Il cuore di Nibali, il ginocchio di Van Aert e le regole invisibili

26.06.2022
5 min
Salva

La spallata di Lefevere è arrivata puntuale. Al grande belga non va giù e l’ha scritto nel suo editoriale su Het Nieuwsblad, bibbia belga del ciclismo. Se la Jumbo-Visma non vuole mandare i suoi corridori al campionato nazionale per averli freschi al Tour, questo il succo dell’intervento, lo dica chiaramente. Il fatto che Van Aert, campione belga in carica, abbia battuto il ginocchio sul manubrio durante il ritiro di Tignes verrebbe insomma messo garbatamente in dubbio.

Van Aert non difenderà la maglia tricolore conquistata a Waregem e sempre onorata
Van Aert non difenderà la maglia tricolore conquistata a Waregem e sempre onorata

In Belgio il campionato nazionale viene preso molto sul serio. Nessun corridore si sognerebbe di eluderlo, al punto che non sono previste sanzioni, ma viene richiesto un certificato medico per giustificare l’eventuale assenza. Van Aert ha dovuto produrne uno che attesta la sua impossibilità di partecipare alla gara di Middlekerke.

Fra soldi e bandiera

Il problema tuttavia è diffuso e mette a confronto da un lato le esigenze di marketing dei grandi team e dall’altro valori che dovrebbero essere più profondi. Se ne ebbe la riprova la scorsa estate, quando Alaphilippe scelse di disertare le Olimpiadi per correre il Tour in maglia iridata e Lefevere, sempre lui, ne sottoscrisse ovviamente la scelta.

Valverde ha vinto per tre volte i campionati nazionali spagnoli, quest’anno però non li correrà
Valverde ha vinto per tre volte i campionati nazionali spagnoli, quest’anno però non li correrà

Allo stesso modo, basti pensare al poco spazio riservato d’abitudine ai campioni nazionali sulla maglia della Movistar. Ne sa qualcosa Visconti, ma lo sanno anche i campioni spagnoli della squadra di Unzue. Così lo stesso Alejandro Valverde, bandiera del ciclismo iberico all’ultimo anno della carriera, ha annunciato il forfait.

La regola di Cassani

Qui da noi nessun team manager ha editoriali da scrivere sul quotidiano nazionale e la sensazione è che si vada molto sulla sensibilità personale e che agli assenti nessuno chiederà conto. Sta di fatto, guardando l’elenco dei partenti, che per un Nibali che ci tiene (in apertura con la maglia tricolore nel 2014) e rientra in gruppo proprio per il tricolore pugliese di oggi, ci sono corridori come Ganna, Vendrame, Pozzovivo, Guarnieri, Moscon Caruso e Oldani che non ci saranno.

Alla corsa pugliese mancherà Bettiol, alle prese con il Covid dopo il Giro di Svizzera
Alla corsa pugliese mancherà Bettiol, alle prese con il Covid dopo il Giro di Svizzera

Nibali ha anche ricordato giustamente che a un certo punto Cassani, vista la pessima abitudine di tanti di non partecipare alla gara nazionale, aveva subordinato ad essa la convocazione in nazionale. Per un po’ la cosa ha funzionato, circa sette anni, ma non si è mai capito se si trattasse di regola scritta o patto fra uomini.

La regola francese

Chi invece la regola l’ha scritta sono i francesi, ma fanno fatica a farla rispettare. La bomba scoppiò nel giugno 2019, alla vigilia dei nazionali. Pochi mesi prima, in accordo con la Lega, la Federazione aveva messo su carta un punto di regolamento per cui i professionisti fossero obbligati a partecipare al campionato nazionale.

Invece lo stesso Alaphilippe e Bardet non si presentarono, non avendo peraltro da addurre motivi più convincenti di un ginocchio battuto sul manubrio.  La Federazione non la prese bene e venne proposto che gli assenti ingiustificati dall’anno successivo venissero sanzionati. Poi venne il Covid e il tema si è riproposto nei giorni scorsi.

Arnaud Demare in maglia Alé
Arnaud Demare ha già vinto per tre volte il tricolore di Francia: oggi tenterà l’assalto al poker
Arnaud Demare in maglia Alé
Arnaud Demare ha già vinto per tre volte il tricolore di Francia: oggi tenterà l’assalto al poker

Parla la Lega

Infatti nella prova di oggi Bardet, Pinot e Laporte hanno fatto sapere che non saranno della partita. E questa volta la posizione l’ha presa la Lega.

«La partecipazione ai Campionati di Francia – ha detto a Xavier Jan, presidente della Lega Nazionale, a L’Equipe – dovrebbe essere sempre obbligatoria per i professionisti. Ma non essendo prevista alcuna sanzione, la regola non ha l’effetto desiderato. Questo è un argomento che dovrebbe essere rimesso sul tavolo del Consiglio Direttivo della Lega e della Federazione. Se la corsa regina, locomotiva dei campionati, non fosse più in grado di offrire un manifesto degno di questo nome, potrebbe diventare molto complicato impostare progetti e richiedere investimenti finanziari pubblici, se i più grandi campioni del ciclismo francese non sono alla partenza».

Ganna non correrà oggi in Puglia, avendo in testa il Tour. Per Viviani sarebbe stato un grande aiuto
Ganna non correrà oggi in Puglia, avendo in testa il Tour. Per Viviani sarebbe stato un grande aiuto

Viviani e Ganna

E forse il punto è proprio questo, volendo tornare sulle nostre strade. Quanto è difficile proporre questa corsa per ottenere finanziamenti pubblici, se nel cartello non puoi schierare gli atleti più forti? Probabilmente si tratta di una delle conseguenze del non avere squadre WorldTour di casa in cui corrano i più forti corridori italiani. A ben vedere, gli uomini delle nostre professional ci sono tutti. Quelli che mancano corrono all’estero e probabilmente nessun team manager gli imporrà nulla, dovendo magari scegliere tra il Tour e un viaggio impegnativo come può essere quello in Puglia.

A Viviani avrebbe sicuramente fatto piacere poter contare su un compagno come Ganna, che avrebbe potuto fargli addirittura da ultimo uomo. Il pubblico pugliese sarebbe andato in visibilio per la coppia di campioni olimpici vestiti degli stessi colori. Ma se pensi ai rischi di una volata, al fatto che difficilmente la Ineos metterebbe il Tour in secondo piano e che Ganna, vinto il tricolore della crono abbia in mente la prima maglia gialla, a cosa ti attacchi (se non alla sua volontà) per chiedergli di partecipare ai campionati italiani? 

Suzuki Bike Day, sport e beneficenza sulle strade del mondiale

22.06.2022
4 min
Salva

Un appuntamento da segnare nel calendario. Il Suzuki Bike Day, alla sua seconda edizione, rappresenta per il ciclista una giornata all’insegna dello sport a due ruote sulle strade del mondiale. Un teatro che ha accolto ben due volte la corsa iridata, prima nel 1968 con l’impresa di Vittorio Adorni, poi quella più recente nel 2020 di Julian Alaphilippe. La partenza avverrà dal magnifico Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola che fino a poche settimane fa ha visto sfrecciare le Formula 1. 

La manifestazione firmata Suzuki sarà il 9 luglio, con 28,5 km di puro divertimento in una giornata di festa senza competizione. All’evento sarà ovviamente presente l’ex cittì e presidente dell’ATP Emilia Romagna, Davide Cassani, che ci ha raccontato cosa rappresenta per lui questo Bike Day. A valorizzare l’iniziativa ci sarà anche la Fondazione Marco Pantani a cui verranno donati i ricavi dell’iscrizione. Un motivo ancora più onorevole per solcare le strade emiliano romagnole in un sabato gioioso di pura passione. 

Davide Cassani e altri volti noti saranno presenti alla giornata dedicata alle due ruote
Davide Cassani e altri volti noti saranno presenti alla giornata dedicata alle due ruote

Una giornata speciale

Se si ripensa al Mondiale 2020 le emozioni che riaffiorano sono diverse e contrastanti. Dalla delusione per i colori azzurri, alla fantastica espressione di talento che Alaphilippe ha fatto vedere a tutto il mondo. Le colline erano quelle della Romagna, percorse a ripetizione quasi a sradicare quell’asfalto che da quel giorno si è preso una pagina nella storia delle due ruote.

«Il Suzuki Bike Day – dice Cassani – è una bella giornata dedicata ai ciclisti e appassionati. L’anno scorso lo abbiamo fatto sul Cippo Carpegna, quest’anno lo facciamo sul tracciato dei mondiali. Mazzolano e Gallisterna le salite iconiche che verranno affrontate. Un modo per stare insieme, per pedalare sulle colline romagnole. Non è una gara, non c’è nessuna sfida. E’ un modo per condividere la passione, una giornata insieme in sella alla propria bici in sicurezza».

L’autodromo di Imola si trova ai piedi delle colline romagnole
L’autodromo di Imola si trova ai piedi delle colline romagnole

Il percorso dei mondiali

Non una gara quindi, ma una giornata in cui pedalare senza pensieri godendosi ogni metro del tracciato. L’anello scelto è una fotocopia di quello mondiale. 28,5 chilometri di lunghezza con saliscendi e una pendenza massima del 15-16% tra le vigne che caratterizzano tutto il paesaggio. 583 metri di dislivello, duri ma che fanno apprezzare ancora di più il paesaggio che sovrasta la città emiliano romagnola.

«Sarà un’occasione – spiega Cassani – per ripercorrere le strade della corsa iridata, senza però guardare i tempi di Alaphilippe perché altrimenti uno si demoralizza. Però l’importante è farlo e il nostro obbiettivo è quello. Far rivivere metro dopo metro le emozioni che uno sport come questo ci ha regalato in quell’occasione splendida di due anni fa».

Al Suzuki Bike Day è ammessa qualsiasi bici ed è aperto a famiglie e ciclisti di ogni tipo
Il Suzuki Bike Day è aperto a famiglie e ciclisti di ogni tipo

Beneficienza per Marco

Il ricavato sarà interamente devoluto alla Fondazione Marco Pantani ONLUS. L’iscrizione avviene tramite una donazione minima di cinque euro. Comprende: pacco gara, frontalino con nome, copertura assicurativa, punti ristoro e assistenza sanitaria. Una giornata senza pensieri all’insegna anche della beneficenza. 

«La Fondazione Marco Pantani ONLUS – racconta l’ex cittì – si dedica al sostegno di persone con problemi mentali, motori od economici, ma soprattutto ai bambini. E’ stata una scelta naturale decidere di devolvere le donazioni alla fondazione di Marco. L’anno scorso siamo stati sulle salite dove lui si allenava. Quest’anno siamo rimasti nella sua Romagna».

L’Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola ospiterà la partenza e l’arrivo
L’Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola ospiterà la partenza e l’arrivo

La passione e Suzuki

Il Suzuki Bike Day rappresenta  l’impegno dell’azienda di auto e moto che sta rivolgendo da diversi anni nei confronti del ciclismo. In un settore dove l’impatto e la tutela nei confronti dell’ambiente è sempre più al centro delle priorità. Suzuki Italia ha voluto rimarcare il suo impegno in uno sport che fa della sua ecosostenibilità uno degli aspetti più valorizzanti. 

«E’ bello perché Imola – racconta Cassani – per gli appassionati di motori, è Formula 1. Per gli appassionati di ciclismo, è il mondiale. Un luogo ideale per passare una giornata affiancati da Suzuki. E’ un’azienda che sta facendo tantissimo per il ciclismo, un’azienda ideale perché attraverso lo sport sta trasmettendo molto, sotto il punto di vista del benessere fisico e ambientale. Anche per loro la mobilità Green è un lato molto importante».

suzukibikeday@suzuki.it

Quattro diesse italiani in vetta al Giro: i voti di Cassani

30.05.2022
5 min
Salva

Ci sono quattro direttori sportivi italiani alla guida dei primi quattro della classifica generale del Giro: non è davvero per caso. Gasparotto nella Bora-Hansgrohe di Hindley. Tosatto nella Ineos Grenadiers di Carapaz. Volpi al Team Bahrain Victorious di Landa (in apertura sul podio come miglior team). E Martinelli nell’Astana con Nibali.

«Ho sempre detto – dice Davide Cassani – che abbiamo i tecnici più bravi al mondo. Il ciclismo italiano ha alcune eccellenze e i direttori sportivi ne sono una parte integrante. Sono bravi e soprattutto hanno la stima delle squadre e dei corridori».

Mondiali di Ponferrada 2014, nel primo mondiale di Cassani come cittì, Bennati era il regista
Mondiali di Ponferrada 2014, nel primo mondiale di Cassani come cittì, Bennati era il regista

L’occhio dell’esperto

Il cittì degli ultimi nove anni azzurri (Cassani è stato in Federazione dal 2014 al 2022) ha seguito il Giro con attenzione. Non dalla moto RAI come lo scorso anno, ma con lo sguardo attento di un professionista che nel ciclismo ha vestito i panni del corridore, dell’addetto stampa, dell’opinionista televisivo e del tecnico della nazionale. A lui abbiamo chiesto una valutazione di quei tecnici che con le loro tattiche hanno animato le tappe del Giro. A dire il vero alla fine abbiamo anche provato a chiedergli qualche rivelazione sulla possibilità che crei davvero una squadra, ma a quel punto Davide ha chiuso il discorso, pregandoci di avere pazienza.

Gasparotto, qui con Benedetti, ha dato nuova linfa alla Bora
Gasparotto, qui con Benedetti, ha dato nuova linfa alla Bora

Imprevedibile Bora

Gasparotto è arrivato alla Bora-Hansgrohe da quest’anno. Al Giro dello scorso anno era sulla moto come regolatore dei mezzi in corsa. Ha sicuramente imparato a leggere meglio certi movimenti della carovana, ma la sua capacità tattica è stata per certi versi inattesa.

«Sono stati – dice Cassani – l’unica squadra che abbia provato a inventarsi qualcosa. Non hanno avuto una condotta banale, che in certi momenti si è prestata a qualche critica, ma alla fine hanno avuto ragione loro. Gasparotto ha dimostrato di avere polso e carattere, con sui ha gestito la squadra più forte.

«Sono passati da tirare tutti insieme come a Torino al mettere un uomo nella fuga. Sono stati imprevedibili e mai schematici. Di sicuro Gasparotto conosceva bene pregi e difetti di Hindley. Essere corridori è una cosa, fare il diesse è un’altra. Ma Enrico è sempre stato intraprendente, sempre un uomo squadra. Per tutta la carriera ha sempre dimostrato una bella visione».

Hindley ha interrotto il filotto della Ineos Grenadiers di Matteo Tosatto: Giro sfuggito il penultimo giorno
Hindley ha interrotto il filotto della Ineos Grenadiers di Matteo Tosatto: Giro sfuggito il penultimo giorno

Ineos in difesa

A Tosatto e al Team Ineos Grenadiers non si può imputare certo qualcosa rispetto al crollo di Carapaz sul Fedaia. Anzi, forse essendosi reso conto che il suo leader non fosse al 100 per cento, il tecnico veneto ha cerato di mascherarne i limiti.

«Anche secondo me lo sapeva – dice Cassani – infatti hanno cercato di addormentare la corsa, sempre tenendo Carapaz davanti. Che Richard non avesse il colpo del kappaò si è visto sul Blockhaus. Così hanno cercato di difenderlo. Paradossalmente però, l’unico giorno in cui la squadra si è dissolta, è coinciso con l’unico in cui Carapaz ha cercato di anticipare i rivali.

«La sconfitta del Fedaia non è stata della squadra. Sabato lo hanno portato davanti fino agli ultimi 5 chilometri. La loro speranza secondo me era che Carapaz crescesse con il passare delle tappe, ma purtroppo non è successo».

Alberto Volpi è stato il diesse del Team Bahrain Victorious assieme a Pellizotti
Alberto Volpi è stato il diesse del Team Bahrain Victorious assieme a Pellizotti

Perplessità Bahrain

La condotta di gara del Team Bahrain Victorious ha suscitato qualche perplessità. Secondo alcuni la squadra ha lavorato per portare Landa al terzo posto e Pello Bilbao al quarto, rinunciando a correre rischi.

«Si sono mossi inseguendo da una parte la vittoria di tappa – dice – dall’altra la classifica. A Landa è mancato qualcosa e non so se sacrificando Pello si sarebbe potuto cambiare qualcosa. Pensavamo un po’ tutti che anche lui nella terza settimana potesse dare in colpo e aveva per sé una super squadra, ma se poi ti stacchi sugli arrivi in cui devi esserci in prima persona, la squadra può farci poco.

«Si è detto che avrebbero potuto inventarsi qualcosa. Ma cosa? Potevano sganciare Bilbao, ma bisogna vedere se ne aveva le caratteristiche e la condizione. Se ci pensate, il vantaggio della Bora è stato che Kelderman sia uscito subito di classifica. Magari avrebbe lavorato ugualmente per Hindley, ma diciamo che si sono tolti il dubbio. Il fatto è che Landa sia mancato e che sul Fedaia abbiano provato a vincere la tappa dimostra che sapevano che Landa non avrebbe potuto fare altro».

Martinelli ha restituito serenità e motivazioni a Nibali, che ha chiuso il Giro al quarto posto. Con lui anche Zanini
Martinelli ha restituito motivazioni a Nibali, che ha chiuso al 4° posto (con lui anche Zanini)

Un Nibali inaspettato

Il quarto è Martino, quello che è sceso di sella prima di tutti e che dall’ammiraglia ha vinto Giri, Tour e Vuelta in numero industriale. Uno che non avrebbe bisogno di presentazioni e che quest’anno ha riaccolto Nibali e l’ha condotto fino al quarto poto finale. Ed è servita la sua maestria, perché la squadra doveva essere a disposizione di Lopez, che dopo poche tappe se ne è andato.

«Un direttore sportivo è bravo – dice Cassani – quando riesce a fa andare i propri atleti al loro meglio. E Nibali ha fatto quello che non mi sarei aspettato. E’ andato forte, restando sui tempi dei migliori, in un Giro in cui le salite sono state fatte forte. Il quarto posto non basta?

«Quando sei come Nibali, che hai vinto due Giri, un Tour e la Vuelta, andare fuori classifica significa fallire. Puoi farlo nell’anno in cui punti alle Olimpiadi, altrimenti non lo fai. Soprattutto nell’ultimo Giro della carriera. Devo dire che ho apprezzato più quel suo tenere duro fino al quarto posto, piuttosto dell’eventuale tentativo di vincere una tappa. Martino conosce Vincenzo. E’ allo stesso tempo tecnico e padre. Martino è Martino…».

AIR, in Emilia Romagna: da Ferrara a Brisighella fra piadina e ragù

25.05.2022
5 min
Salva

Continua il viaggio tra i sapori e il territorio toccato dall’Adriatica Ionica Race. In occasione della terza tappa, in programma il 6 giugno, si torna ospiti come per il 2021 dell’Emilia Romagna. I 139 chilometri partiranno dalla magnifica città di Ferrara per poi addentrarsi negli Appennini con l’arrivo in uno dei borghi più belli d’Italia, Brisighella. Una tappa che vede un finale molto movimentato con ben sei salite senza un attimo di respiro, che possono dare un’ulteriore scossa alla classifica generale.

L’Emilia Romagna è una delle regioni più amiche della bici, con le sue piste ciclabili e iniziative per il ciclismo, dagli appassionati ai pro’. Fonda le sue radici nella gastronomia con tradizioni e piatti tipici conosciuti in tutta Italia. Il Food Project coglie l’occasione per proporre una vasta scelta di specialità del territorio emiliano romagnolo. 

Per scoprire la tappa invece ci siamo affidati a chi su questi territori è cresciuto ed ha saputo portarci il mondiale nel 2020, Davide Cassani

Piadina e non solo

Una tappa dopo l’altra, piatto dopo piatto. Siamo arrivati al terzo appuntamento a tavola. Lo Chef Alex De Luca ci racconta quello che la tradizione emiliano romagnola propone.

«In questa regione i piatti tipici sono moltissimi – dice – e a pochi chilometri di distanza si possono incontrare tradizioni che sembrano distare molto di più. Dai cappelletti romagnoli, ai tortellini emiliani. Dalle specialità di pesce della riviera, ai piatti a base di cacciagione degli Appennini». 

In lungo e in largo l’Emilia Romagna è un angolo prezioso per la tradizione italiana. Impossibile non pensare alla piadina che vede anch’essa molteplici versioni che si susseguono risalendo la via Emilia da Rimini a Piacenza. Stesso paragone vale per i vini con le tipologie di Sangiovese che ne caratterizzano le colline e i menù di tutte le trattorie e ristoranti.

Il ragù non può mancare

Sono tante le specialità, e racchiuderle tutte in un menù è una missione impossibile. Federico Da Re Hospitality Manager dell’evento e responsabile del progetto Food, ci porta alla scoperta di ciò che sarà presente all’arrivo della terza tappa con ciò che è stato scelto per rappresentare il territorio. 

«Saranno presenti varie aziende che faranno assaggiare i prodotti tipici e faranno parte anche del premio che verrà consegnato agli atleti sul podio. Tra questi proprio – spiega – l’olio di Brisighella, il Brisighello DOP. Non mancherà l’agrichef Coldiretti, un cuoco contadino che lavora negli agriturismi di Campagna Amica che cucinerà la pasta al ragù di Mora Romagnola. Ci sarà il Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola IGP che ovviamente fornirà la piadina con in accompagnamento taglieri di salumi del territorio. Infine per valorizzare ciò che verrà portato in tavola ci sarà una degustazione di vini delle cantine della zona».

La città della bici

Quando si parla di bici, la città di Ferrara non può non essere menzionata. La città degli Estensi sarà teatro della partenza di tappa il 6 giugno. Da sempre un faro per le due ruote in Italia, è tra le città con la concentrazione di biciclette più alte d’Europa. 

«La terza tappa – spiega Davide Cassani – è interamente dedicata alla mia regione. L’impegno che l’Emilia Romagna mette per le due ruote è totale, e il passaggio di corse come l’Adriatica Ionica Race ne sono un’ulteriore conferma. Una corsa nuova che sta crescendo in fretta e bene, portando a casa i risultati. Ferrara è la città delle bici ed è un esempio per tutte. Con il suo centro storico e le bellezze delle opere del rinascimento ne fanno una meta ideale anche per i cicloturisti». 

Bellezza medievale

Situata nel Parco Regionale della Vena del Gesso, Brisighella è uno dei primi paesi che si incontra in direzione Firenze da Faenza. Sui tre spuntoni che svettano sopra il borgo, ci sono la Torre dell’orologio, la Rocca Manfrediana e il Santuario Monticino. 

«Brisighella per me – racconta Cassani – è uno dei Borghi più belli d’Italia. Con la sua aurea medievale e i tratti caratteristici come la suggestiva “Via degli Asini” rappresenta un fiore all’occhiello di questo territorio. Oltre a questo, è un paradiso per il ciclista. Da qui partono moltissime salite e itinerari da fare in bicicletta su strada e non. Dista pochi chilometri da casa mia a Faenza.

«La tappa è disegnata con uno sviluppo nella seconda parte, intorno all’arrivo. Con ben sei salite, a partire dal Mazzolano, la prima delle due salite del Mondiale di Imola 2020. Per poi proseguire sulle Caibane, poi Casale da entrambi i versanti. Per finire con la penultima salita, la Valletta, molto dura con pendenze tra il 15% e il 20%. Infine di nuovo Caibane e arrivo dopo la discesa. Un finale senza respiro che potrà fare male, ma anche far divertire».

EDITORIALE / A.A.A. Italiani cercasi disperatamente

25.04.2022
7 min
Salva

Si rischierebbe di passare per miopi a non riconoscere che una bella fetta di italiani da prima pagina è ferma ai box per problemi di salute. Colbrelli e il suo cuore. Trentin e la pausa forzata dopo il colpo della Parigi-Nizza. Moscon, costretto a fermarsi del tutto per gli strascichi del Covid. Ballerini arrivato al Nord ugualmente con ritardo sempre per il dannato virus. Bagioli, uno dei più attesi, frenato da cadute e uno stato di affaticamento. Con tutti loro al via delle ultime corse, probabilmente la cosa salterebbe meno agli occhi. Già, la cosa…

Il vuoto di corridori di alto livello. Non parliamo di campionissimi, quelli nascono se va bene ogni vent’anni. Parliamo di buoni corridori. Gente tosta, capace di lottare, che evidentemente non c’è, sebbene il nostro movimento produca un quantitativo importante di professionisti a ogni stagione. Più che in ogni altro Paese al mondo. Qualcosa di compulsivo, diremmo, di vagamente… bulimico.

Grazie al “Pozzo”

E così ci siamo ritrovati più indietro delle retrovie, con Pasqualon (34 anni) primo italiano alla Roubaix, Pozzovivo (39 anni) alla Freccia Vallone e Ulissi (33 anni, foto di apertura) alla Liegi. Ottimi corridori di cui andare orgogliosi, ma che non bastano per coprire il vuoto alle loro spalle. Non è andata meglio al Tour of the Alps, dove la presenza dei nostri si notava ai raduni di partenza e in qualche fuga, senza che si sia mai provato a incidere negli ordini di arrivo o nella classifica generale (primo italiano è stato Simone Ravanelli, 37° a 22’57’).

Mangio e butto via. Chi soffre di bulimia fa esattamente questo. E questo è ciò che accade grazie a un sistema incapace di controllarsi e garantirsi qualità di vita e prospettive.

Quanti corridori passano ogni anno? Quanti diventano grandi professionisti? Quanti smettono prima di averci provato? Quanti avrebbero avuto bisogno di crescere ancora? Quanti devono pagarsi da soli i ritiri a inizio stagione o comprarsi quello che gli serve per lavorare? E quanti soldi genera questo commercio annuale in termini di percentuali versate? E perché alla fine si dà sempre la colpa ai corridori – svogliati e rammolliti – come si sente dire di fronte a risultati che non arrivano? Ma sarà davvero tutta colpa loro? E l’ambiente non c’entra proprio mai? Se così fosse, passata un’infornata, il meccanismo riprenderebbe a funzionare. Invece le generazioni passano e il problema rimane. E allora?

Un gradino per volta

Qualche giorno fa, Davide Cassani ha usato parole cristalline. «Si deve fare un gradino per volta, prima di pensare di arrivare in cima alla scalinata. Ma si continuano a prendere ad esempio le eccezioni e si fanno calendari che non hanno l’obiettivo della maturazione, quanto piuttosto la conta delle vittorie».

Mangio e butto via. Diciannove anni, vinci un paio di corse, passi professionista. Fai due anni e se non li hai convinti, a 21 sei in cerca di lavoro. Oppure porti lo sponsor per correre in una continental. Quanti di questi ragazzi, maturando come giusto, avrebbero potuto avere una carriera?

Trainini ha appena smesso. Faceva fatica a finire le corse da U23, è stato giusto bruciare le tappe? Poteva avere una carriera diversa?
Trainini ha appena smesso. Faceva fatica a finire le corse da U23, è stato giusto bruciare le tappe? Poteva avere una carriera diversa?

Parliamo di sport?

Adesso, saremo forse illusi, ci aspetteremmo che gente di sport ragionasse avendo lo sport come priorità. Invece ci si attacca al diritto al lavoro, si studiano residenze estere per aggirare le norme federali e si tira avanti. Mangiando e buttando via. Preferendo tante briciole a un buon panino.

Eppure le esperienze non mancano. I vari Colbrelli, Modolo, Pozzovivo, Belletti e Battaglin che uscirono da quella Bardiani, ad esempio, passarono professionisti dopo un percorso solido e convincente fra gli under 23, altrimenti chissà se avrebbero avuto le loro carriere. Il modo giusto di fare le cose lo conosciamo, forse però abbiamo deciso di ignorarlo.

Una delle ultime regole scolastiche prevede che avendo la media di 8 al quarto anno di liceo si possa accedere direttamente alla maturità. In questo stesso senso, bandendo il verbo aspettare dal dizionario, si prelevano corridori dai team U23 o juniores e si inseriscono nei WorldTour. Questo non ci convince, perché nel lungo tempo in cui ad esempio Tiberi ha iniziato a capire il professionismo senza vedere un arrivo e alzare le braccia, avrebbe potuto strutturarsi fisicamente e mentalmente, vincendo e imparando a farlo. Come invece ha fatto Baroncini (anche lui frenato da una frattura), che nell’ultimo anno alla Colpack ha aggiunto importanti mattoni alla sua costruzione.

La FCI cosa fa?

Ci aspetteremmo che la Federazione mettesse mano a questo saccheggio di talenti italiani che, a cascata, svuota il dilettantismo e poi intacca pesantemente il mondo degli juniores. Perché dovrebbero farlo? Intanto le società chiudono. I ragazzi non trovano squadra. Il ciclismo vacilla. Ma dato che da anni nessuno ci mette mano e l’alto livello in qualche modo funziona (su pista e nel femminile), perché dovrebbe essere l’attuale gestione a voler risolvere la situazione?

Baroncini è passato dopo tre anni da U23: forse il periodo giusto per sbocciare. E’ tra quelli frenati da infortuni
Baroncini è passato dopo tre anni da U23: forse il periodo giusto per sbocciare. E’ tra quelli frenati da infortuni

Una WorldTour italiana

E poi c’è il discorso sempre caro, ma tremendamente concreto, dell’assenza di una squadra WorldTour italiana. E’ per caso, senza andare troppo indietro ma limitandoci a quel che abbiamo vissuto, che Bartoli, Casagrande, Pantani, Simoni, Bettini, Cunego, Basso, Nibali, Pozzato, Viviani e Trentin siano diventati grandi in squadre italiane e abbiano poi spiccato il volo?

Prendiamo Bagioli, forse al momento il più atteso fra gli italiani. Se non fosse stato fermo ai box e fosse andato alla Liegi, avrebbe avuto la minima chance di giocare le sue carte con un Remco del genere in squadra? Assolutamente no e nei confronti della Quick Step-Alpha Vinyl ci sarebbe stato poco da recriminare. Remco è belga, la squadra è belga: vorremmo fosse così anche per noi!

Di questo passo però, Bagioli potrà mai mettersi alla prova contro i migliori in queste corse? Se fosse stato in un team italiano, sia pure all’ombra di un grande leader, è assai probabile che gli avrebbero lasciato lo spazio per affilarsi i denti. Magari avrebbe provato a inseguire Evenepoel. Oppure avrebbe provato a stare con gli inseguitori. Avrebbe corso per crescere e non per aiutare. La mentalità vincente non si coltiva faticando e basta.

Michele Bartoli, Giro delle Fiandre 1996
Bartoli è stato cresciuto da campione in squadre italiane. Con MG-Technogym vinse il Fiandre del 1996 e qui la Liegi del 1997
Michele Bartoli, Giro delle Fiandre 1996
Bartoli è stato cresciuto da campione in squadre italiane. Con MG-Technogym vinse il Fiandre del 1996 e qui la Liegi del 1997

Gli interessi di pochi

La speranza è che questo editoriale ci venga ricacciato in gola dalle vittorie dei ragazzi italiani che da anni teniamo nel mirino: non chiederemmo di meglio! Stamattina abbiamo raccontato le speranze su Aleotti, ad esempio. Perché a nostro avviso il problema non sono le mamme italiane né i loro figli. Forse c’entra la società, che insegna a vivere in un mondo touch e virtuale in cui sudore e mal di gambe faticano a essere taggati, ma quello che veramente non funziona è il mondo del lavoro. Si curano da anni gli interessi di pochi a scapito dei tanti che col tempo diventeranno semplici statistiche. Per costruire la grandezza, un po’ come per gli stadi del mondiale di calcio, dove serve tanta forza lavoro a basso costo. E se alla fine qualcuno dovesse emergere, ci faremo belli per averlo scoperto. Dopo averne però mangiati e buttati via a centinaia.

Cassani deciso: il Giro U23 ha insegnato un metodo di lavoro

21.04.2022
4 min
Salva

Inutile cercare di estorcergli qualcosa sul progetto di una nuova squadra, Davide Cassani si chiude a riccio e il discorso finisce lì. Oggi però lo abbiamo chiamato per parlare di under 23, dopo aver digerito l’intervista in cui Marco Selleri, organizzatore del Giro d’Italia U23, ha parlato del nostro movimento con tono piuttosto disincantato.

«In questi 5 anni – le sue parole – abbiamo fatto attività sociale per le squadre, senza alcuna forma di profitto. Attività sociale, ma utilizzando un sistema mediatico professionistico. Abbiamo alzato l’asticella del valore tecnico dei nostri corridori, ma non ne abbiamo ancora trovato uno che vada forte nelle corse a tappe. A volte mi chiedo se non valga la pena concentrarsi sugli juniores…».

Marco Pavarini, Marco Selleri, Giro d'Italia U23
Marco Pavarini, Marco Selleri sono gli organizzatori del Giro d’Italia U23: il loro contratto scade quest’anno
Marco Pavarini, Marco Selleri, Giro d'Italia U23
Il contratto di PAvarini e Selleri per il Giro d’Italia U23 scade quest’anno

Un lavoro lunghissimo

La rinascita del Giro d’Italia U23 aveva come scopo proprio quello di riqualificare l’attività dei nostri giovani, con l’aggiunta di qualche convocazione in nazionale con cui Davide proponeva loro il confronto con i professionisti. Ora che non fa più parte della macchina federale, che idea si è fatto della situazione?

«Sapevamo – dice – iniziando l’avventura del Giro d’Italia U23 che sarebbe stato un lavoro stralungo su cui si deve continuare. I risultati arrivano solo con la costanza e la continuità. Chiaro che se per qualsiasi motivo il Giro d’Italia non dovesse andare avanti, in breve torneremmo all’anno zero».

Si può vedere qualche risultato apprezzabile?

Quasi tutti quelli che si sono messi in luce al Giro, sono passati professionisti. Oppure girerei il discorso: tutti quelli che sono passati professionisti, italiani e stranieri, hanno fatto un calendario che comprendeva anche il Giro. Ha alzato il livello, costringendo le squadre a fare una programmazione e una preparazione specifica. Le nostre continental, tranne un paio di eccezioni, corrono tanto in Italia e avevano bisogno di un banco di prova più qualificato.

Abbiamo anche vinto due mondiali U23…

Esatto, gli ultimi due che si sono disputati, visto che nel 2020 è saltato per il Covid. Il guaio è che abbiamo tutti fretta, per cui appena c’è un corridore buono si fa passare. Magari non è pronto, il più delle volte non lo è. Ma se provi a dirglielo, non ti ascolta.

Nel 2018 Vlasov ha vinto il Giro d’Italia U23 battendo Stannard e Almeida
Nel 2018 Vlasov ha vinto il Giro d’Italia U23 battendo Stannard e Almeida
Continuità e costanza…

Fare un piazzamento al Giro è importante, ma è ancora più importante tornarci per migliorarlo. Si deve fare un gradino per volta, prima di pensare di arrivare in cima alla scalinata. Ma si continuano a prendere ad esempio le eccezioni come Evenepoel e si fanno calendari che non hanno l’obiettivo della maturazione, quanto piuttosto la conta delle vittorie.

Si corre troppo?

All’estero quelli che sono passati negli ultimi anni facevano un calendario con una corsa a tappe al mese e nel resto del tempo si allenavano per prepararla. Blocchi di 5-6-7 corse a tappe e la programmazione necessaria. Da noi invece si corre tutte le domeniche e il martedì e il calendario non ha grande programmazione. Basterebbe guardare come fanno le squadre pro’, come fa la Eolo, che individua le corse e poi organizza il modo per arrivarci al meglio.

Aleotti protagonista al Giro U23 del 2020 e l’anno dopo (nella foto) anche al Giro dei pro’
Aleotti protagonista al Giro U23 del 2020 e l’anno dopo (nella foto) anche al Giro dei pro’
Non lo fa nessuno?

Come ho detto un paio di eccezioni ci sono, squadre che abituano il corridore a preparare delle specifiche parti di stagione. Il Giro serve a questo. Non puoi portare un corridore facendolo correre fino al giorno prima. Bisogna che arrivi fresco, quindi che stacchi, magari vada in altura, si alleni su salite lunghe… Con il Giro in qualche modo li abbiamo costretti a lavorare nel modo giusto.

EDITORIALE / Quale futuro per la nazionale fuori stagione?

11.04.2022
3 min
Salva

Quando Davide Cassani iniziò ad aumentare la presenza della nazionale nelle corse italiane, il ciclismo era diverso da quello che abbiamo ereditato dal Covid. L’Italia era bazzicata dalle grandi squadre soltanto per le corse maggiori, mentre per tutto il resto le WorldTour andavano in cerca di risultati in giro per il mondo. La nazionale alla Coppi e Bartali oppure al Tour of the Alps era il modo per far correre gli atleti WorldTour italiani che non fossero impegnati con il proprio team.

Il Covid ha riscritto tutto. Si corre dove ci sono corse e in Italia soprattutto a primavera ce ne sono tante. Ed è così che gli squadroni hanno cominciato a rivedere le proprie pretese. Oggi si fanno trovare in massa dovunque ci siano un arrivo e un palco (alla Coppi e Bartali c’erano 10 squadre WorldTour). A queste condizioni, ha ancora senso portare a correre la nazionale, se per comporla si fa una gran fatica (dato che gli italiani sono in corsa con il club) e si deve pescare da un bacino diverso rispetto ai primi tempi? Se tramonta la ragione tecnica, il solo motivo per battere ancora questa strada potrebbe essere dare maggiore visibilità agli sponsor. E allora il tema, che non è da condannare a priori, andrebbe però approfondito.

Davide Cassani e Marco Villa hanno spesso usato la nazionale per portare i pistard su strada
Davide Cassani e Marco Villa hanno spesso usato la nazionale per portare i pistard su strada

Un simbolo importante

Quando andammo a casa sua poco dopo la nomina a commissario tecnico, Bennati ci raccontò della sua prima maglia azzurra. Era ancora uno junior, ma l’emozione e l’importanza della convocazione continua a ricordarla ancora ora. Sebbene nel frattempo abbia vissuto giornate azzurre ben più consistenti da pro’. Dopo quel racconto, Daniele ci disse che la maglia azzurra è un simbolo troppo importante per poterla concedere senza un progetto o un evidente merito. Per questo aver chiamato gli italiani della Gazprom ha permesso al tecnico azzurro di avere un gruppo competitivo e motivato.

«Io alle corse voglio andarci per fare risultato – ha detto – quella è l’Italia e non può passare attraverso una corsa come se fosse invisibile».

Fedeli è arrivato secondo a Larciano, finora è parso uno dei più determinati
Fedeli è arrivato secondo a Larciano, finora è parso uno dei più determinati

Una riflessione

Da domani, la nazionale sarà schierata al Giro di Sicilia, corsa con tre team WorldTour (Astana Qazaqstan Team, Intermarché Wanty Gobert e Trek-Segafredo), quattro professional (Eolo-Kometa, Drone Hopper-Androni, Bardiani-Csf e l’americana Human Powered Health) e un lungo elenco di continental.

Bennati poterà alcuni dei ragazzi della Gazprom-RusVelo (Carboni, Conci, Fedeli, Scaroni e Malucelli, cui si aggiungeranno Damiano Caruso e Alessandro Verre) più un lungo elenco di collaboratori e staff, come da comunicato ufficiale. Corridori validi e determinati, che si sono già messi in luce nelle prove disputate. Ma poi, quando la loro situazione sarà stata risolta (speriamo che sia oggi!), siamo certi che varrà ancora la pena insistere con tali trasferte? Avrà ancora senso in questo momento di bilanci da far quadrare, se diventerà evidente che per fare la squadra Bennati dovrà scegliere fra i pochi corridori disponibili, senza che rientrino in un disegno tecnico o abbiano dimostrato meriti particolari?

Apt Emilia-Romagna, lo sport agonistico per la promozione turistica

28.03.2022
4 min
Salva

Promozione del territorio e crescita del movimento ciclistico giovanile. Sono questi due i mantra alla base del #inemiliaromagna Cycling Team. La squadra nata nel 2018 è stata une delle intuizioni di Davide Cassani, presidente dell’Apt Emilia-Romagna, che ha saputo unire regione e ciclismo agonistico per un solo obiettivo. Un progetto che vede come colonne portanti Apt servizi e Consorzio Terrabici. Per un territorio che va da Piacenza a Rimini con circa 8 mila percorsi per un segmento che vale 1,4 milioni di presenze. 

La squadra è nata nel 2018 da un’intuizione di Davide Cassani (foto di Massimo Fulgenzi)
La squadra è nata nel 2018 da un’intuizione di Davide Cassani (foto di Massimo Fulgenzi)

La nascita e la promozione

La scintilla, Davide Cassani, ha permesso a un’idea di diventare realtà ed esempio nel mondo dal 2018 ad oggi. L’Apt Servizi regionale con a capo proprio l’ex cittì ha scelto questo progetto per promuovere il territorio attraverso le due ruote. L’Emilia Romagna ha infatti i suoi web ambassador sui pedali: sono i ragazzi di #inEmiliaRomagna Cycling Team che, da marzo a ottobre, prendono parte alle gare del calendario ciclistico under 23 su strada.

Giovani emiliano romagnoli, che di gara in gara raccontano, sui loro profili social, la loro esperienza sportiva, ma anche la loro terra, i loro sapori e luoghi del cuore. Il tutto promuovendo l’Emilia Romagna con una narrazione nuova, che costituisce una vera e propria case history in Europa e nel mondo per originalità.

Unica nel suo genere è un esempio di utilizzo di risorse per la promozione del territorio (foto di Massimo Fulgenzi)
Unica nel suo genere è un esempio di utilizzo di risorse per la promozione del territorio (foto di Massimo Fulgenzi)

Cassani e la squadra

Un progetto che vede la regione scegliere e investire su un movimento in continua crescita come le due ruote.

«Tra le nostre eccellenze – spiega Davide Cassani – c’è una offerta turistica legata alla vacanza in bicicletta al top in Italia e in tutta Europa. L’Emilia-Romagna con i suoi splendidi itinerari su due ruote e bike hotels di qualità, sa regalare autentiche emozioni ai nostri clienti ciclisti. Strade di montagna, mare e percorsi collinari si alternano regalando paesaggi unici e affascinanti tra cultura e storia ed enogastronomia.

«Per questo – continua l’ex cittì – abbiamo un importante team di ambassador. Giovani promesse del ciclismo regionale che attraverso il simbolico hashtag #InEmiliaRomagna diventano i portavoce privilegiati di questo brand. Penso che i singoli ragazzi sappiano raccontare al meglio questa loro esperienza. Sui social si impegnano a rendere virale un progetto che rappresenta una costante novità nel panorama ciclistico nazionale».

Il team è al quarto anno dalla sua creazione (foto di Massimo Fulgenzi)
Il team è al quarto anno dalla sua creazione (foto di Massimo Fulgenzi)

Tredici ambasciatori

Sono tredici gli atleti guidati dal diesse Michele Coppolillo per questa stagione 2022. Dopo la crescita costante del team. Ora gli obbiettivi sono più ambiziosi e concreti.

«Parte una nuova stagione sportiva – dice Cassani – con la certezza di aver fatto tesoro dell’esperienza degli anni precedenti. Una squadra che cresce anno dopo anno, addirittura nel 2021 sei vittorie con una tappa al Giro U23. La maglia Rosa e un ragazzo, Tarozzi, approdato al professionismo. L’obiettivo è di far crescere nel migliore dei modi dei ragazzi che fanno sport e hanno il sogno di diventare professionisti. Non tutti ci riusciranno, ma l’importante è dare loro le possibilità di giocarsi le proprie carte. E una cosa molto importante è che molti di loro studiano: vuol dire che hanno l’intelligenza, la capacità e la lungimiranza di pensare allo sport e non solo. Noi cerchiamo di accompagnarli nella loro crescita».

Nella foto, da sinistra Luca Collinelli e Davide Dapporto già piazzati in questo 2022 (foto di Massimo Fulgenzi)
Davide Dapporto già piazzato in questo 2022 e vittorioso nel 2021 (foto di Massimo Fulgenzi)

I numeri della regione

Il Consorzio e Apt Servizi Emilia-Romagna collaborano da quasi sette anni nella promozione del segmento vacanze bike con educational tour per giornalisti-blogger e tour operator di settore e la presenza a fiere internazionali specializzate. Con numeri importanti: 160 mila presenze all’anno negli hotel associati per 15 milioni di euro di fatturato (dati Terrabici).

In Emilia-Romagna si contano 8.000 chilometri tra percorsi stradali e piste ciclabili, anche sterrate, per appassionati di bici e mountain bike. Si differenziano per lunghezza e difficoltà altimetriche e sono indicati per tre tipi di praticanti: sportivi, ciclo-escursionisti e amanti della mountain bike. Il trend positivo del segmento bike è confermato dai dati: l’Emilia-Romagna è seconda in Italia, dopo il Trentino-Alto Adige, per presenze cicloturistiche, con 300 mila arrivi di turisti bike per un totale di circa 1,4 milioni di presenze. Questa clientela è per l’85% straniera.

#inemiliaromagna Cycling Team, il 2022 e un futuro più grande

10.03.2022
4 min
Salva

La “cenerentola” è ormai cresciuta, le incognite da ultima arrivata non fanno più parte della squadra che indossa i colori della Regione e li ha incisi nel nome, #inemiliaromagna Cycling Team. Per la presentazione e il lancio del nuovo organico emiliano romagnolo under 23 si è parlato di bilanci e di obbiettivi per il futuro. La squadra nata dalla scintilla di Davide Cassani (presidente APT Servizi Emilia Romagna) viene da una stagione ricca di risultati e da un passaggio tra i professionisti di Manuele Tarozzi alla Bardiani CSF-Faizanè.

Sono tanti gli spunti e le indiscrezioni che sono trapelate tra una dichiarazione e l’altra rivolta ai 13 emiliano-romagnoli pronti a salire in sella. Ripercorriamo la serata vissuta al Grand Hotel di Riolo Terme (quartier generale della nazionale al mondiale di Imola 2020 ndr) in occasione della presentazione del team. 

Alla presentazione del team #inemiliaromagna la maglia rosa conquistata da Cantoni al Giro under 2021
Alla presentazione del team #inemiliaromagna la maglia rosa di Cantoni al Giro under 2021

Alzare l’asticella

Sono 13 gli atleti rigorosamente prelevati da tutti i lati della regione che vanno a formare quello che sarà il team per questo 2022. La stagione è già iniziata e la squadra ha fatto vedere con i piazzamenti di Ansaloni e Dapporto, di essere pronta a un anno promettente. Dapporto infatti ha già ricevuto una convocazione in nazionale per la Gand-Wevelgem U23 in programma il 27 marzo.

L’obbiettivo però rimane quello di alzare l’asticella, come dice il diesse Michele Coppolillo: «Il 2021 è andato davvero alla grande, con la maglia rosa di Cantoni, Tarozzi professionista e Dapporto in nazionale. Quest’anno siamo partiti bene e ci sono tutti i presupposti per vivere una stagione importante e cercare di fare ancora meglio. Possiamo dire di non essere più una “cenerentola”, ma un gruppo che ha dimostrato di meritare il proprio spazio».

Il team è al suo quarto anno dalla sua creazione (foto Massimo Fulgenzi)
Il team è al suo quarto anno dalla sua creazione (foto Massimo Fulgenzi)

Il WorldTour è nell’aria

Messa alle spalle una stagione sopra le aspettative a conferma di una crescita costante, viene naturale pensare a un futuro ambizioso. Dalle dichiarazioni di Davide Cassani trapelano parole rivolte a un progetto a lungo termine che possono vedere l’ex ct impegnato in prima persona.

«Parte una nuova stagione sportiva – ha detto l’ex cittì azzurro – con la certezza di aver fatto tesoro dell’esperienza degli anni precedenti. Una squadra che cresce anno dopo anno. L’obiettivo è di far crescere nel migliore dei modi dei ragazzi che fanno sport e hanno il sogno di diventare professionisti. Non tutti ci riusciranno, ma l’importante è dare loro le possibilità di giocarsi le proprie carte. Ammetto di avere un sogno, quello di costruire una squadra professionistica italiana visto che ormai manca da troppo tempo nel WorldTour».

Il team #inemiliaromagna diventerebbe quindi un satellite possibile che orbiterà intorno a questo progetto, per il momento ancora etereo.

Alla presentazione erano presenti istituzioni e sponsor
Alla presentazione erano presenti istituzioni e sponsor

Una crescita costante

La crescita del team la si capisce anche dalla struttura e dallo staff che lo compone. Per questo 2022 è stata inserita la figura di Gian Luca Giardini project manager, volta a gestire al meglio le risorse della squadra. I 13 sono infatti andati in ritiro in Spagna durante l’inverno ed è stato effettuato un rinnovamento del parco bici con Pinarello di alta gamma. In un periodo dove le condizioni economiche mettono tutti a dura prova, progetti come questo donano una boccata d’ossigeno al movimento e diventano un modello.

«Questo progetto – dice Giardini – consente a talenti emiliano-romagnoli di proseguire l’attività senza emigrare in altre Regioni, in un’età che li vede impegnati anche con la scuola». Concetto che viene ripreso dal presidente del #inemiliaromagna Cycling Team, Gianni Carapia: «Un obiettivo di questo team è quello di essere un punto di riferimento per i giovani del nostro territorio, per poter proseguire in sella dopo le categorie giovanili restando in Regione».

Emanuele Ansaloni fa parte della squadra fin dal suo anno di nascita 2019 (foto Massimo Fulgenzi)
Emanuele Ansaloni fa parte della squadra fin dal suo anno di nascita 2019 (foto Massimo Fulgenzi)

Le fondamenta della Regione

A chiudere l’intervento ma soprattutto a donare gran parte della linfa vitale c’è la Regione. Giammaria Manghi, Capo della Segreteria Politica Regione Emilia-Romagna commenta così e lancia un’indiscrezione.

«Nel 2022 – ha detto – si conferma il forte impegno della Regione Emilia-Romagna e del Presidente Bonaccini sugli eventi sportivi di livello nazionale e internazionale. Non nascondo che noi sogniamo il Tour e ci stiamo lavorando per il 2024. In programma più di 100 eventi che interessano quasi ogni tipo di sport, all’insegna della promozione territoriale, dell’evidenziazione delle eccellenze di questa Regione. In quest’ottica sicuramente il ciclismo ha ruolo primario. Anche l’esperienza del team #inemiliaromagna è estremamente importante perché riguarda i giovani e li fa crescere. Inoltre costituisce un’opportunità di valorizzazione sportiva all’interno di un programma che costituisce un pilastro per la Regione E-R».