Conclusa con sua grande soddisfazione la parentesi del cross, Aru ha finalmente trascorso in Spagna i giorni del primo ritiro con il Team Qhubeka Assos. C’erano compagni e staff da conoscere, il nuovo preparatore da incontrare e tanti chilometri da mettere nelle gambe. E poi, dopo una decina di giorni di buon lavoro, Fabio è tornato a Lugano in auto, per evitare rischi inutili e soprattutto perché il volo diretto è stato soppresso. Ridendo al momento di chiudere lo sportello, ha fatto notare che si era talmente abituato a stare in macchina per le trasferte del cross, che non sarebbero stati quei 1.500 chilometri a mettergli paura. Ora però la stagione sta finalmente per iniziare. Il debutto è previsto al Tour de la Provence, gara di 4 tappe dall’11 al 14 febbraio, che il penultimo giorno propone l’arrivo allo Chalet Reynard, sul Mont Ventoux, dove l’anno scorso vinse Quintana. Fabio racconta e riflette. Consapevole di essere davanti a una svolta importante della carriera.
Soddisfatto di quello che hai visto?
Molto bene, oltre le aspettative. Ho trovato un ambiente tranquillissimo, in cui si vede la voglia di fare. Mi sembra un gruppo molto affiatato, si capisce che lo staff non è cambiato, perché funziona tutto benissimo.
Una squadra tutta nuova, giusto?
Ci sono 17 corridori nuovi su 25 in totale. Alcuni li conoscevo, come Simon Clarke. Altri sono stati una piacevole scoperta, come Lindeman in arrivo dalla Jumbo e Armée dalla Lotto.
Hai conosciuto anche i nuovi tecnici?
Certo, anche quelli che magari non vedevano di buon occhio la mia partecipazione alle gare di ciclocross. Ci siamo spiegati, almeno abbiamo cominciato a farlo. Loro hanno capito la mia posizione e siamo pronti per partire.
Nessun rimpianto per non essere andato ai mondiali, giusto?
Avevo preso la decisione il lunedì dopo l’ultima gara a Variano di Basiliano, nel paese di Pontoni. Poi ho seguito la prova di Coppa del mondo di Overijse, quindi ho parlato con Scotti, risultati alla mano. Dorigoni, che va più forte di me, ha preso un giro. Non mi andava di partire per il mondiale ed essere fermato. Sarebbe stata una partecipazione forzata. Ci siamo trovati tutti d’accordo. Non si è trattato di fare un favore a qualcuno, ma la scelta giusta. In ogni caso, aver partecipato a quelle gare ed essere stato ai ritiro della nazionale è stato per me il top. Dal 5 gennaio sarei dovuto andare sul Teide, ma mi ha dato di più correre a Porto Sant’Elpidio e ai campionati italiani.
Hai seguito i mondiali?
Certo, ma posso garantirvi che in tivù non ti rendi conto. Avete visto come andavano Van der Poel e Van Aert? Lasciate stare il primo tratto sulla sabbia, dove arrivavano lanciati dal ponte. Quello che faceva impressione era il passaggio nell’acqua, sul bagnasciuga. Abbiamo provato passaggi simili in ritiro, l’acqua ti frena e affondi nella sabbia bagnata. A ogni pedalata fai 800-1.000 watt. In quei tratti erano mostruosi.
Torniamo alla squadra…
Quando vai in un nuovo ambiente, non sai mai cosa aspettarti. Questa stava per chiudere, ho pensato che potessero esserci dei problemi. Invece ho trovato un grande clima e soprattutto persone serene. Nelle squadre in cui sono stato, in Astana soprattutto, c’era davvero tanta pressione. Con Saronni, subito dopo, era lo stesso. E il resto è tutto una bomba, i mezzi e le bici Bmc che sono dei veri missili. Lo capisci subito, ad esempio, se il magazzino è gestito bene. E poi c’è il vestiario Assos, ovviamente di ottima qualità.
Avete lavorato tanto?
Siamo riusciti a fare 1.000 chilometri, avendo tutte le sere due meeting.
Con chi ti allenerai?
Mi seguirà Mattia Michelusi, mi piace il suo metodo. Non faremo le stesse cose del passato, quantomeno correggeremo quelle che non vanno.
Di fatto la tua preparazione è sempre stata simile a se stessa.
Quando sono passato nel 2012, non mi assisteva nessuno. Poi sono stato affidato a Mazzoleni e a seguire è arrivato Slongo. Il primo anno feci il programma di Vincenzo (Nibali, ndr), con il Teide a inizio stagione e il debutto in Argentina. Diciamo che lo schema che funzionava non è stato più toccato. Anche alla Uae, con Tiralongo, si è cercato di tenere la stessa linea.
Ora cambia qualcosa?
Ora seguo la squadra, con l’eccezione della scelta del cross, per il quale ho saltato l’altura di gennaio e di cui abbiamo condiviso la bontà. Ho visto come lavorano e mi piace. Abbiamo concentrato due ritiri in uno e la programmazione delle giornate è stata eccezionale.
Bici nuova, posizione nuova?
Ho voluto cancellare tutti i cambiamenti degli ultimi anni, tornando all’assetto che avevo quando facevo i risultati migliori. Diciamo che se le cose non vanno, si cominciano a cercare spiegazioni anche in queste cose. Si cambia, ma invece di migliorare, spesso si peggiorano le cose.
Come va con gli italiani del team?
Conoscevo abbastanza bene Pelucchi, ma adesso sto scoprendo anche Nizzolo e Pozzovivo, con cui sono nel gruppo degli scalatori. Domenico sa tante cose, con lui si parla parecchio.
Quale sarà il tuo approccio con le corse?
Vivrò gara per gara. Quindi inizierò in Provenza e poi vedremo, ma la cosa più importante è che sono felice e non vedo l’ora di iniziare la mia nuova stagione.