la salita durerà oltre 30’, è necessario ingerirne una seconda ad almeno 20 minuti di distanza dalla prima».

In base ai tempi, sembra di capire che preferisci non mangiare quando la strada si rizza sotto le ruote…

E’ quasi impossibile farlo, anche il gel va preso al momento giusto, controllando la situazione perché se sei fortemente impegnato, è controproducente. Va considerato poi che quando sei oltre i 1.600 metri di altezza e hai il fiato corto, ingerire qualcosa di pastoso è difficile. Bisogna cercare un momento in cui la salita spiana, per questo è meglio provvedere prima.

Capecchi rifornimento Dorelan
Con il freddo intenso, anche un gesto simile può diventare difficile e pericoloso
Capecchi rifornimento Dorelan
Con il freddo intenso, anche un gesto simile può diventare difficile e pericoloso
L’alimentazione in salita non può diventare una discriminante tattica, osservando gli avversari, quel che fanno, se sono alle porte di una crisi di fame?

Difficile dirlo – risponde il corridore della Qhubeka Assos – non sapendo quel che c’è nelle borracce, molti usano maltodestrine e fruttosio a concentrazione elevata. Certo se vedi che negli ultimi 5 chilometri ingerisce del gel, significa che qualcosa non va. A me comunque la borraccia molto zuccherata non piace, preferisco altre soluzioni.

Il clima influisce?

Molto. Con il caldo non ci sono grandi problemi, bastano i gel isotonici, col freddo si consuma di più e hai problemi anche nella manualità: io ad esempio con temperature molto basse perdo sensibilità alle dita – afferma Pozzovivo – e diventa arduo anche prendere la barretta dalle tasche… L’ultimo caso di Thomas, caduto al Romandia proprio perché non aveva più sensibilità nelle mani è esemplare. Per questo molti danno al rifornimento le borracce con il gel attaccato.

Veniamo a Pozzovivo: come arrivi a questo Giro?

Se avessi dovuto rispondere a inizio maggio sarei stato pessimista, ma negli ultimi giorni prima della partenza ho risentito le gambe girare al punto giusto, gli ultimi allenamenti sull’Etna mi hanno dato coraggio. Le mie carte voglio giocarmele tutte…

Il tappone dei Sibillini, il terremoto, il sorriso di Scarponi

13.05.2021
8 min
Salva

Scarponi disse subito di sì. In realtà lo fecero tanti e si ritrovarono il 23 ottobre del 2016 a Posta, un paesino della provincia di Rieti per portare il messaggio del ciclismo fra le terre straziate dal terremoto di agosto. La manifestazione la chiamammo #NoiConVoi2016 e grazie a Cristian Salvato incassò subito l’appoggio dell’Accpi. Per questo e per antiche amicizie, i corridori aderirono in gran numero.

C’erano Bartoli, Marta Bastianelli, Bettiol, Cacciotti, Cataldo, Colagè, Valerio Conti, Coppolillo, Roberto De Patre, Azzurra D’Intino, Ferrigato, Angelo Furlan, Nardello, Luca Panichi, Paolini, Petacchi, Piepoli, Pozzovivo, Proni, Marina Romoli, Salvato, Sbaragli, Scarponi, Stacchiotti, Simone Sterbini, Tonti, Visconti, Zanini e la maglia nera Bruno Zanoni. Vennero persino Paolo Belli e suo fratello.

Stacchio e Scarpa

La tappa di oggi, dalle Grotte di Frasassi a San Giacomo, percorrerà in parte le stesse strade e sarà dura rendersi conto che là in mezzo nulla o poco è cambiato.

«Il raduno di partenza era presto – ricorda Stacchiotti – per cui Scarpa passò a prendermi di buon mattino. Avevamo finito con le corse per quell’anno. Ci fermammo in autogrill per cappuccino, cornetto e le cavolate che sparava a raffica. Poi ci trovammo ad Ascoli con Stefano Giuliani e Formichetti. Avevano loro l’ammiraglia e ricordo che Formichetti, grande appassionato di ciclismo, se ne moriva di stare nella stessa macchina con Michele. Per quei 50 chilometri fino alla partenza lo sommerse di domande. E Michele gli dava corda, perché era sempre gentile con tutti».

Stacchiotti-Scarponi amici da una vita
Stacchiotti-Scarponi amici da una vita

Giro addio

Riccardo ha ripreso ad allenarsi da due settimane. Lui il Giro non avrebbe potuto farlo comunque per una mononucleosi scoperta un mesetto fa. Ripartirà nei prossimi giorni dal Tofeo Bro Leon in Francia, mentre il resto della squadra sarà al Giro di Ungheria. Non ce l’avrebbe fatta a reggere il ritmo. Poi, dopo le tre tappe francesi, correrà a Gippingen.

Un mondo ferito

La tappa passerà attraverso un lungo elenco di paesi fantasma. A distanza di ormai cinque anni, la gente vive nelle casette, ordinate come nelle fiabe, come camici d’un ospedale da cui non si riesce a venir fuori. Magari i corridori non riusciranno a vedere nulla. Un po’ perché saranno super concentrati. O forse perché, a parte i relitti di case franate, non c’è molto da vedere a parte la natura imponente dei Monti Sibillini. E quella la sentiranno sotto le ruote. Forca di Gualdo. Forca di Presta dopo il passaggio attraverso quel che resta di Castelluccio. Le rovine di Pretare, Piedilama, Arquata e Trisungo e poi la corsa vorticosa lungo la Salaria verso la salita finale.

Sosta davanti al monumento ai caduti realizzato dai Vigili del Fuoco
Sosta davanti al monumento ai caduti realizzato dai Vigili del Fuoco

Miglior amico di tutti

«Arrivammo alla partenza – ricorda Stacchiotti – e Michele sparì in mezzo agli altri corridori. Sembrava davvero una gara di quelle importanti, c’erano davvero tutti. Ci teneva, ricordo che ne parlammo. Mi propose lui di venire insieme, perché il terremoto lo avevamo sentito anche noi. Noi ciclisti siamo gente alla mano e soprattutto si trattava di raccogliere fondi per delle persone in difficoltà. Passare là in mezzo a tutti quei muri sfasciati per noi marchigiani fu davvero un’emozione. Michele ovviamente era uno dei più conosciuti. Lui poteva anche non averti mai visto, ma dopo cinque minuti eravate i migliori amici. Per questo parlò con ognuno delle centinaia di partecipanti e per questo è rimasto nel cuore di tutti. L’anno scorso sono tornato in quelle zone, per fare una distanza dalle parti di Frontignano e Castelluccio. Ed è tutto come prima».

Discesa pericolosa

A Castelluccio ci arrivi facendo Forca di Gualdo: 10,4 chilometri al 7,4% di pendenza media e tratti al 12. Forca di Presta sul sito del Giro non la danno neanche, perché il versante duro di quella salita si farà in discesa. Però occhio all’ultimo chilometro, dritto e contro vento, perché potrebbe fargli andare di traverso una discesa che sarà velocissima, su asfalto a pallettoni e con curvette veloci e stretta nel centro di Pretare, uno di quei paesi che non c’è più.

Scarponi e Pozzovivo, tutto il percorso fianco a fianco
Scarponi e Pozzovivo, tutto il percorso fianco a fianco

“Pozzo” ricorda

Pozzovivo partì da casa per unirsi alla manifestazione. Dormì ad Ascoli da un amico e poi raggiunse la partenza in bicicletta.

«La prima #NoiConVoi – ricorda – è come se fosse stata ieri. Anche io ci tenevo tanto ad esserci, perché ho frequentato tanto la zona dei Sibillini per allenamento e a volte mi sono spinto anche nella vallata del Tronto e ho scalato anche San Giacomo, l’arrivo di oggi. Vedere quei posti distrutti è stato veramente un grosso colpo anche per me. Quando iniziaste a organizzare l’iniziativa, per me fu quasi un obbligo venirci. La giornata con Michele fu una di quelle in cui lui dava il meglio di sé, capace di stare in mezzo alla gente, a scherzare. Abbiamo fatto praticamente tutto il tragitto a ridere. Ancora ricordo poi quella sorta di volata che abbiamo fatto alla fine con gli amatori arrivando nel centro di Ascoli. Comunque fu una giornata che mi è rimasta nella mente».

Un piccolo Ventoux

Dall’arrivo si può vedere il mare, da questa montagna che vista da lontano fa pensare a un piccolo Mont Ventoux, tutto spelacchiato in cima, con distese di cardi e alberi bassi più in alto dove si riconoscono le piste da sci. Di quel 23 ottobre del 2016 i 700 partecipanti portarono via ricordi indelebili, che li spinsero a tornare per tre anni a seguire, ma già nel 2017 Michele non c’era più.

La giusta compassione

Da quella seconda volta, la manifestazione fu intitolata a lui. Tanti di quei ragazzi sono al Giro d’Italia. Visconti, Conti, Cataldo e Pozzovivo in corsa, come pure Puccio presente nel 2019. Zanini, che pedalò per tutto il giorno con un guanciale in tasca, sull’ammiraglia dell’Astana e con lui Martinelli, presente nel 2018. Tonti è il tour operator ufficiale del Giro, mentre Salvato segue la corsa rosa come delegato del Cpa. Giada Borgato, in postazione Rai, partecipò all’edizione del 2019 e come lei tanti altri.

Ma oggi, in questo giorno in cui il gruppo solcherà le splendide strade dei Sibillini, socchiudendo gli occhi su una di quelle cime, siamo certi che ci sembrerà di sentire ancora la risata di Michele. Mentre davanti a quelle case ancora distrutte e agli sguardi buoni e rassegnati delle persone proveremo la rabbia che ogni anno si rinnova. E avremo un sorriso tirato, come quando Michele voleva farti capire che non era contento. Sarà certo una grande giornata di ciclismo, a patto che troveremo il modo di viverla con la giusta compassione.

La rincorsa di Domenico passa anche sull’Etna

22.04.2021
4 min
Salva

Ogni giorno per Domenico è una scalata. Lo è sempre stato, sin da quando era piccolino, ma a partire dall’ultimo incidente non c’è un solo gesto nella sua quotidianità che non gli ricordi la sfortuna e la necessità di stringere i denti, per il dolore e per non perdere terreno. Al Tour of the Alps, la rincorsa di Pozzovivo è un quotidiano fare i conti con i postumi dell’intervento di marzo e la necessità di recuperare terreno sui rivali, dopo che la squadra lo ha confermato leader per il Giro d’Italia, convogliando Fabio Aru sul Tour de France. Per cui nella sua testa razionale (sino al rischio di farsi del male), l’occasione e il momento difficile in cui arriva sono un altro tormento con cui convivere. Ma Domenico è sempre stato uno tosto e preferisce guardare al bicchiere mezzo pieno senza lasciarsi frenare dal rimpianto.

«Per me è abbastanza dura – conferma – perché un mese fa ho subito un altro intervento al gomito. Sapevo di non essere al meglio, però sono abbastanza fiducioso. Nelle ultime settimane ho visto le mie condizioni migliorare, per cui da qui al Giro spero di fare ancora qualche step».

A quattro anni dalla scomparsa di Michele Scarponi, un ricordo della Tirreno 2016
A quattro anni dalla scomparsa di Michele Scarponi, un ricordo della Tirreno 2016
A cosa serviva quest’ultimo intervento?

Il problema che abbiamo cercato di risolvere è la mancanza di sensibilità all’esterno della mano, al quarto e quinto dito. Non è una cosa che si risolve appena dopo l’intervento, sicuramente ci vorranno dei mesi, però a livello di dolore non ho qualcosa di peggio di quello che avevo prima. Per cui ci arrangiamo. Il guaio è che se non sono al 100 per cento e devo spingere in modo più forzato, ho problemi alla schiena. Per stare bene e non avere troppi dolori, devo essere al top e non è sempre facile arrivarci e restarci.

Avevi fatto un avvicinamento perfetto…

Se non fosse stato per l’intervento in anestesia generale il 18 di marzo, sarebbe stato un avvicinamento ideale al Giro. Sicuramente era un intervento che doveva essere un po’ più leggero, ma alla fine si è rivelato abbastanza pesante. Cercare di aspettare e farlo dopo il Giro sarebbe stato rischioso, perché si poteva perdere completamente il nervo. Era molto danneggiato e già in sofferenza.

L’intervento al gomito ha rallentato la sua primavera, ma era necessario per il resto della vita
L’intervento al gomito ha rallentato la sua primavera
Che cosa ti manca ancora?

Mi manca ancora qualcosa da limare a livello del peso, perché io comunque le anestesie le sento tanto e dopo l’intervento ho il metabolismo molto rallentato. E ho bisogno anche di lavorare su ritmi altissimi. Prima di venire al Tour of the Alps, proprio nell’ultima settimana, avevamo inserito dei lavori di intensità che paradossalmente potrebbero essere stati anche controproducenti per questa gara. Di sicuro ci sono arrivato anche più stanco del solito.

In che modo si colma il gap?

Farò un altro ritiro un po’ più breve in altura sull’Etna e poi il Giro, ma prima farò la Liegi. Ho ragionato su altre opzioni, ma tendo a fidarmi delle soluzioni che ho già adottato. Fare il Romandia sarebbe stato troppo, ho preferito optare per il blocco di lavoro che ho sempre fatto prima del Giro. Tour of the Alps, Liegi e altura. Starò otto giorni sull’Etna, da lunedì al martedì.

Per Domenico Pozzovivo, interviste a distanza al Tour of the Alps
Interviste a distanza al Tour of the Alps
Cosa pensi, Domenico, vedendo Froome spesso sofferente nelle retrovie?

Lo capisco, posso immaginare ancora di più la fatica che faccia a non essere in testa a dare il ritmo. Già io ad averne una ventina lì davanti, ho le mie belle difficoltà a tenere duro, immagino lui. Quando sei davanti a lottare, riesci a dare il 110 per cento. Quando sei indietro, sicuramente la testa non aiuta al massimo le gambe.

Qhubeka-Assos: Aru è la più grande delle scommesse

20.04.2021
3 min
Salva

Con 17 arrivi e 19 partenze, il team sudafricano è quello che più di tutti si è trasformato rispetto alla passata stagione. La Qhubeka-Assos ha completamente rivisto il suo assetto, facendo anche alcune scommesse intriganti, la principale delle quali riguarda Fabio Aru, reduce da annate che definire difficili è un eufemismo. I responsabili del team hanno voluto compiere un atto di fiducia e il corridore sardo, vincitore di una Vuelta e sul podio in più grandi Giri, vuole dare a loro come a se stesso una risposta, dimostrando di poter tornare ai suoi livelli e per questo ha lavorato sodo d’inverno, mettendosi alla prova anche nel ciclocross.

Giro d’Italia 2021, Verona, Giacomo Nizzolo centra la prima tappa della carriera
Giro d’Italia 2021, Verona, Giacomo Nizzolo centra la prima tappa della carriera

Punta Nizzolo

La punta della squadra resta un corridore già nel roster del team, quel Giacomo Nizzolo che viene da un 2020 stratosferico con la conquista delle maglie italiana ed europea: per lui non si può certo parlare di scommesse. L’obiettivo è confermarsi, soprattutto nelle classiche e per questo sono stati inseriti nel team corridori utili alle sue caratteristiche, primo fra tutti quel Matteo Pelucchi avversario nelle volate delle categorie giovanili ma anche suo amico fraterno, col quale costruire un abbinamento che tecnicamente possa rendere al 100%. Altro corridore per le classiche è Simon Clarke, uscito rinvigorito dall’ultima stagione e in grado di competere con i migliori nelle gare più difficili.

Pozzovivo, 38 anni, è alla sua 17ª stagione da professionista
Pozzovivo, 38 anni, è alla sua 17ª stagione da professionista

Grande “Pozzo”

Nelle gare a tappe, con Henao, Pozzovivo (costretto amaramente al ritiro dal Giro d’Italia), Claeys c’è gente d’esperienza che potrà recitare ruoli importanti, facendo leva soprattutto sulla propria esperienza. Di materiale ce n’è per far bene, puntando sempre ad avere l’iniziativa.

Fra le grandi scommesse del team, Fabio Aru (31 anni a luglio) passato alla Qhubeka-Assos in questa stagione
Aru (31 anni a luglio) è passato alla Qhubeka-Assos in questa stagione

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Sander ArmeeLovanioBel10.12.19852010
Fabio AruS.Gavino MonrealeIta03.07.19902012
Carlos Barbero CuestaBurgosEsp29.04.19912008
Sean BennettEl CerritoUsa31.03.19962018
Connor BrownCittà del Capo (RSA)Nzl06.08.19982018
Victor CampenaertsWilrijkBel28.10.19912014
Dimitri ClaeysGandBel18.06.19872010
Simon ClarkeMelbourneAus18.07.19862009
Nicholas DlaminiCittà del Capo Rsa15.02.19942016
Kilian FrankinyReckingenSui26.01.19942017
Michael GoglGmundenAut04.11.19932016
Lasse Norman HansenFaaborgDen11.02.19922014
Sergio L.Henao MontoyaRionegroCol10.12.19872007
Reinardt J.Van RensburgPretoriaRsa03.02.19892010
Bert-Jan LindemanEmmenNed16.06.19892012
Giacomo NizzoloMilanoIta30.01.19892011
Matteo PelucchiGiussanoIta21.01.19892011
Robert PowerPerthAus11.05.19952016
Domenico PozzovivoPolicoroIta30.11.19822005
Mauro SchmidBulachSui04.12.19992019
Andreas Stokbro NielsenBrondbyDen08.04.19972016
Dylan SunderlandInverellAus26.02.19962018
Harry TanfieldGreat AytonGbr17.11.19942019
Karel VacekPragaCze09.09.20002019
Emil VinjeboGadstrupDen24.03.19942014
Maximilian R.WalscheidNeuwiedGer13.06.19932016
Lukasz WisniowskiCiechanowPol07.12.19912015

DIRIGENTI

Douglas RyderRsaGeneral Manager
Lars MichaelsenDenDirettore Sportivo
Gabriele MissagliaItaDirettore Sportivo
Hendrik RedantBelDirettore Sportivo
Alexandre Sans VegaEspDirettore Sportivo
Gino VanoudenhoveBelDirettore Sportivo
Aart VierhoutenNedDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

I corridori del team sudafricano possono contare su bellissime bici Bmc: Teammachine SLR01, Timemachine Road e Timemachine TT. Hanno componenti Shimano, con rotelline del cambio Ceramic Speed. Le ruote sono le britanniche Hunt.

CONTATTI

TEAM QHUBEKA-ASSOS (Rsa)

Muntsraat 9, 4903PA Oosterhout (NED)

info@ryder.co.za – https://teamqhubeka.com

Facebook: @QhubekaAssos

Twitter: @QhubekaAssos

Instagram: nttprocycling

Pozzovivo, “nonno” della Tirreno, guarda al futuro

14.03.2021
4 min
Salva

Domenico Pozzovivo non molla un centimetro. Il lucano c’è sempre, il primo a lottare con avversari e avversità che il destino ha posto sulla strada. Con 38 anni e 101 giorni il corridore della Qhubeka Assos è il più vecchio della Tirreno-Adriatico e quasi quasi questa cosa lo riempie d’orgoglio. Tenacia, serietà, passione: ascoltarlo è sempre un piacere.

Domenico, ma lo sai che sei il “nonno” della Tirreno?

Immaginavo che sarebbe capitato prima o poi: è successo qui! Però dai, lottare con tanti giovani che emergono fa piacere. Io cerco di fare il mio meglio. Ancora non sono al top della condizione, però spero di fare dei passi sempre in alto, verso il Giro d’Italia che è l’obiettivo principale.

Dopo l’incidente di due anni fa Pozzovivo non riesce a stendere bene il gomito sinistro
Dopo l’incidente di due anni fa Pozzovivo non riesce a stendere bene il gomito sinistro
Molti tuoi colleghi parlano di te come un esempio. Ma dove trovi gli stimoli dopo tanti anni e tanti incidenti?

La voglia di competere c’è sempre, è quella che mi spinge. Voglio cercare i miei limiti. Ho sempre cercato di venire fuori da tutti questi incidenti e dimostrare che si può sopperire alle avversità con tanta volontà.

Cosa ti piace di questo ciclismo attuale e cosa non ti piace?

Quello che mi piace è la stessa cosa che non mi piace e cioè i numeri, i calcoli. A me piace ragionare sui watt, sui dati, sul rapporto peso/potenza… solo che adesso sono po’ troppo esasperati. Quindi diciamo che sono il bene e il male del ciclismo al tempo stesso. E per me è un po’ un rapporto d’amore ed odio.

C’è un corridore tra i giovani che piace a Pozzovivo? Ed eventualmente perché?

Se proprio devo esprimere una preferenza allora dico Evenepoel. Forse perché è quello un po’ più  più completo di tutti.

Senti Domenico, ma ci pensi mai al futuro? Al dopo bici?

Devo dire che adesso è ora di cominciare a pensarci. Non so, mi vedrei bene come preparatore. E’ una figura che può essere abbastanza tagliata per me. E infatti vi dico che sto anche studiando per laurearmi in Scienze motorie. Può essere una buona strada.

E’ arrivato un po’ tardi, ma con Fabio Aru come va? Avete avuto modo di parlarvi? Lo potrai aiutare?

Con Fabio siamo stati undici giorni insieme in ritiro. Poi ogni tanto ci troviamo anche a Lugano, impegni permettendo. Faremo un programma diverso, ma ci saranno delle gare in cui ci incontreremo. Che dire, spero che lui possa ritrovare in questa squadra la dimensione che gli permetta di divertirsi, come lui stesso ha detto ad inizio stagione, e poi di ritrovare anche i risultati.

Per il Giro sarete due capitani o uno aiuterà l’altro?

Vedremo, non so davvero. Poi sono sempre la strada e le gambe che definiranno i ruoli. Sicuramente vorrei avere una condizione che mi permetta di lottare per la generale.

Questa Tirreno che risposte ti sta dando? Come ti senti?

In questa Tirreno mi sento forse un gradino meglio dell’UAE Tour, però non va ancora come come vorrei. Ma c’è tempo. Sto ancora recuperando dall’intervento che ho avuto subito dopo il Giro d’Italia. Penso che dopo la Tirreno, mi prenderò un’altra piccola pausa per un altro “tagliando” al gomito! E dopo inizierà veramente la preparazione per il Giro e spero di salire ancora di condizione.

Pozzovivo, 38 anni, è alla sua 17ª stagione da professionista
Pozzovivo, 38 anni, è alla sua 17ª stagione da professionista
Che gare farai dopo la Tirreno?

Tour of the Alps e Liegi, che poi è il mio programma classico di avvicinamento al Giro, che mi ha sempre portato bene quando l’ho fatto.

In tanti anni di professionismo c’è qualche gara che non hai mai fatto e che ti sarebbe piaciuto disputare?

In effetti una di quelle gare dure, da scalatore, che mi manca è il Giro dei Paesi Baschi, ma è in una fase del calendario non ideale per chi vuole preparare il Giro. In quel periodo di solito vai in altura se pensi alla corsa rosa e quindi è difficile conciliarlo con i miei impegni.

Okay ma spariamola grossa, una Roubaix, un Fiandre… Chiaramente non per vincerle, ma per buttarti nella mischia, per curiosità?

Diciamo che la curiosità di una “piccola Roubaix”, me la sono tolta in Tour de France. Tra l’altro sono riuscito anche ad arrivare nel gruppo principale…  non so come! Però dai, sono corse troppo specifiche nel ciclismo moderno. Ci sono tanti rischi. Se non hai certe caratteristiche, sei fuori dalla dalla partita subito, quindi non sarebbe neanche divertente secondo me.



Domenico Pozzovivo, Giro d'Italia 2020

Il viaggio del Pozzo verso un’altra ripartenza

11.12.2020
4 min
Salva

Dopo aver partecipato al mondiale su rullo vinto da Osborne, il Pozzo si è messo nella macchina di sua moglie Valentina e da Lugano ha fatto rotta su Cosenza. Obiettivo: il caldo. In Svizzera nevicava da giorni e prima di andare sul Teide, qualche giorno in famiglia con tiepidi panorami italiani è quello che serviva. Gli interventi sono finiti. Gli antibiotici hanno portato via l’ultima infezione. C’è ancora tanta fisioterapia da fare per il braccio sinistro, ma la stagione può finalmente iniziare con un’impronta di normalità.

«Il fatto di recuperare il braccio al 100 per cento – sorride – è da dimenticare. Sono già fortunato ad averlo ancora qui con me. Ogni tanto mi accorgo di qualcosa che non riesco a fare o che sarebbe meglio fare con il destro, come sollevare una cassa d’acqua. Ma va bene così. In più la squadra si è salvata, anche se per l’impegno che ci stavano mettendo, speravo ce la facessero. Mi piaceva restare nel progetto di Qhubeka Charity. Mi ero mosso per cercare qualcosa, quando però era già tardi per cercare. Restare nel WorldTour era importante».

Domenico Pozzovivo, Jakob Fuglsang, Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna, Pozzo con Fuglsang e Nibali: era una tappa alla sua portata
Domenico Pozzovivo, Jakob Fuglsang, Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna, Pozzo con Fuglsang e Nibali: poteva vincere
Cambierà tanto con l’assenza di Riis?

Mi aveva voluto lui e mi aveva spinto a credere in me, sentirò la sua mancanza. Nei suoi confronti la mia stima è massima. La squadra è cambiata tanto. Alcuni se ne sono andati per scelta, altri non sono stati confermati.

Ti aspettavi di tornare così forte?

Avrei scommesso di tornare, ma a un certo punto qualche dubbio era venuto anche a me. Diciamo che cominciava ad affiorare. Quando i dottori mi dicevano che ero avviato verso un buon recupero e che avrei avuto una vita normale, io nella mia testa pensavo a quanto mi mancasse per tornare al Giro d’Italia.

Quanto è importante il gruppo di Lugano?

Tanto, soprattutto per chi come Vincenzo (Nibali, ndr) e me fa sacrifici da tanti anni. Avere stimoli nuovi ci aiuta. La fatica passa meglio, anche il tempo passa meglio. E quando non avresti voglia, il fatto che vengano a chiamarti e ti trascinino fuori è fondamentale. Ti fa superare i momenti difficili. Poi ci si trova anche al di fuori, ovviamente.

Sei contento dell’arrivo di Aru?

Sono contento innanzitutto per lui. Trova la situazione ideale per potersi rilanciare. Non avevamo tanti uomini di classifica al di fuori del sottoscritto, quindi avremo tutto lo spazio.

Non c’è rischio che vi pestiate i piedi?

Non siamo la Ineos o la Jumbo-Visma che porta cinque leader in ogni corsa a tappe, penso ci converrà dividerci per coprire tutto il calendario. Fabio è uno del gruppo di Lugano, si va d’accordo. Il gruppo in realtà è diviso fra quelli che vivono in centro come Vincenzo, Diego ed io e quelli più spostati verso il Mendrisiotto, come Fabio e Cataldo. Si parte ognuno da casa sua e ci si trova dopo una ventina di chilometri.

Domenico Pozzovivo, Uae Tour 2020
Allo Uae Tour di inizio stagione, per Pozzo seconda corsa dopo l’incidente
Domenico Pozzovivo, Uae Tour 2020
Allo Uae Tour, seconda gara del 2020 per Pozzo
Che cosa ti ha lasciato il Giro?

Grandissima soddisfazione, perché era esattamente quello che volevo. Non stavo lavorando per una vita normale, volevo di nuovo il vento in faccia e il fatto di essere lì in mezzo a lottare. Devo dire che al di là del piazzamento, è stato uno dei Giri che mi ha dato le soddisfazioni maggiori. Facendo la tara, potevo stare nei primi dieci e se a Sestriere non avessi avuto problemi meccanici, magari ci sarei riuscito. Considerando che, nei tempi normali, il Giro non avrei dovuto neanche farlo…

Vincere una tappa?

Per come si era messa alla fine, era abbastanza irrealistico. Forse sull’Etna, dove la condizione era già buona, ma la fuga ormai era imprendibile. Non ho rammarichi.

Come arrivi alla ripresa?

Lanciato e motivato. Spero non ci siano intoppi. Dopo questi giorni a Cosenza, andrò sul Teide, da solo o con i compagni fa lo stesso. Lo sai che sto bene anche da solo. E per il resto, dita incrociate e fiducia. Non mi sento vecchio, non avrei mai voluto smettere per un incidente…