77 Coppa Dino Diddi - Agliana (Pt), allievi, gruppo (photors.it)

Allievi precoci o forti davvero? Un tema spinoso

25.11.2025
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Ci sono ancora gli allievi mingherlini e minuti, destinati col tempo a crescere, fino a diventare dei veri corridori? Oppure la prorompente fisicità di questo periodo lascia spazio solo ai fisici più sviluppati, chiudendo le porte in faccia agli altri? Siamo certi però che i risultati ottenuti da atleti in anticipo sui tempi della crescita siano destinati a ripetersi anche in età più adulta?

I ragionamenti di Alberto Puerini, direttore sportivo marchigiano, e le statistiche elaborate nei giorni scorsi da Gabriele Gentili meritano un approfondimento. Per questo ci siamo rivolti a Diego Bragato, responsabile del settore performance della Federazione. Il suo compito, fra gli altri, è quello di testare i corridori più giovani: soprattutto gli juniores, ma anche gli allievi di secondo anno e i giovani di Silvia Epis per gli Eyof, il Festival Olimpico Estivo della Gioventù Europea. E’ solo una sensazione che gli allievi siano mediamente più strutturati che in passato?

«E’ una cosa generale – risponde Bragato – fisicamente sono più strutturati. Finalmente, dopo anni che lo ripetiamo nei corsi di formazione, sta passando l’idea che dobbiamo guardare l’atleta prima che il ciclista e quindi strutturalmente da qualche anno i ragazzi sono soprattutto atleti».

Diego Bragato è il responsabile del Team Performance della FCI e con Villa tecnico della nazionale femminile della pista
Diego Bragato è il responsabile del Team Performance della FCI e con Villa tecnico della nazionale femminile della pista
Può essere anche, come dice Puerini, la conseguenza di un maggior ricorso alla palestra?

C’è più attenzione, perché probabilmente nelle palestre c’è più professionalità. Sanno valutare il momento in cui effettivamente si può iniziare a lavorare anche sulla forza. Appena un ragazzo ha raggiunto la maturità fisiologica, sessuale e ormonale per assimilare i lavori sulla forza, è giusto lavorarci. Probabilmente come evoluzione siamo arrivati al punto in cui questo momento si è un po’ anticipato.

Esistono ancora gli allievi mingherlini che hanno bisogno di più tempo?

Ci sono, ne abbiamo ancora alcuni che devono sviluppare, ma in percentuale minore rispetto a qualche anno fa.

C’è il rischio che la precocità degli altri diventi per loro un ostacolo insormontabile?

Sì, certo, anche come conseguenza del fatto che si cerca di performare al meglio negli juniores. Quelli che tendono a maturare dopo purtroppo vengono danneggiati, infatti secondo me non bisogna dimenticarsi che alcuni hanno tempi di maturazione diversi. Bisognerebbe guardare anche indietro e lasciare una finestra aperta negli under 23 a chi viene fuori un po’ dopo. Perché comunque negli juniores c’è una grande differenza fra essere nati a gennaio oppure a dicembre.

Per quello che vedi dai test, si tende a lavorare di più con gli allievi?

Non ho in mano molti dati, però seguo quelli che fanno risultati importanti ed effettivamente i carichi di lavoro sono aumentati. Questo, come dicevamo, per il fatto che la categoria juniores è diventata ancora più importante. E’ come se gli juniores di oggi fossero gli U23 di ieri e di conseguenza gli allievi lavorano come gli juniores di qualche anno fa. Detto questo, secondo me è ancora prematuro aumentare il volume di lavoro negli allievi, perché le differenze fisiologiche di sviluppo sono ancora più marcate che negli juniores. La differenza tra l’età cronologica e l’età biologica è ancora molto ampia, quindi è presto per volere certe prestazioni.

Le Fiumane, 1ª tappa, Andrea Endrizzi (VC Città di Marostica)
Con 8 vittorie, 11 secondi posti e 2 terzi, Andrea Endrizzi del VC Marostica è stato uno degli allievi più in vista del 2025 (photors.it)
Le Fiumane, 1ª tappa, Andrea Endrizzi (VC Città di Marostica)
Con 8 vittorie, 11 secondi posti e 2 terzi, Andrea Endrizzi del VC Marostica è stato uno degli allievi più in vista del 2025 (photors.it)
Gli allievi hanno ancora i rapporti limitati: bene o male?

Per come la vedo io, un bene. Magari ci fa perdere qualcosina a livello internazionale, perché quando da juniores si mescolano le carte, chi ha già lavorato con certi rapporti anticipa i tempi. Però secondo me non è un problema: volendo lavorare nella giusta prospettiva di tempo, hai tutto il tempo per recuperare quel gap.

Credi che il passaggio ai rapporti liberi sia ancora un ostacolo molto alto?

Se parliamo degli atleti con cui lavoriamo noi, non lo è. Sono atleti strutturati, grandi, fisicamente forti. Ma se penso alle società che hanno in mano anche i ragazzi non ancora sviluppati fisicamente, la situazione è più difficile da gestire. Dovranno essere bravi a gestire il passaggio.

E brave dovranno essere le squadre degli juniores italiane e straniere – ci permettiamo di annotare – che cadono sempre più di frequente nel facile tranello di prendere i ragazzi che vincono tanto a 16 anni, lasciando scivolare via coloro che avrebbero le potenzialità per farlo in maniera importante dopo i 20. Tutto e subito: non è mai stata una regola redditizia nella vita quotidiana, figurarsi in uno sport faticoso come il ciclismo.

Bragato e le ragazze, in Cile con tante speranze

13.10.2025
5 min
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Anche per le donne è tempo di mondiali su pista a Santiago del Cile. Se per il settore maschile Salvoldi parte senza grandissime prospettive legate ai risultati, opposto è il discorso che riguarda le ragazze, perché Diego Bragato avrà a disposizione quasi tutto il meglio del settore. Quindi le attese sono ben diverse, anche se dei punti di contatto fra i due sessi ci sono, anche a livello di sperimentazione.

Il tecnico azzurro, al suo primo anno alla guida delle ragazze (ma con il supporto immancabile di Marco Villa, pronto anche a subentrargli visto che la moglie di Bragato è in dolce attesa) ha idee molto chiare sulla spedizione, alla quale tiene anche pensando a Los Angeles ’28.

«E’ vero – spiega Diego – che questi mondiali non valgono per la qualificazione olimpica, però ci danno i punti che ci permettono il prossimo anno di esserci nelle prove di Coppa del mondo e nei prossimi mondiali per poter iniziare la qualificazione. Quindi hanno un valore relativo ma non troppo, per quello è importante esserci ed è importante far bene. Noi lo prendiamo un po’ come un punto di ripartenza perché alle ragazze quest’anno non abbiamo chiesto super impegni. Avevamo gli europei a inizio stagione e poi abbiamo dato il secondo appuntamento a fine anno per i mondiali».

La Alzini nel quartetto azzurro, che punta senza mezzi termini alle finali per le medaglie
La Alzini nel quartetto azzurro, che punta senza mezzi termini alle finali per le medaglie
Hai avuto modo di lavorare con loro?

Ci siamo visti spesso in pista. E, devo dire, mi sono piaciute perché hanno chiesto loro di esserci e di lavorare, quindi le abbiamo lasciate libere, ma non hanno mai mollato la presa, dimostrando che ci tengono. Hanno partecipato a gare internazionali, Pordenone, Fiorenzuola, poi abbiamo fatto le gare ad Aigle, a Gand. E’ una ripartenza per un ciclo importante, ma sono fiducioso che andiamo con un gruppo che può far bene.

Le prospettive sono un po’ diverse rispetto al gruppo maschile. Salvoldi porterà molti giovani in questa occasione. Tu invece partirai proprio dallo zoccolo duro della nazionale… Come si presentano a questo appuntamento, visto che nelle ultime uscite su strada hanno mostrato di soffrire un po’ in questo periodo?

E’ vero che andiamo con lo zoccolo duro, ma sarà un’occasione per amalgamare il gruppo e reinserire Venturelli che per noi è una pedina importante. Dovevamo farlo agli europe, ma a causa di infortuni non siamo riusciti a lavorare bene per il quartetto, mentre qui vogliamo iniziare ad amalgamarla con il gruppo anche per la prova a squadre. Quindi per noi sarà l’occasione di vederla anche nel quartetto. Non nego che su strada ci sono stati degli alti e dei bassi, anche a causa di parecchi infortuni.

Per la Venturelli, reduce dal titolo europeo U23 a cronometro, sarà il primo test nel quartetto
Per la Venturelli, reduce dal titolo europeo U23 a cronometro, sarà il primo test nel quartetto
Per la Venturelli, reduce dal titolo europeo U23 a cronometro, sarà il primo test nel quartetto
Per la Venturelli, reduce dal titolo europeo U23 a cronometro, sarà il primo test nel quartetto
La cosa ti preoccupa?

Non tanto, ma devo considerare come si arriva a questi mondiali. La stessa Alzini ha vinto, ma ha dovuto recuperare da una serie di infortuni e quindi è stata un’annata un po’ particolare, per lei come per altre. Però non stanno male. Agli ultimi europei Guazzini e Venturelli hanno fatto bene: Federica ha vinto, la Guazzini ha dato un contributo importante nel team relay. E anche Martina Fidanza l’ho vista bene in questi giorni, quindi io sono abbastanza fiducioso, possiamo andare a far bene e tornare a riconfermarci tra quelle prime quattro del mondo che è il nostro posto, relativamente all’inseguimento a squadre.

Con l’ingresso della Venturelli, tecnicamente quanto cambia il quartetto?

Molto perché diventa un terzo o quarto ruolo che effettivamente incide parecchio, ci permette anche di girare un po’ le carte e di muovere anche in posizioni diverse le altre ragazze. Non avremo Elisa Balsamo al mondiale, con lei l’avevamo concordato e non significa che non ci tiene. Anzi di recente ha partecipato anche a una gara internazionale ad Aigle proprio per avere i punti che le serviranno per la Coppa del mondo e quindi ci sarà molto probabilmente Venturelli al suo posto. Cercherò di inserirla senza dover cambiare molto le dinamiche per adesso.

Martina Fidanza è una delle ragazze più attese, anche per le prove di endurance
Martina Fidanza è una delle ragazze più attese, anche per le prove di endurance
Per quanto riguarda la Madison riconfermerai la coppia olimpionica?

L’idea è quella, perché sono ragazze che stanno crescendo e ci credono e quindi hanno voglia di continuare a cimentarsi. L’intenzione con Marco Villa è proprio quella di riconfermare quella coppia lì.

Che mondiale ti aspetti anche dal punto di vista della trasferta, della tipologia del velodromo?

La pista io non la conosco, quindi per me sarà un po’ una scoperta. Le ragazze ormai sono abituate a cambiare fusi e spostarsi per il mondo, quindi penso che non sia un grosso problema arrivare ed adattarsi. Vedremo poi la situazione che troveremo, ma siamo tutti quanti abbastanza abituati a questo. Partiamo con le idee chiare, andiamo lì sereni e concentrarci su quello che dobbiamo fare senza troppe distrazioni, perché siamo una squadra che deve diventare solida anche nell’approccio a gare importanti.

La Guazzini non ha convinto agli europei, ma negli allenamenti è parsa in bella ripresa
La Guazzini non ha convinto agli europei, ma negli allenamenti è parsa in bella ripresa
Parlavi della Venturelli, ma chi altro stai considerando anche per entrare nel gruppo e che possa essere utile già in questo quadriennio?

Il gruppo delle ragazze che c’erano a Parigi è giovane e su quello lavoreremo con l’aggiunta di Venturelli che comunque ha lavorato con le ragazze anche in quel periodo. Quest’anno abbiamo fatto uno sforzo per allargare la rosa delle atlete a partire dalle under 23, ma non solo, che possono darci supporto nel progetto e anche, perché no, ricambio a questo. Abbiamo anche ragazze che vogliono rientrare, come Vitillo, Barbieri che sono elite e comunque a disposizione. Altre ragazze mi stanno contattando per tornare a lavorare anche su pista e questo mi fa piacere. Quindi diciamo che il gruppo è solido e formato, ma intorno ci sono atlete che hanno voglia di farne parte e che possono anche mettere in crisi le nostre scelte. E da selezionatore è la condizione migliore che si possa avere…

Magagnotti pistard fa sognare. Bragato traccia il profilo

08.09.2025
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Apeldoorn ha aggiunto non solo due ori e un bronzo al suo curriculum, ma anche un altro tassello all’altissimo profilo che Alessio Magagnotti si sta disegnando nel mondo del ciclismo fin da quando era ragazzino, quando andò a cogliere un argento agli Eyof. Da lì è stata una cavalcata, tra gli allievi prima che tra gli juniores e il suo destino è già tracciato, attraverso un contratto già firmato con un devo team.

Ai mondiali su pista di categoria Magagnotti ha prima trascinato il quartetto al quarto oro consecutivo (e lui c’era anche lo scorso anno), poi ha vinto anche la prova individuale e subito sui social sono partiti paragoni importanti con chi questa doppietta l’ha fatta al massimo livello come Filippo Ganna. Attenzione però, perché con i paragoni bisogna andarci piano, per non schiacciare il ragazzo con troppe pressioni.

Alessio con gli altri iridati del quartetto, Colombo, Cornacchini, Matteoli e Saccani
Alessio con gli altri iridati del quartetto, Colombo, Cornacchini, Matteoli e Saccani

I paragoni possono anche schiacciarlo

Diego Bragato era ai mondiali di Apeldoorn non solo come responsabile della squadra femminile, ma anche come titolare del Team Performance che segue tutta l’attività ciclistica italiana e chiaramente ha avuto un occhio attento sul ragazzo, ma ci tiene innanzitutto proprio a chiarire perché fare paragoni significa non aiutarlo.

«I paragoni lasciano sempre il tempo che trovano, secondo me lui deve ancora avere la possibilità di cimentarsi in quello che a lui piace e quello che si sente di fare. Senza legami, libero, puntando anche a divertirsi. Etichettarlo magari può essere un freno, si rischia di ingabbiarlo in un quadro in cui magari non prova a fare delle cose che gli altri non si aspettano. Invece un ragazzo di quest’età, con la forza e il potenziale che ha può provare ancora a stupire chi lo segue perché ha i valori per farlo. E comunque, se proprio dobbiamo trovare un riferimento, io vedo sicuramente molto più contatti con Milan che con Ganna».

Diego Bragato, tecnico delle ragazze e titolare del Team Performance che segue tutto il ciclismo azzurro
Diego Bragato, tecnico delle ragazze e titolare del Team Performance che segue tutto il ciclismo azzurro
Secondo te che corridore è e che corridore può essere?

A me piace molto perché incarna quello che secondo me è un po’ il percorso ideale di un atleta. Un ragazzo forte che ha lavorato finora più sulla qualità piuttosto che sulla quantità e questo lo dimostra essendo molto competitivo nell’inseguimento a squadre, ma anche in quello individuale fino al chilometro da fermo. Quindi i ventagli degli aspetti di forza e metabolici e di pura qualità li sta allenando tutti molto bene con risultati evidenti.

Questo cosa significa?

Che ha rispettato le tappe giuste finora, ha fatto vedere di essere forte come picco di potenza, infatti anche su strada in volata fa la differenza. Ha ottimi valori di potenza e capacità lattacida e questo si vede nelle prove individuali contro il tempo. Ma ha anche quelle qualità di gestione e di cambio di ritmo che nell’inseguimento a squadre servono. Credo che dal punto di vista della forza delle componenti esplosive è pronto e maturo per avere anche risultati in competizioni più importanti. Ora è arrivato a un’età di maturazione fisiologica e può iniziare a lavorare sulla parte più di quantità.

Jonathan Milan, per caratteristiche, è più assimilabile a Magagnotti, su pista come su strada
Jonathan Milan, per caratteristiche, è più assimilabile a Magagnotti, su pista come su strada
Proiettiamo tutto questo discorso sulla strada. Alessio è un corridore molto veloce che va forte anche in certi tracciati di classiche, ma non è un uomo da cronometro…

Per questo dico che non è assimilabile a Ganna. Come tipologia di atleta per me adesso è giusto che si dedichi più a gare come le classiche di categoria, perché sembra che le sue qualità di forza lo portino più da quella parte lì. Un domani con la maturità e con il fondo, magari potrebbe anche far bene anche le cronometro, ma secondo me ad oggi le sue caratteristiche sono diverse. Più esplosive, lo vedo molto più velocista.

Lo stesso Salvoldi diceva che come tipologia di corridore è più vicino a Milan, infatti occupa il suo stesso ruolo nel quartetto…

Dino ha ragione, le caratteristiche sono quelle anche se uno come lui, con le capacità che ha, può coprire più ruoli, perché uno che fa il chilometro da fermo così forte potrebbe potenzialmente fare anche la partenza e infatti con Milan in partenza, al lancio abbiamo vinto un mondiale, non dimentichiamolo… In un quartetto Magagnotti è un elemento preziosissimo perché come potenza generale, come picco, come resistenza ti consente di schierarlo in più posizioni.

Magagnotti sul podio del chilometro, vinto dal britannico Hobbs, anche lui inseguitore (foto UCI)
Magagnotti sul podio del chilometro, vinto dal britannico Hobbs, anche lui inseguitore (foto UCI)
Nelle altre specialità dell’endurance può emergere?

Ne abbiamo parlato con Salvoldi. Per questioni di tempo non ci si è potuto lavorare ma siamo convinti entrambi che sarebbe bellissimo vederlo nelle prove di gruppo, potrebbe essere un ottimo elemento per l’omnium, restando in un discorso legato alle gare del programma olimpico. Ma bisogna lavorare nel tempo anche dal punto di vista tecnico e tattico, provare, fare esperienza all’estero e un atleta come lui che inizia a correre in squadre importanti fatica a trovare il tempo necessario. Non nego però che come caratteristiche non mi spiacerebbe vederlo anche nelle prove endurance di gruppo. Farebbe faville…

EDITORIALE / Da Apeldoorn la ricetta perché tutto riparta

25.08.2025
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La trasferta iridata di Apeldoorn è stata un trionfo azzurro. Lo scorso anno il bilancio parlò di tre ori e un bronzo. Quest’anno la spedizione è tornata a casa con 6 ori, 3 argenti e 4 bronzi: 13 medaglie, che hanno collocato l’Italia al primo posto del medagliere.

Matilde Cenci nel chilometro da fermo e nel keirin (foto UCI in apertura). Trevisan, ancora Matilde Cenci, Campana e Fiscarelli nel team sprint. Colombo, Cornacchini, Magagnotti, Matteoli e Federico Saccani nell’inseguimento a squadre. Ancora Magagnotti nell’inseguimento individuale, Chantal Pegolo nell’eliminazione. Questi gli ori di Apeldoorn, seguiti dagli argenti di Jacopo Vendramin nell’eliminazione, di Julian Bortolami e Riccardo Colombo nella madison, di Linda Sanarini, Matilde Rossignoli, Elisa Bianchi, Alessia Orsi ed Erja Giulia Bianchi nell’inseguimento a squadre. Infine i bronzi, con Vendramin nell’omnium e nello scratch, Matilde Cenci nello sprint e Magagnotti nel chilometro.

«Oltre ai doverosi complimenti ad atleti e società – ha commentato il presidente FCI Dagnoni – ci tengo a ringraziare tutti i tecnici e lo staff della Nazionale, che da tempo lavora in perfetta sinergia, permettendo ogni anno di raggiungere obiettivi sempre maggiori. Credo che la continuità tecnica sia uno dei segreti. Abbiamo impostato il lavoro quattro anni fa credendo in questi tecnici e da allora non ci sono stati cambiamenti sostanziali. Questo ha permesso a ognuno di lavorare con tranquillità. L’armonia che regna nelle nostre Nazionali consente agli atleti di esprimersi al meglio e di crescere tecnicamente».

WorldTour e devo team

Tempo fa scrivemmo in un Editoriale che la WorldTour italiana esiste ed è il gruppo della pista. Marco Villa era ancora al comando e la sua programmazione, che prosegue oggi in continuità, ha permesso negli anni di arrivare a titoli olimpici e mondiali fra le donne e fra gli uomini. Una struttura nata nella precedente gestione federale e che, opportunamente potenziata, lavora nella continuità cui fa riferimento il presidente Dagnoni.

L’inserimento di Dino Salvoldi alla guida degli juniores e ora della pista maschile è stato un’intuizione geniale di cui va riconosciuto il merito. Il potenziamento del team performance e il coinvolgimento sempre maggiore di Diego Bragato nella gestione degli atleti si sta rivelando un’altra mossa vincente. Ne consegue che se il gruppo degli elite è la WorldTour, le nazionali U23 e juniores sono il degno devo team, che lavora in modo coerente con i metodi del vertice. I risultati di Anadia e ora di Apeldoorn ne sono la testimonianza.

E qui il discorso si sposta al resto del ciclismo italiano, che fa fatica ed è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia quella fatica andrebbe forse riletta alla luce di altre consapevolezze per le quali il ruolo federale potrebbe non essere così impattante. Proviamo a spiegarci, tornando al periodo del Covid da cui tutto è cominciato. Prima era diverso, magari già avviato lungo una china da non sottovalutare, ma diverso. Scusate il paragone in apparenza contorto: se avrete la pazienza di seguirci, magari alla fine ci troveremo d’accordo.

Fra Covid e programmazione

Quando la pandemia travolse tutto e tutti e ci si accorse che la bicicletta era il solo modo per sfuggire al lockdown, fu evidente che alcuni negozi fossero pieni di pezzi da vendere, mentre altri erano a secco. Erano i più piccoli, quelli che andavano avanti con le regole di una volta e non erano stati in grado – per incapacità o mancanza di cultura specifica – di attuare la programmazione degli ordini che la crisi aveva reso indispensabile. Negli anni quei piccoli negozi hanno chiuso e sono rimasti in piedi le strutture più grandi.

Nelle squadre è accaduto o sta ancora accadendo la stessa cosa. Il ciclismo giovanile, che per decenni è andato avanti con il volontariato, si è trovato davanti a strutture più organizzate, che dall’estero hanno mostrato una superiore capacità di organizzazione e pianificazione. Squadre nate con budget superiori oppure capaci di attrarre risorse grazie a strutture nuove e senza troppi vincoli con il passato. In una vita precedente, qualcuno raccomandò di tenere lontani i manager dalle squadre, senza capire che così facendo si stava condannando il ciclismo italiano all’estinzione.

Chi ha capito è riuscito ad attuare una conversione, infilandosi nel binario che porta verso il futuro. L’esempio del Cycling Team Friuli e a breve della Biesse-Carrera (in procinto di entrare nell’orbita Cofidis, sia pure non come devo team) ne sono un valido esempio. Chi ha deciso di resistere sulla vecchia strada purtroppo ha dovuto rassegnarsi alla chiusura. L’esempio della Zalf Fior è una ferita ancora dolorosa.

Il settore velocità sta decollando, la conferma di Apeldoorn: qui il ct Ivan Quaranta assieme a Matilde Cenci (foto UCI)
Il settore velocità sta decollando, la conferma di Apeldoorn: qui il ct Ivan Quaranta assieme a Matilde Cenci (foto UCI)

Il ruolo della Federazione

La Federazione in tutto questo ha un ruolo? Probabilmente non avrebbe potuto scongiurare il tracollo di quel mondo. Semmai una responsabilità superiore ce l’ha probabilmente chi in precedenza si è accontentato di gestire senza programmare, gettando il seme sulla sabbia o in mezzo ai rovi. Se oggi qualcosa si può fare è prendere in mano il movimento, dargli una forma e guidare il futuro, nella stessa direzione adottata con le nazionali. Non può essere la Federazione ad attrarre i budget per le società, ma può esigere che chi guida il ciclismo di base sia davvero qualificato. Bene il volontariato, a patto che non diventi l’alibi per restare fermi. La Federazione può e deve vigilare sulla corretta gestione dei ragazzi più giovani. Coinvolgendo persone innamorate e competenti come Mario Chiesa, per fare un esempio, che proprio qui ha di recente denunciato le esagerazioni che non portano a niente.

Ecco, se qualcosa ci sentiamo di chiedere alla Federazione del presidente Dagnoni, prima di stringergli la mano per i risultati ottenuti ad Apeldoorn e Anadia, è di uscire dalla logica dei voti nel cui nome si accetta di non crescere. Di modificare lo statuto e dare voce a chi avrebbe davvero le competenze per far ripartire il nostro ciclismo. Di impegnarsi sul territorio e nelle scuole, per raccontare la potenza educativa, ecologica e sociale di questo sport. Solo qualificando chi opera nel ciclismo si può sperare che lo sport torni appetibile. E che il meccanismo virtuoso si rimetta in moto.

Pista, strada, scuola. L’intensa giovinezza di Chantal Pegolo

21.08.2025
5 min
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In queste ore Chantal Pegolo è impegnata ad Apeldoorn con la nazionale su pista per i mondiali juniores e si fa molto affidamento su di lei viste le sue caratteristiche di perno della squadra, non a caso inserita sin dallo scorso anno nel quartetto. Questa peculiarità sta emergendo in maniera sempre più prepotente anche su strada e d’altronde ha sempre fatto parte della sua essenza, anche quando era allieva e non per niente è stata inserita nella nazionale italiana per gli Eyof.

Mettiamo da parte la pista per un attimo. In questa stagione su strada la veneta ha disputato 17 corse e solamente in un’occasione ha mancato la top 10, con le due vittorie al Giro delle Marche in Rosa e al GP Industria e Commercio. Ma al di là delle vittorie è proprio la sua costanza di rendimento ad alti livelli a colpire.

La veneta è impegnata in questi giorno ai mondiali juniores di Apeldoorn. Oggi per lei la gara a eliminazione (foto UEC)
La veneta è impegnata in questi giorno ai mondiali juniores di Apeldoorn. Oggi per lei la gara a eliminazione (foto UEC)

«Molto dipende dal fatto che quest’anno ho cambiato preparatore, ora sono con Luca Quinti. Sono subito partita abbastanza bene e forte perché puntavo al Trofeo Binda, dove volevo far bene, invece proprio lì per alcuni problemi ho mancato completamente. Anch’io però mi sono accorta di questa costanza che si traduce in grande facilità nel fare ogni cosa, anche se ammetto che prima dei mondiali ho dovuto staccare un po’ perché ero stanca e questo si è sentito anche in qualche seduta di allenamento in pista, non stavo bene».

Tante volte voi juniores gareggiate insieme alle elite in una classifica a parte, ma a te è capitato anche di vincere nel confronto. Quelle vittorie hanno lo stesso sapore, lo stesso effetto di quando correte solo fra voi?

Eh sì, sicuramente, anzi valgono anche di più perché sono gare completamente diverse. Specialmente quando ci troviamo in salita perché loro sono molto più esperte, sono più formate soprattutto, più strutturate. Alcune di loro hanno fatto il Giro d’Italia e tante altre gare all’estero, hanno un bacino d’esperienza molto superiore. Quindi anche piazzarmi tra di loro fa molto piacere, significa che sto imparando velocemente.

Agli europei juniores, Pegolo ha vinto la corsa a punti. Argento nel quartetto e nella madison (foto UEC)
Agli europei juniores, Pegolo ha vinto la corsa a punti. Argento nel quartetto e nella madison (foto UEC)
Due anni fa, quando hai partecipato agli Eyof, Silvia Epis, la selezionatrice azzurra diceva che tu eri la classica ragazza fulcro della squadra, quella che sapeva fare gruppo e questa cosa sta riemergendo adesso…

Diciamo che è una cosa spontanea, fa parte del mio carattere. E’ una cosa che non si impara, è una dote che cerco di sfruttare anche in pista. Il quartetto si basa moltissimo sull’armonia, quando c’è accordo e legame fuori dall’anello, anche tutti i meccanismi tecnici che fanno andare avanti il quartetto funzionano meglio. L’anno scorso eravamo abbastanza staccate fra noi perché non eravamo molto amiche. Ora le cose sono cambiate, abbiamo lavorato molto per cercare di avere l’armonia giusta per poter affrontare le gare nel modo migliore. Se sbagliamo un qualcosa non dobbiamo rimproverarci di niente, ma solo capire che siamo qua per fare esperienza e per imparare. E questa armonia si sente.

Tra strada e pista che cosa preferisci e su quale poni più speranze, anche magari per un futuro olimpico?

Bella domanda, allora diciamo che la disciplina che mi piace di più in assoluto è la strada perché mi piace fare fatica, soprattutto mi piace la salita, ma anche la volata mi dà molta adrenalina. In pista invece mi piace molto il fatto che si deve usare più testa che gambe nelle prove endurance singole, quindi bisogna ragionare ed è molto più bello secondo me.

Chantal insieme alle compagne azzurre, con cui c’è un forte legame di amicizia
Chantal insieme alle compagne azzurre, con cui c’è un forte legame di amicizia
Tu adesso sei al secondo anno, quindi passi di categoria. Che opzioni stai valutando, tra entrare in un gruppo militare per garantirti un futuro e puntare sulla pista oppure cercare un contratto importante su strada?

Diciamo che mi tengo aperte entrambe le possibilità. Io ho già firmato un contratto per il 2027 con la Lidl-Trek, il prossimo anno invece non so ancora che cosa farò e per questo ho già fatto il concorso per entrare nelle Fiamme Azzurre e a settembre mi diranno se sono dentro o no.

Ti pesa avere tanti appuntamenti ravvicinati fra pista e strada?

Il calendario è intenso, ma con discipline abbastanza diverse. Ora c’è la pista che richiede intensità e brillantezza, poi andrò in ritiro con la nazionale su strada, in altura per due settimane. Io spero di fare i mondiali e gli europei su strada, che sono quelli a cui tengo. Devo dire grazie a Diego Bragato che mi ha permesso di conciliare i lavori in entrambe le discipline per tirare fuori il meglio.

Uno dei tanti podi 2025, il 3° posto al Trofeo Madonna del Boden vinto da Giada Silo (foto Facebook)
Uno dei tanti podi 2025, il 3° posto al Trofeo Madonna del Boden vinto da Giada Silo (foto Facebook)
Tu hai 18 anni, a scuola devi fare ancora l’ultimo anno, vero?

Sì, quest’anno sono passata anche con buoni voti, il prossimo mi attende la maturità e poi voglio continuare gli studi all’università di scienze motorie. In proposito sento che molti ragazzi della mia età, per dedicarsi interamente al ciclismo lasciano la scuola. Secondo me è sbagliatissimo, perché una volta finito lo sport devi avere qualcosa in mano se non sei all’interno di un gruppo militare. Io prima di ogni cosa voglio un titolo di studio, la scuola non la lascerei mai anche se costringe a fare grandi sacrifici.

Le juniores e poi le grandi: i mondiali chiamano le azzurre

19.08.2025
6 min
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I mondiali juniores da domattina e quelli delle grandi dal 16 ottobre: la stagione da tecnico di Diego Bragato entra nel vivo. Stamattina l’allenamento si è svolto dalle 9 alle 10,30 nell’Omnisport di Apeldoorn. L’impianto è una delle mete abituali del circus, che dal 2011 ad oggi vi ha disputato due mondiali e tre europei.

La pista delle azzurre vive la stagione post olimpica con molte delle protagoniste impegnate su strada. Eppure nelle rare occasioni in cui le campionesse olimpiche e mondiali sono spuntate a Montichiari, l’effetto sulle più giovani è stato ogni volta un tornado di emozioni e voglia di fare.

«Quando ci sono fanno la differenza – osserva Bragato – perché comunque per i titoli, per il carisma e per l’esperienza, le più giovani sono ben contente di dividere gli spazi e il lavoro con loro. Si nota quando ci sono, anche se sono venute a spot, organizzandosi fra loro, anche in base ai calendari di ciascuna».

Da quest’anno Diego Bragato è il tecnico della pista donne (foto FCI)
Da quest’anno Diego Bragato è il tecnico della pista donne (foto FCI)
E quando loro non ci sono, sta venendo fuori qualche nuova figura di riferimento?

Si sta consolidando Venturelli, che è giovane ma ormai va considerata tra le big, perché ne ha tutte le potenzialità. Nel gruppo under 23 lei è il riferimento. Con le juniores invece stiamo facendo un bel lavoro di costruzione. Abbiamo un bel vivaio di ragazze sia di secondo che di primo anno. E alla luce dei primi test che ho visto, anche nel 2026 ci sarà un bel gruppo di ragazze su cui vale la pena investire per costruire un futuro importante. Credo che i numeri ci siano e un paio di atlete come Sanarini e Pegolo si stanno dimostrando due figure di riferimento.

Il loro tecnico è Salvoldi, ma anche fra gli juniores uomini si sta lavorando bene…

Anche secondo me stiamo facendo un buon lavoro. Magagnotti è il riferimento e in questi mondiali può dare un segno di maturità e far vedere che può essere il riferimento di questa categoria. Dimostrando di avere i numeri per essere ammesso alla categoria superiore.

A proposito di questo aspetto, c’è la volontà che il travaso avvenga oppure si cerca di non bruciare le tappe?

Io credo che nel maschile si sia creata una filiera abbastanza… densa per poter lavorare senza bruciare le tappe. Perché dietro ai ragazzi più grandi, quelli delle medaglie per intenderci, ci sono già Manlio Moro e tutto il resto del gruppo. Boscaro, Favero, Giaimi e atleti di annate con cui continuiamo a fare risultati a livello internazionale. Quindi c’è il gruppo che ti permette di fare un travaso moderato.

La vittoria nell’inseguimento U23 agli europei ha ridato fiducia a Venturelli, diventata un riferimento
La vittoria nell’inseguimento U23 agli europei ha ridato fiducia a Venturelli, diventata un riferimento
Invece con le ragazze?

E’ un po’ più difficile. Tolte le big e Venturelli, non abbiamo un gruppo molto omogeneo e ricco, quindi dobbiamo richiedere alle giovani di entrare subito in scena, come è successo con la Baima. Dalle juniores l’abbiamo catapultata subito tra le grandi perché c’è stata e c’è ancora la necessità di accelerare un po’ i processi di crescita.

Il gruppo è meno ricco perché di fatto non esiste una categoria U23 delle ragazze?

Esatto. Le nostre ragazze sono forti da juniores, ma quando diventano under 23, vengono già catapultate in gare impegnative. Per cui diventa difficile metterci dentro un calendario della pista e stentiamo, come è successo agli europei di Anadia. Abbiamo fatto fatica a creare un quartetto di under 23 perché c’era il Giro d’Italia, perché fanno mille gare e per me è veramente difficile adesso lavorare con questa fascia di età.

Alla luce di questo, in che modo preparerete il mondiale in Cile dal 16 al 20 ottobre?

Partiamo dal presupposto di aver detto alle ragazze che nell’anno post olimpico non avremmo chiesto grossi impegni, se non appunto il mondiale a fine stagione. In ogni caso sono venute spesso in pista, si sono ritrovate, si sono organizzate tra di loro per esserci anche insieme. Questo mi fa piacere perché vedo un bel gruppo. Per i mondiali inizieremo a lavorare da settembre, con un calendario condiviso e dei lavori mirati. Fino ad ora non l’abbiamo fatto, lasciandole libere ai loro impegni con le squadre, quindi sarà un mondiale preparato nell’ultimo mese e mezzo.

Assorbita la delusione dei Giochi di Parigi, Elisa Balsamo ha intensificato la presenza in pista
Assorbita la delusione dei Giochi di Parigi, Elisa Balsamo ha intensificato la presenza in pista
Ci saranno anche le prime della classe?

Le avremo, non per una preparazione top, ma ci saranno perché il loro apporto mentale sarà prezioso. Sull’aspetto fisico avremo il tempo di lavorarci, però le sto vedendo bene. Sono più serene e le abbiamo scaricate un po’ come volumi di lavoro. Sto vedendo bene Guazzini, Consonni, Fidanza e Alzini. Anche Elisa Balsamo è venuta regolarmente in pista e ci tiene a far parte del gruppo. Se anche non facesse il mondiale, perché ha i suoi impegni su strada, probabilmente la vedremo nelle Coppe del mondo.

In teoria a ottobre a quel punto il grosso della stagione su strada sarà andato…

Fino a un certo punto. Avremo meno di un mese, per lavorare con ragazze che dovranno correre in Cina. Alcune hanno dei raduni per la nuova stagione poco prima del mondiale, altre hanno ancora gare vicino casa, che portano via solo una giornata. Quindi la strada ci sarà ancora, ma per quest’anno va bene così e secondo me arriveremo comunque bene perché stiamo facendo un lavoro sul gruppo.

In che modo?

Stiamo affiatando le ragazze. Abbiamo già iniziato con l’europeo, proseguendo il lavoro già fatto con le Olimpiadi e gli scorsi mondiali. Stiamo parlando tanto con Elisabetta Borgia (la psicologa della nazionale, ndr) perché siano affiatate tra loro e mature per gestire la pressione. Il mio intento è quello di costruire un gruppo solido, non solo fisicamente ma anche mentalmente, per Los Angeles. Affinché arrivino lì pronte a gestire lo stress, la gara, i riscaldamenti, le routine. Passo dopo passo voglio vederle più solide, anche mentalmente.

Agli europei di Anadia, Linda Rapporti ha realizzato il record del mondo dell’inseguimento, poi battuto dalla danese Fiale (foto FCI)
Agli europei di Anadia, Linda Rapporti ha realizzato il record del mondo dell’inseguimento, poi battuto dalla danese Fiale (foto FCI)
Tornando alle juniores: l’obiettivo è la medaglia o la prestazione?

Guardo alla prestazione, anche se si corre sempre per vincere. Voglio vedere i tempi e come corrono, devono imparare a gestire tutti gli aspetti. Sarei contento se migliorassimo qualcosa rispetto agli europei, perché già ero contento dei tempi degli europei.

Quali ad esempio?

Linda Rapporti ha fatto il record del mondo nell’inseguimento individuale e poi ha trovato la danese Ida Fialla che gliel’ha battuto subito. Anche il quartetto è andato forte, ma in finale le inglesi hanno fatto il record del mondo. Finché per batterci devono fare il record del mondo, vuol dire che stiamo bene. La medaglia sarà pure d’argento, però guardo i tempi e sono contento. Qui vorrei vedere uno scalino in più sia come tempo, ma soprattutto nelle prove di gruppo, come maturità e come gestione della gara. Se abbiamo quello, poi abbiamo gli anni per costruire la prestazione.

Europei pista: clima non facile, ma bei segnali dalle giovani azzurre

23.07.2025
6 min
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Quelli del velodromo di Anadia sono stati europei che si sono trasformati in una rassegna non semplice per la spedizione italiana. La morte improvvisa di Samuele Privitera al Giro della Valle d’Aosta ha toccato a distanza le anime soprattutto dei giovani corridori italiani. Tuttavia il raccolto ottenuto dalle donne juniores e under 23 parla di 10 medaglie complessive: tre ori e quattro argenti per le prime, un oro, un argento e un bronzo per le seconde.

Il bilancio della trasferta portoghese l’abbiamo chiesto a Diego Bragato, cittì femminile della pista (ruolo che condivide con Marco Villa) e capo del Team Performance della nazionale. Il tecnico di Motta di Livenza è già sul campo di gara impegnato alla “Tre Sere Internazionale Città di Pordenone”, ma torna indietro di qualche giorno per raccontarci come ha visto le sue atlete, in previsione anche dei mondiali juniores che si disputeranno sull’anello olandese di Apeldoorn dal 20 al 24 agosto.

Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Diego non possiamo non partire dalla tragedia del Valle d’Aosta che ha colpito da vicino anche Vittoria Grassi, fidanzata di Privitera. Come avete gestito quei momenti?

Sono state giornate molto difficili. Era la prima volta che mi capitava una situazione simile ed essendo genitore anch’io, l’ho vissuta in modo intenso. Per noi era il secondo giorno di gare. Avevamo saputo che Samuele era grave e Vittoria era in contatto con i suoi genitori che erano in ospedale, assieme a quelli del ragazzo. Non appena abbiamo avuto la tragica notizia, il mattino successivo le compagne sono state bravissime a darle conforto.

Lei come ha reagito, se esiste una reazione a queste cose?

Conosco bene Vittoria, è una ragazza solare, tant’è che è voluta restare con noi per ricambiare l’affetto delle sue amiche e colleghe. Aveva già corso le qualifiche col quartetto, però abbiamo deciso di farla rientrare il giorno dopo perché era giusto così. Abbiamo cercato di fare il meglio possibile in generale, ma non so se c’è un modo giusto o meno.

Alcune prestazioni delle U23 possono aver risentito di questa situazione?

Certamente sono notizie che ti condizionano, ma quest’anno sapevamo che con le U23 avremmo fatto un po’ più fatica rispetto al passato. Alcune erano assenti perché stavano recuperando da infortuni. Poco prima degli europei c’era il Giro Women e certe prove vanno preparate. Nonostante questo, Sara Fiorin è riuscita a venire in Portogallo e cogliere un bell’argento nello scratch. Bene anche Baima, bronzo nell’eliminazione. Siamo mancate in due specialità.

Quali?

Sicuramente il rammarico più grande arriva dall’inseguimento a squadre. Ci stavamo giocando il pass per le finali contro la Germania, con cui avevamo tempi molto vicini. Purtroppo la terza e la quarta ragazza si sono toccate in un cambio e sono cadute. E’ stato un errore tecnico, forse dato dal fatto che la pista di Anadia ti porta in uscita dalla curva in maniera molto veloce. Peccato eravamo da medaglia, così come nell’omnium.

Cos’è successo in quel caso?

Nulla di particolare, solo che Venturelli la mattina della gara si è svegliata con la febbre. Abbiamo dovuto dire a Basilico che avrebbe corso lei. E come dicevo prima, certe corse vanno preparate. Siamo certi che per come avevamo visto Venturelli e per come sa interpretare quel tipo di gara, avremmo potuto ambire ad un risultato importante. Sono cose che capitano, però in generale vediamo il bicchiere mezzo pieno con le U23.

Grandi soddisfazioni invece sono arrivate dalle juniores, che si conferma una categoria in costante crescita.

Assolutamente vero, siamo consapevoli di avere un grande potenziale con le juniores, pensando poi anche agli anni futuri. Siamo contenti perché il gruppo è forte, anche con le ragazze del primo anno. Ad esempio Fiscarelli, Rossignoli e Campana si sono integrate subito alla grande e tutte sono andate a podio. Siamo cresciute nella velocità dove abbiamo preso due ori tra team sprint e keirin. Bravissima Pegolo, così come Sanarini, che tuttavia deve affinarsi in corse come madison e omnium.

Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Altre note positive?

Siamo migliorate nel quartetto, dove abbiamo conquistato l’argento dietro la Gran Bretagna che ha fatto il record del mondo. Stessa cosa ad esempio con Rapporti nell’inseguimento individuale. E’ stata battuta dalla danese Fialla che ha fatto un tempo strepitoso. Se per batterci devono fare i record del mondo, allora significa che siamo sulla strada giusta. Per contro pecchiamo ancora di inesperienza in certe corse, ma mancano gare in Italia ed è difficile arrivare più preparate.

Che indicazioni ha tratto Diego Bragato per i mondiali di agosto?

Credo che per Apeldoorn siamo in crescita, proprio perché in questi europei abbiamo fatto quella esperienza in generale ed internazionale cui facevo riferimento prima. L’idea è sempre quella di mantenere una rosa allargata tenendo sott’occhio tante ragazze. Per i mondiali vorremmo portare un mix di atlete tra primo e secondo anno, perché abbiamo visto che funziona non solo tecnicamente.

Come sarà l’avvicinamento?

La settimana prossima inizieremo con gli allenamenti a Montichiari. Cercheremo di preparare a dovere le discipline in cui siamo più competitive e chiaramente salire di livello in quelle in cui lo siamo meno. Partiremo per l’Olanda il 17 agosto per prendere confidenza con quel velodromo. Siamo fiduciosi.

Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Guardando ancora più in là, si fanno già ragionamenti per Los Angeles 2028?

Gli europei delle giovani, così gli stessi mondiali, sono passaggi intermedi fondamentali per crescere ed accumulare punti per quelle che saranno poi le qualifiche olimpiche. Dall’anno prossimo riprenderà la caccia ai punteggi attraverso le prove di Nations Cup. Sappiamo che le cosiddette big non potranno farle tutte perché saranno impegnate su strada con le proprie formazioni. Disputarle con queste atlete, che nel frattempo saranno diventate più grandi ed esperte, sarà importantissimo e ci consentirà di lavorare con maggiore serenità o pianificazione.

Amadio e le squadre nazionali: viaggio fra le nuove scelte

05.03.2025
7 min
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Quando si è trattato di impostare la conduzione tecnica delle nazionali per il prossimo quadriennio, i vertici della Federazione ciclistica italiana hanno valutato le professionalità che avevano in casa e assegnato i nuovi incarichi. L’unico che è rimasto fuori dai giochi e non per sua scelta è stato Daniele Bennati, ma Roberto Amadio dice che la decisione è stata presa dal presidente Dagnoni dopo gli europei su pista e che fino a quel momento era ancora tutto aperto.

Parliamo con il team manager azzurro proprio per spiegare la logica dietro alle scelte e immaginare la traiettoria che porterà le nostre nazionali alle Olimpiadi di Los Angeles 2028. Fra le novità che più stimolano la curiosità ci sono la scelta di Marco Villa come tecnico dei professionisti e quella di Dino Salvoldi alla guida della pista maschile. Da questo snodo passa tutto il resto.

Dino Salvoldi guiderà le nazionali della pista elite e degli juniores (foto FCI)
Dino Salvoldi guiderà le nazionali della pista elite e degli juniores (foto FCI)
Che ragionamento c’è stato alla base?

Partiamo dalla scelta di Salvoldi, che seguirà la pista uomini e terrà gli juniores. E’ stata fatta proprio in funzione del lavoro che ha fatto in questi tre anni e in prospettiva Los Angeles. Un certo ciclo della gestione di Villa sta terminando. Soprattutto nei prossimi due anni, Ganna, Milan e Consonni daranno precedenza alla strada, mentre Salvoldi conosce un ventaglio di corridori, più o meno 8-10 elementi ormai competitivi, con cui lavorare per arrivare al 2028. Poi è chiaro che se Milan, che è il più giovane del vecchio quartetto, dice che gli piacerebbe venire a Los Angeles, benvenga. Lui può fare la differenza e dà la garanzia di lottare anche per la medaglia d’oro.

Salvoldi però terrà anche gli juniores, i ruoli sono compatibili?

Il feedback delle società sul suo lavoro è positivo, quindi credo sia giusto che prosegua. Logicamente avrà dei collaboratori che lo sostituiranno quando gli impegni con gli elite lo terranno lontano, però penso che abbia dimostrato di saper lavorare con professionalità e i risultati si sono visti.

Come nasce l’idea di mettere Villa al posto di Bennati?

Serve per dare continuità al suo lavoro con un gruppo di ragazzi che su certi percorsi sono fra i migliori al mondo. E a livello di cronometro, Villa ha l’esperienza per lavorare bene. Sulla scelta di non confermare Bennati, ne avrete sentite di tutti i colori, però la scelta è stata fatta agli europei su pista, quando il presidente Dagnoni ha preso la decisione finale. Daniele si è sentito preso in giro, ma le cose non sono andate come lui immagina.

E’ stato difficile convincere Villa? Si dice che fosse turbato.

Sicuramente è onorato, però ha il cuore sempre sulla pista, tant’è che l’abbiamo lasciato sulle donne assieme a Bragato. La scelta di Diego ha una logica, perché ha fatto con loro il percorso da Tokyo a Parigi e secondo me il gruppo donne è quello che può arrivare a Los Angeles con grandissime ambizioni. La logica, il filo conduttore del progetto ha come focus l’obiettivo delle prossime Olimpiadi. Per una federazione sono l’evento più importante, visto anche il sostegno che abbiamo dal CONI e da Sport e Salute.

Dopo i grandissimi successi su pista con le nazionali elite e delle donne, per Villa si apre il capitolo complesso e affascinante della strada pro’
Dopo i grandissimi successi su pista con le nazionali elite e delle donne, per Villa si apre il capitolo complesso e affascinante della strada pro’
Il fatto di mettere Villa sulla strada e non scegliere qualcun altro preso dall’esterno, come pure i doppi incarichi di Salvoldi e Bragato può essere conveniente anche dal punto di vista economico?

Ai conti si deve guardare, soprattutto con le novità che ci sono. Si parla di affitti che adesso le Federazioni devono iniziare a pagare a Sport e Salute, di costi che non erano preventivati. Sicuramente risparmiare ci consente di investire sull’attività e sulle squadre nazionali, però la scelta di Marco ha la sua logica e la capiremo nei prossimi anni.

Cosa può portare Villa porti nel mondo della strada?

Nella pista è riuscito ad amalgamare un gruppo di atleti e sarebbe fondamentale ripeterlo sulla strada. Negli anni di Martini, la nazionale si ritrovava con corridori come Moser, Saronni, Baronchelli, Battaglin e tutti gli altri. Alfredo era grande nel creare lo spirito di squadra, che oggi è sempre più difficile. Gli atleti hanno il preparatore, il nutrizionista e la squadra che fa i programmi, è cambiato il modo di interpretare il ciclismo. Serve uno che riesca a tenere un filo conduttore quotidiano e nel giorno della gara sia capace di deciderne l’impostazione. Prima era diverso, c’erano le premondiali e un sistema molto meno complesso.

Invece adesso?

C’è un’evoluzione, un cambiamento veramente impressionante del ciclismo. Al punto che anche la Federazione e i suoi tecnici devono adeguarsi al cambiamento. Ci rimproverano il fatto di non vedere la nazionale correre più spesso in Italia, ma a cosa servirebbe? Con chi saremmo potuti andare oggi a Laigueglia, visto che più o meno i migliori ci saranno tutti con le loro squadre? Abbiamo investito quando si è trattato di far correre i ragazzi della Gazprom rimasti senza squadra, ma la maglia azzurra è importante e non avrebbe senso fare delle squadre solo per rappresentanza

Tornando per un attimo alla pista, finora Villa ha avuto il controllo su tutto. Aver nominato Salvoldi, Bragato e Quaranta commissari tecnici dipende dal fatto che loro sono cresciuti nel ruolo oppure Villa sarà meno disponibile?

Entrambe le cose, perché secondo me Marco non si è ancora reso conto di quale sia l’impegno del tecnico della strada. Però dall’altra parte c’è stata una crescita enorme, sia di Quaranta sia di Bragato, che rimane il responsabile del team performance. In questi tre anni, quel gruppo è cresciuto in maniera considerevole ed è sempre più apprezzato dai tecnici. Hanno capito la necessità di lavorare con una programmazione e Diego ha la visione a 360 gradi delle varie necessità. Per questo avere accanto Villa è una necessità. Con loro due, le donne sono in mani sicure. Sia da un punto di vista di programmazione sia di selezione e attività che faranno.

Non sarebbe la mancanza di risultati, ma i rapporti non più buoni con Dagnoni la causa della mancata riconferma di Bennati (foto Limago)
Non sarebbe la mancanza di risultati, ma i rapporti non più buoni con Dagnoni la causa della mancata riconferma di Bennati (foto Limago)
Mentre Quaranta?

Credo che promuoverlo sia stato giusto e dovuto. Il presidente ha riconosciuto lavoro che ha fatto e che sta facendo con i velocisti. Gli ultimi mondiali e gli europei hanno dato conferma di una crescita di gara in gara. E’ chiaro che avvicinandosi ai vertici mondiali del team sprint, d’ora in poi i progressi saranno meno evidenti, però ci sono. La qualificazione a Los Angeles è un obiettivo fattibile, come ci eravamo prefissati quando siamo partiti.

Sono venute conferme invece per U23 e fuoristrada: non era necessario metterci mano, tutto sommato…

Amadori è un grande conoscitore del mondo under 23, credo sia giusto averlo confermato. Anzi sicuramente è quello che in questo momento di difficoltà nel trovare le giuste come collaborazione con le squadre, può giocare un ruolo decisivo. Quanto alle nazionali fuoristrada, Pontoni ha lavorato in modo molto positivo, lo dicono i risultati. E anche Celestino è arrivato bene alle Olimpiadi e solo a sfortuna ci ha tolto una medaglia con Braidot. Però sta costruendo qualcosa di importante con i giovani e sta portando avanti un bel lavoro.

Poco fa hai detto che se ne sono sentite tante, forse anche troppe: perché non andare più avanti con Bennati?

A Daniele non posso rimproverare niente, ha fatto tutto quello che doveva in modo professionale in rapporto al momento del ciclismo italiano, cui manca un corridore alla Colbrelli, che stava crescendo in maniera importante. Noto che in questo inizio di stagione alcuni nostri ragazzi stanno venendo fiori con il piglio giusto. Parlo di Ciccone al UAE Tour, Tiberi che all’Algarve ha fatto una cronometro veramente bella e anche Piganzoli. I buoni corridori li abbiamo e sono adatti al mondiale del Rwanda. Ma se in un mondiale come quello ti trovi Evenepoel oppure Pogacar, sia su strada sia nella crono che è durissima, c’è poco da programmare. Non parto mai battuto, però la storia ci insegna che quando ci sono di mezzo questi atleti, diventa difficile.

Hai dichiarato che Bennati a un certo punto non fosse più in sintonia con la Federazione, eppure quando si è trattato di lasciare spazio a Viviani nella gara su strada delle Olimpiadi, non ha fatto un fiato.

Io credo che il suo fosse lo spirito giusto, cioè quello di onorare sempre la maglia azzurra, anche se a Zurigo il comportamento dei corridori non è stato proprio così. Sull’aver fatto spazio a Viviani, non posso dire nulla: è stato bravo e alla fine i risultati ci hanno dato ragione. Quando parlo di sintonia con la Federazione, parlo di sintonia col presidente. Più un fatto di rapporti personali che alla fine non c’erano più.

Bragato, la performance e la pista donne: Los Angeles nel mirino

01.03.2025
7 min
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Fra le novità di maggior rilievo nei nuovi incarichi della nazionale, accanto a Salvoldi che torna nel giro olimpico con la pista degli uomini, c’è la promozione di Diego Bragato alla guida del settore femminile. Il trevigiano, che da qualche anno è il responsabile del Team Performance della Federazione, sale un gradino importante della sua progressione personale. Riceve in eredità il gruppo protagonista di europei, mondiali e Olimpiadi e dovrà portarlo fino a Los Angeles 2028.

«Era già da un po’ che parlavo con Amadio – racconta all’indomani di una giornata di test a Montichiari – e un giorno mi chiese, qualora la struttura tecnica fosse stata confermata, se me la sentissi di fare un salto in avanti. Gli ho sempre risposto di sì, ma chiedevo anche chi si sarebbe fatto carico di quello che stavo già facendo. C’è tutto il gruppo performance da gestire e io ci tenevo che il lavoro proseguisse bene».

Il nuovo disegno della nazionali porta la firma di Amadio: sua l’intuizione di investire su Bragato
Il nuovo disegno della nazionali porta la firma di Amadio: sua l’intuizione di investire su Bragato
E lui?

Mi ha detto che avrei potuto continuare a farlo. Mi ha permesso di rinforzare la parte performance, quindi posso delegare ancora di più. I ragazzi sono cresciuti e quindi potremo affrontarlo. Io terrò il ruolo di coordinamento, perché ho l’esperienza trasversale che gli altri ancora devono crearsi. Sono molto bravi nei vari settori, ma l’esperienza trasversale e il rapporto con i commissari tecnici l’ho costruito io negli anni

Cosa cambia invece per te in quanto commissario tecnico?

La responsabilità, perché è un gruppo da cui ci si aspetta tanto. Nelle dinamiche cambia poco, perché con loro c’erano già rapporti consolidati. Daremo continuità a quello che già c’era. Sono certo che per la gestione del budget, l’organizzazione delle trasferte e le scelte tecniche continuerò a confrontarmi con Marco (Villa, ndr). Sono cose che prima gestiva lui, adesso devo pensarci anch’io e quindi sono dinamiche su cui mi devo inserire.

La pista delle donne è passata dalla gestione rigida di Salvoldi a quella più libera, ma non meno ferma di Villa. Quale sarà la mano di Bragato?

Come stile, io sono più vicino a Marco, perché ho collaborato con lui per più di dieci anni e condivido la sua filosofia e io suoi metodi. Conosco bene anche il lavoro di Dino, perché ho lavorato al suo fianco. Probabilmente sono a metà strada tra l’uno e l’altro. Quindi parecchio dialogo e disciplina, ma nessuna imposizione.

Anche perché si tratta di un gruppo che già funziona…

Esatto. Mi piace puntare sul dialogo, sulla crescita della persona anche sul piano professionale. Quindi mi aspetto che le ragazze, quelle che ci sono già e quelle che cresceranno, si prendano la responsabilità del loro percorso. Io vigilerò, ma non sarò di sicuro il capo che le comanda.

La collaborazione fra Villa e Bragato prosegue: Marco sarà il supervisore della pista donne, Diego il cittì
La collaborazione fra Villa e Bragato prosegue: Marco sarà il supervisore della pista donne, Diego il cittì
Abbiamo un gruppo forte e ancora giovane. Pensi che i prossimi quattro anni saranno nel segno del gruppo che c’è già o si dovrà ragionare di ricambio?

No, il gruppo è quello di Parigi. Sarà un quadriennio di consapevolezza e di realizzazione di quello che si meritano, perché valgono molto. A Parigi abbiamo preso l’oro nella madison e siamo andati vicini alla medaglia del quartetto e la meritavano. Secondo me in questo quadriennio è giusto che possano fare il salto di qualità, perché sono certo che a Los Angeles andremo da protagonisti. Inseriremo eventualmente qualche junior fortissima, però parto da questo gruppo.

Insomma non è un caso che siano venute tutte agli europei?

Non so quali siano le parole giuste per dirlo. Una delle cose belle che Villa mi lascia in eredità, pur restando per fortuna al mio fianco, è la creazione del gruppo. Quello che è riuscito a fare con gli uomini, si sta verificando con le donne. Un gruppo che crede nel progetto e se ne prende la responsabilità. Soprattutto le ragazze che hanno vinto la medaglia, parlo di Consonni e Guazzini, hanno fatto un salto di qualità mentale e di responsabilità che ha motivato tutte le altre. Sono state loro le prime a spingere perché si andasse agli europei a prenderci qualche rivincita.

Sono cose di cui avete parlato?

Abbiamo condiviso questo ragionamento con loro, ne abbiamo parlato anche agli europei. Partiamo da questo entusiasmo, dal credere nel progetto perché è ciò che ci terrà sul pezzo per quattro anni. Sono loro le prime a voler arrivare competitive a Los Angeles e noi alimenteremo questo fuoco.

Del gruppo fa parte anche Federica Venturelli?

Federica è giovane, ma la consideriamo già dentro il gruppo. Ne faceva parte anche prima di Parigi. C’era per il Mondiale, ha lavorato con le altre. All’europeo sarebbe dovuta venire, ma si è fatta male. E’ parte del gruppo al 100 per cento.

Gli europei di Zolder non possono cancellare Parigi, ma lanciano la rincorsa verso Los Angeles
Gli europei di Zolder non possono cancellare Parigi, ma lanciano la rincorsa verso Los Angeles
Villa passava giornate intere in velodromo, tu abiti lontano da Montichiari. Come imposterai il lavoro?

In questi giorni stiamo parlando del budget per impostare poi l’attività. Già prima ero molto a Montichiari, almeno due o tre giorni a settimana. Continuerò ad esserci, ma programmerò di più gli interventi. Non abito lì, devo spostarmi, per cui avrò un programma ben strutturato. Marco mi darà una mano, i collaboratori come Masotti sono sul pezzo. La mia intenzione è quella di inserire anche le professionalità del gruppo performance, per portare ancora di più il lato scientifico. Avremo una squadra per coprire molto bene l’attività e programmare gli appuntamenti.

Ci sarà da recuperare l’entusiasmo di Elisa Balsamo per la pista, dopo l’uscita malinconica dalle Olimpiadi?

Con le ragazze ho sempre avuto un buon dialogo e ci tengo che rimanga. Elisa fa parte del gruppo e sa di esserlo. Era programmato e dichiarato che agli europei non sarebbe venuta. Ha una primavera importante che l’aspetta., è giusto che si concentri su questo.

Fra le novità, oltre al budget e i programmi, ci sono i rapporti da tenere con le squadre. Hai già pensato a come fare?

Sia a livello elite che juniores vorrei una connessione stretta con i manager. Con i preparatori l’avevo già, perché ogni volta che Villa andava in giro a parlare di programmi, io andavo con lui ed entravo nel tecnico con i miei colleghi. Per le squadre giovanili siamo in fase di costruzione. Abbiamo cominciato facendo i test nei giorni scorsi, ma vorrei che la nazionale diventasse un riferimento per le squadre. Io sono convinto che la Federazione e il gruppo performance diventeranno un valore aggiunto per le società italiane e anche per le squadre di livello WorldTour che faranno riferimento a noi.

Parliamo di te adesso: quanto è bello essere arrivato a questo incarico, come coronamento di un percorso?

Sicuramente è molto bello. Negli anni avevo quasi messo da parte l’idea, perché il discorso performance mi piace e mi vedevo più in quella direzione. Quando però è tornata fuori questa possibilità, ho accettato subito. Sono contento e mi motiva. Devo riprendere in mano tutta una parte di formazione su me stesso, cose nuove che devo fare e su cui devo crescere. Devo imparare a gestire un nuovo ruolo.

Elisa Balsamo fa parte del gruppo pista di Bragato, anche se ora la sua priorità è la strada
Elisa Balsamo fa parte del gruppo pista di Bragato, anche se ora la sua priorità è la strada
E’ prevista la tua presenza a qualche gara anche su strada come osservatore?

Mi è stato chiesto e comunque è nel mio stile quello di cercare di fare da collante. Un po’ per il mio ruolo nel gruppo performance e un po’ perché intendo far gruppo con gli altri tecnici. Sono già in contatto con Velo, l’ho invitato a seguire i test a Montichiari. Ci siamo già detti che andremo a vedere delle gare assieme, anche qualcosa di gare giovanili. L’obiettivo è trasmettere il messaggio reale che strada, crono e pista si muovono assieme e le società hanno un riferimento nella Federazione.

L’ultima e poi ti lasciamo in pace. Da amico, sei contento che Elia Viviani abbia trovato posto alla Lotto e non sia stato inserito nei quadri federali?

Elia lo vedo a pieno nei quadri federali, sarebbe una persona importante e azzeccata nelle dinamiche. Ma essendo soprattutto suo amico, sapevo quanto ci tenesse a continuare, quindi sono stato contentissimo per lui. Gli darò supporto per la preparazione, perché l’ho seguito in tutti questi anni e mi ha chiesto di dare continuità al lavoro. Sono contento di essere ancora al suo fianco, perché un campione come lui merita di scrivere la sua carriera.

Ha ancora qualcosa da dare?

Ne sono certo. Deve avere la mentalità che ha avuto a Parigi, cioè quella che Marco Villa ha definito di un 18enne che non aveva paura di lavorare sodo. Con questo approccio che gli appartiene, c’è ancora da dare. E soprattutto è in una squadra che ha capito cosa può fare e quindi secondo me si divertirà e darà un bel senso a questa stagione.